Roglic scaccia la maledizione francese: Nizza è sua

13.03.2022
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Primoz Roglic ha vinto la Parigi-Nizza, lavando la ferita dello scorso anno, quando soffiò la tappa a Gino Mader e l’indomani il gruppo non si fermò ad aspettarlo dopo la caduta, malgrado fosse il leader della corsa.

Deve tutto o quasi a Van Aert che è stato di parola e si è messo al suo servizio quando Simon Yates lo ha attaccato sul Col d’Eze, cercando di recuperare i 47 secondi di ritardo. Giornata di pioggia, salita fredda e discesa infida. Senza il belga, probabilmente Roglic avrebbe perso la corsa, piombando nuovamente nel finale dello scorso anno. Quando i due hanno iniziato il loro inseguimento a Yates, il contachilometri del fuggitivo segnava 43 chilometri orari, quello degli inseguitori indicava 57. In qualche modo la tappa di oggi segna un momento di svolta nella carriera di Primoz, che al traguardo ha ricevuto un pugno benevolo al centro del petto da parte del compagno, ha bevuto una Coca e poi si è diretto al podio.

Sul traguardo di Nizza, vittoria di Simon Yates, che ha fatto tremare Roglic
Sul traguardo di Nizza, vittoria di Simon Yates, che ha fatto tremare Roglic

Il colpo del Turini

Primoz Roglic ha vinto la Parigi-Nizza e Maximilian Schachman, che nel 2021 gli sfilò la maglia e con un certo imbarazzo si mise in tasca la seconda edizione della corsa in due anni, è andato a casa con l’influenza assieme a una gran parte del gruppo: la Parigi-Nizza l’hanno finita in 59. E soprattutto non ha potuto applaudire il rivale sloveno che ieri, dopo la vittoria nella neve del Col du Turini, ha dato spettacolo sul podio.

Primoz infatti questa volta aveva con sé il figlio Lev di tre anni. I due hanno eseguito contemporaneamente la mossa del telemark, tipica dell’atterraggio nel salto con gli sci che Roglic ha praticato fino al terribile incidente per il quale salì su una bicicletta.

«Fra tutti i podi che ho fatto – ha sorriso lo sloveno – questo è stato sicuramente il momento migliore in assoluto. Intendiamoci, voglio esercitarmi molto a farlo con Lev quest’anno».

Condizione che cresce

Mentre Pogacar stravinceva sul Carpegna, il successo del connazionale in Francia, pur nella neve, è stato più faticoso. Roglic infatti ha trovato sulla sua strada un Martinez e un Simon Yates straordinariamente motivati. In ogni caso, per stare alla larga dal pasticcio dello scorso anno a La Colmiane, Primoz è andato a riprendere tutti e poi ha attaccato.

«E’ sempre bello – ha dichiarato poi – vedere le buone sensazioni tradotte in vittoria. Anche se sapevo di essermi allenato duramente dopo il ritiro, vincere è stato la conferma che ogni corridore spera di trovare. Non sono cose che puoi comprare al mercato, è stato difficile arrivare alla condizione con questa partenza più soft. E nella tappa di oggi (ieri per chi legge, ndr) è stato difficile rimanere davanti e controllare la corsa per quasi 100 chilometri, in modo che non ci fosse spazio per giochi tattici».

Sabato ha dovuto vedersela con Martinez, più brillante degli attaccanti
Sabato ha dovuto vedersela con Martinez, più brillante degli attaccanti

Maledizione addio

Rispetto a dodici mesi fa, Roglic è leggermente meno in forma, come ci ha raccontato il suo allenatore. Quando stamattina si è presentato al via dell’ultima tappa, che si è conclusa a Nizza dopo la scalata del Col d’Eze, lo sloveno aveva 47 secondi di vantaggio su Simon Yates e un minuto su Daniel Martinez. Nonostante la relativa tranquillità della sua posizione, ma ricordando il pessimo finale di corsa del 2021 e la caduta del Tour, prima di partire Roglic ha fatto ricorso all’ironia.

«Vorrà dire che non penserò di correre sulle strade francesi – ha detto – fingerò di essere in Francia».

Van Aert ha capito che Roglic non fosse al massimo e ha tirato sul Col d’Eze in modo decisivo
Van Aert ha capito che Roglic non fosse al massimo e ha tirato sul Col d’Eze in modo decisivo

Con l’aiuto di Wout

L’operazione ha funzionato, con quel po’ di strizza che ti viene quando l’attaccante sparisce dallo sguardo, mentre la tappa di oggi ha dimostrato il ritorno di Yates ai livelli che più gli competono. Dani Martinez ha invece accusato un cedimento ed è arrivato al traguardo con Quintana e Guillaume Martin con 1’44” dal vincitore.

Ai piedi del podio, Roglic ha incontrato nuovamente sua moglie Lora e ha preso in braccio nuovamente Lev, pronto a replicare il loro gesto di vittoria.

«Ieri ero contento per aver vinto la tappa – ha detto lo sloveno – oggi per aver vinto la prima corsa a tappe in Francia. Devo un grande ringraziamento alla squadra e soprattutto a Wout Van Aert che ha dimostrato di poter davvero fare tutto. Yates è partito forte, io stavo bene, ma ho sofferto e combattuto per limitare il ritardo. Wout è stato super forte, è davvero grande. E io sono davvero contento».

Da Van Aert a Remco, il gioco delle coppie e dei nervi tesi

10.03.2022
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Van Aert guida e la bici lo segue. Dopo la vittoria all’Het Nieuwsblad, ecco la crono della Parigi-Nizza, vinta su Roglic e Dennis, i due grandi specialisti della sua squadra. Il belga della Jumbo Visma è solido e tirato. E probabilmente – si nota a vederlo correre e sentendolo parlare – gode dell’assenza di Van der Poel: quando c’è in strada il rivale di sempre, non ha la stessa lucidità. Nessuno al mondo riesce a fargli perdere le staffe come l’olandese.

Dopo. la crono vinta Van Aert riparte verso Saint Sauveur de Montagut con la maglia di leader
Aert riparte verso Saint Sauveur de Montagut con la maglia di leader

«I miei obiettivi vengono dopo – ha detto dopo la crono – ma non tirerò certo i freni. Queste decisioni sono contro la mia natura. Si è visto che negli ultimi giorni ho cercato di cogliere ogni opportunità. Proprio per questo non corro così tanto. Quando attacco il numero, voglio vincere. Voglio mantenere questo modo di correre perché mi ha portato lontano ed è anche ciò che i fan amano di più. Ma so anche per esperienza che è importante rimanere concentrati. Ovviamente è più facile se hai in squadra un leader come Primoz Roglic, che punta alla vittoria. Ora devo semplicemente cambiare programma per la seconda metà della Parigi-Nizza».

Sorpresa Pogacar

Calcoli da capitano. E se Roglic in Francia sa o spera che sul Col du Turini Van Aert lascerà andare il gruppo, Evenepoel non è così certo che Alaphilippe si arrenderà al Carpegna e alle rampe di questi giorni che gli si addicono come la maglia iridata che indossa. E ieri a 27 chilometri dal traguardo di Terni, su un tratto piuttosto ripido, se ne è avuta la conferma. Ci si aspettava uno sprint intermedio, nessuno pensava che il UAE Team Emirates mandasse avanti Tadej Pogacar e che lo sloveno tirasse dritto portando con sé il francese.

Nella 3ª tappa della Tirreno verso Terni, attacco a sorpresa di Pogacar e Alaphilippe
Nella 3ª tappa della Tirreno verso Terni, attacco a sorpresa di Pogacar e Alaphilippe

«L’ammiraglia mi ha ordinato di non muovermi – ha detto Evenepoel – stava a Julian (Alaphilippe, ndr) farsi avanti. Lui ha eseguito gli ordini, siamo entrambi leader ed è normale che giochi le sue carte. Sono rimasto sorpreso dal fatto che Tadej abbia continuato, ma non sono andato nel panico perché sapevo che tante squadre volevano arrivare allo sprint e gli ultimi quindici chilometri erano pianeggianti con il vento contro. Sinceramente non ho capito l’attacco di Tadej».

Van Aert impara

Van Aert impara dai suoi errori. L’anno scorso aveva speso tutto in ogni santo giorno alla Tirreno-Adriatico e poi aveva pagato il conto nelle classiche.

Evenepoel sorpreso dall’attacco di Pogacar verso Terni o davvero in controllo?
Evenepoel sorpreso dall’attacco di Pogacar verso Terni o davvero in controllo?

«Mentalmente – spiega – sarà completamente diverso portare sabato Roglic ai piedi del Col du Turini, invece di dover fare la corsa, che è estenuante. Voglio arrivare affamato al via della Parigi-Roubaix e non con la speranza che la gara finisca perché sono già stanco. Questa volta voglio correre le classiche nel pieno delle forze».

Anche Remco impara

Evenepoel scherza, ma in questa estenuante ricerca del colpo ad effetto, avere davanti uno che stravince senza essere stato annunciato sin dagli juniores e scombina i piani con tanta facilità un po’ lo destabilizza.

«Non mi dà fastidio – ha detto – che Pogacar sia più vicino di tre secondi. Questa Tirreno sarà dura, a cominciare dalla tappa di oggi a Bellante. Segretamente spero che si stanchi con tutti questi attacchi, ma temo sia una vana speranza. Tadej è il corridore più forte del mondo, non si stanca mai. Ma qualche energia l’ha consumata. Un giorno ripagherà, vero? Io non partecipo più agli sprint intermedi. L’ho fatto l’anno scorso al Giro andando a caccia di secondi e poi me ne sono pentito».

Tripletta Jumbo Visma anche nella 1ª tappa della Parigi-Nizza. Qui Van Aert tira, dietro Roglic e poi Laporte che vincerà
Tripletta Jumbo anche nella 1ª tappa della Parigi-Nizza. Qui Van Aert tira, dietro Roglic e poi Laporte che vincerà

Solidità Jumbo

Maassen, il tecnico degli olandesi, non è stato sorpreso dalla seconda tripla di Jumbo-Visma in tre giorni. Dopo la vittoria di Laporte nella prima tappa, con Roglic e Van Aert alle spalle, la crono ha premiato le scelte del team.

«Domenica – dice il diesse Maassen – c’era stata anche un po’ di fortuna, ma nella crono Roglic e Dennis sono due medagliati di Pechino 2020 e sapevamo che Van Aert può fare tutto. Negli ultimi anni abbiamo reclutato uomini con grandi motori, perché eravamo poco incisivi nelle cronometro a squadre. Ora abbiamo i corridori e con un allenatore come Mathieu Heijboer, abbiamo uno specialista in questo campo».

Per Roglic, 2° posto nella crono e ora con la salita la possibilità di alzare la voce
Per Roglic, 2° posto nella crono e ora con la salita la possibilità di alzare la voce

Giochi tattici

E se per Va Aert la Parigi-Nizza potrebbe essere finita ieri e da oggi si corre per Roglic, per Evenepoel e la Quick Step-Alpha Vinyl comincia oggi con la tappa di Bellante e una tattica da inventare, provando a sorprendere Pogacar, sempre che a sorprenderli tutti non sia nuovamente lui.

«Sarà una tappa pericolosa dice Remco – su strade strette che invitano sempre ad attaccare. Potrebbe rimanere tutto bloccato fino ai piedi dell’ultima salita, ma potrebbe esplodere subito. Per Alaphilippe e per me, forse un attacco da lontano sarebbe meglio. Queste salite non mi spaventano. Tre volte per quattro chilometri ogni volta. Si andrà forte e si può fare qualcosa per la classifica».

Da domani la Parigi-Nizza, non solo per gente da Tour

05.03.2022
5 min
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Da domenica a domenica, la Parigi-Nizza numero 80 parte da Mantes La Ville. La corsa francese anticipa di un giorno la Tirreno-Adriatico, che partirà invece lunedì 7. Propone otto tappe, per cui dal Nord della Francia e dopo aver digerito quattro trasferimenti piuttosto sostanziosi, arriverà il 13 in Costa Azzurra.

Il campo partenti è decisamente interessante e come al solito, anche se con meno incidenza dello scorso anno, correranno in Francia alcuni di quelli che per l’estate hanno scelto le strade del Tour de France. Serve a prendere le misure con le strade e con la gestione di corsa dell’Aso. Rispetto a quando la corsa era appannaggio dei velocisti, alcune novità di percorso strizzano l’occhio agli scalatori.

Lo scorso anno, Roglic si arrese a Schachmann solo nell’ultima tappa e cedette la maglia di leader
Lo scorso anno, Roglic si arrese a Schachmann solo nell’ultima tappa e cedette la maglia di leader

Roglic e Van Aert

Per questo al via troveremo nomi di rilievo per la classifica come Almeida, che poi sarà al Giro come Simon Yates e Guillaume Martin; Adam Yates, Vlasov, Roglic, Quintana, oltre a O’Connor e Jack Haig.

Sul fronte dei cacciatori di tappe, occhi aperti su Lutsenko, Van Aert, Kung e Colbrelli. Mentre fra le ruote veloci, spiccano i nomi di Philipsen, Jakobsen, Van Poppel, Pedersen, Bennett, Coquard e Groenewegen e Bonifazio (gli stessi Van Aert, Colbrelli e Trentin però siamo certi che in qualche volata finiranno con l’infilarsi).

E dato che non poteva mancare la crono, sul fronte degli specialisti ecco Kung, Bissegger, Roglic, il solito Van Aert, ancora Almeida e Dennis.

Ci sarà spazio per vederne delle belle e cominciare a prendere le misure ad alcuni dei protagonisti pià attesi della stagione. In primis a quel Roglic che dopo il debutto nella Faun-Ardéche Classic e la Drome Classic, calerà la maschera proprio nella corsa a tappe, dominata a lungo lo scorso anno e persa proprio nell’ultima tappa.

Le otto tappe

Come detto, la Parigi-Nizza 2022 somma otto tappe, da domenica a domenica. Nell’arco della settimana, i corridori dovranno affrontare 29 gran premi della montagna. Il totale è di 1.196,4 chilometri.

TAPPAGIORNOPARTENZA-ARRIVOCHILOMETRI
1ª tappa6 marzoMantes la Ville-Mantes la Ville159,8
2ª tappa7 marzoAuffargis-Orléans159,2
3ª tappa8 marzoVierzon-Dun le Palestel190,8
4ª tappa9 marzocronometro individuale: Domérat-Montlucon13,4
5ª tappa10 marzoSaint Just Saint Rambert-Saint Sauveur de Montagut188,8
6ª tappa11 marzoCourthézon-Aubagne213,6
7ª tappa12 marzoNizza-Col de Turini155,2
8ª tappa13 marzoNizza-Nizza115,6
Nel 2021 Bennett vinse la 1ª tappa a Saint Cyr L’Ecole: con la squadra era ancora tutto a posto
Nel 2021 Bennett vinse la 1ª tappa: con la squadra era ancora tutto a posto

Volate? Poche

Di occasioni per arrivare facilmente in volata non ce ne sono poi molte, probabilmente l’unica è la seconda tappa, dato che nella prima ci sarà comunque da fare i conti con sette cotes, le ultime quattro nei 30 chilometri conclusivi, con l’ultimo scollinamento ai 5,5 dall’arrivo di Mantes La Ville.

Sarà tappa veloce dunque la seconda a Orleans, mentre il terzo traguardo a Dun Le Palestel sarà assegnato su un rettilineo in leggera ascesa, con 100 metri di dislivello negli ultimi 2 chilometri.

Il quarto giorno tocca ai cronoman, ma toglietevi dalla testa che sia una crono velocissima, al punto che un Roglic in gran forma potrebbe lasciare il segno a causa dei continui su e giù e lo strappo conclusivo di Montlucon (cote de la rue Buffon): 700 metri all’8,6% di pendenza media.

Verso il mare

Lungo trasferimento e giovedì si comincia a discendere verso il mare, anche se si dovrà attendere l’indomani per respirarne il profumo.

Quinta tappa a Saint Sauveur de Montagut con cinque gran premi della montagna, che all’indomani della crono favoriranno il nascere di fughe e il confronto parallelo fra gli uomini in classifica.

Sesta tappa ad Aubagne con sei gipiemme e un ultimo strappo a 7 chilometri dall’arrivo. E la settima con l’arrivo in salita al Col du Turini, salita finale vera e propria di 14,9 chilometri (si sale anche da prima) al 7,3% di pendenza media. Se la classifica non era ancora definita, da qui non si schioderà più. Forse…

L’indomani infatti, l’ultima tappa da Nizza a Nizza, sarà breve ed esplosiva: 115,6 chilometri con cinque salite e la più classica delle picchiate dal Col d’Eze al traguardo.

Da lì mancheranno sei giorni alla Milano-Sanremo. E c’è da scommettere che qualcuno di loro lo ritroveremo anche sulle strade liguri in cerca di un posto nella storia.

Lo strano esordio di Roglic alla ricerca del ritmo gara

05.03.2022
4 min
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Mentre si corre la Strade Bianche, le classiche sono sempre più nel vivo e un po’ tutti hanno iniziato a correre (salvo Van der Poel e Bernal), ci si chiede a che punto sia la preparazione di Primoz Roglic.

Il campione sloveno rispetto allo scorso anno ha già attaccato il numero sulla schiena. Ha preso parte infatti alla Faun-Ardèche Classic e alla Drome Classic, due corse di un giorno a fine febbraio. Due eventi insoliti per lui e così isolati che chiaramente sono parte integrante della preparazione.

Ed è forse la prima volta che vediamo Roglic andare ad una gara per prepararsi. Ha concluso al 26° posto la prima gara e al 28° la seconda. Non troppo lontano dalla testa.

Ne abbiamo parlato direttamente con Mathieu Heijboer, il coach della Jumbo Visma che segue Roglic.

Mathieu Heijboer è il preparatore che segue Roglic da diversi anni (foto Jumbo-Visma)
Mathieu Heijboer è il preparatore che segue Roglic da diversi anni (foto Jumbo-Visma)
Mathieu, quest’anno Primoz ha iniziato la sua stagione un po’ prima del solito. L’anno scorso è partito con la Parigi-Nizza: perché? Vuole un miglior picco di forma in vista delle classiche delle Ardenne?

Volevamo che Primoz facesse una gara per essere più pronto per le prime frenetiche tappe alla Parigi-Nizza (6-13 marzo, ndr). Sebbene l’anno scorso non fosse nei guai, sentiva di aver bisogno di un po’ più di ritmo gara per essere completamente pronto per la Parigi-Nizza, che è sempre molto intensa.

C’è qualcosa che hai cambiato nella sua preparazione? 

No, quest’anno non abbiamo cambiato cose significative nei suoi allenamenti. Ha invece iniziato la preparazione di questo 2022 con un livello migliore rispetto al 2021.

Chiaro, l’anno scorso ha avuto un finale di stagione più lineare… Toglici una curiosità: perché Primoz corre a piedi?

E’ sempre stata parte della sua preparazione. Una sua abitudine. Correre, fare jogging o semplicemente una breve passeggiata al mattino presto sono cose che gradisce.

Stare nel gruppo e “farsi tirare” il collo: di questo aveva bisogno Roglic per completare la preparazione invernale
Stare nel gruppo e “farsi tirare” il collo: di questo aveva bisogno Roglic per completare la preparazione invernale
Quanto è cresciuto il suo “motore” negli ultimi anni?

E’ difficile definire tutto ciò in numeri, ma posso dire che in termini di potenza Primoz sta ancora migliorando in allenamento. Anche dopo essere stato uno dei migliori corridori del WorldTour per diversi anni.

Tu, Mathieu, segui Primoz da vicino: come fai a sapere quando sta davvero bene?

All’inizio della sua carriera con noi, a volte poteva mostrare segni di insicurezza o di non sentirsi bene. Ma negli ultimi anni sembra essere perfettamente in equilibrio. Primoz è sempre felice di salire e scendere dalla bici. Resta modesto quando vince le gare e al tempo stesso è umile e riconoscente quando i suoi concorrenti sono più forti. Perciò non è molto facile trovare segnali chiari nel suo stato di forma, se sia buono o non buono.

C’è qualche lavoro specifico che non gli piace e qualcuno che invece ama particolarmente?

Non esiste uno specifico che non gli piaccia o un altro che gli piaccia davvero. In generale posso dire che le sessioni intensive, i lavori più duri, non sono i suoi preferiti, tuttavia sa bene che sono necessari. Ma di base gli piace davvero stare in bicicletta. Stare all’aria aperta, nella natura. E quindi per me può mantenere questo livello a lungo.

Roglic è sempre sorridente. Chi lo conosce sa che appena può si “rifugia” in famiglia
Roglic (classe 1989) è alla sua 10ª stagione da professionista

E poi la Sanremo…

E’ quindi un fatto l’impenetrabilità di Roglic. A volte anche il suo coach è quasi in difficoltà nell’interpretare il suo stato di forma: chissà come sarebbe difficile il suo lavoro senza i numeri del potenziometro. 

Detto ciò, dalla disamina di Heijboer emergono due elementi: l’esigenza di mettere nelle gambe un po’ di ritmo gara e la stato di partenza migliore del 2022.

Apparentemente le due cose sono contrastanti. Se sta meglio, Primoz non avrebbe bisogno di correre, in realtà però bisogna capire che cosa significhi questo stare meglio. E’ più magro? La sua base aerobica è migliore? E’ migliorato nell’esplosività?

Dall’altra parte c’è l’esigenza di allenarsi un po’ di più. Di fatto Roglic va per i 33 anni e rispetto ai suoi principali contender è un “vecchietto”. E si sa che con il passare degli anni bisogna sempre implementare un po’ il volume di lavoro. Correndo di più Primoz mostra grande intelligenza.

Una cosa è certa: Roglic ha puntato il dito sulla Parigi-Nizza, gli altri sono avvertiti. E poi occhio: è inserito nella lista per la Sanremo, corsa che in carriera ha affrontato una sola volta, nel 2017, quando non era il Roglic attuale. Come la vorrà interpretare? Quali scenari tattici si aprono con Van Aert per la Jumbo Visma? 

E se il nuovo Dumoulin ripartisse dal Giro?

26.12.2021
5 min
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E se fosse Dumoulin il faro straniero per il prossimo Giro d’Italia? La presentazione della Jumbo-Visma del 23 dicembre è stata cancellata a causa dell’impennata dei contagi e rinviata all’11 gennaio ad Alicante, quando saranno presentati colori e programmi. Eppure questa suggestione e l’idea stanno prendendo forma. Allo stesso modo in cui è chiaro che l’olandese potrebbe non andare con Roglic al Tour. Fra i due è nata un’insolita amicizia, basata sulle reciproche, incolmabili differenze.

«Una cosa è certa – ha detto Dumoulin – in alcune corse continuerò a lottare per la classifica generale, ma probabilmente non al Tour. Nella nostra squadra abbiamo problemi di abbondanza nell’effettuare le varie scelte».

Annullata la presentazione in Olanda, la squadra si svelerà l’11 gennaio ad Alicante (foto Jumbo Visma)
La squadra si svelerà l’11 gennaio ad Alicante (foto Jumbo Visma)

Programmi e strategie

Se ne parlava nelle scorse settimane di come il team olandese avrebbe suddiviso i suoi uomini. Se mandando Roglic, Dumoulin, Kruijswijk e Vingegaard tutti al Tour, oppure scegliendo per il più giovane danese il palcoscenico italiano. Ma la Grande Boucle partirà dalla Danimarca e Vingegaard già da tempo ha raccontato che una tappa passerà davanti casa sua. E allora la suggestione di Dumoulin che torna sulle strade che lo incoronarono nel 2017 prende forme e piace. Perché Tom in Italia ha tanti estimatori, che lo hanno visto invincibile nel 2017, poi fragile nel 2020.

«Ho trascorso gran parte della stagione 2020 mentalmente e fisicamente stanco – ha raccontato Dumoulin a L’Equipe – non riuscivo più a riprendermi e quando sono arrivato all’inizio del 2021, ero come in trappola. Non avevo altra scelta che smettere. Per diverse stagioni, avevo preso l’abitudine di adattarmi alle richieste degli altri, non riuscivo a superarlo e ho dovuto prendere la decisione di smettere. Solo così avrei trovato il giusto punto di vista e il modo per cambiare la mia vita e tornare a guidarla in prima persona».

Per Vingegaard il 2022 potrebbe parlare ancora del Tour, vista la partenza dalla Danimarca (foto Jumbo Visma)
Il ritiro di Girona ha restituito un Dumoulin di nuovo brillante e motivato. che potrebbe far rotta sul Giro. Decisive le chiacchierate con Roglic
Per Vingegaard il 2022 potrebbe parlare ancora del Tour (foto Jumbo Visma)

Un addio inatteso

La svolta c’è stata nel raduno di gennaio di quest’anno, come ci raccontò anche Affini, appena arrivato nella squadra olandese. Lo videro arrivare e poi, di ritorno da un allenamento, gli fu detto che avesse lasciato il ritiro e la squadra.

«Ricordo quell’incontro, davanti a cinque persone – ha raccontato Tom – in cui mi suggerirono di prendermi un periodo di riposo. E’ stato un momento difficile per me, doloroso. Non è facile ammettere di doversi fermare, mi sentivo in colpa. Ma dopo qualche giorno ho scoperto che avevo bisogno di questo periodo. Essere un ciclista professionista può rendermi ancora felice?».

Questa la domanda che in quei mesi lontano dalla bici, in cui si rincorrevano voci sugli studi in Medicina e vari avvistamenti di ciclisti nella zona di Maastricht che gli somigliassero.

«Ho cominciato a vivere senza costrizione – ha ricordato – per la prima volta nella mia carriera, non avevo obblighi, niente più stress. Facevo passeggiate con il mio cane, con gli amici e poco a poco mi sono reso conto che negli ultimi tempi avevo smesso di guidare in prima persona la mia carriera, le mie scelte. Finché un giorno ho visto passare sulla strada l’Amstel Gold Race e ho avuto la rivelazione. Volevo ancora andare in bicicletta. Non usarla per fare passeggiate, ma per dare il meglio di me».

Sul podio della crono di Tokyo, Dumoulin battuto solo da Roglic
Sul podio della crono di Tokyo, Dumoulin battuto solo da Roglic

L’amicizia con Roglic

In questo quadro si inserisce appunto l’insolita amicizia con Roglic, di cui sembrava fosse diventato ormai gregario, come seguendo quel corso di eventi da cui ora Dumoulin vuole prendere le distanze. Al punto che fra i prossimi passi – non subito, ma nel 2023 – si sussurra possa esserci il passaggio al Team Bike Exchange.

«Dice che ha l’impressione che io sia fuori dal mondo – ha confidato lo sloveno – ma anche io non sono stato risparmiato dalla sfortuna. Anche io mi faccio molte domande. Anche io ho dei dubbi e a volte sono stato sul punto di arrendermi. Non è questo non è il problema principale».

E’ probabilmente un fatto di sensibilità. Tanto era sensibile Dumoulin alle aspettative dei tifosi e dell’ambiente, quanto lo sloveno è capace di non lasciarsene condizionare, con quella specie di armatura che gli permette in apparenza di non risentirne.

Sapremo l’11 gennaio, quando saranno presentati i programmi della Jumbo Visma, se davvero Dumoulin sarà al Giro 2022
Sapremo l’11 gennaio se Dumoulin sarà al Giro 2022

Una nuova storia

E proprio parlare con Roglic ha permesso a Dumoulin di individuare una nuova chiave per interpretare questa seconda parte di carriera, rinata sulla strada della crono olimpica di Tokyo.

«Se avessi potuto scegliere da chi essere battuto – ha raccontato – avrei scelto Primoz. Lui è una specie di esempio per me. Non sembra preoccupato per i problemi della vita. Adoro confrontarmi con lui. Quando gli parli dei tuoi problemi, ti ascolta davvero. Non l’ho mai visto giudicare nessuno. Rivela i suoi sentimenti, parla della sua esperienza e quello che mi ha detto mi aiuterà a vivere il resto della mia carriera. Voglio vederla come un’avventura, una storia che scrivo, per me e solo per me. Qualcosa che hai la fortuna di vivere una sola volta nella vita e di cui devi accettare il meglio e il peggio».

Il ritratto del leader: non basta essere imposti

15.12.2021
4 min
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Hanno fatto un po’ pensare le dichiarazioni di Primoz Roglic a Cyclingnews, poi chiarite dallo stesso sloveno (in apertura nella vittoria alla Milano-Torino), sull’avere chiarezza circa il suo ruolo e quello di Van Aert al prossimo Tour de France. Sa solo Roglic se in qualche modo soffra la personalità del belga e magari le sue parole sono state fraintese, però hanno fatto pensare a un passaggio di quel famoso libro di Guillaume Martin, leader della Cofidis alla seconda pubblicazione, in cui parla del ruolo dei comprimari rispetto ai vincitori e dei leader imposti dall’alto.

«Viviamo in un mondo – dice Martin – che esaspera le piccole differenze, che le amplifica. Oggi sono diventato il leader di una squadra e come tale godo di uno status radicalmente diverso da quello dei corridori che dominavo a fatica nelle categorie amatoriali. E’ così che funziona il mondo e io lo vedo, ma soprattutto forse non è così che dovrebbe funzionare. Vedo male i leader imposti dal management della società».

E così, mentre leggendo si pensava allo schematismo del Team Ineos Grenadiers o alla difficile coabitazione degli anni scorsi fra i tanti leader della Movistar, abbiamo pensato di rivolgerci alla dottoressa Manuella Crini, psicologa, per indagare sulla figura del leader. Chi è il leader? E perché viene riconosciuto dai compagni?

Fra Pantani e i suoi gregari un rapporto basato sulla stima, sul carisma e sulle dimostrazioni
Fra Pantani e i suoi gregari un rapporto basato sulla stima, sul carisma e sulle dimostrazioni

L’empatia del leader

Il piccolo Pantani era quasi venerato dai suoi compagni, che nel corso degli anni lo hanno supportato e sostenuto, facendogli scudo da critiche di ogni tipo e lavorando per lui oltre il limite della fatica. Nessun dubbio che fosse lui il solo capitano della squadra. Per il suo carisma e per le parole chiare di Luciano Pezzi, che creò quella Mercatone Uno, che al momento della presentazione disse parole chiarissime.

«Martinelli è il direttore sportivo e ha voce in capitolo sulle decisioni – disse Luciano – ma Pantani è il capitano».

«Dipende da come è calato il leader nella squadra – spiega la dottoressa Crini – se la sua qualità viene riconosciuta. Chiaro che se la squadra ha la sensazione che il leader sia lì per una forma di raccomandazione, difficilmente avrà la credibilità che serve. Detto questo e proprio per il tipo di stima su cui si fonda il ruolo del leader, non è neanche detto che il leader debba essere il più forte, perché magari è quello che riesce a far girare al meglio i corridori attorno a quello più forte. Se però non hai toccato con mano quel carisma, è difficile riconoscerlo. Il leader deve avere capacità empatiche, ma detto questo ogni gruppo ha la sua vita, per cui non esistono leggi universali che ne regolano il funzionamento».

Froome e Thomas, alla pari al via del Tour 2018, che poi premiò il secondo
Froome e Thomas, alla pari al via del Tour 2018, che poi premiò il secondo

Il riconoscimento del leader

L’affermazione sul leader che non è necessariamente il più forte ci lascia un po’ interdetti, c’è bisogno di vederci con maggiore chiarezza, per cui il discorso riparte.

«La storia è piena di leader acclamati quindi riconosciuti  – prosegue Manuella, avendo intuito la perplessità – ma non è detto che avessero le qualità per esserlo. Il leader è colui che in un modo o nell’altro porta obiettivo e vittorie. Chi ha una fama, una nomea e un vissuto ha facilità di essere riconosciuto. L’intoccabile perché protetto dai capi non ha grosso riconoscimento. Il leader è una persona con capacità che viene poi riconosciuta per quello che riesce a fare, innescando una trasposizione fra il passato e l’attualità. Ti riconosco la stima per quello che sei stato, ma devi confermarlo con quello che fai».

Nel mondo del lavoro

E’ così in ogni ambito, anche quello professionale. Nessuno ti segue se non ti riconosce dei meriti e se non sei in grado di confermarli quotidianamento con l’esempio.

«L’ambito della leadership – conclude Manuella – è difficile da affrontare nella vita quotidiana. Una cosa che mi sento di aggiungere sulla figura del leader è che non deve lasciarsi influenzare dagli altri e, al giorno d’oggi soprattutto, deve avere fra le sue competenze anche la capacità di comunicare, altrimenti perde il favore del gruppo».

Con questi altri pensieri da coltivare, ce ne andiamo in giro pensando a quali leader delle squadre che frequentiamo abitualmente abbiano questo carisma, la capacitò di comunicare e la fedeltà assoluta dei compagni. Secondo voi quali nomi si potrebbero fare?

Pogacar, due anni per provare Giro-Tour. Ecco perché

30.11.2021
4 min
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Il bello è che non hanno paura. E’ il privilegio di chi ha tanta forza più degli altri e può permettersi di… giocare, ma anche di chi applica la regola più vecchia del mondo: chi mena per primo, mena due volte. Al Lombardia probabilmente Pogacar non era il più forte del gruppetto, ma anticipando ha esposto gli altri al rischio di scoprirsi.

Così fanno anche Van der Poel e Van Aert oppure lo stesso Evenepoel. Dire se si tratti della condotta meno dispendiosa è compito per preparatori, di sicuro la capacità di mettere subito fieno in cascina permette di correre il resto della corsa amministrando e colpendo laddove se ne offra l’occasione.

Il Tour de France di Pogacar in questo senso è stato illuminante. Ma allora non potrebbe essere proprio questa la fase della carriera, benedetta da forza e sfrontatezza, per tentare l’accoppiata Giro-Tour?

L’attacco d’anticipo di Pogacar al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada
Il suo attacco d’anticipo al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada

Suggestione futura

Diciamo subito che lo sloveno e la sua squadra prima di lui hanno già da un pezzo ufficializzato che nel 2022 farà il Tour e semmai la Vuelta. Pertanto il ragionamento che segue è sul tema e sulla prospettiva che ciò avvenga, non sulla voglia di fargli cambiare idea. E dato che il nostro amico Adriano Malori ha già affrontato il discorso con un post su Facebook, siamo ripartiti da lui. Per capire che cosa lo abbia spinto a dire che lo sloveno sarebbe l’uomo ideale per la doppietta.

«E’ chiaro che dal suo punto di vista – dice Malori – volendo puntare a due grandi Giri nel 2022, faccia bene a concentrarsi su Tour e Vuelta, ma secondo me entro un paio d’anni potrebbe provare Giro e Tour. La differenza rispetto a tutti gli altri che ci sono oggi in gruppo è la freschezza. Ha 25 anni ed è stato capace di andare bene in tutti gli appuntamenti. E’ stato un missile per tutto l’anno».

Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Che cosa intendi con freschezza?

Recupero chiaramente e il fatto che corra in modo scanzonato. Come al Lombardia. Ha attaccato, la va o la spacca. E questo gli ha dato un grosso vantaggio. Il solo dubbio è vedere come esce dalle tre settimane e magari lo vedremo nel 2022 alla Vuelta.

Perché questo dubbio?

Perché a Tokyo gli è mancato qualcosa. E’ vero però che c’è stato di mezzo il viaggio e ci siamo detti più volte che tanti hanno sbagliato i tempi, riducendo quello del recupero. Di sicuro però per tentare un’accoppiata, c’è da cambiare qualcosa.

Roglic è il solo avversario che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Roglic è il solo che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Che cosa?

Dovrebbe rassegnarsi a una prima parte di stagione più pacata, non cominciare con vittorie al Uae Tour e quelle a seguire. Dovrebbe arrivare al Giro tramite il Giro dei Paesi Baschi o il Tour of the Alps, comunque corse che non richiedano tanta pressione. Dopo il Giro potrebbe fare lo Slovenia e poi andare al Tour. Può farlo perché è una spanna sopra agli altri, avrebbe potuto vincere il Tour con più vantaggio.

Non c’è il rischio che il Giro prima del Tour rischi di intaccare questo potenziale?

Di sicuro qualcosa gli toglierebbe, ma per questo ho fatto notare che ha vinto il Tour con ampia riserva. Al Giro troverebbe avversari ampiamente alla sua portata, cui è superiore in salita e anche a crono. Potrebbe iniziarlo senza problemi all’80 per cento. Guardate Froome nel 2018. Ebbe la caduta, lo iniziò tutto malconcio, ma alla fine aveva un’ottima condizione.

Con l’attacco a Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo. Poi ha gestito
A Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo
Forse però ha vinto il Tour con riserva perché Roglic è caduto…

Infatti lui può essere la vera incognita, perché ogni anno cresce e potrebbe migliorare ancora. Ha dominato la Vuelta, anche se gli avversari non erano neanche lontanamente al suo livello. Credo che i soli ostacoli per Pogacar siano Roglic e il volere dello sponsor, che sta facendo un mercato stellare proprio per il Tour. Dovrebbe imporsi lui, se gli interessa. E forse c’è un altro dubbio…

Quale?

Non abbiamo visto come gestisce le difficoltà. Abbiamo visto Contador vincere con grandi rimonte e con intelligenza, così come Froome. Pogacar ha sempre dominato, ci sarebbe da capire come eventualmente gestirebbe una crisi a mezzo Stelvio, tanto per fare un esempio. Ma se sta bene, al Tour ha dimostrato di sapere come si fa per spendere lo stretto indispensabile. Lui e Roglic sono come Hamilton e Verstrappen in Formula Uno, il passo falso di uno diventa vantaggio per l’altro.

EDITORIALE / Perché uno vinca, serve un altro che perda

22.11.2021
4 min
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Guillaume Martin, corridore filosofo della Cofidis, ha scritto un altro libro. Il primo si intitolava “Socrate a velò”, cioè Socrate in bicicletta. L’altro, il secondo, l’ha chiamato “La Société du peloton”, vale a dire la società del gruppo. Gli spunti che offre sono molteplici, ma attraverso un paio di essi cerchiamo di leggere quanto accade nel ciclismo, lanciato verso il 2022 con l’affanno di riprendersi ciò che il Covid s’è portato via.

Martin è l’uomo di punta della Cofidis per la salita, ma è noto più che altro per i suoi studi di filosofia
Martin è l’uomo di punta della Cofidis per la salita

Il gruppo e il campione

Una volta un corridore scherzando sul suo piazzamento nelle retrovie, disse che per dare grandezza ai primi c’è bisogno anche dello scenario composto da quelli che vengono dopo.

«Non possiamo vivere senza gli altri – scrive Martin – biologicamente, sociologicamente o economicamente. Resta da vedere come collaborare con loro senza dimenticare se stessi, come uscire dal gioco senza danneggiare il gruppo senza il quale non esisteremmo. Il campione ha bisogno di un gruppo per affermare le sue ambizioni. Emana da esso e ne fa parte e tuttavia cerca di distinguersi da esso, di sfuggirgli».

Sembra invece che lo stesso affanno di cui si diceva in avvio si sia impadronito anche dei ragionamenti dei manager, che dovrebbero essere più lungimiranti. Nei giorni scorsi, Gasparotto ha esposto il problema con grande lucidità.

«Ai miei corridori ho da raccontare esperienze pratiche che a me sono costate – ha detto – io ho avuto tempo per rimediare, loro non ce l’hanno. Bisogna tirare fuori il meglio da tutte le situazioni, perché oggi il margine di errore è davvero ridotto».

Oggi si investe per cercare i primi, rovistando fra gli juniores, lasciando che gli altri smettano. Va bene che il professionismo è composto dall’elite del movimento mondiale, ma in nome di cosa chi ne faceva parte ieri, ne è fuori oggi? Non fuit in solo Roma peracta die: Roma non fu costruita in un solo giorno.

Al Tour del 2018, Dumoulin finì 2° dietro Thomas, Roglic fu 4°. Dopo il… buco del 2019, tutt’altro scenario
Al Tour del 2018, Dumoulin finì 2° dietro Thomas, Roglic fu 4°. Dopo il… buco del 2019, tutt’altro scenario

Dumoulin e Roglic

Il collegamento con il passaggio successivo del libro di Martin è a questo punto immediato. «Viviamo in un mondo che esaspera le piccole differenze – scrive il francese – che le amplia. Oggi sono diventato il leader di una squadra e come tale godo di uno status radicalmente diverso da quello di corridori che ho a malapena dominato nelle categorie amatoriali».

Vengono in mente Dumoulin e Roglic, due corridori che si sono spesso sfidati prima di diventare compagni di squadra. Fino alla caduta nel Giro del 2019, lo score era tutto dalla parte dell’olandese. Poi il blackout e lo sbocciare dell’altro. In un’intervista pubblicata su Cyclingnews, uno dei tecnici della Jumbo Visma dice che l’olandese è ancora un corridore da grandi Giri e come tale potrebbe tornare al Tour de France nel 2022.

Nessuno di quelli che conosce Dumoulin lo ha mai messo in dubbio. Fra i due la differenza l’ha fatta la testa. Eppure, nonostante sia tornato ai vertici con una medaglia olimpica nella crono, c’è stato bisogno dell’intervento del preparatore. Il ciclismo era già passato oltre.

Martin si stupisce dei continui paragoni del ciclismo di oggi con quello di un tempo
Martin si stupisce dei continui paragoni del ciclismo di oggi con quello di un tempo

Un’insolita bulimia

E alla fine è ancora il libro di Martin a fornire una lettura chiara di quello che vivono oggi i corridori. Si parte tuttavia dal presupposto che ciascuno ha la percezione dell’epoca in cui si muove e che il peso della storia sia un carico difficile da sostenere. E’ così in ogni ambito: dalla durezza della scuola rinfacciata ai figli, a quella del lavoro.

«Sono stupito – scrive Martin – dei profili Twitter che esaltano il ciclismo di una volta. E’ facile suggerire che noi ciclisti contemporanei siamo pigri rispetto ai nostri gloriosi predecessori. Nel percorso del prossimo Giro appena svelato, nessuna tappa supera i 200 chilometri. Non credo però che siamo meno coraggiosi dei ragazzi che ne facevano 400. Da un lato, tutto dipende dall’intensità. Dall’altro, la nostra vita è un impegno costante e alla sopportazione chilometrica si somma ogni dettaglio della quotidianità. Non scaliamo l’Alpe d’Huez a tutta, come non facciamo 400 chilometri. Quando arriviamo ai piedi di una salita, il nostro cuore è già a 180 battiti e sappiamo che passeremo mezz’ora ad un’intensità che Henri Cornet o Maurice Garin non hanno sperimentato. Non possiamo proiettarci nei corpi di un’altra epoca».

Questo ciclismo così veloce li divora, ne rende alcuni indubbiamente ricchi e altri li abbandona. Accettarlo senza mettersi di traverso è il modo migliore perché la velocità aumenti. Martin in apparenza non si chiede chi abbia convenienza da tutto questo: forse sarebbe utile chiederselo e trovare una risposta.

La quotidianità non ammette grossi recuperi e tolta la settimana di vacanza, non c’è spazio per altro. A volte si parla di carriere più corte a causa dell’impegno precoce. Quella di Dumoulin ha rischiato di finire anche per quest’ansia di riempire, sfruttare, produrre e ripagare gli investimenti che a tratti assume i contorni di un’insolita bulimia. Dopo qualche mese di stacco, il suo talento è tornato a brillare.

Tre Valli Varesine, una storia lunga 100 anni

03.10.2021
5 min
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Con l’edizione di martedì, la Tre Valli Varesine entra nel novero delle gare ultracentenarie, un club ancora abbastanza ristretto pur considerando l’enorme quantità di corse che si disputano in tutto il mondo. Sin dal 1919 era abitudine per gli appassionati affrontare una classica disegnata fra le tre principali valli del territorio: Valcuvia, Valganna e Valtravaglia.

Per tre volte la gara non è stata disputata: nel 1943 e ’44 quando gli eventi bellici post Armistizio dell’8 settembre resero impossibile l’allestimento della corsa e proprio lo scorso anno, in piena diffusione del Covid. E’ vero, molte gare d’inizio autunno 2020 andarono in scena, buona parte recuperi della prima parte dell’anno (Giro d’Italia in primis). Trovare una data utile non era semplice, ma d’altro canto a Varese, in quei tristi giorni, c’era altro a cui pensare. L’ultima volta, nel 2019, vinse dunque Primoz Roglic e al via c’erano Vincenzo Nibali in maglia Bahrain, Alejandro Valverde campione di Spagna, Davide Formolo col tricolore e Mads Pedersen, fresco di iride ad Harrogate (foto di apertura).

Paradossalmente, l’ultimo terribile virus è riuscito dove non arrivò l’influenza spagnola, in rapida diffusione in tutto il mondo proprio negli anni della nascita della Tre Valli, ma è anche vero che il mondo del ciclismo di allora era molto diverso, frequentato da pochi appassionati e soprattutto decisamente “no global”. Basti pensare che per trovare un vincitore straniero della corsa lombarda bisognerà attendere fino al 1957, quando a trionfare fu il belga Germain Derycke.

Tre Valli percorso 2021
Il percorso della Tre Valli Varesine, oltre 197 chilometri che promettono scintille: questa l’altimetria del tratto in linea
Tre Valli percorso 2021
Il percorso della Tre Valli Varesine, oltre 197 chilometri che promettono scintille: questa l’altimetria del tratto in linea

Da Bestetti a Roglic, sempre spettacolo

Chi pensa, considerando l’aspetto geografico della provincia varesina, a una corsa piatta e lunga attesa dello sprint a ranghi compatti si sbaglia di grosso. Nel corso della sua storia la Tre Valli ha sempre saputo regalare spettacolo ed emozioni. E’ praticamente impossibile considerare in anticipo la soluzione della corsa, sin dalla sua edizione inaugurale andata a Pierino Bestetti.

Ripercorrendo in un rapido viaggio 100 anni di corsa, tornano in mente il primo successo di Bartali nel ’38 al termine di una fuga a 4. Poi la vittoria di Fausto Coppi dieci anni dopo proprio su Bartali in uno sprint a 9; ancora Coppi nel ’55, unica edizione dove la Tre Valli venne trasformata in una cronometro individuale lunga ben 100 chilometri.

Dal 2017 è un feudo straniero

Venendo a tempi più recenti, due campioni hanno contraddistinto la Tre Valli ottenendo il record di vittorie, ben 4. Gianni Motta ne siglò 3 di fila, dal 1965 al ’67 con l’aggiunta del 1970. Giuseppe Saronni vince nel ’77, ’79 e ’80 e poi nel 1988. Dei campioni attuali, Vincenzo Nibali firmò l’edizione del 2015 con un’azione delle sue, anticipando il gruppo di 8”. Una tattica abbastanza simile a quella dello sloveno Primoz Roglic, campione uscente che nel 2019 ha preceduto di 3” la volata dei “superstiti” vinta da Giovanni Visconti.

Va detto che anche se la Tre Valli resta un feudo nazionale con 86 vittorie azzurre contro sole 13 straniere, è dal 2017 che manca un successo italiano: in quell’anno vinse il francese Alexandre Geniez, l’anno dopo il lettone Tom Skuijns, in entrambi i casi precedendo l’altro transalpino Thibaut Pinot che nel finale di stagione è solito tirare fuori dal cilindro sempre qualcosa di buono.

Roglic Tre Valli 2019
La stoccata da campione di Primoz Roglic nel 2019: chi sarà il suo erede?
Roglic Tre Valli 2019
La stoccata da campione di Primoz Roglic nel 2019: chi sarà il suo erede?

La grande novità del 2021

Fino al secolo scorso, la Tre Valli insieme alle altre classiche del Trittico Lombardo (Coppa Agostoni e Coppa Bernocchi) era la fase decisiva per la preparazione azzurra verso i Mondiali, poi i calendari sono stati rimodellati e ora chi corre a Varese pensa al Lombardia come culmine della fase stagionale, mettendo in gioco le residue energie a disposizione.

Intanto però la Tre Valli Varesine sta cambiando pelle negli ultimi anni, diventando un brand che si rivolge al mondo del ciclismo nel suo insieme: la Piccola Tre Valli Varesine, gara per Under 23 esiste da ben 44 anni, ben più recente è la Granfondo per amatori che ha festeggiato i 5 anni proprio oggi, mentre la novità del 2021 è la nascita della prova femminile, abbinata a quella dei professionisti. Il pacchetto di proposte della Sc Alfredo Binda è sempre più ampio.