Simone Velasco, XDS Astana Team

La rincorsa dell’Astana: iniziata quando tutto sembrava perduto

09.10.2025
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Poche gare ancora e la stagione di Simone Velasco (e della XDS Astana Team) vedrà scorrere i titoli di coda. Oggi il Gran Piemonte, poi il Lombardia e infine le due corse in Veneto. Se tutto andrà come previsto, i giorni di gara del corridore bolognese saranno 77. Un carico importante che lo ha visto raccogliere quindici top 10 tra cui cinque podi. L’ultimo piazzamento di rilievo è arrivato alla Coppa Agostoni domenica scorsa, il 5 ottobre, alle spalle di Adam Yates e Carlos Canal. 

Podio Agostoni 2025: Adam Yates, Carlos Canal Blanco, Simone Velasco
Per Velasco la Coppa Agostoni è stata la quinta gara a podio nel 2025
Podio Agostoni 2025: Adam Yates, Carlos Canal Blanco, Simone Velasco
Per Velasco la Coppa Agostoni è stata la quinta gara a podio nel 2025

Centellinare le energie

La XDS Astana, come tante altre squadre, ha deciso di insediare il proprio quartier generale a Malpensa per questo finale di stagione. 

«Siamo stati in un hotel vicino a Malpensa per tutta la settimana – racconta Velasco alla vigilia del Gran Piemonte – come noi altre squadre si sono spostate da queste parti. Ho deciso di rimanere qui anche io perché fare continuamente avanti e indietro da casa diventa impegnativo. Siamo a fine stagione e si devono centellinare le energie fisiche e mentali».

XDS Astana, ritiro
Il cambiamento è arrivato in occasione del primissimo ritiro, fatto addirittura a ottobre 2024
Come arrivi a queste ultime gare dopo il terzo posto dell’Agostoni?

Il fine settimana scorso è stato impegnativo, tra Giro dell’Emilia e Coppa Agostoni ci siamo dati da fare. Infatti ho deciso di non correre ieri alla Tre Valli e di riposare. Ieri (martedì, ndr) avevo proprio bisogno di stare fermo, oggi (mercoledì, ndr) mi sentivo leggermente meglio. La stagione è stata molto intensa, abbiamo corso molto per la questione dei punti e senza grandi stacchi. Alla fine credo di essermi fermato solamente una settimana a maggio per preparare il Tour de France

Proprio all’Agostoni parlavamo di di questa grande rimonta, nata con una riunione tra voi corridori un anno fa…

Vero. D’altronde sono dell’idea che certe situazioni o ti aiutano a legare o creano una spaccatura definitiva nel team. Noi siamo stati bravi a unirci e creare una squadra competitiva. Dopo le ultime gare del 2024 ci siamo trovati per un ritiro voluto dalla squadra, quattro giorni tutti insieme. Dovevamo provare le nuove bici, le misure dei kit da gara. In quei giorni sei già in off season, c’è meno stress. 

E ne è nata una riunione tra di voi?

Più che una singola riunione è stato un insieme di momenti passati insieme. Dopo i vari impegni della giornata la sera noi corridori uscivamo a fare un giro per stare insieme. C’erano già anche i nuovi, quindi era anche un modo per conoscerci. 

Che aria si respirava?

Di rivincita, l’obiettivo era di fare bene e far capire che le stagioni precedenti erano andate male per motivi non legati alla performance. Da questi momenti o tiri fuori una stagione bellissima o bruttissima.

Qual è il confine?

L’onestà tra compagni di squadra. Quando hai tanti corridori che vogliono fare bene c’è da essere onesti l’uno con l’altro e con se stessi. Bisogna sapersi mettere a disposizione del compagno e allo stesso tempo prendersi le proprie responsabilità quando serve. Questa annata molto positiva è nata dal gruppo.

Come si crea un team così unito?

Lo si fa tutti insieme, ognuno ha dato il suo contributo, a partire da chi era lì da qualche anno come Scaroni, Fortunato e il sottoscritto, sia da chi era appena arrivato: Bettiol, Ulissi, Teunissen, Gate. Si deve andare con i piedi di piombo senza fare proclami, ma con l’obiettivo di fare del nostro meglio. 

In che modo si sono calati i nuovi arrivati in questa sfida?

Con consapevolezza. Sapevano di arrivare da realtà differenti (come Ulissi e Bettiol, ndr) ma hanno subito capito dove fossero capitati e quale fosse l’obiettivo principale. Sono stati molto bravi ad adeguarsi, tutti. 

Tu sei il corridore che da più tempo è in Astana, hai preso in mano le redini?

Da veterano ho semplicemente detto quali fossero i pregi e i difetti di vivere una situazione come la nostra.

E quali erano?

Un difetto è che quando le cose vanno male, si crea dello stress perché si sente di dover raccogliere per forza qualcosa. Mentre il pregio di una situazione del genere è che nessuno ci aveva mai messo pressioni, quindi potevamo partire con il piede giusto senza stressarci. 

Una grande mano, oltre al lavoro di tutto il gruppo, ve l’ha data la grande stagione di Scaroni

Per lui è stata un’annata d’oro, una stagione difficile da fare soprattutto nell’anno giusto

Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni sul traguardo di San Valentino Brentonico al Giro d’Italia
Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni sul traguardo di San Valentino Brentonico al Giro d’Italia
Non è stato un caso.

Anche lui, come me, arriva da un ciclismo diverso rispetto a quello moderno. Non è stato sfruttato al massimo negli anni precedenti. Adesso è maturato e ha trovato la giusta dimensione, è aumentata la confidenza nei propri mezzi e ha espresso al massimo le sue potenzialità. 

Ultima domanda: hai qualche foto delle riunioni fatte a ottobre?

Mh… Non credo. Anzi, sicuramente non ne ho, perché in quei momenti mettevamo via i telefoni per restare concentrati. Altrimenti arriva la notifica, il messaggio, la chiamata. Avevamo bisogno di stare tra di noi. 

Groves sorprende tutti. Velasco tradito da quella caduta

26.07.2025
6 min
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In quanti aspettavano questa tappa. Per tanti atleti l’ultima occasione per provarci, per altri addirittura un esame di riparazione. C’è chi in questo Tour de France non era neanche mai riuscito ad andare in fuga, pur avendo, come si dice, “carta bianca”. E così verso Pontarlier si è visto di tutto, persino un velocista, Kaden Groves, vincere in solitaria. E un grande Simone Velasco finire quarto.

L’olandese firma il tris per la sua Alpecin-Deceuninck, che quando quasi non si vede riesce comunque a metterci la firma, anche senza Mathieu Van der Poel e Jasper Philipsen. Una mezza “fagianata” quella di Groves, ma tattica e gambe hanno funzionato alla grande. I due inseguitori che parlottano e lui che s’invola.

Con una fuga solitaria di 16 km Kaden Groves conquista Pontarlier e diventa il 114° a vincere almeno una tappa in tutti e tre i GT
Con una fuga solitaria di 16 km Kaden Groves conquista Pontarlier e diventa il 114° a vincere almeno una tappa in tutti e tre i GT

Groves bravo, Velasco sfortunato

In questo bailamme di scatti e controscatti e di una lotta tremenda per entrare nella fuga, tra gli attaccanti c’era anche, come detto, Simone Velasco. L’altra mattina lui e il compagno di squadra Davide Ballerini ci avevano detto che avrebbero puntato tutto su questa tappa. Ma un conto è dirlo, un conto è farlo. Soprattutto al Tour.

«Ero ben motivato a far bene in questa tappa – ha detto Velasco – come vi avevo detto era già da un po’ di giorni che la puntavo. Ormai le occasioni al Tour non erano più tante, sono partito motivato come sempre, ma non basta la motivazione: servono anche le gambe. E oggi per fortuna c’erano. C’è un po’ di amaro in bocca perché poteva essere una buona opportunità, ma niente da dire… Siamo qua, abbiamo dimostrato di essere presenti ed è già qualcosa di molto importante».

Velasco parla di amaro in bocca: chiaramente il riferimento è alla caduta di Ivan Romeo a circa 20 chilometri dall’arrivo. Una curva verso destra, la strada bagnata, lo spagnolo va giù. Velasco è in seconda ruota e ha meno tempo di reazione degli altri… Ciononostante riesce a salvarsi, ma va lungo. E mette il piede a terra.

«Sì – riprende l’elbano della XDS-Astana – la caduta ha un po’ rotto le scatole. Guardando il bicchiere mezzo pieno, nella sfortuna sono stato fortunato a non finire in terra anche io. Non so se sia stata bravura, fortuna o qualche vecchia dote dalla mountain bike che mi ha permesso di restare in piedi, ma resta il fatto che proprio dopo quel momento hanno attaccato. A quel punto la storia per giocarsi la tappa si è fatta complicata. Qualcuno ha anticipato, qualcun altro è rientrato. Io ho provato a fare il mio meglio».

Velasco firma autografi ai bambini. Oggi era quantomai determinato ad andare in fuga
Velasco firma autografi ai bambini. Oggi era quantomai determinato ad andare in fuga

Un istante decisivo

Dal racconto di Velasco si capisce come davvero l’istante della caduta di Romeo sia stato l’ago della bilancia della Nantua-Pontarlier. Sono attimi, i corridori sono tutti al limite, basta un nulla per fare la differenza.

«Oltretutto – prosegue – ho avuto anche la sfortuna che a me non mi ha neanche spinto nessuno per ripartire. Avevo anche il rapporto lungo, venendo dalla discesa e quindi ho dovuto fare tutto da solo. E questo ha aumentato il distacco dai tre davanti. Ho ricevuto due cambi da un ragazzo della Total Energies (Jegat, ndr), ma lui ormai era “morto” perché, essendo in lotta per la classifica generale, aveva tirato tanto prima… E anche per tutti noi le energie erano quelle che erano. Niente da fare, è andata così».

«Poi – riprende Simone dopo una breve pausa – va detto che non è stata una gara che abbia brillato per tattica. Anche il Tour sembra si corra da juniores, con attacchi da tutte le parti e tattiche non sempre chiare. Ho visto uomini di classifica cadere e i loro compagni davanti attaccare».

E in effetti qualche tattica azzardata o insolita si è vista. E poi una cosa, che ci faceva notare anche Marco Marcato, diesse della UAE Emirates, parlando al mattino prima della tappa: chi attacca per primo vince.

«Anche questo è vero – conferma Velasco – e come è stato già detto durante il Tour (tra questi anche Campenaerts, ndr), le moto giocano un ruolo importante in queste occasioni. Magari dalla tv non ce se ne rende conto, ma anche oggi c’erano tante moto che facevano quasi da scudo a chi attaccava, e questo aiuta. Ma nessuna polemica: fa parte del gioco. Vorrà dire che proverò ad attaccare anche io un po’ prima la prossima volta».

Con un ottimo sprint Simone si prende la quarta piazza. Una dimostrazione ulteriore che la gamba c’era eccome
Con un ottimo sprint Simone si prende la quarta piazza. Una dimostrazione ulteriore che la gamba c’era eccome

Un Tour positivo

Velasco però il suo l’ha fatto in questa Grande Boucle. Due top ten, quattro fughe (compresa quella sul Ventoux), e buone prestazioni anche nelle prime frazioni, dove si è fatto vedere. A Boulogne sur Mer era persino nel drappello che si è giocato la vittoria.

«Direi che è stato un Tour positivo – dice Velasco – e sinceramente potevo fare ancora qualcosa di più. E’ mancato l’acuto per vincere una tappa, però è chiaro che tutti vogliono vincere una tappa al Tour: non è facile. L’importante è che ci abbiamo provato e abbiamo fatto il possibile. Forse potevamo fare qualcosa meglio nelle settimane centrali, per qualche fuga che ci è scappata, ma oggi abbiamo dimostrato comunque che quando ci siamo, siamo della partita».

Il riferimento al “qualcosa di più” è sostanzialmente alla tappa di Carcassonne, quando una caduta nelle fasi di avvio ha compromesso i piani della XDS-Astana.

«Esatto, Carcassonne – spiega Simone – sinceramente era una tappa a cui avevo veramente puntato, ma sono rimasto nella caduta e da lì in poi il gruppo si è rotto. Non sono mai più riuscito ad entrare davanti. Anche lì credo che siano un po’ dinamiche strane, perché tanti corridori di classifica cadono, rimangono coinvolti e i loro compagni davanti attaccano a tutta per andare in fuga. Credo che siamo arrivati veramente a un ciclismo esasperato. In questi casi sono della vecchia scuola, per il fair play».

Anche se oggi non ha preso punti, Jonathan Milan ha ipotecato la maglia verde. Eccolo all’arrivo scortato dai compagni
Anche se oggi non ha preso punti, Jonathan Milan ha ipotecato la maglia verde. Eccolo all’arrivo scortato dai compagni

Jonathan e Simone a Parigi

Quella di Pontarlier è anche la frazione che ha sancito un altro verdetto: la maglia verde per Jonathan Milan. Il gigante della Lidl-Trek taglia il traguardo senza festeggiare troppo. Sappiamo che è un po’ scaramantico e che aspetterà la linea bianca dei Campi Elisi per urlare… magari per la terza vittoria.

A lui, come a Tadej Pogacar e a tutti gli altri 159 corridori rimasti in corsa, non restano che 132 chilometri. Non era proprio Pogacar che contava i chilometri che restavano a Parigi? Solo che Jonny ha un impegno in più: la barba verde… Siamo curiosi di vedere come si concerà e siamo curiosi anche di vedere come andrà la sfida sul circuito con Montmartre.

Una sfida che potrebbe vedere ancora protagonista Simone Velasco. «Se domani ci provo o porto la bici all’arrivo? Visto che la gamba è buona, vediamo di essere presenti anche domani. E’ chiaro che oggi è stata una giornata veramente dura, quindi recuperare le forze non sarà facile. Però a Parigi ci sarà da fare l’ultima faticata… quindi cerchiamo di farci trovare pronti».

Velasco: «Il Delfinato mi ha tirato il collo, ma sono fiducioso»

19.06.2025
5 min
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«Ora sto andando nella mia Isola d’Elba per qualche giorno di riposo attivo… Così mi riprendo dalle fatiche e dal caldo tremendo del Delfinato!». Simone Velasco è stato uno dei tre italiani presenti al Critérium du Dauphiné, gli altri due erano Simone Consonni e Jonathan Milan.

L’atleta della XDS-Astana non correva dal GP di Francoforte, il primo maggio, pochi giorni dopo la Liegi-Bastogne-Liegi, tanto per dare un riferimento. Questo gli ha consentito di impostare un blocco di lavoro importante.

In Francia non è stato brillantissimo, proprio perché alle spalle c’era un lavoro mirato. E’ stata per Simone una corsa di costruzione. Sentiamo dunque come è andata e quanto queste fatiche potranno essere utili in vista del Tour… e del campionato italiano. Ricordiamo che Velasco è stato tricolore appena due stagioni fa.

Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Simone, dunque, dicevi di caldo e fatica…

Le prime tre tappe sono andate abbastanza bene. Ero soddisfatto perché comunque era più di un mese che non correvo e mi ero preparato bene a casa, pur non essendo andato in altura.

Come mai?

Ho avuto un problema giusto la sera prima del training camp: ho preso una bronchite abbastanza tosta e avevo anche la febbre. Quindi ho recuperato e poi, visto che da quest’anno si può usare la tenda ipossica, ho fatto un po’ di preparazione a casa. Un bel blocco di tre settimane, e speriamo che abbia funzionato. Dagli esami fatti sembrerebbe di sì.

Come ti regolavi con la tenda? Sappiamo che è piccolina e che ci sono delle limitazioni logistiche

Abbiamo fatto cambio con mia figlia. In pratica lei dormiva nel lettone con la mia compagna, Nadia, e io, che ho portato il letto della piccola nella camera matrimoniale, dormivo nel suo. Non è stato facile ma questo mi ha consentito di fare un bel periodo a casa. E anche mentalmente non è poco. In bici poi mi sono allenato bene e al Delfinato mi sono tirato il collo… parecchio!

Quindi Simone, cosa porti via da questo Delfinato? L’obiettivo era quello?

Sicuramente mi aspettavo di fare qualche risultato in più, specialmente nelle prime tappe. Poi la quinta tappa, quella dopo la crono, è stato un giorno disastroso per noi. Siamo caduti, anche Tejada, che si è rotto la mano. A me è andata bene, ma per rientrare ho sprecato tante, tante energie. E così sono stato costretto ad alzare bandiera bianca a 500 metri dallo scollinamento dell’ultima salita. Non avevo proprio le gambe. A quel punto ho provato a recuperare, ma è stato uno sforzo intenso e quel caldo mi ha segnato. Ne ho portato lo strascico per il resto delle tappe. Però secondo me il Delfinato resta il miglior banco di prova in vista del Tour per prendere la condizione e non solo.

L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
A cosa ti riferisci?

Credo che sia la corsa migliore perché comunque ti confronti con il 90 per cento dei corridori che saranno al Tour de France e oltretutto ricalchi anche qualche strada. In più noi abbiamo provato la decima tappa della Grande Boucle (Ennezat-Le Mont-Dore Puy de Sancy, ndr), che sarà molto impegnativa.

Però la consapevolezza di aver fatto la fatica giusta non è poco. Alla fine non correvi davvero da tanto tempo e forse era la prima volta che mancavi dalle gare così a lungo

Non solo, ma prima della bronchite ho avuto anche un mezzo infortunio. Proprio a Francoforte in volata, mi è uscita la catena e ho sbattuto il ginocchio sul manubrio. Questo si è gonfiato, ho dovuto fare un’aspirazione. Poi per fortuna la cosa è stata meno grave del previsto… però anche lì per una decina di giorni ci sono dovuto andare cauto. Però guardo il bicchiere mezzo pieno: quest’anno dalla Tirreno in poi ho trovato continuità, mi sono ripreso anche fisicamente. Ho sempre dimostrato di essere ad un buon livello.

Simone, come si corre il Delfinato? Tu hai parlato tanto di fatica, ma si guardano i dati del computerino e dopo tot minuti oltre una certa soglia si molla affinché sia un allenamento costruttivo oppure si spinge e basta?

Dipende dalle tappe. In quelle in cui si cerca di far bene è chiaro che non si sta a guardare il computerino, in altre dove non c’è l’obiettivo di fare il risultato ci si regola. E se non si ha bisogno di fare determinate sessioni si cerca di recuperare. Magari prima fai il lavoro che ti ha chiesto la squadra e poi vai regolare.

Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone, si guarda anche il peso come una volta, oppure quello ormai si dà per assodato?

Fortunatamente col peso sono a posto, a parte l’inverno da quando inizio a correre sono più o meno sempre intorno ai 60-60,5 chili. Chiaro, ci devi stare attento, ma non è un assillo.

Da spettatore privilegiato non pagante, che impressione hai avuto di “quei due”, Vingegaard e Pogacar?

Che sono di un altro livello. Ma io ci aggiungerei il terzo, Van der Poel. Ho visto che veramente volava. E’ già in grande condizione. Ha sfiorato il podio a crono. Il giorno della fuga in cui ha vinto Romeo, siamo partiti subito in salita, 15 minuti e lui era davanti che attaccava e vi posso assicurare che salivamo forte, tanto forte. Eravamo rimasti in tutto una quarantina in cima, ma lui era nei primi 20 che attaccava, quindi vuol dire che c’è già una condizione ottima.

L’ultima domanda, Simone: ora come sarà il tuo programma?

Questa settimana è dedicata al recupero attivo, venerdì dovrò fare dei richiami. Nei giorni all’Elba punto ad uscire presto per pedalare col fresco in primis e per avere poi delle giornate di relax davanti. Quindi farò il Giro dell’Appennino e il campionato italiano su strada. Poi il Tour.

E bravi gli azzurri. La Liegi di Ciccone, Velasco e Bagioli

27.04.2025
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LIEGI (Belgio) – Come vi avevamo accennato nel pezzo precedente, parlando della vittoria di Pogacar, alla Liegi-Bastogne-Liegi si è vista una buona Italia. La compagine dei corridori di casa si è fatta valere: Ciccone secondo, Velasco quarto e Bagioli sesto.

Ma era nell’aria. Parlando con i ragazzi filtrava un po’ di ottimismo. Okay, non è una vittoria, ma di questi tempi non è poco su cui fare leva in chiave futura. E poi le cotes delle Ardenne storicamente ci hanno sempre sorriso un po’ di più rispetto alle pietre.

Ciccone è al secondo podio in una classica Monumento. Il precedente al Lombardia 2024 sempre dietro a Pogacar
Ciccone è al secondo podio in una classica Monumento. Il precedente al Lombardia 2024 sempre dietro a Pogacar

Podio Ciccone

Giulio Ciccone si presenta in conferenza stampa con la sua medaglia. Gli occhi sono stanchi, ma il morale è alto. E come potrebbe essere diversamente?

«All’inizio, venendo dal Tour of the Alps, non stavo benissimo – racconta l’atleta della Lidl-Trek – poi mi sono trovato meglio. Rispetto alla corsa alpina, qui si trattava di tutt’altra gara: tanti più chilometri, salite più brevi e ripide, tanto stress in corsa.
«Quando è partito Pogacar cosa ho fatto? Mi sono messo del mio passo e basta. Ho preso tempo. Chiaramente non avevo le gambe per seguirlo, ma per quelle per tenere la mia velocità e cercare di fare qualcosa, di portarmi avanti. Tre italiani nei primi sei? E’ geniale, sappiamo che tutti vorrebbero una vittoria, ma non è sempre possibile. Godiamoci dunque questa giornata positiva».

Ciccone sul podio con Pogacar ed Healy
Ciccone sul podio con Pogacar ed Healy

Il podio in una Monumento vuol dire tanto per Ciccone. Alla fine è la seconda volta in pochi mesi che finisce alle spalle dello sloveno. Ciccone ha raggiunto Liegi in macchina dal Tour of the Alps: a quanto pare non ama troppo l’aereo. Ma evidentemente viaggiare con le gambe distese e senza stress gli ha fatto bene.

«La Liegi è la mia classica favorita, insieme al Lombardia – dice – sono davvero contento di questa prestazione e di arrivare bene al Giro d’Italia. Ora passerò cinque giorni a casa e poi andrò in Albania».

La grande volata di Velasco (sulla sinistra). Mentre Bagioli è al centro (secondo casco rosso da sinistra)
La grande volata di Velasco (sulla sinistra). Mentre Bagioli è al centro (secondo casco rosso da sinistra)

Velasco bravo e sfortunato

Se vi diciamo che Simone Velasco avrebbe potuto ottenere molto di più, ci credete? La storia della sua Liegi è davvero incredibile. Ed è giusto lasciarla raccontare a lui.

«Ho rotto la ruota prima della Redoute – racconta con orgoglio e ancora il fiatone forse 20′ dopo aver concluso la corsa – penso che nel finale avevo una gran gamba. Avere un problema meccanico lì, in quel momento, è incredibile. Ho provato a rientrare, ho rimontato non so quanti corridori. Ho inseguito fino alla Roche-aux-Faucons. Ci ho sempre creduto. Lì sono rientrato. Ho tenuto duro e poi ho vinto la volata del gruppo. Penso che sia davvero un gran bel segnale che posso essere all’altezza di certe gare».

Un gran bel segnale, ma anche forse un pizzico di rimpianto. Forse Simone poteva stare davanti con Ciccone ed Healy.

«Ho dimostrato di essere presente anche nelle corse che contano – commenta – e di questo sono contento anche per la squadra. Finalmente abbiamo raccolto un buon risultato in una gara importantissima, speriamo di continuare così».

Velasco racconta di una corsa tirata, nervosa. Ormai si va sempre forte. Lui e Ciccone si erano anche parlati un po’. Ora Simone riposerà un po’. «Andrò nella mia Elba a prendere un po’ di sole e di mare. E poi inizierò a lavorare per il Tour de France».

A Liegi anche i supporter di Bagioli: Mario Rota e suo padre
A Liegi anche i supporter di Bagioli: Mario Rota e suo padre

Bagioli: per Cicco e per sé

Infine c’è Andrea Bagioli, sesto. Anche lui autore di una gara ottima, e soprattutto di una gara che lo ha visto attivo. Il suo non è un sesto posto a rimorchio, diciamo così.

«Se ieri sera qualcuno mi avesse detto che avrei fatto sesto alla Liegi non ci avrei creduto – ha detto Bagioli – tanto più con dei capitani come Skjelmose e Ciccone. E invece… Oggi ho dovuto lavorare, ho dato una bella trenata all’imbocco della Redoute proprio per farla prendere bene a Cicco. Lui è rimasto un po’ lì poi è andato. Eccome. E dire che ad inizio corsa non stava benissimo, aveva detto a noi compagni».

Dopo la fase di apnea per la tirata sulla Redoute, Andrea Bagioli non ha mollato, ma si è rimesso sotto.

«Alla fine – riprende il valtellinese – sono riuscito a tenere il gruppetto con il quale siamo ritornati sotto alla Roche-aux-Faucons e stavo bene. Ma a quel punto non ho potuto sfruttare il fatto che Giulio fosse davanti per stare a ruota, anzi, ho dovuto chiudere spesso i contrattacchi e per questo sono contento. E’ un sesto posto che dà molta, molta fiducia. Rispetto all’anno scorso, in cui ho vissuto una stagione difficile, sono cambiate un po’ di cose.

«Adesso per me – dice – si profila l’Eschborn-Frankfurt (in scena il 1° maggio, ndr). Con i direttori sportivi abbiamo parlato e stabilito che potrò avere le mie carte. I leader saremo io e Nys. Io potrò fare qualcosa prima e lui eventualmente in volata. Con Francoforte chiudo questa mia parte di stagione che è molto lunga. Vado avanti dall’Australia».

Velasco d’Olanda: «L’Amstel mi piace, non sopporto la Freccia»

19.04.2025
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Con tre piazzamenti nei primi dieci, Simone Velasco è uscito dal Giro dei Paesi Baschi con qualche punto e soprattutto tante certezze in più. Ora si fa rotta verso le Ardenne, dove ci saranno altri avversari e altre storie da raccontare. In questi anni di piazzamenti da pesare col bilancino della classifica UCI, la XDS Astana viaggia stabilmente in terza posizione, dietro UAE Team Emirates e Lidl Trek, anche grazie al rendimento costante dei suoi uomini. E gli italiani in questo gioco un po’ necessario e un po’ perverso stanno svolgendo alacremente la loro parte.

Giovedì sera il bolognese è volato in Olanda. Venerdì ha pedalato con i compagni nel finale dell’Amstel che ha finalmente riscoperto l’arrivo sul Cauberg. E da quella sorta di balconata sul Limburgo olandese con vista sul Belgio, ha potuto ragionare sulla settimana delle Ardenne che sin dall’inverno è stata il suo principale obiettivo.

«Ai Baschi comunque – dice – ho dimostrato una bella condizione. Peccato che un malanno avuto a metà febbraio abbia un po’ stravolto i programmi. Per cui ho corso la Coppi e Bartali che non dovevo fare, ho fatto il GP Indurain e i Baschi che non dovevo fare, mentre sarei dovuto andare in altura. Per cui adesso si tratta di sfruttare ancora la condizione costruita in Spagna. Riuscire a fare qualche bel risultato sulle Ardenne sarebbe sicuramente una ciliegina sulla torta di questo inizio stagione, che finora è stato più che positivo».

Velasco, classe 1995, è professionista dal 2016. E’ alto 1,70 per 59 chili
Velasco, classe 1995, è professionista dal 2016. E’ alto 1,70 per 59 chili
Le Ardenne sono l’insieme di tre corse molto diverse fra loro. Amstel, Freccia Vallone e Liegi: qual è la tua preferita?

Per come è fatta, l’Amstel è quella che si adatta di più alle mie caratteristiche. Delle tre, la Freccia Vallone è quella che non amo. E poi la Liegi ha sempre il suo fascino, ma è un po’ troppo dura per me. Però se ci arrivi con una grande condizione, puoi sempre lottare per fare un bel risultato. Per cui ci proviamo, siamo su con una bella squadra e andremo alla ricerca dei punti. Tanto il ciclismo di oggi si basa su questo, come sempre si corre in quest’ottica e anche noi cercheremo di fare il meglio possibile anche a livello di squadra.

Per uno che come te viene dalla mountain bike, la Freccia Vallone non dovrebbe essere un bel banco di prova?

L’arrivo là in cima non mi ha mai entusiasmato, perché alla fine si risolve tutto sull’ultimo strappo. A me piacciono di più le corse a sfinimento, invece a Huy tante volte ci si ritrova ancora con 50, 60 corridori ai piedi del Muro. Alla fine è anche un discorso di posizioni e non solo di gambe. E a me non vanno tanto a genio gli arrivi in cui c’è da prendersi qualche rischio in più ed essere… sfacciati. Se devo dire la verità, non sono neanche mai arrivato a prendere il Muro con il gruppo dei primi, tra cadute, la volta che c’era una fuga e il gelo dell’anno scorso. Magari quest’anno sarà l’anno buono per provare a vedere se si possa invertire la tendenza.

Al Giro dei Paesi Baschi, per Velasco tre top 10 e l’ottavo posto finale a 3’43” da Almeida
Al Giro dei Paesi Baschi, per Velasco tre top 10 e l’ottavo posto finale a 3’43” da Almeida
La ricerca di punti è necessaria, ma si riesce anche a ragionare in termini di risultato assoluto?

Diciamo che si cerca sempre di fare risultato. E’ chiaro però che per una squadra come la nostra, non avendo un leader dichiarato particolarmente forte, è difficile puntare tutto su un corridore. Per questo, dovendo comunque considerare il ranking, saremo aperti su più fronti. Sicuramente la ricerca di un risultato importante è sempre l’obiettivo principale della gara. Anche ai Paesi Baschi abbiamo cercato di vincere e lo stesso al GP Indurain e in tutte le altre gare fatte sin qui.

L’Amstel è la più adatta e il finale è tornato quello di una volta.

Quello prima del 2019, su cui non ho mai corso. Per questo con Scaroni e gli altri compagni abbiamo ritenuto necessario provare il finale. L’anno scorso sbagliai la volata, altrimenti avrei potuto avvicinarmi alla top 10. Ora c’è da capire se e come cambierà lo svolgimento della corsa, ma cercherò di farmi trovare pronto.

Che differenza c’è tra il Velasco che vinse il tricolore due anni fa e quello di oggi?

Oramai sono cinque anni buoni che riesco a esprimermi su un livello medio alto. Il campionato italiano mi ha portato consapevolezza nei miei mezzi e credo di avere dimostrato, anche se non in toto ma comunque in parte, di aver fatto uno step successivo. Se tutto va come deve, riesco a essere competitivo nelle corse WorldTour e, quando mi chiamano all’appello, rispondo quasi sempre presente. E’ chiaro che quando si va a correre con certi campioni, cercare il grande risultato non è mai semplice. Comunque penso che dal 2023 c’è stata una svolta.

Alla Coppi e Bartali, un terzo posto nella tappa di Cesena, dietro Vine e Sheffield
Alla Coppi e Bartali, un terzo posto nella tappa di Cesena, dietro Vine e Sheffield
Di che tipo?

Sono maturato fisicamente e mentalmente. E comunque a quasi trent’anni, anche se sono professionista da dieci, sento di essere ancora abbastanza giovane. Per il periodo in cui sono passato, anche se avevo solo vent’anni, non sono stressato come alcuni giovani che diventano professionisti adesso. Sono ancora pieno di forze e con tanta voglia di far bene. Questo conta quando vai alle gare.

Dopo la Liegi si stacca la spina?

Nel programma c’è che potrei fare il GP Francoforte del primo maggio, però vediamo come starò fra dieci giorni, perché ho fatto un filotto di un mese e mezzo che mi ha messo abbastanza a dura prova. Ho fatto tante tante gare ravvicinate e non ho mai avuto modo di recuperare. Quindi tirerò il fiato, poi andrò in altura nella seconda parte di maggio e dopo proveremo a fare una bella preparazione per il Tour.

La posizione tutta avanti è figlia della palestra. Ecco perché

01.02.2025
6 min
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Tornato da Calpe, dove aveva fatto un mini giro sulla bici di Velasco che ha le sue stesse misure, Filippo Lorenzon ha continuato a raccontare per giorni il modo in cui il bolognese pedali con tutto il corpo buttato in avanti. La famosa posizione di una volta per cui, stando in sella, la piega del manubrio dovesse coprire la vista del mozzo anteriore, è andata a farsi benedire. La faccia è sopra al mozzo, la piega resta indietro (in apertura, Rafal Majka in azione all’AlUla Tour). Guidare la bici è nervoso e complicato.

E’ la tendenza di tutti i corridori, al pari delle leve curvate verso l’interno. E siccome lo stupore del collega continuava a risuonarci nella testa, abbiamo pensato di sentire uno che della ricerca della miglior posizione in sella ha fatto la sua ragione di vita e il suo mestiere. Alessandro Mariano, genovese, che negli anni ha messo in sella decine di professionisti e che da qualche anno collabora con il Fisioradi Medical Center di Pesaro.

«Quando vengono da me gli amatori – sorride – si lamentano perché metto i corridori in una posizione diversa dalla loro. E io gli rispondo che quelli sono professionisti e so anche che gli sto facendo un po’ male. Però è il loro lavoro e può capitare che a fine carriera dovranno farsi operare alle ginocchia, come il camionista da grande soffrirà di ernia discale».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
La posizione del corridore deve essere efficace o anche comoda?

Comodo è un concetto relativo, quando ti abitui è comodo tutto. Se invece andiamo a vedere il benessere, con questo tipo di posizione sovraccarichi tanto le articolazioni. E quindi bisogna trovare un equilibrio tra non fargli male e portarli il più vicino possibile al massimo della performance. E’ cambiato tutto, come per le pedivelle corte

Una moda?

Se Pogacar montava le 200, montavano tutti le 200. Non è che sia sbagliato accorciarle, ma non vanno bene per tutti. Nel 2023 seguivo Fortunato, poi è arrivato in Astana e gli hanno detto che avrebbe dovuto attenersi alle loro indicazioni. Quest’anno invece è tornato, perché arrivando Bettiol e Ulissi, che seguo da sempre, anche lui si è fatto forza. E mi ha detto di aver provato le pedivelle più corte, ma che in salita non la muoveva più. Perché ha caratteristiche diverse, c’è anche una questione di fibre muscolari. Per chi ha la frequenza molto elevata, la pedivella corta va bene. Ma se non è elevatissima, non serve a niente, anzi…

L’assetto tutto sull’anteriore incide nella guida e sulla sicurezza?

Sicuramente il peso è tutto sulla ruota anteriore e di conseguenza la bici è un po’ meno guidabile, però il professionista riesce comunque a farlo bene. Il fatto che si cada di più dipende un po’ da quello, ma soprattutto dalla velocità, dallo stato delle strade e dal fatto che fanno passare gente troppo giovane, che non ha l’esperienza giusta. Una volta passavi professionista che avevi fatto due o tre anni da under 23, adesso passi direttamente dagli juniores: una categoria in cui l’imperativo non è più imparare, ma limare.

Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Il sovraccarico alle ginocchia è inevitabile o si potrebbe avere una posizione ugualmente redditizia, però meno estrema? Si guadagna tanto con queste posizioni estreme?

Come aerodinamica, non guadagni così tanto, in realtà. Diciamo che è più una conseguenza di un altro cambiamento, di cui mi accorgo facendo la posizione e non guardando solo l’aspetto scheletrico, ma anche quello muscolare. Vedo che è cambiato il tipo di preparazione, la muscolatura è diversa. Gente che io seguo da una vita, parliamo ad esempio di Ulissi con cui lavoro da quando ha vinto i due mondiali da junior. Negli anni è cambiato muscolarmente, quindi il fatto di averlo avanzato è la conseguenza del lavoro su alcuni distretti muscolari. Non avrebbe senso lavorarci e non usarli.

Parliamo di lavoro in palestra?

La preparazione è cambiata a monte. Una volta la palestra non si faceva come si fa adesso, semmai era limitata all’inizio di stagione e poi ai momenti di scarico. Adesso c’è gente che la fa tutto l’anno e non è sbagliato, però questo implica un cambiamento muscolare. Se rafforzi i quadricipiti e poi non li usi, perché lavorare con la pressa? Allora cambi la posizione, avanzi per sfruttare i quadricipiti, ma non riesci a lavorare con gli altri. Il bicipite femorale non dico che lo isoli, ma dai la precedenza al quadricipite, che è il muscolo più forte che abbiamo. Solo che pedalando così avanzato, la cartilagine rotulea soffre e con gli anni può dare problemi.

Il discorso delle leve girate è collegato a quest’ultimo aspetto?

E’ una conseguenza, ti appoggi meglio. Ricordate gli Spinaci, le appendici manubrio che poi furono vietate? Li hanno rifatti, si è scoperta l’acqua calda. Secondo me è giusto tenere le leve piegate così e non condivido il discorso di certi regolamenti, per cui vieti una posizione per impedire che l’amatore si faccia male adottandola. Come mettere il limite di piega in Moto GP. Le leve girate servono per avere un appoggio, perché stando così avanti non è facilissimo impugnare la parte bassa del manubrio. E anche il fatto della limitazione ha trovato l’eccezione. Si misura da fine piega, ma loro hanno iniziato a fare i manubri larghi sotto come nel gravel e le leve le girano lo stesso come preferiscono. Fatta la legge, trovato l’inganno…

I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
A fronte di questi cambiamenti di assetto, qualcuno ha mai chiesto di cambiare la geometria del telaio?

Di quelli che ho, viste le bici in commercio che hanno tutte la stessa geometria, nessuno ha chiesto una cosa del genere.

Quindi in tutto questo il discorso, l’aerodinamica c’entra ma fino a un certo punto?

Diciamo che essendo più raccolto hai un po’ meno turbolenze, però sei anche più alto. Secondo me è più un discorso muscolare che aerodinamico. E poi comunque, sembra che il ciclismo l’abbiano inventato adesso. Ma se alle medie di una volta, quelle di Gotti e Cipollini, trovaste il modo di togliere le resistenze di bici più pesanti, ruote che scorrevano meno, abbigliamento che svolazzava e un’alimentazione completamente diversa, vedrete che la prestazione dell’uomo non risulterebbe così inferiore.

Visto che segui Ulissi da quando era junior, anche lui negli anni ha cambiato posizione?

Sì e di parecchio. Un po’ perché non esiste la posizione della vita e un po’ perché anche lui sta assecondando le ultime tendenze. Anche Diego è cambiato muscolarmente per effetto della preparazione, ma non è estremo. Se lo mettessi come certi altri, non andrebbe avanti. Anche perché comunque non è un ragazzino e ricondizionare uno che è professionista da 15 anni non è facile. In più Diego ha una muscolatura importante, quindi è più difficile da modificare rispetto a uno più esile.

Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Non esiste la posizione della vita?

Volendo essere pignoli, ci sarebbe da rivederla anche nella terza settimana di un Grande Giro, perché tanti giorni di corsa ti danno un diverso adattamento. Invece al massimo durante un Giro si può modificare la posizione sulla bici da crono, se la crono è l’ultima tappa. Nel 2012 a Purito Rodriguez cambiammo tutto alla vigilia dell’ultima tappa a cronometro. Non vinse il Giro per appena 16 secondi, ma fece la crono della vita. E vi posso giurare che era messo in bici in modo davvero sovversivo.

Allenarsi in ritiro: la settimana di Simone Velasco

27.01.2025
4 min
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CALPE (Spagna) – Nel cuore della preparazione invernale, abbiamo seguito da vicino la preparazione di Simone Velasco, uno degli atleti di punta della XDS-Astana. Questa volta, più che di una settimana di “settimana tipo”, abbiamo parlato più in generale degli allenamenti in ritiro: tempistiche, volumi, recupero.

Tra allenamenti intensi, recupero e strategie nutrizionali, il corridore ci ha raccontato come affronta questo periodo cruciale della stagione. Un’immersione nel mondo del corridore in ritiro, tra salite impegnative, sprint esplosivi e l’attenta gestione della fatica in vista dei primi appuntamenti agonistici, che tra l’altro per l’ex campione italiano sono iniziati proprio questo fine settimana.

Velasco (classe 1995) è alla quarta stagione nel gruppo Astana
Velasco (classe 1995) è alla quarta stagione nel gruppo Astana
Simone, ritiro è uguale a vita monastica. E’ ancora così?

Eh, diciamo che non ci sono molti modi per svagarsi. Ma è importante anche questo…

Come inizia la settimana?

Tendenzialmente tengo la domenica sacra, dedita al riposo anche in ritiro, proprio come un giorno che dedico alla famiglia e al rilassamento. A quel punto si segue il carico di lavoro necessario. In ritiro lavoriamo a triplette, con un incremento dell’intensità riducendo leggermente la quantità. Siamo sempre più vicini alle gare, quindi è necessario alzare i giri del motore e avvicinarsi alla condizione ottimale.

Come si strutturano queste triplette?

Le giornate iniziano con lavori di forza o intensità, tipo sprint e brevi lavori anaerobici, seguite dal classico giorno di distanza, meno stressante ma comunque impegnativo.

Quindi una tipologia di specifico al giorno, più i chilometri. E quanti sono appunto i chilometri nelle triplette?

Si va in crescendo. Solitamente sono 140, 160, 180 chilometri. Quindi da quattro ore e mezzo a sei ore.

I percorsi prevedono molto dislivello?

Sì, nelle giornate di distanza il dislivello supera abbondantemente i 3.000 metri. Qui in Spagna, nella zona di Denia, Calpe, Benidorm, le strade tendono a incentivare l’ascesa verticale. Nei giorni di volate il dislivello è inferiore, mentre nei giorni di intensità in salita si riducono i chilometri e aumenta il dislivello.

Prima hai parlato di sprint: come svolgete questi lavori?

Siamo divisi per gruppi, il gruppo velocisti segue programmi diversi. Noi più scalatori, ci concentriamo su sprint da 10 secondi, ne facciamo 4 o 5 ripetizioni nell’arco della giornata dedicata. Per la forza invece facciamo delle classiche salite di forza resistenza. Si tratta di tre sessioni da 15-20 minuti alternando cadenza bassa e alta. La gestione dei recuperi dipende dal periodo di allenamento e dalla condizione personale.

In Spagna tante triplette per Velasco e compagni
In Spagna tante triplette per Velasco e compagni
E gli allenamenti ad alta intensità come sono impostati?

Abbiamo lavorato sul VO2 Max e sulla soglia, con ripetute di 15-20 minuti per serie. In tutto le serie sono tre. I recuperi sono di circa mezz’ora tra una serie e l’altra per variare il percorso e non restare sempre sulla stessa salita. E anche per farle un po’ più in là nel corso dei chilometri quando si è un po’ più stanchi.

La nutrizione durante gli allenamenti segue le nuove tendenze, cioè mangiare un tot di carboidrati per ora?

Io sono ancora della vecchia scuola, non seguo rigidamente la regola dei grammi di carboidrati all’ora in allenamento. In gara so che devo mangiare molto di più a certe intensità, mentre a bassa intensità meno. Le strategie alimentari sono soggettive e bisogna conoscere bene il proprio corpo. Io ormai so che in corsa anche se ingerisco 120 grammi di carbo l’ora non ho problemi intestinali e quindi in allenamento cerco di non abusarne.

Ti abbiamo visto correre: come integri la corsa a piedi nell’insieme della tua preparazione?

Ormai sono tre anni che corro abbastanza spesso. Lo faccio come attività alternativa nei giorni di palestra o di scarico. In questo modo termino il micro blocco: tripletta + scarico. Ho iniziato gradualmente con la corsa per evitare problemi muscolari e articolari. Mi trovo bene. Mi piace, ormai è qualche anno che adotto questa tecnica. E poi ho notato che la corsa mi aiuta a sviluppare forza senza affaticarmi troppo a livello cardiaco.

Per Simone anziché lo scarico naturale in bici, 30′-40′ di corsa
Per Simone anziché lo scarico naturale in bici, 30′-40′ di corsa
Il massaggio post corsa è essenziale però?

Per me sì, è fondamentale per evitare infortuni da sovraccarico. Correre sollecita muscoli diversi rispetto alla pedalata e quindi cerco di tenere sotto controllo eventuali infiammazioni.

Quanto spazio ha la palestra nella tua preparazione?

Ora che ci avviciniamo alle gare, riduciamo le sessioni in palestra ad una a settimana. In base ai gruppi di lavoro, la palestra viene inserita in giornate specifiche per non appesantire troppo. I velocisti chiaramente ne fanno un po’ di più.

A proposito di gare che si avvicinano: quali sono i tuoi primi programmi stagionali?

Ora farò due tre gare a Majorca il 29, 31 e 1 febbraio. Dopo una breve pausa, correrò a Murcia e Almeria. Poi seguiranno le corse in Italia come Laigueglia e Strade Bianche, passando per la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo. Dopo una fase di altura, affronterò le Ardenne. Mentre per quanto riguarda i grandi Giri, quest’anno andrò al Tour de France.

Gli ex Gazprom si ritrovano in Astana e Scaroni li accoglie

04.11.2024
4 min
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Parte del gruppo della Gazprom-Rusvelo si sta ritrovando all’Astana-Qazaqstan. Christian Scaroni è stato il primo ad arrivare nella “corazzata turchese”. Adesso è stato raggiunto anche da Nicola Conci e Matteo Malucelli. Prima di loro erano già arrivati Velasco, l’addetto stampa Yuri Belzeko e il tecnico Sedun.

Scaroni ha ripreso ad allenarsi proprio oggi. Dopo qualche giorno di vacanza in Alto Adige, eccolo pronto per una nuova sfida. «La stagione è andata molto bene fino al Giro d’Italia. Ho ottenuto buoni risultati. Poi, nel finale del Giro, ho avuto il Covid e a luglio ho ripreso a correre, ma forse non è stata una grande scelta. Ho finito bene, ma non avevo quella gamba che serviva per ottenere il risultato pieno. È mancata solo la vittoria».

Scaroni in vacanza in Alto Adige, eccolo remare sul Lago di Braies
Scaroni in vacanza in Alto Adige, eccolo remare sul Lago di Braies

Di nuovo insieme

Come dicevamo, un gruppo si sta ricreando, ed è un bene. Scaroni è pronto ad accogliere i suoi ex compagni.
«Sono stato contento di vederli arrivare – ha detto Scaroni – Quando ho saputo di Conci, mi ha fatto piacere. Poi, dopo quei tre giorni in Veneto subito dopo il Lombardia, ho saputo anche di Malucelli. Davvero una bella notizia».

Alla Gazprom non se la passarono bene. La chiusura di quel team non fu una bella notizia per tutti loro, che si ritrovarono senza squadra nel giro di un attimo.
«Sono compagni con cui ho condiviso la stessa esperienza, e di certo è gente che ha fame. Consigli? Hanno già i loro anni di professionismo alle spalle e sanno il fatto loro. Di certo, la forte presenza italiana favorirà il loro inserimento. Conoscendoli, non mancherà l’entusiasmo, e in Astana non potrà che essere esaltato».

Carboni, Scaroni e Malucelli in maglia azzurra dopo la chiusura della Gazprom
Carboni, Scaroni e Malucelli in maglia azzurra dopo la chiusura della Gazprom

Benvenuti in Astana

L’esperienza terribile del restare senza squadra da un momento all’altro ha cementato la loro amicizia e complicità.
«Tutto ciò ha cementato la nostra amicizia e temprato i nostri caratteri». Erano i tempi in cui la Russia dichiarò guerra all’Ucraina e l’UCI, di fatto, mise fuori il team russo. A quel punto ci fu un “si salvi chi può”.

«Non sono rimasto stupito – va avanti Scaroni – che alla fine tutti abbiano trovato squadra. Erano tutti corridori validi e si vedeva che avevano qualità. I numeri erano dalla nostra parte e, poi, eravamo un bel gruppo. Noi italiani (Velasco era andato via l’anno prima, ndr) ci ritrovammo in Nazionale. E, nonostante tutto, riuscimmo a cogliere ottimi risultati, persino a vincere. Semmai sono stupito che ci siamo ritrovati in Astana due anni dopo». Solo Canola non ha trovato posto.
«Ma per Marco l’età ha giocato contro. In questo ciclismo, già a 23-24 anni sei a rischio; lui ne aveva una trentina. Ma anche lui aveva ottime capacità».

Amici e compagni

Scaroni è quasi un veterano dell’Astana, specie dopo il ricambio generazionale in corso e, come ha detto lui, grazie alla forte componente italiana. In più, è nel pieno della maturità. Prima di congedarci, ci offre un giudizio sui suoi compagni.

Partiamo da Velasco: «Simone? Direi che è un “cagnaccio” e glielo ho anche detto. Simone è uno che non molla mai, ma mai davvero. Sei in gruppo con 20-30 corridori e sei lì per staccarti, demoralizzato. Lui non molla un centimetro, anche se magari da fuori non si vede».

Ecco poi i due nuovi arrivati: «Nicola Conci, visto da fuori, sembra un professorino, ma nel senso buono. È molto preciso, però in realtà è uno che sa divertirsi e che parla. E poi c’è Malucelli: l’aggettivo adatto per lui è perseverante. Ha cambiato squadra, è stato in team più piccoli, ma non ha mai mollato. E non solo: ha anche vinto. E poi è un ingegnere; lui è un mix di Conci e Velasco!».

Lo Svizzera di Velasco, fra mal di gambe e un piano tricolore

11.06.2024
5 min
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Sta diventando un tema. Andare a fare una corsa a tappe pochi giorni dopo il Giro d’Italia non è più semplice come una volta. Lo aveva raccontato Fortunato al Delfinato, lo ha confermato ieri Bartoli. La voce che si aggiunge oggi è quella di Simone Velasco. Il campione italiano però al Giro di Svizzera c’è andato con due motivazioni speciali. La prima è vincere una corsa con la maglia tricolore, prima di rimetterla in palio il 23 giugno a Firenze. La seconda è riconquistarla, in modo da continuare il suo viaggio da ambasciatore italiano nel mondo.

«Io gliel’avevo detto a Fortunato che il Delfinato era troppo vicino – dice scherzando il bolognese – poi alla fine è andato anche abbastanza bene, perché è riuscito a prendere la maglia degli scalatori. Gli ho detto che al suo posto ci avrei pensato e che facendo invece lo Svizzera avrebbe avuto più tempo per recuperare, però ormai è andata così».

Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
A te invece come sta andando?

Sicuramente non ho potuto mollare più di tanto, altrimenti qui non ci sarei nemmeno arrivato. Quindi ho fatto 4-5 giorni abbastanza tranquilli e poi ho ripreso ad allenarmi, non proprio come se non avessi fatto il Giro, però comunque due o tre allenamenti belli tosti li ho messi dentro. Adesso siamo qua e la condizione è un giorno buona e un giorno male, come succede sempre dopo il Giro. Ho cominciato a notarlo nella tappa di ieri. Ci sono dei momenti che ti senti da Dio e dei momenti che sei morto, però questo si sa. L’anno scorso ero messo forse peggio, perché il Giro l’avevo chiuso al lumicino. Perciò spero di fare un bel risultato in qualche tappa. Con la maglia tricolore ho fatto tanti bei piazzamenti, ma non ho mai vinto e forse è l’unico rammarico che ho di questa stagione.

Quindi il Giro non ti ha dato condizione?

La condizione non te la dà più un Grande Giro, ma solo l’allenamento fatto bene in quota e qualche corsa. Una breve corsa a tappe o una serie di gare di un giorno. Il Giro, come il Tour e la Vuelta, possono darti la gamba buona, ma devi avere il modo di recuperare e per farlo ci vuole del tempo. Qualche anno fa i Grandi Giri erano meno tirati, difficilmente arrivavi alla fine così al lumicino.

Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
In compenso Van der Poel arriva al Tour avendo fatto in stagione soltanto sette classiche.

Anche da questo si vede che è diventato un cecchino. Prepara gli appuntamenti, vuole arrivarci ben preparato e consapevole della condizione che ha. Effettivamente non si può che dargli ragione, perché quest’anno ne ha sbagliati veramente pochi, anzi direi quasi nessuno. Tutti i grandi corridori vanno mirati agli appuntamenti principali. Addirittura tanti di quelli che andranno al Tour salteranno i campionati nazionali per restare in altura. Siamo arrivati a questi livelli…

Anche tu avresti preferito essere in altura e non allo Svizzera?

Se avessi dovuto scegliere, forse quest’anno non avrei neanche fatto il Giro. Le tappe alla mia portata erano veramente poche e forse mi sarei orientato sul Tour. Avrei fatto una preparazione più centrata sulle classiche e poi l’altura a giugno, per cui sarei arrivato ai campionati italiani molto più fresco. Però d’altro canto con la maglia tricolore è anche bello partire nella corsa di casa. In ogni caso dopo il Giro, avrei preferito staccare un po’, andare in altura e preparare l’italiano. Solo che non andando al Tour, avrei fatto l’altura per una sola gara. Se va bene, sei stato un grande. Se va male, ti prendono per stupido.

Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Come è stato questo anno in maglia tricolore?

Sicuramente un anno speciale, un motivo di orgoglio. Mi ha dato tanto e penso di essere cresciuto anche a livello fisico e mentale. Sarà difficile riconfermarsi, ma sono convinto che domenica 23 sarò in buona condizione. L’importante sarà vincerlo di squadra, se poi riesco a riconfermarmi io, ancora meglio. Comunque uno l’ho portato a casa e lo terrò sempre con me. Il tricolore è qualcosa di importante in tutto il mondo, tutti conoscono l’Italia. In Canada è capitato in due o tre occasioni che mi avvicinasse qualcuno per fare una foto insieme e mi dicesse di essere italiano. Sono cose che ti toccano, insomma…

L’anno scorso la vittoria fu tua e di Martinelli che ti guidò dall’ammiraglia.

Anche quest’anno si parte per fare bene. Poi sono le gambe a dare le sentenze finali. Non tutti gli anni sono uguali e penso che quest’anno quelli che poi andranno al Tour verranno a Firenze con la voglia di fare bene. Non sono tanti, ma sono tutti papabili vincitori.

Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Cosa sai del percorso?

Non ho mai corso la Per Sempre Alfredo, che è alla base degli italiani. Però ho parlato con Bennati che mi ha mandato il file del percorso gara e l’ho guardato. Sicuramente andrò giù un giorno prima per visionarlo. Potrebbe svolgersi sulla falsa riga dell’anno scorso, forse è leggermente più duro. Dall’ultimo scollinamento mancherà un po’ meno all’arrivo e la discesa è tecnica, quindi sarà anche difficile ricucire in caso di un attacco forte. Bisogna solo farsi trovare pronti e non mollare. Mordere il manubrio e poi sperare di avere buone gambe. Perciò adesso si prova a fare qualcosa anche qua e poi… ci vediamo in Toscana!