La stagione di Colbrelli si celebra in Sidi

08.11.2021
3 min
Salva

Sonny Colbrelli ha recentemente reso omaggio a Sidi, il brand veneto che gli fornisce le calzature. Ha visitato l’azienda di Maser al termine di una stagione che l’ha visto trionfare al campionato italiano, al campionato europeo e alla mitica Parigi-Roubaix. Tutti successi che abbiamo avuto il piacere di raccontarvi.

Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix
Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix

Wire 2, le preferite…

«Proprio il giorno del mio successo al campionato italiano a Imola – ha dichiarato Colbrelli – è scattato qualcosa nella mia testa. La maglia tricolore è un vero orgoglio per ciascun corridore del nostro Paese ed io sono davvero fiero di indossarla. Sono felicissimo, certo, dopo mesi di allenamento in altura lontano dalla mia famiglia sono finalmente riuscito ad ottenere un risultato che attendevo da tanto tempo. Qualche mese dopo ho avuto poi l’opportunità di riascoltare l’inno di Mameli anche sul podio del campionato europeo di Trento e poi alla Parigi-Roubaix. Incredibile».

«Vincere la classica più ambita, quella delle pietre, in una giornata infernale con tanto fango e acqua, è davvero qualcosa di unico. Ancora oggi, rivedendo i video di quella giornata e di quel successo, non riesco a credere di aver vissuto tutte quelle emozioni. Grazie Sidi».

«Personalmente – ha continuato Sonny – ho un piede con una conformazione particolare, non facile da assecondare, ma Sidi è sempre stata pronta a venire incontro alle mie richieste. Durante il Tour de France, quando mi sono arrivate le scarpe speciali con la livrea tricolore, le ho indossate immediatamente. Non è una cosa da tutti, ma io mi fido ciecamente di Sidi e so benissimo che le mie calzature sono realizzate al millimetro. La mia scarpa preferita è la Wire 2. L’ho scelta dopo aver provato tutti i modelli e devo dire che sembra sia stata concepita proprio per i miei piedi».

«E’ sempre bello vedere i ragazzi vincere – ha ribattuto Rosella Signori – come Sidi supportiamo Sonny da oramai molti anni, e sapere che ha coronato alcuni dei suoi sogni ci riempie di grande gioia. In qualche modo anche noi siamo parte di questa sua meravigliosa stagione, fornendogli il meglio delle nostre calzature per ciclismo. Frutto di una lunghissima esperienza nel settore con l’obiettivo (centrato) di assicurargli assoluto comfort e prestazioni al top».

Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere
Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere

Un successo per il made in Italy

La visita che Sonny Colbrelli ha effettuato in Sidi ha anche rappresentato l’occasione per riconfermare la collaborazione esistente tra l’atleta e l’azienda. Un’attività che sancisce la volontà reciproca di sviluppare nuovi prodotti unendo alla lunga esperienza Sidi i preziosi feedback di chi, come Colbrelli, testa le calzature nelle condizioni più estreme. Il dialogo continuo tra il brand e gli atleti ha infatti contribuito all’impronta lasciata dall’azienda nel panorama del Made in Italy e dell’artigianato di settore.

La stagione 2021 non è stata diversa dai trend degli anni passati. Sidi è stata protagonista delle grandi competizioni internazionali e partecipe dei successi di grandi campioni. Sono numerosi i successi ottenuti: partendo dal Giro d’Italia con Egan Bernal e continuando con Richard Carapaz campione olimpico. Quella conquista dal corridore ecuadoriano è la quarta olimpiade vinta dall’azienda di Dino Signori. I successi sono poi continuati a Leuven, dove Elisa Balsamo è diventata campionessa del mondo nella categoria elite donne e Filippo Baroncini campione del mondo under 23. Gli ultimi successi sono arrivati sul parquet di Roubaix con Martina Fidanza vincitrice della medaglia d’oro nello scratch e Liam Bertazzo componente prezioso del quartetto iridato.

Sidi

Alé sogni di gloria: europeo, mondiale e Roubaix in 21 giorni

16.10.2021
4 min
Salva

Prima Colbrelli, a Trento con l’europeo. Poi è toccato a Julian Alaphilippe a Leuven conquistare per la seconda volta consecutiva l’iride mondiale. La settimana successiva sulle pietre e nel fango di Roubaix ci ha pensato ancora Sonny Colbrelli a chiudere tre settimane (sì, tutto in appena tre settimane!) davvero esaltanti per Alé.

Il brand d’abbigliamento veronese specializzato nella produzione di capi specifici per il ciclismo ha così “raccolto” in appena 21 giorni un’impressionante sequenza di vittorie prestigiose. E l’occasione è stata propizia per mettere letteralmente sotto i riflettori le valenze ed i dettagli della collezione top di gamma PR-S…

Alé veste la nazionale francese dal 2014, con loro i transalpini hanno conquistato due mondiali pro’ su strada, entrambi con Alaphilippe
Alé veste la nazionale francese dal 2014

Dai pro’, per tutti

Abbiamo colto l’occasione di scambiare qualche battuta con Alessia Piccolo, che di Alé è il direttore generale, così da approfondire ulteriormente il significato di queste vittorie. La chiacchierata ci è stata utile anche per capire meglio quanto e come il rapporto con alcuni dei corridori professionisti di vertice possa poi rappresentare un vero e proprio “capitale” da trasferire ai capi e alle collezioni riservate al mondo degli amatori.

Allora Alessia, partiamo dal rapporto con la Federazione francese…

Un legame del quale siamo davvero felici ed orgogliosi! Siamo dal 2014 il fornitore ufficiale dell’abbigliamento per tutte le nazionali transalpine: dalla strada alla pista, dal cross alla Mtb. E lo saremo ancora a lungo, considerando che il nostro contratto scadrà nell’anno olimpico 2024. Tra l’altro le Olimpiadi che si svolgeranno a Parigi…

Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Com’è gestire un partner dello spessore di una Federazione? E non certo una qualsiasi…

La collaborazione con la FFC (Fédération Francaise de Cyclisme) ci aiuta tantissimo. In modo particolare lavoriamo tantissimo per quanto riguarda lo sviluppo dei body, per la pista ma non solo. Il nostro è un lavoro principalmente focalizzato sullo sviluppo dei materiali e sull’aerodinamica. E da questo punto di vista non vi nascondo che la Federazione Francese è davvero molto, molto avanti.

A Leuven il bis di Alaphilippe

«Per la Francia in generale e per Alaphilippe in particolare – prosegue Piccolo – vi confesso che abbiamo sempre avuto un debole. Julian ha corso i due mondiali, quello di Imola 2020 e quello di quest’anno, indossando il nostro completo top di gamma della collezione PR-S (Pro Race System). Gli stessi identici capi che qualsiasi amatore può vestire ed utilizzare sulla propria bici e questo è per noi un passaggio fondamentale. La stessa qualità che offriamo ai pro la vogliamo riservare ai nostri clienti: senza nessun compromesso!».

La proverbiale vestibilità della gamma deriva da un approfondito studio della posizione del ciclista in corsa. Grazie al body mapping è possibile studiare approfonditamente molti dettagli: l’analisi dell’aerodinamica, quella del comfort, della ventilazione.

«Con l’adozione di tagli ridotti all’essenziale ricorrendo poi a cuciture piatte – spiega – possiamo offrire a chiunque una maglia e un pantaloncino curato in ogni minimo dettaglio. Non a caso la nostra maglia Alé x l’Equipe de France è disponibile in versione replica presso i migliori e-tailer e negozi di ciclismo».

Alé veste la Bahrain Victorius del campione europeo Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Parigi-Roubaix
Alé veste la Bahrain Victorius di Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Roubaix

Dopo il mondiale, ancora Colbrelli

Dopo 22 anni un italiano è tornato a trionfare sulle pietre dell’Inferno del Nord e lo ha fatto vestito da Alè. «In teoria con una tripla maglia – sorride orgogliosa Piccolo – quella di campione italiano, quella di campione europeo e poi quella di club: il team Bahrain-Victorious del quale siamo partner. Sonny, che alla Roubaix oltre alla linea PR-S ha esaltato la nostra collezione Klimatik, ideale per i primi freddi, ma al tempo stesso altamente traspirante, è arrivato sul traguardo interamente coperto di fango con un unico logo visibile: quello Alé presente sul palmo dei guantini alzati in segno di vittoria!».

Alé Cycling

Sul pavè ha ballato (bene) anche Luca Mozzato…

07.10.2021
5 min
Salva

Con l’impresa di Sonny Colbrelli e la super azione di Gianni Moscon è passata in sordina la bella Roubaix di Luca Mozzato. Il giovane corridore della B&B Hotels è arrivato ventesimo, a ridosso del drappello di Van Aert e a lungo è stato in fuga. All’arrivo dietro al suo volto infangato, stremato, ha detto: «La Roubaix? Ancora meglio di quel che pensavo!».

Luca ha 23 anni, è pro’ dalla scorsa stagione e in Italia è meno conosciuto proprio per la scelta di “emigrare” in una squadra straniera: la B&B Hotels è francese, bretone per la precisione. Lo raggiungiamo quando ha appena finito i massaggi. E sì perché dopo la classica delle pietre il vicentino ha già corso alla Binche-Chimay-Binche e oggi gli è toccata la Paris-Bourges.

Mozzato (in seconda ruota) ha colto la grande fuga del mattino. Ma poi ha tenuto bene per tutta la gara (foto Instagram)
Mozzato (in seconda ruota) ha colto la grande fuga del mattino. Ma poi ha tenuto bene per tutta la gara (foto Instagram)
Luca, un gran bel debutto alla Roubaix: te l’aspettavi?

Così bene no. Ci pensavo la mattina prima del via: se mi avessero dato il classico foglio con su scritto che sarei arrivato nei primi venti lo avrei firmato. Ho superato di gran lunga le mie aspettative. Il mio obiettivo era fare una bella corsa, stare nel vivo il più possibile, ma non di farlo così tanto avanti.

In altri anni avresti avuto più riflettori su di te, ma la vittoria di Sonny ti ha messo in secondo piano…

Sonny ha fatto un qualcosa di monumentale. Soprattutto perché anche per lui era la prima esperienza e nelle corse del Nord conta tantissimo, ci sono sempre molte incognite. 

“Ancora meglio di quel che pensavo” a cosa ti riferivi quando hai detto questa frase: alla tua prestazione o alla corsa?

Entrambe credo, ma più alla mia prestazione. Per me già passare l’Arenberg con il gruppo non dico che sarebbe stata una vittoria ma di sicuro un obiettivo raggiunto. Ammetto di essere stato anche fortunato ad aver colto la fuga giusta e questo mi ha fatto risparmiare tante energie quando si entrava nei tratti in pavè, c’era meno nervosismo, si andava più regolari. E infatti quando poi mi sono ritrovato col gruppo di Van Aert quei 40 chilometri non dico che me li sia goduti, ma ci stavo bene. Poi dopo Mons en Pevele quando Van Aert ha aperto il gas di brutto… le mie gambe “hanno parlato” e sono rimasto dietro.

Mozzato Danilith 2021
Mozzato ha un ottimo spunto veloce. Da inizio stagione ha colto diversi piazzamenti nei primi cinque
Mozzato Danilith 2021
Mozzato ha un ottimo spunto veloce. Da inizio stagione ha colto diversi piazzamenti nei primi cinque
Questo tuo buon risultato cambia qualcosa, pensando al tuo ruolo nella squadra, alla tua convinzione?

Una singola prestazione non cambia il corridore che sono, anche se fossi arrivato più avanti. Io sono sempre quello: Mozzato, un corridore veloce, che si difende in salita e che per ora alla sua portata ha le corse di secondo e terzo livello. Non sono chiaramente al livello di Alaphilippe, Sagan, Van Aert… per dire la tipologia dei miei avversari. Però devo dire che in squadra sono stati molto contenti. Per un team francese avere un qualcuno che è davanti alla Roubaix è importante. C’erano i nostri sponsor, il team manager…

Ah questo è sicuro, loro ci stanno molto attenti a queste cose…

Sì, ripeto li ho visto molto contenti. Forse anche perché non se lo aspettavano. La settimana prima a Denain, dove si fanno alcuni tratti della Roubaix, avevo sofferto tantissimo il pavé. Probabilmente anche io avevo sbagliato la pressione delle gomme, troppo dure e vedermi così efficiente è stata una sorpresa.

Gomme troppo dure a Denain…

Avevo l’ansia di averle troppo sgonfie perché okay il pavé, ma su 200 chilometri di gara 170 erano su asfalto, invece rimbalzavo troppo e così il giorno della Roubaix le ho gonfiate a 3,8 bar sia davanti che dietro, molto basse per me che sono 68 chili.

Insomma ti piace questo pavé, ci si può lavorare…

Guardate, io ho scelto una squadra straniera di queste zone proprio per avere più possibilità di fare queste classiche, non solo quelle più grandi ma anche le tante altre gare di seconda fascia che ci sono quassù. Corse in cui tenere la posizione è fondamentale, molto nervose, in cui l’esperienza può fare la differenza e che siano più adatte alle mie caratteristiche di uomo veloce. Io prima di arrivare alla B&B il pavè lo avevo visto solo correndo la Roubaix e la Gand in nazionale juniores e se non lo conosci o hai una gamba supersonica o soffri.

Mozzato (23 anni) sarà alla B&B anche la prossima stagione (foto Instagram)
Mozzato (23 anni) sarà alla B&B anche la prossima stagione (foto Instagram)
Alla fine questa per te è la prima vera stagione da pro’, l’anno scorso col Covid non hai fatto molto…

Stavamo parlando di questa cosa proprio con i diesse qualche giorno fa: quest’anno ho fatto più corse e vado meglio. Nella stagione passata ho fatto solo 31 giorni di gara, pochini per un pro’ e infatti anche quando ero in allenamento non ho sentito quel cambio di passo che ti danno certe gare. Invece quest’anno questo salto l’ho sentito. Non dico che mi sia cambiato il motore ma noto una certa differenza.

Quindi per i prossimi anni possiamo contare anche su di te! Ci si può lavorare sul pavè…

Eh sì! Ma già quest’anno ci abbiamo lavorato parecchio. Abbiamo fatto diversi sopralluoghi, provato i materiali, ma di certo sarà uno degli obiettivi del prossimo anno. Ma non è facile perché qui c’è il trabocchetto dietro ad ogni curva.

La Roubaix quindi è la tua classica preferita?

Decisamente! Non ho corso le altre e non so se sia anche la più adatta, ma a pelle è quella che mi piace di più.

Ancora Roubaix: le tre mosse azzeccate di Sonny

07.10.2021
4 min
Salva

Oggi Sonny Colbrelli torna in gara al Gran Piemonte ma è ancora lunga, lunghissima l’onda della sua Parigi-Roubaix. Analisi tecniche, emozioni, punti di vista si susseguono. E in questo articolo, nato a “mentre fredda”, rivediamo i tre punti chiave della corsa del corridore della Bahrain-Victorious, le tre mosse azzeccate da Sonny e quelle che secondo noi gli hanno permesso di portarsi a casa la mitica pietra del Nord.

Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione (bassissima) delle gomme
Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione (bassissima) delle gomme

Setup perfetto

Posto che in primis contano le gambe e il tanto allenamento, una bella fetta della torta in una gara come la Roubaix spetta al mezzo meccanico. E qui abbiamo visto come Colbrelli e il suo staff non abbiano lasciato nulla al caso.

Forse proprio perché era alla sua prima partecipazione alla Roubaix, Sonny ci è andato con i piedi piombo. Magari se non fosse stato così ed inesperto non avrebbe scelto le gomme da 32 millimetri, ma quelle da 30. E queste si sono fatte sentire, tanto più con il gonfiaggio super basso che aveva impostato, ben al di sotto delle 4 atmosfere. E si è visto nella guida, sempre sciolta, e nella capacità di far fronte anche agli ostacoli, come lo scarto effettuato nella Foresta di Arenberg. Alla sterzata improvvisa altri sono caduti, lui ha solo sbandato.

Inoltre in casa Bahrain avevano studiato al dettaglio le condizioni meteo, e questo ha influito molto sul setup della bici. Non solo gomme e pressione giusti, ma anche rapporti, tipologia di nastro manubrio… In poche parole un pezzetto di Roubaix, Colbrelli se l’è portata a casa già prima del via.

Sempre due borracce per il bresciano, anche verso fine gara
Sempre due borracce per il bresciano, anche verso fine gara

Alimentazione: puntualità svizzera

Ogni volta che le telecamere lo inquadravano e non si era sui tratti in pavé, Sonny mangiava o beveva. Sempre. Solo negli ultimi 50 chilometri lo abbiamo visto mettere le mani nelle tasche per prendere qualcosa da mandare giù non meno di quattro volte. L’ultima delle quali poco dopo l’uscita dall’ultimo settore (il penultimo considerando la “passerella” dentro Roubaix).

Questo, oltre che un segno di lucidità, ha consentito al campione europeo di avere sempre la benzina migliore, i carboidrati (gli zuccheri), a disposizione per i suoi muscoli. Cosa stra-importante in una corsa che tende a distruggerli in quanto al consumo energetico assomma quello delle contrazioni ulteriori dovute ai sobbalzi. Il tutto senza contare che faceva anche abbastanza fresco. Ma questo aspetto però si potrebbe anche tralasciare visto che Colbrelli ama il maltempo e le temperature più basse.

E la stessa cosa vale per i liquidi. Era l’unico del gruppetto inseguitore di Moscon ad avere la doppia borraccia fino alla fine. Sonny è stato fedele ai dogmi di Artuso: in corsa si mangia, in allenamento di dimagrisce.

«Ho mangiato – dice Colbrelli stesso – tre paninetti con la marmellata, bevuto 5 borracce di maltodestrine, 4 borracce di carboidrati che sono come le malto ma con il doppio del dosaggio e 11 gel. Alla fine ho bruciato circa 7.000 calorie».

A poco più di 60 chilometri dall’arrivo, Colbrelli se ne va con Planckaert e Boivin
A poco più di 60 chilometri dall’arrivo, Colbrelli se ne va con Planckaert e Boivin

Anticipo: energie risparmiate

E poi la tattica. Okay il correre nelle prime posizioni, cosa che diventa più un fatto di gambe che non di abilità col passare dei chilometri, e sulla quale Sonny è stato perfetto. Okay, francobollare Van der Poel come un vecchio difensore fedele alla marcatura ad uomo, ma una “genialata” Colbrelli l’ha fatta dopo la prima grande scaramuccia fra Van der Poel e Van Aert.

Quando il belga è rientrato il gruppo si è aperto un po’. Tutti ne hanno approfittato per mangiare dopo l’ennesimo settore di pavè. Sonny invece no: perché lo aveva già fatto! Come abbiamo scritto anche sopra, mangiare era la prima cosa che faceva non appena la sua ruota posteriore aveva lasciato il pavè. E così ha approfittato dell’allungo di Boivin, comprimario che in pochi hanno calcolato. Lui ha chiuso senza neanche scattare, sotto lo sguardo noncurante dei favoriti, molti dei quali erano intenti proprio a mangiare. A loro due si è aggiunto Planckaert. Un terzetto perfetto.

Con questa azione a circa 60 chilometri dall’arrivo di fatto Colbrelli ha anticipato la furia di Van der Poel. Ha guadagnato una trentina di secondi ed è andato via regolare. Regolare, concentratevi su questo termine. In questo modo si è risparmiato tre-quattro trenate infernali dell’olandese, intento a staccare l’eterno rivale belga e a guardare alla testa della corsa. E chissà, magari sono state proprio quelle, le energie che hanno fatto la differenza nella volata finale…

Cambio di bici fatale. Moscon si è trovato con gomme “diverse”

04.10.2021
4 min
Salva

Ancora sulla Roubaix, ancora sulla prova coraggiosa e potente di Gianni Moscon. Il trentino stava volando verso il traguardo quando una foratura prima e una caduta poi gli hanno tarpato definitivamente le ali. Avrebbe vinto? Ci siamo posti ieri questo quesito. Per come stava andando e visto anche che Van der Poel, il maggior motore degli inseguitori, non era riuscito a fare la selezione probabilmente sì. In fin dei conti Gianni teneva alla grande nei tratti di asfalto e a volte guadagnava su quelli in pavè. Guadagnava, almeno fino al cambio di bici. Perché da quel momento le cose non sono andate più come prima.

In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)
In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)

Cambio bici fatale

Da quando ha inforcato la Pinarello Dogma F Disc “fresca di ammiraglia” Moscon non ha più guidato come aveva fatto fino al settore precedente. E si è visto appena è entrato sul pavè: un grande sobbalzo, tante scodate e in generale un atteggiamento più rigido. La nostra idea, cioè che molto fosse dipeso dalle gomme, trova riscontro nelle parole di Matteo Cornacchione, uno dei meccanici della Ineos-Grenadiers.

«Le due bici, quella che Gianni stava usando e quella sull’ammiraglia sono identiche – spiega Cornacchione – Nelle misure, nel montaggio e anche nelle gomme. Solo che quella di Gianni macinava chilometri e fango da un bel po’ e il feeling potrebbe essere stato diverso. In teoria la bici nuova sarebbe dovuta andare meglio in quanto era più pulita e la catena era ben lubrificata, ma qualcosa è cambiato nella pressione delle gomme».

Pressioni “apparentemente” uguali

Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo insistere. Si sa che con tutti quei sobbalzi la pressione diminuisce col passare dei chilometri. Di conseguenza cambia la sensibilità del “pilota”. Anni fa nelle ricognizioni con Pozzato e il meccanico Enrico Pengo, vedevamo che individuavano una pressione e poi aggiungevano mezza atmosfera, proprio in previsione del calo.

«Non posso parlare di pressioni – dice apertamente Cornacchione – è una politica di squadra, ci tengono molto, tuttavia le gomme sporche in qualche modo si erano adattate al terreno».

E questa cosa è vera: per una questione di umidità, di consumo, di “posizione” dello sporco sul battistrada. E’ qualcosa che in Mtb avviene molto spesso.

«E anche Gianni – riprende il meccanico – si è adattato a quelle gomme e a quella guida. Lui magari è partito con 5 atmosfere e in quel momento, verso fine gara magari era sceso a 4,4. Una perdita, graduale, di 0,6-0,7 atmosfere. Una perdita normale a 20 chilometri o poco più dal termine. Mentre la pressione delle gomme sulla bici nuova era a 5 atmosfere come da programma, come in partenza. Quella non aveva subito le stesse sollecitazioni. Si dovrebbe farle scendere un po’, ma non è facile in corsa… Inoltre bisogna pensare che nel primo tratto (90 chilometri, ndr), la Roubaix è veloce, non prevede pavè e i corridori non vogliono scendere troppo con le pressioni, sprecherebbero troppe energie».

La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental
La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental

Prima Roubaix col tubeless

Ma che gomme e ruote aveva Moscon? Quanto le ha provate?

«Gianni ha utilizzato dei tubeless Continental da 30 millimetri e ruote Princeton Disk 50-55 (profilo ad onda che tra l’altro non risulta ancora nel sito del brand americano, ndr). I ragazzi avevano fatto dei test in precedenza, ma con dei tubolari, mentre il cambio radicale dei materiali, legato al passaggio al freno a disco, è avvenuto più tardi. L’anno scorso avevano i tubolari, quest’anno appunto con il passaggio al disco si è visto che il tubeless era meglio».

«Chi doveva fare la Roubaix o comunque certe gare in cui si sarebbe utilizzata la nuova bici con il disco, ha ricevuto la Dogma Disc già a casa. Alcuni di questi atleti hanno provato gli “assetti Roubaix” già all’Eurométropole Tour o al Gp Denain (gare che comunque Moscon non ha disputato, ndr). Certo, avere più esperienza con i materiali è meglio, ma viste le condizioni è stato difficile per tutti. I belgi sono avvantaggiati perché vivendo lì fanno i test ogni giorno praticamente. Sanno cosa va e cosa no».

Infine una domanda sul rake della forcella, che a volte si cambia proprio per la Roubaix preferendone una più “aperta”. «No – conclude Cornacchione – Gianni ha mantenuto quella con rake da 43 millimetri mentre Van Baarle aveva quella da 47. Tante volte è anche una questione di testa e se i corridori si trovano bene con un certo materiale preferiscono non cambiare».

Un giorno da Balsamo sulla strada per l’Inferno

Giada Gambino
04.10.2021
3 min
Salva

Elisa guarda la sua maglia e la sua bici iridata prima di andare a letto. Le brillano gli occhi, hanno una luce particolare dettata, forse, dal fatto che al momento (in apertura, Balsamo nella foto ASO/F. Boukla) è la ciclista più forte al mondo…

«La sera prima della mia Parigi-Roubaix ero abbastanza serena, non mi sentivo particolarmente stressata o con qualche responsabilità di troppo. Volevo solo divertirmi e onorare la maglia».

Pochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’Inferno
Pochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’Inferno

Inizia la corsa, ma il terreno sembra quasi diverso da quello di due giorni prima. 

«Quando abbiamo fatto la ricognizione, la strada era asciutta e sembrava già difficile in quel modo, ma tutta bagnata e piena di fango mi sembrava quasi impossibile. Il pavé è diverso rispetto a quello a cui sono abituata ad esempio al Giro delle Fiandre. Questo è più alto, più scivoloso, mette un po’ più in difficoltà. Sicuramente, però, le persone a bordo strada che mi incitavano davano tanto morale. Mi emozionava, mi sentivo parte integrante della storia».

Al via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedale
Al via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedale

Ad un certo punto cade Vittoria Guazzini… 

«Ho avuto paura, tanta. Ho visto che si era fatta seriamente male e non è stata una bella scena. In alcune zone c’erano delle pozzanghere di fango molto grandi ed era lì che si perdeva maggiormente l’equilibrio».

Elisa abbassa un attimo lo sguardo e osserva la sua bici. 

«Non è stata la miglior gara per inaugurare maglia e bici nuove e bianche (ride, ndr). Però ha avuto il suo fascino fare la prima Parigi-Roubaix come prima competizione in maglia iridata. Un sogno, non l’avrei mai immaginato possibile!».

Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)
Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)

Negli spogliatoi del magico velodromo di Roubaix la Balsamo è ricoperta di fango dalla testa ai piedi, con difficoltà si intravede l’iride sulla sua maglia, eppure sorride… 

«E’ stato divertente, è stato leggendario, è stato unico. Sinceramente spero solo che nei prossimi anni non piova più (ride, ndr). Il prossimo anno la rifarei? Non so, adesso non voglio pensarci, un Inferno all’anno è già tanto. Sicuramente… se non dovesse piovere sarebbe meglio!».

Raggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per Balsamo, vera “star” della pista
Raggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per una “star” della pista

Chiude un secondo gli occhi. 

«Vedo l’arrivo, il fango, la bici sporca e le mani con le vesciche. Solo alla fine ho iniziato ad avvertire i primi dolori alle mani, una volta tolti i guanti. Durante la corsa l’adrenalina era tale da non sentire nulla».

La nostra campionessa del mondo è abbastanza positiva, l’iride non la spaventa, lo sa portare, non si sente grandi responsabilità sulle spalle ed è abbastanza contenta della sua stagione. Vuole solo continuare a fare del suo meglio divertendosi. L’Inferno è passato!

Vermeersch, il cronoman che danza nel fango

04.10.2021
5 min
Salva

Quando venne a sedersi al tavolo della conferenza stampa dei mondiali, pochi avrebbero scommesso un euro su Florian Vermeersch. Era il 20 settembre. Terzo dietro Price-Pejtersen e Plapp nella crono under 23, aveva risposto a poche domande dei colleghi fiamminghi, poi si era avviato all’antidoping. Due settimane dopo, il corridore di Gand è arrivato secondo alla Roubaix. A 22 anni.

Ieri lo conoscevano in pochi. Per cui nel racconto, storpiandone anche il nome, s’è attinto al cestino dei luoghi comuni. Superstite fortunato della prima fuga. Belga del ciclocross, confondendolo con il Gianni che corre alla Alpecin-Fenix. Eroe di giornata… Invece a sentirlo, ti rendi conto che lui ci credeva. E che alla fine gli giravano le scatole almeno quanto a Van der Poel. Perché lui la Roubaix l’ha guidata a lungo, mentre l’olandese l’ha solo rincorsa.

«Nei prossimi giorni – dice – la delusione lascerà sicuramente il posto all’orgoglio».

Sul podio ancora la delusione, che nei prossimi giorni diventerà orgoglio
Sul podio ancora la delusione, che nei prossimi giorni diventerà orgoglio

Il consiglio giusto

La vigilia è stata strana. Sul pullman della Lotto Soudal c’erano Gilbert e Degenkolb, due dei cinque vincitori di Roubaix ancora in attività. Un’occasione d’oro per il ragazzino passato professionista alla metà del 2020 e che quest’anno, al primo vero da professionista, aveva già sommato 66 giorni di corsa, con dentro la Parigi-Nizza, il Giro di Svizzera e la Vuelta. E che a Bruges, appunto, si era piazzato terzo nel mondiale U23 a cronometro.

«Soprattutto durante la ricognizione – racconta – ho ricevuto molti consigli. Abbiamo parlato molto delle edizioni precedenti. Mi hanno detto in quali punti dovevo stare attento, per esempio. Anche se il consiglio migliore che ho recepito è stato: “Continua a pedalare! Perché non sai mai cosa accadrà”. Avevano ragione loro».

Staccato da Moscon, Vermeersch ha avuto un momento di crisi, che ha superato bene
Staccato da Moscon, Vermeersch ha avuto un momento di crisi, che ha superato bene

Due al comando

In fuga dall’inizio. L’obiettivo era tenere davanti la squadra e capire come si sarebbe messa la corsa, cercando di… sopravvivere al forcing per prendere in testa i primi settori di pavé.

«E’ stata una battaglia per il posizionamento – annota – ho resistito bene. La prima selezione vera c’è stata nel settore di Saint Python, quando siamo rimasti in quattro. Per un po’ siamo andati avanti insieme, ma improvvisamente sono rimasto solo con Eekhoff. Con mia grande sorpresa, gli altri due erano scomparsi. Da quel momento ho ricordato i consigli della vigilia e mi sono messo a spingere senza dare mai veramente tutto».

Più crono che cross

Fango. Attraversamenti come guadi. La sua mentalità da cronoman a scandire il passare dei chilometri, dividendo il percorso in settori e i settori in porzioni più piccole. Dandosi riferimenti visivi e cercando di restare in piedi su un terreno tutt’altro che confortevole. La crono e quei pochi ricordi del cross di quattro anni fa, quando ne aveva 18 e si affacciava al grande mondo.

«Il ciclocross è stato un po’ di tempo fa – dice – ma da giovane ero abituato a queste condizioni, quando il fondo è scivoloso e la bici fa presa a malapena. Però vorrei provare anche una Roubaix asciutta. In questa corsa le motivazioni non mancano. E’ stata una motivazione anche la pioggia della notte prima».

Due scomodi clienti

A un certo punto però è parso che fosse tutto finito. L’arrivo di Moscon e il suo attacco. Da dietro Van der Poel con Colbrelli. Le gambe che facevano male e la testa sul punto di mollare.

«Ho avuto un momento davvero difficile – racconta – e sono stato staccato. Fortunatamente sono riuscito a riprendermi rapidamente e a restare agganciato quando sono arrivati Van der Poel, Colbrelli e Boivin. Le gambe si sono rimesse a girare bene. E quando abbiamo raggiunto Moscon e siamo sopravvissuti al Carrefour de l’Arbre, sapevo che stavo correndo per la vittoria. Il guaio è che quei due (Colbrelli e Van der Poel, ndr) avevano già vinto volate di gruppo, per questo ho provato per due volte ad attaccare. Infine lo sprint nel velodromo. Ho calcolato bene le distanze, ma negli ultimi cinquanta metri ho lottato con i crampi. E non ho potuto fare niente contro Colbrelli…».

Vermeersch ha raccontato che negli ultimi 50 metri sono arrivati i crampi
Vermeersch ha raccontato che negli ultimi 50 metri sono arrivati i crampi

Nessun paragone

Come dire che altrimenti avresti potuto vincere tu? Ci pensa e lo vedi che valuta fra la risposta schietta e una diplomatica, da bravo giovane al primo assalto.

«Visto il mio fisico – dice – questa è la gara che meglio mi si adatta. Avevo già detto che un giorno avrei puntato al podio, ma non avrei mai immaginato di finire secondo al debutto. Questo percorso è fatto per me, ne sono convinto. Non sarò mai uno scalatore. Fisicamente è stato un giorno molto difficile. La schiena mi fa male immensamente e ci vorranno alcune settimane per riprendersi. Non sono uno che soffre il freddo, ma non c’erano alternative. Anche la pioggia… Per correre qui serve una mentalità speciale. Se la abbracci, ti viene tutto più facile. Ma per favore, nessun confronto con Tom Boonen. Avete visto il suo palmares? Meglio che resti concentrato sul mio percorso. Cominciamo da qui, vedremo cosa mi riserverà il futuro…».

Moscon ce l’avrebbe fatta? Difficile da dire, facile da sognare

03.10.2021
4 min
Salva

Scordatevi di riconoscerli dalla faccia, sono come pietre dalle mani di pietra che solcano strade di pietra per raggiungere una pista levigata e lunga che potrebbe consegnare loro la gloria. Una fatica di sei ore per ricevere in cambio un sasso, ma loro sanno benissimo che quella pietra spigolosa è il graal di un certo modo di intendere il ciclismo. Anche Moscon la vede così ed è talmente sicuro di poter portare avanti la sua fatica, da non aver fatto i conti con il dannato destino.

«E’ una delle corse più belle al mondo – dice – ho provato da lontano, ma ho avuto un po’ di cattiva sorte. Era davvero una situazione spettacolare, ho giocato le mie carte. Per fortuna ha vinto ugualmente un italiano, il Paese sarà contento».

Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo
Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo

Il mito Boonen

L’attacco da lontano. Quando era poco più di un ragazzino, capitò di parlare con lui della Roubaix e capimmo subito che alla corsa più crudele e anacronistica lo legasse un filo neppure troppo sottile. Del resto la seconda volta che ci mise sopra le ruote, tornò a casa con un quinto posto e anche allora cadde. 

«Ho in mente il Boonen – diceva Moscon – che se ne va a vincere attaccando a 60 chilometri dall’arrivo. A casa mia la Roubaix è sempre stata il pomeriggio di una domenica di primavera, un rito da vivere sul divano, senza perdersi nemmeno una pedalata».

Chi questa volta era sul divano e cercava di non perdersi neppure una sua pedalata, di colpo ha dovuto soffocare un’imprecazione, vedendo la sua ruota posteriore sgonfiarsi inesorabilmente, quando aveva più di un minuto di vantaggio a 30 chilometri dall’arrivo.

Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti
Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti

Bici con ruote diverse

Gianni maledice la cattiva sorte e salta su una bici pulita. La sensazione di alcuni, vedendolo ripartire, è subito di qualcosa che non vada. Che siano le ruote con il profilo più basso o chissà cos’altro. Sta di fatto che il trentino del team Ineos Grenadiers perde 25 secondi e riparte avendone ancora abbastanza per tenerli indietro. Anche se dalle retrovie gli dicono via radio che stanno arrivando Van der Poel e Colbrelli. Ma Gianni sa accelerare sul pavé e proprio nei tratti più brutti ha costruito il suo vantaggio.

Invece in effetti qualcosa non va. E in un tratto scivoloso come tanti, finisce disteso sulla destra della strada, con due ammiraglie ferme dietro e anche una moto messa di traverso. Riparte. Cerca di tenerli indietro. Lo prendono. Fa lui l’andatura, ma ha due sobbalzi insoliti. Qualcosa non va. Lo lasciano lì, ma ha ancora gambe per difendere il quarto posto dal ritorno di Van Aert.

«In certi momenti – dice – con la fatica se ne va anche la lucidità. Quando sei al limite, capita anche di commettere qualche errore e così sono scivolato. Non so che cosa sarebbe cambiato senza foratura e senza caduta, non so nemmeno quanto ho perso. Non ha senso fare certi discorsi. Ora ho solo bisogno di riposare. Farò forse il Giro di Lombardia e poi potrò finalmente pensare alla prossima stagione».

Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto
Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto

Knaven non ci sta

Chi appare decisamente meno conciliante con la cattiva sorte è il direttore sportivo Servais Knaven, l’uomo del pavé che la Roubaix la vinse nel 2001 e con il trentino ha sempre avuto un ottimo rapporto.

«E’ stato frustrante – dice – siamo stati in gara tutto il giorno e sembrava che Gianni avesse davvero buone possibilità di vincere. Prima la foratura, ma pensi che vada bene. Ha perso circa 30 secondi. Invece la caduta ci è costata più tempo. Ha avuto anche un impatto sul suo corpo ed è passato da circa 45 a 10 secondi. Penso che Gianni fosse probabilmente il ragazzo più forte in gara. Difficile dirlo, ma avrebbe meritato la vittoria. Sono le corse, tutto può succedere. Ognuno ha la sua storia. Ma è un vero peccato, era così vicino…».

Colbrelli non perdona. Piega Van der Poel e vince la Roubaix

03.10.2021
6 min
Salva

Pioggia e fango hanno trasformato i corridori in statue di terra. I tre di testa entrano nel velodromo con maschere di fango e gli occhi riparati provvidenzialmente dai grossi occhiali. Colbrelli è guardingo, la tensione è alle stelle. E’ stato lui ad accelerare secco quando Van der Poel ha riagganciato Moscon, anche per capire quanta birra avesse l’olandese. Una volata in pista dopo 260 chilometri fatti a quel modo più che una lotteria è una guerra per la sopravvivenza e così si apprestano a viverla. Vermeersch che non sanno chi sia, ma nell’avvicinamento al velodromo ha provato ad attaccare.

Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione delle gomme
Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione delle gomme

Mondiale indigesto

Il mondiale gli era rimasto di traverso. Colbrelli era convinto di poter dire la sua, ma la caduta all’unisono di Trentin e Ballerini aveva fatto piombare sulle sue spalle tutto il peso della corsa. E in questa fase della stagione, se rispondi a uno scatto, non è detto che tu ne abbia per rispondere al secondo. Ma Sonny quando piove si diverte e chissà se stamattina, guardando il cielo e l’asfalto bagnato, ha pensato a un presagio felice. Sta di fatto che quando Van der Poel accelera e mette nel mirino Moscon, lui lo passa e prova l’allungo. Forse non si è reso conto che davanti il trentino prima ha bucato e poi è caduto.

«Gianni davanti è stato eroico – dice – è stato tanto da solo, ma noi dietro abbiamo fatto un buon lavoro. Da un certo punto in poi ho deciso di seguire soltanto Van der Poel. Il corridore della Lotto non lo conoscevo, però Mathieu è rientrato da dietro e per me lui è quello che fa solo numeri straordinari. Con lui ho lavorato bene e sono stato anche fortunato a non avere forature o guasti. Sono quasi caduto un paio di volte, ma ero molto concentrato nel rimanere in piedi. Poi ho dato tutto quello che mi restava per vincere».

Van Aert non ha il passo dei giorni migliori. Non si può essere sempre stellari…
Van Aert non ha il passo dei giorni migliori. Non si può essere sempre stellari…

La fede del fenomeno

Van der Poel non ha mai corso la Roubaix, ma per il suo modo di ragionare, sa andare forte sul pavé e sa danzare nel fango: vincerà lui. Ha conquistato il Fiandre. E’ campione del mondo di ciclocross. E se non fosse caduto per quello stupido errore, magari a quest’ora sarebbe anche campione olimpico di mountain bike. Quando apre il gas per staccare Van Aert e rientrare su Colbrelli e compagni di fuga, nella testa risuonano le parole della vigilia.

«Posso vincere la Roubaix? Penso di sì. Ai mondiali non sono arrivato lontano dai migliori e la forma non era al top. Il pavé l’altro giorno lo abbiamo visto asciutto, ma sarebbe bello se piovesse. Diventerà più pericoloso e scivoloso e si tratterebbe di restare in piedi, ma in corse come la Roubaix devi stare attento a tutto».

Chissà se quando Colbrelli si permette di mettergli la ruota davanti, l’olandese comincia a pensare di essersi cacciato in un brutto guaio. Forse no. I fenomeni non pensano mai di poter perdere. E quando questo succede, restano per terra a lungo chiedendosi come sia stato possibile.

Van der Poel stacca Van Aert (l’eterno duello!) e rientra sul Colbrelli, che non lo molla
Van der Poel stacca Van Aert (l’eterno duello!) e rientra sul COlbrelli, che non lo molla

Volata al limite

La pista per fortuna è asciutta. E quando i tre ci entrano, il boato che li investe li scuote dentro. Dopo chilometri e ore di poca gente sul ciglio e in certi tratti lo sferragliare delle catene più rumoroso dello sbattere dei denti, quell’effetto luna park produce scariche di adrenalina.

«Anche questa volta ho seguito Van der Poel – dice Colbrelli – ma di colpo la volata l’ha lanciata il corridore della Lotto (Vermeersch ha 22 anni ed è così sconosciuto, che anche il suo nome resterà misterioso fino al podio, ndr). Non si trattava più di essere veloci. Si trattava di riuscire a spingere forte. E io ero veramente al limite e alla fine ho conquistato questa leggenda. Ho fatto davvero un super sprint, poi mi è crollato il mondo addosso. Sono senza parole. Non posso credere di aver vinto la Roubaix. Voglio dedicarlo alla mia famiglia, a tutta la squadra e ai miei tifosi. Finora per me è stata una stagione fantastica».

Il mondo addosso

Sonny crolla. Forse vorrebbe fare il giro d’onore, forse la mente non sa venirne a capo. Così si ferma nel punto più lontano dai massaggiatori che iniziano a correre. Anche per i fotografi è una bella sfacchinata. Scende dalla bici e la solleva, la sua Reacto arancione. Poi si accascia sul prato e piange. Piange come a Trento, dove trovò ad abbracciarlo Davide Cassani. Questa volta è da solo e non ha pace. Succede così quando la vita pareggia i conti e tu stai lì attonito, a piangere più di quando ti ha colpito e ti ha lasciato senza fiato.

«E’ la mia stagione – dice – ma è stato ugualmente super difficile. Sono felice. Era la mia prima Roubaix e non posso ancora credere di averla vinta. Stamattina non riuscivo a pensare a una vittoria. Ho iniziato senza alcuna pressione, volevo solo divertirmi in una gara che ho sempre sognato. Mi sentivo bene e meglio chilometro dopo chilometro. Quindi ho voluto provare a cogliere la mia occasione, attaccando magari un po’ prima. Guardando le passate edizioni ho imparato che era un buon momento per provarci…».

Il terzo inno

La mitica pietra ora è fra le sue mani, mentre l’Inno di Mameli va avanti e il peso del più bel trofeo del ciclismo inizia a farsi decisamente insopportabile. E’ la terza volta quest’anno che quelle note suonano per lui, perché dopo Imola c’è stata Trento. E ora in quel velodromo in cui ancora si commuovono per Ballerini e inneggiano a Moser, il nome sulla bocca dei tifosi è quello di Sonny Colbrelli. Van der Poel accanto fatica a farsene una ragione. Ai fenomeni capita così. A lui e Van Aert il compito di una bella riflessione sull’opportunità di andare sempre al massimo, quando poi ti sfuggono (nel suo caso) il Fiandre, il mondiale e oggi la Roubaix. L’ha vinta Sonny Colbrelli. E intendiamoci, a noi va molto bene così.