Search

Emilia, derby sloveno a Roglic. Che saluta la Jumbo…

01.10.2023
6 min
Salva

SAN LUCA – Le terribili rampe che dall’Arco del Meloncello conducono alla Basilica di San Luca sono come quelle delle scale di casa sua per Primoz Roglic. Le conosce a memoria e non sbaglia mai, o quasi. Il capitano della Jumbo-Visma vince il Giro dell’Emilia per la terza volta (su quattro partecipazioni) ed anche il derby sloveno, anticipando Tadej Pogacar poco prima del traguardo, mentre terzo arriva Simon Yates.

Con il successo numero 15 in quella che è già la sua migliore annata in termini di risultati, Roglic ha aperto il trittico di sfide al suo connazionale della UAE Emirates (rivincite martedì alla Tre Valli Varesine e sabato prossimo al Lombardia) e ha iniziato a chiudere i conti con la sua attuale formazione. Il vincitore del Giro di quest’anno, per sua stessa ammissione prima del via, lascerà la Jumbo-Visma dopo otto stagioni e vuole farlo nel migliore dei modi.

Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera
Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera

Testa a testa emiliano

La ristretta zona dietro al palco delle premiazioni è un porto di mare. Chiunque si infila oltre le transenne per strappare un autografo o un selfie con i primi classificati. C’è anche una ragazzina emiliana che nella notte ha fatto un cartellone in sloveno per il suo idolo Roglic. D’altronde con due campioni come lui e Pogacar diventa praticamente impossibile arginare questa ondata di persone con buona pace di massaggiatori, stampa e chaperon. Il botta e risposta a distanza lo inizia Pogacar che scende le scale del podio con in braccio la classica mega-mortadella ed un’espressione che tradisce delusione. L’impressione è che Tadej dal Tour in poi non riesca o non sappia come battere i Jumbo. Forse è più questo stato d’animo che lo affligge piuttosto che il secondo posto in sè.

«Ho provato ad attaccare – spiega Pogacar in mezzo alla folla – ma non è stato sufficiente. Avrei dovuto affrontare il pezzo più duro ad una velocità molto più alta, ma non sono ci sono riuscito. Alla fine eravamo tutti stanchi all’ultimo giro. Sapevo che si sarebbe deciso negli ultimi 400 metri perché eravamo in tanti. Però ci ho provato lo stesso e Roglic ci ha infilati nel finale. Sì, è stato un bell’uno-due sloveno ma preferivo a posizioni invertite».

Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso
Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso

«Vincere sul San Luca – racconta Roglic con un sorriso disteso mentre è anche lui circondato dalla gente – è sempre una sensazione incredibile. Amo tantissimo questa gara, credo che lo possiate capire. Questa salita è ricca di storia e rende la gara iconica, ecco perché mi piace. Il finale è stato comunque molto duro, San Luca è doloroso. Quindi se sei in grado di soffrire puoi vincere qua in cima. Quando ho sentito di stare bene, ho deciso di dare il massimo nell’ultimo chilometro. Se non ci provi non puoi mai saperlo. Così sono partito, ho visto che avevo preso margine ed ho tirato dritto. E poi sono felice di aver vinto anche per il tifo, che è sempre incredibile».

Rivincite lombarde

I due sloveni sanno che ci sono ancora il secondo e terzo atto del loro personale derby, e che non sono corse semplici. Se Roglic ha vinto tre volte l’Emilia e Pogacar ha raccolto solo due secondi posti, è anche vero che Tadej ha conquistato due Lombardia mentre Primoz non è mai andato a podio. Ecco perché anche quest’anno la classica delle foglie morte sarà la portata principale con la Tre Valli Varesine (vinta da Pogacar nel 2022) a fare da gustoso antipasto.

Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic
Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic

«Sicuramente partirò per le corse lombarde – aggiunge Roglic – con più serenità sapendo di aver vinto una bella gara come l’Emilia. Però non posso rilassarmi più di tanto perché al Lombardia non sono mai stato altrettanto bravo come qua o come volevo (miglior piazzamento un quarto posto nel 2021, ndr). Adesso ho una buona condizione e stavolta ci terrei a fare una grande gara».

«Ogni anno al Giro dell’Emilia miglioro sempre un po’ di più – analizza Pogacar – ma non abbastanza per vincere. Anche se non è arrivato il risultato pieno la squadra ha dimostrato di andare forte facendo un gran lavoro, quindi sarà importante fare la stessa cosa anche prossima settimana. Tuttavia vedremo come andrà ora il finale di stagione. Chi arriva in forma quassù significa che sarà davanti anche alle corse lombarde. L’anno scorso sono arrivato stanco al finale di stagione. Quest’anno mi sento un po’ meglio ma sarà tutto da vedere».

Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza
Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza

Toto-squadra per Primoz

Forse non è un caso che Roglic abbia scelto il Giro dell’Emilia per annunciare che nel 2024 correrà per un’altra squadra. E’ la gara di fine stagione che preferisce di più e svelando questa notizia probabilmente è come se si fosse liberato di un piccolo peso. Ovvero, attirare le attenzioni su di sé con questa novità per nascondere eventualmente un cattivo risultato. Ed invece il leader della Jumbo-Visma è stato ben nascosto in corsa lasciandone il peso alla UAE per poi colpire come sa fare lui. Mentre lo accompagnano all’antidoping, ne approfittiamo per le ultime considerazioni sul suo futuro. I rumors lo hanno avvicinato a Ineos Grenadiers, Lidl-Trek, Bahrain, Jayco e negli ultimi giorni anche a Movistar. Tutti lo vogliono – e ci mancherebbe pure – ma lui glissa divertito.

«Quante squadre – conclude il 33enne sloveno arrivato ad 80 vittorie in carriera – che sento dire! Al momento posso solo dirvi due cose. La prima è che era giunto il momento di cambiare squadra. Lo abbiamo deciso assieme con i manager. Sono pronto per nuove sfide. La seconda cosa invece è che comunque davanti a me ci sono ancora due obiettivi importanti come Tre Valli e Lombardia. Voglio provare a centrarli per onorare fino in fondo un team come la Jumbo-Visma in cui ho trascorso un periodo fantastico. Dopo di che la stagione sarà finita e penseremo al resto».

Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.
Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.

«Primoz sarà sempre nel mio cuore come un nostro re – ha dichiarato il general manager Richard Plugge – gli siamo molto grati per aver trovato insieme la strada verso il trionfo. A livello personale lo ammirerò sempre. Sappiamo tuttavia che arriva sempre un momento in cui è meglio separarsi. Lui recentemente aveva chiesto il trasferimento. Abbiamo capito la sua richiesta e siccome abbiamo troppo rispetto l’uno per l’altro per ostacolarci a vicenda, gli abbiamo dato il via libera».

Sulla Vuelta Saronni ne ha per tutti, da Vingegaard in poi

24.09.2023
5 min
Salva

E’ passata una settimana dalla conclusione della Vuelta, da quel podio tutto targato Jumbo-Visma con Vingegaard e Roglic, ossia il re del Tour e del Giro a fare da valletti a Sepp Kuss, loro gregario nelle due prime avventure della stagione e questa volta proiettato sul gradino più alto. Un dominio incontrastato, ma con qualche perplessità destata dalla gestione del team olandese.

Le ultime tappe dure avevano dimostrato in maniera evidente come Jonas Vingegaard fosse il più forte della compagnia, ma hanno anche evidenziato come il danese abbia corso quasi con il bilancino, attento a non superare l’americano. Scelta dettata dal team? Volontà di non penalizzare Kuss che aveva capitalizzato al meglio la fuga bidone della prima settimana? Tante le ipotesi possibili, abbiamo allora provato a fare chiarezza parlandone con chi il mondo dei pro’ lo conosce in ogni sua sfumatura, Giuseppe Saronni.

Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Che idea ti sei fatto dell’epilogo della corsa iberica?

Io credo che la Jumbo-Visma abbia iniziato la corsa con qualche dubbio, legato al futuro di Roglic. Si parlava molto della possibilità che lo sloveno cambiasse squadra, invece pare rimanga perché il team olandese gli ha garantito il giusto spazio. Questo ha influito sull’evoluzione della corsa, che poi ha preso una piega probabilmente inattesa.

La vittoria di Kuss è stata decisa a tavolino dal team?

Penso di no, è certo però che la squadra aveva per certi versi interesse che Kuss vincesse, per molte ragioni: gratificare il corridore dopo quanto fatto a Giro e Tour, ma anche capire quali sono i suoi limiti e come può gestire la pressione di un grande giro. Attenzione però: la Vuelta non è al pari di Giro e Tour, che scatenano un’attenzione decisamente maggiore.

Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Vingegaard come l’hai visto?

Non era quello del Tour, è evidente, eppure in un buon campo partenti – e sottolineo buono, non oltre – aveva fatto la differenza. Poteva superare l’americano, è molto probabile, ma è stato bravo anche Kuss a tenere botta, restare lì davanti, meritandosi la maglia roja.

Resta però la sensazione di una classifica che non rispecchia la vera gerarchia dei valori…

Io credo che la Jumbo-Visma abbia lasciato mano libera ai suoi corridori. L’interesse del team era quello di vincere, a un certo punto quello di fare man bassa sul podio e scrivere una pagina storica, ma chi fosse, primo, secondo e terzo era delegato direttamente ai corridori, senza combinare disastri… Poi è chiaro che per i diesse una soluzione del genere, voluta dagli stessi atleti evita ogni malumore e questo nel prosieguo dell’attività è molto importante.

Da che cosa deduci la scelta di lasciare libertà ai propri atleti?

Se si guarda l’evoluzione delle tappe, si vedeva che quando partiva uno di loro gli altri stavano lì, aspettavano, poi appena conclusa l’azione partiva un altro e così via. Quelle sono azioni frutto di accordi in corsa, fatte per non pestarsi i piedi nella consapevolezza della propria superiorità. Anch’io l’ho fatto tante volte, poi è difficile che il progetto vada in porto in maniera così schiacciante come avvenuto alla Vuelta, ma i Jumbo non hanno davvero sbagliato nulla.

C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
Pensi sia stata anche una scelta di Vingegaard evitare il sorpasso per non trovarsi un nemico in casa?

Sicuramente per Jonas questo è stato un investimento a lungo termine. Lui sa e Kuss sa altrettanto bene che il danese era il più forte e gli ha fatto un favore, verrà il momento che riscuoterà. Per l’americano, e ancor più per il team, la situazione era ideale perché anche avesse avuto un cedimento, c’erano gli altri due pronti a prendere il suo posto.

Domanda al Saronni campione: in questo modo però Vingegaard si trova con una Vuelta in meno…

Verissimo e nello sport non si può mai ipotecare il futuro. Fare due grandi giri in una stagione è sempre un rischio, non puoi sapere se l’anno prossimo sarai nella stessa situazione, nella stessa forma. L’incognita la devi mettere in conto, quindi è vero che il danese ha pagato un prezzo salato, per sua scelta. Solo in futuro sapremo se ha fatto bene e ha perso poco.

Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
La Jumbo-Visma diventa così sempre più una squadra di leader che fanno anche da gregari, quasi cancellando questo ruolo…

E’ il ciclismo del futuro e io a tal proposito ricordo quand’ero alla Mapei, dicevo sempre che avrei sempre voluto tanti campioni da mettere d’accordo. Sarà anche difficile, ma lo è ancor di più cercare il risultato quando non hai qualità in mano. Oggi è un ciclismo fatto di punteggi, di calcoli, un ciclismo fatto col bilancino. Alla fine i fuoriclasse veri si contano sulle dita di una mano. Molto influisce anche il calendario, così ricco che dà spazio a tutti, ma le gare che contano sono sempre quelle poche e io preferirei un calendario più asciutto dove i campioni si scontrino in quegli stessi appuntamenti, tutti insieme. Invece ti trovi giornate anche con 6 gare in contemporanea, questo non è un bene.

Un dominio come quello del team olandese non rischia di creare inimicizie all’interno del gruppo?

Questo penso che lo abbiano messo in preventivo. Così aiuti nel gruppo non ne trovi. Hai fatto una cosa fantastica e difficilmente ripetibile, ora però andando avanti raramente troveranno qualcuno che gli darà una mano nel togliere le castagne dal fuoco…

Madrid: Kuss per la favola, Groves e la Jumbo per il tris

17.09.2023
5 min
Salva

Spettacolo, emozioni, favola. C’è tutto questo nel gran finale di Madrid della 78ª Vuelta a Espana. L’americano Sepp Kuss, vince il terzo grande Giro della stagione. E lo fa un po’ – parecchio a dire il vero – a sorpresa.

E mentre la Jumbo-Visma si unisce di nuovo in parata attorno al suo gregario/capitano, ammesso sia ancora giusto chiamarlo così, in testa al gruppo vince Kaden Groves. Sul podio è andata poi in scena la seconda tripletta del team olandese, con Roglic e Vingegaard ai lati di Kuss.

Spettacolo

Ma andiamo con ordine. Lo spettacolo è quello della tappa di oggi. Altro che passerella! Se le sono date eccome.

Ad un certo punto attacca Remco Evenepoel. Quasi si pensa ad uno scherzo, tipo Pogacar al Tour verso Parigi… invece il suo affondo è vero. E forse qualcuno lo sa. Poco dopo gli piombano addosso anche Filippo Ganna e lo stesso Groves.

Ecco dunque prendere corpo una delle tappe più emozionanti dell’anno. E’ come se l’inseguimento su pista, tanto caro a Ganna, sia stato traslato su strada, con un sestetto a scappare e il gruppo ad inseguire. E sì che si era anche in circuito. Poi valli a riprendere Pippo e Remco: il primo e secondo della crono iridata.

Dietro tira chiunque. Eppure non li prendono. O meglio li prendono sull’arrivo, ma restano comunque davanti. L’epilogo lo conosciamo: primo Groves, secondo Ganna. 

Dainese ce lo aveva detto prima del via da Barcellona: «Groves sarà il velocista faro della Vuelta». E così è stato. E’ stato un gatto a seguire Evenepoel, anche perché c’era il rischio che il campione della Soudal-Quick Step gli portasse via la maglia a punti. Remco poteva prendersi sia il traguardo volante che l’arrivo. Era difficile, ma la matematica non lo condannava.

E poi c’è il corridore della Ineos-Grenadier. Ganna ha portato a casa tre secondi posti e una vittoria (a crono). Questo suo attaccare e gettarsi nelle volate è un bel segnale in vista del campionato europeo di domenica prossima.

Mentre Evenepoel quasi, quasi si è dimostrato più simpatico e amabile dopo la debacle del Tourmalet che nel resto della sua giovane carriera. Potente, divertente, coraggioso, imprevedibile. Tutti contenti.

Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team
Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team

Emozioni

Infine ci sono loro: i Jumbo-Visma. Discussi, sospettati, ammirati… forse anche invidiati. Con loro torniamo alle emozioni di 24 ore prima. All’abbraccio sull’arrivo di Gaudarrama. Vingegaard e Roglic, maglia gialla e maglia rosa, che onorano la maglia rossa, appunto Kuss. Quella maglia che spettava ad uno di loro due ma che simboleggia la vittoria di squadra. Perché Sepp Kuss rappresenta la squadra.

Per tutta la Vuelta hanno controllato. Padroni della situazione. Quasi dittatori, in senso sportivo s’intende, dopo il crollo di Evenepoel. Magari con l’ex iridato ancora in corsa per la generale avremmo scritto di un’altra storia. 

Kuss ha vinto la sesta tappa sull’Observatorio Astrofísico de Javalambre e ha preso la maglia roja due giorni dopo. Non l’ha più mollata. «La perderà a crono», si diceva. «Sul Tourmalet mollerà», si diceva. «Dopo Giro e Tour è troppo stanco per tenere anche nella terza settimana della Vuelta», si diceva.

A quel punto rideva il gran capo dei Jumbo, Richard Plugge, ridevano i diesse e ridevano i tifosi, che invocavano la vittoria del gregario a furor di popolo. Tutti contenti.

Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre
Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre

Favola

E per finire c’è la favola. Il gregario che diventa campione. Il gregario che ha contribuito alla vittoria di tutti i grandi Giri nella storia della Jumbo-Visma, che viene contraccambiato dalla squadra.

Durante questo viaggio da Barcellona a Madrid, Kuss si ritrova leader quasi per caso e con un bel vantaggio. Lascia fare i suoi due capitani, tra compleanni della figlia, vittorie per il compagno (Van Hooydonck) che ha subito l’incidente, gli arrivi prestigiosi… Sepp li lascia andare, ma nel finale accelera sempre, per ridurre il gap e salvare quella maglia rossa, ormai diventatagli cara.

Pensate che la moglie, che mai lo aveva visto con una maglia diversa da quella giallonera, non lo aveva riconosciuto a prima vista quando era andata a trovarlo!

«E’ stato incredibile in queste tre settimane – ha detto Kuss – è stato speciale ieri poter festeggiare insieme e di farlo con i miei due compagni, leader, di squadra. Ieri ho sofferto più che sull’Angliru (la tensione di chi non è abituato a lottare in prima persona per certi obiettivi, ndr) ma è stato bello».

«Io non cambio, resto me stesso. Per ora non riesco a realizzare ciò che ho fatto. Credo ci vorrà un po’ di tempo. Intanto stasera faremo una grande festa con i compagni e lo staff. Anche la mia famiglia e i miei amici sono qui».

Tutti contenti.

L’Angliru a Roglic. Ma quali equilibri ci sono in casa Jumbo?

13.09.2023
6 min
Salva

Il più classico degli Angliru da una parte, con nebbia, umidità, due ali di folla nei tratti più aperti… E una scalata “più piatta” del solito dall’altra, con una selezione da dietro dettata dal dominio della Jumbo-Visma.

Sul mostro asturiano ha vinto Primoz Roglic. Lo sloveno si conferma a suo agio con certe pendenze, visto che quassù già aveva fatto bene nella Vuelta 2020 e visto quanto accaduto pochi mesi fa sul Lussari.

All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui
All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui

L’analisi con Cassani

Ma in tutto questo ci si pongono diverse domande: chi ha deciso di far vincere la Jumbo-Visma? Come sono gli equilibri in campo? Quando in squadra ci sono troppi i galli a cantare il rischio è che il pollaio possa rompersi.

Davide Cassani in carriera ne ha viste e vissute di cotte e di crude. Lui, tanto per dirne una, era in quella famosa Carrera di Roche e Visentini. Lì sì che volarono coltelli. Qui in apparenza sembra filare tutto liscio.

«Il nostro problema – racconta Cassani riferendosi proprio ai fatti del 1987 – è che Roche aveva apportato quell’attacco senza dire niente a nessuno. Visentini si arrabbiò e fu detto a noi gregari di andarlo a prendere. A quel punto Roche davanti tirò come un forsennato… Ma la questione di base è che non c’era feeling tra Roche e Visentini. Non mi sembra questo il caso della Jumbo-Visma. Kuss ogni volta che finisce una tappa, anche se ha perso terreno, è l’uomo più sorridente e tranquillo del mondo».

Anche oggi lo squadrone olandese ha controllato la gara, anche se ha sfruttato e il grande lavoro della Bahrain-Victorious. Ma quando sono arrivati al dunque Sepp Kuss, Jonas Jonas Vingegaard e appunto Primoz Roglic hanno messo in chiaro i valori in campo. 

«Ho visto un finale particolare – commenta Cassani – ho avuto come l’impressione che Vingegaard fosse rimasto lì come a dire: “Io mi metto a ruota del primo che va e non faccio niente. Poi vediamo che succede”. Kuss si è difeso come meglio ha potuto e Roglic era a tutta. Ci ha provato».

Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru
Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru

Risultato in cassaforte

Calma apparente sull’Angliru. Come se su quelle pendenze ci possa essere della calma. Ragionare non è facile neanche per dei super campioni come loro. Il fatto è che Vingegaard dopo le difficoltà ammesse nella prima settimana è in netta crescita. Kuss non è stato attaccato del tutto perché… è Kuss, uomo squadra a cui tutti vogliono bene. E Roglic è forte, ma non il più forte.

«Per me in Jumbo-Visma hanno tutto sotto controllo – ha detto Cassani – almeno da fuori è così. Di certo in questi giorni si sono parlati e di certo se volevano platealmente far vincere Kuss lo potevano fare. Avrebbero rallentato.

«La mia idea è che loro vogliano mettere in cassaforte il risultato (sia di tappa che della generale, ndr) e una volta fatto questo dicano ai ragazzi di giocarsela nel finale».

 

«Posso ipotizzare che oggi gli abbiano detto di stare insieme fino ai tre chilometri dall’arrivo e se fosse stato tutto sotto controllo, se la sarebbero potuta giocare. Che poi è il discorso legato a Kuss. Alla fine lo hanno attaccato, ma gli hanno anche portato riguardo nel corso di questa Vuelta. Attacchi sì, senza mai mettere in pericoloso il successo della squadra. Quindi possono aver trovato questo accordo, anche perché già da un po’ hanno capito che possono vincere la corsa».

Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi
Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi

Due triplette in vista

L’analisi dell’ex cittì rispecchia quanto accaduto negli ultimi arrivi in salita. L’idea della doppia tripletta – tutti e tre i grandi Giri e le prime tre posizioni a Madrid – è ormai più che una possibilità concreta. Sarebbe un successo clamoroso basato su grandi singoli, ma anche su una grande forza di squadra.

Ma squadra o no, il re a Madrid sarà uno. Idea nostra è che  Roglic, salvo un’azione monster, non possa recuperare tanto terreno a Vingegaard e forse neanche a Kuss. Resta infatti una sola tappa di pura salita, quella di domani. E poi c’è quella di sabato, ideale per le imboscate. Una tappa che tanto ricorda quella in cui fu beffato Purito Rodriguez. Ma con una Jumbo così, e seguendo quanto dice Cassani, viene da pensare che si deciderà tutto domani sulla Cruz de Linares.

«Ho avuto l’impressione – conclude Cassani – che Vingegaard non volesse affondare il colpo. Ma il bello di questa Jumbo è che sono imprevedibili. Tatticamente non sono mai banali. Ogni tanto cambiano strategia… Cambiano modulo, passano dal 4-3-3 al 3-4-3 ma sempre con tre punte giocano!

«A questo punto della corsa a tutti e tre hanno dato e daranno la possibilità di giocarsi la Vuelta. Come è giusto che sia. Hanno trovato un meccanismo vincente. Magari dettato anche dalle piccole situazioni di difficoltà in cui si sono ritrovati, ma hanno rimediato subito (il pensiero va alla tappa di San Sebastian al Tour con Van Aert furioso ma il giorno in prima linea per i compagni, ndr). Piccoli inconvenienti che li hanno fatto crescere anche in tal senso».

Kuss sorridente già prima del via. Oggi l’americano compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic
Oggi Kuss compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic

Tutti per Kuss?

E far scopa con quanto detto da Cassani ci sono poi i diretti interessati. Sepp Kuss continua a ridere nonostante ormai abbia pochi secondi di vantaggio sul re del Tour.

«Sono arrivato in Spagna senza aspettative – ha detto Sepp – volevo aiutare i leader. Poi all’improvviso ho preso questa bellissima maglia e così che ho anche scoperto un nuovo livello di corsa per me e un istinto da competizione. Ma ci sono due grandi uomini al mio fianco. Lavoriamo bene insieme dietro le quinte. Sono grandi campioni. Naturalmente voglio avere la mia occasione, ma non mi dispiace lavorare per loro se necessario».

E a queste parole si aggiungono quelle di Vingegaard, per certi aspetti ancora più al miele: «La vittoria di tappa era il nostro obiettivo principale e poi volevamo anche mantenere la situazione nella classifica generale. Siamo molto contenti. Sono sinceramente felice che Sepp sia ancora il leader. Onestamente spero che mantenga la maglia di leader e vinca questa Vuelta».

E infine Roglic: «Oggi ho provato a vincere io. Ho attaccato nel finale, Jonas è riuscito a restare a ruota e Seppe no. Ha detto di essersi sentito un po’ così, così… Comunque ho detto a Sepp di continuare a lottare. La maglia rossa ti porta a fare questo e alla fine ce la farà».

Dichiarazioni non banali quelle di Roglic e Vingegaard. Che in casa Jumbo-Visma abbiano deciso a chi andrà la Vuelta?

EDITORIALE / Kuss, la Vuelta bloccata e il ruolo di Remco

11.09.2023
5 min
Salva

Ci sarebbe stato bisogno di Evenepoel per dare a questa Vuelta una parvenza di suspence. E così adesso, pur sapendo che sia pressoché impossibile che rientri nei giochi, siamo tutti lì a chiederci se il belga potrà dare il suo contributo per rendere decisivo l’Angliru di mercoledì. Il guaio della corsa spagnola infatti, che è disegnata per non concedere spazio a vincitori improvvisati, è che tutti i più forti corrono con la stessa maglia: quella della Jumbo-Visma. Questo di fatto li neutralizza, permettendo a un ottimo corridore come Kuss di sognare in grande. E se finora il miglior risultato dell’americano era stato l’ottavo posto del 2021 alle spalle di capitan Roglic, ora la Vuelta rischia di vincerla davvero.

Anche Pogacar al Tour (Courchevel) pagò il riposo, la crono del giorno dopo e i continui scatti contro Vingegaard
Anche Pogacar al Tour (Courchevel) pagò il riposo, la crono del giorno dopo e i continui scatti contro Vingegaard

La lezione di Pogacar

Anche Tadej Pogacar, che di Tour ne ha pur vinti due, si è accorto che contro la Jumbo-Visma non è più tempo di gesti sconsiderati. I “calabroni” hanno eletto la concretezza ad arma suprema e corrono con il massimo cinismo, trangugiando estratto di barbabietola dopo ogni arrivo. Colpiscono quando serve e guidano il gruppo nel tempo che resta. Niente di troppo inedito: il Team Sky si muoveva in modo identico.

Evenepoel non l’ha ancora capito. E se nelle corse di un giorno gli riesce ancora la giocata ad effetto, nelle grandi corse a tappe continua a commettere errori da eccesso di esuberanza. Il belga una Vuelta l’ha pur vinta, quella del 2022. Però aveva davanti solo Roglic al rientro dopo la caduta del Tour, che per giunta sul più bello decise di… suicidarsi (la caduta di Tomares resta fra i misteri mai spiegati).

Questa volta invece si è trovato sulla strada un buon Vingegaard e un ottimo Roglic e non ha capito che certe cose non può (ancora) farle. In questo ciclismo dei massimi livelli, ogni azione di troppo svuota il serbatoio. Non avere accanto un campione da grandi Giri da cui imparare e sull’ammiraglia qualcuno che ne abbia guidato uno alla vittoria è una lacuna che la Soudal-Quick Step dovrebbe colmare alla svelta. Altrimenti Remco se ne va.

Attenzione: nessuno vuole imporre al belga di vincere il Tour, si diventa grandissimi anche senza. Finora ne ha parlato soltanto lui. Ma la strada è lunga e parte proprio dal capire che non è sbagliato avere dei limiti: anzi, è il punto di partenza per superarli.

Gregari extra lusso

Leggendo la classifica generale, si apre però la porta su una serie di considerazioni. La prima è che i rivali dichiarati della vigilia, da Mas ad Ayuso, passando per Almeida, Buitrago e Landa, hanno nuovamente mostrato la loro poca consistenza: ciascuno con le sue motivazioni. Ayuso ad esempio è così giovane (e come lui anche Uijtdebroeks) che sarebbe ingiusto puntare il dito: da loro ci aspettiamo che continuino a correre non in difesa delle posizioni acquisite, ma per scardinare la situazione imparando a prendersi le misure. Ayuso può ancora puntare al podio, se Kuss avrà un passaggio a vuoto. Il belga invece potrebbe voler fare meglio del compagno Vlasov e (in un duello belga) dello stesso Evenepoel.

In ogni caso, non è davvero semplice immaginare di attaccare il leader della corsa in salita, se fra i suoi gregari c’è uno che ha vinto per due volte il Tour e un altro che ha vinto il Giro d’Italia e per tre volte la Vuelta.

«Prima del via – ha spiegato Kuss – il piano era di correre per i nostri due capitani, ma ora le opzioni sono diventate tre. Le gambe sono buone, anche meglio di una settimana fa. Ogni giorno mi sento meglio, con ancora più voglia. Oggi il leader sono io, ma di noi tre, deve vincere il più forte. Ci sono ancora tappe molto difficili: io mi sento pronto per raccogliere la sfida, ma se vedo che non è possibile, ci sono Primoz e Jonas pronti a subentrare».

Vingegaard è ben contento di supportare Kuss, così pure Roglic. Fra i tre ci sono amicizia e gratitudine reciproca
Vingegaard è be contento di supportare Kuss, così oure Roglic. Fra i tre ci sono amicizia e gratitudine reciproca

Il sogno di Kuss

Il sogno di Kuss è lo stesso di tanti gregari fortissimi che in anni diversi tentarono la sorte, mettendosi in proprio. Viene da pensare a Wouter Poels e Porte che lasciarono Sky cercando fortuna per sé. Oppure ai gregari di Armstrong, da Heras a Hamilton passando per Landis. E dato che in quel caso il capo non permetteva loro di brillare di luce propria, anche loro si staccarono e si misero in proprio. Il solo che riuscì a coronare il suo sogno, rimanendo nella squadra americana, fu Heras nel 2003, che vinse la Vuelta, ma in assenza del texano.

Alla Jumbo-Visma c’è ben altro rispetto. E dato che l’americano in maglia rossa ha scortato in precedenza Roglic alla vittoria del Giro e poi Vingegaard al Tour, nonostante i due potrebbero pretendere di avere in mano la squadra, sembrano davvero contenti di concedergli la chance che, in ogni caso, Sepp si è conquistato e sta difendendo con le sue forze. Kuss ha il contratto fino al prossimo anno: lo prolungheranno subito oppure qualcuno cercherà di portarlo via?

Nibali vinse il Tour 2014 grazie a una solidità eccezionale e al coraggio di attaccare Froome
Nibali vinse il Tour 2014 grazie a una solidità eccezionale e al coraggio di attaccare Froome

La storia si ripete

Purtroppo per la Vuelta, questa gestione rischia di addormentare la corsa. Evenepoel sarebbe servito esattamente a questo, con la sfrontatezza come arma per far saltare gli schemi dello squadrone invincibile. Certi blocchi non li batti con le stesse armi: devi trovare il mondo di portarli sul terreno sudato e sporco del corpo a corpo. E Remco, quando sarà maturato e avrà l’autonomia atletica per poterlo fare, è uno dei pochi al mondo a non aver paura di provarci. Come fece Nibali sul pavé per far saltare gli schemi di Froome. Come Pantani per mandare in tilt Indurain, Ullrich e Armstrong. Prima che qualcuno trovasse il modo per toglierlo di mezzo.

Le voci del Tourmalet: il dominio Jumbo, la resa di Evenepoel

08.09.2023
6 min
Salva

Vingegaard, Kuss e poi Roglic. Già sembra insolito che succeda alla Roubaix, figurarsi sulla cima del Tourmalet. Oggi alla Vuelta va così, con la Jumbo-Visma che domina e gioca con gli avversari. Qualcosa di mai visto, ma niente di strano, considerato il livello degli atleti in ballo. Negli ultimi due anni uno solo ha provato a contrastarli – Tadej Pogacar – che però non è alla Vuelta. E anche lui comunque negli ultimi due Tour ha dovuto chinare il capo.

L’altro grande favorito, Remco Evenepoel, è uscito di scena prima ancora che la tappa entrasse nel vivo e a pensarci bene è questa la vera notizia. Si è staccato con tutta la squadra a 90 chilometri dall’arrivo ed è arrivato dopo 27 minuti. Nei giorni scorsi la Soudal-Quick Step aveva escluso che stesse male, soprattutto dopo che era andato a casa Bagioli, vedremo che cosa verrà fuori stasera. Di sicuro doveva essere il giorno in cui scoprire le sue attitudini per le salite lunghe e stando al risultato, l’esame andrà quantomeno ripetuto. Anche per lui e i suoi 23 anni tuttavia, il livello di Vingegaard, Roglic e del sorprendente Kuss è ancora troppo alto. Ma quanto va forte Kuss, che ha fatto il Giro e anche il Tour?

A più di 90 chilometri dall’arrivo, Evenepoel alza bandiera bianca: basta guardarlo, non è giornata
A più di 90 chilometri dall’arrivo, Evenepoel alza bandiera bianca: basta guardarlo, non è giornata

Ayuso testa dura

Alle loro spalle ha provato a tenere alta la testa il solo Juan Ayuso, che di anni ne ha appena venti ed è stato il solo fra quelli del gruppetto di testa a provare una reazione. Sul traguardo c’è arrivato quarto a 38 secondi. Non abbastanza per sognare in grande, ma quanto basta per coltivare la possibilità di un piazzamento a ridosso dei marziani.

«Vanno forte davvero – dice Manuele Mori che ha seguito lo spagnolo dall’ammiraglia del UAE Team Emirtates – non c’è niente da dire, ma anche Ayuso va forte. Rischiano di far primo, secondo e terzo, anche perché Juan è rimasto uno contro tre, purtroppo. Almeida invece sta prendendo l’antibiotico, perché da due giorni non si sente bene. Da dopo la crono ha iniziato a combattere col mal di gola. Se c’era lui, per la gamba che aveva, era lì di sicuro e allora eravamo in tre contro tre. E poi al conto della sfortuna, va aggiunta la caduta di Jai Vine. Ma adesso bisognerà cercare di inventarsi qualcosa, anche se non è facile. Ayuso sta bene, due giorni fa è caduto pure lui e oggi l’ha sentita. Però è l’unico che ci ha provato, gli altri stavano passivi. Dispiace anche per Remco, non se lo aspettava nessuno. Lui poteva essere un valido alleato…».

La resa di Remco

Nei primi minuti dopo l’arrivo, il belga non ha trovato la voglia di parlare e lo si può ben capire. In ogni caso il suo carisma di leader è stato confermato dal fatto che tutti i compagni gli siano rimasti intorno, a conferma del fatto che se anche la classifica è persa, si lotterà per altri risultati. Sempre sperando che Remco non prenda la palla al balzo per lasciare la compagnia.

«Ovviamente siamo delusi – ha detto Pieter Serry – Remco ha avuto una brutta giornata, non c’è certamente nulla di cui vergognarsi. Ha vissuto una stagione fantastica, solo perché non ha reso oggi non significa che non ci riuscirà in futuro. Ha dato una spiegazione? Non proprio. Mi ha semplicemente chiesto scusa”. Cos’altro dovrebbe dire? Se non va, non va. L’intenzione ora è girare l’interruttore e provare a vincere un’altra tappa. Questa finora è sempre stata la mentalità nella nostra squadra».

«Non c’è molto da dire su questa tappa – ha aggiunto il diesse Klaas Lodewyck – è stata semplicemente una brutta giornata per Remco: non era malato né ferito. E’ un peccato, ma può succedere. Il ciclismo non è correre su un simulatore, siamo tutti esseri umani. Stasera ci siederemo tutti insieme, valuteremo cosa è successo e troveremo nuovi obiettivi per il resto della gara».

La dedica di Vingegaard

Ben altro sentire nel clan dei vincitori, con le strade francesi che restano favorevoli a Vingegaard, commosso e sfinito dopo l’arrivo. Dominati gli ultimi due Tour, il danese è venuto a prendersi una vittoria sul Tourmalet, su cui la Vuelta ha sconfinato. Questa volta però non ci sono state scene di abbracci familiari dopo l’arrivo ed è proprio lui a spiegare il perché.

«Questo è il posto migliore – ha sorriso Jonas – per la mia prima vittoria di tappa alla Vuelta. Ha reso la giornata ancora migliore. Sono così felice perché oggi è il compleanno di mia figlia e volevo vincere per lei. Sono felice, questa è una vittoria per Frida. Il nostro piano era di guadagnare tempo quando se ne fosse presentata l’opportunità e anche questo ha funzionato. E’ stato anche meglio di quanto avessimo previsto».

Uijtdebroeks quinto sul Tourmalet a 38″ da Vingegaard: ha vent’anni, un battesimo speciale
Uijtdebroeks quinto sul Tourmalet a 38″ da Vingegaard: ha vent’anni, un battesimo speciale

La grinta di Uijtdebroeks

In questa sorta di antologia di voci dal Tourmalet, non si può non sottolineare anche la prestazione di Cian Uijtdebroeks. Il giovane belga, quinto all’arrivo, ha vent’anni come Ayuso che l’ha preceduto e nel 2022 ha vinto il Tour de l’Avenir: non è sempre immediato riuscire a confermarsi a certi livelli.

«Mi sono sentito benissimo fin dall’inizio – ha detto – e sull’ultima salita è come scattato un interruttore. Non ho pensato più a niente e ho cercato di tenere duro il più possibile. Seguire Vingegaard non era possibile, sarei scoppiato. Quindi ho semplicemente provato a stare con gli altri. Quando ho ricevuto la notizia che Vingegaard e compagni avrebbero partecipato alla Vuelta, ho pensato che la classifica fosse un capitolo proibito, ma è fantastico aver potuto partecipare a questa tappa. Le gambe mi fanno male, soffro di piaghe al soprassella, ma la testa sta benissimo. E’ un processo di apprendimento fantastico».

Germani e il diario dei primi nove giorni spagnoli

04.09.2023
6 min
Salva

Questi primi nove giorni di Vuelta hanno fatto parlare tanto, anche per situazioni extra corsa. Per Lorenzo Germani è la prima volta in un grande Giro, e la sua squadra, la Groupama-FDJ, ha deciso di farlo partire proprio dalla Spagna. Un esordio lontano dai riflettori di casa, ma che per il giovane ciociaro ha comunque un grande significato. Oggi era il primo giorno di riposo, nove fatiche alle spalle, che Germani è pronto a raccontarci tutte d’un fiato

Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione
Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione

Riposo completo

«Domani – racconta dalla stanza dell’hotel Germani – si ripartirà con una cronometro. Di conseguenza oggi non ho preso la bici, nessuna sgambata, riposo totale. Ieri siamo partiti tardi, nonostante fossimo sul primo volo (la corsa si è spostata dalla zona di Murcia a quella della Castilla, ndr). Siamo arrivati in hotel prima di altre squadre, ma comunque non presto. La sveglia era alle ore 10 e oggi mi sono diviso tra massaggi e un controllo dall’osteopata».

Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Queste prime fatiche che cosa ti hanno lasciato nelle gambe?

All’inizio muscolarmente ero più rigido, con il passare dei giorni mi sono sbloccato, me lo ha detto anche il massaggiatore che i miei muscoli sono più “molli”. Gli ultimi 3 giorni sono stati particolari, la tappa di Oliva (la settima, ndr) è stata tranquilla. Le due successive no, siamo andati davvero forte. 

Riavvolgiamo il nastro fino a Barcellona, che effetto ti ha fatto partire per la tua prima Vuelta?

Fino a quando non sono salito sulla passerella di partenza, non sono stato del tutto tranquillo. Avevo un po’ di ansia che potesse succedere qualcosa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Sapevo di far parte della squadra da inizio luglio, quindi ho avuto il modo giusto di avvicinarmi e approcciare questo impegno.

E gli attimi prima di salire sul trampolino? Eri nervoso?

No, da quando sono salito sui rulli per fare riscaldamento fino alla fine della prova ho mantenuto alta la concentrazione. Sono entrato in quella che possiamo definire una sorta di bolla. In quel momento ero più concentrato che emozionato. 

Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Com’è partecipare al primo grande Giro?

Davvero molto bello. Abbiamo avuto modo di creare il nostro gruppo piano piano. E’ dal Polonia che lavoriamo insieme, anzi dal ritiro di Tignes. I compagni li conosco bene, considerando che su 8 corridori siamo in 5 della generazione 2000 (i francesi Martinez e Gregoire, gli inglesi Askey e Watson, ed infine il nostro Germani, ndr). La squadra è super tranquilla e non ci mette pressione, l’ambiente è super familiare. 

Come squadra siete partiti bene…

Bisogna dire che siamo partiti subito forte, anche nella cronometro di apertura siamo stati davanti. Abbiamo ottenuto il quinto tempo, a pari con la Education-Easy Post, terzi. Lenny Martinez ha indossato la maglia bianca, anche se non ne era il detentore ufficiale (spettava a Evenepoel, che però indossava la roja, ndr). 

Avete anche indossato la maglia roja, con Martinez, che effetto fa scortarla in gruppo?

Trovarti in gruppo a tirare davanti agli squadroni come Jumbo e Soudal Quick-Step fa “strano”. Prima li vedevi solamente in televisione, poi però ci parli e ti accorgi che sono persone come te. Scherzi, ridi e scambi qualche battuta. Il giorno dopo aver preso la maglia sono stati loro i primi a farci le congratulazioni. Sono stati molto rispettosi. 

A Martinez hai detto qualcosa?

Che l’unico modo che aveva di farmi tirare per lui era prendere la maglia, ci è riuscito! Però dai, non ho dovuto lavorare nemmeno così tanto (dice con una risata, ndr). 

In gruppo con chi ti è capitato di parlare?

Durante una tappa Roglic mi ha passato in un tratto di discesa e mi ha detto: «Il problema è che vado forte in discesa, ma piano in salita». Mi ha strappato una risata, se lui ha questo problema figuriamoci noi altri. 

Il tifo com’è? Caldo?

Sì, fin dalle prime salite senti una grande emozione nel pedalare con tutta questa gente a bordo strada. Poi arrivi nei chilometri finali e diventa ancora di più, senti una spinta incredibile. 

In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
Avete già affrontato tante difficoltà: salite, cadute e ventagli. Il momento più importante?

Nove giorni intensi. Nella frazione di ieri, ero contento di essere rimasto nel primo gruppo davanti durante i ventagli. Peccato che Martinez non sia riuscito a seguirmi ed è rimasto dietro. Ad un certo punto non sentivo la radio e non capivo cosa fare. 

Trovate il tempo per vivere un po’ di “vita comune”?

Poco ad essere sinceri. Le tappe finiscono tardi, e non siamo mai a cena prima delle 21. Non è semplice, anche perché i trasferimenti sono davvero lunghi, i momenti in comune sono principalmente in pullman, dove ridiamo e scherziamo. 

E con chi sei in stanza?

Gregoire. Mi trovo bene con lui, siamo in stanza insieme dal ritiro di febbraio e spesso condividiamo la stanza. Per caso, credo, visto che il mio cognome viene prima del suo nell’elenco della squadra. Durante il ritiro di febbraio avevamo un letto matrimoniale, abbiamo cercato di cambiare stanza e prendere due letti singoli, ma non ci siamo riusciti. Diciamo che una volta dormito nello stesso letto, abbiamo abbattuto tutte le barriere (altra risata, ndr). 

Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Come vi trovate?

Benissimo. Parliamo, ci confrontiamo, ed in più abbiamo trovato un nostro equilibrio che ci permette di vivere sereni.

La notte prima dell’esordio hai dormito?

Ho fatto fatica. Le notti successive, soprattutto le ultime, arrivava la stanchezza a chiudermi le palpebre. 

Questo riposo ci voleva, insomma, cosa ti viene in mente se pensi che ci sono ancora due settimane di gara?

Mi pongo più dei mini obiettivi. Non posso pensare a tutto insieme, altrimenti diventa ancora più dura. So bene che arriveranno le tappe toste e cercheremo di fare il massimo per mantenere la buona posizione di Lenny Martinez.

Kamna beffa Sobrero nella Vuelta della confusione

04.09.2023
5 min
Salva

«Ho fatto del mio meglio – dice Sobrero, secondo al traguardo – è stata una giornata davvero frenetica iniziata a strappi, una giornata davvero stressante. Sulla prima salita ho provato a portare via la fuga, il primo obiettivo della giornata. Una volta che ci sono riuscito, ho controllato chi c’era e ovviamente ho messo gli occhi su Kamna, sapevo che era il più forte su una salita come questa».

La Vuelta chiude l’ultima settimana sulla cima di Collado de la Cruz de Caravaca, a capo di un altro finale raffazzonato. I primi otto a giocarsi la tappa sul traguardo, il gruppo dei leader invece neutralizzato ai due chilometri per le condizioni della strada, ritenuta troppo sporca per un arrivo. Così mentre Lennard Kamna ha colto la vittoria anche nella corsa spagnola (avendo già messo in fila tappe in fuga al Giro e al Tour), a partire dal nono classificato (Enric Mas) si è preso il tempo sotto l’arco dei meno due. Una figuraccia o un gesto di responsabilità? La sensazione è ancora una volta che manchi una direzione e si prendano decisioni per la paura di essere criticati, finendo però (a volte) per macchiarsi di ridicolo.

Il nuovo Sobrero

«Abbiamo iniziato con le prime schermaglie ai piedi della salita – prosegue Sobrero – non ero sicuro di come mi sentivo, dopo nove tappe è difficile vedere come stanno tutti. Potrebbe sempre esserci una sorpresa. Alla fine ho provato a fare del mio meglio, ma quando lui (Kamna, ndr) ha attaccato, non sono riuscito a chiudere quel margine di soli 50 metri e siamo rimasti alla stessa distanza per quasi tutto il tempo. E’ stata durissima, ho fatto del mio meglio e sono felice di questo. Mancano ancora due settimane di Vuelta, quindi vedremo…».

Lasciato a casa dal Giro per scarsa condizione e poi dal Tour per motivi non troppo convincenti, dal prossimo anno Sobrero sarà compagno di Kamna alla Bora-Hansgrohe, ma la voglia di fargli lo scherzetto ieri era davvero tanta. Questa nuova versione del corridore piemontese convince e, come ha già spiegato Gasparotto, sarà questo il Sobrero che dovremo abituarci a vedere nelle prossime stagioni.

Roglic continua a punzecchiare: ieri non ha guadagnato, ma i suoi colpi ai fianchi sono incisivi
Roglic continua a punzecchiare: ieri non ha guadagnato, ma i suoi colpi ai fianchi sono incisivi

I morsi di Roglic

Roglic ci ha provato, dimostrando di avere buone gambe, anche se alla fine non è riuscito a guadagnare tempo sui rivali. Forte del fatto di avere Kuss in maglia di leader e con Vingegaard che fa la sfinge e non si capisce a cosa pensi, lo sloveno della Jumbo-Visma sta correndo con i suoi soliti scatti brevi nei finali più ripidi. Una tattica che gli ha consentito di vincere già per tre volte la Vuelta, in attesa di azioni più incisive fra la seconda e la terza settimana. Non porterà a casa grossi margini, ma quei fuori giri pesano sulle gambe dei rivali.

«Il ritmo è stato alto fin dall’inizio – ha detto – ma dopo che siamo stati sorpresi la prima volta, ho pensato che avremmo potuto pedalare con relativa calma fino ai piedi della salita finale. Invece nulla avrebbe potuto essere più lontano dalla verità, non c’è stata quiete. Sull’ultima salita avevo le gambe per attaccare. E’ stata piuttosto dura, va bene. E’ bello arrivare così al primo giorno di riposo. Penso che abbiamo superato i primi nove giorni in modo positivo».

Nella fase dei ventagli, Evenepoel ha avuto accanto un ottimo Cattaneo: il bergamasco non sbaglia un colpo
Nella fase dei ventagli, Evenepoel ha avuto accanto un ottimo Cattaneo: il bergamasco non sbaglia un colpo

E Remco punzecchia

Evenepoel ha parlato con la stampa belga, a tratti con tono da padrone del gruppo, come gli è capitato spesso in questa Vuelta e in occasione delle tappe contraddistinte da problemi di percorso. Nelle prime fasi di corsa, quella dei ventagli, ha dovuto ringraziare la presenza accanto a sé del solo Cattaneo, decisivo nel mantenerlo davanti.

«L’ultimo chilometro – ha detto il belga, molto concentrato sulla tattica della Jumbo-Visma – era impossibile da affrontare, penso che non fosse sicuro. L’attacco di Roglic? Tipico di lui: stare a ruota e poi fare 300 metri a tutta. Volevo partire anche io, ma per un po’ mi sono sfilato e non mi sono trovato nella posizione giusta. Sul momento non ho capito come fosse finita, ma siamo passati sul traguardo più o meno nello stesso momento e alla fine Roglic non ha guadagnato tempo. Mi dispiace per aver perso terreno nella sesta tappa, perché guardando ora la situazione, sarei potuto essere più avanti. Abbiamo già dominato due volte negli arrivi in salita. E fatta eccezione per due uomini (Roglic e Vingegaard, ndr), gli altri non hanno potuto fare altro che stare dietro. Comunque chiudiamo la settimana con una sensazione molto positiva. Adesso dobbiamo prenderci un bel giorno di riposo e poi toccherà a me nella cronometro. Senza maglia bianca né maglia della montagna, potrò correre con la maglia di campione del mondo…».

Roglic vince, Kuss in rosso. Remco davvero non sapeva?

03.09.2023
5 min
Salva

Roglic su Evenepoel, punto a capo: la Vuelta continua. Una fuga da lontano, con trenta corridori fra cui De Gendt, Caruso, Kron, Rui Costa e Bardet. La tappa di ieri della Vuelta è partita così, con una fase iniziale a dir poco fulminea e il gruppo di attaccanti che fino a 60 chilometri dall’arrivo aveva ancora tre minuti di vantaggio sul gruppo. Poi la Jumbo-Visma ha deciso di far cambiare lo scenario e si è messa a tirare per vincere la tappa con Roglic oppure Vingegaard.

Nella fuga del mattino è entrato anche Damiano Caruso e di fatto gli ultimi sono stati ripresi ai piedi della salita finale
Nella fuga del mattino è entrato anche Damiano Caruso e di fatto gli ultimi sono stati ripresi ai piedi della salita finale

Forcing Jumbo-Visma

Ci ha pensato Van Baarle, che ha annientato il ritardo della fuga. Ai piedi dell’ultima ma ripidissima salita finale, il ritardo era di appena 10 secondi: i corridori della classifica si sarebbero giocati la tappa. E a quel punto è passata davanti la Soudal-Quick Step, segno che anche Evenepoel stava bene.

Quando i compagni del belga hanno finito il loro lavoro, Evenepoel non ha attaccato subito, ma ha deciso di mantenere il suo ritmo nella scia di Roglic, Vingegaard, Mas, Ayuso, Almeida e Soler. Il primo attacco è venuto da Kuss che puntava alla maglia rossa, ma è stato rintuzzato proprio da Remco. Poi il belga ha alzato a sua volta il ritmo e quando il gruppo di testa si è ricompattato, i più forti della Vuelta si sono presentati insieme allo sprint.

Evenepoel ha fatto il ritmo dall’inizio della salita finale, mentre davanti Kuss andava per la maglia rossa
Evenepoel ha fatto il ritmo dall’inizio della salita finale, mentre davanti Kuss andava per la maglia rossa

Sorriso Roglic

Evenepoel è partito in testa, poi si è inchinato alla maggiore esplosività di Roglic, arrivando secondo, con Ayuso terzo, con Vingegaard a 2 secondi, mentre Lenny Martinez è arrivato a 1’10”.

«E’ fantastico – ha detto lo sloveno, arrivato alla Vuelta dalla vittoria di Burgosora posso correre un po’ più rilassato. Sono soddisfatto, soprattutto dopo la caduta di qualche giorno fa. Vuol dire che mi sono ripreso bene. La squadra ha fatto davvero un buon lavoro, mantenendo la fuga sotto controllo e mettendomi in una buona posizione sulla salita finale. Era la prima volta che facevo questa salita, è stata piuttosto dura. Sono contento di aver avuto le gambe e di essere riuscito a vincere. E sono anche contento che ci sia Kuss in maglia di leader. Adesso là davanti siamo in tre…».

Roglic ha battuto Evenepoel allo sprint. Sarà vero che il belga non sapeva di giocarsi la tappa?
Roglic ha battuto Evenepoel allo sprint. Sarà vero che il belga non sapeva di giocarsi la tappa?

Evenepoel distratto?

Dopo la riga, Evenepoel ha imprecato e si è capito solo dopo che il belga ha ripreso fiato che non sapeva di essere in lotta per la vittoria. Difficile crederci del tutto, ma così ha dichiarato Remco.

«Non sapevo che stessimo correndo per la vittoria – ha spiegato – pensavo che la fuga fosse ancora davanti. Nell’ultimo chilometro non ho capito molto di quello che sentivo nell’auricolare, non sapevo che avessimo già ripreso i fuggitivi, altrimenti penso che avrei vinto. Non ho fatto uno sprint completo, non mi sono acceso completamente. Se avessi saputo che stavamo correndo per la vittoria di tappa, avrei dato il massimo. In ogni caso è un piazzamento che mi dà fiducia, la squadra è forte. Vervaeke e Cattaneo hanno imposto un ritmo molto veloce sulla salita finale, nei prossimi giorni andrà bene».

Il sogno di Kuss

Roglic è contento. La classifica è ancora lunga, ma si capisce abbastanza chiaramente che gli uomini davanti a lui siano destinati a essere lentamente risucchiati. Lo sloveno è soddisfatto della squadra, per come ha controllato la corsa. E intanto Kuss ieri sera è andato a dormire con un bel sorriso, avendo conquistato il primato che gli era sfuggito anche quando aveva vinto la sesta tappa.

«Sapevo che c’era la possibilità di prendere la maglia a seconda di come fosse andata la tappa – ha detto Kuss – ma solo quando ho tagliato il traguardo ho capito di avercela fatta. Penso che sarà un onore indossare la maglia rossa domani (oggi, ndr). Cercherò di godermela perché non è una cosa che mi capiterà di vivere molto spesso. La squadra ha fatto un ottimo lavoro, soprattutto Gesink. Tutti meritano un plauso. Sono sicuro che hanno dato a Primoz la motivazione per vincere questa tappa».