EDITORIALE / Il Sud chiede regole condivise

21.11.2022
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A volte per capire gli effetti delle regole, bisogna constatarne gli effetti. Se per eliminare una perdita, si stabilisce di chiudere l’acqua a monte, magari si risolve il problema: l’aridità dei campi a valle sarà tuttavia una conseguenza da valutare. Se il presidente Dagnoni fosse stato l’altro giorno al Galà Paolo Pilone di Palermo, avrebbe avuto un piccolo assaggio di cosa significherà la cancellazione delle plurime fra gli juniores e avrebbe dovuto rispondere a una serie di istanze da parte dei presenti. Non ultime quelle del presidente regionale Guardì, che pur ha avuto un ruolo importante nell’elezione dello stesso Cordiano.

Diciamolo subito: Guardì è parte in causa. E’ vicino alla GS Impero, gemellata fino al 2002 con la Casano-Matec di Giuseppe Di Fresco. Ed è anche colui che, in qualità di presidente del CR Sicilia, deve spingere per l’organizzazione di gare in regione: qualcosa sta facendo, probabilmente potrebbe fare di più. Questo non toglie che i suoi argomenti e quelli degli altri convenuti sulle regole FCI meritino attenzione.

Diego Guardì, presidente del CR Siciliano, ha parlato contro la cancellazione delle plurime (foto Trinacria Ciclismo)
Diego Guardì, presidente del CR Siciliano, ha parlato contro la cancellazione delle plurime (foto Trinacria Ciclismo)

Il Consiglio di maggio

E’ stato il Consiglio federale di Palmi a maggio a stabilire che dal 2023 le società non potranno più avere i gemellaggi con squadre di altre regioni.

«Le piccole regioni – disse Ruggero Cazzaniga, vicepresidente federale, commentando le nuove regole – non hanno fatto niente per migliorare il loro patrimonio e gli atleti sono partiti lo stesso. Sono minori, decidono i genitori. Perciò è chiaro che le plurime non siano progetti di crescita. La filosofia che c’è alla base di questa riforma è che i Comitati Regionali saranno più tutelati, perché farà fede la residenza dell’atleta.

«Il piccolo Nibali che avesse la residenza in Sicilia, ad esempio, dovrebbe finire la scuola a casa e partecipare alle gare con le rappresentative regionali. Quando poi andrà via, alla società sarà riconosciuto il doppio dei punteggi. E se prima c’era il limite dei due corridori con 35 punti, adesso lo abbiamo abbassato a 25, aumentando il bacino degli atleti interessati. Un atleta forte, i 25 punti li ha fatti già a maggio. Sapete chi ne risentirà? Chi fa il… commercio dei bambini, perché se non altro dovrà sborsare parecchio di più».

Fra Nord e Sud

La sensazione è che il Comitato siciliano non si senta più tutelato. Forse l’intento principale del Consiglio federale e delle sue regole era colpire chi con le plurime giocava fra le grandi regioni, con il solo scopo di costruire squadroni enormi e schierare in gara organici superiori. Il Veneto con la Lombardia o la Toscana. La Lombardia col Piemonte. La Toscana con la Liguria. Si è così pensato di chiudere l’acqua a monte, minimizzando le conseguenze che il provvedimento avrà a valle.

Ci siamo trovati per caso in Sicilia, ma abbiamo ascoltato e chiesto. Nel 2022 sull’isola c’erano circa 20 juniores tesserati in squadre con affiliazione plurima, che avevano la possibilità di fare attività extra regionale grazie alle società “gemellate”. Eliminando le plurime, questi gemellaggi vengono meno. 

Tre di questi ragazzi saranno tesserati in Toscana, nuovamente con il Casano. Altri probabilmente troveranno squadra in Sicilia al pari dei ragazzi che nel 2022 erano allievi di secondo anno. Ci sarà poi da vedere se questi team siano strutturati per farli correre fuori regione o sarà tutto legato alle gare locali e all’attività fatta dalla rappresentativa regionale.

Forse nello scrivere la norma che aboliva le plurime, si poteva inserire (ad esempio) un vincolo legato alla distanza. Si sarebbero così impediti i giochi fra regioni limitrofe e si sarebbe tenuta aperta la porta per i ragazzi che iniziano a correre in regioni lontane mille chilometri dai centri del ciclismo.

I nodi al pettine

Alla premiazione di Palermo erano presenti Giovanni Visconti e Filippo Fiorelli, diventati grandi in Toscana (in apertura Giovanni con Gaetano Pecoraro). I racconti del primo sui suoi viaggi nella Fiat Punto di suo padre meriterebbero di essere raccolti in un libro, ma non tutti i genitori possono sobbarcarsi certe trasferte oppure hanno il tempo o la passione per farlo. Alcuni, come la l’Equipe Sicilia-Multicar Amaru, si sono organizzati con una squadra del Nord (la Giovani Giussanesi di Danilo Napolitano) e hanno trascorso qualche settimana fuori regione durante l’estate.

E’ certo che un’attività potenziata in Sicilia renderebbe superflui tanti discorsi. Ma è altrettanto vero che modulare certe riforme o scrivere le regole con il contributo di chi ne vivrà gli effetti sarebbe cosa buona e giusta. Le società che pagano per aderire alla Federazione ne sono di fatto azioniste e forse ascoltare tutte le voci prima di scrivere scioglierebbe i nodi prima che arrivino al pettine. Il fatto che si parli di piccoli numeri non faccia pensare che le conseguenze siano minime. Anche nella grande Lombardia il calo ha iniziato con piccoli numeri, ma adesso, facendo le debite proporzioni, i bilanci in termini di tesseramenti, gare e società non sono tranquillizzanti. A sentire il presidente Guardì il prossimo Consiglio Federale potrebbe rimettere mano alla norma. Se così fosse, tanto di cappello. A volte per andare avanti si deve saper fare un passo indietro.

La Sicily Divide di Visconti: un viaggio nell’anima

10.04.2022
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«Qui Trapani! Da domani inizia la mia Sicily Divide! Ho deciso di fare una sorta di blog per raccontarvi un viaggio all’interno di me stesso attraverso la bici, la stessa bici che tanto mi ha dato, ma senza mai permettermi il lusso di guardarmi attorno e soprattutto di guardarmi dentro…».

Siciliy Divide taglia la Sicilia da Trapani a Catania: una dorsale magica
Siciliy Divide taglia la Sicilia da Trapani a Catania: una dorsale magica

La sua terra

Cominciava così, il 29 marzo, il viaggio in Sicilia di Giovanni Visconti e Paolo Alberati. Un viaggio inaspettato per il palermitano di San Baronto, che aveva da poco annunciato il ritiro. Si poteva pensare che avesse voglia di starsene a casa, ma evidentemente mancava qualcosa. Non si possono chiudere 17 anni di professionismo semplicemente andando via. C’era da fare i conti con il se stesso più profondo e la terra da cui partì molto giovane per conquistare il mondo, senza probabilmente avere il tempo di conoscerla.

«Quando sono giù – sorride – conosco le strade dove mi alleno e poco di più. Non so il nome delle vie di Palermo, che la gente snocciola dando riferimenti di negozi e monumenti. Ho visto paesaggi che non pensavo potessero esistere, ho visto la vera Sicilia. In certi momenti mi è parso di essere in un altro posto, invece era la terra che mi ha permesso di diventare quello che sono. Quando Paolo mi ha chiamato, gli ho detto subito di sì. Io che negli ultimi anni facevo fatica a staccarmi da casa, ho capito che modo migliore non c’era. Un vero ritorno alle origini».

Un viaggio dentro

Ore e chilometri per pensare e soprattutto parlare. Luoghi magici. Fatica. L’ironia di partire anche se pioveva. E alla fine la riscoperta della bicicletta per quello che è davvero.

«Parlare in bici è una cosa che non avevo mai fatto. Così come non mi ero mai guardato intorno. Invece quel paesaggio e quell’andatura invitavano a farlo. Ho detto e sono riuscito a fare un viaggio dentro me stesso attraverso la bici e così è stato. Tramite questo tipo di esperienza e grazie a tutto quel silenzio, ho scoperto lati di me che non conoscevo. Quando sei nel ritmo delle gare, non c’è mai il tempo di ascoltarsi davvero e le cose restano dietro. Magari qualcosa che fingi di non aver visto comincia a crescere e alla fine per tirarlo fuori c’è bisogno del mental coach. Pensavo che alla fine del mio percorso, avrei appeso la bici al chiodo. Invece ho scoperto che non ho la nausea, ho voglia di usare la bici. Sono tornato a sentirla come quando ci montai sopra la prima volta».

Il punto sulla vita

Giorni nel vento. Luoghi che segnano l’anima come il Cretto di Burri e il ricordo di un terremoto dimenticato. La discesa da Mussomeli attraverso colline verdissime verso Serradifalco, casa di Rosario Fina, passando sotto creste simili alle Tre Cime di Lavaredo. La scoperta, dentro e fuori di sé. E un’idea di futuro tutto da scrivere.

«Posso dire che per ora – ammette – me la sto godendo. Sto mettendo vari punti nella mia vita e non mi sento ancora di dire cosa voglio fare. Forse non ho voglia di rinchiudermi in un’ammiraglia per fare il direttore sportivo o davanti a un computer. Ho parlato con Federico Zecchetto (titolare di MCipollini e DMt, ndr), che è un amico vero. Mi ha sempre rispettato, io ho sempre rispettato lui. Ci sono proposte. Vediamo cosa viene fuori. Non sparisco, a qualche evento ci sarò, non credo che farò una vita tanto diversa. Il ciclismo è il mondo in cui continuerò a vivere».

Una rinascita

La nuova vita ha un sapore diverso e strano. L’andirivieni da casa a scuola con i bimbi, che intanto crescono. Il giretto in bici quando se ne hanno tempo e voglia. Il non dover comunicare ogni giorno i propri spostamenti.

«Io sono cresciuto con l’Adams – dice – e la necessità di comunicare ogni cosa che facessi, fosse anche andare a pesca o a funghi. Ho mandato una lettera all’UCI e mi è stato risposto che non devo più aggiornarlo. Non ho più questo pensiero e non potete capire quanto sembri strano potermi muovere in questa nuova libertà. Quando corri non ci fai caso, ora è stranissimo. Sono contento. E sono contento anche per Katy, mia moglie. Mi ha detto che se avesse immaginato di avermi così rilassato in casa, mi avrebbe fatto smettere prima. E io, lo sapete, sono uno che si porta dietro i malumori. Pensate che peso deve essere stato avermi in casa negli ultimi tempi… Oggi piove, stavo per uscire in bici, mentre prima ne avrei avuto disgusto e rabbia. Ora capisco certi amatori appassionati e la loro grinta. Questo viaggio con Alberati è quello che serviva. Era da tempo che mi trascinavo, c’era solo da ammetterlo. Aspettare significava volersi male. Questo viaggio è stato una rinascita».

Il Casano sbarca in Sicilia per accogliere Sciortino

21.01.2022
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«Sono molto contento di questo accordo con la Sicilia. Il nostro team avrà un bel mix di culture. E a distanza di tanti anni, mi sembra di rivivere quello che ho fatto io, certe avventure…».

La voce sicura dall’altra parte del telefono è quella di Giuseppe Di Fresco, diesse del Casano-Matec, massese d’adozione e palermitano di nascita. Quest’anno la società di Ortonovo di Luni (gestita dal team manager Christian Castagna ed organizzatrice del Giro della Lunigiana) avrà una doppia affiliazione: una toscana con dieci atleti ed una siciliana con sei. L’operazione è stata indotta dall’ingaggio di Carlo Sciortino, talento classe 2004 di Bagheria, e di altri tra i migliori prospetti dell’isola.

Di Fresco è stato professionista, gestisce una pompa di benzina e fa il diesse (foto Casano)
Di Fresco è stato professionista, gestisce una pompa di benzina e fa il diesse (foto Casano)

«Mi ci rivedo molto in questi ragazzi – racconta Di Fresco, cresciuto in Toscana tra i dilettanti ed ex pro’ dal ’99 al 2001, prima di intraprendere la carriera da dirigente – anche se loro sono un po’ più fortunati di me. Pensate che la mia prima gara fuori dalla Sicilia fu la Coppa d’Oro da allievo. Mio padre spese 120 mila lire per noleggiare un furgone bianco per fare Palermo-Borgo Valsugana. Eravamo in nove e mangiammo al sacco la pasta al forno con gli anelletti che ci aveva preparato mia madre. Per me fu come andare al campionato del mondo. Un’esperienza di vita, non solo sportiva, che mi rimarrà in eterno. Ora c’è il Palermo-Pisa di Ryanair che abbatte le distanze però vorrei formare questi ragazzi con quello che non avevo io all’epoca».

Giuseppe spiegaci questo filo diretto tra Toscana e Sicilia, le tue due regioni.

Il contatto è nato due anni fa quando Carlo (Sciortino, ndr) era allievo. Lo ospitammo per provare un po’ di corse della zona, nelle quali centrò quasi sempre il podio. Ci fece un’ottima impressione. Doveva venire con noi già nel 2021, ma per problemi burocratici non abbiamo potuto. Lo abbiamo fatto quest’anno. Cercheremo di fare un’unica attività con tutti i nostri ragazzi.

Questa intervista con Carlo Sciortino è stata realizzata al Giro della Lunigiana
Come gestirete questa situazione con i ragazzi siciliani?

Finché andranno a scuola correranno giù, dove saranno seguiti dal nostro diesse Alessandro Mansueto, che è anche responsabile tecnico del Comitato Regionale. Ogni tanto, a rotazione e quando lo riterremo opportuno o in base al loro stato di forma, verranno a gareggiare da noi. Sciortino sarà quello che farà più attività al Nord in quel periodo. Poi da luglio saliranno tutti da noi e saranno a nostra disposizione.

E’ necessario avere tutto ben organizzato? Anche con i professori dei ragazzi?

Certo, è fondamentale. Abbiamo già programmato i voli, in cinquanta minuti sono qui. Per loro abbiamo fatto fare una bici in più da tenere qui in modo da non doverla imbarcare sempre, che talvolta costa più del biglietto, e per evitare soprattutto che te la danneggino. Poi, come facciamo con i ragazzi toscani e liguri, anche per quelli siciliani abbiamo già spedito una lettera ai loro insegnanti spiegando la nostra attività. Presentando in anticipo la convocazione alle gare, o addirittura quella della nazionale, non gli vengono segnate le assenze. E’ importante avere la collaborazione e la comprensione degli istituti che frequentano.

Nel 2005-2006 per Di Fresco corse da junior anche Damiano Caruso, prelevato dalla Sicilia (qui al Giro del 2013)
Nel 2005-2006 per Di Fresco corse da junior anche Damiano Caruso (qui al Giro del 2013)
Tu che l’hai vissuta, qual è l’aspetto migliore di questa situazione?

Bisogna dire che ultimamente la Sicilia si sta muovendo bene e lascia fare ai ragazzi più esperienza fuori regione. Detto questo, i ragazzi che vengono dal Sud, arrivano con più fame agonistica. Rispetto a quelli delle nostre zone, forse hanno meno grilli per la testa. In gara li vedi sempre belli agguerriti anche se come tutti a quell’età vanno istruiti su certe cose. Mi ricordo quando portai Damiano Caruso alla Berti Mobili di Massa da junior. Mi avevano consigliato un certo Provino, ma con lui fu amore a prima vista. E ci ritrovammo anche alla Mastromarco.

Dei ragazzi siciliani chi ti senti di segnalare oltre a Sciortino?

Carlo somiglia parecchio a Visconti, perfetto per i percorsi ondulati. Deve ancora crescere. Altri due da seguire con attenzione sono Vincenzo Pardo e Salvatore Florio. Hanno tutti ampi margini di miglioramento.

Non dimentichiamoci però dei ragazzi toscani. 

Assolutamente no, ne abbiamo di interessanti. Avremo due primi anni molto talentuosi come Alex Stella e Alessandro Failli (nipote dell’ex pro’ Francesco, ndr). Quest’ultimo è stato chiamato da Salvoldi e andrà a fare uno stage a Montichiari nei prossimi giorni. Abbiamo anche i riconfermati Poli e Rossi che possono fare molto bene. A seguire tutti i ragazzi ci saranno anche gli altri diesse Daniele Della Tommasina e Cristian Benenati (entrambi ex pro’, ndr).

Nel 2021 ha portato Crescioli al secondo posto del Giro della Lunigiana
Nel 2021 ha portato Crescioli al secondo posto del Giro della Lunigiana
Per chiudere Giuseppe, che stagione sarà la vostra?

Ripetere il 2021 non sarà facile. Ci siamo tolti tante soddisfazioni con Crescioli, Giordani e Bozicevich (i due sono insieme a Montichiari nella foto di apertura, ndr), che sono andati molto d’accordo nonostante tutti e tre avessero numeri per la fare la gara. Sono andati tutti alla Mastromarco (Galeotti e Boschi invece sono passati U23 alla Gragnano, ndr). Quest’anno puntiamo a fare risultato con i ragazzi del secondo anno ma sono certo che anche quelli appena passati disputeranno grandi corse. Non ci poniamo limiti, vedremo strada facendo. Mi permettete un’ultima cosa?

Certo.

Vorrei ringraziare la Matec. E’ una grossa azienda locale ma non ci conoscevamo reciprocamente. Ci ha presentati per caso il mio dentista. L’anno scorso ha subito creduto nel nostro progetto, quello dato anche dalla filiera con altre due realtà giovanili della zona. Il titolare poco per volta si è appassionato al ciclismo, coinvolgendoci negli spot della sua ditta. Se si vuole, e basta cercare, ci sono ancora degli sponsor importanti che possono affiancare il nostro ciclismo.

Test in Sicilia per la nuova LIV Langma Advanced Disc

07.01.2022
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Una bicicletta da donna, progettata dalle donne. Ecco la LIV Langma Advanced Disc 1, la sorellina minore delle top di gamma con cui nel 2022 correranno le ragazze del team ufficiale – il LIV Racing Xstra in cui militeranno Rachele Barbieri e Katia Ragusa, guidate da Giorgia Bronzini – e quelle del Team BikeExchange-Jayco, passate da Bianchi a Giant. LIV è infatti la proposta al femminile del colosso taiwanese e a fronte delle migliaia di donne che hanno scoperto la bici, non si può dire che non si sia trattato di una mossa azzeccata.

Il test si è svolto sulle strade intorno Palermo: qui la salita di Monte Pellegrino
Il test si è svolto sulle strade intorno Palermo: qui la salita di Monte Pellegrino

Una bici compatta

La Langma Advanced Disc nasce attorno a un telaio ultraleggero in carbonio Advanced-Grade che offre un ottimo rapporto rigidità e peso. La bici che se ne ottiene è pronta alla risposta e adatta alla gara. Il tubo obliquo, che presenta una geometria a ellissi orientate, riduce la resistenza al vento e aumenta l’efficienza in fase di accelerazione. In abbinamento con il piantone, sagomato per avvicinare il centro della ruota posteriore al movimento centrale, compone una bici davvero veloce.

Il telaio da noi provato è una S ed è davvero un giocattolino di leggerezza e stile. Il piantone misura 45 centimetri, l’angolo del piantone è di 74°30’ mentre quello di sterzo da 72° permette di avere il trail da 61,4 millimetri, che permette alla bici di essere guidabile. Il carro posteriore è compatto (lunghezza dei foderi di 40,5 centimetri).

Controllo totale

I freni a disco integrati flat mount offrono la sicurezza necessaria per mantenere la velocità anche in curva e pedalare in condizioni meteorologiche variabili. Langma consente il montaggio di pneumatici fino a 32 millimetri, quindi si può personalizzarne l’assetto in base alla strada che si sceglie di percorrere.

Sul fronte delle ruote, si sono scelte le PR2 che Giant offre come primo montaggio. Sono tubeless ready e pesano 1.800 grammi la coppia. Una soluzione interlocutoria, adatta per strade non proprio perfette, mentre su alcuni modelli viene previsto il sistema Giant SLR 36 Disc che riduce la resistenza aerodinamica.

Il reggisella Variant Composite regolabile offre infine un’elasticità superiore, in modo da ottenere una guida reattiva per affrontare facilmente strade sconnesse.

Ultegra meccanico

Sul fronte dei componenti, la bici che abbiamo provato è montata con lo Shimano Ultegra meccanico, con guarnitura 36-52 e pedivelle da 170, con pacco pignoni 11-32 a 11 velocità.

L’attacco manubrio è il Liv Contact da 38 centimetri di larghezza, con attacco manubrio Giant Contact da 90 millimetri.

E’ made il LIV anche la sella, modello Approach. Mentre tornando per un istante al reggisella, si tratta di un design brevettato che ottimizza l’equilibrio tra leggera e rigidità. Il sistema a expander grazie al quale viene effettuato il bloccaggio si basa su un nottolino in lega leggera, composto da tre parti: quella centrale e le due laterali che si allargano fino a bloccare il reggisella all’interno del piantone, in cambio di una notevole pulizia estetica. La bici così assortita è in vendita a 2.899 euro.

liv-cycling.com

Serradifalco, dove il ciclismo è di casa. Fina racconta

06.01.2022
7 min
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Dalle colline imbrullite di volata fino al mare. Un passaggio rapido sotto i templi di Agrigento e paesi che evocano nomi di grandi scrittori. «La chiamano la Strada degli Scrittori – dice Rosario Fina al volante – perché collega le case di Tomasi di Lampedusa, Camilleri, Pirandello, Sciascia, Rosso di San Secondo e Russell».

Da Caltanissetta a San Leone per il pranzo e ritorno. Il campione del mondo di Oslo 1993 nella Cento Chilometri ci accoglie nella Serradifalco, da cui partì bambino alla conquista del Nord. Se oggi ci si accapiglia per chi vuole passare professionista a 18 anni, vale la pena ricordarsi di quando una regola altrettanto odiosa (ma a suo modo lungimirante) impediva ai giovani siciliani di correre fuori regione. Rosario la affrontò e la sconfisse. Sbarcò a Bergamo vincendo un mondiale juniores nel 1987, poi uno da dilettante nel 1993, corse per tre anni da pro’ e se ne andò a carriera conclusa.

«Tornai a casa – dice – nonostante dopo 20 anni a Bergamo, da atleta e poi da tecnico della nazionale, avrei potuto costruirmi una vita lassù. Qualcuno mi disse che nascere in Sicilia è una sfortuna, quasi una droga. Perché siamo immersi in colori così forti, che il richiamo è fortissimo. Impossibile sottrarsi. Non ho mai pensato che essere meridionale sia un disonore e così sono tornato».

Uomo del mercato

Fina è uno dei più grossi distributori di marchi ciclistici del Centro Sud, capace di fare numeri ragguardevoli con brand come DMT e BMC, dopo essere stato per anni l’uomo forte di Cannondale. Con i primi soldi comprò anche una casa di campagna che oggi è un B&B dal nome di Sicily Bike.

Oggi la sua carriera è sulla porta di un’altra grande svolta: l’acquisto di un capannone nella zona industriale del paese imprimerà all’attività una forte accelerazione. Lo sta ristrutturando, con il supporto della compagna Cristiana, commercialista, che vive in Piemonte e proprio in questi giorni farà ritorno a casa. Quando sei corridore, le distanze non fanno paura. Quando vivi accanto a un corridore, ti abitui a capirlo.

Con la compagna Cristiana, piemontese, che ora è anche sua socia in affari
Con la compagna Cristiana, piemontese, che ora è anche sua socia in affari
Atleta e imprenditore: ci sono punti di contatto?

Tantissimi. Il fatto di lavorare per progetti, la capacità di gestire un team e la tensione dei grandi appuntamenti. Quando ci siamo aggiudicati il capannone, non sapevo quanti rilanci avrei potuto reggere. Mi sono voltato verso Cristiana e vedendola con il pollice verso l’alto, ho avuto la sensazione di quando ero al limite in salita e qualcuno mi diceva che dietro la curva c’era il Gpm. E così l’asta l’abbiamo vinta noi.

Mondiali da junior e da dilettante, poi tre anni da pro’…

Ho fatto mie le parole di Franco Ballerini, quando si lavorava per i mondiali di Varese (i due sono insieme nella foto di apertura, proprio in quei giorni, ndr). Lui con i pro’ e io con gli U23. Quando si va verso le convocazioni, è giusto non dormire la sera prima. Dal giorno dopo però devi essere così sicuro delle scelte, che dormi bene e lavori meglio. Io ho smesso, decidendo di portare avanti la mia attività, contento che i miei meriti sportivi siano riconosciuti. Feci la scelta decisiva nel 2005 quando diedi le dimissioni da tecnico delle donne, perché non riuscivo a tenere i piedi in due scarpe. Fui richiamato nel 2008-2009 per gli U23, ma fu solo una parentesi.

Fina corridore e Fina tecnico.

Due mondi diversi. Il corridore metteva a frutto le doti di cui madre natura l’aveva dotato. Il mio motore era tale che potessi e dovessi pensare di far risultato. C’erano anche momenti di felicità, rapidi ma belli. Il Fina tecnico ha avuto grandi soddisfazioni perché riusciva a trasmettere i propri valori agli altri.

Cosa è successo nel mercato delle bici con il Covid?

Abbiamo vissuto momenti di pazzia assoluta. Prima chiusi per un mese e mezzo, convinti che saremmo falliti, chiedendoci come pagare i fornitori e come i negozi avrebbero pagato noi. Il 5 maggio 2020 invece, quando ci hanno permesso di riaprire, è successa una cosa impensabile. La rincorsa alle bici e le code fuori dai negozi. Siamo riusciti a ripianare le perdite e chiudere in attivo. Poi è venuta a mancare la merce. La Cina ha chiuso e le aziende hanno terminato le scorte e ancora oggi nei negozi manca la merce. Il momento sta tornando difficile, ma siamo dei miracolati. Guardo altri settori e non posso che pensarla così.

Che cosa significa fare impresa da queste parti?

Andare controvento, senza infrastrutture e lontani dal mondo del commercio. I costi di trasporto sono più alti e avere la fibra ottica negli uffici è un’utopia. E’ difficile, devi essere abituato a tirare. Però sono 25 anni che teniamo duro e siamo arrivati anche in altre regioni.

Come nasce Sicily Bike?

E’ la casa che mio padre mi fece comprare come investimento nel 1992 quando ero ancora dilettante. La tenevamo per farci l’olio e per la frutta, ma in mente mia sarebbe potuta diventare qualcosa. Smisi di correre nel 2006 e nel 2012 ho deciso di trasformarla in un bed & breakfast. Era il periodo dello spread altissimo e sapere che mi miei soldi fossero lì era consolante. Poi ci sono state altre ristrutturazioni e oggi Sicily Bike ha cinque camere in cui alloggiano turisti e operai nei momenti morti. L’idea di partenza era anche di creare una struttura per ospitare squadre in ritiro e in effetti la Top Girls è venuta giù un paio di volte, oltre a una squadra juniores laziale che viene da tre anni.

Perché venire qui?

Abbiamo il mare e monumenti importanti. Ci troviamo in una posizione cruciale, a 20 minuti da tutto. Da Agrigento, la casa di Pirandello, Caltanissetta e i suoi castelli, Sutera, Delia. Per chi vuole tranquillità e percorsi vallonati, siamo una bella realtà.

E’ vero che vuoi ricreare una squadra giovanile?

Credo che i tempi siano maturi, vorrei creare un’accademia. Ci sarò io, ma ci sarà soprattutto Luigi Spitali, il mio maestro di ciclismo che si è già rimesso a studiare. L’idea è dare un riferimento per tutti quei ragazzi che vogliono farne una professione. Ricordo quando mio padre mi portava alle corse. Ero bambino, ma lui già mi diceva che poteva diventare un lavoro. Non voglio che i loro sogni si spengano solo perché sono nati in Sicilia.

Ultima domanda, poi ti lasciamo in pace. Quel bambino di 7 anni che sognava di diventare corridore sarebbe fiero del Rosario che sei oggi?

Credo di sì (resta per un istante in silenzio, ndr). Molto è stato fatto in un contesto più difficile di adesso. Si andava su in macchina e si tornava per andare a scuola di lunedì. Sono andato avanti così per anni. Sono stato fortunato, perché ho trovato persone che mi hanno voluto bene. Zenoni, Spitali e Fusi che hanno contribuito a creare l’atleta e l’uomo. Nel bene e nel male, sono orgoglioso di quanto ho costruito.

Un caffè con Fiorelli. Fuori la Sicilia e volo di gabbiani

01.01.2022
6 min
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Il mare risciacqua di là dal muro. Nella piazza di Aspra poche persone passeggiano al rallentatore. Qualche gabbiano girovaga nell’aria, le nubi sulle montagne alle spalle del paese impediscono ai raggi di raggiungere le case. La Sicilia è calda e accigliata, in lontananza Palermo e Monte Pellegrino sono inondati di sole. L’appuntamento con Fiorelli è di buon mattino, perché poi dovrà andare in palestra. Ficarazzi in cui vive è poco distante. Prendiamo un caffè mentre il paese inizia a popolarsi e il discorso va sulla stagione che il siciliano si attende. Quando toglie la mascherina, il baffo biondo dipinge sul suo volto un piglio sbarazzino e insieme d’antica nobiltà.

«Ho fatto un passo in più – dice Fiorelli – con un altro anno di esperienza. Quello del Covid non lo considero nemmeno. Ho avuto problemi al ginocchio e poi tre mesi così intensi che non ho capito molto. Avere a disposizione un anno intero come il 2021 è stato diverso. Ho fatto esperienza con i tempi giusti e credo di essere cresciuto fisicamente. Ho corso due Giri d’Italia in sette mesi e questo mi ha dato tanto».

A proposito di Giro d’Italia, sei andato più vicino alla vittoria nella tappa meno adatta: quella di Sestola con l’arrivo in salita…

Faccio fatica a crederci anche io. Era una tappa importante, perché si partiva vicino alla sede della squadra. L’intenzione era arrivare il più avanti possibile. Sono stato l’ultimo a entrare e per fortuna Zoccarato mi ha aspettato. Nella fuga c’era anche Zana, che è molto più scalatore di me, ma quel giorno non era al meglio. Perciò l’idea era di arrivare il più avanti possibile, anche se ero con gente che in salita va più forte di me. Potevo seguire De Marchi? Forse sì, ma ci sarà stato un motivo se non l’ho fatto. Di sicuro però ho dei margini e anche in salita posso migliorare ancora.

C’è stato un giorno in cui ti sei sentito davvero forte?

Quando ho vinto in Croazia a inizio stagione. Mi sentivo proprio bene. Qualche giorno prima ero andato con Rossato a provare il finale dietro macchina. Simulammo il ritmo gara per vedere quanto a lungo sarei riuscito a reggere certi watt. Provammo la volata e fui capace di uscire dalla scia della macchina. Perciò andai da Rossato e gli dissi che poteva essere il giorno giusto. La squadra fu perfetta, inseguirono la fuga e io ho vinsi la volata. La vittoria fa bene al morale. Qualche giorno dopo feci terzo di tappa all’Istrian Spring Trophy e l’indomani avrei preso la maglia, perché sapevo che Fortin si sarebbe staccato in salita. Invece dopo 10 chilometri caddi, sbattendo la testa. Andai al traguardo, era il giorno in cui vinse Zana. Ma io riuscii a malapena ad arrivare in fondo.

Lo ha portato alla Bardiani Marcello Massini, grande direttore sportivo toscano
Lo ha portato fra i pro’ Massini, grande direttore toscano
Sei cresciuto alla scuola di Massini, cosa ti porti dietro?

Marcello mi ha fatto capire cosa sia il ciclismo e cosa sia la vita. Qualsiasi dubbio avessi, sapeva cosa dire. Come un secondo padre, direi anche come un nonno, ma poi si offende (ridiamo all’unisono, ndr). E’ importante avere figure così. Quando ha deciso di smettere, non sono stato contento, perché il ciclismo stava perdendo una persona ottima.

E’ vero che per te ha rimandato di un anno il momento della pensione?

Aveva promesso che mi avrebbe fatto passare professionista. E quando ha visto che non ci sarebbe riuscito alla fine del 2018, ha fatto la squadra per un anno ancora. E’ stato davvero un ottimo tecnico, non mi ha mai messo pressione, mi ha permesso di crescere passo dopo passo. Anzi, non glielo dico che domani devo fare 200 chilometri, sennò si arrabbia e mi dice che non serve a niente.

Distanza da solo o in compagnia?

Ho organizzato un bel gruppo, è l’ultima distanza del 2021 e la prima del nuovo anno, ma gliel’ho detto chiaro: non voglio tirare neanche un metro (ride, ndr).

Sei passato professionista a 25 anni, un’età in cui oggi tanti smettono…

Sapevo che ero vecchio. Passare al terzo anno da elite non è da tutti, anche se venivo da anni in crescita. Tolto il 2017 in cui non ho fatto cose clamorose, per il resto sono sempre migliorato. Mi ha salvato il fatto che ho cominciato tardi e Reverberi lo ha capito, perché ha visto i margini. E i numeri in effetti sono cresciuti. Devo prendere le misure su allenamenti e modo di correre…

Nel frattempo hai scoperto qual è la corsa dei sogni?

Dall’anno scorso ho il chiodo della Sanremo. Prima non mi piaceva, ma essendoci arrivato vicino… Non vicino nel senso che me la sono giocata, ma quando mi sono ritrovato nei primi 20 sulla Cipressa, per qualche minuto ho sognato di poterci provare. Poi sul Poggio sono rimasto indietro al rientro del gruppo. E quello è stato uno sbaglio di inesperienza. Sto lavorando per fare bene, per arrivare bene sul Poggio e provare a giocarmi il podio.

Terzo a Sestola e vittorie in volata: che corridore sei?

Sono sempre stato veloce. Nel 2018 e 2019 vincevo anche in salita. Arrivavo da solo, ma erano salite nelle corse dei dilettanti, quattro o cinque chilometri. Qua il livello è più alto, ma so che se faccio le cose per bene, non mi stacco tanto facilmente.

Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Sei cresciuto guardando Giovanni Visconti e oggi Sciortino cresce guardando te…

Finché posso, gli do qualche consiglio. Usciamo spesso insieme. Io non ho tanta esperienza da trasmettere, ho cominciato da poco. Il solo consiglio di cui mi sento sicuro e che gli do spesso è di non bruciare le tappe. A me è andata bene, ma si vede in giro gente che vuole strafare. Ti alleni un gocciolino in più e fai la differenza. Poi da dilettante incontri gente che lo fa di mestiere o più grande di te e la paghi cara, soprattutto moralmente. La testa è tutto. Ricordo quando Massini parlava con un mio compagno del suo fratellino. E gli diceva che se si impegnava per vincere 10 corse da allievo, poi gliene avrebbero chieste 15 da junior. Quindi è meglio vincere meno da piccoli e crescere nel modo giusto.

Parli già da vecchio saggio. Quando ricominci a correre?

A gennaio andiamo in ritiro in Spagna, il 23 gennaio dovrei correre la Classica Comunitat Valenciana e poi proseguo con il programma spagnolo. Quindi un passaggio in Francia e l’Oman. Un bel programma, ormai manca davvero poco. Buon anno a tutti!

Visconti, la cronaca ora per ora dei giorni di Mondello

Giada Gambino
06.12.2021
4 min
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Il sole e talvolta  qualche nuvola accompagnano gli allenamenti di Visconti che, come ormai usuale in questo periodo, si è ritirato per qualche giorno nella sua Palermo. E’ solo, in totale calma e relax. Le sue giornate iniziano e finiscono in una piccola e graziosa casetta nel cuore di Mondello, un perfetto “locus amoenus” per ritrovare se stessi e ricominciare con tanta grinta. Così Giovanni ci racconta la sua routine palermitana… 

Per Visconti due settimane in una casa di Mondello, concentrandosi soltanto sulla bici (foto Instagram)
Per Visconti due settimane in una casa di Mondello, concentrandosi soltanto sulla bici (foto Instagram)
A che ora ti svegli ?  

La sveglia è alle 8, faccio colazione e alle 9 sono già in sella

Cosa mangi la mattina? 

Faccio una buona colazione, mi sono comprato tutto quello che mi serve: uno yogurt proteico, cereali, qualche fetta biscottata integrale con miele o Philadelphia. E soprattutto un buon caffè… Quello non deve mancare mai! 

Appena esci in bici… 

Mi vedo con Fiorelli. Siamo una bella coppia (ride, ndr), mi trovo davvero bene e il tempo passa velocemente e in maniera piacevole quando ci alleniamo insieme. 

Si comincia con un test: da quest’anno Visconti collabora con Paolo Alberati (foto Filippo Fiorelli)
Si comincia con un test: da quest’anno Visconti collabora con Paolo Alberati (foto Filippo Fiorelli)
Come si strutturano gli allenamenti? 

In questo periodo in media faccio circa quattro ore al giorno, alternando due giorni di lavori e un giorno di scarico. Si fanno lavori di forza, medio, velocità e volate.

C’è qualcosa che porti con te durante gli allenamenti, che non può mancare mai? 

Quest’anno ho cambiato regime e non possono mancare barrette, gel, sali.  

Cosa hai cambiato esattamente? 

A differenza degli altri anni, mi alimento meglio in bici. Il cibo ormai è diventato un argomento importante nel ciclismo. Probabilmente negli ultimi anni mi sono logorato fisicamente sbagliando a non alimentarmi correttamente in allenamento con i carboidrati e gli zuccheri necessari. Magari pensavo di stare bene, di evitare questi cibi che, tendenzialmente, si pensa non facciano bene. Però se prima di arrivare a casa ti viene una crisi di zuccheri, stai male, ti senti senza forze e capisci che bisogna cambiare qualcosa.  

Con Fiorelli a Caccamo, paese con il castello (e il fantasma di Matteo Bonello) a circa 45 chilometri da Palermo
Con Fiorelli a Caccamo, paese con il castello (e il fantasma) a 45 chilometri da Palermo
Ti fermi mai per un caffè ? 

Qui in Sicilia è praticamente impossibile non fermarsi, ma non per un caffè! Entrando nei bar vieni catturato dai dolci tipici e dalla diversa rosticceria. Naturalmente cerco di evitare, ma quando fatico e me lo merito, cedo alla tentazione. 

A che ora rientri?

Per le 14,30. Appena arrivo prendo subito uno shaker proteico e mi faccio la pasta che è sempre il miglior alimento per recuperare. 

Fra cannoli e frutta martorana (a base di pasta di mandorle), la pasticceria siciliana è una dolce tentazione durante gli allenamenti
Fra cannoli e cassatine, la pasticceria siciliana è una dolce tentazione durante gli allenamenti
Come la cucini?

Pasta in bianco, semplice, ma la adoro.  

Quanto è importante l’assunzione delle proteine? 

Nella prima mezz’ora post allenamento è fondamentale per ricostruire il muscolo nel miglior modo.

Dopo pranzo? 

Mi riposo. Qui ho più relax rispetto che a casa su, in Toscana. Mi mancano i miei bimbi, ma essendo questo un vero e proprio ritiro, seppure in parte solitario, mi prendo tutto il tempo necessario per rilassarmi e fare massaggi quando possibile

Il 2021 di Visconti è stato un anno difficile per problemi di salute. C’è grande aria di riscatto
Il 2021 è stato un anno difficile. C’è grande aria di riscatto
La cena? 

Leggera, ho comprato pollo, insalata e acqua. Quando l’indomani devo affrontare una mattinata impegnativa, preferisco mangiare la pasta, per avere una bella scorta di carboidrati per l’indomani.  Dopo di che, nient’altro che relax: guardo un po’ la televisione, un po’ i social e verso mezzanotte vado a dormire. 

Cosa cambia rispetto a quando sei a casa tua? 

E’ un po’ diversa la routine! Spesso mi sveglio alle 6,45 per accompagnare i bambini a scuola, magari salto anche la colazione in quel momento e la faccio quando ritorno in modo da uscire alle 10 in bici, anche perché lì c’è molto freddo. Uscendo tardi in bici, molto spesso salto il pranzo e quindi integro solo con uno shaker proteico e dei carboidrati quando ritorno. Per il resto è tutto molto simile e cerco di dedicare del tempo ai miei figli.

Il giorno che Vincenzo per vincere ritornò bambino

Giada Gambino
02.10.2021
4 min
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E’ concentrato lo sguardo che si intravede dietro gli occhiali. Vincenzo respira profondamente e scruta i suoi compagni di fuga in attesa del giusto segnale. Il ritmo è alto, la strada sale, i battiti del cuore aumentano e piccole gocce di sudore si formano sulla pelle.

«Non conosco questa parte di salita  – pensa – ma è dura, è ideale per un attacco da lontano». 

Con Pallini, commosso anche lui, andando verso il podio
Con Pallini, commosso anche lui, andando verso il podio

Il passo diminuisce, gli occhi di Nibali si infuocano… è arrivato il momento

Non esita, non si volta, scatta, come uno squalo quando vede da lontano la sua preda. Inizia a guadagnare terreno, metri, secondi. Bardet prova a inseguirlo con dietro Valverde, Covi, Fortunato e De la Cruz, ma invano. Quando la strada sale e l’adrenalina scorre in tutto il corpo, non si sente alcuna fatica. Mancano 22 chilometri al traguardo.

«Vai Enzo!», sente a bordo strada, riconosce la voce: è quella di suo cugino. Si sente a casa, protetto e diventa, così, inarrestabile. Spinge sui pedali sempre più forte, più deciso, più agile.

Dall’ammiraglia lo avvertono del suo vantaggio, Vincenzo inizia a crederci di più e come un pittore che dipinge con linee morbide ma decise, il siciliano affronta la discesa che conosce molto bene. Le strade di Mascali sono proprio quelle dove da ragazzino si allenava.

Un’azione solitaria come non si vedeva da tempo per ritrovare lo Squalo
Un’azione solitaria come non si vedeva da tempo per ritrovare lo Squalo

Prende la borraccia a cui è attaccato un gel, ma non serve, la maestosità dell’Etna gli infonde grande energia; un’esplosione inarrestabile che ci regala un’immagine sublime. Si volta leggermente indietro… ed è un attimo, pensa a questi ultimi due anni, alle tante cadute, ai sacrifici e alle critiche che adesso lascia lungo la strada alle sue spalle.

«Non sono stati due anni facili. Tanti imprevisti hanno influito su quello che mi aspettavo di poter fare. La pandemia, la frattura, qualche problema fisico di troppo a cui non ero abituato. Mi sono ritrovato quasi sempre a rincorrere la condizione migliore. Moralmente, non era una situazione facile da affrontare. Non mi è mai mancata voglia, impegno o serietà. In alcuni momenti mi è mancata la serenità».

Anche il fratello Antonio esulta sul traguardo. I due si separeranno a fine stagione
Anche il fratello Antonio esulta sul traguardo. I due si separeranno a fine stagione

Mancano pochi chilometri, è lanciato verso quello che non è un semplice traguardo: è la sua preda, il suo riscatto, la sua felicità. Non è un arrivo, è un nuovo inizio!

Così, spinto dall’entusiasmo della folla, della sua gente, vede l’ultimo chilometro che affronta tutto d’un fiato. Arriva al traguardo, alza le braccia al cielo dopo due lunghi anni e, per un attimo, si sente nuovamente bambino. D’altronde non aveva mai vinto da professionista in Sicilia.

«Questa vittoria significa molto, in un contesto unico, forse, il migliore».

Inevitabilmente si lascia trasportare dalle emozioni, piange. I tifosi urlano il suo nome ma lo Squalo è come se fosse in una bolla, non sente nulla se non il cuore in gola e le lacrime scendere lungo il viso.

Nibali-Valverde: la storia del ciclismo. E un giovane come Covi che mastica amaro
Nibali-Valverde: la storia del ciclismo. E un giovane come Covi che mastica amaro

«Tanti di quelli che mi conoscono bene mi hanno detto che era tanto tempo che non mi vedevano così commosso. Ed è vero. Ho vinto sulle mie strade di casa, quelle dove sono cresciuto. E l’ho fatto davanti alla mia gente, i miei amici di una vita».

«Ohh !!» un urlo rompe la bolla, il fratello Antonio lo strattona, Vincenzo si volta, sorride, lo abbraccia aggiungendo a questo quadro gli ultimi colori: rosso e giallo, quelli della maglia che poco più tardi illuminerà il volto di Vincenzo Nibali sul podio davanti Valverde e Covi. 

Un pensiero per Luca Guercilena. Poi l’ultima tappa e il Giro di Sicilia sono suoi!

Federico Morini, Michele Scartezzini, ritiro Noto, 2020

Scartezzini, la bilancia e il cronometro sovrano

18.12.2020
5 min
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La Sicilia è un buon posto per allenarsi e riflettere, pensa Scartezzini dalla sua stanza d’hotel a Noto. Il quartetto dell’inseguimento è volato giù dal 7 dicembre e rimarrà fino a domani, poi si sposterà a Formia per gli ultimi quattro giorni di lavoro prima di Natale.

«Stiamo facendo prevalentemente strada – dice il veronese, che nella foto di apertura è con Federico Morini – ma solo ieri siamo andati in velodromo per provare un po’ di partenze. Era pieno di bambini venuti a vederci e a girare in pista. Come quando arriva in paese la Juventus. E’ un altro mondo. Caldo, percorsi pedalabili. Siamo sempre in maglietta e pantaloncini. Eravamo già venuti a Noto per un solo giorno l’anno scorso durante un raduno sull’Etna, ma in questa fase l’altura non serve».

Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Michele Scartezzini impegnato nell’individuale a punti ai mondiali di Berlino 2020
Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Scartezzini nell’individuale a Berlino 2020

Agli ordini di Marco Villa, in questo angolo incantato d’Italia più a sud dell’Africa, ci sono Scartezzini, appunto, più Bertazzo, Lamon, Simion (fresco di firma con la Giotti Palomar), Plebani, Pinazzi, Gidas Umbri e Tommaso Nencini. Come dire lo zoccolo duro dell’inseguimento a squadre, più qualche giovane e senza i due o tre nomi da aggiungere in vista di Tokyo: Consonni, Ganna, Milan e Viviani.

Cominciate a essere in tanti…

Si è visto al mondiale. Siamo un gruppo forte con esigenze diverse. Noi che siamo qua abbiamo corso poco e abbiamo bisogno di fare allenamenti di sostanza, mentre Viviani, Ganna e Consonni tutto sommato hanno avuto una stagione frenetica ma quasi normale. E comunque non è più come una volta, la differenza tra stradisti e pistard si sta facendo più netta.

Che cosa intendi?

Io ormai faccio quasi solo pista. In allenamento non serve che faccia chissà quali dislivelli, come se dovessi prepararmi per una gara a tappe. Mi sto concentrando molto più sulla forza rispetto a un tempo, che mi agevola per le partenze. Debutterò in Argentina alla Vuelta San Juan, ma sarà per avvicinarmi meglio al calendario della pista. Siamo tanti per quattro posti, prima o poi saremo scelti sulla base dei tempi che saremo in grado di fare.

Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Marco Villa a Noto per la seconda volta
Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Villa a Noto per la seconda volta
Quindi la prima sfida è interna?

Prima dell’europeo mi sentivo davvero in palla e non tutti fra noi andavano allo stesso modo. Se il Covid non ci avesse decimato, durante gli allenamenti ci sarebbe stata la selezione. Poi magari stavo lo stesso a casa perché altri andavano meglio, ma l’importante era sapere di aver fatto tutto il massimo.

Non ti dà fastidio pensare che probabilmente alla fine arriveranno gli altri quattro dalla strada e tanto lavoro sarà vanificato?

No, per due motivi distinti. Il primo è che le Olimpiadi sono una cosa immensa, ma l’anno prossimo ci sono anche gli europei, i mondiali e un calendario molto ricco. Il secondo è che davanti a un atleta capace di fare tempi migliori, hai poco da restarci male. Certo, sportivamente rosichi. Siamo cresciuti insieme nello stesso gruppo, è brutto che qualcuno parta e qualcuno no. Però è lo sport. Non ne conosco tanti di fenomeni, ma noi ne abbiamo un bel concentrato. E se di colpo arriva uno come Milan, che dopo un solo anno in pista fa certi tempi, posso solo togliermi il cappello.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Per Scartezzini, momento di sosta con vista mare durante il ritiro che finirà domani
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Sosta con vista mare, ma domani si riparte
Le Olimpiadi, dicevi…

Per la prima volta sono alla nostra portata. Prima le vedevamo come irraggiungibili. A Londra ci andò Viviani e fece anche bene. A Rio arrivammo quasi per caso. Intorno a noi erano tutti serissimi, noi sembravamo superficiali. Ma adesso che siamo nella situazione per cui la medaglia è alla nostra portata, vogliamo esserci a tutti i costi. Sarà una sfida anche fra noi, altrimenti sarebbe troppo facile, ma non sarà certo l’esclusione a chiudere la mia carriera. Sono nelle Fiamme Azzurre. Mi hanno preso per la pista e posso lavorare sereno. Se salto Tokyo, c’è Parigi quando avrò 32 anni. Non sono un atleta tanto sfruttato. Sto facendo molta meno strada, perché ho individuato la mia dimensione. Non serve sfinirsi sulle salite per fare qualche risultato di là e poi spremersi per tirare fuori qualcosa su pista. Una volta che ho capito questo, ho cominciato a cambiar pelle.

Che cosa significa?

Nel 2019 pesavo circa 62 chili, ma agli europei mi ero sentito spesso in debito di forza. Così sono andato da una nutrizionista. Le ho spiegato che volevo privilegiare l’aspetto della forza, per la durata delle prove che devo fare. Da allora ho messo su circa 10 chili di massa magra. Adesso ho più forza, ma ammetto che inizialmente mangiare così tanto mi faceva quasi star male.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia significa anche stare bene. Bella la Spagna, ma non c’è storia…
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia può essere anche piacevole…
Mangiare e basta?

Mangiare, ma non a caso. E palestra. Da quando ho cominciato, mangio 500 grammi di alimenti pesati a crudo, nel senso che quando poi vengono cotti, con l’aggiunta dell’acqua il peso aumenta. E poi ho lavorato sul tronco, perché in partenza certi sforzi di gambe si ripercuotono sulla schiena. In sostanza sono alto 1,83 e ora peso 72 chili con la mezza idea di arrivare a 75. Non sono più un passista scalatore, ma se osserviamo lo sviluppo degli stradisti ci si accorge che gli scalatori da 58 chili stanno scomparendo e quelli che fanno classifica sono tutti intorno ai 70 chili. Perché con l’avvento delle compact, più del peso conta la potenza. Se sul Mortirolo riesci a demoltiplicare i rapporti fino a trovare la cadenza che ti fa esprimere al meglio i tuoi watt, non serve essere leggerissimi come quando avevi soltanto il 25.