Mohoric: genio e ciclismo schematico, sognando la Roubaix

15.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Eravamo lì a parlare del più e del meno con Matej Mohoric, quando il discorso è finito sui sacrifici e le rinunce del fare il corridore in questo tempo così scientifico e definito. Si potrebbe pensare che tante rigidità siano vincolanti e compromettano l’equilibrio nella vita dell’atleta, invece lo sloveno ci ha offerto un punto di vista così lucido da non ammettere tante repliche. A patto che il corridore in questione sia dotato di grande determinazione e razionalità: doti senza le quali non arrivi da nessuna parte o comunque non troppo lontano.

Si parlava nello specifico di tutto quello che si potrebbe fare per migliorare, aggiungendo con la ricerca qualche cavallo al proprio motore nel tentativo di opporsi alla forza dei più forti. E Matej, cui non mancano sagacia e ironia, ha cominciato col dire che si potrebbe fare anche parecchio, ma servirebbero giornate più lunghe delle 24 ore. Potrebbe valere la pena correre di meno e ricercare il meglio negli allenamenti come sembrano fare Pogacar e Van der Poel?

«Non penso che serva aumentare gli allenamenti», dice. «Magari cinque anni fa ci allenavamo pure di più – prosegue – più ore, però adesso è cambiato il modo, sono cambiate l’intensità e la struttura di tutto. Adesso è più scientifico, è tutto provato, tutto studiato, è più metodico. Prima magari ti dicevano di andare finché le gambe ti bruciavano, adesso ti dicono che devi fare 43 secondi a 730 watt. Quindi è tutto più studiato, più preciso, più definito. C’è anche meno margine di sbagliare in ogni cosa. Nella nutrizione, nell’allenamento, nel recupero».

Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
E’ faticoso o comunque pesante starci dietro?

No, no, no. Prendiamo solo l’esempio della nutrizione, del mangiare. Quando mi chiedono cosa mangiamo, io lo spiego e tanti mi dicono che è impossibile seguire sempre i numeri. Se però i nutrizionisti riescono a suggerirmi quello che devo mangiare per sentirmi meglio e io, provandolo, scopro che è vero, personalmente diventa più facile farlo. Perché so che il giorno dopo mi sentirò meglio in bicicletta e grazie a questo mi sentirò anche sazio dopo il pasto. Se è così, se sono consapevole dei benefici, non ho né voglia né desiderio di mangiare qualcos’altro, quello che magari so che mi farebbe male.

Non ti pesa?

Non è uno sforzo, non è un sacrificio. E’ una cosa che rende la mia vita e le mie decisioni più facili, perché so che ho mangiato quello che serviva. So il perché di certe scelte e le faccio volentieri e senza nessun dubbio. E’ lo stesso sull’allenamento, sui materiali, su tutto. Più queste cose vengono studiate, più vengono provate, più per me diventa tutto facile.

Però in tutto questo controllo estremo, tu hai vinto la Sanremo con il reggisella telescopico e con una discesa da pazzo. Quindi non è tutto scientifico…

Sì, ovvio. Perché se fosse tutto solo di gambe, se dipendesse solo dalla forza, vincerebbe sempre quello più forte fisicamente che è Tadej. Per fortuna non è così. Per fortuna oggi le corse sono più imprevedibili e il finale inizia anche a 80 chilometri dall’arrivo, mi ci trovo meglio, piuttosto che ad aspettare gli ultimi chilometri.

L’hai mai riguardata quella discesa di Sanremo?

Sì, sinceramente dalla televisione sembra molto più da pazzi rispetto a quello che ho vissuto io in quel momento.

E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
Come si vive questo momento di sloveni fortissimi?

Per me è più facile che ci siano due che hanno vinto tanto di più, così l’attenzione è più su loro. Sicuramente è un’era che prima o poi finirà, come è successo nel passato, con tante altre Nazioni. C’è anche da dire che lo sport è sempre più globale, che c’è sempre più competizione, sempre più altre nazioni da cui arrivano ragazzi tanto competitivi. E questo è un bene secondo me per tutto il ciclismo, per tutto il movimento e soprattutto per tutta la gente che inizia a seguire lo sport. E magari si appassionano e iniziano anche loro ad andare in bicicletta, che secondo me è una cosa buona perché fa bene alle salute.

Quanto sei diverso dal Matej che vinse il mondiale under 23 del 2013?

Dieci anni ti fanno cambiare in ogni caso. Adesso sicuramente ho più esperienza, in questi anni ho imparato tante cose e ho sempre comunque la stessa voglia di crescere, non solo di migliorare me stesso, ma anche di aiutare gli altri. E porto sempre lo stesso rispetto per la squadra, lo staff e tutti quelli che lavorano perché noi possiamo fare quello che sognavamo da piccoli.

E quanto è diverso invece il Matej neoprofessionista dai ragazzi che passano oggi?

Anche in questo si vede che sono passati dieci anni, è un po’ diverso. Non dico che abbiano più esperienza, ma sono già più pronti. Sanno più cose su tutti gli aspetti della performance nel ciclismo. Sanno di nutrizione e di allenamento. Magari hanno avuto la possibilità di praticare ciclismo in un modo più strutturato sin da più piccoli. Anche per questo non dico che per loro sia facile perché non lo è, ma è più probabile che già a 22, 23, 24 anni possano già vincere delle gare che prima erano molto improbabili o quasi impossibili. Adesso è così.

Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Anche questo è un bene per lo sport?

Penso proprio di sì. Magari però da un altro punto di vista per loro è difficile se hanno successo quando sono troppo giovani. Il successo porta anche più responsabilità, non solo nella professione, non solo nel dover vincere di nuovo la gara che hai vinto l’anno precedente, ma anche a livello personale. Se hai successo, aumenta anche la responsabilità nella vita privata. Gestire il denaro di un contratto importante e le tante aspettative può creare dei problemi.

Ultima domanda, dici spesso che la tua classica preferita è la Roubaix: forse perché si può inventare qualcosa come alla Sanremo?

Sì, esatto. Secondo me il Fiandre puoi rigirarlo come vuoi, ma alla fine vince quello più forte. Alla Roubaix invece possono succedere tante cose. Per vincerla devi essere comunque molto forte, però possono capitare tanti imprevisti. Penso che per me un giorno sarà più facile vincere la Roubaix che vincere il Fiandre.

Perché ti piace così tanto?

C’ero quando la vinse Sonny (Colbrelli, ndr) e fu un vero colpo di fulmine. Quest’anno sono caduto al Fiandre e ho dovuto saltarla, speriamo di tornarci nel 2025.

L’inverno spagnolo di Piganzoli, mentre fuori diluvia

14.12.2024
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OLIVA (Spagna) – Mercoledì mattina, tre giorni fa. La stanza di Bais e Piganzoli è sotto sopra come quella di chiunque sia appena arrivato e non ha ancora vuotato la valigia. Piove così tanto che le strade sono trasformate in un vero acquitrino. La Polti-Kometa ha dovuto cambiare sistemazione, perché nel solito Nova Beach sono arrivate come un tornado la Visma-Lease a Bike e la Ineos Grenadiers, che per la prima volta da anni ha abbandonato la soluzione di Mallorca. Così la squadra di Basso e Contador ha ripiegato su un complesso dal nome Las Dunas: casette bianche e due corridori per appartamento. Sono arrivati nella serata di ieri, martedì.

Quando entriamo nella hall, Giovanni Ellena e Jesus Hernandez lavorano al computer sul tesseramento degli atleti e sui programmi. I meccanici stanno sistemando una fila di rulli sotto alla grande tettoia, perché i corridori di certo non usciranno, ma dopo la palestra si concederanno ugualmente qualche pedalata. Sono anche giornate di vari approfondimenti, non solo tecnici. Stamattina si è svolta la riunione con ITA (International Testing Agency) a proposito di antidoping e reperibilità Adams. Scambiamo poi due parole con Tommaso Cappella, che sta girando nei ritiri dei team sponsorizzati dalle gomme Vittoria. Mentre in uno degli appartamenti si provano nuove appendici da cronometro, in attesa di definire il partner ufficiale.

Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima
Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima

Nella stanza di Piganzoli

A farci strada fino alla camera di Piganzoli (in apertura foto Maurizio Borserini) è stato Asier Ferdandez Soberta, il social media manager passato dai team giovanili a quello dei professionisti. E’ singolare rendersi conto che nella squadra sostenuta da sponsor italiani, la catena di comando sia quasi interamente spagnola. Davide invece l’accento iberico di quando correva nella squadra U23 spagnola l’ha perso del tutto. Così come il ragazzino esile dei primi tempi ha lasciato spazio a un atleta sulla via della maturità, con le idee chiare e poche parole, sempre essenziali. Il 2024 è stato l’anno del primo Grande Giro e non poteva essere che quello d’Italia, dato che la trazione spagnola non è bastata per un invito alla Vuelta. Ed è stato anche l’anno del podio al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock.

«Sicuramente ho fatto una buona annata – dice il valtellinese – un buon Giro d’Italia e un ottimo finale di stagione. Alla fine tra il Lussemburgo e le gare in Italia, l’Emilia e il Lombardia un po’ meno, ho messo insieme dei buoni ricordi che ci fanno lavorare bene e sperare nel 2025. Il podio del San Luca ha portato tante emozioni. Quando sei davanti in una gara come quella e in mezzo a certi nomi, dai quel qualcosina in più che magari non riusciresti a dare quando ti stai giocando una settima, ottava posizione. E’ stata una buona gara, ho fatto buoni numeri e cercheremo di ripartire proprio da questo».

Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Quei numeri si possono davvero tradurre in fiducia?

Sicuramente ho fatto una buona crescita, non solo con l’Emilia che però è stata la ciliegina sulla torta perché lì è arrivato il risultato. Ma ci sono state tante gare, soprattutto al Giro del Lussemburgo, in cui ho sentito di essere passato a un altro livello. Ho fatto un secondo ritiro in altura da solo, tra Livigno e lo Stelvio, che mi ha dato tanta forza tanto e tanto morale. Non dimentico che il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta sono andato sul Teide. Stavo preparando il Giro e ho visto che davvero mi ha dato tanto. Perché al Giro ho ottenuto il tredicesimo posto finale, però ho fatto buoni numeri. Sono cresciuto molto e per tre settimane non sono mai calato. Quindi penso che l’altura mi abbia fatto bene e per questo cercheremo di ripercorrere gli stessi passi.

Come è stato andare per la prima volta sul Teide?

Bellissimo, non si può dire altro. E’ stato un ritiro in altura che mi è piaciuto molto, sia per i paesaggi che trovi lassù, sia per i percorsi che ci sono quando scendi. Alla fine è vero che ogni volta devi tornare sul Teide, quindi fare un’ora e mezza, due ore di salita. Però quello che ottieni in cambio è veramente tanto e ti fa capire la fortuna che abbiamo noi di lavorare in posti del genere. Quando sono sceso e sono andato al Tour of the Alps, sapevo di non essere al 100 per cento perché avevo fatto tanto fondo, però mi mancava il ritmo gara. Una volta che è è arrivato anche quello, al Giro si è vista la differenza, soprattutto nella terza settimana.

Prova a pensare al “Piga” neoprofessionista che veniva dalla Spagna. Quanto ti vedi più grande rispetto a quei giorni?

Mi vedo veramente tanto più grande, migliorato sia fisicamente che mentalmente come uomo, come atleta. Penso che questo sia successo soprattutto grazie alla squadra in cui sono, che mi ha fatto fare i passi giusti al momento giusto. La volontà è sempre stata quella di continuare qui e alla fine abbiamo trovato un buon accordo, in cui è compresa la possibilità di fare il programma giusto per me. Non vedrei possibile in questo momento in altre squadre riuscire a fare un altro Giro e giocare le mie carte. Come minimo avrei degli spazi limitati. Qui ho la possibilità di mettermi alla prova e credo che sia una buona cosa.

Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Tempo fa si fece una riflessione proprio su questo: andare in uno squadrone, come ad esempio ha fatto Pellizzari, potrebbe significare non correre il Giro: un vantaggio o uno svantaggio?

Dal mio punto di vista sarà utile tornarci. Quest’anno ho fatto una buona esperienza e ora so dove posso migliorare. Quindi cercherò sicuramente di farlo, per capire se veramente si riesce a crescere su questi punti o se in un futuro dovrò dedicarmi ad altro. Penso che anche Giulio abbia fatto i giusti passi. Ha corso per tre anni in Bardiani ed è cresciuto anche lui molto. Siamo molto amici. Nel 2024 è andato veramente forte in certe tappe del Giro e quest’anno è passato in uno squadrone. Avrà gli spazi ridotti però se lui crede che sia l’ambiente giusto, ha fatto molto bene.

Quali sono le aree in cui pensi di dover crescere?

So che posso migliorare in salita: devo lavorarci ancora tanto, però sono fiducioso. Poi sicuramente nella cronometro, perché quest’anno ho utilizzato poco quella bici. Adesso stiamo apportando dei miglioramenti, cercheremo di mettere a posto alcune cose su cui nel 2024 si faceva un po’ fatica. Ho già iniziato a utilizzarla da quest’inverno almeno un paio di volte a settimana per trovare la posizione e prenderci la mano. Da junior ho fatto il podio ai campionati italiani, da under 23 li ho vinti. Nelle categorie giovanili sono sempre andato a podio dietro gente come Milesi, quindi non penso di essere così lontano. So che devo lavorarci tanto, bisogna dedicarsi ai materiali e cercheremo di fare il possibile.

Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Milesi, Pellizzari… Cosa pensi a vedere che la tua generazione sta crescendo così bene?

Mi fa sicuramente un bel effetto, anche perché siamo tutti amici. Con Milesi e Romele che erano nella mia squadra, con Garofoli, con Germani e con Frigo. Stiamo uscendo pian pianino, perché abbiamo fatto i giusti passi da giovani.

Hai già un’idea del tuo calendario?

E’ ancora presto, stiamo studiando qualcosa, però più o meno cercheremo di seguire il calendario dello scorso anno. Intanto siamo qui per fare un avvicinamento alle prime corse. Siamo divisi in due gruppi, perché non siamo come le WorldTour che partono dall’Australia quindi deve esserci qualcuno che sia pronto già ora. Fra noi, qualcuno partirà un filo prima, qualcuno un po’ dopo. Ma in generale il primo ritiro è più tranquillo. Iniziamo magari con qualche doppia fila, ma soprattutto per affinare il gesto e spolverare gli automatismi. In salita non si va più del medio, perché penso che sia un buon periodo per fare tanto fondo e mettere chilometri nelle gambe sperando che il tempo migliori. E se piove, si va in palestra…

Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Un lavoro che si tiene comunque almeno d’inverno?

Almeno una o due volte a settimana e penso che dal mio punto di vista sia funzionale e utile. Spesso in bici alleni una forza diversa e hai bisogno di altri stimoli per altri muscoli.

Vacanza di Natale a casa?

Con i miei genitori, magari qualche giorno con la mia ragazza e poi tornerò a San Marino fino al secondo ritiro. Da noi ci sono tanti mercatini di Natale, perché sono posti vicini alle montagne, quindi in tutti i paesini si organizzano queste piccole fiere, che dal mio punto di vista sono molto belle perché senti proprio l’aria natalizia. Il Natale mi piace, non mi piace il freddo, però il Natale è bello. Cosa dice il meteo per domani? Massima di 13 gradi, speriamo che si scaldi ancora un po’…

Gasparrini parla da leader e benedice la Longo

14.12.2024
8 min
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BENIDORM (Spagna) – Alla fine di settembre ci aveva raccontato le tre vittorie e il podio degli europei U23. Ora Eleonora Gasparrini si guarda intorno e cerca di dare una dimensione alla squadra che i dirigenti del UAE Team Adq stanno ricostruendo attorno a Elisa Longo Borghini e le leader rimaste. Fra queste, a buon diritto c’è anche lei (in apertura con la madre Simona dopo la vittoria di Francoforte).

Dopo due anni di tentativi, rivoluzioni, alternanze e cambiamenti (alcuni traumatici), la squadra parrebbe aver trovato un equilibrio, che ha indotto anche la “Gaspa” a non accettare altre offerte, credendo nel progetto.

Vacanze finite

Nel gigantesco hotel che accoglie le formazioni emiratine, la hall è un andirivieni di staff, sponsor e atleti. Turisti non ce ne sono, la loro stagione si chiude di solito alla fine di ottobre e chi rimane lo fa pedalando sulle strade dei dintorni. I social l’hanno mostrata sbarazzina e sorridente nelle vacanze al mare e poi a Londra, ma ora che è arrivato il momento di ripartire, è evidente che nel suo sguardo sia scattato l’interruttore. E’ la determinazione di cui dopo un solo anno al suo fianco aveva parlato Marta Bastianelli: l’essere naturalmente decisa a portare avanti la sua carriera, facendo le cose come si devono. E a ben vedere, la traiettoria della piemontese è un continuo crescendo.

«Quest’anno è tutto più grande – dice guardandosi intorno – a un livello superiore. Noto tanti miglioramenti e sono contenta, si respira una bella atmosfera. Come tutte le cose, serve il tempo perché le cose funzionino. Questo è il terzo anno vero e la squadra sta iniziando a capire come muoversi.

«Sono arrivati nomi importanti, quindi secondo me anche questo produrrà un grosso cambiamento. Li vedo come vantaggio anche per me, perché saranno sicuramente un riferimento grandissimo. Credo che un’atleta come la Longo Borghini possa aiutare tanto anche noi più giovani e anche in generale, proprio come squadra, anche a livello tattico si partirà in maniera diversa. Avremo un approccio diverso alla gara quindi credo che sia un aspetto davvero positivo».

Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)
Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)

L’arrivo della Longo

L’arrivo di Elisa Longo Borghini può avere due impatti sulla squadra. Quello positivo di chi vede la possibilità di salire di livello oppure quello geloso di chi teme di veder ridotto il suo spazio. Per ora la sensazione è che prevalga la prima opzione, che renderà agevole l’inserimento della campionessa italiana e ne farà il riferimento per le compagne.

«Elisa non la conosco super bene – prosegue Gasparrini – però comunque ho avuto modo di chiacchierarci ed è una bravissima ragazza. Mi sembra una persona semplice, però ha anche tanto carattere e credo che sarà una bella leader per questa squadra. Io nel frattempo sono cresciuta piano piano e sto crescendo ancora. Ogni anno porta qualche consapevolezza in più e anche sul piano fisico noto dei continui progressi.

«Dal 2024 mi porto via tante soddisfazioni in termine di vittorie e di prestazioni. Per esempio il campionato europeo non era la corsa più adatta a me, eppure me la sono giocata. Ho vissuto una bella annata. Ho qualche rammarico per il Giro d’Italia, perché sono stata malata la settimana prima, quindi ci sono arrivata un po’ in down. Per me è stato tutto in salita (quinta nella classifica delle giovani, ma senza acuti, ndr), però per il resto mi sono fatta trovare pronta dove dovevo, quindi sono andata in vacanza con la sensazione di aver fatto il mio dovere».

Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra
Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra

Palestra e ore

La squadra si è data un nuovo assetto tecnico, in una struttura piramidale complessa, ma ordinata. Così il responsabile della performance è lo spagnolo Alejandro Gonzalez Tablas. La responsabile degli allenatori è Cristina San Emeterio. E gli allenatori sono Paolo Slongo, in funzione centrale, che si dovrà coordinare con Dario Giovine e Luca Zenti. Tuttavia, al netto di tutto questo, ci sono ragazze che proseguono la loro preparazione con allenatori esterni.

«Per quest’anno – spiega Gasparrini – non avrò grossi cambiamenti nella preparazione. Lavoro ancora con il preparatore che avevo già nel 2024, vale a dire Marcello Albasini. Però ovviamente gli anni passano, sono un po’ più matura e ad ogni inizio stagione si può partire da uno step superiore. Quest’anno ad esempio a casa ho curato di più l’aspetto della palestra, che adesso è una parte molto importante.

«Sono anche aumentati i chilometri in allenamento, ma questo già dallo scorso anno quando passai a lavorare con Marcello. Le gare sono sempre più lunghe per cui dalla fine del 2023 ho iniziato a fare molte più ore, cosa che non ero abituata assolutamente a fare. Il risultato è che quest’anno, tra virgolette, ho sofferto meno e probabilmente sarà così anche nel 2025, perché ci sono più abituata. La tendenza a fare sempre più ore è un dato di fatto. Bisogna alzare l’asticella e adattarsi».

Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli
Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli

Altri due anni

Alla UAE Adq c’è arrivata attraverso la Valcar-Travel&Services. Arzeni si era affrettato a prendere la ragazzina che nel 2020 aveva vinto i campionati europei juniores di Plouay e che aveva nelle gambe anche un oro mondiale nell’inseguimento a squadre (2019) due titoli europei ancora nel quartetto e poi nell’omnium (2019). Di lì a poco la torinese avrebbe vinto ancora il quartetto U23 ad Apeldoorn 2021 e Anadia 2022, tanto che il tecnico varesino l’aveva indicata come l’erede in squadra di Elisa Balsamo. Quel gruppo di atlete, che nel frattempo sono diventate grandi, si è sciolto. Le ragazze però continuano a essere amiche e ad andare in vacanza insieme, lo spirito di quella squadra resta un ideale da rincorrere.

«Questo è ovviamente un ambiente completamente diverso – ammette Gasparrini – ma devo dire che fin dal primo ritiro ad Abu Dhabi, si è respirata una bella area tra noi ragazze, anche se non ci conoscevamo tutte. Ho visto una situazione serena e comunque anche di amicizia, che ricorda un po’ la Valcar. Ovviamente a quel tempo eravamo in un altro contesto. Era tutto molto molto più familiare, quindi è difficile da paragonare. Anche solo la quantità di persone che componevano la squadra era meno della metà di adesso.

«L’amicizia rimane? Certamente, infatti mi dispiace sia andata via la “Conso” (Chiara Consonni, passata alla Canyon//Sram, ndr), una persona a cui tengo. Ha fatto le sue scelte, che si possono condividere oppure no, ma forse per la sua crescita ha preso la strada giusta. Magari in un altro ambiente, con altri stimoli, potrà rendere ancora meglio. Anche io ho avuto offerte per andare via. Ho fatto qua già due anni, non sono pochi, ma neanche tanti. Sono giovane e ho ancora tempo per fare le mie scelte. Sto bene, è una squadra in crescita che deve ancora dimostrare tanto. Per questo ho deciso di avere fiducia per altri due anni».

Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata
Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata

Il cittì e la Sanremo

Quel che invece cambierà sarà la conduzione della nazionale. Il cittì Sangalli è passato sull’ammiraglia della Lidl-Trek e sfogliando la margherita dei possibili sostituti e in attesa delle elezioni federali, il nome che ricorre più spesso sulla bocca delle atlete è quello di Marta Bastianelli.

«Anche io avrei fatto il suo nome – ammette Gasparrini – ma quando ho visto la bella notizia che aspetta un bambino, mi sono detta che sarà difficile. E sinceramente non ho idea di quali candidati ci siano. Il commissario tecnico deve essere qualcuno in grado di prendersi le giuste responsabilità. Che non sia di parte, ma oggettivo. Qualcuno che però abbia anche un po’ di umanità. Una persona che sia in grado di interagire con noi atlete. Ad esempio una cosa che apprezzavamo di Paolo era la sua presenza alle gare, che è il modo per prendere meglio le decisioni. Purtroppo non si può accontentare tutti, quindi serve anche carattere. Perciò cominciamo e vediamo come va.

«Non ho ancora un calendario definito, lo faremo in questi giorni. Abbiamo parlato anche della Milano-Sanremo, che potrebbe essere un obiettivo anche per la Longo. Sarei veramente contenta di essere lì da supporto, mi piacerebbe un sacco. Anche perché sono strade su cui sono abbastanza abituata a pedalare. Quando faceva tanto freddo a Torino, mi capitava sin da piccolina di andare giù al mare e pedalare lì. Mi piacerebbe farne parte, insomma…».

Tiberi, parole da grande e lavori massimali progettando il Giro

12.12.2024
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quinto al Giro d’Italia e miglior giovane, Antonio Tiberi si muove col passo felpato di chi ha in testa il ritmo giusto per fare le cose. Il mattino è stato dedicato alle visite mediche e ad una sessione fotografica, poi ci sono i giornalisti e le loro domande. La giornata è accecante di sole e mare, il riverbero del marmo a bordo piscina costringe a socchiudere gli occhi.

L’hotel Cap Negret è meno affollato del solito. Ci sono la Bahrain Victorious e la VF Group-Bardiani, come pure la FDJ Suez di Demi Vollering e Vittoria Guazzini. Il parcheggio però è mezzo vuoto, perché quest’anno la geografia dei team si è rimescolata. Ci sono stati anni in cui qui potevi incontrare anche sei squadre contemporaneamente: una sorta di caccia grossa per chi fosse in cerca di interviste.

Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023
Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023

La stessa flemma di Nibali

Per l’Italia che va in cerca di una nuova voce per i Grandi Giri, la carta Tiberi è il ponte più concreto fra il ricordo di Nibali e un futuro da scrivere. Di Vincenzo ha la flemma e per certi versi lo stile: la Trek-Segafredo aveva visto giusto nel metterli uno accanto all’altro, anche se alla fine il piano è caduto nel vuoto. Probabilmente al laziale manca ancora la capacità di inventare azioni vincenti, ma quella verrà quando le gambe saranno in grado di sostenerle. Il quinto posto al primo Giro è senza dubbio un bel trampolino da cui spiccare il volo.

Prima di raggiungerci, Tiberi si è coperto di tutto punto. Non tragga in inganno il sole: a volte si alzano delle folate di vento che suggeriscono prudenza in atleti che sono ancora lontani dal peso forma, ma si riguardano come meglio possono. Quando anche la mantellina è chiusa fino sotto il collo, Antonio si accomoda sullo sgabello di fronte.

«Vengo da un anno più che ottimo – dice – quindi sono qui per lavorare bene, cercare di crescere e fare qualcosa di ancora migliore per l’anno prossimo. Ho passato le vacanze a casa, un po’ a San Marino e un po’ dai miei genitori. Per me la vacanza è stare a casa, tranquillo e senza impegni. Sono sempre in giro a prendere aerei, quindi non ho molta voglia di prenderne altri anche a stagione finita».

Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Cosa si fa in questo primo ritiro?

Ci dedichiamo ai test, alle nuove foto, a provare nuove bici e il nuovo abbigliamento. E soprattutto avviamo la preparazione in vista del ritiro di gennaio, cui spero di arrivare con la gamba pronta per iniziare a lavorare sul serio.

Hai imparato qualcosa di più su Antonio nel 2024?

Ho imparato che facendo le cose con la testa e mettendoci impegno, riesco a ottenere degli obiettivi che prima neanche avrei immaginato. Sicuramente tutto quello che è venuto nella scorsa stagione mi ha dato più sicurezza e la maturità per iniziare la preparazione con maggiore concentrazione. E con la consapevolezza che, se faccio le cose al meglio, riesco ad ottenere comunque dei buoni risultati.

Il fatto di stare in salita con i migliori dipende dalla preparazione oppure in gara si alza anche la soglia del dolore?

E’ anche una questione mentale, giusta osservazione. Il lavoro conta tanto, perché a casa si allenano anche la sopportazione del dolore e della fatica. Il fatto di reggere certe andature è più che altro una questione di tempistiche e varia da persona a persona. Allenarsi tanto è necessario, ma per arrivare a un certo livello quello che fa tanta differenza è la testa. Penso che ogni persona abbia bisogno di arrivare al punto giusto di maturazione per riuscire a fare determinati sforzi e determinate prestazioni. Per metabolizzare bene lo stress e la fatica.

Su cosa devi crescere per essere ancora più incisivo?

Abbiamo fatto un’analisi delle mie prestazioni e quello che manca e che vorremmo migliorare è il cambio di ritmo, quello con cui Pogacar riesce a fare la differenza quando siamo tutti al limite. Ci lavoriamo già, l’idea è di alzare questa soglia, certe azioni non le puoi improvvisare.

Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita
Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita

Il cambio di ritmo

Il suo preparatore è Michele Bartoli, che lo ha preso in carico a metà 2023, ma ha potuto iniziare a lavorare con lui in maniera completa alla vigilia del 2024. Un anno di osservazione e lavoro ha portato appunto alla conclusione di cui parla lo stesso Tiberi.

«Faremo un programma di allenamenti intervallati – spiega il toscano – che durano secondi fino ad arrivare a pochi minuti. Andando avanti riesci a vedere più cose e guardandolo correre, abbiamo notato questo aspetto in cui possiamo lavorare per migliorare. Lavori che vanno da 30-40-50 secondi fino ad arrivare ai 3-4 minuti. Ma non ci si limita a quello. Si arriva a fare lavori massimali anche di 6-7-8-10 minuti, perché quello che ci serve e che serve ad Antonio è prettamente questo. Lavori con frequenti cambi di ritmo, da pochi secondi fino a pochi minuti.

«Ma non cominceremo subito – prosegue il toscano – perché Antonio ha corso fino a una gara in salita organizzata da Merida a Taiwan, quindi si è dovuto allenare dal Lombardia al 25 di ottobre, come se corresse ancora. Poi ha scaricato quattro settimane e siamo arrivati al 20 di novembre, quando ha ripreso a pedalare. Perciò sono due settimane che si allena e ora deve fare un po’ di base, non può caricare subito al massimo».

Nel tavolo accanto è seduto Colbrelli, con il computer aperto che all’esterno del monitor ha le foto delle sue vittorie più belle. Questi sono i giorni in cui si definiscono i programmi: per i direttori sportivi un vero rompicapo fra i desiderata degli atleti e le esigenze della squadra.

Caruso e Tiberi (di spalle), il fresco diesse Sonny Colbrelli e Stangelj: si parla di corse e programmi
Caruso e Tiberi (di spalle) e il fresco diesse Sonny Colbrelli: si parla di corse e programmi
Qual è stato il giorno più bello dell’anno?

Ne dico due. La penultima tappa del Giro, quella di Bassano, quando ho trovato i miei genitori dopo l’arrivo. E poi l’ultima tappa, quella di Roma, che a modo suo resta indimenticabile.

I mondiali potevano esserlo e non lo sono stati?

Diciamo che li ho presi come un’esperienza che sicuramente mi servirà in ottica futura, essendo stato comunque il primo mondiale. Sono andato a Zurigo con le aspettative alte, forse anche troppo per quello che era realmente il percorso. Speravo in qualcosa più adatto agli scalatori, che ci fossero delle salite dure. Invece era più esplosivo, per gente come Van Der Poel. Però il mondiale è sempre una gara particolare. L’ultima volta che lo avevo corso era da junior e bisogna dire che c’è una bella differenza tra juniores e professionisti. Si corre senza radio, è uno stile di gara molto molto diverso da quello cui siamo abituati.

In un ipotetico avvicinamento al Giro, se sarà Giro, rifaresti tutto quello che hai fatto quest’anno oppure si può cambiare qualcosa?

Se fosse Giro, l’avvicinamento sarebbe molto simile. Magari potrebbe cambiare un pochino la prima parte, proprio l’inizio della stagione e forse sarà così. Probabilmente inizierò all’Algarve, ma il resto sarà quasi uguale all’anno scorso, magari facendo qualche ritiro in più con la squadra.

Il quinto posto del Giro ha fatto crescere la tua popolarità?

Leggermente, qualcuno mi riconosce quando sono in giro a casa o anche quando mi alleno. Mi fa piacere, è qualcosa che ti dà più morale, che dà orgoglio e ti stimola a fare ancora meglio.

Meris in Olanda alla TDT-Unibet: tra ambizioni, lavoro e social

10.12.2024
4 min
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La voce che Sergio Meris fosse in procinto di firmare con la Unibet-Tietema-Rockets ci era arrivata sotto l’ombra dello striscione di partenza al Giro di Lombardia, nella sua Bergamo. I ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan giravano per le strade incuriositi e alla fine, parlando del più e del meno, era uscita la notizia. Lo scalatore bergamasco, al suo primo anno da elite, ha raccolto l’interesse della squadra olandese. Si sono parlati, hanno visto insieme il progetto di crescita, che riguarda entrambi, e hanno proseguito spediti.

Meris ora si trova in Spagna, vicino a Calpe, e insieme ai nuovi compagni sta già gettando le basi della sua prima stagione da professionista. 

«Siamo partiti presto – racconta dall’hotel – il 2 dicembre. Venerdì scorso abbiamo eseguito i primi test e siamo lanciati verso il 2025. Tra un paio di giorni torneremo a casa, per poi ritornare qui in Spagna a gennaio, dall’8 al 20, per rifinire la preparazione. Ho già messo insieme parecchie uscite e sto imparando a conoscere i miei compagni. Nella prossima stagione saremo in 25, ci sono alcuni nuovi innesti, anche se lo zoccolo duro è confermato».

Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social
Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social

I primi contatti

Sergio Meris ha già visto come funziona il mondo Tietema, con un’organizzazione differente e uno stampo giovane. Nel mese di agosto era andato in Olanda per parlare con la squadra, capire quali erano i progetti del team e che cosa prevedevano per la sua crescita. 

«Sono stato ad Amsterdam – spiega Meris – per parlare con Julia Soek, la Sports Director. Mi ha spiegato quali sono gli obiettivi del team a medio e lungo termine. Poi mi ha parlato di quello che si aspettano dai corridori. Da esterno anche io facevo fatica a realizzare cosa stessero facendo e in quale direzione, ma una volta visto da dentro è stato tutto più chiaro».

La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
Raccontaci…

La voglia di affermarsi è tanta e gli investimenti non mancano, a partire dalla bicicletta e dal kit per gli allenamenti. Dopo il breve incontro estivo ero tornato a novembre per prendere il materiale e iniziare a provarlo. 

Com’è nato il contatto?

Alla Coppi e Bartali, nella tappa di Brisighella, abbiamo parlato un po’ e poi mi hanno seguito sui social. Ho curiosato sul loro profilo, la loro storia e il modo di fare mi hanno intrigato. Fanno tanti contenuti tra videomaker e fotografi, siamo sempre circondati. La squadra punta molto sull’immagine e sul mondo dei social.

L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
In questi giorni a Calpe cosa hai visto?

La squadra e lo staff sono molto sul pezzo, c’è un costante scambio di idee con la volontà di migliorare giorno dopo giorno. Nonostante ci siano tanti ragazzi che arrivano da parti diverse dell’Europa mi sono sentito subito accolto. C’è fiducia in me, come in ognuno dei ragazzi presenti. Fin dal primo giorno di ritiro abbiamo parlato di come migliorare e su che punti crescere. Il personale è preparato e l’ambiente sereno, la situazione giusta per tirare fuori il meglio. 

Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Che ambizioni vedi nel team?

Il loro obiettivo è quello di partecipare al Tour de France, non è facile visto che si tratta della corsa più importante al mondo. I passi sono però ponderati, con scelte mirate e fatte in progressione. Già nel 2024 hanno preso la licenza per diventare una professional e hanno preso parte alla Amstel Gold Race e al Renewi Tour, due gare del circuito WorldTour.

Quali sono i passi per arrivare al massimo livello del ciclismo?

Affiancare a tutto il lavoro dell’immagine anche i risultati. Nel 2024 ci sono riusciti in parte e nel prossimo anno gli investimenti sono stati fatti per portare punti e corridori. L’arrivo di Carboni è un esempio, sono contento di averlo perché per me è un riferimento con il quale confrontarmi. Lo staff lavora con serenità, anche ora che si avvicina il momento di iniziare la stagione non manca la tranquillità. Un ambiente sereno aiuta a concentrarsi al 100 per cento sulla bici.

Meccanici on the road, in viaggio con Adobati e Campanella

04.12.2024
7 min
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Stanotte, spiega Adobati, hanno dormito a Reims e scherzando si sono detti che avrebbero fatto l’aperitivo con lo champagne. Stamattina intorno alle 8, i quattro camion della Lidl-Trek hanno ripreso il viaggio verso la Spagna. Il primo ritiro è nel mirino, i corridori arriveranno domenica e per allora dovranno trovare tutto pronto. Stanze, bici, abbigliamento e tutto quello che serve per lanciare la nuova stagione. I meccanici sono partiti una settimana fa per il service course di Deinze, in Belgio. Calpe non è dietro l’angolo e bisogna essere certi di aver preso tutto.

Su uno dei camion viaggia Mauro Adobati, il capo dei meccanici del team americano, e al suo fianco c’è Giuseppe Campanella (i due sono insieme nella foto di apertura), il compagno di tante corse. E proprio con Adobati abbiamo voluto fare un punto per dare l’idea del gigantesco meccanismo che si sta mettendo in moto in questi giorni. Le strade spagnole saranno a breve prese d’assalto, camion come questi stanno solcando le autostrade di tutta Europa.

Mauro Adobati, bergamasco, è il capo dei meccanici della Lidl-Trek. Immagine del primo ritiro 2023
Mauro Adobati, bergamasco, è il capo dei meccanici della Lidl-Trek. Immagine del primo ritiro 2023
Siete in giro da una settimana, che cosa portate in Spagna?

Tutto quello che serve. Una bici da strada e una bici da crono per ciascuno. Qualcuno poi avrà anche qualche bici in più, ma parliamo dei più forti. Il bike fitting dei corridori nuovi è stato fatto in Italia dopo il Lombardia, nei due o tre giorni di ritiro prima di chiudere la stagione. In Spagna però ci saranno dei controlli. Il ritiro di dicembre è orientato alla preparazione, ma anche alla prova dei manubri, delle bici, delle ruote. Per i ragazzi che c’erano l’anno scorso, la bici e i materiali non sono cambiati. Però poi si va in pista, si prova, si cerca di affinare il dettaglio. Ogni anno ci sono cambiamenti, qualcuno prova le pedivelle più corte, qualcuno i manubri più stretti. E i primo ritiro è il più adatto, oltre a permetterci di fare le varie riunioni fra meccanici e tutto il personale per la preparazione della nuova stagione.

Questa tendenza di accorciare le pedivelle si sta davvero diffondendo così tanto?

In questo ambiente si tende a prendere ispirazione dagli altri – dice Adobati sornione – diciamo così. Lo fa qualcuno che va forte e gli altri ci provano. Lo scopo è cercare di migliorare anche l’uno per cento delle prestazioni, quindi le provi tutte. Poi c’è chi si trova bene e continua e chi invece non si trova e torna indietro. In effetti la vera resa di 2 millimetri in meno sulla pedivella è difficile da capire, ma non è solo un fatto di convinzione, ci sono anche degli studi.

La mappa del viaggio: eccola qua. Un viaggio di 1.852 chilometri, le 18 ore valgono per un’auto, non per 4 camion
La mappa del viaggio: eccola qua. Un viaggio di 1.852 chilometri, le 18 ore valgono per un’auto, non per 4 camion
Siete in viaggio con il materiale degli uomini e delle donne?

Ieri siamo usciti dal magazzino con quattro camion. Due da 12 metri della squadra WorldTour. Abbiamo diviso il materiale mettendo in uno tutte le bici, sia strada che crono, dei corridori da classiche. Nell’altro camion mettiamo quelle per i più scalatori. E poi ci dividiamo anche noi meccanici, in modo che il lavoro venga distribuito. Poi c’è un camion più piccolo per il devo team e uno per la squadra donne. E noi siamo stati in Belgio a preparare, perché le due squadre WorldTour hanno gli stessi materiali, per il devo team cambia qualcosa. Per cui siamo tutti insieme in carovana, passiamo due notti fuori, perché ci vogliono due giorni e mezzo. Si potrebbe fare anche in due, ma arriveremmo morti e non ne vale la pena.

In ritiro si parlerà anche di come comporre le squadre di meccanici alle corse?

Ogni corsa ha i suoi meccanici e sono ragionamenti che si fanno anche con i manager, perché ci sono colleghi che lavorano meglio insieme. Ma il fatto è che con il crescere della squadra, certi ragionamenti si riescono a fare sempre meno facilmente. Per fortuna abbiamo un bel gruppo che si integra bene, anche se è ovvio che ci siano delle preferenze. Si fa qualche eccezione se un corridore ha il suo meccanico personale e allora in base a quello si fa il calendario e poi si cerca comunque di ruotare. Chi fa il calendario si preoccupa di far girare anche i meccanici perché l’attività e le gare siano distribuite nel modo migliore.

Tornando ai camion e al loro carico, il primo ritiro è anche l’occasione di provare materiali mai usati prima?

Soprattutto i corridori nuovi oppure quelli che già c’erano, ma hanno usato poco le ruote da 60 e quella da 37, sicuramente dovranno provarle per capire in quali tappa e quali possono utilizzarle. Poi si farà anche il punto delle pressioni, perché con il tubeless è diventata fondamentale. Pirelli ci dà delle tabelle consigliate, più che da seguire. Di conseguenza il corridore le prova e poi nell’80 per cento dei casi è lui che dà la pressione che preferisce, in base anche alle condizioni dell’asfalto. Invece una piccola parte di corridori si affida al meccanico e ai nostri consigli.

I camion Lidl-Trek parcheggiati con gli sportelloni a contatto per impedire i furti
I camion Lidl-Trek parcheggiati con gli sportelloni a contatto per impedire i furti
Hai fatto un conto di quante bici ci sono sui camion?

No, però possiamo farlo velocemente. Abbiamo 30 corridori WorldTour con due bici ciascuno, quindi sono 60. Poi ci sono i 14 corridori del devo team, con due bici ciascuno e sono 28. Infine le donne che sono 15, quindi fanno 30 bici. Fate voi la somma? Sono 118 biciclette. Però qualcuno ha anche una bici di scorta in più che deve provare e in più abbiamo qualche bici per i VIP che arrivano dall’America come ospiti. Sono tante, davvero tante.

Di solito veniamo in ritiro e troviamo anche una bici non verniciata, un prototipo che magari qualcuno sta provando: la vedremo anche quest’anno?

A livello telaistico no. Ci sarà qualcosa di nuovo sicuramente da provare però il telaio è appena uscito, quindi non ci saranno prototipi.

E tutte quelle bici quante ruote hanno, oltre a quelle già montate?

Senza contare quelle e le ruote da crono, abbiamo una cinquantina di ruote da strada, tra alte, basse e medie.

Due meccanici per camion che poi lavoreranno per tutto il ritiro?

No, arriva qualcun altro. Noi abbiamo organizzato il carico e ci facciamo il viaggio, altri arriveranno domenica in aereo, ma restano per una settimana in più. Dato che la nuova Madone ci è arrivata a metà anno, non l’abbiamo cambiata a tutti, quindi non ne avevamo tante da montare. Anche i nuovi sono tutto sommato pochi, per cui il lavoro in Belgio non è stato eccessivo. Alla fine la somma dei giorni sarà più o meno la stessa, per non caricare uno piuttosto che un altro prima ancora di cominciare. Quest’anno mi sono fermato una quarantina di giorni, ma ogni anno sono sempre meno…

Il ritiro di dicembre serve perché tutti i corridori della Lidl-Trek possano provare i materiali a loro disposizione
Il ritiro di dicembre serve perché tutti i corridori della Lidl-Trek possano provare i materiali a loro disposizione
Allo stesso modo dei corridori, anche voi meccanici avrete un calendario ben definito dopo il ritiro?

Il bello di questa squadra è che abbiamo il calendario sino a fine anno. Può esserci qualche cambio, però in linea di massima torneremo a casa con una pianificazione già fatta ed è davvero una cosa molto buona, una fra le tante di questa squadra. Ti puoi organizzare anche qualcosa al di fuori dal lavoro. E se avvisi che nei tuoi giorni liberi sei fuori, casomai ci fosse un problema chiamerebbero un altro, non te. Basta comunicare che si va in vacanza.

Chi pianifica la vostra attività?

Sul fronte della performance, c’è Josu Larrazabal. Ma la figura che sta sopra di noi e fa da tramite tra noi e Trek si chiama Glenn ed è un ragazzo abbastanza giovane però molto in gamba. Lui fa da tramite con Trek e una parte dei corridori. L’idea è che non arrivino da noi tutti insieme e per questo dallo scorso anno abbiamo iniziato a lavorare come i direttori sportivi. Abbiamo i nostri 5 corridori da seguire, ma è davvero raro che si rivolgano al meccanico che gli è stato indicato. Io lo scorso anno avevo Mollema, che mandava messaggi in continuazione. Poi Ciccone e Bagioli. Dovrebbero essercene altri due, ma non li ricordo. Forse perché preferiscono andare direttamente al magazzino, direttamente alla fonte. Se però hanno un problema quando sono a casa, allora ci chiamano e il sistema funziona.

Buon viaggio allora, ragazzi. Dove dormirete stanotte?

Il piano è di arrivare in zona Montpellier. E domani si fa l’ultima tratta fino a Calpe.

Valencia cade, ora diamole una mano per rialzarsi

05.11.2024
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Le immagini che arrivano dalla provincia di Valencia mettono davanti a una realtà cruda e difficile da digerire. Di tutto quello che esisteva ora non rimangono che macerie e fango. Il conto delle vittime sale di giorno in giorno, non ci sono più case, negozi, vite. La Spagna è in ginocchio, consapevole che rialzarsi sarà faticoso sia moralmente che economicamente. Ci sono persone che in pochi giorni hanno perso tutto. Anzi in poche ore. Una vita da ricostruire, riadattare. Consapevoli che per ripartire non basteranno le proprie forze, ma servirà appoggiarsi sulle spalle degli altri. Di chi questa tragedia l’ha vissuta, per cancellare il dolore, e su chi ha a cuore le vite degli altri, qualunque sia il suo angolo di mondo. Chi volesse dare una mano trova in fondo all’articolo il link della raccolta fondi messa in piedi da Garzelli e sua moglie. 

Scrivere e dire: «Può succedere a tutti» è scontato e inefficace. Certe tragedie colpiscono e fanno riflettere solamente una volta avvenute. E’ difficile immedesimarsi in un qualcosa di talmente grande che nemmeno chi lo ha vissuto riesce a descriverlo. Serve affidarsi alle parole, al racconto e al ricordo di attimi indelebili. 

Macerie e detriti sono accatastati per strada in attesa di essere sgomberati
Macerie e detriti sono accatastati per strada in attesa di essere sgomberati

La distruzione

Stefano Garzelli ha legato una grande fetta della sua vita a questa terra, Valencia. Sua moglie è spagnola, i suoi figli vanno a scuola qui e sulle strade che non ci sono più si allenavano. L’ex ciclista professionista, ora commentatore tecnico per la RAI, qui ha fondato una scuola di ciclismo. Quei ragazzi ora faticano a pensare che un giorno potranno andare di nuovo in bicicletta. Sono talmente tante le cose da ricostruire che il ciclismo diventa forse l’ultima cosa a cui pensare. Per prime ci sono la vita e la voglia di ripartire. Stefano Garzelli ha vissuto una tragedia simile 12 anni fa, quando una tempesta portò via tutto, compresa la casa dove abitava. 

«A questo giro la mia famiglia e io siamo stati più fortunati – dice al telefono – perché a casa nostra non è arrivata tutta quella pioggia. Basta spostarsi di un paio di chilometri che la situazione cambia parecchio. Da me, a Betera, sono arrivate solamente forti raffiche di vento che non hanno fatto grandi danni. Ma basta uscire di poco per arrivare in una situazione che non ha aggettivi o parole per essere descritta. Ci sono paesi e città distrutte, la gente ha perso tutto, i morti aumentano di giorno in giorno (al pomeriggio di lunedì, giorno in cui stiamo scrivendo, ammontano a 217, ndr). Quello che più spaventa, forse, è il futuro. Migliaia di case sono state distrutte, non ci sono più negozi o attività commerciali».

Si contano più di 80.000 auto distrutte dall’alluvione
Si contano più di 80.000 auto distrutte dall’alluvione

Rialzarsi

Sono passati cinque giorni dalla bomba d’acqua che ha devastato tutto. I soccorsi sono arrivati prima dalla gente e poi dal governo. Come spesso accade i primi a muoversi sono stati i cittadini colpiti dal danno. 

«Ora quello che stanno facendo – prosegue Garzelli – è distribuire cibo e acqua. I supermercati e i negozi non ci sono più, quindi rifornirsi è impossibile. In più le autorità consigliano di non uscire, se non per andare al lavoro. Per chi ancora ce l’ha. Le strade sono bloccate dai mezzi pesanti oppure totalmente distrutte. In Spagna ora la polemica è contro l’intervento tardivo del Governo. I militari sono arrivati solamente quattro giorni dopo il disastro. Si rimbalzano le colpe ma sinceramente interessa poco. Per prime si sono mosse le persone colpite e i volontari: 12.000 cittadini sono scesi in strada a spalare il fango.

«La cosa che mi preoccupa maggiormente – aggiunge – è il futuro. Dei detriti, si contano tra le altre cose 80.000 auto distrutte, non si sa cosa farsene. Come fai a smaltire una così grande quantità di oggetti? Le scuole sono chiuse e anche tra i ragazzi non si parla che dell’alluvione. I miei figli con i loro amici non riescono a discutere di altro e li capisco. Uno dei miei ragazzi della scuola di ciclismo è stato preso dall’acqua, per fortuna è rimasto illeso. 

I cittadini sono scesi in strada per dare una mano, all’appello hanno risposto 12.000 persone
I cittadini sono scesi in strada per dare una mano, all’appello hanno risposto 12.000 persone

Ricordare e ricostruire

La memoria in certe situazioni conserva il dolore, lo rimpasta come fango e lo attacca alle pareti della nostra testa. La tragedia che stanno vivendo a Valencia continuerà a rimanere salda negli occhi di chi l’ha vissuta

«Dimenticare certe cose è impossibile – spiega ancora Stefano Garzelli – io e la mia famiglia lo sappiamo bene. Quando si è saputo che sarebbe arrivata questa perturbazione ero a Filottrano per lo Scarponi Day. Appena ho letto le previsioni e visto quanto successo a Bologna, dato che doveva essere la stessa perturbazione che poi sarebbe arrivata da noi, mi è venuta l’ansia. Da quel fatidico giorno di 12 anni fa ogni volta che piove forte mi prende questo stato emotivo. Anche i miei figli hanno la stessa reazione. 

«Per ripartire è necessario l’aiuto di tutti – conclude – Valencia e la sua provincia non possono farcela da sole. I cittadini sono in ginocchio. Mia moglie Maria ha ideato una raccolta fondi. Con le donazioni andremo a comprare alimenti di prima necessità, successivamente porteremo quanto acquistato nei differenti punti di raccolta nel nostro paese (Betera, ndr) e poi organizzeremo e distribuiremo il tutto casa per casa».

Chiunque abbia voglia di dare una mano può farlo a questo link.

Berria Belador 6G, la bici totale: leggera e veloce

18.07.2024
5 min
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Perché dover scegliere tra leggerezza e aerodinamicità, tra bici da salita e da pianura? Berria, azienda spagnola con sede ad Albacete, ha deciso di risolvere questo annoso dilemma con la sua nuova creazione, la Berria Belador 6G, una bici talmente all-rounder da essere “definitiva”, evoluzione del modello precedente.

Il punto forte per tali ambizioni non può che essere il telaio, studiato per essere all’avanguardia sia per quanto riguarda il peso che l’aerodinamica. Il risultato è una sola bicicletta per esprimersi al meglio su tutti i terreni.

Due dati, per dare l’idea. Il telaio in taglia M ferma l’ago della bilancia a 720 grammi, ma è stato studiato a livello aerodinamico in galleria del vento al Politecnico di Milano per consentire un risparmio fino a 10 watt sopra i 50 km/h in particolari condizioni di vento. Andiamo a vederla più nel dettaglio questa nuova bici “totale”.

La più leggera Belador della storia

Il telaio della Berria Belador 6G è costruito con carbonio UHM3X, una speciale unione di tre diversi tipi di fibra di carbonio: fibre Toray T800 e T1100G ad altissimo modulo e fibre Toray M55J ad altissimo modulo. Questo ha permesso di raggiungere la massima rigidità nei punti decisivi – come il movimento centrale e la zona della serie sterzo – mantenendo grande leggerezza altrove.  Come già accennato questa combinazione di materiali ha permesso la creazione di un telaio di soli 720 grammi in taglia M, con una riduzione del 31% rispetto alla versione precedente.

Ma non di solo telaio è fatta una bici. Berria infatti ha lavorato molto anche sulla forcella Belador Blade, sul manubrio Avanforce Airone (naturalmente integrato) e sul reggisella, anch’essi tutti eccezionalmente leggeri: rispettivamente 340, 200 e 87 grammi. 

Aerodinamica studiata in Italia

Il lavoro svolto nella galleria del vento del Politecnico di Milano ha permesso di migliorare moltissimo il coefficiente aerodinamico della Belador 6G. Grazie a questi studi gli ingegneri iberici hanno progettato dei tubi con sezioni più affilate e con una minore superficie frontale, comportando una significativa riduzione della turbolenza e migliorando così l’efficienza aerodinamica della bicicletta.

Tradotto in numeri si tratta di un miglioramento aerodinamico dell’11% in condizioni di vento laterale e del 3% in condizioni di vento contrario, quantificabile in un risparmio che arriva fino a 10 watt. 

Perfetta integrazione

Una bici di questo livello non poteva essere completa senza un grande lavoro sull’integrazione dei cavi e dei componenti. Il nuovo Berria Belador 6G è infatti dotato del concetto di integrazione ICS2, che si concretizza in perni delle ruote nascosti, integrazione del da 1-1/2″- 1-1/2″.

Gli allestimenti top di gamma montano copertoni Vittoria Corsa PRO da 28 mm, ma il telaio è predisposto per accettare pneumatici larghi fino a 32 mm, aspetto fondamentale per una bici che vuole essere competitiva su tutti i terreni.

Nessun problema ad affrontare velocità elevate, come pure lunghe scalate
Nessun problema ad affrontare velocità elevate, come pure lunghe scalate

Berria Belador 6, la sorellina

Insieme alla Berria Belador 6G è stata presentata anche la Berria Belador 6, una versione che beneficia dello stesso livello di integrazione e di design aerodinamico della sorella maggiore, pensata però per essere accessibile al più vasto pubblico possibile.

Il telaio Berria Belador 6G è realizzato in carbonio HM2X, per un peso comunque competitivo di 950 grammi per il telaio e 450 grammi per la forcella

Il modello di punta della Belador BR6 è montata con lo Sram Red
Il modello di punta della Belador BR6 è montata con lo Sram Red

Allestimenti e prezzi 

La Belador BR 6G è disponibile in tre diversi allestimenti. Con gruppo Ultegra Di-2 12v, ruote Zipp 303 S a 6.499 euro. Con gruppo Dura Ace Di-2 12V e ruote Zipp 454 NSW a 9.999 euro. Con gruppo Sram Red AXS E1 12v e ruote Enve SES 4.5 a 10.999 euro.

La sorella minore Belador 6 è invece disponibile in quattro versioni, da quella con gruppo Shimano 105 meccanico a 12v e ruote Vision Team 30 in alluminio (a 2.699 euro), fino a quella montata con gruppo Shimano Ultegra Di-2 12v e ruote Vision Trimax 35 in alluminio (a 4.399 euro).

Berria Bikes

Ridley Grifn RS, la nuova all-road che nasce per le gare

02.05.2024
7 min
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TARRAGONA (Spagna) – Ridley amplia e completa la sua piattaforma all-road grazie alla nuova Grifn RS. E’ la versione più leggera (grazie ad un risparmio di 140 grammi a parità di taglia: si tratta di 830 grammi dichiarati nella taglia media) ed aerodinamica della Grifn gia esistente, una bici che per concetto e geometrie si posiziona tra le bici da strada performance e le gravel vere e proprie.

Stesso frame-kit e allestimenti differenti, dedicati alla strada oppure al gravel da competizione. Le peculiarità tecniche delle nuove RS sono molto interessanti. Entriamo nel dettaglio.

L’abbiamo usata con le gomme da 30 davanti e 32 dietro
L’abbiamo usata con le gomme da 30 davanti e 32 dietro

La versatilità, marchio di fabbrica Ridley

Se la Grifn rappresenta l’all-road, il punto di unione perfetto tra la strada ed il gravel, la nuova RS si spinge un po’ più in alto nella ricerca delle prestazioni e nelle soluzioni tecniche. Però è la versatilità del progetto a farla da padrona, grazie soprattutto all’ampio range di montaggio degli pneumatici, alla possibilità di montare una dinamo per le luce ed ai parafanghi, ma anche bag e borse.

Sono tutte soluzioni che nell’insieme si rivolgono ad un pubblico di ciclisti viaggiatori, ma con qualche ambizione quando si tratta di aprire il gas (la Grifn RS è utilizzata anche nella UCI Gravel World Series). Non in ultimo le geometrie che, quando si parla e si scrive di Ridley sono un fattore che occupa il primo posto nella scala dei valori tecnici.

Come è fatta la nuova Grifn RS

Il telaio è il risultato di un blend di carbonio in alto modulo impiegato in tecnologia monoscocca. L’impatto estetico non si discosta troppo dalla Grifn “tradizionale”, ma richiama in parte anche la Falcn RS. Ad esempio quando si osserva il reggisella (che non è rotondo da 27,2 millimetri di diametro come per la versione standard) full carbon, il medesimo usato proprio per la Falcn RS e la Kanzo Fast. Anche grazie all’impiego di questo componente e ad un piantone più efficiente, la resa tecnica della sezione centrale e del carro, è completamente diversa rispetto alla Grifn “normale”.

La forcella, completamente in carbonio, è sviluppata con lo stesso disegno di quella usata per la Falcn, con quella sorta di diffusore aerodinamico, un dettaglio non così scontato se rimaniamo nell’ambito all-road, endurance e gravel. Una forcella non troppo rigida, ma parecchio precisa e stabile anche sullo sterrato.

Dettagli che fanno la differenza

La forcella permette di montare un mozzo a dinamo per la ricarica delle luci anteriori e posteriori. La predisposizione di questo modello è completa, nell’ottica di accontentare anche quella tipologia di utenza che usa la bici per i lunghi tragitti. La tolleranza garantita per il passaggio degli pneumatici (anteriori e posteriori, con e senza monocorona) è di 42 millimetri, maggiore rispetto alla Grifn già esistente. Un maggiore spazio tra profilati e gomme è stato possibile grazie ad una forma diversa della scatola del movimento centrale e del supporto del deragliatore (che può essere facilmente rimosso).

Si possono montare fino a 3 portaborraccia (due standard e uno sotto l’obliquo), parafanghi e borse. E’ inoltre interessante la predisposizione al montaggio di una borsa nella parte interna del triangolo principale, con delle connotazioni aerodinamiche non banali.

Con allestimento gravel e monocorona
Con allestimento gravel e monocorona

Allestimenti e prezzi

Gli allestimenti sono tre stradali e tre gravel (rispettivamente adottano il suffisso allroad-road e allroad-gravel). Quelli gravel diventano quattro se consideriamo anche la variante Classified con monocorona anteriore, mentre per entrambi i modelli sono disponibili i kit telaio. I road si basano sulle trasmissioni con doppio plateau anteriore, Shimano Ultegra Di2, Sram Force AXS (entrambi con ruote DT Swiss ERC1400) e Shimano 105 Di2, rispettivamente a 7.999, 7.999 e 5.799 euro di listino. Il frame-kit ha un prezzo di 4.999 euro e tutti gli RS includono il cockpit integrato Cirrus Pro (manubrio tecnicamente ottimo).

Gli allestimenti gravel (Classified a parte) si sviluppano intorno alle trasmissioni Shimano GRX800 Di2 2×12 e Sram Force XPLR 1×12 (entrambi con le ruote DT Swiss GRC1600), oltre alla configrazione Sram Rival XPLR 1×12. Tutti i monocorona hanno una dentatura anteriore di 46 denti, molto interessante e particolare come scelta che, da modo di sfruttare a pieno la scala pignoni XPLR 10/44. La Ridley Grifn RS rientra nel programma di customizzazione della verniciatura da parte dell’utente.

Anche E-Grifn e Grinf A in alluminio

La versione elettrica ha un’impatto estetico del tutto simile alla versione tradizionale ed inoltre, cosa non usuale se consideriamo la categoria delle e-bike è persoanlizzabile nella verniciatura, come tutte le bici Ridley. Sulla E-Grifn è stata montata una unità elettrica di supporto Mahle X20. La batteria è nascosta nella tubazione obliqua, ha un motore centrale dalle dimensioni ridotte che integra il sensore di torsione. Il sistema permette di montare le guarniture classiche (doppio plateau oppure monocorona) utilizzate normalmente sulle biciclette tradizionali. Eroga la sua potenza tramite il mozzo della ruota posteriore. Il pacchetto Mahle X20 ha un peso complessivo dichiarato di 3,2 chilogrammi, usato per e-bike che hanno un valore alla bilancia compreso tra i 10 e 12 chilogrammi circa. I prezzi di listino sono compresi tra i 5.499 e 7.999 euro. Le configurazione road sono tre, mentre quelle gravel sono quattro.

La Grifn A ha una telaio in alluminio 6061 T6 con profilati idraformati a triplo spessore. Nasce con la stessa idea della Grifn RS ed infatti è inserita nella famiglia Elite di Ridley. La forcella in carbonio è mutuata dalla Grifn in versione standard. E’ disponibile in sei taglie e tre allestimenti (1 road e 2 gravel) sulla base delle trasmissioni Shimano con doppia corona. I prezzi sono compresi tra i 1.999 e 2.299 euro. E’ disponibile anche un kit telaio a 999 euro.

Ridley