EDITORIALE / Il miope stillicidio delle wild card

17.03.2025
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Il 26 marzo, mercoledì dopo la Sanremo, l’UCI farà sapere se per i Grandi Giri sarà possibile aumentare fino a tre la quota delle wild card. Ad ora, il sistema prevede che gli inviti siano due: il Giro d’Italia è già in vantaggio su Tour e Vuelta perché la Lotto ha comunicato nuovamente che non sarà della partita, liberando il terzo invito. Se arrivasse anche la terza wild card, il Giro potrebbe fare 4 inviti, portando le due squadre italiane aventi diritto per punteggio (Team Polti-VisitMalta e VF Group-Bardiani), più Tudor Pro Cycling e Q36.5 Cycling Team. Il Tour invece potrebbe allargare la rosa con la squadra di Julian Alaphilippe che al momento sarebbe fuori. Non vorremmo passare per i soliti malpensanti, ma ci chiediamo se la faccenda andrebbe così per le lunghe se l’istanza venisse soltanto dal Giro d’Italia.

Le due italiane meritano esserci per diritto. Oltre alla necessità di tutelare il movimento nazionale, alla Tirreno hanno dimostrato di avere dedizione e sostanza (in apertura Tarozzi, che ha conquistato la maglia verde), anche se l’attuale gestione di RCS Sport ha dimostrato che il tricolore e i conti da far quadrare non sempre sono sovrapponibili. Tudor ha investito sul Giro con una campagna piuttosto incisiva. Q36.5 porterebbe al via Pidcock, un bel nome che farebbe anche da ottimo richiamo per il mondo anglosassone. Qualunque delle quattro squadre venisse lasciata fuori, porterebbe con sé delle spiacevoli conseguenze.

Gruppo (quasi) in pezzi

In questi giorni alla Tirreno-Adriatico, girando fra i pullman e facendo semplici domande, abbiamo registrato un campionario di risposte difformi e controverse. Qualcuno dice che le squadre siano tutte favorevoli, con l’eccezione di una professional belga. Altri sostengono che l’opposizione arrivi da alcune squadre WorldTour. Ci sarebbe poi il partito dei team francesi, che si oppone a tutte le decisioni contrarie alle regole scritte. Infine c’è chi tira in ballo Adam Hansen e il CPA (l’associazione internazionale dei corridori), che avrebbe opposto motivazioni di sicurezza.

Per le prime tre ipotesi, le domande poste si sono infrante sulla riservatezza. Per quanto invece riferito al CPA, Adam Hansen – cui la questione è stata posta da Cristian Salvato – avrebbe risposto con una fragorosa risata, avendo sostenuto come categoria la possibilità di portare a tre il numero delle wild card.

Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024
Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024

Sicurezza o inadeguatezza?

Il tema è delicato. Il numero dei 176 atleti al via, stabilito con la riforma tecnica del 2018, si raggiunge con 22 squadre da 8 corridori ciascuna. E’ una quota di prudenza legata alla sicurezza e alla possibilità per gli organizzatori di assicurarla. Nel 2017, al Giro d’Italia parteciparono 22 squadre da 9 corridori ciascuna, con 198 partenti. Autorizzare la terza wild card porterebbe i partenti a 184, comunque meno della quota 2017.

Si sta pensando a una variazione del regolamento oppure alla riscrittura della norma per andare incontro alle esigenze attuali del ciclismo? Sarebbe il modo per aggirare le regole di partecipazione legate ai punteggi o di renderne le maglie meno stringenti? E soprattutto quali sono i ragionamenti in seno all’UCI, che si ritrova in mezzo alle istanze dei grandi organizzatori e la necessità di tenere il punto sulla sicurezza in gara?

Qualunque sia la ragione del cambiamento, se esso avverrà, ciò che è tecnicamente insostenibile e va palesemente contro le esigenze degli atleti nel ciclismo della pianificazione estrema è che tutto questo sarà annunciato cinque settimane prima del Giro d’Italia, che venendo per prima sconta come sempre le indecisioni dell’UCI. Gli altri, i francesi che organizzano il Tour e anche la Vuelta, possono infatti permettersi di stare a guardare e fare buon viso a qualunque tipo di gioco.

Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa
Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa

Wild card biennali

Le wild card sono un ottimo strumento per invitare le piccole al tavolo dei grandi, ma sono così estemporanee e occasionali da non consentire investimenti lungimiranti. Come fai a proporre a uno sponsor di investire su di te, se a cinque settimane dal Giro d’Italia non sai ancora se vi prenderai parte? Le wild card dovrebbe essere quantomeno biennali e non strumento di regalìa da parte degli organizzatori ai manager del momento. Forse in questo modo anche chi parte da risorse più limitate può progettare un percorso solido di crescita.

E’ evidente la spaccatura fra il livello dei team che si ingegnano e spendono per raggiungere l’eccellenza e quello di chi li governa a tutti i livelli. Sembra poca cosa, al confronto, che ancora non si conoscano il percorso e le squadre che parteciperanno al Giro Next Gen. Se uno squadrone come la Tudor Pro Cycling non sa ancora se parteciperà al Giro d’Italia, cosa volete che si lamenti una qualsiasi continental per il vuoto totale di informazioni sulla corsa che la riguarda?

Moschetti e Nizzolo, storia di una foto e un’esultanza

15.03.2025
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Una foto. Lo scatto di un attimo, un’istantanea nel mare di molte esistenze, che però ha il magico potere di raccontare una storia. Grand Prix Criquielion, a Lessines, una delle tante piccole classiche di primavera. La volata premia Matteo Moschetti, per la prima volta vincitore sulle strade belghe. Terzo arriva Giacomo Nizzolo, suo compagno di squadra, anche lui punta della Q36.5 per gli arrivi in volata. E quel gesto spontaneo che i due replicano inconsapevolmente dopo l’arrivo racconta non solo il presente, ma anche il passato di due corridori le cui strade professionali si erano già incrociate in passato, ma in maniera molto diversa.

Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team
Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team

Il primo incontro da stagista

Bisogna andare indietro di qualche anno. Era il 2017, Moschetti si stava affacciando nel ciclismo che conta, lo chiamarono per uno stage alla Trek-Segafredo come stagista, mentre Nizzolo era, anche allora, il velocista di punta: «Mi è spiaciuto, allora, non poter condividere qualche gara con lui, anche l’anno successivo quando mi richiamarono. Non avemmo modo di correre insieme, per me che ero ancora agli esordi era un riferimento. E’ uno che ha vinto tantissimo, il suo palmarés parla da solo. Poi siamo arrivati qui per strade diverse».

Nizzolo però quel ragazzo, milanese come lui, lo aveva notato: «Un’estate ci trovammo in ritiro insieme e anche le origini contribuirono ad avvicinarci. Si vedeva il suo interesse, la sua determinazione anche se Matteo non è uomo di tante parole. Poi io andai alla Vuelta e le nostre strade si divisero, non ci ritrovammo più insieme fino allo scorso anno, quando approdai alla Q36.5».

Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18
Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18

Uniti dalla sofferenza e il sacrificio

Oggi il diverso peso specifico di allora non c’è più, siamo in presenza di due corridori pienamente fatti: «Lui però è nel pieno della maturità, io ho ormai un po’ d’anni sulle spalle» afferma Nizzolo con Moschetti che rilancia: «Quel che ci unisce è che entrambi abbiamo avuto una carriera travagliata dagli infortuni. Ognuno di noi sa che cosa significa soffrire in bicicletta, affrontare la lunga risalita dopo una caduta. A febbraio abbiamo fatto un ritiro insieme, anche con Parisini e ci siamo confrontati sulle nostre storie trovando molti punti in comune. Non c’è rivalità, anche se siamo due velocisti diversi».

Fatte le debite proporzioni, potremmo rivedere quel che sta avvenendo all’Alpecin, con Groves al servizio di Philipsen? «Perché no – risponde Nizzolo – poi dipende molto da come si mettono le corse, dalle opportunità che si vanno costruendo avvicinandosi al traguardo. Ognuno di noi è disponibile, per far ottenere il massimo alla squadra».

Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso
Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso

Sprint diversi, puntando al massimo

«Quella belga è stata una volata strana – racconta Moschetti – avevamo una sola svolta, verso destra, negli ultimi 3 chilometri, una discesa su strada larga e rettilinea, poi gli ultimi 800 metri al 3-4 per cento di pendenza. Ho visto che Giacomo aveva perso posizioni per una caduta davanti a lui, ma un rallentamento ha permesso di recuperare anche se lo ha costretto a lanciare lo sprint da lontano. Io nel frattempo avevo trovato un varco sulla destra e ho potuto rimontare. Ognuno ha fatto il suo sprint, alla fine siamo stati entrambi bravi dando un bel bilancio al team».

Per Moschetti questa è la seconda vittoria stagionale. Che cosa è cambiato rispetto al 2024 quando tra tanti piazzamenti, il successo era rimasto sconosciuto? «Non è cambiato molto, neanche con l’avvicendamento del preparatore. Mattia Michelusi è andato alla Cofidis ma siamo rimasti in ottimi rapporti. Al suo posto è arrivato Theo Ouvrard che per ora non ha cambiato quasi nulla nella mia tabella, affidandosi ai lavori che sono solito fare già da qualche anno a questa parte».

Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman
Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman

Un podio in Belgio non si butta mai…

«Io credo che molto dipenda dall’atmosfera che si respira in squadra – sentenzia Nizzolo – è chiaro che lì davanti, come obiettivo c’è l’ingresso nel WorldTour, ma non ci poniamo l’assillo. Lavoriamo bene tutti insieme, anche la vittoria di Matteo sabato è stata frutto dell’impegno di tutti. Per ora andiamo avanti gara per gara, a giugno faremo il punto della situazione. Io da parte mia sono abbastanza soddisfatto di questo inizio stagione, in Oman ho colto una piazza d’onore dietro Kooij e un’altra Top 10, poi un podio in Belgio non si butta mai, perché il livello è sempre alto e un risultato simile non è mai banale. Tornando al dopo gara, mi è venuto naturale esultare per la vittoria di Matteo, per fortuna l’ho fatto dopo il traguardo…».

La snervante attesa delle wild card. Bellini ne sa qualcosa…

11.03.2025
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Siamo all’11 marzo, eppure delle wild card per la prossima edizione del Giro d’Italia che partirà dall’Albania il prossimo 9 maggio, nessuna traccia. Mai in passato c’era stato così tanto da aspettare, così tanta incertezza sulle scelte degli organizzatori, che stanno spingendo in tutti i modi per poter allargare a 4 il numero di team professional da invitare. Uno “stato dei lavori” che certamente non agevola chi deve programmare non solo la partecipazione, ma l’intera stagione.

Marco Bellini, nei tanti anni trascorsi al fianco di Gianni Savio quando i loro team erano professional italiane, ha affrontato tante volte questa situazione, si può ben dire ad ogni stagione, e sa che cosa significa rimanere in quest’incertezza. Oggi, dopo la dolorosa scomparsa di Gianni, Bellini è a pieno titolo immerso nell’avventura della Petrolike e quindi guarda il tutto da lontano ma si sente, quando affrontiamo il discorso, che il legame con il ciclismo italiano, con quegli ambienti e quelle sensazioni è ancora vivissimo.

Marco Bellini, secondo da sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…
Marco Bellini, a sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…

«Una wild card può davvero cambiare tutto per una squadra professional italiana – dice – come anche per una spagnola nel caso della Vuelta. Il Tour è a sé stante, non va considerato neanche viste le caratteristiche del movimento locale, con molte squadre nel WorldTour. La partecipazione al Giro è, per un team italiano, una svolta soprattutto nei rapporti con gli sponsor, ma sono sempre stato dell’avviso che bisogna essere rispettosi di questi e quindi evitare di fare promesse. E’ chiaro però che per un’azienda sapere che la squadra parteciperà o meno alla corsa rosa cambia tutto».

Quanto incide nel budget?

In maniera direi quasi decisiva. Il sistema è questo, se non sei nel WorldTour ti dibatti con una base economica che non consente voli pindarici e trovare fondi è davvero difficile. Sapere che sarai presente alla vetrina più importante dell’anno apre porte importantissime, ma serve anche il tempo per farlo…

Che cosa significa secondo te arrivare all’11 marzo senza sapere ancora quale sarà il proprio destino?

E’ la testimonianza di quanto ho detto, ma io voglio spezzare una lancia a favore della RCS Sport che sta facendo di tutto per ottenere il quarto invito che metterebbe tutto a posto. Abbiamo due squadre italiane, Polti e VF Group che, diciamola tutta, tengono in piedi il ciclismo italiano, facendo correre tanti giovani nostrani e che avrebbero tantissimo bisogno di esserci. Ma dall’altra parte abbiamo due team come Q36.5 e Tudor che hanno budget importanti, che hanno costruito squadre di altissimo spessore ed è difficile tenerle fuori da un Grande Giro. Se non verrà accettata la proposta della quarta wild card, gli organizzatori si troveranno a fare una scelta comunque drammatica. Certamente però il tempo non aiuta chi è ancora in bilico. E parlo dei due team italiani ai quali va tutto il mio apprezzamento e rispetto.

Perdere una delle due squadre italiane sarebbe però un grave, ulteriore smacco per il nostro movimento…

Esatto e questa situazione deve far capire che il ciclismo, così com’è, non va. Bisogna cambiare alcune regole del gioco. L’UCI ormai gestisce un impero nel quale se non hai i soldi, fai un’enorme fatica a galleggiare. Rispetto ai tempi miei e di Gianni, la situazione è diventata molto più difficile.

Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Gli sponsor sono disposti ad aspettare?

Fino a un certo punto. Noi per nostra fortuna non ci siamo mai – e ribadisco mai – sbilanciati. Abbiamo sempre detto alle varie aziende che non potevamo garantire la partecipazione al Giro, perché tutte ce la chiedevano. Noi proponevamo una doppia soluzione economica, con o senza partecipazione alla corsa rosa. Era l’unica cosa da fare per non prendere in giro nessuno ed essere il più possibile trasparenti.

C’è la stessa attenzione, da parte di chi sponsorizza, per altre corse, magari sempre della RCS?

No ed è facile capire il perché. Il Giro d’Italia è una cosa diversa. Secondo me non è neanche un evento sportivo, o almeno lo è solo in parte perché parliamo di qualcosa che riguarda tutta la società italiana. Il Giro d’Italia lo vede il ragazzino come la massaia, lo trovi in tutti i media, non è un evento che riguarda solo chi è appassionato. Io non ho mai visto le scolaresche o gli abitanti di una piccola città scendere in strada per il Giro di Lombardia, ma il Giro d’Italia è un’autentica festa per ogni paese attraversato. Questo lo sa bene chi ti sponsorizza per vendere la propria immagine, per questo è tanto importante.

Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
E’ un discorso che ormai ti vede solo semplice spettatore, almeno per ora. Ma un domani?

Noi con il nostro team abbiamo un progetto diluito nel tempo. Siamo una squadra continental e per ora questi discorsi non ci riguardano né ci interessano più di tanto. L’obiettivo del team è far crescere nuovi talenti sudamericani e arrivare con i passi dovuti a essere una squadra professional. Quando saremo strutturati e ci arriveremo, valuteremo anche la partecipazione a un Grande Giro. La nostra fortuna è non avere pressioni né dover andare a caccia di sponsor. Possiamo lavorare con calma, non invidio chi invece a quest’ora è ancora sulla graticola…

Con il “senatore” Brambilla: 16ª stagione e Pidcock da scortare

30.01.2025
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Non tutti i corridori possono vantare oltre tre lustri di professionismo, Gianluca Brambilla invece fa parte proprio di quella ristretta elite. L’atleta della Q36.5 Pro Cycling Team è pronto ad affrontare la sua sedicesima stagione da professionista. E lo fa con la consapevolezza di chi ha visto e vissuto tanto nel mondo del ciclismo. Ma non ha visto ancora tutto. E questo è un grande stimolo ed è quello che gli propone il suo 2025.

Brambilla si trova ad affrontare un’annata che potrebbe essere l’ultima (chissà?), ma che sicuramente sarà vissuta con l’entusiasmo e la dedizione che lo hanno sempre contraddistinto. L’arrivo di Tom Pidcock nella sua squadra rappresenta una sfida e uno stimolo in più.

Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca, innanzitutto come stai? Come affronti questa ennesima stagione?

Tutto bene, per il momento l’inverno è andato senza intoppi, senza acciacchi o malattie. Vediamo, magari arriveranno adesso! Scherzi a parte, mi sento pronto e motivato.

C’è ancora emozione alla prima corsa della stagione?

Più che emozione ormai è voglia di testarsi, di vedere se il lavoro svolto durante l’inverno paga. È importante capire a che punto è la condizione per poi adattare gli allenamenti e i programmi di gara ed eventualmente correggere il tiro.

Hai cambiato qualcosa nella preparazione rispetto agli anni scorsi?

Sì, ogni anno ci sono degli aggiustamenti. Bisogna stare al passo con i tempi. Nell’ultimo training camp abbiamo lavorato con maggiore intensità rispetto al passato. Meno ore in sella, ma più qualità negli allenamenti.

Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
E come sono cambiati i tuoi allenamenti in termini di volume e intensità?

I chilometri sono più o meno gli stessi, ma ora si lavora diversamente. Si fanno meno uscite lunghe di 7 ore “a spasso” e si inseriscono più esercizi specifici. Magari si arriva a 6 ore, non di più. Il dispendio energetico è aumentato, anche se le ore di sella sono leggermente diminuite.

La tua squadra ha subito cambiamenti importanti. Come vivi il tuo ruolo di veterano? Insomma, tu ci sei da un bel po’…

Dal primo anno che c’è stata la squadra. Sono sempre stato un punto di riferimento per i compagni, anche al primo anno ero uno degli esperti e questo ruolo è confermato anche ora. Il team ha acquisito grandi corridori come Pidcock, che hanno portato un bel salto di qualità.

Hai toccato il punto. Che impressione ti ha fatto Pidcock?

Mi ha colpito la sua professionalità. E’ un vero campione che ha vinto Olimpiadi e mondiali, cura ogni minimo dettaglio. E’ attentissimo. Segue alla lettera ogni indicazione, che si tratti di allenamento o alimentazione, ed è molto preciso nel rispettare le tabelle. Durante il camp per esempio avevamo delle strategie alimentari per ogni allenamento: un giorno 90 grammi di carbo, un giorno 120… E dovevamo assumerli ogni tot tempo. Notavo che al minuto spaccato lui infilava la mano nella tasca e apriva un gel. Insomma massima professionalità. Si vede che sa il fatto suo.

Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Avete programmi simili?

Parecchio, anche se lui ha iniziato in Arabia Saudita (dove ieri ha anche vinto) mentre io sono partito da Mallorca. Poi però dovremmo incontrarci in gare come Ruta del Sol, Strade Bianche, Tirreno.

Siete fisicamente simili. Visto che correrete spesso insieme sarai tu a passargli la bici in caso di necessità?

Direi che è cosi, abbiamo misure molto simili, quasi al millimetro.

Quanto ti stimola avere un leader come Pidcock?

Molto. Avere qualcuno da supportare in corsa è uno stimolo importante. L’anno scorso mi sono trovato spesso da solo, quest’anno spero di essere sempre lì per aiutare chi può vincere.

Pidcock ti ha chiesto consigli sulla squadra o sul modo di correre?

Più che altro abbiamo parlato, poi spesso lui eseguiva le sue tabelle. Ci siamo allenati spesso insieme, ma lui sa già perfettamente cosa fare. Io posso, e spero, dargli consigli durante la gara, ma come detto ha le idee molto chiare.

Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Capitolo Giro d’Italia: siete tra i papabili. E tu ci sarai?

Sì, la squadra vuole esserci e anch’io penso di poter essere della partita. Aspettiamo le wildcard, ma c’è voglia di farlo. Tanta voglia sarebbe una grande cosa per tutti.

Che idea ti sei fatto delle prime corse stagionali?

Che gli equilibri sono sempre gli stessi, ma alcune squadre si sono rafforzate molto. La UAE Emirates è ancora dominante, ma ci sono altri team, come Red Bull-Bora, che hanno iniziato forte. E altre come la XDS-Astana che si sono rafforzate. Champoussin e Scaroni li ho visti bene. E poi c’è Hirschi che alla Tudor ha già dimostrato di essere un killer, come lo chiamo io: quando ha il numero sulla schiena, è difficile batterlo.

Nizzolo: l’inverno e la doppia operazione alla gamba

28.01.2025
4 min
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Il primo anno alla Q36.5 Pro Cycling Giacomo Nizzolo se lo sarebbe aspettato diverso. I giorni di corsa, in totale, sono stati solamente trentatré. Dopo l’avvio di difficile era arrivata anche la prima vittoria al Sibiu Tour e i mali sembravano essere alle spalle. In Spagna, prima alla Vuelta Castilla y Leon e poi a Burgos, il colpo di pedale era tornato a buoni livelli. Il finale di stagione era lì per essere… masticato, con ambizione e forze nuove.

«Poi gli ultimi due mesi di corse – racconta Nizzolo mentre si trova in macchina – non sono andati come mi sarei aspettato. Arrivavo da una serie di corse a tappe, fatte per migliorare la condizione in vista di settembre e ottobre. Durante una delle prime gare di un giorno che avevo in programma, il Grand Prix d’Isbergues, sono caduto. Il risultato è che mi è uscita un’ernia inguinale esposta. Mi sono ritrovato così, il 15 settembre, con la stagione finita e un’operazione da fare. Anzi due».

La volata vittoriosa a Sibiu, primo successo in maglia Q36.5 Pro Cycling per Nizzolo
La volata vittoriosa a Sibiu, primo successo in maglia Q36.5 Pro Cycling per Nizzolo

Ripartire

Gli interventi ai quali si è sottoposto il velocista della Q36.5 Pro Cycling sono diventati così due. Nizzolo ha deciso di racchiudere, nelle settimane di stop, anche l’operazione per sistemare gli effetti di una vecchia caduta.

«Dopo aver sistemato l’ernia inguinale – dice Nizzolo – ho anticipato di un mese abbondante la rimozione di placche e viti che mi erano state inserite per riparare la frattura del piatto tibiale. Un infortunio che risale quasi a un anno fa. Avrei dovuto fare questa seconda operazione a dicembre ma ho preferito anticipare per non perdere ulteriore tempo una volta risalito in bici». 

La condizione di Nizzolo era in crescita, alla Vuelta a Burgos un buon secondo posto nella tappa inaugurale
La condizione di Nizzolo era in crescita, alla Vuelta a Burgos un buon secondo posto nella tappa inaugurale
Che inverno è stato fino ad ora?

Non facile, mentre io ero fermo gli altri andavano avanti ed ero consapevole che poi mi sarei trovato a dover chiudere il gap. Sapevo di dover ottimizzare ogni allenamento per tornare a un livello che potesse essere giusto per competere. 

A quale punto senti di essere arrivato?

Credo di essere all’80 per cento. Penso anche che la condizione migliore sia frutto non del singolo inverno, ma degli anni di lavoro. Dato che mi sono fermato, ho perso questa continuità e il mio processo di crescita si è fermato. 

L’ultima gara del 2024 per il milanese è stata il Gran Prix d’Isbergues, nel quale una caduta lo ha messo KO
L’ultima gara del 2024 per il milanese è stata il Gran Prix d’Isbergues, nel quale una caduta lo ha messo KO
Manca il passo finale per arrivare al 100 per cento.

Sarà quello più difficile, ma insieme alla squadra abbiamo deciso che è importante correre, pur consapevoli che dovrò crescere. 

Mentalmente quanto pesa questo 20 per cento che manca?

Da questo punto di vista c’è consapevolezza. Chiaramente non ho rimpianti, però è come quando a scuola tornavi dalle vacanze e sapevi di non aver fatto i compiti. La speranza era che la professoressa non ti chiedesse proprio quel che non sapevi. 

Dopo la doppia operazione Nizzolo si è rimesso al lavoro (foto Instagram)
Dopo la doppia operazione Nizzolo si è rimesso al lavoro (foto Instagram)
Come si tramuta questa consapevolezza in gara?

La speranza è di salvarmi con l’esperienza, cercando di giostrare un po’ le mie qualità. Ma so che ci sarà da far fatica. 

Dove riprendi a correre?

Tra poco, dalle gare di Mallorca. Poi andrò al Tour of Oman, Almeria e Belgio. Da lì si apre la primavera con la Tirreno-Adriatico e la Sanremo, ma vedremo anche come risponderò una volta tornato in gara. 

Il morale per il velocista della Q36.5 è comunque alto, ma sa che dovrà lavorare molto
Il morale per il velocista della Q36.5 è comunque alto, ma sa che dovrà lavorare molto
La Q36.5 ha visto arrivare dei buoni corridori in vista del 2025, Tom Pidcock su tutti.

L’evoluzione è tangibile e porta tanta motivazione, anche se il team è arrivato da poco nel ciclismo si vede che vuole migliorare e crescere. 

Si parla anche dell’invito a qualche Grande Giro, ne ha parlato lo stesso Pidcock, da questo punto di vista si sente aria di cambiamento?

Sì tra noi ci confrontiamo, ma non sono i corridori che possono dire queste cose. Credo solamente che la nostra mentalità non debba cambiare, noi come Q36.5 dobbiamo aver voglia di crescere e migliorare come fatto fino ad adesso.

Calendario senza vincoli, Pidcock può tornare a graffiare

25.01.2025
4 min
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A prescindere da come andrà, il 2025 segna un punto di svolta nella carriera di Tom Pidcock. Il “folletto di Sua Maestà” ha cambiato squadra passando da quella roccaforte che era per lui la Ineos-Grenadiers alla Q36.5 Pro Cycling, alla quale si è legato con un contratto triennale. Come da sua tradizione Tom, di cui si sa pochissimo in questa nuova squadra, ha subito tuonato: «Finalmente non sarò costretto a correre il Tour de France». E lo ha detto quasi con sollievo.

La sua squadra, non prenderà parte alla Grande Boucle e questo gli permetterà di concentrarsi su altri obiettivi e di gestire meglio il proprio calendario. La decisione di unirsi alla Q36.5 è stata presa con il cuore, ma ponderata con la testa: «Ho sentito subito che questo era il posto giusto, anche se ci ho riflettuto a lungo. Qui credono in me e condividiamo la stessa visione del successo». Una libertà di scelta nelle gare che lo ha convinto definitivamente, consentendogli di focalizzarsi su classiche e mountain bike.

Pidcock è approdato quest’anno alla Q36.5. Con la Ineos sono nati dei problemi: ricordiamo l’esclusione a sorpresa alla vigilia del Lombardia
Pidcock è approdato quest’anno alla Q36.5. Con la Ineos sono nati dei problemi: ricordiamo l’esclusione a sorpresa alla vigilia del Lombardia

Il punto

Tom Pidcock, classe 1999, dopo aver vinto tantissimo, lascia Ineos-Grenadiers dopo tre stagioni. In bacheca due ori olimpici nella Mtb, un titolo iridato nel ciclocross, un’Amstel, una tappa al Tour sull’Alpe d’Huez e altri successi di prestigio per approdare alla Q36.5.

Q36.5 che è in crescita, ma che resta pur sempre una professional, pertanto ha bisogno di inviti per partecipare alle gare più prestigiose.

Il britannico avrà un ruolo di leader assoluto e l’opportunità di costruire la stagione su misura per le proprie ambizioni. Dopo l’esordio all’AlUla Tour in Arabia Saudita, il suo calendario prevede partecipazioni a gare di un giorno come l’Omloop Het Nieuwsblad e le Strade Bianche, corse che si addicono perfettamente alle sue caratteristiche. L’obiettivo è chiaro: massimizzare le opportunità e puntare a vittorie importanti senza l’obbligo di seguire un calendario imposto.

Pidcock è riuscito a sprintare nonostante i dubbi sulle condizioni delle sue mani
Pidcock è riuscito a sprintare nonostante i dubbi sulle condizioni delle sue mani

Non solo Amstel

La rinuncia al Tour de France, che per Pidcock è sembrata una vera liberazione, gli apre nuove prospettive, soprattutto in chiave classiche. La Q36.5 ha recentemente ricevuto l’invito per la Liegi-Bastogne-Liegi, monumento in cui Pidcock si classificò secondo nel 2023, e per la Freccia Vallone, corsa dove già in passato ha ottenuto buoni risultati. E chiaramente per lui ci sarà l’Amstel Gold Race, di cui è campione in carica.

Per il britannico, queste gare rappresentano l’occasione perfetta per lasciare il segno e confermare il proprio talento nelle Ardenne. «Non abbiamo il controllo totale sul calendario, ma in teoria dovrei poter partecipare a tutte le gare che desidero», ha dichiarato con ottimismo. La sua esperienza nelle classiche del Nord, unita alla libertà di scelta garantita dalla nuova squadra, potrebbe tradursi in prestazioni di alto livello e, perché no, in vittorie di peso.

Strade Bianche 2023: Tom sfoggia tutte le sue doti di guida e ovviamente anche grandi gambe. Qualora sarà al Giro ne potremmo vedere delle belle
Strade Bianche 2023: Tom sfoggia tutte le sue doti di guida e ovviamente anche grandi gambe. Qualora sarà al Giro ne potremmo vedere delle belle

Battitore libero al Giro?

L’assenza dal Tour ha aperto le porte a un’altra grande opportunità: il Giro d’Italia. Pidcock ha dichiarato che la corsa rosa potrebbe non vederlo al top della forma dopo le classiche, ma al tempo stesso lo stimola l’idea di affrontarla da battitore libero, puntando a successi di tappa piuttosto che alla classifica generale.

Questo approccio più rilassato potrebbe rivelarsi vincente, permettendogli di esprimere tutto il suo potenziale senza pressioni. In più c’è un aspetto su cui riflettere: da come ha parlato Tom, sembra già che la Q36.5 abbia già ricevuto l’invito per il Giro. L’interesse degli organizzatori nei confronti del britannico è noto e di certo con Van Aert ci sarebbero grandi sfide per le tappe, basti pensare proprio a quella di Siena con i tratti in sterrato. Ma non solo ovviamente.

Una cosa è certa, con meno vincoli Tom Pidcock potrebbe dare sfogo a tutta la sua fantasia in questa stagione. Pensate: potrebbe sfidare Pogacar nelle classiche, Van Aert al Giro e Van der Poel al mondiale in Mtb. Vedremo, intanto sarebbe bello saperne di più, la Q36.5 ha ridotto al minimo i colloqui con la stampa. Noi lo abbiamo intravisto a Calpe di fronte all’ascensore dell’hotel in cui era in ritiro. Un saluto, un’aria rilassata, un sorriso e poi è svanito. Dovremmo aspettare le corse…

Bozzola: la SC Padovani e la voglia di affermarsi

22.01.2025
5 min
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La curiosità intorno alla nuova continental italiana – la SC Padovani Polo Cherry Bank – è tanta. Per la squadra guidata da Ongarato e che conta sull’apporto di tante figure di grande esperienza, è tempo di rifinire la condizione in vista dell’esordio stagionale. I ragazzi sono ora in Spagna, e stanno affrontando gli ultimi giorni del loro ritiro. Tra i volti della SC Padovani c’è quello di Mirko Bozzola, uscito dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. La formazione di sviluppo è stata chiusa e così molti dei suoi giovani talenti sono andati dispersi. Uno di loro è proprio Bozzola, classe 2004, che si appresta a iniziare il terzo anno nella categoria under 23 (in apertura photors.it). 

«Qui si sta bene – racconta dopo il lungo allenamento da cinque ore – la temperatura è perfetta. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto l’ultima distanza prima dell’esordio stagionale, che sarà il 24 gennaio alla Classica Camp de Morvedre. Una corsa che si snoderà nella provincia di Valencia, con partenza e arrivo dal paesino di Estivella».

Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)
Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)

Partito da lontano

Rispetto alla stagione 2024 Bozzola attaccherà il numero sulla maglia con un mese di anticipo. Lo scorso anno esordì con la maglia del devo team della Q36.5 il 25 febbraio a Misano

«Non arriverò pronto al 100 per cento – spiega – alla gara di venerdì, ma va bene così. I miei obiettivi in stagione saranno altri. Comunque sento di migliorare, me ne accorgo giorno dopo giorno, quindi credo che la strada sia quella giusta. Quest’anno vorrei andare bene nelle corse internazionali under 23 e al Giro Next Gen, vedremo se quando uscirà il percorso ci sarà qualche tappa intrigante».

I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
Senti di poter fare un passo in più rispetto al 2024?

In realtà anche lo scorso anno ero partito per fare bene nelle gare internazionali, ma poi qualche intoppo di troppo mi ha un po’ condizionato. Non ho avuto una stagione costante. Adesso mi sento meglio, tutto è curato nei dettagli e qui alla SC Padovani non ci manca davvero nulla. 

Guidaci in questa nuova squadra.

Arrivare in una formazione appena nata è sempre un’incognita, ma il progetto è davvero molto bello. Esco da un devo team e devo ammettere che non vedo differenze tra il 2024 e il 2025. La squadra è super attrezzata e non ci manca niente.

Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Che effetto fa viverlo?

E’ positivo perché si capisce quanto sia stato fatto e in quanto poco tempo. La struttura è stata realizzata velocemente e l’organizzazione pure: ritiri, calendario, divise, bici… Già essere in Spagna a gennaio per un ritiro in vista delle gare di inizio stagione non è cosa da poco. Non sono tante le continental che possono permettersi questo. 

Con chi ti sei confrontato di interno alla Padovani?

Con tutti: da Ongarato a Petacchi, fino a Konychev. Mi hanno parlato subito di un progetto ambizioso e sono stati onesti. Mi avevano detto che le loro erano idee da concretizzare, ma mi sono fidato e tutt’ora mi fido. Tutte le promesse fatte sono state mantenute e questo non è di poco conto. 

Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
C’è mai stata l’occasione di passare professionista con la Q36.5?

No. Nonostante abbia corso con la professional un paio di volte, ho comunque fatto una stagione che non mi ha permesso di guadagnare spazio. Tuttavia non ci sono rimasto male, riparto con la voglia di fare e consapevole di aver imparato tanto. 

Cosa?

Dal punto di vista dell’alimentazione in gara e fuori, oppure a leggere la gara e capire come muoversi in gruppo. Correre un anno in un devo team è un’esperienza che consiglio e che serve tanto per maturare.

Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
A livello atletico che passi in avanti senti di aver fatto?

Partivo già con un buono spunto veloce che sento di aver migliorato ulteriormente. Sulle salite da 10 o 12 minuti sento di poter stare con i migliori. In più sono un corridore di passo. Penso che il mio terreno di caccia siano le corse ondulate, con strappi di due o tre chilometri. 

Hai provato anche a correre al Nord con i pro’, come è andata?

E’ stata un’esperienza bella, ma che mi ha fatto capire come in quelle corse serva un’altra mentalità. Non ho partecipato a gare facili, nonostante ciò mi sono comportato bene. Ma prima di pensare a quel mondo, meglio fare bene da under 23 nelle gare che avrò a disposizione. L’obiettivo del 2025 è affermarmi e conquistare una chiamata dai professionisti.

Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Come arrivi all’inizio della stagione?

Fiducioso, ancora di più rispetto al 2024. So che posso arrivare a un buon livello. Nei miei tre anni da under 23 sono sempre stato in squadre che mi hanno dato la possibilità di crescere. Alla Q36.5 ho imparato ad allenarmi con un preparatore, a stare con i professionisti. Ho capito cosa vuol dire fare il corridore.  

Q36.5 veste Pidcock e compagni, qualità al top

20.01.2025
4 min
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Il passaggio di Tom Pidcock dal Team Ineos Grenadiers al Q36.5 Pro Cycling Team è stato forse il colpo di mercato più interessante, e sicuramente più discusso, della nuova stagione ciclistica. L’arrivo del campione olimpico ha portato in dote alla formazione elvetica, oltre a una grande attenzione mediatica, anche una nuova divisa presentata ufficialmente lo scorso 11 gennaio. Le tre parole scelte da Q36.5 per lanciare il nuovo kit sono state: aerodinamica, comfort e termoregolazione. A proposito di termoregolazione, in Q36.5 si ritiene che sia questa la vera nuova frontiera di “marginal gain” in termini di performance nel ciclismo d’élite. 

Gli atleti del Q36.5 Pro Cycling Team correranno con i pantaloncini Dottore Pro
Gli atleti del Q36.5 Pro Cycling Team correranno con i pantaloncini Dottore Pro

Partiamo dal pantaloncino

La nostra analisi della nuova divisa del Q36.5 Pro Cycling Team non può che partire dal pantaloncino…o meglio dai pantaloncini, visto che saranno due. Per la prima volta, gli atleti avranno infatti a disposizione sia l’iconico pantaloncino Dottore Pro, risultato di dieci anni di continua ricerca delle tecnologie che rappresentano il futuro dell’abbigliamento da ciclismo ad alte prestazioni, sia il Gregarius Pro. Quest’ultimo è un pantaloncino totalmente riprogettato per il 2025, con componenti 100% proprietari per offrire ai ciclisti la massima libertà di movimento e una sensazione di “seconda pelle” durante la pedalata, senza compromettere il massimo comfort e il supporto ergogenico che sono il tratto distintivo di Q36.5.

Ecco la maglia 

La maglia Q36.5 Gregarius combina quattro tessuti proprietari con una mappatura avanzata del corpo per offrire la maggiore versatilità all’atleta durante le varie condizioni di gara. Come sempre per Q36.5 la versatilità è data soprattutto dallo sviluppo di tessuti propri che favoriscono la miglior termoregolazione dell’atleta, combinati con caratteristiche di aerodinamicità e supporto muscolare.

L’arrivo di Tom Pidcock è stato accolto con grande interesse dagli addetti ai lavori
L’arrivo di Tom Pidcock è stato accolto con grande interesse dagli addetti ai lavori

Un nuovo logo

La nuova divisa del team si caratterizza per la presenza del logo Q36.5 Radar e della dicitura “Research Scientist”. Il radar vuole rappresentare la sensazione di preparazione che il kit realizzato da Q36.5 offre ai professionisti di fronte a condizioni estreme, nonché il focus necessario per eccellere ai massimi livelli. 

Il termine “Research Scientist” rende invece omaggio ai corridori del team, che svolgono un ruolo fondamentale nel testare il nuovo kit, spingendolo al limite ogni giorno e fornendo costantemente al dipartimento R&D dell’azienda preziosi suggerimenti utili sul futuro dell’abbigliamento ciclistico ad alte prestazioni. 

Q36.5 continuerà il lavoro di ricerca e sviluppo per migliorare ulteriormente i propri prodotti
Q36.5 continuerà il lavoro di ricerca e sviluppo per migliorare ulteriormente i propri prodotti

Parola ad azienda e team

Luigi Bergamo, CEO e Responsabile Ricerca e Sviluppo di Q36.5, ha presentato in questo modo la nuova divisa del team: «Dopo due anni intensi di feedback e sviluppo con il nostro team, il kit 2025 rappresenta il sistema di abbigliamento da gara e da allenamento più avanzato e completo mai realizzato, dalla scelta tra diversi pantaloncini pensati per stili di pedalata e percorsi differenti, ai miglioramenti aerodinamici dei body e di tutti gli accessori, fino alle innovative scarpe da gara».

Ecco invece le parole di Doug Ryder, General Manager del Q36.5 Pro Cycling Team: «E’ la terza stagione in cui lavoriamo con questo innovativo marchio italiano. Una partnership come questa funziona in entrambi i sensi: noi riceviamo il miglior abbigliamento disponibile sul mercato, che ci consente di ottenere prestazioni di altissimo livello, e Q36.5 può contare sul contributo dei nostri corridori come “Research Scientist”. Il feedback degli atleti è incredibilmente prezioso per un marchio di abbigliamento. Ci aspetta una stagione entusiasmante. Sono sicuro che nel 2025 non ci sarà sfida che non riusciremo a superare insieme».

Parola al campione

La chiosa finale non poteva che spettare a Tom Pidcock: «Il nuovo design è fresco e accattivante. Come si suol dire, se sembri al top, ti senti al top. Fin dalla mia prima uscita con i pantaloncini Dottore Pro di Q36.5, ho capito che ero in ottime mani e che quest’anno non avrei dovuto preoccuparmi della comodità in sella. Sono entusiasta del rapporto con l’R&D di Q36.5. Non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserverà la loro fiducia: saremo i loro “Research Scientist“, come dice il brand. Sono curioso di vedere come il nostro feedback potrà contribuire al miglioramento dei prodotti di tutta la gamma”.

La nuova divisa del Q36.5 Pro Cycling Team è già disponibile sul sito q36-5.com e nei migliori negozi di ciclismo.

Q36.5

Nieri promosso nella professional: alla ricerca di nuovi talenti

09.01.2025
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Una delle notizie che riguarda il mondo giovanile è che in questa stagione il team di sviluppo della Q36.5 Pro Cycling non ci sarà più. Tra le figure che lavoravano nella formazione continental svizzera c’era Daniele Nieri, il quale andrà a rimpolpare lo staff della professional. Il diesse svolgerà il solito ruolo di gestione del team e di supporto alle corse, ma avrà anche una nuova mansione: quella dello scouting. Le motivazioni della chiusura della squadra continental non sono ancora note, ma il progetto giovani non perde forza. Qualcosa cambierà, e ce lo racconta lo stesso Daniele Nieri (in apertura insieme a Nahom Zeray, vincitore della Piccola Sanremo 2024, photors.it). 

«Nel 2025 passerò alla formazione professional – spiega il diesse toscano – nella quale continuerò a seguire i giovani che hanno proseguito il cammino con noi. In più avrò modo di andare a cercare e vedere le gare juniores e under 23 alla ricerca di ragazzi sui quali puntare».

Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23
Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23

Sondare il terreno

Quella del ruolo di talent scout non è una novità totale per Daniele Nieri. Il tecnico toscano per anni ha visto e osservato giovani ragazzi in rampa di lancio, li ha seguiti e fatti crescere. Questo compito farà ancora parte delle sue mansioni nella Q36.5 Pro Cycling, ma con una sfumatura diversa. 

«Seguirò come diesse – continua a spiegare Nieri – le gare dei nostri giovani, ci sono dei profili interessanti: Joseph Pidcock (fratello di Thomas, ndr), Enekoitz Azparren, Fabio Christen, Nicolò Parisini e Walter Calzoni. Sarò accanto a loro nelle gare alle quali parteciperanno. Ma, il ruolo predominante, sarà quello di scouting. Andrò a vedere le corse riservate ai giovani, quelle di categoria .1 e anche le gare juniores e under 23. cambierà un po’ il target».

Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
In che senso?

Diciamo che sarà più ampio. Non avendo più la formazione intermedia, ovvero quella development, potremo prendere anche corridori elite. Il nostro focus saranno corridori in fase avanzata, già cresciuti o comunque pronti al salto nel mondo dei professionisti. 

Cosa cambierà nell’approccio?

All’inizio faremo una ricerca non per trovare corridori ma per monitorare la crescita dei giovani. Raccoglieremo dati, sia psicologici che tecnici, per capire che corridori abbiamo davanti. Studieremo la loro evoluzione, anche di quelli che non correranno con noi. Sarà un lavoro più “curioso” all’inizio, nel quale potrò creare una lista interna di corridori possibili. 

Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Andrai alle corse con quale occhio?

Prima ci andavo per trovare i ragazzi da inserire nel devo team, ora per cercare i profili più interessanti. Alzeremo un po’ l’età media dei corridori che monitoreremo. Restando intorno a ragazzi di età compresa tra i 22 e i 24 anni. 

Come mai?

Per due motivi. Il primo è perché ormai è sempre più difficile prendere ragazzi di 18 o 19 anni. Su di loro arrivano i devo team del WorldTour. In secondo luogo perché per alcuni il salto da juniores a professionisti è troppo ampio. Per quel che ho visto in questi anni i giovani italiani hanno bisogno di fare un passaggio intermedio e di correre da under 23. Un progetto interessante è quello della Vf Group-Bardiani, che prende i giovani ma fa fare loro un calendario dedicato.

Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Pensi sia replicabile?

Difficile. Anche perché i Reverberi riescono a proporre una crescita graduale. 

Quella della Q36.5 é una scelta in controtendenza nel momento in cui tutte le squadre inseriscono un devo team

Vero. Ma bisogna anche essere realistici. Il rischio maggiore è che le formazioni WorldTour arrivino e si aggiudichino i corridori migliori, mettendoli nei devo team. Un altro rischio è che noi come formazione development cresciamo un ragazzo e poi arriva lo squadrone a portarselo via, così non raccogliamo i frutti del nostro lavoro. 

Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Tornando al discorso dell’età, cercherete corridori più maturi?

In generale, anche nel devo team, difficilmente arrivavamo a prendere ragazzi direttamente dalla categoria juniores. E se lo abbiamo fatto erano stranieri, non italiani. 

Perché?

I ragazzi italiani a 18 anni non sono pronti a fare la vita da corridore, devono fare un passaggio intermedio. Mentre i giovani stranieri, come gli spagnoli o i colombiani, sono mentalmente predisposti. Però da un lato penso sia meglio tutelare i giovani e proporre loro un percorso più morbido. Fare un anno tra gli under 23 è utile, per attutire il colpo e permettergli di emergere alla lunga. Fornendogli i mezzi per avere carriere durature.