Bettiol e Ganna, due facce (rassegnate) della stessa moneta

16.03.2024
5 min
Salva

SANREMO – Si era tagliato la barba dopo la Milano-Torino, la differenza l’avevamo notata ieri alla presentazione delle squadre a Pavia. Alberto Bettiol è un corridore tanto forte quanto imprevedibile, capace di capolavori e di corse anonime. Nelle ultime settimane, prima di Strade Bianche e Tirreno, si è allenato in Toscana seguito come un’ombra da Gabriele Balducci. Che la Sanremo fosse nelle sue corde è cosa ben nota, ma quando sul Poggio subito dietro Pogacar e Van der Poel abbiamo riconosciuto la sua maglia rosa, il pensiero che potesse essere una giornata magica ci ha assalito. E forse ha assalito anche lui. Al pari di Bettiol, nel pullman quasi di fronte c’è Ganna che maledice la cattiva sorte e ha meno voglia di parlare.

Quando Bettiol si affaccia dal pullman, il toscano ha gli occhiali scuri e il tono stanco. La sua Sanremo, la migliore della carriera, si è chiusa al quinto posto, con una volata anche buona in mezzo a mostri sacri e velocisti veri. Per cui non lo sa neanche lui come deve sentirsi: se mangiarsi le mani perché avrebbe potuto fare di più o se essere felice per aver spuntato un buon risultato. Il migliore dei nostri è stato lui

Bettiol ha capito di non poter fare la differenza sul Poggio: con il 5° posto è la sua miglior Sanremo
Bettiol ha capito di non poter fare la differenza sul Poggio: con il 5° posto è la sua miglior Sanremo
 Ti sei sentito forte o fortissimo?

Mi sono sentito forte, un buon Bettiol, ma hanno detto che è stata la Sanremo più veloce di sempre. E quando si va tutto il giorno così forte, fare la differenza su una salita di meno di 5 minuti è molto difficile. Poi ovviamente il livello è altissimo quindi non avevo lo spunto per andare via in salita, non ho avuto lo spunto per vincere in volata, sono rimasto un po’ in mezzo e sono arrivato quinto.

Quanto si andava forte sul Poggio?

Si andava forte, ma io stavo bene sul Poggio e ancora di più sulla Cipressa. Ero pronto se Tadej fosse scattato, anzi sarei stato più felice se fosse andato dalla Cipressa. Avrebbe significato arrivare in via Roma con meno velocisti come Pedersen, Matthews e Philipsen. Però alla fine lui non se l’è sentita e ha aspettato il Poggio. Io ero a ruota di Van Der Poel, l’abbiamo seguito. C’era anche Filippo (Ganna, ndr) e ripeto: il Poggio è una salita troppo regolare per fare la differenza dopo tanti chilometri. Perciò alla fine sono contento. Forse avrei potuto fare quarto, ma quarto o quinto cambia poco.

La UAE ha fatto un po’ di autocritica, perché sulla Cipressa, finito il lavoro di Del Toro, è calata l’andatura.

E’ vero, è vero. Io a quel punto mi aspettavo che Tadej partisse, visto che era quasi da solo. Da una parte è stato anche furbo, perché se fosse partito sulla Cipressa da solo, non so dove sarebbe potuto andare. Comunque io ero pronto…

Potendo rifarla, ti muoveresti diversamente?

Avevo in mente di partire subito dopo l’attacco di Tadej, ma sarebbe stato un suicidio. Non avrei avuto lo spunto perché lui ha fatto una trenata importante e allora ho ritenuto opportuno rimanere lì e aspettare che si scollinasse in pochi, magari per provare un allungo in finale. In realtà quello l’ha fatto Pidcock e prima ancora Mohoric. Mi hanno anticipato e devo dire che in discesa ho fatto fatica a tenere il ritmo dei primi.

Addirittura?

Sono sincero, anche se so andare in bici, forse devo fare qualche ripasso sulla discesa del Poggio, anche se alla fine me la sono cavata. E a quel ho pensato a fare il miglior risultato possibile. Ripeto, avrei potuto fare quarto, ma va bene così.

Quando in cima hai visto che c’erano ancora i velocisti hai pensato che fosse andata?

Philipsen e Matthews sono andati molto forte perché comunque l’andatura è stata alta. E’ stata una Sanremo velocissima e fare la differenza su una salita senza grande percentuale di pendenza è quasi impossibile, anche se sei un fenomeno come Van der Poel o Pogacar. E’ una corsa strana. Il Fiandre e il Lombardia sai dove si aprono, questa non sai chi vince fino agli ultimi metri. Abbiamo capito che si sarebbe risolta allo sprint che eravamo già nell’ultimo chilometro.

Poca voglia di parlare per Ganna: questa volta non si può dargli torto. La prima parte di stagione si chiude così…
Poca voglia di parlare per Ganna: questa volta non si può dargli torto. La prima parte di stagione si chiude così…

La iella di Ganna

Ganna scende dal pullman spingendo il trolley con lo sguardo abbastanza tetro e poca voglia di parlare. Lo aspettano la sua famiglia e il cane e quando si ferma per parlare, lo capisci che ne farebbe volentieri a meno. Le immagini non hanno mostrato esattamente quello che gli è successo e scoprirlo rende la sua corsa ancora più speciale. Pippo è andato forte, ma gli è mancato l’aggancio sulla cima del Poggio. E il motivo sono una foratura e un problema meccanico. Per cui ha fatto la discesa con la ruota bucata: detto questo, non c’era molto altro da fare.

«Sono andato forte – conferma – come avevamo immaginato e forse rode anche per quello. Purtroppo la sfortuna è sempre lì, fa niente, va bene così. Quando Pogacar si è rialzato, il Poggio si poteva riaprire. Ci ho sperato, sapevo che nel secondo scatto sarebbe dovuto andare Tom (Pidocok, ndr) e ho rispettato quello che c’era da fare. Purtroppo ho avuto un guasto meccanico e una foratura: è stata una Sanremo quasi perfetta per 280 chilometri e quando ne mancano 5 arriva una foratura. Ho fatto la discesa con la ruota bucata e il cambio bloccato. In televisione non si è vista? Eh, mi dispiace. Si chiude la prima parte, vado in altura. Non faccio le classiche perché ho altri obiettivi. Devo andare, mi aspettano. Scusate, continuo a ripensarci. Non ho tanta voglia di parlare».

Poggio in apnea e VdP gregario: la Sanremo è di Philipsen

16.03.2024
5 min
Salva

SANREMO – Ha vinto alla Freire. Non si è mai visto. Sempre nascosto. Coperto. Coperto persino sul rettilineo d’arrivo. Ma alla fine a tagliare per primo la linea bianca di Via Roma è stato lui, Jasper Philipsen.

In belga dell’Alpecin-Deceuninck è stato autore di una corsa forse invisibile, ma magistrale dal punto di vista tattico. In quasi 300 chilometri di gara, corsi ad una media folle (46.113 km/h), non ha speso mezza pedalata in più del necessario.

Quatto, quatto… ecco Philipsen sul Poggio. Già a ruota di VdP
Quatto, quatto… ecco Philipsen sul Poggio. Già a ruota di VdP

Gamba al top

In pochi, il che è un eufemismo, lo davano tra i vincitori. Gli occhi erano tutti puntati sul duello fra Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel. Semmai il terzo uomo poteva essere Mads Pedersen. Invece, facendo come detto la formichina, Philipsen si è preso la Milano-Sanremo numero 115.

Che stesse bene, si poteva capire alla Tirreno-Adriatico. Invece proprio la corsa dei Due Mari e il terzo posto di mercoledì scorso nella “sua” Nokere Koerse hanno tratto in inganno.

«Fare la Tirreno è stato importante – spiega Philipsen – Ero raffreddato, poi il viaggio in Belgio, la Nokere, il ritorno in Italia… non mi hanno aiutato. Anzi, sono ancora un po’ raffreddato. Però da giovedì ho sentito di stare meglio. Ho sentito che qualcosa è cambiato. E credo che forse oggi ho avuto le mie gambe migliori di sempre. Se c’era un giorno in cui vincere la Sanremo era questo».

Il colpo di reni in Via Roma che ha permesso a Philipsen (classe 1998) di conquistare la sua prima Sanremo
Il colpo di reni in Via Roma che ha permesso a Philipsen (classe 1998) di conquistare la sua prima Sanremo

I segnali c’erano

Eppure quegli sprint persi ci hanno fatto riflettere sullo spunto meno brillante del solito. Il spunto abituale gli avrebbe consentito di dare una bici a tutti. Erano forse quei “grammi” in meno di muscolo necessari per superare, e bene, la Cipressa e il Poggio? Il fatto che a Giulianova, durante la Tirreno, sia stato battuto da Milan ha portato tutti un po’ fuori strada.

Quel giorno invece se si riguarda  a mente fredda l’ordine di arrivo non c’erano degli sprinter puri. Basta pensare che tra i primi dieci c’erano Girmay, Alaphilippe e Tiberi.

Vero, vinse Milan. Ma torniamo al discorso dello spunto. Jasper aveva superato la salitella come Milan, ma poi non aveva avuto la stessa potenza del friulano.

«In realtà non sono più magro, anzi peso più dello scorso anno. Ma ho più potenza. Forse è per questo che ho vinto», devia Jasper con il sorriso… Di certo ha lavorato su questo aspetto. Lui ha detto di essersi concentrato molto sulle classiche durante l’inverno. 

Il discorso del raffreddore sarà anche vero e lo stesso vale per il peso, ma è chiaro che la Sanremo l’aveva preparata in altro modo rispetto al passato. Forse perché anche in squadra sapevano che una doppietta consecutiva di VdP sarebbe stata impossibile ed era pur sempre alla prima gara della stagione. E forse perché quel 15° posto del 2023 il tarlo glielo aveva insinuato.

Philipsen e Van der Poel: un abbraccio sincero e potente dopo l’arrivo
Philipsen e Van der Poel: un abbraccio sincero e potente dopo l’arrivo

Monumento a VdP

E’ vero anche che un monumento lo deve fare al suo compagno, Mathieu Van der Poel. Il campione uscente, una volta fatta “la conta” in fondo al Poggio si è messo totalmente a sua disposizione. Ha tirato, forte, ma senza strappi. Ha tirato lungo dopo l’attacco di Pidcock e Sobrero e gli ha servito la Sanremo su un piatto d’argento.

«L’ho ringraziato per il grande lavoro fatto – ha detto e ridetto Philipsen dopo l’arrivo – E’ stato speciale così come speciale è stato il team. Sono orgoglioso di loro. Ci siamo auto regolati in corsa sulla leadership della squadra. Se dopo il Poggio fossi stato ancora lì con buone gambe avrei fatto lo sprint. In più avere un campione del mondo che lavora per te… non potevo sbagliare».

Il momento in cui Philipsen, nella discesa del Poggio, dice a Van der Poel di non tirare. Per un gesto simile serve grande lucidità
Il momento in cui Philipsen, nella discesa del Poggio, dice a VdP di non tirare. Per un gesto simile serve grande lucidità

Poggio in apnea

Ma un corridore come Jasper è sulla Cipressa e ancor più il Poggio che fa davvero il numero. Di sprinter puri in quel momento ce n’erano rimasti ben pochi davanti. Anzi, nessuno.

«Sul Poggio dovevo resistere. La UAE Emirates aveva speso molto e sapevamo che Pogacar prima o poi sarebbe partito. Io ho cercato di restare attaccato. Di non perderli di vista. Quando il Poggio è finito mi sono detto: “meno male!”.

«In discesa avevo paura di una caduta, di un buco. Ma a quel punto Mathieu è stato molto bravo. Gli ho chiesto di non spingere troppo. E lo ha fatto… nonostante fosse il capitano e anche lui avesse le gambe per vincere. Mathieu è davvero un generoso. Gli piace vincere, ma gli piace anche aiutare la squadra».

Il podio della Sanremo 2024: primo Jasper Philipsen, secondo Michael Matthews, terzo Tadej Pogacar
Il podio della Sanremo 2024: primo Jasper Philipsen, secondo Michael Matthews, terzo Tadej Pogacar

Il suo terreno

Finalmente al chilometro 286 Philipsen entra nel suo regno: il finale in pianura e lo sprint. A quel punto la sua mente diventa quella di un “killer”. 

«In realtà – spiega Jasper – proprio lì ho sentito la pressione. Avevo il campione del mondo che lavorava per me. Ad inizio stagione qualche sprint lo avevo sbagliato, c’erano Matthews e Pedersen che erano pericolosissimi e se si guardava l’albo d’oro degli ultimi anni non c’erano sprinter. Certo, non è stato un grande sprint. Dopo una corsa tanto lunga e tanto veloce credo di aver espresso dei valori da dilettante. Si è trattato più di una volata di voglia, di resistenza che di potenza».

La Alpecin-Deceuninck si porta a casa un altro monumento. Ormai sembra la Quick Step dei tempi migliori. Philipsen ammette che questo succede perché oltre che forti sanno essere compatti nei momenti complicati.

«Io credo che tutto ciò sia dovuto alla nostra forza mentale. Dopo la Tirreno è scattato un “clik”. La vittoria ha calmato tutti. Ma in generale il team ci dà grande supporto psicologico. Serviva pazienza e l’abbiamo avuta». 

La UAE le ha provate tutte? Hauptman dice di sì

16.03.2024
4 min
Salva

SANREMO – Andrej Hauptman ha appena finito di rispondere alle domande di un collega sloveno. Il pullman della UAE Emirates è circondato di tifosi, perché nonostante tutto il vero protagonista della Classicissima è stato Pogacar, anche se non ha vinto. E’ stato lui a chiedere il forcing sulla Cipressa e sempre lui ad attaccare per due volte sul Poggio. Gli altri sono rimasti appesi, restando a ruota con il chiaro obiettivo di giocarsela in volata.

Van der Poel già sul Poggio aveva battezzato la carta Philipsen, per cui non ha risposto agli attacchi e non ha dato cambi in discesa. Hauptman ha vissuto la Sanremo dall’ammiraglia e ha diretto i suoi cercando di far riuscire il piano. Per cui il tono è un po’ dimesso, anche se nelle parole c’è la consapevolezza di aver fatto il massimo.

Qual era il piano?

Vincere la Sanremo (sorride, ndr). Scherzo, dai! No, il piano era andare sulla Cipressa il più veloce possibile, full gas. Del Toro ha fatto un ottimo lavoro, però non è bastato. Tadej ha provato, anche all’arrivo ha fatto veramente un sforzo incredibile e in volata si è piazzato dopo i migliori velocisti al mondo.

Sul Poggio, Tadej non ha tirato come lo scorso anno, a un certo punto si è rialzato chiedendo collaborazione, ma nessuno ha rilanciato…

E’ normale, sai, ognuno ha la sua tattica. Se Van der Poel sapeva che Philipsen era vicino, probabilmente non si è mosso per quello. E se due dei più grandi favoriti della corsa si fermano, si fermano tutti.

Il lavoro di Del Toro sulla Cipressa ha sbalordito: il ragazzino ha grande solidità
Il lavoro di Del Toro sulla Cipressa ha sbalordito: il ragazzino ha grande solidità
La differenza sulla Cipressa non è bastata perché la corsa non è stata dura come speravate?

Sapevamo di dover fare corsa dura per far arrivare gli altri più stanchi sul Poggio, però non era un compito facile. Sono sicuro che abbiamo fatto una bella corsa, anche se non abbiamo vinto. Però siamo stati vicini, per questo l’amaro in bocca è relativo: di più non potevamo fare. E quando fai tutto il possibile, devi essere felice per quello che arriva.

Del Toro ha vissuto un’altra giornata clamorosa.

Sì, il giovane Del Toro sembra un corridore già esperto, quando serve è sempre lì. Sono sicuro che farà ancora delle belle corse e tanti risultati. Credo che tutti i ragazzi abbiano fatto quello che avevano nelle gambe e per questo dobbiamo essere contenti.

Si è fatta la Cipressa in 9’26”, più di quello che pensavate?

Farla in 9 minuti sarebbe stato un po’ troppo super. Si deve sempre puntare in alto, ma il risultato è quello che avete visto. Finirà che i 9 minuti della Cipressa diventeranno come il muro delle 2 ore nella maratona.

E’ mancato qualcuno sulla Cipressa? Dopo Del Toro vi siete un po’ aperti…

Me lo chiedo anche io. Se non abbiamo vinto, qualcosa o qualcuno è mancato. Possiamo fare molte osservazioni mezz’ora dopo della corsa, la verità è che alla fine solo quello che vince ha fatto tutto alla perfezione. E Tadej ha provato a fare il massimo, anche a fare la differenza in discesa. Quando vedi che c’è ancor Philipsen, sai che in volata non hai possibilità, ma comunque te la giochi fino all’ultimo.

Le fughe della Sanremo: l’esperienza di Tonelli e Maestri

22.03.2023
6 min
Salva

Nella fuga della Milano Sanremo si sono ritrovati gomito a gomito due atleti che di esperienza, nell’anticipare il gruppo, e non solo, ne hanno tanta. Si tratta di Mirco Maestri e di Alessandro Tonelli, due corridori che di chilometri in testa alla corsa ne hanno messi tanti nelle gambe. I due ora si trovano rispettivamente alla Eolo-Kometa ed alla Green Project-Bardiani, ma in precedenza hanno condiviso la stessa maglia della formazione di Reverberi.

Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019
Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019

Maglie diverse, stessa situazione

Maestri e Tonelli, insieme agli altri sette corridori, si sono sciroppati 259 chilometri di fuga alla Sanremo. Una giornata in avanscoperta ma con le ore contate, una specie di “bomba ad orologeria” pronta ad esplodere. Insieme a loro scopriamo come si gestiscono e cosa si fa in una fuga così particolare come quella della Classicissima di Primavera. 

«L’avevo fatta in fuga dal 2016 al 2019 – attacca Maestri – poi per motivi diversi negli ultimi anni prima non ho partecipato e poi, l’anno scorso, ho corso in gruppo a sostegno di un mio compagno. Devo dire che una Sanremo dove la fuga prende solamente tre minuti non me la ricordo, eppure siamo andati forte, ma da dietro non ci hanno lasciato spazio. Nel 2016, per esempio, eravamo in undici e siamo arrivati a più di dieci minuti di vantaggio. Rispetto alle edizioni precedenti quest’anno abbiamo anche fatto fatica a portare via il gruppetto degli attaccanti. Infatti, io e Alessandro (Tonelli, ndr) ci siamo avvantaggiati subito ed abbiamo aspettato l’arrivo degli altri.

«Si è trattata di una mossa di esperienza – gli fa eco l’amico Tonelli – abbiamo preso quei quindici secondi sul gruppo che ci hanno fatto comodo. Una volta che il gruppo ha rallentato noi ci siamo fermati, letteralmente, ad aspettare i contrattaccanti. Quest’anno, rispetto alle edizioni precedenti, la fuga è andata via con tanta difficoltà anche a causa del cambio di percorso. Con la partenza da Abbiategrasso i primi 30 chilometri erano completamente differenti e c’era un po’ di timore».

Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga
Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga

La gestione

Quella della Sanremo sembra una fuga scontata, dove il gruppo ti tiene nel mirino e con due pedalate, nel momento clou, ti riprende. Ma dal racconto di Maestri e Tonelli non pare proprio così, anzi.

«La Sanremo – spiega Paperino Maestri – è una corsa nella quale non si sa mai. In gruppo diventa molto più stressante rispetto al correrla in avanscoperta, devi sempre limare e anche a tanti chilometri dall’arrivo sale lo stress. Alla fine vengono fuori due corse completamente differenti. Vi faccio un esempio: sul Turchino noi davanti andiamo forte ma non a tutta, mentre in gruppo si apre di più il gas. Questo perché la discesa che porta a Genova è insidiosa e in mezzo al gruppo si rischia e non poco (anche quest’anno, infatti sia in salita che in discesa ci sono state due cadute, nella prima è stato coinvolto Alaphilippe, ndr).

«Poi una volta arrivati sul mare inizia un’altra corsa, in fuga si va a tutta e cerchi di prendere più vantaggio possibile. La speranza è quella di arrivare sul mare con 5 minuti di vantaggio, così sei abbastanza sicuro che vieni ripreso a metà Cipressa, per cercare di rimanere agganciato ed arrivare nel finale davanti. A me non è mai successo, a Tonelli, fortunato lui – dice ridendo – sì, anzi lui è stato ripreso sul Poggio l’anno scorso!». 

«Non è così semplice – replica il corridore della Green Project – siamo consapevoli del fatto che verremo ripresi, ma per motivi diversi conviene andare avanti. Io preferisco anticipare perché sono consapevole che riesco a gestire meglio lo sforzo se lo affronto con più costanza. Nel 2018, l’ultimo anno che l’ho fatta in gruppo, sono arrivato dopo la Cipressa che ero finito. In questi anni sono riuscito a gestirmi bene, tant’è che sono arrivato fin sul Poggio lo scorso anno. A Mirco devo una fuga fino a lì, ci ha provato, ma non è mai riuscito».

Quest’anno i fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio
I fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio

Anticipare e “sperare”

Quella della Sanremo non sarà una fuga di anticipo come quella della Roubaix, in cui dal gruppo in avanscoperta può uscire il vincitore della corsa. Tuttavia anticipare il gruppo può portare i suoi frutti.

«Ormai – dice il corridore della Eolo – anticipare e fregare il gruppo è diventato difficilissimo. Qualche anno fa non c’era tutta questa conoscenza anticipata delle condizioni di gara, il vento era la più grande incognita e tu andavi in fuga sperando giocasse a tuo favore. Perché, se lo hai alle spalle, è tutto un altro programma. Sai che il gruppo non può guadagnare troppo tempo nel breve periodo. Negli ultimi anni, ormai, si sa tutto prima, anche la direzione del vento quando si arriva sul mare. Io quando vado in avanscoperta non penso mai al fatto che sia un’operazione “suicida”, ma credo sempre di poter fregare il gruppo. Altrimenti, se non parti convinto di testa, è meglio che stai indietro».

La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino
La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino

L’avviso di Mosca

La Trek Segafredo è una delle squadre che si è incaricata in primis di gestire l’inseguimento. Uno dei volti che appariva sempre nelle prime posizioni del gruppo era quello di Mosca, mai fuori dai primi dieci fino ai Capi. Insomma, per il corridore piemontese più di 200 chilometri ad inseguire. 

«Parlavo con lui prima del via – spiega Tonelli – e mantenere la fuga sotto controllo era parte del programma. L’anno scorso sono andato così tanto avanti, perché abbiamo giocato bene le nostre carte e sfruttato il vento a favore una volta arrivati sul mare. Quest’anno c’era ancora una volta il vento a favore, ma dietro hanno tirato costantemente in quattro e non siamo riusciti a prendere vantaggio. In fuga devi giocare sull’esperienza, è un braccio di ferro psicologico, non di forza bruta.

«Se vedi che il gruppo fin da subito ti tiene a tre minuti tu stai lì e gestisci lo sforzo. Poi nelle zone favorevoli, come il passaggio da Genova dove il gruppo si ferma, dai gas e provi a guadagnare tempo. Nel ciclismo moderno non ci sono più grandi occasioni per i fuggitivi della prima ora. Anche alla Tirreno negli ultimi anni sarà arrivata una sola volta la fuga al traguardo. Ma due corridori esperti come noi due non si fanno demoralizzare e ci proveranno sempre».

Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile
Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile

I pitstop

Una cosa che si nota in una gara da quasi 300 chilometri sono i continui pitstop, soprattutto nella prima parte di corsa. I corridori del gruppo si fermano spesso per i propri bisogni e hanno più tempo per gestirsi. In fuga, invece, il tempo e lo spazio sono contati. Sabato, alla Classicissima, il giovane francese della Tudor: Aloi Charrin, ha fatto un piccolo scatto per avvantaggiarsi e fermarsi

«E’ un’abilità anche quella – dice Maestri- io nel 2019, alla Tirreno, quando ho vinto la maglia della classifica a punti, ho imparato a fare i bisogni mentre sono in bici. Non è semplice, però ti lanci, fai e perdi molto meno tempo che a fermarti. Alla Sanremo, però, il ragazzo della Tudor non era capace e la situazione stava diventando un’agonia. Così gli abbiamo detto di fermarsi e che lo avremmo aspettato. Diciamo che fermarsi sul Turchino non è stata la mossa migliore, ma alla fine cambia poco scendere da 3 minuti a 2’30”. Tanto il gruppo non aveva intenzione di riprenderci a 150 chilometri dall’arrivo».

Gigantesco Ganna: la Classicissima è nel suo futuro

18.03.2023
4 min
Salva

Una cosa Tosatto la dice giusta: stasera bisognerà festeggiare. Il secondo posto di Ganna vale quanto una vittoria, perché al primo assalto da leader in una Monumento, il Pippo nazionale è arrivato a un passo dal successo. Ha risposto alla violenza di Pogacar sul Poggio e se un errore ha commesso, è stato quello di non credere abbastanza nelle sue possibilità. Colpa derubricata: la prima volta è normale, è un semplice fatto di esperienza.

«Il finale è andato come avevamo immaginato – dice Tosatto – come volevamo. La squadra era tutta per Pippo e ha lavorato benissimo. Voglio solo dire bravo ai ragazzi e soprattutto a Filippo che sul Poggio, se guardiamo in che compagnia si è trovato, si è meritato un grande applauso. Sin da ieri sera gli avevo detto di stare attento allo scatto di Pogacar e lui l’ha preso. Quando poi è partito Van der Poel, ero convinto che Pogacar avrebbe chiuso. Invece avevano tutti le stesse gambe. Anzi, Van der Poel ne ha avute più di tutti perché ha vinto. Però di quelli dietro, Filippo è quello che stava meglio. Avevo paura della discesa perché sappiamo che Ganna non è un grande discesista, però oggi ha dimostrato un salto di qualità enorme».

Un secondo un po’ stretto

Ganna arriva e non si capisce se sia contento o stia rimuginando su cosa avrebbe potuto fare di più, tratto distintivo dei campioni che corrono per vincere e digeriscono a fatica il secondo posto. Accanto al pullman si aggira il suo manager Giovanni Lombardi, che poco fa spiegava di non aver mai avuto dubbi sulle capacità di Pippo nelle corse in linea e che sarà l’esperienza a dargli ciò che potrebbe essergli mancato oggi.

«Volevo restituire qualcosa alla squadra che ha creduto in me – dice il piemontese – sono felice ma un po’ rammaricato perché è l’ennesimo secondo posto della stagione. Comunque è stata una gara davvero bella, torneremo per provarci il prossimo anno. Sono contento perché quest’anno, anche con una settimana in meno di lavoro a causa dell’operazione agli occhi, sono riuscito a correre da protagonista. Forse avrei potuto fare di più, ma ho avuto paura di seguire Van der Poel. Era la mia prima volta in una situazione come questa».

L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più
L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più

Lo sprint migliore

Il bilancio deve essere considerato positivo. Non dimentichiamo le polemiche degli anni scorsi, quando gli veniva chiesto di tirare sul Poggio in favore di compagni che poi non stringevano nulla fra le mani. Forse non erano maturi i tempi, forse mancava la fiducia. Oggi è arrivato tutto insieme.

«Vado a casa con buone sensazioni – dice Ganna – in vista delle classiche. Essere riuscito a rimanere con quei tre grandi mi dà molto morale. Alla fine, Mathieu ha fatto un attacco fantastico, tanto di cappello. Io stesso ho fatto uno dei miei migliori sprint di sempre. Ovviamente quando arrivi secondo, sei un po’ deluso, ma alla fine resta un giorno che ricorderò con orgoglio. Adesso l’obiettivo è la Roubaix. Punto tutto sul pavé».

Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani
Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani

In Belgio con fiducia

Tosatto riceve messaggi, abbracci e complimenti. La Ineos Grenadiers ha perso Pidcock alla vigilia della corsa e scegliere di puntare tutto su Ganna è stato una necessità e insieme un grande atto di stima. Il fatto che dopo i mondiali su pista, Filippo e Cioni abbiano lavorato prevalentemente in ottica classiche fa capire che dietro c’è un progetto e che il progetto può dare ottimi frutti.

«Avevamo detto ieri sera – spiega ancora il direttore sportivo veneto – che volevamo questo finale. Se poteva attaccare sul Poggio? Credo di sì, ma non dimentichiamo che è la prima volta che Pippo è davanti sul Poggio, dunque bisogna solo fargli tanti applausi. Ho creduto che ce l’avremmo fatta. Pensavo che, finita la discesa, tra Van Aert, Pogacar e Pippo, cinque secondi sarebbero stati recuperabili. Poi magari si arrivava in volata e si faceva quarti. Viste le gambe che ha mostrato Pippo nel finale, un po’ di rammarico c’è, ma noi puntiamo sempre in alto e oggi ci siamo andati vicino.

«Lui era convinto. E io mi accorgo da piccoli dettagli che può fare la differenza, ma quali sono non chiedeteli, perché li tengo per me. E’ la prima volta che ha corso da leader alla Sanremo e poteva già vincerla. Era un segnale forte che doveva dare e che ha dato. Perciò adesso si va a festeggiare questo secondo posto, perché bisogna festeggiare. E dopo si va in Belgio con grande fiducia».

Il colpo di un artista: Van der Poel conquista via Roma

18.03.2023
5 min
Salva

Quando gli chiediamo se alla Tirreno abbia finto, Van der Poel fa un sorriso divertito. Ha vinto la Sanremo da meno di un’ora e non ha ancora fatto in tempo a mettere in ordine i pensieri. Sul traguardo ha abbracciato la sua compagna ad un’intensità pazzesca, poi è stato risucchiato da premiazioni e protocollo. Ora si siede, allaccia le scarpe e racconta.

«Sarei stato un grande attore – dice – ma la verità è che non ero per niente soddisfatto del livello che avevo alla Tirreno. Non faccio certi giochini. Nel giorno dei muri mi sono messo alla prova, ma ho avuto sensazioni pessime. Mi sono risollevato quando ho tirato la volata l’ultimo giorno a Philipsen, perché ho sentito di avere forza nelle gambe. Lo avevo detto prima della Strade Bianche: avevo bisogno di una corsa in cui soffrire e fare fatica. E la Tirreno-Adriatico è stata lo step perfetto per arrivare bene alla Sanremo».

Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere
Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere

Discesa all’80 per cento

E adesso venite a prendermi: deve aver pensato questo quando la discesa lo ha inghiottito, nascondendolo alla vista degli inseguitori. Come sia che cinque secondi diventino all’improvviso un gap incolmabile rientra fra i mille significati di una gara di 300 chilometri.

«Sono sceso dal Poggio all’80 per cento – spiega – perché non ho voluto prendere nessun rischio. Se fossi caduto, non me lo sarei perdonato. Perché per un rischio troppo grande, avrei visto il gruppo giocarsi la corsa senza di me. Era la mia quarta Sanremo, sapevo che avrei dovuto difendermi fino alla cima del Poggio per poi attaccare. La nostra tattica è cambiata dopo la Cipressa…».

Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga
Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga

Cipressa troppo facile

Quando la UAE Emirates ha preso in mano la corsa sulla penultima salita, la previsione è stata infatti che i corridori più a corto di condizione sarebbero saltati. Non che si temesse per Van der Poel, ma di certo avrebbe potuto spendere più del dovuto, ritrovandosi poi con le gambe in croce. Come leggerete anche nell’intervista agli uomini del team emiratino, qualcosa però non ha funzionato e alla fine della Cipressa, guardandosi allo specchio, tanti hanno capito di avere ancora ottime gambe. Come Van der Poel, appunto, che in cima alla salita è passato davanti con un compagno e ha condotto tutta la discesa, lasciandosi riprendere soltanto in fondo.

«La Cipressa è venuta più facile di quanto pensassi – spiega – per cui quando sono sceso, ho parlato con la squadra, chiedendo che mi mettessero sul Poggio nella miglior posizione possibile. E loro hanno fatto un ottimo lavoro. Quando Pogacar ha accelerato ero nel primo gruppo ed è stato facile seguirlo».

La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata
La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata

Senza mai voltarsi

Il resto è un flashback di immagini, che di curva in curva lungo la discesa del Poggio, hanno portato l’olandese della Alpecin-Deceuninck fino all’arrivo di via Roma, felice come un bambino. Ben più felice di quando a fine gennaio ha vinto il mondiale di cross che ora nelle sue parole diventa piccolo come una corsetta di paese.

«Hoogerheide – dice – era importante perché era un mondiale vicino casa, ma vincere una Monumento è un’altra cosa. Avevo detto che la Sanremo non mi piaceva, aggiungendo di amare soltanto gli ultimi 100 chilometri. La verità è che è difficilissima da vincere, a volte non basta essere il più forte. Per questo nella discesa non mi sono mai voltato e a volte è la tattica migliore. Ho buttato l’occhio indietro soltanto quando sono arrivato sull’Aurelia e poi sono rimasto concentrato su me stesso».

Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo
Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo

«La verità – prosegue – è che oggi avevo ottime gambe e sono servite tutte, per battere corridori come Ganna, Van Aert e Pogacar. Solo una corsa come questa può avere un ordine d’arrivo del genere. Ganna è davvero un ragazzo gentile, l’ho conosciuto meglio alla Tirreno, abbiamo parlato un po’. Questa è la corsa perfetta per lui e sono certo che un giorno potrà vincerla. Sotto al podio, gli ho anche chiesto il suo programma per le corse del Nord. Uno così merita parecchio rispetto».

Una storia di famiglia

L’ultimo pensiero va a suo nonno Raymond Poulidor, scomparso nel 2019, che non vinse mai un Tour né mai indossò la maglia gialla: cosa che suo nipote vendicò due anni fa fra le lacrime. Poupou vinse una sola classica Monumento, la Milano-Sanremo del 1961 e Mathieu lo sapeva. Per questo sorride dolcemente, prima di riprendere le sue cose a andare finalmente a farsi una doccia. Sono passati 62 anni, anche questa volta suo nonno sarebbe stato orgoglioso di lui. E forse lo sarà lo stesso…

La Tirreno vale ancora come preparazione per la Sanremo?

14.03.2023
4 min
Salva

Una volta la Tirreno-Adriatico era la corsa di preparazione alla Milano-Sanremo. Si veniva con l’idea di rifinire la gamba e raggiungere l’apice della condizione proprio per la Classicissima. Oggi è ancora così? Dopo l’arrivo di Osimo, Davide Ballerini ha detto di sperare che le fatiche della Tirreno siano funzionali alla condizione per le gare successive. Vale ancora per tutti questa “regola”?

La Corsa dei Due Mari (in apertura Alaphilippe, Van Aert e Pidcock alla Tirreno 2023) finiva il martedì e c’era sempre una tappa piuttosto lunga che i pretendenti alla Sanremo sfruttavano per fare la distanza allungando quei 30-40 chilometri a fine frazione. Oggi non si vedono più certe cose e a spiegarci meglio il nuovo approccio al binomio Tirreno-Sanremo è Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan.

Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan
Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan
Maurizio, è ancora valida la regola del preparare una Sanremo passando dalla Tirreno?

Resta un passaggio fondamentale. C’è stato un cambio nel calendario: la Tirreno finisce prima (la domenica che precede, al Sanremo, ndr), ma si è aggiunta la Milano-Torino al mercoledì. Altro passaggio “obbligato” quasi per tutti. Un viatico ideale sia per chi esce dalla Tirreno stessa ma anche dalla Parigi-Nizza. 

Che adesso finiscono nello stesso giorno…

E infatti adesso sono due gare equivalenti. Prima invece c’era qualche giorno a favore della Tirreno che, finendo al martedì, era più vicina alla Milano-Sanremo.

Si va ancora alla ricerca della super distanza allungando dopo la tappa più lunga?

Direi di no. E poi basta vedere il percorso di quest’anno. Era praticamente improponibile, visto che ci sono state quasi tutte tappe da 200 e passa chilometri. E poi oggi c’è un altro aspetto da valutare.

Pozzato era solito approfittare della tappa più lunga della Tirreno per allungare 30-40 chilometri in vista della Sanremo
Pozzato era solito approfittare della tappa più lunga della Tirreno per allungare 30-40 chilometri in vista della Sanremo
Quale?

Che nessun corridore ormai prende il via ad una gara per preparare un altro appuntamento, perché ogni corsa diventa un obiettivo. E’ importante in quanto dà punti e visibilità e mette sul piatto una vittoria. I corridori, ogni volta che mettono il numero sulla schiena, devono avere l’obiettivo di vincere. Pertanto è difficile oggi trovare un professionista che partecipa a una corsa per prepararne un’altra.

Quindi Van der Poel che fatica sui muri e Ganna che prova a tenere nei primi due passaggi e poi molla secondo te rientrano nell’ottica della Sanremo?

Come obiettivo secondario sì: potrebbe essere quello. Ma l’obiettivo primario è comunque far bene, ottenere il meglio in quella corsa. Primo, cerco di vincere in prima persona o lavoro perché vinca la squadra. Secondo, metto volume e intensità nelle gambe per l’obiettivo che viene successivamente.

La Milano-Torino, che si corre il mercoledì, quindi nel mezzo della settimana, può essere considerata un po’ il sostituto della tappa lunga e dell’appendice successiva che si faceva una volta?

No, ma avendo comunque questi sei giorni fra Tirreno e Sanremo, la Milano-Torino diventa fondamentale. Difficilmente si riesce a organizzare una tipologia di allenamento così intenso come quello di una gara, anche a livello di concentrazione, di attenzione ai particolari, di stimoli…

Quindi è un po’ una prova generale della Classicissima…

Arriva appena qualche giorno prima della Sanremo, è ideale per affinare anche certe tipologie di gare veloci, del feeling coi compagni… Secondo me è veramente importante come gara pre Sanremo. 

La Milano-Torino è la prova generale della Classicissima. Di certo è una super rifinitura che segue lo scarico post Tirreno
La Milano-Torino è la prova generale della Classicissima. Di certo è una super rifinitura che segue lo scarico post Tirreno
Sempre pensando ai 300 chilometri della Classicissima: allungare prima della Milano-Torino ha senso? Si fa? Così da arrivare allo sprint finale con tanti chilometri nelle gambe… Oppure si è troppo sotto al grande evento?

No, non bisogna vederla in questo modo, ma bisogna considerare questa corsa nell’arco del macrociclo precedente all’appuntamento clou. Quindi quel che si è fatto prima della Tirreno-Adriatico o della Parigi-Nizza, le stesse due corse e quello che si farà fino alla Sanremo. E’ tutto l’insieme che va valutato.

Quindi niente super distanza sfruttando la gara per arrivare con tanti chilometri allo sprint…

No, ultimamente sono cose che non si fanno o se si fanno vengono effettuate in gare di livello inferiore, con chilometraggi inferiori: allora allungare ha un senso. Senza pensare che non sempre fare certe cose coincide con le tempistiche di gara. E poi bisogna considerare che i valori espressi nelle ultime Sanremo, soprattutto sulla Cipressa, sono veramente importanti e quindi il ventaglio dei favoriti si è ampliato maggiormente rispetto al decennio precedente. Prima si parlava quasi esclusivamente di velocisti, adesso anche di altre tipologie di corridori. La rosa è molto più varia in base al ritmo che verrà fatto sulla Cipressa. Un ritmo che negli ultimi anni è stato veramente alto e può escludere tanti velocisti, ma automaticamente aumentare altri pretendenti.

A casa in bici dopo la Sanremo: che avventura per Diego Rosa

23.03.2022
5 min
Salva

Tutti i corridori sabato scorso sono andati da Milano a Sanremo, ma ce n’è uno, Diego Rosa, che ha fatto la Milano-Montecarlo, corsa non riconosciuta dall’UCI! Ma pur sempre una cavalcata di oltre 340 chilometri. In pratica una tappa dei tempi di Binda o Girardengo…

E’ andata così. Al termine della Classicissima, che il corridore della Eolo-Kometa ha regolarmente portato a termine in appoggio a Vincenzo Albanese, il piemontese ha preso lo zaino e se n’è tornato a casa in quel di Montecarlo, una quarantina di chilometri verso Ovest.

Una bella scarpinata dopo una corsa così lunga (la più lunga del calendario, ndr). Serve coraggio, forza e un pizzico di follia. Che ad un biker nel Dna come Diego proprio non manca. 

Diego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in altura
Diego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in altura
Diego, come stai? Ma ci spieghi come è andata: davvero tua moglie ti ha lasciato a piedi?

E chi ci ammazza! Adesso sono in altura a Sierra Nevada. Come è andata? E’ successo che mia moglie aveva un matrimonio ed era la testimone di nozze, non poteva certo mancare. Dovevo andare anche io, ma poi mi hanno chiamato per la Sanremo e quindi tra disguidi nell’organizzazione del ritorno sono rientrato in bici. L’ho detto per scherzo all’inizio, poi invece…

Poi invece ti sei fatto la distanza….

Eh sì, che poi queste cose mi piacciono. Alla fine con tutti i corridori che ci sono a Montecarlo un passaggio me lo avrebbe dato chiunque. 

Chiaramente hai impostato la tua giornata per la Sanremo, ma come ti sei gestito con l’alimentazione?

Quando ho detto del mio rientro a casa in bici ho detto anche ai diesse: tranquilli, non è che mi risparmio nella Sanremo. Semmai faccio l’autostop! E infatti prima del via non ho dichiarato che avrei fatto questa cosa. Metti che cadevo, sarei dovuto andare poi a casa con tutti i cerotti!

E con l’alimentazione?

Ecco, quella è stata un bella fregatura! Io ho mangiato per la Sanremo, nei tempi e nelle quantità, senza pensare al rientro a casa. Una volta arrivato, ho preso due borracce d’acqua, una barretta e sono ripartito. Tutto andava bene, poi a 10 chilometri da casa non vedevo più la strada… e non era notte! 

Crisi di fame!

Mamma mia! Sono entrato in una boulangerie e ho preso un panino. Dopo quel momento sarei andato di slancio fino a Nizza. La panettiera era anche appassionata di ciclismo. Aveva visto la corsa in tv.

Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
E cosa ti ha detto quando ti ha visto nel suo locale?

E’ rimasta un po’ così. E’ stata simpatica. Ho preso un panino con prosciutto e formaggio. In realtà era l’ultimo che aveva ed era anche del giorno prima, mi ha detto. Però mi ha fatto lo sconto perché ero un corridore.

Quanto ci hai messo da Sanremo a casa?

Normalmente è un’altra ora e mezza, ma io sono andato tranquillo. Me la sono proprio goduta. Ho fatto pipì, ho preso l’acqua ad una fontana, ho lavato gli occhiali perché ci avevo sudato dentro, ho risposto a dei messaggi. Ero tranquillo, dai. Senza nessuno a casa che mi aspettava me la sono presa comoda. 

Che storia, Diego!

L’unica cosa un po’ imbarazzante è che quando sono arrivato io, arrivavano anche le ammiraglie con i diesse che riaccompagnavano i corridori a casa. Io invece ero lì in bici e mi sono chiesto: chissà cosa pensano. Se dovessi rifarlo prenderei delle stradine più nascoste. E comunque ho fatto questa avventura perché per un mese non corro. Se avessi dovuto fare una Coppi e Bartali o un Catalunya, non mi sarebbe passato neanche per la testa. Anche perché se poi vai piano i diesse te lo avrebbero fatto notare.

Cosa ti hanno detto i tuoi colleghi quando ti hanno visto partire?

Luca Spada quando mi ha visto non ci credeva. Qualche battuta, qualche presa in giro, ma è stato simpatico. Se il prossimo anno faccio la Sanremo, lo rifaccio ma con delle scommesse in gruppo. Si potrebbe fare con Peter (Sagan, ndr). Gli direi: se non vinci torni a casa in bici con me. Di sicuro lui ci verrebbe. Ma rilancerebbe anche con un qualcosa del tipo: se però vinco tu vai tipo a casa tua in Piemonte. E’ rischioso!

Una volta a casa cosa hai fatto?

La valigia per l’altura. Doccia e valigia. L’ho fatta mentre aspettavo mia moglie. Senza i bimbi è tutto più facile e non si dimentica nulla. In questo modo la domenica sono stato con loro, li ho portati al parco. Insomma, mi sono portato avanti. Quindi se uno si chiede: cosa fa un pro’ dopo la Sanremo? La risposta è la valigia per l’altura. 

I dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a Montecarlo
I dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a Montecarlo
Cosa hai mangiato poi a cena?

Quello che ho trovato: scatolette, prosciutto… sinceramente non avevo voglia di cucinare, di lavare poi i piatti… Però una birretta mentre facevo la valigia me la sono fatta.

Alla fine quanti chilometri hai fatto?

Ho percorso 344 chilometri, trasferimento incluso. 

Tra l’altro quello della Sanremo neanche è breve, di trasferimento…

Caspita, perché gli avrei dovuto regalare 20′ “a gratis”! Eh, io timbro il cartellino quando esco dal bus!

Diego, chiudiamo con una domanda più seria. Prima hai detto che non corri per un mese. Quindi sei già in ottica Giro d’Italia?

Sì, farò il Giro Sicilia, le Asturie e quindi il Giro d’Italia.

Anche le Asturie?

Eh sì. Tanto sono solo tre tappe. E poi lì piove sempre, ci si abitua per il Giro visto come è andata negli ultimi anni. Non faccio il Tour of the Alps in Trentino, soffro sempre un po’ di allergia pedalando in mezzo ai meli in fiore. Se posso, quindi, preferisco evitarlo.

I crampi all’improvviso. La disavventura di Conca alla Sanremo

21.03.2022
4 min
Salva

Chilometro 263 della Milano-Sanremo, all’improvviso Filippo Conca sgancia il pedale sinistro, smette di pedalare e si accosta sulla destra. Si tocca il muscolo, poi addirittura si siede a terra.

Vede i suoi (ex) compagni di fuga andare via. Il tutto tra i dolori dei crampi. Alla fine riparte. E quando sta per ripartire è letteralmente inghiottito dal gruppo, lanciato a tutta verso la Cipressa. Quegli ultimi 30 chilometri (circa) sono un mezzo calvario. Però il ragazzo della Lotto Soudal è tosto. Poteva tirare dritto per Sanremo invece ha voluto onorare la Classicissima e alla fine l’ha chiusa in 145ª posizione a oltre 11′ da Mohoric.

Conca (classe 1998) dopo l’arrivo della Classicissima. Il lecchese ha poi proseguito per il Catalunya
Conca (classe 1998) dopo l’arrivo della Classicissima. Il lecchese ha poi proseguito per il Catalunya
Filippo, complimenti per la fuga prima di tutto: la volevi?

Sì e no, a dire la verità, fino ad un giorno dal via il nostro capitano era Caleb Ewan, dopo il suo forfait, perché non stava bene, i nostri piani sono cambiati. E la squadra mi ha chiesto di andare in fuga. Ero contento di questo perché alla fine la Milano-Sanremo l’ho sempre sognata, ho sempre sognato di parteciparvi. Esattamente dieci anni fa ero sia alla partenza che sul Poggio a vederla.

E come è stato stare sotto ai riflettori per tanti chilometri?

E’ stata un’emozione unica. Sapendo che c’era vento a favore e il gruppo non ci ha lasciato molto spazio. Però noi da Savona in poi abbiamo iniziato a spingere davvero forte. E infatti col vento a favore il vantaggio scendeva molto lentamente. A Laigueglia, guardando il vantaggio che era ancora di 4’33”, mi sono detto: possiamo arrivare davvero lontani.

E poi questo finale inatteso…

Gli ultimi 60 chilometri li sapevo a memoria perché a inizio febbraio ero venuto in ritiro ad Imperia. Tra l’altro nel punto esatto dove mi sono dovuto fermare per i crampi. Da una parte mi veniva quasi da ridere. Stavo ancora molto bene su Capo Berta. Hanno iniziato ad attaccare ed essendo appena sceso dall’altura facevo un po’ fatica a fare dei fuorigiri, però col mio ritmo andavo bene. Tanto che nella discesa verso Imperia sono rientrato. Il problema è che le gambe erano ancora abbastanza buone e tutto d’un colpo ho iniziato ad avere i crampi.

Il momento dei crampi per Conca (immagini TV)
Il momento dei crampi per Conca (immagini TV)
Quindi non hai avuto avvisaglie? Qualche campanello d’allarme che magari potevi intervenire con il rapporto, dei sali minerali…

No, è successo tutto nel giro di 5′. Dopo 260 chilometri avevo forza, mi sentivo ancora molto bene, ma la gamba purtroppo s’è bloccata. E’ avvenuto tutto all’improvviso ed era impossibile continuare. Ho provato a fare due pedalate, ma niente. 

Cosa ti è passato per la testa in quei momenti in cui eri fermo?

Mi sono detto: così la vita, così è il ciclismo. Quei signori che mi tenevano la gamba per i crampi mi facevano i complimenti perché ero rientrato dopo il Capo Berta.

Dove ce li avevi i crampi?

Sulla coscia destra. Proprio qui – e si tocca il quadricipite “incriminato” – tutta la parte superiore della coscia. Non mi succedeva da tanti anni e anche per questo sono molto dispiaciuto. Ci credevo e ci tenevo ad arrivare davvero lontano.

Comunque non avete fatto poco, poi Rivi e Tonelli sono arrivati all’imbocco del Poggio…

Sono sicuro che se fossi stato al mio top ci sarei stato anche io. Poi mi avrebbero ripreso sul Poggio. L’obiettivo di giornata, a quel punto, era farsi riprendere il più avanti possibile.

Okay Filippo, però ti porti via un bel bagaglio di esperienza. Hai provato il tuo fisico in gara, lo hai spinto ad oltre 260 chilometri…

Sì, sì, certo, però avrei voluto un po’ di più. Non sono tra i più forti in una corsa breve o che richiede sforzi intesi. Però mi piace andare in fuga e quando mi ricapiterà di stare così davanti alla Sanremo? Mi piace fare tante ore ad un buon passo anche in allenamento. Questa è la mia attitudine. Mi spiace, appunto, non essere stato al 100%. L’unica scusante è che fino a due giorni prima della Sanremo ero sull’Etna in ritiro.

Conca ha fatto parte della fuga del mattino (foto Instagram @andreagianaph)
Conca ha fatto parte della fuga del mattino (foto Instagram @andreagianaph)
Quindi non sapevi di dover fare la Sanremo?

Ero riserva. La squadra mi ha chiamato due giorni prima. Non per sostituire Ewan ma un altro ragazzo che non stava bene. Sapete, nell’ultimo periodo tutte le squadre stanno avendo problemi con i corridori per bronchiti, influenze varie e tante altre malattie. Io mi tenevo pronto, ma non mi sarei mai aspettato di farla veramente.

Beh, a maggior ragione dovresti essere contento…

Quando mi hanno chiamato dalla Sicilia sono tornato a casa (a Lecco, ndr). Ci sono stato cinque ore, il tempo di cambiare la valigia e di raggiungere il team a Milano.

Dai Filippo, sei giovane, hai fatto un’ottima gara e una bella esperienza…

Sì, sono davvero felice di aver fatto questa Sanremo. L’unico rammarico che ho è che credo sia l’unica Sanremo dove mi capiterà di arrivare così lontano. Solitamente sulla fuga in questa corsa chiudono molto prima.