EDITORIALE / Un Giro che viene, un Giro che va…

05.05.2025
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Domani il check-in online e mercoledì si parte per la prima volta del Giro (e di chi scrive) in Albania. Qualche giorno fa abbiamo ritirato l’auto che ci accompagnerà per il resto della corsa, quando sarà tornata in Italia: una superba Peugeot E-5008 full-electric, nel segno della sostenibilità e di nuove abitudini da prendere fra ricariche e colonnine da trovare. Sta per partire la grande avventura con l’entusiasmo di ogni volta, ma siamo sospesi fra gli annunci delle squadre che si sono lanciate in insolite cacce al tesoro, anziché annunciare la formazione e permetterci di lavorare.

La Red Bull-Bora-Hansgrohe ha aggiunto ieri alla lista il nome di Nico Denz e nel momento in cui scriviamo questo editoriale (alle 8,30 del mattino) ha ancora due posti da annunciare. Saranno assai probabilmente quelli di Aleotti e Pellizzari, ma intanto hanno respinto tutte le interviste, per cui come glielo chiedi al corridore in che modo ci arriva e cosa verrà a fare?

Anche quest’anno, Marcar di Rimini ha messo a nostra disposizione l’auto del Giro. Ecco la consegna da Matteo Ciavatta a Emiliano Neri
Anche quest’anno, Marcar di Rimini ha messo a nostra disposizione l’auto del Giro. Ecco la consegna da Matteo Ciavatta a Emiliano Neri

Un Giro senza il cannibale

Nel Giro d’Italia senza Pogacar, si arriva alla partenza con lo zaino pieno di interrogativi. Qualcuno giocherà a fare il cannibale oppure vedremo una tattica più cauta fino ai momenti caldi della corsa?

Dice Garzelli che proprio l’assenza di un dominatore potrebbe (dovrebbe) indurre le squadre a non lasciare neppure un’occasione. A patto che le squadre si scrollino di dosso il trauma del dominatore che lo scorso anno le ha annichilite ogni volta e prendano coscienza del fatto che né Ayuso né Roglic siano invincibili (i due sono in apertura nella recente sfida del Catalunya, vinta dallo sloveno). Fateli sudare, ci sono il terreno e le occasioni. E se vorranno correre come Tadej, potrebbero dover fare i conti con il boomerang di ritorno.

Nel 2024 lo strapotere di Pogacar e del UAE Team Emirates di fatto bloccò la corsa in attesa dei suoi assoli
Nel 2024 lo strapotere di Pogacar e del UAE Team Emirates di fatto bloccò la corsa in attesa dei suoi assoli

Vecchie glorie, giovani speranze

Il percorso si conosce ed è interessante notare quanti vincitori di Giro saranno al via da Tirana. La Red Bull-Bora ha Roglic e Hindley, più Martinez che lo scorso anno arrivò secondo. La Ineos ha Bernal. La Movistar porta Quintana. La EF Education schiera Carapaz. Ragazzi e corridori meno giovani che hanno avuto l’onore e la responsabilità di portare sino in fondo la maglia rosa e troveranno nell’abbraccio dei tifosi una spinta ulteriore.

Quanti di loro saranno in grado di ripetersi? Ad ora si potrebbe parlare di Roglic, forse Carapaz e ci teniamo uno spicchio di fiducia per Bernal, perché magari il ciclismo senza i fenomeni si rivelerà meno spietato. Dovranno fare i conti con Ayuso e Yates, con Tiberi e Ciccone, con Piganzoli e Gee, forse con Van Aert e Pidcock. Il fatto che nessuno faccia paura in partenza fa pensare che la lotta sarà aperta. Ma per favore, non cominciamo a dire che sarà un Giro di poco conto, perché privo di Pogacar, Vingegaard e Remco. Saremmo pronti, nel caso, a tirare fuori i commenti stizziti di quando i suddetti ammazzavano gli avversari e si parlava di corsa noiosa.

Per il suo palmares, Van Aert sarà la star internazionale del Giro. Punterà alla prima rosa?
Per il suo palmares, Van Aert sarà la star internazionale del Giro. Punterà alla prima rosa?

Il Giro dei piccoli

In questo quadro di attesa e grandi manovre, forse è necessario far notare che finite le classiche di aprile, il gruppo degli under 23 sta per trasferirsi in altura in preparazione al suo Giro, quello ribattezzato Next Gen, di cui ancora non si sa molto. Anzi non se ne sa nulla.

Va bene che i nomi da schierare non cambieranno di molto, parlando di squadre con organici limitati, ma per il rispetto dovuto all’evento non sarebbe stato male arrivare al via della corsa dei grandi, avendo annunciato quella dei piccoli. Lo scorso anno raccontammo il nuovo percorso il 3 maggio, il giorno prima del via dei grandi da Venaria Reale. Da RCS Sport dicono che sarebbe tutto pronto, ma che non si riesca a trovare il giorno giusto per la presentazione.

Comprendiamo l’affanno nel dover organizzare il Giro dei pro’, delle donne e degli U23: il tempo non basta mai. Sta di fatto che da quando la Federazione ha ceduto il Giro dei giovani a RCS Sport, facendo in modo che Extra Giro non fosse più in grado di organizzarlo, si è avuta la sensazione di parlare di una manifestazione minore. La terza delle tre. Qualcosa da mettere insieme nei ritagli di tempo, quasi una nota stonata.

Il Giro Next Gen del 2024 è stato vinto da Jarno Widar, fresco vincitore della Liegi U23 e della Fleche Ardennaise (foto LaPresse)
Il Giro Next Gen del 2024 è stato vinto da Jarno Widar, fresco vincitore della Liegi U23 e della Fleche Ardennaise (foto LaPresse)

Il regalo federale

Il Tour de l’Avenir, che si correrà dal 23 al 29 agosto (oltre due mesi dopo il Giro Next Gen) svelerà il percorso il 27 maggio. E’ scritto grande così nel sito dell’edizione 2025. ASO ne ha affidato l’organizzazione ad A-Velo, pur tenendoci sopra il suo sguardo attento. Si sussurra che RCS potrebbe affidare l’organizzazione del Giro Next Gen a coloro cui sono subentrati. Sarebbe una dimostrazione di buon senso, sia pure tardivo. E confermerebbe che il regalo federale sia stato poco gradito e anche poco lungimirante.

Hindley toglie ogni dubbio: «Al Giro tutti per Roglic»

04.05.2025
3 min
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LIENZ (Austria) – Una delle ultime occasioni per guardare negli occhi i protagonisti del prossimo Giro d’Italia ce l’ha offerta il Tour of the Alps. Così, al termine di cinque giorni davvero tosti nei quali ci sono stati continui rimescolamenti di classifica, è giunto il tempo di fare dei bilanci concreti. O per lo meno di cercare di farli. Se la Lidl-Trek e la Tudor hanno trovato le risposte che cercavano da parte dei loro leader non si può dire lo stesso della Red Bull-Bora-hansgrohe

Il team tedesco era venuto a correre con Jai Hindley nei panni del capitano e leader unico. Dopo il ritiro in altura le sensazioni sono state altalenanti, con prestazioni che sono andate di pari passo. Lo squillo del campione è arrivato con il secondo posto di San Candido. Per il resto l’australiano con la verve del surfista è stato lontano dai riflettori ogni volta che la strada saliva e lui, inesorabilmente, si staccava.

Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Al Tour of the Alps Hindley ha pagato tanto sulle salite e nei cambi ritmo imposti dai migliori
Cosa porti a casa da questa corsa, ti aspettavi molto…

Vero, mi aspettavo sicuramente un risultato diverso. Sono state tutte giornate complicate a loro modo, sia per la difficoltà del percorso sia per il maltempo che ha colpito la penultima tappa. 

E’ stata una corsa molto aggressiva?

Siamo stati tutti al limite, credo. I protagonisti hanno corso alla grande e sono andati tanto all’attacco. Storer su tutti ha fatto vedere ottime cose. Non è stata una corsa ottimale per me, ma certe cose vanno così e va bene. Non resta che sperare di star meglio.

Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Nonostante il clima e la fatica la breve corsa a tappe è servita a Hindley per fare un ultimo passo in vista del Giro
Dopo questo Tour of the Alps quale sarà il tuo passaggio verso il Giro?

Rilassarmi e prendere qualche giorno di riposo. Si è trattata di una corsa davvero dura, con salite impegnative. Penso sia stato un bene prendervi parte ed essere qui per fare un altro passo importante. 

Al Giro tutti per Roglic o dividerete i gradi di capitano?

Saremo tutti per lui e al suo servizio. Sarà lui il grande leader. Il Giro però è una corsa lunga e bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato.

Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Per Roglic e Hindley l’avvicinamento al Giro è stato completamente diverso, la squadra sarà davvero tutta per lo sloveno? (foto Instagram)
Con l’arrivo di Roglic sono cambiati un po’ gli equilibri per te e la squadra?

Sicuramente le occasioni di essere il capitano unico in corsa sono meno rispetto a prima e bisogna sfruttarle (al Tour of the Alps Hindley non è riuscito in questo intento, ndr). Nonostante tutto credo che il ciclismo moderno, soprattutto nei grandi appuntamenti, sia destinato a questo. Le squadre forti come la nostra devono avere più di un leader. 

E’ una cosa che preclude qualche chance?

In realtà non proprio.  Ci si può giocare le occasioni e controllare meglio il finale. Penso sia una modalità che possa aiutare tutti. 

Garzelli e il Giro: sopralluoghi finiti, comincia il racconto

04.05.2025
8 min
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L’ultimo fu Bugno e prima di lui Adorni. Andando indietro con la memoria, fu proprio l’indimenticato Gianni l’ultimo vincitore di Giro chiamato a commentare… il Giro d’Italia in tivù. Per questo l’arrivo di Stefano Garzelli accanto a Francesco Pancani porterà al pubblico del ciclismo un tocco di maglia rosa che non farà certo male.

In questi giorni, Stefano è stato impegnato con i sopralluoghi delle tappe: ultimo step prima di volare a Tirana per la partenza della corsa. Quando lo chiamiamo ha appena concluso la scalata del Mortirolo, in un rincorrersi di chilometri e ore che non concede respiro. Gli chiediamo che cosa pensi del Giro d’Italia e allora il discorso prende il largo fra l’occhio del corridore e l’opinione di chi nella sua gavetta di opinionista ne ha visti ormai tanti.

«E’ un Giro d’Italia da vivere alla giornata – dice – per cogliere l’occasione, secondo me fin dalla dall’Albania (in apertura, foto La Presse, ndr). Se lo analizziamo, è vero che ci sono dei tapponi. Quello di Saint Vincent. Ieri ho fatto la tappa di San Valentino (Brentonico). Chiaramente il Colle delle Finestre e Sestriere. Però credo che nel complesso non sia solo un Giro di tapponi. Se fossi ancora un corridore, vivrei alla giornata, perché ci sono tante occasioni…».

Stefano Garzelli, classe 1973, ha vinto il Giro nel 2000 (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Stefano Garzelli, classe 1973, ha vinto il Giro nel 2000 (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
A cominciare dai traguardi volanti Red Bull?

Quelli davvero non sono da sottovalutare, danno 6 secondi ogni giorno. Quando hai due corridori un gradino sopra e dietro altri 4-5 sullo stesso livello, gli abbuoni possono essere decisivi.

Due cronometro, una già il secondo giorno.

Ayuso a crono è forte, alla Tirreno è andato bene. Roglic ha vinto le Olimpiadi della specialità, sulla carta è forte anche lui. Hanno qualcosina in più, però se prendiamo come terzo uomo Tiberi, non ci dimentichiamo che anche lui finora ha fatto i migliori risultati proprio a cronometro. Antonio non è tanto secondo a loro. Può perdere 5-10 secondi, ma non è uno di quei corridori, come ad esempio Landa, che perde un minuto.

Un Giro da vivere alla giornata, quindi il Roglic che di solito colpisce in finale rischia qualcosa?

Non ti puoi permettere di restare troppo a lungo alla finestra. Se ti attaccano Ayuso, Tiberi, Pidcock o Bernal, non puoi stare a guardare. Secondo me vedremo diversi tentativi di corridori che proveranno ad anticipare. Ci sono arrivi in salita e abbuoni che da corridore avrei cercato ogni giorno, per quel famoso vivere alla giornata. Spero che gli squadroni non corrano togliendo importanza a certi traguardi. Perché è certo anche che vedremo davanti i blocchi di quelle 4-5 squadre che terranno in mano la corsa, ormai il modo di correre è quello.

Roglic, vincitore del Giro 2023, non potrà pensare di attendere il finale. Con lui Pellizzari, Aleotti, Martinez e Hindley
Roglic, vincitore del Giro 2023, non potrà pensare di attendere il finale. Con lui Pellizzari, Aleotti, Martinez e Hindley
Spesso lo spettacolo ne risente, soprattutto se non qualcuno fra i grandi con il coraggio per attaccare…

Per come correvo io, se potevo vincere la tappa o prendere l’abbuono, la mia squadra tirava. Poi potevo vincere o perdere, non è che vinci sempre. Però quello che mi piacerebbe vedere sono squadre che non regalano le tappe e che lottino per i traguardi intermedi.

Fra gli squadroni che tengono in mano la corsa, solo la Red Bull-Bora negli anni ha dimostrato di saper correre per far saltare i piani. Ci aspettiamo qualche invenzione di Gasparotto?

In realtà, credo che Gasparotto con il suo nuovo incarico non seguirà il Giro. Tuttavia sono certo che, pur non essendo presente, seguirà la squadra nei meeting e nei briefing. “Gaspa” è uno che ha una mentalità simile alla mia, magari l’ha trasmessa ai suoi direttori sportivi.

La UAE Emirates e la Red Bull hanno organici notevoli…

La prima accanto ad Ayuso avrà Del Toro e Adam Yates, dei gregari niente male… La Red Bull porta Hindley, Martinez e anche Pellizzari. Quando l’ho visto al Catalunya, ho capito subito che Giulio lo avrebbero portato al Giro. In come si è mosso nella tappa che poi vinse Ayuso, mi sono rivisto al Giro dei Paesi Baschi 1997 con Pantani, quando decisero di farmi debuttare al Giro.

Roglic in corsa lo voleva al suo fianco, ha capito la qualità dell’atleta e del ragazzo…

Roglic non è uno sprovveduto, sa che se lo porta al Giro, avrà un corridore che farà di tutto per il suo capitano. E in quel momento hanno pensato di risparmiargli il Giro dei Paei Baschi, per dirottarlo sul Giro.

La coppia Ayuso-Del Toro ha funzionato benissimo alla Tirreno vinta dallo spagnolo. In aggiunta la UAE avrà Adam Yates
La coppia Ayuso-Del Toro ha funzionato benissimo alla Tirreno vinta dallo spagnolo. In aggiunta la UAE avrà Adam Yates
La seconda settimana inizia col riposo, poi la crono e il mercoledì si sale il San Pellegrino in Alpe…

Io su quella salita ho ipotecato il Giro del 2000, anche se arriva a metà tappa. Se qualcuno ha il coraggio di muoversi in anticipo, davanti restano i big e poi trovi il modo per giocarti la tappa. Non c’è da aspettare il finale. Magari la UAE Emirates può far partire De Toro e la Red Bull può anticipare con un altro. Chi pensa di poter vivacchiare, potrebbe avere un brusco risveglio.

Il resto della settimana servirà a recuperare un po’?

E’ abbastanza interlocutoria. Viadana è facile, Vicenza sarà spettacolare ma non farà grossi danni e Gorizia è facile. Poi però arriva Asiago e prima c’è il Monte Grappa e lì si ricomincia a ballare, perché la salita è lunga, poi c’è la discesa e subito altri 15 chilometri all’insù a 20 chilometri dall’arrivo. Poi il riposo e poi si ricomincia…

E si ricomincia con la tappa di San Valentino, che proprio semplice non è.

Infatti ho voluto inserirla fra le ricognizioni da fare. Sono 5.000 metri di dislivello con 5 salite. Viene dopo il terzo giorno di riposo. La prima parte della salita finale è facile fino a Brentonico, poi arrivano rampe anche al 20 per cento. Questo è un tappone, non va tanto in alto, ma è duro. E il giorno dopo ci sono Tonale e Mortirolo.

Giro 2024, Tiberi e il Grappa. La scalata tornerà anche quest’anno e Antonio torna con ben altre ambizioni
Giro 2024, Tiberi e il Grappa. La scalata tornerà anche quest’anno e Antonio torna con ben altre ambizioni
Per un ragazzo giovane come Ayuso può esserci un problema di tenuta nella terza settimana?

E’ arrivato sul podio della Vuelta a vent’anni, credo sia abbastanza preparato. Conosco Juan da quando è bambino, dai suoi 10 anni, visto che praticamente è di Valencia. Il suo massaggiatore è Paco Lluna, che era con Pantani e con me alla Mercatone Uno. Se sono andato a vivere a Valencia fu per lui, quindi siamo amici. Alla Valenciana ero con l’organizzazione e un giorno Paco mi dice che, finita la corsa, andrà a Sierra Nevada con Ayuso. E allora gli chiedo: come va? E lui: «Fa paura!». Infatti Matxin voleva portarlo alla Valenciana, ma Juan ha detto di no.

Perché?

Voleva prepararsi per vincere in Francia e ha vinto la Faun Dome Classic. Il Laigueglia e lo ha vinto. La Tirreno che ha vinto. E adesso vuole provare a vincere il Giro. Mentalmente è preparato, magari bisognerà tenerlo a freno in alcune situazioni, perché non esageri nel farsi prendere dall’entusiasmo. Però io nella mia carriera non ho conosciuto un altro atleta con quella determinazione. Ed è così da quando era un bambino. Allievo di primo anno e allievo di secondo anno, campione di Spagna crono e strada. Juniores primo anno juniores secondo anno, campione di Spagna crono e strada. E anche quando ha vinto il Giro di Italia U23, il vantaggio sul secondo fu di 3 minuti. E’ davvero forte.

Anche Red Bull ha bei nomi…

Hanno Hindley che il Giro l’ha vinto nel 2022. Martinez, secondo nel 2024 che quest’anno ha cominciato a correre tardissimo e sarà freschissimo. Hanno ovviamente Roglic, il vincitore del 2023. E hanno Pellizzari. Magari Roglic rischia di sentirsi stretto, è una situazione che a me non esalterebbe, ma è innegabile che la squadra ci sia.

Giro d’Italia 2021, Bernal e la sua maglia rosa, fra Caruso e Simon Yates: il colombiano avrà quello stesso livello?
Giro d’Italia 2021, Bernal e la sua maglia rosa, fra Caruso e Simon Yates: il colombiano avrà quello stesso livello?
E Ciccone?

Deve assolutamente far classifica, come Carapaz, Landa, Gee e anche Piganzoli, che penso possa fare un buon Giro. E’ un ragazzo costante, si è allenato bene, poi chiaramente con i consigli di Ivan (Basso, ndr) e di Contador può gestirsi benissimo.

Cosa diciamo del gran finale in Val d’Aosta?

Il gran finale è il gran finale, la Val d’Aosta non ti regala niente. Il primo giorno, si fanno Tzecore, Saint Panthaleon, Col de Joux e Antagnod. Il San Panthaleon si fece nel 1997, nella tappa di Cervinia la vinse Gotti, secondo Miceli, terzo io. Fu il mio primo risultato importante e ricordo che attaccai. All’inizio ci stavano riprendendo, ma con me avevo Gotti. Non dico che quel giorno gli feci vincere il Giro, ma quasi. Io attaccai, lui mi venne dietro in discese e alla fine vinse. Ho un bel ricordo di quella salita, perché c’era anche nell’unico Giro della Valle d’Aosta che abbia mai fatto. Sono 5.000 metri di dislivello ed è il 19° giorno.

E l’indomani, casomai fosse poco, si arriva a Sestriere dopo il Colle delle Finestre…

Il Finestre è duro, lungo e sterrato. Ventesima tappa, può cambiare ancora tutto.

Colle delle Finestre, Giro d'Italia 2018
La 20ª tappa del Giro d’Italia si concluderà a Sestriere dopo la scalata del Colle delle Finestre e potrebbe cambiare ancora tutto
Colle delle Finestre, Giro d'Italia 2018
La 20ª tappa del Giro d’Italia si concluderà a Sestriere dopo la scalata del Colle delle Finestre e potrebbe cambiare ancora tutto
Emozionato di raccontare un Giro così con Pancani?

Avevo già fatto due Tour come primo commento: uno con Andrea De Luca e uno con Rizzato. Con Pancani abbiamo fatto altre corse, però per me commentare il Giro dopo 12 anni di gavetta è una bella soddisfazione. Si dice che per gli italiani il Giro è il Giro, lo è anche per noi commentatori italiani. E per me che il Giro l’ho vinto, ha davvero un sapore speciale…

Roglic verso il Giro: serenità e grinta. A tu per tu con Gasparotto

22.04.2025
5 min
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Non solo classiche. Al Giro d’Italia mancano ormai meno di tre settimane e la voglia della corsa rosa inizia a farsi sentire. Uno dei protagonisti sarà un corridore di cui in questi mesi si è parlato molto poco, ma che il Giro lo ha già vinto: Primoz Roglic.

Il leader della Red Bull-Bora Hansgrohe ha conquistato la Volta a Catalunya con una grande azione, battendo quello che sulla carta dovrebbe essere il suo rivale principale al Giro: Juan Ayuso. Di questo, ma anche dell’avvicinamento alla grande partenza da Durazzo, abbiamo parlato con Enrico Gasparotto, direttore sportivo del team di Roglic.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è alla quarta stagione sull’ammiraglia della Red Bull-Bora (foto Instagram)
Gasparotto (classe 1982) è alla quarta stagione sull’ammiraglia della Red Bull-Bora (foto Instagram)
Enrico, partiamo dal Catalunya. Un gran bel Roglic e immaginiamo belle risposte per voi…

Direi bellissimi segnali, di risposte uno come Primoz non ne ha bisogno. Non credo ci si sia mai fatti delle domande su di lui. Preferisco definire così quella sua prestazione. Primoz ha interpretato la corsa in modo spensierato. E’ famoso per essere attendista e sfruttare il suo spunto veloce nel finale, per attacchi brevi, invece a Barcellona, nella tappa finale, ci ha regalato un bello show.

Te lo aspettavi già in questa condizione?

Torno a dire che è stato un bel segnale. Credetemi quando vi dico che lui alle corse parte per vincere e mai per fare secondo. In Algarve, alla prima gara stagionale, sapeva di non essere al top e per questo è partito senza pressioni e con una certa consapevolezza e nonostante tutto ha finito in crescendo con una buona crono. Al Catalunya invece, che è anche più adatto alle sue caratteristiche, immaginavo volesse vincere.

In effetti la tappa finale con il circuito del Montjuic è stata spettacolare. Puoi dirci della vostra tattica?

Quella tappa così esplosiva è stata figlia della cancellazione per maltempo della frazione del giorno prima. Se ci fosse stata la tappa come previsto, che era dura e con arrivo in salita, sicuramente il Catalunya si sarebbe deciso lì e non sul Montjuic. E il fatto che Primoz si sia mosso in prima persona, abbia preso in mano la situazione, è un grandissimo segnale. La dice lunga sul suo stato anche mentale.

Ayuso e Roglic il preannunciato, grande, duello del prossimo Giro d’Italia
Ayuso e Roglic il preannunciato, grande, duello del prossimo Giro d’Italia
A proposito di stato mentale, Enrico, passiamo ad altri aspetti. E’ il secondo anno che ci lavori, che Roglic hai trovato? E’ cambiato qualcosa?

Forse bisogna fare un passo indietro. Io e Primoz ci eravamo visti tante volte al Teide quando ancora correvo. Lui magari veniva lì qualche giorno prima della sua squadra e stando da soli ci siamo conosciuti bene come persone e come atleti. Delle differenze ci sono. L’anno scorso era al primo anno e Primoz ha trovato un nuovo ambiente, cosa non facile o scontata per lui. Bisogna infatti considerare che Roglic sino ad allora era sempre stato nella stessa squadra, nello stesso gruppo. A prescindere dal nome, era sempre Visma. Pertanto qui da noi ha trovato un approccio diverso.

Chiaro…

Ma dopo 12 mesi anche lui si è inserito nei meccanismi, nella nostra mentalità, in quella dello staff. Ora conosce tutti. In più abbiamo aggiunto delle nuove figure: nutrizionista, ingegnere aerodinamico, mental performance coach. Insomma era come se Roglic fosse uscito dal guscio l’anno scorso. Bisognava conoscersi. E questo valeva da entrambe le parti: lui e noi, la squadra. Non sapevamo come prenderci e non è stato facile. Lui abituato a certi metodi e noi con un corridore così grande. All’inizio non è stato facile, ma già a fine stagione le cose erano diverse e adesso in questo 2025 è molto più rilassato, più a suo agio. Lo siamo tutti. Ed è più facile parlare.

E non è cosa da poco. Nelle poche apparizioni lo abbiamo visto più sereno, quindi confermi anche tu questa sensazione?

Primoz è sempre stato sereno. A parte quando si è dovuto ritirare dal Tour, lì era giù. Consideriamo anche che Roglic ha un palmares incredibile e non deve dimostrare niente a nessuno. La cosa bella è che lui si diverte, nonostante la sua esperienza. Prima vi ho detto che saliva prima sul Teide: ebbene, a lui piace andare lassù. E’ un posto speciale, gli piace correre, preparare gli obiettivi. Se ancora provi piacere in tutto questo, nel tuo mestiere, è normale che tu sia sereno.

Roglic scatenato sul Montjuic: 20 km di fuga solitaria e una vittoria di peso in casa di Auyso
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Spostiamoci un po’ sul Giro: al Catalunya Roglic batte Ayuso. Ne avete parlato di questo duello?

Decisamente se ne parla. Ma attenzione, il Catalunya non è il Giro. Il Giro dura tre settimane ed è una corsa che storicamente ha mille insidie, anche più del Tour. Ha tante tappe medio-dure in cui non puoi mai mollare… e questo è il bello del Giro. Noi rispettiamo tutti, Ayuso e non solo, ma come squadra e con un corridore del calibro di Roglic pensiamo solo a fare bene i “compiti per casa” per arrivare all’appuntamento nel miglior modo possibile. Stiamo ovviamente studiando le variabili nelle varie tappe, facciamo analisi sugli avversari, sul meteo…

Enrico, alla fine Primoz arriva al Giro con sole due gare: Algarve e Catalunya, per un totale di dieci giorni di corsa. Non avete mai pensato d’inserire la Liegi?

No, questo è quello che era stato deciso ad inizio stagione e questo è quello che si fa. Ricordo che dopo il Giro Primoz ha il Tour de France. Non è la prima volta che fa delle doppiette. Quando abbiamo analizzato questo doppio impegno sulle tre settimane, Roglic ha sempre vinto la seconda gara, in pratica la Vuelta. Solo che in quel caso eravamo a fine stagione, dopo il Tour invece è ancora lunga. E a fine stagione c’è un mondiale molto duro, adatto agli scalatori.

Insomma, non finisce a luglio la sua stagione…

No, e poi è vero che gli piace allenarsi, stare all’altitudine come dicevo, ma consideriamo che ha anche una famiglia e deve stare fuori casa una marea di giorni l’anno… E poi, ripensando alla domanda: la Liegi l’ha vinta!

Ultima domanda Enrico, hai detto del Tour dopo il Giro. Ma in Italia viene per la maglia rosa o per “allenarsi”?

Ve l’ho detto prima, Roglic parte per vincere e non per fare secondo!

Pellizzari, Roglic e il Catalunya: 7 giorni all’università

02.04.2025
6 min
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Basta sbirciare tra i vari post Instagram di Giulio Pellizzari per rendersi conto di come il marchigiano si sia ben integrato nella Red Bull-Bora-Hansgrohe e abbia stretto un bel legame con Roglic. Il Catalunya lo ha mostrato nella veste di uomo di fiducia e considerando il fatto che lo sloveno si è aggiudicato la classifica finale, si può dire senza il rischio di essere smentiti che la collaborazione abbia dato ottimi frutti.

Quando ci risponde, Giulio è finalmente a casa. La stagione finora è vissuta sulle prime tre corse a Mallorca. Poi tre settimane di ritiro sul Teide. Il Catalunya. E ora, dopo questi pochi giorni a Camerino, ripartirà di nuovo per l’altura, in attesa di ricevere il resto del programma. Intanto fra i segnali da interpretare c’è che il Giro dei Paesi Baschi è stato tolto dal calendario, perché ritenuto troppo pesante dopo il Catalunya. Su tutto aleggia la suggestione del Giro d’Italia, che per ora tuttavia non è nei programmi.

Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Hai pubblicato un post in cui racconti della conoscenza con Roglic e di come adesso per te sia semplicemente Primoz.

Non posso dire che siamo amici, non andiamo a cena insieme. Però c’è un rapporto di stima. Vedendo tutte le attenzioni che ha quando è giù dalla bici, cerco di disturbarlo il meno possibile. Per me è una persona normale, forse mi ha preso bene perché lo tratto come se fosse uno qualunque. Ho tante domande, gliele faccio per curiosità. Mi racconta aneddoti, quindi è bello starlo a sentire.

Al Catalunya sei sembrato protagonista anche nel tuo ruolo da gregario, con uno scopo ben chiaro.

Sono arrivato con un po’ di timore, perché avevo corso pochissimo. Avevo fatto le tre gare di Mallorca, ma al Catalunya c’era un altro livello, quindi avevo qualche dubbio. Invece col passare dei giorni, sono andato sempre meglio. Sinceramente non mi aspettavo neanche io di andare così forte, ho fatto i migliori valori della vita, quindi si vede che prima ho lavorato bene.

Vuol dire che tanta altura ha funzionato. Come sono state quelle tre settimane?

Sono passate velocissime, non credevo. Eravamo tutti quelli del Catalunya, a parte Tratnik. C’erano Wandahl, Hajek, Nico Denz, Roglic, Aleotti, poi Meeus e anche Pithie. Sono state giornate piene. Sei lassù per allenarti, fai da 26 a 28 ore a settimana. Per cui rientri alle quattro, hai giusto il tempo di fare pranzo, massaggio, aspetti l’ora di cena. Dopo cena partita a FIFA con Jordy Meeus, chiamata alla mia ragazza e poi via a letto.

Chi vinceva a FIFA con Jordy Meeus?

Ha vinto sempre lui, ho perso 200 euro (ride di gusto, ndr)…

Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Come è stato vivere il Catalunya nella squadra del vincitore?

Finché ero alla Bardiani, magari c’ero io al centro e avevo addosso tanta pressione. Si potrebbe pensare che avendo un leader da aiutare, ce ne sia di meno, invece vuoi essere all’altezza del ruolo. Magari l’anno scorso arrivavo alle gare e, comunque andasse, la vivevo senza troppi pensieri. Ora invece riconosci i sacrifici della squadra. Pensi al ritiro sul Teide e al fatto che hanno prenotato le stanze per quattro mesi. Massaggiatori, meccanici, voli: per la squadra sono sacrifici. Per cui un po’ di pressione c’era ugualmente e sono stato contento quando dopo la prima tappa Ralf Denk (il general manager della squadra, ndr) mi ha abbracciato tutto contento e mi ha detto che ero stato bravo ed ero andato forte. Ho sentito la loro fiducia. Fino a quel momento avevo visto tante gare in televisione e mi era venuta voglia di dimostrare che anche io fossi forte.

Che effetto fa lavorare per un altro?

Un bagaglio di esperienza enorme. Mi hanno detto che il miglior capitano è quello che è stato gregario e io sono sicuro che arriverà anche il mio momento.

Sei sembrato anche più composto in bicicletta: c’è voluto tanto per abituarsi alla nuova posizione?

Pochissimo. Sono andato da loro a ottobre, mi hanno cambiato la posizione e mi hanno detto di andare. Sono partiti dalla vecchia posizione e hanno messo a punto la nuova. Una sera del Catalunya mi ha chiamato Wladimir Belli e mi ha chiesto se finalmente fossi diventato composto sulla bicicletta. Non so come sia successo, però anche in bici mi sento proprio bene. Sono un po’ più basso di sella, più corto di 5 millimetri e ho il manubrio più stretto.

Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Come ti trovi con la sella più bassa?

Sento che spingo meglio. Come quando uno è a tutta e va in punta di sella, anche a crono. Ora vado tanto in punta di sella, sento che spingo meglio così che da dietro. Lavoro più con il quadricipite, sento di fare più forza.

In quale momento del Catalunya ti sei sentito meglio?

Nella tappa in cui ho fatto decimo, mi pare la quarta. Sono partito male, ero imballato, avevo sensazioni bruttissime. Poi sono arrivate le montagne, mi sono sbloccato e sull’ultima salita non sentivo la catena. Volavo sulle ali dell’entusiasmo, ero proprio felice. Da quel momento ho cercato di fare quello che mi diceva la squadra e quello che mi chiedeva Primoz. Ho tirato. Ho fatto il gregario, però alla fine il lavoro pesante l’ha fatto tutto la UAE. Io ho tirato qualche salita, ma sono stato spesso accanto a lui. Ho preso le misure e nell’ultima tappa sono riuscito a capire quello che voleva senza che quasi dovessero dirmi nulla.

In tutto questo, Aleotti è il tuo maestro di vita nel team?

Al Catalunya eravamo in camera insieme e mi ha dato tanti consigli. Anche il giorno che io ho fatto decimo e ha vinto Primoz, io ero a ruota di Landa quando è partito Ayuso. Non sapevo se dovessi seguirlo, se tirare, che cosa volesse lui. Invece Aleotti dopo la tappa mi ha detto che in questi casi devo spostarmi sempre, perché Primoz ci pensa da solo. Consigli di questo genere. Lui ormai è nei meccanismi della squadra da tre anni. Mi ha detto di seguirlo nel giorno dei ventagli, però purtroppo non ci sono riuscito. Mi ha davvero aiutato tanto.

Come va con l’inglese?

Meglio! All’inizio avevo paura di parlare, adesso invece parlo e sbaglio. E quando sbaglio, mi metto a ridere e loro ridono assieme a me, questo è positivo. In corsa invece, sull’ammiraglia c’era Patxi Vila. Lui è spagnolo, quindi il suo inglese è simile al nostro per cui lo capivo bene.

Prossima altura nuovamente sul Teide?

Esatto, già dalla prossima settimana. Se lo avessi saputo, avrei lasciato su la valigia. Molto meglio tenerla in hotel che andare in giro con un bagaglio di 40 chili. Qua piove e fa freddo, non mi dispiace tornare al caldo. Di quello che verrà non so ancora. Si sta parlando di varie ipotesi, però è meglio aspettare e non crearsi false attese.

Alé ancora con la Federazione slovena: insieme fino al 2028!

31.03.2025
3 min
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La Federazione Ciclistica Slovena (KZS) e Alé hanno recentemente svelato la nuova livrea ufficiale che verrà indossata dalle nazionali di ciclismo. Questo design esclusivo accompagnerà gli atleti nelle competizioni più prestigiose, tra cui i campionati mondiali ed europei di tutte le discipline ciclistiche, le Olimpiadi di Los Angeles 2028 e numerosi altri eventi internazionali.

Alé, brand tutto italiano e di vertice nel settore dell’abbigliamento tecnico per il ciclismo, fornirà a tutti gli atleti divise all’avanguardia, studiate per garantire il massimo delle prestazioni. L’equipaggiamento include completi estivi e invernali, oltre ad accessori tecnici progettati con un’attenzione particolare all’aerodinamicità, al comfort e all’innovazione.

Il “Slovenian Green”, colore iconico della nazionale, resta il fulcro del nuovo design, arricchito da eleganti sfumature geometriche in blu scuro sul petto. I pantaloncini, anch’essi in blu scuro, riprendono i dettagli grafici della maglia, creando un look distintivo e sofisticato. Questa nuova divisa appartiene alla collezione PR-S di Alé, sviluppata per le squadre professionistiche e realizzata con tessuti di ultima generazione, capaci di offrire una vestibilità “racing” e un’aerodinamicità ottimale.

Nel 2025, la nazionale slovena sarà rappresentata da alcuni dei ciclisti più talentuosi del panorama internazionale. Oltre al campione del mondo in carica Tadej Pogacar (nella foto di apertura in azione ai trionfali mondiali di Zurigo 2024), Primoz Roglic e Matej Mohoric, indosseranno la nuova divisa anche atleti del calibro di Jan Tratnik, Domen Novak, Luka Mezgec, Urska Zisgart e Marusa Tereza Serkezi, campionessa europea juniores XCO. Anche le selezioni nazionali di mtb e BMX porteranno in gara i colori della Slovenia con l’abbigliamento firmato Alé.

La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi
La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi

Verso nuovi trionfi

«Siamo davvero entusiasti di continuare a vestire la nazionale slovena di ciclismo – ha dichiarato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG – ovvero una delle selezioni più forti al mondo, con atleti straordinari. Per noi di Alé, essere al loro fianco nei più importanti eventi internazionali è motivo di grande orgoglio. Questa collaborazione ci permette non solo di contribuire alle loro performance, ma anche di ricevere feedback tecnici preziosi per migliorare costantemente i nostri prodotti».

La partnership tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena è stata estesa fino al 2028, un rinnovo anticipato che testimonia il valore di questa sinergia. 

«Già prima dei Campionati del Mondo dello scorso anno». Ha commentato Pavel Mardonovic, il Presidente della Federazione Ciclistica Slovena «Dove Tadej Pogacar ha conquistato la medaglia d’oro, avevamo deciso di prolungare la nostra collaborazione. Alé rappresenta un partner affidabile, capace di offrire ai nostri atleti abbigliamento di altissima qualità, frutto di innovazione e ricerca costante. Con questa nuova divisa, Alé rinnova il proprio impegno con il movimento ciclistico sloveno, offrendo ai nostri corridori capi progettati per esaltare le loro performance e accompagnarli verso nuovi trionfi».

Alé

Partito il Catalunya, antipasto di Giro e non solo. Parla Pozzovivo

25.03.2025
6 min
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Con la volata di ieri a Sant Feliu de Guixols vinta da Matthew Brennan si è aperta la Volta Ciclista a Catalunya, una delle corse più attese e anche più importanti. Quest’anno sette tappe per un totale di 1.182 chilometri e 19.122 metri di dislivello. E stavolta è ancora più attesa per chi aspira al Giro d’Italia visto che si sfidano Primoz Roglic e Juan Ayuso, probabilmente i due contendenti principali per la maglia rosa.

Per entrare meglio nei meandri di questa corsa, tanto particolare, secondo molti la più difficile insieme a Paesi Baschi e Delfinato per l’intensità con cui viene affrontata, ci siamo rivolti a Domenico Pozzovivo. L’esperto lucano, oltre ad avere una certa esperienza (anche) in questa gara, è stato l’ultimo italiano a salire sul podio: terzo nel 2015 e vincitore di una tappa (nella foto di apertura). Strategie, percorsi, salite, il duello Ayuso-Roglic, sentiamo il Pozzo nazionale!

La Catalunya è la regione di Barcellona. Si trova nel Nord Est della Spagna. Sette le tappe previste
La Catalunya è la regione di Barcellona. Si trova nel Nord Est della Spagna. Sette le tappe previste
Domenico, ecco dunque il Catalunya: che gara è? Pensando anche alla Parigi-Nizza, alla Tirreno Adriatico o ai Paesi Baschi, come si colloca?

In generale come starting list e come caratteristiche dei corridori che vengono schierati dalle squadre è una delle gare con meno peso al via. E per peso intendo proprio il peso medio dei corridori. Facendo la media del peso dei corridori partenti, al Catalunya e ai Paesi Baschi siamo al minimo dell’anno. Ci sono tante squadre che vanno senza velocista, addirittura. Di solito nelle squadre ci sono due passisti e un velocista per coprire le volate, ma al Catalunya capita spesso di avere zero velocisti e forse neanche un passista o comunque gente sopra gli 80 chili.

Anche ieri in effetti, nonostante un percorso veloce, c’è stato uno sprint anomalo con 23 atleti nel primo gruppo. Un drappello misto di sprinter e uomini di classifica…

Quest’anno ci sono un paio di occasioni per i velocisti puri, però la startlist è rimasta molto povera di sprinter, a parte Dainese, Groves e pochi altri. Questo rende la corsa meno scontata anche nelle tappe più facili. Non essendoci un blocco o tre-quattro squadre che vogliono tenere chiusa la corsa, tutto diventa più imprevedibile, anche in una tappa come quella di ieri, che tra l’altro era molto frastagliata nel finale.

Che tipo di percorsi ci sono in quella regione della Spagna? E in particolare come sono le salite della Catalunya?

A me piacevano molto perché le strade sono in perfette condizioni. In Catalunya è difficile trovare buche. Si pedala spesso su statali o strade ampie, anche gli arrivi in salita non sono su strade strette di montagna. Sono salite lunghe, con pendenze non impossibili. Per esempio, l’arrivo alla Molina è abbastanza in alto, e poco prima si arriva quasi a 2.000 metri (Coll de la Creueta, ndr) e il freddo può essere un fattore.

La vittoria di ieri di Matthew Brennan, una stoccata d finisseur
La vittoria di ieri di Matthew Brennan, una stoccata d finisseur
Anche l’arrivo al Montserrat, quarta tappa, è interessante…

La salita è molto costante, intorno al 7 per cento, lunga circa 7 chilometri. L’ultimo chilometro e mezzo è più facile: perfetta per Roglic. Lo scenario è spettacolare, con il monastero incastonato nella roccia. Questi arrivi fanno la differenza. Differenza nel ciclismo moderno, in cui i distacchi sono sempre contenuti.

Chiaro…

Poi c’è la salita di La Queralt, che arriva al termine di quella che considero la tappa regina, la sesta, nonostante quella di La Molina sia più lunga e con più dislivello. Qui ci sono scalate in successione. La salita di Queralt è lunga circa 8,5-9 chilometri con pendenza media del 7,5 per cento. Non è estrema, ma impegnativa, soprattutto nel contesto di una tappa che, come ho detto, ha un susseguirsi di salite.

E del circuito finale, con il Montjuic, cosa ci dici? Può fare selezione?

Può fare selezione se è preso forte sin dal primo dei suoi sei passaggi. Magari può anche rimescolare un po’ le carte nella generale, ma va preso di petto con la squadra, perché poi in discesa ci si ricompatta in qualche modo se davanti qualcuno non tira. Tutti pensano al Montjuic, ma il pezzo più duro si ha nella discesa. Si fa il giro dello stadio e poi c’è una svolta a destra. Da lì si fa uno strappo duro, spaccagambe davvero. Chi ha fatto il Catalunya se lo ricorda sicuro!

Il grande atteso Primoz Roglic. Lo sloveno ha già vinto il Catalunya nel 2023
Il grande atteso Primoz Roglic. Lo sloveno ha già vinto il Catalunya nel 2023
Queste, Domenico, sono le prime vere salite lunghe della stagione. Cosa cambia rispetto a quelle più brevi? Portano dati importanti ai fini della preparazione?

Sì, alla fine di questa gara probabilmente esci con qualche record stagionale sui minutaggi più lunghi. In allenamento è difficile spingerti oltre 30-40 minuti di sforzo intenso. Qui invece affronti salite che ti portano anche mezz’ora o più di sforzo continuo. Questo ti permette di capire eventuali carenze che hai su certi range di durata e intensità, dandoti indicazioni utili per il lavoro successivo.

Veniamo un po’ al parterre. Ci sono Quintana, Carapaz, Mas, Thomas… un ottimo livello, ma le due stelle, pensando anche al Giro, sono Ayuso e Roglic. Come affronteranno questa corsa? Si sfideranno già a viso aperto o si studieranno?

Visto il loro carattere e il loro modo di correre, Roglic probabilmente studierà l’avversario e cercherà di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, magari con un’azione all’arrivo o in volata. Ayuso invece lo vedo più intraprendente, più propenso a segnare il territorio e a dimostrare che sarà competitivo al massimo al Giro. Secondo me cercherà azioni più da lontano.

Il percorso, considerando le salite e l’assenza di velocisti, per chi ti sembra più adatto tra i due?

Lo vedo calibrato su Roglic. Ci sono due arrivi perfetti per lui: la Molina e il Montserrat. La Molina è una salita abbastanza regolare, con una discesina e poi l’ultimo chilometro che torna a tirare. Quando Roglic è in forma riesce a fare la differenza su questi tipi di arrivi perché sa dare un’altra sgasata quando è in asfissia. Anche il Montserrat, con le sue pendenze costanti e il finale più facile, è perfetto per le caratteristiche di Primoz.

Ayuso, affamato come sempre, vorrà vincere sulle strade di casa
Ayuso, affamato come sempre, vorrà vincere sulle strade di casa
Vedi altri protagonisti oltre a loro due?

Carapaz finora ha un po’ deluso, ma potrebbe aver carburato. Arrivando dal Sud America, spesso l’altitudine richiede tempo per ritrovare la miglior condizione. Poi c’è Landa, la costanza fatta persona e sicuramente sarà da top cinque e non è poco. Ma io sono curioso di vedere Giulio Pellizzari.

Perché?

E’ un ragazzo interessante. Ci ho corso insieme e so che ha numeri importanti, correrà in appoggio a Roglic ovviamente. Giulio deve avere pazienza, gestire il suo ruolo e salire di gerarchia con il tempo. Alla fine, quando hai talento, lo spazio lo trovi anche se sei in uno squadrone come la Red Bull-Bora.

Il punto su Roglic: dopo Algarve, Catalunya e subito il Giro

28.02.2025
4 min
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Tra i grandissimi che si sono visti in corsa la scorsa settimana c’era finalmente anche Primoz Roglic. Lo sloveno è la grande stella annunciata del prossimo Giro d’Italia, il primo Grande Giro in programma. E’ chiaro, dunque, che ci fosse parecchia curiosità intorno a lui, tanto più che torna alla corsa rosa dopo averla vinta alla sua ultima partecipazione.

L’atleta della Red Bull-Bora-Hansgrohe ha esordito alla Volta ao Algarve e ne è uscito con un rincuorante ottavo posto. Ma “rincuorante” è un termine che va analizzato per bene. Al netto dell’acqua gettata sul fuoco, infatti, i 49” incassati da Vingegaard nei 19,6 chilometri della crono finale hanno un certo peso.

Roglic ha ritrovato il suo ex compagno (alla Jumbo-Visma) e amico, Jan Tratnik
Roglic ha ritrovato il suo ex compagno (alla Jumbo-Visma) e amico, Jan Tratnik

Quasi allarme

Roglic, come sempre, è parso sereno, mite… e di poche parole. Dopo la crono si è limitato a dire: «Mi sono divertito molto ed è stato bello. Non ho raggiunto il massimo e non sono stato il miglior Primoz in Algarve. Ho davvero deciso che era solo l’inizio della stagione e che ho ancora molto lavoro da fare».

Il che può anche starci. Chi deve andare forte al Giro (e poi anche al Tour) è normale che non sia già al top e che la condizione cresca progressivamente, ma il distacco resta importante. Il picco di forma Roglic dovrà toccarlo a maggio. Tuttavia ci sono alcuni aspetti da considerare.

Una cosa che ha colpito più di qualcuno è stato il comportamento della Red Bull-Bora nella seconda tappa, quella in salita. A un certo punto della frazione, quando ormai mancavano meno di 20 chilometri all’arrivo, Tratnik e un altro compagno hanno preso in mano la situazione, quasi a voler spianare il terreno a Roglic.

Tutto lasciava presagire un suo attacco. Poi, però, ad affondare il colpo sono stati altri: Almeida e Christen, entrambi della UAE Emirates, e Primoz si è trovato a correre di rimessa. Ecco dunque un primo indizio che qualcosa non ha funzionato. O non è andata secondo le aspettative.

Roglic durante i test in pista a Mallorca (foto Instagram)
Roglic durante i test in pista a Mallorca (foto Instagram)

Verso il Giro

Roglic e la Red Bull hanno previsto un avvicinamento al Giro d’Italia con grandi volumi di allenamento, anche in altura, e poche gare. Oltre all’Algarve, Primoz prenderà parte solo al Catalunya. E’ chiaro, dunque, che in Portogallo fosse davvero lì per “allenarsi”.

«Mancavo dall’Algarve da un po’ – ha detto Roglic – bisognava pur iniziare da qualche parte. Per me questa è stata una semplice corsa per cominciare a mettere i primi chilometri di gara nelle gambe. Sono venuto anche per la crono finale che era importante per noi. Come è andata? Io sono tranquillo: sono esattamente dove dovevo essere».

Che sulla crono ci fosse grande interesse è vero. E questo non solo ai fini della prestazione, ma anche per verificare le piccole modifiche effettuate durante l’inverno. Roglic e Specialized hanno lavorato anche in pista.

Lo sloveno ha chiuso la crono all’11° posto e la generale all’8° a 53″ da Vingegaard
Lo sloveno ha chiuso la crono all’11° posto e la generale all’8° a 53″ da Vingegaard

Quasi come nel 2023

Da casa Red Bull-Bora e lo stesso Roglic non sono arrivate grandi dichiarazioni. E allora si possono generare dei ragionamenti. Fare solo due gare prima del Giro è una bella scommessa. Questo perché Roglic vuole fare anche il Tour e, da quel che trapela, non per andare a caccia di tappe. Lo sloveno e il suo staff vogliono quindi limitare al massimo gli sforzi “non controllati”, come ormai i preparatori chiamano le gare, e gestire invece i volumi e i carichi in allenamento.

A questo punto però viene da chiedersi se davvero potrà funzionare in vista del Giro: a 35 anni suonati, solo 12 giorni di corsa in totale, l’ultimo dei quali a 39 giorni dall’inizio della corsa rosa sono pochini. Va però detto che anche nel 2023, quando poi conquistò la maglia rosa, fece un percorso simile, con la Tirreno al posto dell’Algarve, per un totale di 14 giorni di gara. Probabilmente questa scelta è stata fatta per gestire l’altura in modo differente, cosa che potrebbe essere un passaggio chiave sulla via del successo.

«La strada è quella giusta – ha detto Primoz a botta calda alle TV dopo la crono – non ero al top, ma mi sono sentito bene». Diamogli fiducia, dunque. Il distacco nella crono, dicevamo, non è stato poco, però è anche vero che nel duro strappo finale lo sloveno è stato il più veloce. Ha guadagnato 3” anche su Vingegaard e questo ha dato una piccola, forse grande, spinta morale.

I numeri della triplice corona. Non c’è solo Pogacar in caccia

13.01.2025
6 min
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Non c’è intervista alla quale Tadej Pogacar si sottoponga che non ritorna fuori il discorso legato alla “triple crown”, la tripletta di grandi giri da conquistare. Per settimane lo scorso anno, vista la sua supremazia al Giro come al Tour, si è vagheggiata la sua partecipazione anche alla Vuelta, lo sloveno probabilmente non l’ha mai presa realmente in considerazione, anche se il fascino di centrare il tris nello stesso anno, per sua stessa ammissione lo stuzzica.

Merckx resta il primatista di successi in grandi giri, ben 11, uno più di Hinault
Merckx resta il primatista di successi in grandi giri, ben 11, uno più di Hinault

Il ritornello dei sette vincitori

Ad aver conquistato la vittoria al Giro come al Tour e alla Vuelta sono stati 7 corridori e questo è notorio. Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault, Contador, Nibali e Froome: sembra quasi una litania che moltissimi appassionati conoscono e recitano a memoria. Ma andando oltre questi campionissimi, il confronto fra le tre massime corse a tappe dice molto di più.

Partiamo intanto da una domanda: chi può aggiungersi a questa collezione? Pogacar prima di tutti, visto che Giro e Tour li ha già messi in carniere. Il campione del mondo non ha ancora sciolto la riserva su quale corsa affiancherà alla Grande Boucle, attende di conoscere il percorso del Giro ma tutto fa presagire che proverà a chiudere il cerchio già in questo 2025. In futuro potrebbe aggiungersi Jonas Vingegaard, se alla corsa rosa salirà di uno scalino, ossia conquisterà il trofeo da aggiungere alle due maglie gialle già nell’armadio. Primoz Roglic è anche più vicino, considerando che Giro e Vuelta li ha già vinti, ma con il Tour non ha un buon rapporto, anche se ha già detto che quest’anno ci riproverà, dopo essere tornato al Giro.

Roglic con il piatto della sua quarta Vuelta. Ma la beffa di Pogacar al Tour del 2020 resta una ferita aperta
Roglic con il piatto della sua quarta Vuelta. Ma la beffa di Pogacar al Tour del 2020 resta una ferita aperta

Chi può entrare nel cerchio magico

Dei ciclisti in attività ci sono altri che possono ambire al trittico, ma che gran parte della strada devono ancora compierla: Remco Evenepoel ha dalla sua la Vuelta, ma prima vuole sfatare il tabù Tour. Hindley ha vinto il Giro, potrà fare di più? Lo stesso dicasi per Kuss, che tra l’altro ha corso tutti e tre i giri nel 2023 vincendo la Vuelta e finendo non lontano dalla Top 10 nelle altre due (e anche questo per certi versi è un record).

Attenzione a Bernal, che ha dalla sua Giro e Tour già nel carniere e potrebbe anche sorprendere tutti. Due successi li ha anche Nairo Quintana, fra Giro e Vuelta, ma una sua vittoria al Tour verrebbe strapagata agli scommettitori… Con una vittoria, fra i corridori in attività ci sono Geraint Thomas, Simon Yates (che nel 2018 completò il trittico di successi tutto britannico dopo Froome al Giro e Thomas al Tour), Tao Geoghegan Hart e Richard Carapaz.

Joaquim Rodriguez, sul podio alla Vuelta 2010-12, Giro 2012, Tour 2013
Joaquim Rodriguez, sul podio alla Vuelta 2010-12, Giro 2012, Tour 2013

Sorpresa podi: Anquetil meglio di Merckx

Se guardiamo ai vincitori, abbiamo detto che abbiamo un Settebello, ma quanti sono coloro che vantano un podio in tutti e tre i grandi giri? Questo è un dato per certi versi sorprendente. Sono infatti ben 21 i corridori che ci sono riusciti, nessuno però nello stesso anno. Ci si attenderebbe che il record di presenze spetti a Merckx e invece non è così perché il Cannibale ne ha ottenuti 12 (5 al Giro, 6 Tour e 1 Vuelta) ma Anquetil fece ancora meglio, 13 con 6 presenze fra Giro e Tour più quella spagnola. A quota 12 ci sono anche Gimondi con 9 podi al Giro primato assoluto e Hinault, 11 invece per Nibali: lo Squalo ha ottenuto in carriera 6 podi al Giro, 2 al Tour e 3 alla Vuelta.

Spulciando l’elenco ci sono anche presenze curiose come quelle di Herman Van Springel, grande passista a cavallo degli anni Settanta più conosciuto come luogotenente di Merckx, oppure Joaquim Rodriguez, che a 3 podi alla Vuelta aggiunse anche due presenze fra Giro e Tour. Cinque i corridori ancora in attività che hanno fatto questa tripletta e sono nomi che abbiamo già citato: Quintana, Froome (11 come Nibali), Roglic, Carapaz e Pogacar, che ne ha 7, uno meno del connazionale.

Il successo di Petacchi a Marostica, Giro 2003, un anno magico con 15 tappe fra i tre grandi giri
Il successo di Petacchi a Marostica, Giro 2003, un anno magico con 15 tappe fra i tre grandi giri

Bahamontes ed Herrera, re degli scalatori

E nelle altre classifiche? Se prendiamo in esame gli scalatori, solamente due sono riusciti nell’impresa di conquistare il primo posto in tutte e tre le prove: lo spagnolo Federico Bahamontes, per 9 volte di cui 6 al Tour e il colombiano Luis Herrera, 5 volte con doppiette al Tour e alla Vuelta. Cinque invece i corridori con la triplice corona nella classifica a punti: naturalmente Merckx, ma anche Abdujaparov (che fece doppietta Giro-Tour nel 1994), Jalabert, il nostro Petacchi e Mark Cavendish che ha appena appeso la bici al classico chiodo. Il record di vittorie nella classifica a punti è però del tedesco Erik Zabel, ben 9, ma mai nella corsa rosa.

Veniamo alle tappe e anche qui i numeri stupiscono. Intanto qui si può parlare non solo di tripletta, ma anche contemporaneità e per ben tre corridori: lo spagnolo Miguel Poblet vinse nel 1956 3 tappe alla Vuelta (che si correva poco prima del Giro), 4 nella corsa rosa e una al Tour. Due anni dopo lo imitò Pierino Baffi che fece doppietta alla Vuelta, una vittoria al Giro e ben 3 al Tour. Spettacolare però il 2003 di Alessandro Petacchi, che mise in fila 6 tappe al Giro, 4 al Tour e 5 alla Vuelta.

Alaphilippe a Fano ha completato la sua collezione di tappe. Entrando in un “club” di 111 corridori
Alaphilippe a Fano ha completato la sua collezione di tappe. Entrando in un “club” di 111 corridori

La carica dei 111 vincitori di tappe

Se andiamo a considerare tutti i ciclisti che hanno vinto almeno una tappa in ognuno dei grandi giri, ne troviamo ben 111. Il primo su Fiorenzo Magni nel 1955. La cosa sorprendente è che nel 2024 sono stati ben 5 i corridori che si sono aggiunti alla lista: Pogacar e Alaphilippe hanno completato la collezione al Giro, Evenepoel e Carapaz al Tour, O’Connor alla Vuelta. Ma attenzione, perché in gruppo ci sono ben 39 corridori che possono aggiungersi a questa lista, ampia oltre ogni previsione.

Al Giro ci proveranno con tutta probabilità Vingegaard, Van Aert, Adam Yates, Majka e Bardet. Al Tour potrebbero provarci in 11 e fra questi ci sono anche i nostri Dainese, Ganna, Caruso e Brambilla (poi chiaramente dipenderà se la corsa potranno innanzitutto disputarla…). Con loro anche gente accreditata come Landa e Groves. Una dozzina coloro che possono completare la collezione alla Vuelta dove spiccano Démare, Merlier, Girmay e Van der Poel, che d’altronde la prova spagnola non l’ha mai corsa.