Berria Belador 6G, la bici totale: leggera e veloce

18.07.2024
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Perché dover scegliere tra leggerezza e aerodinamicità, tra bici da salita e da pianura? Berria, azienda spagnola con sede ad Albacete, ha deciso di risolvere questo annoso dilemma con la sua nuova creazione, la Berria Belador 6G, una bici talmente all-rounder da essere “definitiva”, evoluzione del modello precedente.

Il punto forte per tali ambizioni non può che essere il telaio, studiato per essere all’avanguardia sia per quanto riguarda il peso che l’aerodinamica. Il risultato è una sola bicicletta per esprimersi al meglio su tutti i terreni.

Due dati, per dare l’idea. Il telaio in taglia M ferma l’ago della bilancia a 720 grammi, ma è stato studiato a livello aerodinamico in galleria del vento al Politecnico di Milano per consentire un risparmio fino a 10 watt sopra i 50 km/h in particolari condizioni di vento. Andiamo a vederla più nel dettaglio questa nuova bici “totale”.

La più leggera Belador della storia

Il telaio della Berria Belador 6G è costruito con carbonio UHM3X, una speciale unione di tre diversi tipi di fibra di carbonio: fibre Toray T800 e T1100G ad altissimo modulo e fibre Toray M55J ad altissimo modulo. Questo ha permesso di raggiungere la massima rigidità nei punti decisivi – come il movimento centrale e la zona della serie sterzo – mantenendo grande leggerezza altrove.  Come già accennato questa combinazione di materiali ha permesso la creazione di un telaio di soli 720 grammi in taglia M, con una riduzione del 31% rispetto alla versione precedente.

Ma non di solo telaio è fatta una bici. Berria infatti ha lavorato molto anche sulla forcella Belador Blade, sul manubrio Avanforce Airone (naturalmente integrato) e sul reggisella, anch’essi tutti eccezionalmente leggeri: rispettivamente 340, 200 e 87 grammi. 

Aerodinamica studiata in Italia

Il lavoro svolto nella galleria del vento del Politecnico di Milano ha permesso di migliorare moltissimo il coefficiente aerodinamico della Belador 6G. Grazie a questi studi gli ingegneri iberici hanno progettato dei tubi con sezioni più affilate e con una minore superficie frontale, comportando una significativa riduzione della turbolenza e migliorando così l’efficienza aerodinamica della bicicletta.

Tradotto in numeri si tratta di un miglioramento aerodinamico dell’11% in condizioni di vento laterale e del 3% in condizioni di vento contrario, quantificabile in un risparmio che arriva fino a 10 watt. 

Perfetta integrazione

Una bici di questo livello non poteva essere completa senza un grande lavoro sull’integrazione dei cavi e dei componenti. Il nuovo Berria Belador 6G è infatti dotato del concetto di integrazione ICS2, che si concretizza in perni delle ruote nascosti, integrazione del da 1-1/2″- 1-1/2″.

Gli allestimenti top di gamma montano copertoni Vittoria Corsa PRO da 28 mm, ma il telaio è predisposto per accettare pneumatici larghi fino a 32 mm, aspetto fondamentale per una bici che vuole essere competitiva su tutti i terreni.

Nessun problema ad affrontare velocità elevate, come pure lunghe scalate
Nessun problema ad affrontare velocità elevate, come pure lunghe scalate

Berria Belador 6, la sorellina

Insieme alla Berria Belador 6G è stata presentata anche la Berria Belador 6, una versione che beneficia dello stesso livello di integrazione e di design aerodinamico della sorella maggiore, pensata però per essere accessibile al più vasto pubblico possibile.

Il telaio Berria Belador 6G è realizzato in carbonio HM2X, per un peso comunque competitivo di 950 grammi per il telaio e 450 grammi per la forcella

Il modello di punta della Belador BR6 è montata con lo Sram Red
Il modello di punta della Belador BR6 è montata con lo Sram Red

Allestimenti e prezzi 

La Belador BR 6G è disponibile in tre diversi allestimenti. Con gruppo Ultegra Di-2 12v, ruote Zipp 303 S a 6.499 euro. Con gruppo Dura Ace Di-2 12V e ruote Zipp 454 NSW a 9.999 euro. Con gruppo Sram Red AXS E1 12v e ruote Enve SES 4.5 a 10.999 euro.

La sorella minore Belador 6 è invece disponibile in quattro versioni, da quella con gruppo Shimano 105 meccanico a 12v e ruote Vision Team 30 in alluminio (a 2.699 euro), fino a quella montata con gruppo Shimano Ultegra Di-2 12v e ruote Vision Trimax 35 in alluminio (a 4.399 euro).

Berria Bikes

Ridley Grifn RS, la nuova all-road che nasce per le gare

02.05.2024
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TARRAGONA (Spagna) – Ridley amplia e completa la sua piattaforma all-road grazie alla nuova Grifn RS. E’ la versione più leggera (grazie ad un risparmio di 140 grammi a parità di taglia: si tratta di 830 grammi dichiarati nella taglia media) ed aerodinamica della Grifn gia esistente, una bici che per concetto e geometrie si posiziona tra le bici da strada performance e le gravel vere e proprie.

Stesso frame-kit e allestimenti differenti, dedicati alla strada oppure al gravel da competizione. Le peculiarità tecniche delle nuove RS sono molto interessanti. Entriamo nel dettaglio.

L’abbiamo usata con le gomme da 30 davanti e 32 dietro
L’abbiamo usata con le gomme da 30 davanti e 32 dietro

La versatilità, marchio di fabbrica Ridley

Se la Grifn rappresenta l’all-road, il punto di unione perfetto tra la strada ed il gravel, la nuova RS si spinge un po’ più in alto nella ricerca delle prestazioni e nelle soluzioni tecniche. Però è la versatilità del progetto a farla da padrona, grazie soprattutto all’ampio range di montaggio degli pneumatici, alla possibilità di montare una dinamo per le luce ed ai parafanghi, ma anche bag e borse.

Sono tutte soluzioni che nell’insieme si rivolgono ad un pubblico di ciclisti viaggiatori, ma con qualche ambizione quando si tratta di aprire il gas (la Grifn RS è utilizzata anche nella UCI Gravel World Series). Non in ultimo le geometrie che, quando si parla e si scrive di Ridley sono un fattore che occupa il primo posto nella scala dei valori tecnici.

Come è fatta la nuova Grifn RS

Il telaio è il risultato di un blend di carbonio in alto modulo impiegato in tecnologia monoscocca. L’impatto estetico non si discosta troppo dalla Grifn “tradizionale”, ma richiama in parte anche la Falcn RS. Ad esempio quando si osserva il reggisella (che non è rotondo da 27,2 millimetri di diametro come per la versione standard) full carbon, il medesimo usato proprio per la Falcn RS e la Kanzo Fast. Anche grazie all’impiego di questo componente e ad un piantone più efficiente, la resa tecnica della sezione centrale e del carro, è completamente diversa rispetto alla Grifn “normale”.

La forcella, completamente in carbonio, è sviluppata con lo stesso disegno di quella usata per la Falcn, con quella sorta di diffusore aerodinamico, un dettaglio non così scontato se rimaniamo nell’ambito all-road, endurance e gravel. Una forcella non troppo rigida, ma parecchio precisa e stabile anche sullo sterrato.

Dettagli che fanno la differenza

La forcella permette di montare un mozzo a dinamo per la ricarica delle luci anteriori e posteriori. La predisposizione di questo modello è completa, nell’ottica di accontentare anche quella tipologia di utenza che usa la bici per i lunghi tragitti. La tolleranza garantita per il passaggio degli pneumatici (anteriori e posteriori, con e senza monocorona) è di 42 millimetri, maggiore rispetto alla Grifn già esistente. Un maggiore spazio tra profilati e gomme è stato possibile grazie ad una forma diversa della scatola del movimento centrale e del supporto del deragliatore (che può essere facilmente rimosso).

Si possono montare fino a 3 portaborraccia (due standard e uno sotto l’obliquo), parafanghi e borse. E’ inoltre interessante la predisposizione al montaggio di una borsa nella parte interna del triangolo principale, con delle connotazioni aerodinamiche non banali.

Con allestimento gravel e monocorona
Con allestimento gravel e monocorona

Allestimenti e prezzi

Gli allestimenti sono tre stradali e tre gravel (rispettivamente adottano il suffisso allroad-road e allroad-gravel). Quelli gravel diventano quattro se consideriamo anche la variante Classified con monocorona anteriore, mentre per entrambi i modelli sono disponibili i kit telaio. I road si basano sulle trasmissioni con doppio plateau anteriore, Shimano Ultegra Di2, Sram Force AXS (entrambi con ruote DT Swiss ERC1400) e Shimano 105 Di2, rispettivamente a 7.999, 7.999 e 5.799 euro di listino. Il frame-kit ha un prezzo di 4.999 euro e tutti gli RS includono il cockpit integrato Cirrus Pro (manubrio tecnicamente ottimo).

Gli allestimenti gravel (Classified a parte) si sviluppano intorno alle trasmissioni Shimano GRX800 Di2 2×12 e Sram Force XPLR 1×12 (entrambi con le ruote DT Swiss GRC1600), oltre alla configrazione Sram Rival XPLR 1×12. Tutti i monocorona hanno una dentatura anteriore di 46 denti, molto interessante e particolare come scelta che, da modo di sfruttare a pieno la scala pignoni XPLR 10/44. La Ridley Grifn RS rientra nel programma di customizzazione della verniciatura da parte dell’utente.

Anche E-Grifn e Grinf A in alluminio

La versione elettrica ha un’impatto estetico del tutto simile alla versione tradizionale ed inoltre, cosa non usuale se consideriamo la categoria delle e-bike è persoanlizzabile nella verniciatura, come tutte le bici Ridley. Sulla E-Grifn è stata montata una unità elettrica di supporto Mahle X20. La batteria è nascosta nella tubazione obliqua, ha un motore centrale dalle dimensioni ridotte che integra il sensore di torsione. Il sistema permette di montare le guarniture classiche (doppio plateau oppure monocorona) utilizzate normalmente sulle biciclette tradizionali. Eroga la sua potenza tramite il mozzo della ruota posteriore. Il pacchetto Mahle X20 ha un peso complessivo dichiarato di 3,2 chilogrammi, usato per e-bike che hanno un valore alla bilancia compreso tra i 10 e 12 chilogrammi circa. I prezzi di listino sono compresi tra i 5.499 e 7.999 euro. Le configurazione road sono tre, mentre quelle gravel sono quattro.

La Grifn A ha una telaio in alluminio 6061 T6 con profilati idraformati a triplo spessore. Nasce con la stessa idea della Grifn RS ed infatti è inserita nella famiglia Elite di Ridley. La forcella in carbonio è mutuata dalla Grifn in versione standard. E’ disponibile in sei taglie e tre allestimenti (1 road e 2 gravel) sulla base delle trasmissioni Shimano con doppia corona. I prezzi sono compresi tra i 1.999 e 2.299 euro. E’ disponibile anche un kit telaio a 999 euro.

Ridley

Milan sprinta, vince in Spagna e punta al Nord

18.02.2024
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Jonathan Milan ci ha abituati bene, nelle ultime due stagioni lo abbiamo visto vincere e piazzarsi spesso. Il canovaccio, anche in questo primo assaggio di 2024, non è cambiato, nonostante il gigante friulano abbia cambiato la maglia. Le prime volate con la Lidl-Trek si sono trasformate in una vittoria e in un secondo posto, tutte raccolte alla Volta a Valenciana. L’antipasto è stato servito, ora Milan si appresta a partire di nuovo, ma questa volta il volo non punta al caldo della Spagna, ma al freddo del Belgio.

«Per il momento sono a casa – ci dice un contento Milan da dietro il telefono – parto il 21 febbraio per l’opening weekend. Sono gare che mi piacciono molto, l’anno scorso ero in buona condizione, quest’anno stiamo cercando di fare le cose nel modo giusto per arrivare pronti. Mi sento bene, anche la Valenciana ha confermato queste mie sensazioni».

La vittoria a Orihuela, con alle spalle di Milan un Consonni sorridente
La vittoria a Orihuela, con alle spalle di Milan un Consonni sorridente

Subito in testa

Vincere aiuta a vincere. Non perdere il feeling con il successo è importante, per il morale, per le gambe e per iniziare bene la stagione. Muovere i primi passi nella giusta direzione aiuta a lanciarsi verso gli obiettivi che contano con il giusto entusiasmo.

«In Spagna – prosegue Milan – mi sentivo bene, ma era normale, ecco forse non mi sentivo pronto per vincere. Avevo qualche punto di domanda, come giusto che sia a inizio stagione. Le tappe erano impegnative e le altimetrie lo hanno dimostrato, ma gli allenamenti in inverno sono stati buoni. L’ho visto proprio sulle salite, sulle quali ho tenuto molto bene per essere un velocista.

«Le prime volate le ho fatte insieme a Simone (Consonni, ndr), ci conosciamo da tanti anni e abbiamo lavorato molto in pista. Su strada è un’altra cosa, anche in questo campo avevo dei dubbi, ma sono stati spazzati via al primo successo. La volata che mi hanno tirato quando ho vinto è stata perfetta, anche in gara è andato tutto per il verso giusto. Ora faremo altre gare e affineremo la tecnica ancora di più».

In salita Milan ha avuto ottime sensazioni, segno che il lavoro invernale è andato nel verso giusto
In salita Milan ha avuto ottime sensazioni, segno che il lavoro invernale è andato nel verso giusto
In Belgio il weekend del 25 e 26 lancerai la stagione delle Classiche?

Sì, è un punto di partenza per le gare che arriveranno. Sono corse importanti, impegnative e che mi piacciono molto. La squadra è forte, da questo punto di vista sono molto fiducioso. Oltre a me ci sono tanti corridori che possono fare bene: Pedersen e Stuyven ad esempio. 

Più frecce allo stesso arco…

Ognuno ha i propri obiettivi, siamo più capitani. Di conseguenza ci sono diverse persone che potranno fare bene quando arriverà il momento di giocarsela. I ragazzi sono pronti e lo sono anche io, ammetto di essere molto carico. 

L’ultimo appuntamento della prima parte di stagione sarà il Giro, dove dovrà difendere la maglia ciclamino conquistata nel 2023
Dopo la Roubaix arriverà il Giro, dove Milan dovrà difendere la maglia ciclamino conquistata nel 2023
Uno dei tuoi obiettivi, a proposito di Classiche, sarà la Roubaix?

Quest’anno farò due Classiche Monumento: Milano-Sanremo e Roubaix. Pedersen ed io, un mesetto fa, siamo stati a fare delle prove dei materiali per la Roubaix

Tanto dipenderà dalle gare prima, come la Tirreno-Adriatico.

Sarà una bella prova in preparazione alla Milano-Sanremo, con tante tappe importanti. Tra l’altro la Corsa dei due Mari sarà la prossima che correrò insieme a Consonni. La Sanremo è una gara bella, veloce e che mi piace. E’ difficile da interpretare, ma con il tempo spero di prenderci sempre più dimestichezza. 

Agli europei di Apeldoorn, a gennaio, prime prove di quartetto: l’appuntamento di Parigi si avvicina
Agli europei di Apeldoorn, a gennaio, prime prove di quartetto: l’appuntamento di Parigi si avvicina
Ci saranno tanti impegni importanti nel 2024, come li avete programmati?

La stagione è piena e va pianificata bene, ci sono diversi obiettivi: su strada con la squadra e in pista con la nazionale. Su strada i miei impegni maggiori saranno le Classiche e il Giro. Per quanto riguarda la pista il focus sarà sulle Olimpiadi. Sono due grandi obiettivi e tutto va organizzato per il meglio.

Immaginiamo che il cammino sia già praticamente delineato, no?

Direi di sì, mancano dei piccoli dettagli che vedremo dopo la prima parte di stagione. Intanto sono contento dell’equilibrio che hanno trovato la squadra e la nazionale. Alternare bene gli allenamenti tra pista e strada è fondamentale. Dopo il Giro dovrei fermarmi, riposare e preparare l’Olimpiade. In quest’ottica probabilmente farò un ritiro in altura prima di agosto. 

Insomma, la stagione è lanciata, in bocca al lupo!

Crepi e ci vediamo sulle strade!

Domani a Jaen le strade bianche di Spagna. E Calzoni racconta

11.02.2024
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Walter Calzoni ha iniziato, al Tour of Antalya, la sua seconda stagione tra i professionisti con la Q36.5. Un primo banco di prova per controllare lo stato di salute delle sue gambe e l’avanzamento della condizione. Su di lui si è acceso più di qualche faro dopo un bel 2023, anche se non è arrivata la vittoria. Brambilla, suo esperto compagno di squadra e mentore, crede molto in lui, così abbiamo voluto sentirlo per vedere con quale spirito affronterà questo 2024

«Per il momento sto bene – ci racconta il bresciano alla fine della seconda tappa – le gambe ci sono e girano. Anche se il vero punto sulla condizione lo faremo nelle prossime gare. Quest’anno proverò a correre al Nord: farò Brabante, Amstel e Freccia. In quel periodo avrò il primo picco di condizione. Mi piacerebbe stare bene già alla Strade Bianche, che si corre a inizio marzo, vorrei provare a mettermi in mostra».

Le strade bianche in Spagna

Nel 2023 Calzoni ha corso La Clasica Jaén, che si correrà giusto domani: quella che si può definire la “strade bianche di Spagna”,  giunta quest’anno alla sua terza edizione. Una corsa che si snoda nella regione dell’Andalusia, e nell’omonima provincia, dalla quale la corsa prende il nome. Il territorio è arido, polveroso e dal colorito giallastro, tipico della regione andalusa. Per fare della corsa un veicolo turistico, l’amministrazione locale e gli organizzatori hanno attaccato al nome Clasica Jaen quello di Paraiso Interior, per richiamare i silenzi e il fascino della zona, che non ha il richiamo mare e punta sul verde, sulla storia e i grandi silenzi.

La corsa si arrampica sulle strade che circondano Baeza, sede di partenza, e Ubeda, dove è situato l’arrivo. Un insieme di sali e scendi, circondati dal verde della macchia mediterranea. Arbusti bassi e ulivi a fare da cornice alla corsa, che in solo due edizioni ha raccolto già tanto successo. Nel 2022 l’ha vinta Lutsenko, mentre lo scorso anno a trionfare è stato Tadej Pogacar. Il corridore della Q36.5, alla sua prima stagione da professionista, aveva ottenuto, su quelle strade, un ottimo undicesimo posto. Insieme a lui ripercorriamo e scopriamo quella seconda edizione.

«E’ stata una gara abbastanza dura – ricorda Calzoni – con tanto sterrato e strappi davvero ripidi. Il giorno prima della gara avevamo fatto una ricognizione del percorso ed ero rimasto piacevolmente colpito dal contesto. Alla fine di uno strappo in sterrato si entrava nella città di Obeda, per iniziare il circuito finale, la cosa particolare era che lo sterrato finiva praticamente all’interno del paesino».

L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar
L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar

Corta ma esplosiva

I chilometri della Clasica Jaén sono contenuti, nel 2023 erano poco meno di 180, mentre nel 2024 sono stati ridotti a 162. Ma non fatevi ingannare, i valori vengono fuori, tanto che nell’edizione passata i corridori sono arrivati alla spicciolata. La differenza di chilometraggio, fino al 2023, non era così grande rispetto alla Strade Bianche. Quest’anno, invece, la corsa tra gli sterrati toscani supera i 200 chilometri. 

«La più grande differenza – racconta Calzoni – rispetto alla Strade Bianche, che ho corso poco più di un mese dopo rispetto alla Clasica Jaén, è negli sterrati. In Toscana le strade bianche sono varie e si trovano tanti tratti anche in discesa, dove serve saper guidare molto bene la bici. Mentre in Spagna gli sterrati sono prevalentemente in salita, con strappi duri. A livello tecnico risulta meno impegnativa, ma la pedalata deve comunque essere efficace. E’ uno sterrato più grosso, quindi il rischio di forature è maggiore. La cosa che ricordo del percorso, che mi ha colpito, è il dislivello totale. In poco meno di 180 chilometri abbiamo fatto 3.000 metri di dislivello. Tutti senza mai affrontare una grande salita, ma con continui su e giù».

Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa
Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa

Lo sterrato come amico

Calzoni poi ci ha preso gusto nel pedalare sullo sterrato. Questa “passione” si può dire che sia nata sulle strade della Clasica Jaén. E’ arrivata così la partecipazione alla Strade Bianche e anche alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nella polvere di Monte Cavallo, il giovane bresciano si era messo in mostra. 

«Vero che sullo sterrato mi trovo bene – conferma Calzoni – soprattutto se questi sono accoppiati a percorsi duri, con continui strappi. Ne ho avuto la conferma alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nel velodromo di Forlì sono arrivato sesto, dopo essermi messo in mostra proprio sullo sterrato di Pian del Cavallo. Quest’anno è uno dei primi obiettivi di stagione, tornerò lì perché voglio migliorarmi rispetto al 2023. Prima tornerò anche alla Strade Bianche, prima di lanciarmi verso le corse del Nord».

Adesso Svrcek è pronto a raccogliere l’eredità di Sagan

29.01.2024
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CALPE (Spagna) – C’è un po’ d’Italia quando si parla con e di Martin Svrcek. Il giovane slovacco della Soudal-Quick Step è infatti passato da “casa nostra”. Fu il direttore sportivo della Franco Ballerini, Andrea Bardelli, a portarlo in toscana negli anni da juniores.

Martin è uno di quei corridori che si potrebbero etichettare come “baby fenomeni”. E non è un caso che dopo l’esperienza in Italia sia passato direttamente nel WorldTour. Un formale, ma necessario passaggio alla Biesse-Carrera, ma il contratto già in tasca con la squadra belga. E poi via alla corte di Lefevere.

Martin Svrcek (classe 2003) durante l’incontro a Calpe
Martin Svrcek (classe 2003) durante l’incontro a Calpe

Più maturo

Rispetto ad altri però il suo approccio al professionismo non è stato proprio roseo. Le difficoltà ci sono state e anche una certa dose di sfortuna dovuta a qualche acciacco di troppo ci ha messo lo zampino. Di fatto la prima vera stagione da pro’ completa è stata quella passata: 44 giorni di gara, tre top 10 ma anche le prime grandi gare. E tutto sommato va bene così per un classe 2003.

L’impressione però è che vedendolo dopo un paio di anni, Svrcek sia cresciuto moltissimo. Più personalità, più scioltezza nel muoversi anche con i compagni, una buona padronanza dell’inglese. Stare coi campioni ti cambia.

«Ora sono più maturo – racconta Svrcek, mentre si prepara un caffè – due anni fa in effetti ero ancora un bambino. Forse non ero proprio pronto per il WorldTour e avevo bisogno di più tempo per il mio sviluppo. Ora però spero, e credo, di essere più pronto, credo più in me stesso e va bene così questo mi fa guardare con fiducia al futuro».

Lo sloveno è alla terza stagione da pro’. Per quest’anno punta molto sulle corse di un giorno, in futuro chissà (foto Wout Beel)
Lo sloveno è alla terza stagione da pro’. Per quest’anno punta molto sulle corse di un giorno, in futuro chissà (foto Wout Beel)

Voglia di gare

«Non vedo l’ora d’iniziare la nuova stagione – dice Svrcek – penso di aver avuto un finale di stagione davvero bello. Agosto è stato un gran bel mese per me. Anche a Glasgow ero andato bene (terzo nel mondiale U23). Peccato che dopo abbia avuto un problema al ginocchio. Sentivo dolore, il che non era eccezionale e per tre mesi non ho fatto quasi nulla. Ma credo di aver avuto la mia condizione migliore di tutti i tempi, almeno sin qui. Quindi non vedo l’ora di riprendere. Non so cosa aspettarmi. Voglio solo fare un ottimo lavoro per il team e per me».

Svrcek inizierà il suo percorso agonistico 2024 dall’AlUla Tour, unica corsa a tappe in programma, almeno per ora. Poi lo aspetta un lungo filotto di classiche: dall’Omloop Het Nieuwsblad fino all’Amstel Gold Race, passando per la Milano-Sanremo, unico monumento in programma per lui.

«Dopo il Saudi Tour però farò un training camp in altura. Andrò con il team a Sierra Nevada e poi da lì ritornerò alle corse con la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e la Milano-Sanremo. Successivamente dovrei fare altre classiche ma non sono del tutto sicuro ancora del mio programma. Vedremo strada facendo.

«Dove veramente voglio fare bene è alla Sanremo e per questa serve sia tanta resistenza che tanta esplosività, ma penso anche alle Olimpiadi».

Svrcek è un riferimento in Slovacchia, tanto è vero che è anche un ambassador per Citroen (foto Instagram)
Svrcek è un riferimento in Slovacchia, tanto è vero che è anche un ambassador per Citroen (foto Instagram)

Erede di Sagan

E con il discorso delle Olimpiadi si apre un capitolo interessante. Con l’addio di Peter Sagan, di fatto Martin Svrcek diventa il leader ciclistico di questa Nazione. Per carità non parliamo di un movimento super, ma è pur sempre motivo di responsabilità e di orgoglio al tempo stesso.

«Vivo ancora in Slovacchia – racconta Svrcek – e anche per questo voglio fare bene ai Giochi. Sì, senza più Sagan sono il ciclista più importante del mio Paese – l’espressione tradisce un certo orgoglio – ma non sento la pressione su di me. Anzi, credo che la stessa pressione sia sempre qualcosa di buono. In più sono in una squadra che mi sta dando il tempo di crescere e non mi mette stress».

Come caratteristiche fisiche Svrcek potrebbe essere, in parte, l’erede di Sagan. E’ certamente meno veloce di Peter, ma tiene un po’ meglio in salita. Nelle classiche potrebbe fare bene anche lui. In più è in una squadra che proprio con le classiche ha un certo feeling. Ma è talmente giovane che neanche lui sa se magari un giorno potrà essere ideale anche per le corse a tappe. C’è solo da attendere.

Prima di congedarci, Martin ci parla dell’Italia. La Toscana non l’ha dimenticata: «Sento ancora Bardelli e la famiglia Iacchi, che mi ha accolto. Fare lo junior in Italia è stata un’esperienza molto bella e lo ricorderò sempre, anche perché è stato il mio primo passo nel grande ciclismo. Se ora sono qui è grazie a quell’esperienza».

Per Evenepoel pedivelle super corte: 165 millimetri anche su strada

15.01.2024
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CALPE (Spagna) – Una nuova Specialized SL8 per Remco Evenepoel e i suoi compagni chiaramente. Ma quella del belga ha una colorazione speciale, con quella bandiera a scacchi che tanto richiama alla velocità di Remco e al suo modo di correre all’attacco. E non mancano i colori del Belgio, di cui è campione in carica.

Remco Evenepoel (classe 2000) in allenamento con la nuova SL8 e le pedivelle corte (foto ©NVE)
Remco Evenepoel (classe 2000) in allenamento con la nuova SL8 e le pedivelle corte (foto ©NVE)

Adattamenti 2024

Non è solo estetica. Ogni inverno c’è sempre qualcosa da ritoccare e migliorare. Ed Evenepoel non è stato da meno, specie se si cambia anche il telaio. Già durante la scorsa estate, Evenepoel era passato dalla Specialized Tarmac SL7 alla SL8, con differenze sostanziali.

Tuttavia ci sono degli adattamenti. Se alcune differenze infatti sono intrinseche del telaio, come il peso (circa 150 grammi in meno tra SL7 e SL8), altre sono legate alle scelte tecniche dell’atleta. E in tal senso la novità, anche piuttosto grossa, è la lunghezza delle pedivelle.

Le pedivelle da 165 millimetri. Cosa davvero insolita per un pro’
Le pedivelle da 165 millimetri. Cosa davvero insolita per un pro’

Pedivelle corte

Il talento della Soudal-Quick Step ha deciso di utilizzare pedivelle cortissime, 165 millimetri: prima aveva le 170 millimetri.

La cosa è andata così: Remco utilizzava questo set già sulla bici da crono e si trovava molto bene quando spingeva a tutta. Quindi ha voluto provare a “trasportare” la soluzione anche sulla bici da strada. Sembra che il “la” definitivo a questa prova sia stato dato dal muro finale nella crono di Glasgow, che Remco ha affrontato con grande piglio e un’ottima cadenza (e un wattaggio elevatissimo). Quindi perché non replicare su strada?

Evenepoel, ci hanno detto dallo staff del team belga, sta girando con queste pedivelle da inizio dicembre. E’ già un mese e mezzo dunque che le sta provando e i feedback cominciano ad essere attendibili. E’ lecito pensare che le terrà per tutta la stagione, visto che ci si trova bene. Ma la scelta non è definitiva.

Alla base di questa prova, oltre alle buone sensazioni, c’è anche il fatto che sulle pendenze estreme Remco non sia il dominatore assoluto come in quasi tutti gli altri settori. Questa soluzione gli consente di difendersi molto meglio, aumentando la frequenza. Insomma, può essere più agile e sfruttare meglio i rapporti come il 34, che Shimano mette a disposizione nella sua scala standard.

Sella 3D Power Pro. L’off-set leggermente avanzato e la taglia piccola, fanno sì che Remco pedali caricato sull’avantreno
Sella 3D Power Pro. L’off-set leggermente avanzato e la taglia piccola, fanno sì che Remco pedali caricato sull’avantreno

Sella su…

Come conseguenza diretta, la soluzione delle pedivelle corte porta con sé altri cambiamenti, il più importante dei quali è l’altezza della sella. Con mezzo centimetro in meno di estensione (e flessione) della gamba, va da sé che qualcosa andasse rivisto. Ebbene lo staff, dopo attente verifiche, ha alzato la sella di 6 millimetri.

Perché? Primo per compensare, come detto, un giro pedale che è più corto. Secondo, perché in questo modo Remco migliora la sua efficienza. E di efficienza ci hanno parlato proprio i tecnici a Calpe.

Con pedivelle più corte e sella più alta, Remco è più stabile sulla sella anche quando è a tutta. Ne guadagna un po’ anche la respirazione, riprendendo il concetto della crono, ma soprattutto Evenepoel riesce a scendere un po’ con il busto. Anche se meno di quel che si possa pensare, come vedremo.

Manubrio largo

A proposito di busto infatti, le soluzioni “a catena” ancora non sono terminate. E riguardano la zona del manubrio.

La SL8, a parità di misura, è più alta di qualche millimetro rispetto alla SL7, utilizzata da Remco e compagni fino a metà stagione. Nella taglia del campione belga, la 52 per esempio, il tubo di sterzo è passato dai 113 millimetri della SL7 ai 120 della SL8. E questa differenza va a compensare, in parte, l’aumento dell’altezza di sella.

Tuttavia le inclinazioni dei nuovi manubri integrati sono leggermente differenti rispetto ai precedenti set e portano ad avere un manubrio un po’ più basso. Ecco dunque che l’aumento di misura del tubo di sterzo è parzialmente compensato.

Fausto Oppici, meccanico del team, ci ha spiegato che il nuovo modello della SL è stato pensato proprio per i manubri integrati, tutti i corridori quindi non solo Evenepoel, sono passati a questa soluzione. 

Altra questione legata ai set integrati riguarda le misure degli stessi manubri. Remco ha bisogno di un attacco da 120 millimetri e la piega con questo attacco è disponibile con larghezza da 40 centimetri e non da 38. Per ora dunque il belga userà un manubrio più largo.

Non solo bandiera a scacchi e colori del Belgio, sulla SL8 di Remco sono impresse anche le sue iniziali
Non solo bandiera a scacchi e colori del Belgio, sulla SL8 di Remco sono impresse anche le sue iniziali

Novità in vista?

Se si considera anche la nuova regola delle leve, che possono essere inclinate verso l’interno al massimo di 5°, per Remco si tratta di un bel cambiamento. Ma visti i recenti tempi fatti segnare sul Coll de Rates, sembra che queste novità funzionino.

E’ anche vero però che in casa Specialized, si sta lavorando ad una piega specifica per Remco con larghezza da 38 e attacco da 120, così che possa avere la possibilità di essere più aereodinamico all’anteriore.

Per il resto, tutto è come lo scorso anno: reggisella, gruppo Shimano Dura Ace Di2 a 12 velocità, con guarnitura 54-40. Gomme da 26 millimetri (copertoncini Turbo Cotton) e sella Specialized 3D, la Power Pro with Mirror.

Landa alla corte di Remco, con licenza di vincere

14.01.2024
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CALPE (Spagna) – Uno spagnolo in Belgio. Mikel Landa è approdato alla Soudal-Quick Step per essere l’alfiere pregiato di Remco Evenepoel. Ormai non è più cosa rara che dei grandi campioni vadano a lavorare per i fenomeni. Basta pensare ad Adam Yates per Tadej Pogacar. O ai leader della Jumbo che spesso s’interscambiano.

Ma il basco ha le idee chiare e aver lasciato la Bahrain-Victorious non significa precludersi gli orizzonti del tutto. Anzi, per certi aspetti, come vedremo, questi potranno essere anche ampi. Molto ampi.

Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel, sei ancora un leader o sei un gregario?

Tutte e due! Sono arrivato in questa squadra per mettere a disposizione un po’ della mia esperienza per Remco e poi per avere anche qualche spazio per me. In questo team c’è sempre stato un modo diverso d’intendere le corse (il riferimento è alle classiche, ndr), ma ora la cultura è un po’ cambiata e un corridore come me ci può stare bene.

Sei qui per aiutare Evenepoel, ma visto che lui va al Tour hai pensato al Giro d’Italia? Poteva essere una buona occasione per te?

No, quest’anno non ho valutato il Giro d’Italia. Ci aspetta una bella sfida al Tour de France con Remco e credo sia molto importante pianificare bene il tutto. E ancora più importante era correre tanto insieme a lui. Se avessi fatto il Giro avremmo avuto dei programmi differenti. E così ho deciso di fare Tour e Vuelta.

In cosa puoi aiutare Remco? Puoi aiutarlo anche a correggere i suoi errori, quelli magari che notavi in lui da avversario?

Mi aspetto di essere vicino a Remco in salita, prima di tutto, anche se dovesse restare solo o se invece dovesse attaccare. Ho corso con e contro molti campioni che hanno vinto dei grandi Giri e magari riesco a capire prima quali sono i momenti in cui si può vincere una gara e quando invece si può perdere. Spero dunque di riuscire a vedere queste situazioni un po’ prima di lui e di dargli qualche consiglio prezioso in quei momenti. Questo è uno sport difficile, in cui è più facile perdere che vincere. Quindi è molto importante riuscire a salvarsi nelle giornate in cui non stai bene, che guadagnare quando invece sei super. Ecco, io mi aspetto di poterlo aiutare soprattutto in quei giorni difficili. Tanto più oggi in cui i percorsi sono diversi e sono duri già dalla prima settimana.

Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Pogacar, Vingegaard, Roglic… non sono avversari normali, non credi?

Sì, sono più forti. Sono forti nelle cronometro. Sono esplosivi e possono anche guadagnare sugli arrivi “corti” in cui ci sono in palio degli abbuoni. Ma credo che Remco sia uno di loro.

In allenamento avete provato a fare un po’ di “guerra” tra di voi?

Ancora no a dire il vero, ma credo che entro la fine di questo ritiro qualcosa faremo. Per ora abbiamo iniziato tranquillamente. Poi magari, visto che lui vive in Spagna (nella zona del Sud, ndr) qualche volta mi sposterò io da lui se da me, nei Paesi Baschi, dovesse essere brutto tempo. Ma sicuramente faremo molte ore fianco a fianco, nel camp che precederà il Tour.

Sei stato chiamato a stare vicino a Remco, ma c’è qualche opportunità per te? Dove ti piacerebbe vincere?

Il Catalunya potrà essere un’opportunità. E anche ai Paesi Baschi potrei fare bene. Lì ci sarà anche Remco, ma correrò in casa e magari ci potrebbe essere spazio anche per me. E poi ci sarà la Vuelta, dove sarò leader. Ma l’idea di poter aiutare un compagno, un amico che vince grandi corse mi motiva. E’ uno stimolo per me. E poi come per il “landismo”, è bello veder correre un atleta come Remco. Ti fa saltare dal divano. Attacca. Dà spettacolo.

Alla Vuelta per vincere dunque?

Sono realista: si va per fare bene, ma vincere credo sia dura. Magari è più concreto puntare ad un podio o a una vittoria di tappa.

Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Tu e Remco parlavate mai in gruppo, prima del tuo passaggio in questa squadra?

Alla Vuelta, quando era ormai chiaro che sarei venuto qui, abbiamo iniziato a parlare un po’. E quindi abbiamo scherzato.

Mikel, com’è dopo tanti anni correre senza il tuo “fratello” Pello Bilbao?

Abbiamo corso tanto insieme da quando eravamo juniores, a volte come compagni e spesso come rivali. Quest’anno torniamo rivali e penso sia buono per il ciclismo basco avere corridori così importanti che combattono nelle migliori gare del mondo.

Hai detto del ciclismo basco e del ciclismo spagnolo invece cosa ci dici? Avete due ragazzi fortissimi: Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Chi è il più forte?

Io li vedo bene. Sono entrambi giovani, ambiziosi soprattutto e stanno già andando forte da un bel po’. Questo è un bene per il ciclismo spagnolo. Gli auguro una buona carriera, ma spero di trovarli ancora un po’ in difficoltà! Chi è più forte non lo so. Sono due ragazzi molto diversi. Carlos è più regolarista, meno esplosivo, più riflessivo e credo abbia bisogno di più tempo per vincere. Juan è più esplosivo, è cattivo ed è più pronto.

I due centri di Cattaneo: aiutare Remco e la crono di Parigi

13.01.2024
6 min
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CALPE (Spagna) – Andare a Parigi è l’obiettivo di Mattia Cattaneo, senza se e senza ma. E’ bello imbattersi in un corridore che ha le idee così chiare. Così come è chiaro il ruolo che si è ricavato al fianco di Remco Evenepoel. Forse non è un caso che durante la presentazione della Soudal-Quick Step lo stesso Cattaneo insieme a Fausto Masnada fossero seduti ai due lati del belga.

Mattia sembra decisamente aver trovato la sua dimensione di corridore. Va per i 34 anni e la saggezza si fa sentire. Al Giro d’Onore ci aveva parlato di parecchi argomenti. Stavolta l’argomento è lui.

Evenepoel tra Cattaneo (alla sua sinistra) e Masnada: una scena premonitrice di quanto vedremo in corsa?
Evenepoel tra Cattaneo (alla sua sinistra) e Masnada: una scena premonitrice di quanto vedremo in corsa?
Mattia, come stai?

Ora bene, qualche malanno a dicembre, ma ho recuperato. E poi meglio a dicembre che a marzo, no?

Qual è l’ossatura del tuo programma di gare per questa stagione?

Inizio a Mallorca, poi faccio più o meno il calendario di Remco (Ardenne, Baschi, Delfinato e Tour, ndr). L’obiettivo è arrivare pronti al Tour de France. Spero di guadagnarmi un posto in quella squadra con lui.

Niente Giro, dunque?

No, purtroppo o per fortuna no. Sai, quando ti poni un obiettivo come il Tour con un corridore come Remco, poi diventa difficile essere competitivi in entrambi i Giri. O meglio, è possibile, però vorrebbe dire che dopo il Tour finisci la stagione. E a me piacerebbe riuscire ad arrivare con la migliore condizione possibile nel post Tour, per guadagnarmi un posto nella cronometro delle Olimpiadi.

Vista la tua espressione quando abbiamo nominato il Giro, torniamo a mettere il dito nella piaga. Il percorso del Giro era piuttosto adatto alle tue caratteristiche. Potevi essere un buon leader…

Sì, sì era un bel Giro d’Italia. Le due crono mi favorivano. Però io credo di aver trovato il mio posto, la mia dimensione e di conseguenza, per me prima di tutto viene la squadra. Se devo pensare ad un momento per me stesso, scelgo le Olimpiadi, perché è l’ultima volta che posso andarci. Non credo che fra quattro anni sarò ancora così competitivo. E neanche so se sarò ancora un corridore! Purtroppo è capitato un Giro adatto a me nell’anno in cui ci sono tante altre priorità.

Che supporto per Remco alla Vuelta! Cattaneo stesso ne è rimasto soddisfatto
Che supporto per Remco alla Vuelta! Cattaneo stesso ne è rimasto soddisfatto
Hai detto: «Ho trovato il mio posto. Ho sposato una filosofia». Ma se avessi voluto, parlando con la squadra, ci sarebbe stato margine per andare al Giro da capitano?

Non lo so, magari sì, ma è una cosa di cui onestamente non abbiamo neanche parlato. E a me non è passata per la testa. Uno, perché come detto voglio prendermi quel posto per la crono di Parigi: ce l’ho fisso in mente. Due, perché provo a fare classifica per cosa? Non ho 22 anni che un piazzamento mi cambia la carriera. Io al massimo posso fare ottavo, settimo, se volo… Piuttosto quello che ho fatto l’anno scorso alla Vuelta in supporto a Evenepoel, mi fa dire: «Vai Mattia, fai bene il tuo lavoro». Voglio sfruttare al massimo l’occasione di provare a partecipare alle Olimpiadi.

Sei stato molto chiaro…

Preferisco fare un lavoro che so di poter svolgere bene al 200 per cento che prendermi il rischio del Giro. Un rischio fine a se stesso.

Tu e Masnada eravate seduti ai lati di Remco durante la presentazione…

Anche Fausto ormai si è votato alla sua causa. Masnada viene da un anno in cui ha avuto tanti problemi fisici, però credo che quando è il vero Fausto può fare la differenza per la squadra e per se stesso. Anche perché poi è anche più giovane di me!

Quindi Remco vi ha battezzato come i suoi uomini di fiducia?

Chiedetelo a lui! Possiamo essere due corridori importanti per quello che che vuole fare lui. Sappiamo fare il nostro lavoro, abbiamo esperienza.

Mattia, assieme a Sobrero e Affini si giocherà un posto per Parigi 2024 al fianco di Ganna
Mattia, assieme a Sobrero e Affini si giocherà un posto per Parigi 2024 al fianco di Ganna
Beh si è visto come lo hai supportato alla Vuelta specie nel giorno di crisi. Anzi, tu stesso lo hai raccontato sulle nostre “pagine”…

La Vuelta dell’anno scorso è stato uno dei momenti più gratificanti della mia carriera. Ho sentito veramente di aver raggiunto un livello in cui tutti i giorni ero lì. Forte. Poi, logico, ci vuole anche fortuna. Però dico sempre che la fortuna arriva quando hai le gambe. Perché se arriva quando non le hai, ti passa davanti e neanche la vedi. La Vuelta 2023 mi ha dato tanta consapevolezza del tipo di lavoro che posso fare. Che poi tutto sommato era come al Giro. In quei 10 giorni in Italia ero come in Spagna, poi è andata come è andata. Mentre alla Vuelta sono riuscito a tenere fino in fondo. Ci sono immagini e video in cui mi vedo lì davanti e mi dicevo: «Ero lì con i più forti». 

Hai parlato molto della crono di Parigi 2024. Quanto stai lavorando su questa disciplina? 

E’ da quando sono in questa squadra che ci lavoro tantissimo. Le crono sono sempre state un mio pallino. L’obiettivo è sempre stato quello di migliorarmi e credo di aver raggiunto il livello eccellente. Non sarò mai Ganna o Remco. L’anno scorso ho vinto la crono al Polonia, ho colto degli ottimi risultati sia ai mondiali che agli europei e per me essere nei primi dieci al mondo e nei primi cinque in Europa è un risultato super.

Su cosa ti stai concentrando in questo periodo?

Con l’evoluzione dei materiali ci sono sempre degli aggiustamenti, ma ora stiamo lavorando parecchio sull’abbigliamento. Ci siamo accorti che è il margine più grande su cui possiamo limare. La posizione è davvero buona già dallo scorso anno. E’ molto veloce di conseguenza l’abbigliamento è l’ultimo passo per raggiungere il mio massimo. Nel ciclismo di oggi questi aspetti fanno la differenza, anche se credo che bene o male il mio livello sia quello che si è visto l’anno scorso.

Il tatuaggio di Cattaneo che invita al buon umore e il body Castelli con cui sta lavorando per migliorare ancora nella crono
Il tatuaggio di Mattia che invita al buon umore e il body Castelli con cui sta lavorando per migliorare ancora nella crono
Quando parli di abbigliamento di riferisci al body?

Sì, alla fine tutto serve. Il body ideale ti può far guadagnare quei 15” che al posto di un quinto posto, cogli il quarto. Si tratta di 3-4 watt. 

Tornerai in galleria del vento a Morgan Hill, in California?

Non credo. Ci ho lavorato lo scorso anno e poi vengo da una stagione infinta. Quella in cui ho corso di più da quando sono professionista. Ho fatto quasi 90 corse. Ho finito con il Lombardia e il 23 ottobre mi sono sposato. Andare a Morgan Hill voleva dire non staccare mai. Poi ripeto, c‘era anche la consapevolezza che i margini sulla posizione e i manubri ormai erano davvero infinitesimali, quindi ci siamo concentrati sull’aspetto del vestiario con Castelli a Milano.

A proposito di materiali, adesso avete il 12 velocità anche sulla bici da crono. Cosa cambia?

Che bloccherò la corona grande una volta del tutto! Dietro potrò usare fino al 34 e con quella scala si fa praticamente tutto.

Moscon, adesso o mai più: «Riparto dal livello del 2021»

12.01.2024
5 min
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CALPE (Spagna) – «Io devo fare riferimento al Gianni del 2021, perché quelli sono i miei livelli». Gianni Moscon ha voglia di parlare, si percepisce: frutto di un ritrovato entusiasmo. Il talento trentino è passato dall’Astana-Qazaqstan alla Soudal-Quick Step, la squadra con la quale vuole rilanciarsi dopo due stagioni non troppo brillanti.

Il Covid preso in maniera violenta, qualche difficoltà “logistica”, chiamiamola così, con la sua ex squadra, Moscon, 30 anni ad aprile, sembra essere sulla strada giusta per tornare quello di un tempo. Pensate che la sua ultima vittoria è del giugno 2021, il Gp di Lugano: incredibile per un corridore del suo talento.

Moscon si presenta alla stampa durante il lancio ufficiale del team a Calpe
Moscon si presenta alla stampa durante il lancio ufficiale del team a Calpe
Gianni, si ricomincia e si torna in una squadra del Nord Europa, cambiano le mentalità rispetto ad un team più “latino” vista la tanta Italia che c’era in Astana?

Direi che si torna in una squadra seria. Ogni team ha la propria peculiarità. E’ certamente diversa dall’Astana, ma non assimilerei neanche la Soudal-Quick Step a quella che era la mentalità Sky di un tempo o Ineos attuale. 

E come sta andando qui?

Per il momento mi sono trovato molto bene. Chiaro che è presto per dirlo, però la prima impressione è sempre molto importante. Mi sono sentito subito parte del team. Già nel meeting di metà novembre, quello in cui ci si ritrova per le foto, body fitting, sponsor… ero già uno di loro, uno del Wolfpack. Ogni squadra cerca di integrare i nuovi arrivati coinvolgendoli subito, però qui è avvenuto tutto con naturalezza. Forse anche perché i fiamminghi sono molto uniti tra di loro. Sono una popolazione radicata in generale e anche nel team tendono a fare gruppo, ma se sei all’interno di questo gruppo tutto viene più facile. Hai la loro fiducia e ti danno tutto.

La fiducia specie di questi tempi conta, no?

E’ molto apprezzabile. Che poi è un po’ come sono io: molto diretto, dico le cose come stanno. Poi magari si può litigare o discutere, ma la cosa finisce là, come se fossimo in famiglia. E una famiglia rema nella stessa direzione.

Gianni Moscon (classe 1995) è approdato alla Soudal-Quick Step: per lui contratto di un anno (foto Wout Beel)
Gianni Moscon (classe 1995) è approdato alla Soudal-Quick Step: per lui contratto di un anno (foto Wout Beel)
Veniamo a discorsi più tecnici, Gianni. Sei nel pieno della tua forza, della maturità psicofisica. E’ ora di iniziare a portare a casa risultati importanti…

Vero, dobbiamo portare a casa i risultati assolutamente. Gli ultimi due anni sono stati molto duri e difficili per vari motivi. So cosa non ha funzionato, lo sapevo sin da subito, ma non ho avuto la possibilità di correggere il tiro perché ormai la stagione era iniziata e quando devi fare una gara ogni settimana, tra l’altro anche gare dure ed importanti, non hai il tempo di ricostruire niente. Di allenarti. Quindi se inizi male puoi solo finire peggio. E così è stato. Ma ora basta, capitolo chiuso. Io riparto dal 2021. Quello è il mio punto di riferimento, quando ero al livello che mi compete e qui penso di poterci tornare.

Chiarissimo…

Vincere è l’obiettivo di tutti. Vincere è bello. Quando ci riesci diventa tutto più semplice. Io credo che questa squadra sia l’ambiente migliore per me, per il corridore che sono, per la mia mentalità da classiche.

Questa è la squadra delle classiche per antonomasia, però è anche difficile trovare spazio, essere un leader per certe corse. Come farai?

Negli ultimi due anni ero leader per le classiche, ma andavo alle corse che ero un cadavere e in quei casi della leadership te ne fai poco. Qui c’è un discorso di squadra, una squadra che sa come lavorare. Tutti si sacrificano e contemporaneamente ci sono tante carte da giocare. Penso che ognuno, in base al proprio stato di forma o al proprio livello, sia messo nelle condizioni di fare bene. Ti puoi anche muovere d’anticipo se non hai le gambe per stare coi migliori. E’ inutile aspettare, ma così facendo puoi raccogliere un risultato personale o essere una pedina importante per il team. Alla fine sarà la strada a determinare le gerarchie. In più credo sia il momento storico più favorevole per fare bene in questa squadra, perché non c’è la superstar, almeno per certe classiche, come magari succedeva in passato.

Roubaix 2021, Moscon sembra lanciato verso il successo ma sfortuna e qualche errore tecnico lo riportano coi piedi per terra
Roubaix 2021, Moscon sembra lanciato verso il successo ma sfortuna e qualche errore lo riportano coi piedi per terra
Un’analisi ben definita Gianni. Era un po’ che non ti sentivamo parlare così…

Come ho detto, questi ultimi due anni sono stati veramente difficili. Non avevo neanche più tanto da dire perché cosa vuoi fare in una situazione del genere? Non vedevo l’ora che arrivasse la fine dell’anno. Una volta finito il giro di Lombardia mi sono tolto un peso. Anzi, poco dopo, perché dovevo fare anche le ultime gare in Veneto, ma le ho saltate ed è stata una liberazione. Adesso mi diverto, me la godo di nuovo. In gruppo mi alleno col sorriso. E penso che siano i migliori presupposti per poi ottenere i risultati in bici, perché il motore se ce l’hai non lo perdi. Io so quello che sono. 

Non senti delle pressioni dunque?

No, specie se riesco a dare il massimo. Poi sappiamo tutti che sono stato preso all’ultimo e in qualche modo sono anche una scommessa per la squadra. Anche in passato se ho avuto pressioni, queste non sono mai arrivate dal team, ma da me stesso… Quando stavo bene perché sapevo di poter arrivare in alto.