Le attività di Samuele Manfredi vanno moltiplicandosi e in attesa di completare quel percorso che tutti sperano possa riportarlo a vestire la maglia azzurra, magari in occasione delle Paralimpiadi, è ora coinvolto in un importante progetto con la Federazione. Il corridore savonese, fermato da un gravissimo incidente in allenamento dal dicembre 2018 che lo ha costretto sulla sedia a rotelle, è entrato a far parte della Commissione Attività di Promozione Ciclistica.
Il proposito del team, guidato dal vicepresidente Fci Ruggero Cazzaniga,è valutare idee e proposte per promuovere il ciclismo e l’uso della bicicletta fuori dagli ambienti agonistici, attraverso eventi promozionali rivolti ai più piccoli, la formazione di animatori per gestire gli eventi sul territorio e allargare attraverso varie iniziative il bacino d‘utenza degli utilizzatori della bici.
Samuele ha preso molto sul serio questo nuovo impegno: «Cazzaniga mi ha chiesto di mettere a disposizione le mie conoscenze e la mia storia per questo progetto e non ho avuto il minimo dubbio nell’accettare. Il mio compito è offrire idee e dare una mano nel trovare contatti utili per rapportarci con chi realmente può darci una mano. Abbiamo iniziato da pochi giorni, ma posso dire che ci sono già risultati».
Manfredi con gli altri componenti la Commissione Fci: da sinistra Pasqualini, Perazzi, Cazzaniga, Nicoletti e Negro Cusa (foto Fci)Manfredi con gli altri componenti la Commissione Fci: da sinistra Pasqualini, Perazzi, Cazzaniga, Nicoletti e Negro Cusa (foto Fci)
Quali?
Nella mia città, Loano, c’è una pista al chiuso dedicata a mtb e E-bike. In questo teatro si può realizzare un centro di avviamento al ciclismo. Mi sono subito messo in contatto con il presidente del comitato regionale Fci Sandro Tuvo e la cosa si può dire che sia fatta. Io comunque mi sto muovendo anche per allargare il numero di collaboratori nella promozione del ciclismo, coinvolgendo mille attività prima lontane dal nostro mondo.
La tua storia e la tua testimonianza come vengono lette? Al giorno d’oggi il ciclismo ha ormai la patente di sport pericoloso…
E’ proprio su questo che dobbiamo agire. Dimostrare che il ciclismo, se affrontato nella maniera giusta e prendendo le giuste precauzioni, non è più pericoloso di tante altre attività, di tutto ciò che fa parte della vita stessa. Io non ho mai smesso di pensarla così, nonostante tutto.
Il trionfo nell’inseguimento agli Europei Juniores di Aigle 2018Il trionfo nell’inseguimento agli Europei Juniores di Aigle 2018
Secondo te in questo quadro di attività dovrebbe rientrare anche una campagna di educazione riservata a chi va in auto, al rispetto verso chi pedala?
Non so quanto potrebbe trovare risposte. Noi stiamo invece lavorando verso una ristrutturazione delle figure di guida cicloturistica, rendendo l’accesso ai corsi più semplice e moltiplicando gli stessi. Quell’opera di educazione di cui si accennava prima può passare anche attraverso queste figure. Dobbiamo rendere la pratica ciclistica più radicata nella nostra cultura, non guardarla solo dall’aspetto sportivo. Inoltre è un’occasione di lavoro e questo oggi è importante.
Che cosa avete in programma ora?
Abbiamo già avuto tre incontri, uno a Milano e due in videoconferenza. L’attività è molto impegnativa, stiamo cercando di rendere questa commissione un organo che sia all’insegna del fare.
Il ligure sta sostenendo allenamenti molto intensi. E in futuro vuol provare il triathlon (foto Il Secolo XIX)Il ligure sta sostenendo allenamenti molto intensi. E in futuro vuol provare il triathlon (foto Il Secolo XIX)
Questo impegno va a innestarsi in una tua vita quotidiana già molto impegnata, tra la continua opera di rieducazione e gli allenamenti…
Non c’è solo questo. Ho anche cambiato base, spostandomi a Pavia dove c’è la mia fidanzata. Ho dovuto ricostruire tutto. La cosa bella è che mi sto appassionando sempre più alla pratica sportiva, sto tornando quello di un tempo. Mi alleno sulla ciclabile lungo il Naviglio, quando torno a Loano su quella di Sanremo. Quel che è certo è che la sto prendendo molto seriamente.
Il progetto paralimpico ha quindi preso corpo…
Sì, anche se non mi pongo particolari obiettivi, non guardo certo a Parigi, sono un neofita della disciplina. Ho iniziato da poco, faccio uscite di 6-7 ore sotto la guida del mio vecchio preparatore atletico, Massimo Bechis. Sono poi in costante contatto con il cittì azzurro Rino De Candido che tanto ha insistito perché intraprendessi quest’avventura. E’ dura, ma ci metto tanto impegno.
Avversario di tante gare da junior, Manfredi ha mantenuto saldi legami con EvenepoelAvversario di tante gare da junior, Manfredi ha mantenuto saldi legami con Evenepoel
Ti vedremo anche in gara?
Sì, subito dopo Pasqua a Marina di Massa, farò il mio esordio per il Team Equa. Ho anche una nuova handbike, una Carbonbike arrivata dagli Usa. Io sono alto 1,96, adattarla alla mia misura non è stato facile, ma ora mi trovo sempre più a mio agio.
Che sensazione provi nel tornare ad allenarti con l’obiettivo della gara?
E’ difficile descriverlo. Sentire la fatica nel corpo, sentire lo scorrere delle ruote e la velocità. Per carità, parliamo di cose molto diverse da quelle che si provano in bici, si va molto più piano e le pendenze, anche minime, si fanno sentire di più. Bisogna rivedere tutte le proprie nozioni di guida, adattarle alla diversa velocità nell’affrontare le curve, gli ostacoli. Non vedo l’ora di tornare in gara. Voglio tornare a respirare il Manfredi di una volta, quello che interpretava le corse alla garibaldina. Senza pensare al risultato, conterà esserci.
La storia di Fabio Triboli raccontata da Zanardi. Parla di sogni, vita e caparbietà. Ed è il modo per stare vicini ad Alex nella sua dura lotta per la vita
Il Consiglio Federale che si è svolto a Palmi il 12 maggio ha stabilito l’abolizione del vincolo regionale nella categoria juniores. «Il vincolo regionale, che viene ad oggi affidato alla […]
Parlando con Samuele Manfredi sembra davvero difficile pensare di essere di fronte a un “millennial”, tale e tanta è la sua maturità. La vita lo ha già messo di fronte a prove terribili, eppure il ligure di Loano non ha mai perso la speranza e l’energia nell’affrontare ogni giornata, ha saputo rinascere come un’araba fenice e davanti a sé ha una grande sfida, quella che sognava da bambino, anche se con modalità diverse. Ma ci arriveremo…
Samuele fino al 10 dicembre 2018 era uno dei più promettenti talenti del ciclismo italiano. Vincitore della Gand-Wevelgem per juniores nello stesso anno, campione europeo nell’inseguimento individuale e argento in quello a squadre, era stato messo sotto contratto dal Team Development della Groupama-Fdj. Samuele si stava allenando d’inverno per farsi trovare pronto all’inizio dell’avventura francese, ma il 10 dicembre si è interrotto tutto.
Un incidente in bici, a Toirano, uno di quelli che riempiono purtroppo le cronache ogni giorno. I danni riportati sono pesantissimi: per giorni Manfredi resta in coma, oltre un mese prima che venga risvegliato. Da lì inizia un lungo cammino di riabilitazione che accompagna tutt’ora le sue giornate, recuperando ogni giorno un piccolo ma fondamentale pezzetto delle sue funzionalità.
Samuele con Dominique Soulard e la moglie, gli organizzatori della Chrono des NationsSamuele con Dominique Soulard e la moglie, gli organizzatori della Chrono des Nations
Un esempio per tanti
Il mondo del ciclismo gli è sempre rimasto vicino, non c’è gara alla quale Samuele assista che non veda tanti protagonisti avvicinarsi e salutarlo, farsi una foto con lui, scherzare insieme (nella foto di apertura Samuele con la deputata francese Christine Cloarec-Le Nabour, erano ospiti d’onore alla Route Adélie de Vitré, prova della Coupe de France vinta da Alex Zingle) perché Samuele non ha perso un’oncia della sua simpatia e non parla mai della sua condizione con toni di autocommiserazione. Nel tempo che la riabilitazione gli lascia, si dedica ad altri ciclisti, amatori e ragazzini e a questi insegna soprattutto come vivere il ciclismo, il che significa anche essere un maestro di vita, trasmettendo quello che per lui è un dogma: «Ho avuto la riprova che la vita è bella in qualsiasi caso».
Ora però c’è un sogno che sta prendendo forma. Un sogno a cinque cerchi, lo stesso che aveva prima di quella maledetta mattina di dicembre: «Rino De Candido per me è stato sempre molto più che il tecnico della nazionale, mi è rimasto sempre vicino. Ora che ha assunto la carica di responsabile del ciclismo paralimpico, mi ha chiesto se me la sentivo di provare l’handbike. Finora non avevo potuto perché le mie condizioni ancora non me lo permettevano, ma ora ho avuto il via libera medico. E’ un cammino lungo quello che mi aspetta, ma voglio provarci. So che Rino mi starà accanto, con Vittorio Podestà che è un nume nel campo e mi ha già accolto nella sua società».
L’arrivo in coppia di Alessio Acco (1°) e Samuele Manfredi (2°) ai tricolori juniores 2017
Il trionfo nell’inseguimento agli Europei Juniores di Aigle 2018
L’arrivo in coppia di Alessio Acco (1°) e Samuele Manfredi (2°) ai tricolori juniores 2017
Il trionfo nell’inseguimento agli Europei Juniores di Aigle 2018
Che cosa rappresenta per te poter tornare a parlare di Olimpiadi?
E’ un passaggio importante nella mia storia, significa un altro passo verso il ritorno alla normalità. Mi permette di restare ancora più legato a quello che è il mio mondo, che non ho mai lasciato.
Nell’ambiente non si è mai smesso di pensare a te e di rimanerti vicino, non capita sempre…
Forse in quel poco tempo che l’ho frequentato da corridore qualcosa avevo trasmesso e questo mi dà molto coraggio: io sono sempre stato uno del popolo, ero anche bravino ma non era questo l’aspetto primario. Non ero certamente uno che stava sulle sue, facevo gruppo e questo è rimasto.
Fare gruppo è un concetto che nel ciclismo attuale si è un po’ perso: ormai molti dicono che in squadra, finita la corsa ognuno sta per conto suo, smartphone alla mano…
Io sono sempre stato contrario: quando eravamo in ritiro dicevo sempre a tutti che quando stavamo insieme dovevamo fare qualcosa insieme. Sono sempre stato convinto che una squadra esiste al di fuori delle gare, prima ancora che in corsa, proprio perché comunicare costa fatica, impegno mentale. Anche piccole cose fatte insieme, alla sera, ti danno quegli automatismi di comunicazione che in corsa saranno fondamentali.
Manfredi tra Alberto Bettiol e Marina Romoli, viceiridata juniores 2006 anche lei vittima di un incidenteManfredi tra Alberto Bettiol e Marina Romoli, viceiridata juniores 2006 anche lei vittima di un incidente
Insegni anche questo ai più giovani?
Certamente, ma a tal proposito devo dire che non avrei potuto essere un tecnico senza tutto quel che ho imparato dall’incidente a oggi. Non avevo fatto studi specifici, ma l’esperienza mi ha dato una cognizione scientifica enorme, me ne accorgo su di me e applico quel che imparo sugli altri, facendo la necessaria trasposizione.
Nell’ambiente chi ti è rimasto più vicino?
De Candido innanzitutto che è ben più che un parente, ma anche Marco Villa e la mia vecchia squadra. Non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno. Ho conosciuto Podestà che nel movimento paraciclistico è un riferimento assoluto. Chi vorrei conoscere è Alex Zanardi che per me è un mito. So che pian piano si sta riprendendo, spero che presto la cosa sia possibile.
La riabilitazione quanto tempo occupa della tua giornata?
Molto, è un vero e proprio lavoro, devo allenarmi muscolarmente e neurologicamente perché non ho ancora recuperato appieno le funzionalità, ma ogni giorno faccio sempre un piccolo passo in avanti. Ora poi che ho un sogno davanti a me, ho ancora più voglia di sudare e faticare, per riprendere quel discorso interrotto anni fa.
Vittorio Podestà rinuncia alla quarta Olimpiade. L'incidente di Zanardi è stato decisivo. Sarebbero andati per chiudere insieme. Una decisione definitiva
Le recenti Olimpiadi e le Paralimpiadi di Tokyo hanno portato in dote aEthicSport, brand tutto italiano legato al settore della nutrizione sportiva, ben venti medaglie. Considerando le sei d’oro, le sette d’argento e le altrettante sette di bronzo.
EthicSport esce dalle recenti Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo da vera vincenteEthicSport esce dalle recenti Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo da vera vincente
Venti medaglie tra Olimpiadi e Paralimpiadi
Fausto Desalu è stato protagonista del miracolo della velocità azzurra, che ha regalato un inatteso quanto meraviglioso oro nella staffetta 4×100.Nella vela oro anche per Caterina Banti. Nel Nacra 17 Foiling Misto Dalla FIJLKAM (la Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) sono invece arrivati l’oro di Luigi Busa nel Karate -75 kg e ben quattro medaglie di bronzo grazie a Odette Giuffrida (Judo 52 kg), Maria Centracchio (Judo -63 kg), Viviana Bottaro (Kata) e Abraham de Jesus Conyedo Ruano (Lotta 97 kg).
Non potevano poi mancare le medaglie della scherma, grazie agli argenti di Daniele Garozzo (Fioretto), Luigi Samele (Sciabola) e della squadra di Sciabola Maschile (Luca Curatoli, Luigi Samele, Enrico Berrè e Aldo Montano). Dalla stessa scherma son giunte anche le medaglie di bronzo a squadre nel Fioretto Femminile (Erica Cipressa, Arianna Errigo, Martina Batini e Alice Volpi) e nella Spada Femminile (Federica Isola, Rossella Fiamingo, Mara Navarria e Alberta Santuccio).
Successi e tantissime soddisfazioni sono poi arrivate a EthicSport anche dalla spedizione paralimpica in terra giapponese. Nel nuoto Carlotta Gilli ha stupito il mondo conquistando ben cinque medaglie di cui due d’oro. Mentre un argento lo ha portato a casa l’inossidabile Simone Ciulli. Oro e argento anche dalla scherma paralimpica, grazie all’incredibile Bebe Vio (Fioretto cat. B) e alla squadra del Fioretto femminile (Bebe Vio, Andreea Mogos e Loredana Trigilia).
EthicSport sarà partner ufficiale dei prossimi campionati del mondo Mtb Marathon del 2 e 3 ottobre all’Isola d’Elba EthicSport sarà partner ufficiale dei prossimi campionati del mondo Mtb Marathon del 2 e 3 ottobre all’Isola d’Elba
L’integrazione di un mondiale Marathon
Merita poi attenzione anche un’altra bella notizia che coinvolge in pieno EthicSport. Questa volta però in chiave marketing e comunicazione. Lo stesso brand sarà difatti partner ufficiale per quanto riguarda l’integrazione sportiva dei prossimi ed attesissimi campionati del mondo Mtb Marathon. Essi si svolgeranno il weekend del 2 e 3 ottobre all’Isola d’Elba (Capoliveri Legend Cup World Edition). «Siamo davvero estremamente onorati ed orgogliosi di essere stati scelti come partner ufficiali dei Campionati del Mondo XCM – ha dichiarato Massimiliano di Montigny, Marketing Manager EthicSport – ed al tempo stesso siamo felici anche di affiancare una manifestazione prestigiosa come la Capoliveri Legend Cup.
Per EthicSport questa collaborazione rappresenta un importante momento di celebrazione di un percorso di sviluppo e di crescita che ci ha portato a conquistare la fiducia di tanti appassionati. Daremo tutto il supporto possibile, sia allo staff organizzativo quanto ovviamente ai partecipanti. Contribuendo al meglio per il successo di questo favoloso weekend di sport».
Cresce il bottino di medaglie azzurre alle Paralimpiadi di Tokyo con Mazzone (argento) e Aere (bronzo), ma continua a mancarci l'oro. Domani team relay
Tokyo è pronta per accogliere le Paralimpiadi. Per l'Italia 11 azzurri nel ciclismo. Parliamo con Mazzone, che a Rio seppe conquistare due ori e un argento
Questo articolo è stato scritto da Alex Zanardi per il suo amico Fabio Triboli. Racconta una storia vera, dura, infine dolce. E’ stato Fabio, incontrato a Tokyo da Alberto Dolfin, a chiederci di pubblicarlo. E noi abbiamo accettato di buon grado, grazie a equipeenervit.com che ci ha concesso di farlo, avendolo pubblicato per primo nella rubrica A piede libero gestita proprio da Zanardi.Mettetevi comodi, servirà qualche minuto più del solito. Ma se alla fine avrete gli occhi lucidi e il cuore gonfio, significa che ne sarà valsa la pena. E come hanno cantato tutti gli azzurri di Tokyo 2020: Forza Alex!
Ci sono storie belle, popolari. Sì, così simili a quelle raccontate nelle tante pellicole in bianco e nero del dopoguerra che hanno il loro ingrediente più romantico e toccante nel farcela, a dispetto delle difficoltà che la vita imponeva a tanti in quegli anni. Quando c’era tutto da inventare perché tutto mancava e la gente si rompeva la schiena senza paura perché le cose miglioravano in fretta. Questo regalava speranza più che fiducia. Il sogno era di costruire un benessere che non c’era ancora per i figli che forse un giorno l’avrebbero ereditato. Poi è toccata ai nostri genitori, che francamente, qualcosa in più hanno iniziato ad averla. Su tutto, i più hanno evitato la guerra o l’hanno vissuta marginalmente. Ma noi siamo stati quelli davvero fortunati. Perché anche se all’inizio c’era poco, non c’è mancato nulla. Quel poco, quella giusta misura del poco, credo abbia stimolato la nostra capacità di desiderare e al tempo stesso di gioire intensamente per ogni piccola conquista.
L’amicizia con Zanardi, ha spinto Alex a scrivere questo articolo su Fabio Triboli, a sinistra nella fotoL’amicizia con Zanardi, ha spinto Alex a scrivere questo articolo su Fabio Triboli, a sinistra nella foto
Esprimi un desiderio
E ci si accontentava: bastava un pezzo di gesso per tracciare il gioco della Luna per terra e scegliere un sasso buono per sfidare gli amici del cortile. Oppure scoprirci capaci di avvertire meraviglia nello scorgere un nido su un albero. Nel vedere i girini appena nati nell’acqua di un fosso. O ancor più, quando d’estate non dovevamo andare a letto subito dopo Caroselloe si poteva giocare a nascondino dopo cena, magari intravedendo dal nostro nascondiglio una stella cadente. Ed esprimere un desiderio, convinti, anzi certi, che riuscendo a farlo abbastanza in fretta si sarebbe avverato.
Avevamo l’esempio dei nostri genitori che lavoravano tanto e sodo per accedere ai lussi come la gitarella fuori porta o il picnic della domenica pomeriggio. Perché il mattino si andava in chiesa, magari con quel paio di scarpe buone che era arrivato anch’esso come un grande dono da sfoggiare con orgoglio.
Come Gimondi
La mia è stata una generazione felice e sognante. La domanda “Cosa farai da grande?” arrivava a giorni alterni mentre pranzavamo con la famiglia, ma negli altri, eravamo noi a comunicare con teatralità il nuovo progetto di vita appena rivisto.
Mi viene da credere che quel mondo che abbiamo vissuto, abbia in qualche modo attrezzato tanti bambini nel diventare appassionati lottatori di vita. Fabio era certamente uno di questi bambini. Vispo, sempre sorridente, mai fermo. Mai il primo della classe a scuola, ma sempre tra i primi nel cuore della maestra che li aveva cresciuti.
Un giorno il nonno lo aveva portato a vedere il passaggio del Giro d’Italia e tornando, nella prima occasione di convivialità familiare a tavola, aveva dichiarato solennemente che nella vita avrebbe fatto il Corridore come Gimondi.
I bambini cambiavano e cambiano idea. Non Fabio, nemmeno quando la vita sembrava volergli imporre un cammino diverso, dove la salita non sarebbe stata quella da scalare in bicicletta, ma piuttosto quella in apparenza molto più dura della disabilità.
Ecco la volata che vale l’oro paralimpico di Pechino 2008Ecco la volata che vale l’oro paralimpico di Pechino 2008
L’ubriaco
Un giorno, un anziano signore che guidava l’auto anche se ubriaco, diventò vittima e carnefice della sua vita. Vittima, perché quando investi due bambini innocenti che hanno la sola colpa di essere sulla stessa tua strada mano nella mano, non sarai mai più un uomo felice. Carnefice, perché anche se certe cose nella vita non si possono evitare solo a forza di buone intenzioni, quel suo mettersi al volante nelle peggiori delle condizioni cambiò per sempre la vita del piccolo Fabio e della cugina che lo teneva per mano.
Lei fu investita dall’auto che la trascinò sulla strada per decine di metri. Fratture multiple, degenza lunghissima in ospedale ma, pur con gravi conseguenze permanenti si salvò. Era più grande del piccolo Fabio che quel giorno le era stato, come dire, affidato. E per questo lo teneva per mano con responsabilità, con una presa così salda, che quando fu investita dall’auto, il Plesso Brachiale dell’esile braccio del bambino si strappò di netto. La speranza tiepidamente offerta dai medici per un possibile recupero parziale dei movimenti si perse nel tempo assieme al tono muscolare di un arto che non si sarebbe più mosso come prima.
Una vita diversa
La vita per Fabio non sarebbe stata più la stessa, eppure i suoi sogni non cambiarono. Questo ostinato modo di pensare può pure essere normale per un bambino, ma un conto è provare, un altro poi è riuscire a dispetto delle difficoltà.
Diventando uomo Fabio ha fatto la sua parte. Ha studiato quel che serviva e poi è andato a lavorare. Ha messo su famiglia, assieme ad Antonella ha cresciuto tre bellissimi figli, due ragazze e un ragazzo. Tra le difficoltà eh, perché lavorando in fabbrica bisogna saper tirare la cinghia quando si avvicina la fine del mese. Ma a dispetto di tutto non ha mai mollato il suo sogno, quello di andare in bicicletta e di fare il corridore.
Un brav’uomo Fabio. Uno che sul lavoro non s’è mai tirato indietro, guadagnandosi la stima e l’amicizia dei colleghi. E soprattutto dei suoi superiori, perché non puoi non notare un uomo che col suo sorriso e la sua caparbia nell’affrontare ogni giorno le difficoltà più ovvie, finisce per ispirare quelli che gli stanno attorno rendendoli persone migliori.
Pechino 2008, Triboli ha appena vinto l’oro su stradaPechino 2008, Triboli ha appena vinto l’oro su strada
Un giorno Valentini
Forse è per questo che quando poi la vita, che, come dice spesso un mio amico, ha più fantasia di noi, ebbene quando finalmente ti fa un regalo, in tanti siano felici per te. E il regalo arrivò sotto forma di un incontro. Con Mario Valentini, che dopo aver diretto la Nazionale Italiana di ciclismo su pista, aveva da poco ricevuto l’incarico di ristrutturare e gestire i programmi del Ciclismo Paralimpico dalla Federciclismo. Fabio aveva sviluppato il suo sogno come aveva potuto finendo per correre gare di mountain bike. Quello che si poteva fare sulle colline vicino a Lecco dove vive, con qualche puntatina ogni tanto fuori dal solito perimetro dopo aver risparmiato un po’. Perché se affronti una trasferta per una gara che merita, beh, per una gara che merita vuoi non mettere un paio di copertoni nuovi sulla bici? Vuoi non fare un salto dal meccanico per revisionare un po’ il mezzo? Insomma, oltre alla benzina per andare sul campo di gara, motivi più che buoni per rompere di tanto in tantoil porcellino riempito con fatica ce n’erano…
Ancora corridore
Mario Valentini gli offre una nuova prospettiva. Quel braccio inutile che lo ha sempre limitato nel gareggiare contro gli altri, può diventare il suo biglietto d’ingresso in un mondo nuovo dove i sogni, anche i più arditi, possono realizzarsi.
Potrebbe non essere facile per un ex-ragazzo di ormai quasi 40 anni continuare a sudare per inseguire quel sogno da bambino, ma in fondo, nell’accezione più nobile del termine, Fabio Triboli un bambino lo è ancora. Per ognuno di noi, cavalcare gli eventi per trasformare ciò che accade in un’opportunità dovrebbe essere una regola. Nelle avversità, pochi ci riescono. Eppure alcuni lo fanno, quindi un modo esiste… Un modo che potrebbe portarti a dire: «Se non fosse accaduto quel che è accaduto, non sarei stato qui!».
La medaglia d’oro non è più un sogno, Triboli è campione paralimpicoLa medaglia d’oro non è più un sogno, Triboli è campione paralimpico
Pechino 2008
Tornando alla nostra storia, QUI è Pechino, Giochi Paralimpici del 2008. Sono serviti impegno e sudore, è servita molta pazienza ma Fabio è diventato un Corridore che indossa alle Paralimpiadi la maglia più bella, la Maglia Azzurra.
E visto che favola deve essere, nella prima delle tre gare per le quali si è qualificato, quella dell’inseguimento su pista, vince la medaglia d’Argento. E poi Bronzo, sette giorni dopo, nella prova a cronometro su strada.
A casa la festa è già partita, Antonella al telefono felice e commossa gli racconta di come la famiglia ha vissuto i suoi successi. Delle figlie che a scuola si vantano orgogliose delle imprese del padre e del sindaco, che sta già organizzando una festa in paese per il suo ritorno. E ancora del signor Carcano, il proprietario dell’azienda dove Fabio lavora, che ha già detto che la prima festa la si farà in fabbrica, con tutte le persone che gli vogliono bene e che sono orgogliose di lui.
Poi, siccome le donne sono più pratiche e pragmatiche, gli parla anche di tutte le cose che potranno fare con i premi delle medaglie. Soldi veri per una famiglia che, pur facendolo con assoluta dignità, s’è sempre dovuta fare bastare uno stipendio per fare tutto.
Il giorno più bello
Ancora ubriaco di tutto questo, arriva per Fabio il giorno dell’ultima gara, la corsa in linea. Teoricamente, per le sue buone doti di velocista, anche quella che alla vigilia rappresentava l’opportunità migliore per vincere una medaglia. Ma vada come vada, perché giusto tre anni fa ti facevi i conti in tasca per cambiare un copertone alla bici e ora sei un doppio medagliato paralimpico. Un professionista ormai, nel vero senso del termine, ovvero uno di quelli che dalla propria attività ci ha finalmente tirato fuori anche di che vivere.
Con l’animo sereno Fabio attacca da subito trovando la collaborazione di altri due atleti molto forti. Arriva un’occasione e vanno in fuga. Prendono un vantaggio notevole, quasi due minuti e sembrano imprendibili. Poi però accade quello che non ti aspetti. A un’Olimpiade, si dice infatti: «ho vinto l’Argento, o il Bronzo». Non si dice «sono arrivato secondo o terzo…». Perché, al contrario che a un Mondiale lì ogni medaglia conta. Ed è per questo che normalmente, quando sei in fuga assieme ad altri due soli atleti, ti aspetti collaborazione. Ma questa non arriva.
Alex Zanardi è stato invocato da tutti gli azzurri di Tokyo 2020 che a lui hanno dedicato la loro faticaAlex Zanardi è stato invocato da tutti gli azzurri di Tokyo 2020 che a lui hanno dedicato la loro fatica
Brividi di freddo
Fabio dà l’anima per non fare rientrare il gruppo, ma il gruppo arriva e, a meno di un solo giro dal traguardo, li riprende. Quando accade, Fabio sente di aver speso ormai tutto. Fa un caldo pazzesco a Pechino, ma lui ha i brividi di freddo. Tutta l’energia spesa, tutta la fatica già fatta inseguendo un sogno ormai svanito impone al suo corpo un dazio severo e piano piano perde terreno. Prima la ruota di un compagno, poi anche i ritardatari di quel gruppo lo staccano.
Il sapore della resa
Conosco quel momento. Quando sei intossicato di fatica e il fisico non risponde più, beh lo fa ancor meno la mente. E’ un attimo: una distrazione, una difficoltà aggiuntiva come una mezza scivolata, un salto di catena o un banalissimo colpo di vento e ti fermi. Poi un attimo dopo ti riprendi e ti maledici per avere mollato e se ormai è tardi, puoi anche arrivare a convincerti che doveva andare così, che non si poteva fare di più.
Come detto, capita. E se non ci siete passati, forse vuol dire che non avete mai spinto abbastanza per conoscere quella sensazione. O non ne avete mai avuto l’occasione, perché quando conta davvero, non lo decide il prestigio dell’evento nel quale ti stai cimentando, ma la fame che hai o che t’è rimasta. Fabio aveva fatto un’abbuffata fuori programma nei giorni precedenti. Due medaglie già vinte… e cosa poteva importare a questo punto? «Me ne vado a casa comunque contento!», aveva pensato.
Con Bianchetto, campione olimpico a Roma 1960 e tecnico federaleCon Bianchetto, campione olimpico a Roma 1960 e tecnico federale
Mai arrendersi
Poi però può anche accadere dell’altro. Che ti tornino in mente i sacrifici che hai fatto, quelli che hai imposto alla tua famiglia con il tempo che le hai negato. Non al mare o in montagna assieme, ma tu a sudare in bici e loro ad andare avanti facendo dell’altro senza di te. Che anche se i sei mesi di aspettativa che hai ottenuto per preparare quella gara sono un diritto tutelato per legge, mentre tu eri in giro in bici ad allenarti c’erano altri in fabbrica a spostare le casse per te e l’hanno fatto con gioia, perché ti stimano. Ti vogliono bene e adesso sono là, dopo le gioie che gli hai regalato si aspettano che tu possa dargliene ancora nell’ultima gara in programma… E tu poi cosa gli racconterai: «Eh, ero un po’ stanco e alla fine ho mollato…!». Ma accade che tu non lo faccia solo per gli altri. Quando pensi che hai aspettato quarant’anni per avere una chance che probabilmente non si ripresenterà più. Perché anche se hai già vinto, oggi è il giorno in cui potevi far accadere dell’altro e ti sei arreso.
Ecco il gruppo
In questi momenti può accadere la cosa più bella. Che tu scopra che non serve una ragione particolare per rialzarsi sui pedali a spingere. Basta qualcosa che ti faccia ricordare la stessa intatta passione che ti faceva rompere il maialino per andare a fare le gare in mountain bike contro dei signor nessuno quando tu eri l’ultimo fra loro. E che vuoi farlo per te stesso, perché puoi. E non sarà tra un giorno, un’ora o un attimo, ma è adesso che devi farlo. Così Fabio si rialza sui pedali, ritrova un ritmo, riprende la migliore andatura possibile e, stavolta sorridendo davvero in modo convinto si dice: «Oh Triboli: metti mai che la vita voglia farti un altro regalo che fai, non ti presenti?».
Quasi come se qualcuno da lassù avesse apprezzato il suo cambio di ritmo, emotivo ancor più che fisico, fuori da una collina a tre chilometri dal traguardo, nel campo visivo più ampio che gli si apre davanti, Fabio scorge il gruppo là davanti. Appallottolati come si dice in gergo, a non più di 500 metri.
Rimonta completa
Ormai vicini al traguardo tutti gli atleti avevano iniziato a studiarsi, a risparmiare energie per la volata che si sarebbe certamente sviluppata di lì a poco e facendo questo stavano rallentando. Ritrovando speranza più che vera e propria fiducia, Fabio ignora i dolori, la fatica, il sudore gelato che avvolge il suo corpo. Pensando solo a proseguire per chiudere quel divario che, peraltro, vede di metro in metro ridursi. Ora non serve chissà quale allungo per vedere i corridori davanti. E spinge, spinge ancora, quasi ridendo di quello sforzo stupido che sta facendo contro ogni pronostico. Perché anche se li raggiungesse, da cosa potrebbe estrarre ancora energia per una ipotetica volata con loro. Chissenefrega, la vita è una, la vita è adesso si ripete: «Triboli, vai avanti!» si intima…
Triboli è volato a Tokyo come collaboratore di Mario ValentiniTriboli è volato a Tokyo come collaboratore di Mario Valentini
Come on sta cippa!
Incredibile! Quando ha quasi raggiunto il gruppo che procede ad andatura tattica, il corridore Brasiliano, uno dei più forti negli ultimi metri, scatta per anticipare tutti. E come se fosse tutto a posto nei muscoli e nel fisico, Fabio intuisce l’opportunità. Arrivando lanciato, gli basta un piccolo scatto per agganciare la ruota del Brasiliano. Alla compagnia si aggiungono altri quattro corridori che anticipano tutti gli altri tra cui il Belga, sulla carta il più forte dei velocisti. Proprio mentre tutto questo accade, dai rumori terrificanti di metalli che sfregano sull’asfalto, Fabio intuisce che il gruppo dietro di loro è stato rallentato da una caduta.
E’ una finale Olimpica, non un concorso di fairplay e i sei corridori iniziano a dare l’anima per tenere quei metri di vantaggio che la fortuna ha loro regalato. Fabio sente il corridore inglese chiedergli collaborazione urlandogli: «Fabio, come on! Come on mate!». E Fabio pensa: “Sì, come on sta cippa! Non ne ho più cavolo, buona grazia se non mi staccate subito!”.
Valentini a braccia alzate
Si vede l’arrivo 500 metri più avanti. E mentre decide solennemente che sarebbe bello avere ancora qualcosa da spendere in quell’attimo, perché il momento per scattare è arrivato, riesce a vedere Mario Valentini sotto la linea a braccia alzate. Quell’uomo che aveva incontrato a un appuntamento casuale organizzato dal destino, ma che, per culo o per classe incomprensibile, a certi appuntamenti arriva sempre puntuale. Quasi sapesse che poteva andare così. Oppure pensasse che doveva andare così. Quasi fosse certo che sarebbe andata così. E d’un tratto, lo pensa anche Fabio. Lo sfinimento, gli sforzi fatti, il dolore… non c’è più nulla. Solo la voglia di tagliare per primo quel traguardo perché è lì, perché si può fare.
Ancora oggi, Fabio Triboli è ispirazione per gli atleti che decidono di avvicinarsi al paraciclismoAncora oggi, Fabio Triboli è ispirazione per gli atleti che decidono di avvicinarsi al paraciclismo
L’Oro è per sempre
Fabio si alza sui pedali e il corpo risponde, cazzo come risponde! Le gambe spingono sui pedali, butta giù i rapporti con la catena che resta tesa come la cima che tiene una petroliera in porto investita dal vento. Risale il gruppetto e infine passa anche l’ultimo dei suoi avversari. Il corridore Belga, il più forte, che, conscio della sua forza, era partito lunghissimo convinto della sua tattica. Fabio è sulla linea e, servisse mai a fargli capire chi ha tagliato per primo il traguardo, riaprendo gli occhi dopo lo sforzo ritrova il tipo coi baffi e la maglia dell’Italia a braccia alzate.
Servirà un altro minuto al vecchio Mario, fermo sul traguardo, per raggiungere Fabio che s’è ormai fermato cento metri più avanti. Ma adesso un minuto può passare. Adesso di minuti ne possono passare e ne passeranno tanti perché quell’Oro è e sarà per sempre di Fabio Triboli.
Cogliere l’attimo
Io l’ho un po’ romanzata, ma credetemi, è andata così davvero. Ve l’ho voluta raccontare perché ogni volta che sento questa storia mi vengono in mente le parole di mio Padre. Quando mi diceva: «Sandrino bisogna sempre dare il massimo anche quando sembra ci sia poi solo bonaccia. Perché se poi il vento arriva, tu sei già lì a prenderlo!».
Fabio Triboli è uno che metaforicamente ha sempre provato a prendere il mare. E quando finalmente è arrivato il vento a gonfiare la sua vela, ha mostrato a chi aveva occhi per vedere come accadono le cose. Che devi volerlo, non per soldi, fama o per migliorare la tua vita, ma perché l’unico modo per vivere al meglio è cogliere l’attimo. Facendo le cose che ami al meglio delle tue possibilità sempre, che si tratti di Giochi Olimpici o della gara del quartiere.
Alex con tutti noi
Il mondo Paralimpico è difficile da capire. Capita anche che arrivino nuovi atleti che meritano una classificazione, ma il cui inserimento in una categoria stravolga i valori e le forze in gioco nella stessa. Oggi, nella C5, la categoria dove correva Fabio, senza due braccia che tengano saldamente il manubrio in volata non puoi più essere competitivo. Così, alla vigilia dei Giochi di Londra, Mario Valentini ha chiesto a Fabio di passare la mano, di agganciare il gruppo come suo Collaboratore e oggi si occupa di noi.
E lo fa bene, in modo unico, per le sue competenze tecniche e la sua grande capacità di motivare le persone. Forse sono un romantico, però sentire questa e altre storie dal suo vocione mi carica sempre e immancabilmente il pensiero vola alle cose da fare che mi stanno già portando a Tokyo. Non so dove potreste trovare il vostro Fabio Triboli dal quale estrarre quelle energie che possono farvi fare le cose. Eppure sono certo che a saper vedere ci siano persone in giro capaci di ispirarci. Che si possa imparare da tutti, se non siamo troppo concentrati su noi stessi. Io questo sbaglio, a quasi 53 anni non posso permettermelo. D’altronde, sono le armi che mi restano: consapevolezza, misura e testardaggine più che determinazione. Perché indipendentemente da quello che è accaduto ieri, la vita è adesso e viverla davvero significa scorgere un nuovo spazio per fare solo un altro dei nostri tentativi migliori.
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Per loro e per Alex Zanardi. Così Paolo Cecchetto, Luca Mazzone e Diego Colombari dominano la staffetta olimpica e conquistano il gradino più alto del podio nella terza giornata di gare dedicate al ciclismo. Una prova di spessore per l'Italia, che si conferma regina di questa disciplina con una formazione - la stessa che a giugno vinse il titolo iridato ai Mondiali di Cascais - che non fa rimpiangere le assenze degli assenti, ma dedica l'oro ad Alex Zanardi, il fratello maggiore...
Nel nome di Alex. Paolo Cecchetto, Luca Mazzone e Diego Colombari hanno confezionato l’impresa al circuito Fuji Speedway di Tokyo, conquistando l’oro nel team relay, la staffetta dell’handbike, ovvero la disciplina di cui l’Italia era campionessa paralimpica in carica in virtù del successo di cinque anni fa a Rio.
Con l’incidente di Zanardi e il ritiro di Podestà, Cecchetto e Colombari sono stati le piacevoli novità rispetto alla vittoria in terra carioca, non lasciando nessuno scampo alle nazioni rivali, facendo una gara di testa sin dall’inizio. L’unico dei tre a essere già presente in occasione dell’ultimo trionfo eraLuca Mazzone, uscito dal box del circuito giapponese con l’occhio della tigre.
Il personale in festa: il cittì Valentini portato in trionfoIl personale in festa: il cittì Valentini portato in trionfo
Medaglia per Alex
Già alla vigilia ci aveva rivelato il suo sogno. Con la voce rotta dalla commozione: «Se vinciamo l’oro nel team relay, vado a portarglielo da Alex». Non si sarebbe accontentato di nessun altro metallo, soprattutto dopo i due argenti individuali, in particolare quello nella cronometro sfuggitogli per l’inezia di 26 centesimi.
«Ci manca l’oro», continuava a ripetere Mario Valentini aggirandosi avanti indietro nel box azzurro sia martedì sia mercoledì. Finalmente, la settima medaglia del paraciclismo ai Giochi di Tokyo è quella del metallo più prezioso. Va ad aggiungersi ai cinque argenti e al bronzo di Katia Aere).
Cecchetto ha sbrogliato la partenza, lanciando la staffetta verso l’oro
Luca Mazzone, oro finalmente, dopo due argenti
Diego Colombari ha chiuso con una terza frazione belliossima
Cecchetto ha sbrogliato la partenza, lanciando la staffetta verso l’oro
Luca Mazzone, oro finalmente, dopo due argenti
Diego Colombari ha chiuso con una terza frazione belliossima
L’oro più bello
E’ l’oro più bello, più pregnante di significati e più voluto da tutti. Ma, soprattutto, è per te Alex, come hanno cantato tutti, non solo gli italiani, al termine della cerimonia di premiazione.
Sotto la pioggia scrosciante, gli azzurri di Mario Valentini sono stati pressoché perfetti sin dalla partenza, prendendo il comando della gara con Cecchetto, che il giorno prima si era ritirato anzitempo dalla prova in linea, troppo dura per lui, proprio per preservare più energie possibili in vista della staffetta odierna. «Avete capito perché mi sono ritirato presto», dirà poi più tardi al rientro nei box, facendo un’occhiolino.
«Questo è il premio che abbiamo sognato per cinque anni. È stata dura, perché le altre squadre di certo non ce l’hanno regalato. Siamo strafelici e vogliamo ringraziare tutti i tecnici, meccanici, fisioterapisti che ci sono stati vicini».
Da Cecchetto a Mazzone
ll lombardo passava il testimone a Luca Mazzone che a sua volta aumentava il vantaggio sui rivali, che per ampi tratti ha superato il minuto, approfittando anche di una caduta per la Francia. Il cinquantenne di Terlizzi non era mai andato così forte: «Oggi avevo quella cattiveria agonistica che non ho mai avuto prima, era come se corressi con Alex al mio fianco. Lo sentivo vicino, che mi avrebbe portato bene. Così ho dato la soddisfazione anche a loro, i miei due amici, con cui abbiamo conquistato questo bell’oro.
Che poi aggiunge: «Le due ruote posteriori erano quelle di Alex, le avevo tenute proprio per il team relay. Ho messo le ruote Ghibli Campagnolo che mi aveva promesso poco più di un anno fa perché sentivo la vicinanza di Alex e questa gara la volevo vincere anche per cancellare i due argenti che mi stavano sul groppone. Volevo vendetta».
Sul podio, con l’oro finalmente al collo, la ricompensa per i sacrificiSul podio, con l’oro finalmente al collo, la ricompensa per i sacrifici
Finale per Colombari
Impeccabile poi l’apporto di Diego Colombari, il sostituto designato di Zanardi, che continuava a tenere gli azzurri saldamente in testa. Dopo tre frazioni da un giro per ciascuno, toccava proprio al cuneese il compito di chiudere in bellezza e tagliare il traguardo de Fuji Speedway col pugno destro alzato al cielo, prima di abbracciare i compagni e poi scattare a festeggiare il ct Valentini, portato in trionfo da tutto lo staff. «Sicuramente è stato un grande onore di partire ultimo con la speranza di festeggiare. Poter chiudere in bellezza così, tranquillamente, è stata una grande emozione».
E’ l’oro più bello, più pregnante di significati e più voluto da tutti ma, soprattutto, è per te Alex, come hanno gridato tutti, non solo gli italiani, al termine della cerimonia di premiazione, in cui le medaglie sono state consegnate dal presidente Renato Di Rocco. L’oro sta arrivando Alex, proprio quello che sognavi quando sei venuto a provare il circuito due anni fa.
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Dopo averla... preparata nei giorni scorsi, rileggiamo con Malori la crono di Tokyo per capire che cosa insegna. Da Roglic a Ganna, passando per Van Aert
Sei medaglie in due giorni al Fuji Speedway. L’Italia di paraciclismo ormai è un habitué del podio alla Paralimpiade di Tokyo, grazie all’argento e al bronzo odierni che si sono aggiunti ai quattro argenti di ieri.
«La medaglia di Katia Aere splende tantissimo, anche se è di bronzo – comincia a raccontare il ct Mario Valentini – mentre quella di Luca Mazzone è d’argento. Per tutto il movimento e per la sua promozione, è fondamentale perché si tratta di una ragazza nuova e giovane. Una bella realtà. Mi dispiace per Ana Vitelaru perché era davanti e poi ha rotto una manopola. Purtroppo sono cose che possono capitare. Però ora basta con questi secondi e terzi posti, cerchiamo di prendercela questa medaglia d’oro. Mancano due giorni».
Fase di riscaldamenteo prima del via per Vitelaru, POrcellato e AereFase di riscaldamenteo prima del via per Porcellato e Aere
Sorpresa francese
Nel frattempo, Luca Mazzone ha raddoppiato in tema di argenti nel giro di 24 ore, chiudendo secondo nella prova in linea vinta dal francese Florian Jouanny, con lo spagnolo Sergio Garrote Muñoz, che si è dovuto accontentare del bronzo dopo essere stato staccato.
«Sentire il tifo di casa in questi giorni mi ha caricato tantissimo – racconta il cinquantenne di Terlizzi – purtroppo però non è bastato, nonostante mi sia allenato duramente, immaginando salite sul 5 per cento. Non mi aspettavo di trovare questi strappi al 10 per cento che per noi H2 è davvero troppo, non aveva senso. Poi senza riposo dopo lo sforzo della cronometro… bisognerebbe fare almeno un giorno di stop per permettere ai muscoli di recuperare. Nell’ultima salita, c’era il rischio di saltare e buttare la medaglia se non la gestivi bene, cosa che io non volevo fare. In Italia, gli H2 non sarebbero nemmeno partiti su un tracciato così duro».
Oltre 200 watt
Bicchiere mezzo pieno però, è la settima meraviglia ai Giochi Paralimpici: 2 nel nuoto e 5 nell’handbike, di cui tre a Rio 2016 e due alle pendici del Monte Fuji.
«Sono contento, ringrazio il Circolo Canottieri Aniene – commenta Mazzone – lo staff della nazionale e chi mi aiuta in questo percorso. La gara era dura e non l’ho capita, perché ero convinto che avremmo ripreso il francese in salita. Invece lui è andato fortissimo e non si è fatto più raggiungere. Ho battuto lo spagnolo, quello che tre mesi fa ha dimostrato di essere il più forte ai mondiali, mentre il francese proprio non me l’aspettavo perché gli avevamo dato tre minuti nella rassegna iridata in Portogallo. Abbiamo provato a collaborare per rientrare. Andavamo a 200 watt, ma non è bastato. Comunque, sto pensando già a domani, le medaglie che sono arrivate le mettiamo in valigia. A questo punto, dovremmo stare attenti alla Francia».
Grandi saluti tra Porcellato e Masters, già amiche nello sci di fondo. Per l’americana due medaglie d’oro in due giorniGrandi saluti tra Porcellato e Masters, già amiche nello sci di fondo. Per l’americana due medaglie d’oro in due giorni
Rivincita team relay?
Il riferimento è al team relay di domani, disciplina di cui l’Italia è campionessa paralimpica e mondiale in carica, in cui sarà impegnato insieme a Diego Colombari e Paolo Cecchetto. Al solo pensiero dell’idea che gli frulla per la testa, si commuove mentre lo dice.
«Se vinciamo la medaglia d’oro – dice – il primo pensiero è andare da Alex a portargliela. Voglio far la dedica a lui, speriamo che vada bene e che Alex ci dia una mano».
Aere di bronzo
Qualche ora più tardi, un’altra gioia è arrivata con Katia Aere, vincitrice del bronzo nella prova in linea della categoria H5 di handbike femminile. La friuliana di Spilimbergo (in provincia di Pordenone), che sabato scorso (28 agosto) ha festeggiato i suoi 50 anni.
«E’ stata una gara molto varia. Nel primo giro e mezzo eravamo tutte insieme con le prime, nel secondo ho visto che le altre nella salita più tosta di rientro verso l’arrivo avevano una marcia diversa rispetto alla mia e ho capito che dovevo fare tenere il mio ritmo fino alla fine della gara», racconta rivivendo la gara che le ha regalato la gioia del podio nella gara vinta dalla strepitosa Oksana Masters, la stella statunitense nata in Ucraina e abbandonata in un orfanotrofio, che deve la sua disabilità alle radiazioni assorbite dalla madre naturale.
«Quando ho visto che Oksana e la cinese sono partite, ho notato che nessuno le andava dietro, così ho pensato che non fosse il caso di strappare al secondo giro per non saltare. Nella salita tra il secondo e il terzo giro, ho capito di averne di più e quello sforzo ha pagato».
L’abbraccio della “rossa volante” alla Aere debuttante col bronzoL’abbraccio della “rossa volante” alla Aere debuttante col bronzo
L’abbraccio col ct Valentini, le lacrime e poi la foto con la bandiera italiana per cominciare a realizzare l’impresa: «Non oso immaginare cosa possa essere successo a casa tra mia sorella, mio marito, gli amici, faccio ancora fatica io a crederci, quindi penso che la realizzerò sul serio solo quando la indosserò al collo e la toccherò con mano. Ci credevo, perché il mio coach mi ha insegnato a crederci, come ha detto lui, fino al giorno dopo. Però tra il crederci e il realizzarlo ne passa un po’ di acqua sotto i ponti. E’ incredibile, sono felice, anche perché ho iniziato a fare handbike soltanto a ottobre dell’anno scorso con il mio primo ritiro in nazionale, ma sono stata subito accolta alla grande».
Altre due medaglie messe in tasca, ma il ct Valentini rilancia già l’appuntamento per domani: «Team relay, Fabio Anobile e c’è Giorgio Farroni. Per la prima volta, lottiamo su tutti i campi e ci proviamo. Speriamo dai, la notte porta consiglio e speriamo porti fortuna». Tutti per Alex, come sempre.
Dopo averla... preparata nei giorni scorsi, rileggiamo con Malori la crono di Tokyo per capire che cosa insegna. Da Roglic a Ganna, passando per Van Aert
Nel nome di Alex Zanardi. Ci teneva la squadra di paraciclismo a lasciare il segno nella prima giornata al Fuji Speedway e ha cominciato la Paralimpiade di Tokyo con quattro medaglie d’argento a cronometro, di cui tre nell’handbike con Luca Mazzone, Francesca Porcellato, Fabrizio Cornegliani e poi l’ultima nel triciclo con Giorgio Farroni.
«Una gallina vecchia fa buon brodo». Sorride Francesca Porcellato, prima di scoppiare in lacrime al momento di videochiamare il suo compagno in Italia che, come tanti appassionati, si è svegliato nel cuore della notte per vedere sfrecciare la Rossa Volante, seconda nella categoria H1-H3: «Questo argento vale oro, all’undicesima Paralimpiade e nella terza disciplina, a 51 anni che compirò il giorno della Cerimonia di chiusura, ovvero tra pochi giorni, non è poco».
Quota 14
Sono quattordici le medaglie conquistate alle Paralimpiadi, tredici nelle edizioni estive e una invernale nel fondo a Vancouver 2010. «Ho iniziato a Seul 1988, è cambiato secolo e sono ancora qui. Era un percorso impegnativo e poi in questi anni sono successe tante cose, per cui non era facile confermarsi. Adesso abbiamo un grandissimo seguito e mi auguro che raccontino tutte le nostre storie, non soltanto quelle degli atleti più seguiti sui social. Perché tutti noi atleti presenti qui abbiamo delle storie da raccontare. Tutti e quanti meritiamo di essere raccontati e valorizzati, con tante persone che hanno vinto nella vita».
Videochiamata con il compagno per Porcellato alla 14ª medaglia paralimpicaVideochiamata con il compagno per Porcellato alla 14ª medaglia paralimpica
Fra gioie e dolori
La fuoriclasse di Castelfranco Veneto è una di queste: «Non ricordo l’incidente che mi è occorso da piccola, però ero una bambina che a sei anni ha deciso di fare l’atleta. Ora ne ho 51 e guardate dove sono arrivata, per cui dico che bisogna crederci sempre e mollare mai. Ci sono dei momenti bui, ma anche dei momenti con la luce e bisogna lottare per questi ultimi, io l’ho dimostrato. La mia vita non è stata facile, ho avuto grandi dolori, ma anche grande gioie».
Amici della “stampa”
Poi un pensiero per Alex Zanardi, nel cuore di tutti gli azzurri in gara oggi: «Alex portava grande lustro al nostro movimento, ma senza di lui le luci si sono un po’ spente. I mass media si sono un po’ dimenticati di noi da quando lui non è più qui a sfrecciare con noi. Lui non vorrebbe questo. Ci manca Alex, ci mancano le sue barzellette, i suoi consigli, così come ci mancano tutti i ragazzi che non sono potuti venire qui perché i posti erano veramente pochi. Siamo una famiglia alla fine perché lottiamo, ci sacrifichiamo e lottiamo insieme. Domani sarà dura nella prova in linea, ma ci proviamo». Poi comincia a rispondere alle centinaia di messaggi che intasano il suo cellulare».
Riscaldamento in partenza per Giorgio Farroni, marchigiano, che correrà la Paralimpiade sul tricicloRiscaldamento in partenza per Giorgio Farroni, marchigiano, che correrà la Paralimpiade sul triciclo
L’oro sfumato
Dolceamara la medaglia di Luca Mazzone, argento nella cronometro categoria H2. Il cinquantenne di Terlizzi ha visto sfumare l’oro per l’inezia di 26 centesimi. Ecco le parole dell’azzurro alla quarta medaglia paralimpica dopo le tre di Rio (2 ori e 1 argento). «A cinquant’anni – dice – essere a una Paralimpiade è già una vittoria. Poi prendere la medaglia è sempre splendido, anche se stavolta poteva essere d’oro. Purtroppo, questo è il bello del ciclismo, può succedere di tutto, è uno sport imprevedibile e si è visto oggi. Io esco nel finale, come nel nuoto. L’esperienza da nuotatore, mi ha insegnato di uscire nella parte conclusiva della gara, però purtroppo sono rimasto “tappato” in una strettoia dai ragazzi della categoria sotto la mia. E purtroppo non ci ho potuto fare niente, perdendo quei due secondi che mi sono costati l’oro».
Argento alla fine per Farroni, che lo dedica a Michele Scarponi, suo amicoArgento alla fine per Farroni, che lo dedica a Michele Scarponi, suo amico
Rischio e medaglia
Prima medaglia in carriera ai Giochi tra gli H1 per Fabrizio Cornegliani: «Ho rischiato e sono caduto, ma era giusto provarci per arrivare più avanti possibile. Fa parte del gioco. Per fortuna, visto il volo che ho fatto, sono tutto intero e ho l’argento al collo». Grande l’emozione appena pochi istanti di salire sul podio grandi emozioni per il cinquantaduenne di Miradolo Terme.
Orgoglio marchigiano
Sgorgano le lacrime dal volto di Giorgio Farroni, secondo nella cronometro della categoria T1-T2. Il marchigiano ha chiuso la sua fatica in 27:49.78, alle spalle del cinese Chen 25:00.32.
«La sognavo, perché ho lavorato tantissimo lontano da casa mia a Fabriano e ce l’ho messa tutta. Durante il lockdown, ho cercato di allenarmi sui rulli, altrimenti uscivo di nascosto», racconta il quarantaquattrenne di Fabriano. «Sono contento e la dedico a me stesso perché l’ho voluta, l’ho cercata ed è arrivata. Alla Paralimpiade, l’importante è arrivare nei tre e io ce l’ho fatta». Si tratta della terza medaglia ai Giochi per Farroni, che era stato secondo a Londra 2012 e terzo ancora prima a Pechino 2008, ma sempre nelle gare in linea. Stavolta, la sua testa ha vinto contro le lancette.
A guidare gli azzurri c’è sempre Mario ValentiniA guidare gli azzurri c’è sempre Mario Valentini
Alex nel cuore
Domani è un altro giorno per il ct del paraciclismo Mario Valentini: «Sono quattro belle medaglie, ma c’è un po’ di rammarico per l’argento di Luca Mazzone. Se non ci fosse stato l’ingorgo nel finale, avrebbe potuto essere di un altro colore. Cornegliani anche senza caduta non avrebbe vinto, la cosa importante è che non si sia fatto nulla. La Porcellato ha dimostrato la solita, fantastica grinta. Farroni è un ragazzo che sta con me da 20 anni, raccogliendo successi, maglie iridate, medaglie. E’ un ragazzo serio e si è rifatto a Rio dove non era andata bene. Peccato perché è andato forte tutto l’anno poi è come nel nuoto. E’ arrivato questo cinese che non conoscevamo e l’ha battuto. Comunque, la medaglia è importantissima per lui che ha tre bambini, anche dal lato economico. Adesso però basta coi secondi posti. Puntiamo a vincere e continuiamo a correre con Alex nel cuore per fare ancora meglio».
Saranno 11 gli azzurri in gara agli ordini del ct Mario Valentinie le competizioni di paraciclismo sono previste nelle stesse location olimpiche: dal 25 al 28 agosto al velodromo di Izu e poi dal 31 agosto al 3 settembre all’autodromo Fuji Speedway. L’Italia va a caccia di medaglie soprattutto su strada e tra le sue punte di diamante c’è Luca Mazzone, due ori (cronometro e team relay) e un argento (prova in linea) cinque anni fa ai Giochi di Rio.
Mazzone, classe 1971, deve la disabilità a un tuffo nel 1990 e all’urto contro uno scoglioMazzone, classe 1971, deve la disabilità a un tuffo nel 1990 e all’urto contro uno scoglio
Come vanno gli ultimi giorni di preparazione a Rovere?
Stiamo ultimando la preparazione, questi del weekend sono gli ultimi allenamenti, soprattutto dietro moto, poi martedì si parte. Non mi sto risparmiando per niente, perché a Tokyo voglio fare bella figura, nonostante il percorso non mi si addica.
Troppo dura?
Né la gara in linea né la cronometro scherzano. Per quanto riguarda la prima, dovremo ripetere per quattro volte il circuito da 13,2 chilometri: il tratto finale è lo stesso dei colleghi dell’Olimpiade, con 3,6 chilometri con una media del 5 per cento, che per noi atleti dell’handbike H2 con lesioni cervicali vuol dire una salita bella tosta. Nella prova contro il tempo, invece, la mia categoria farà due giri da 8,2 chilometri ciascuno.
A Rio ha vinto tre medaglie: qual è l’obiettivo per Tokyo?
Ripetersi è dura, ma sarebbe bellissimo. Sono l’unico rimasto del trio delle meraviglie che vinse la gara a squadre visto il ritiro di Vittorio Podestà e l’assenza di Alex Zanardi. Non sarà lo stesso senza Alex, perché lui mi ha sempre infuso una sicurezza interiore. E’ sempre stato come avere un fratello maggiore che ti indica la strada e ti sprona. Ormai quella gara era quasi un rituale e sento questa mancanza forte.
Mazzone, nato a Terlizzi in Puglia, ha vinto 15 titoli mondialiMazzone, nato a Terlizzi in Puglia, ha vinto 15 titoli mondiali
Toccherà a te, dunque, essere il “fratello maggiore” di quest’Italia visto che è tra i più esperti del team. Te la senti?
Sono in squadra dal 2013 e insieme a Paolo Cecchetto sono uno dei “vecchietti”. Abbiamo i numeri per fare bene anche stavolta come squadra. Sono convinto che una come Francesca Porcellato, su di un percorso così duro, saprà farsi valere. Io non sono un peso piuma, ma mi sto allenando tantissimo.
Dove ti sei preparato nello specifico?
Qui in Abruzzo le salite non mancano. Come ad esempio quella che passa da Rocca di Cambio e va su a Campo Felice: dalla rotatoria all’inizio della galleria ho trovato una pendenza e una lunghezza simili a quelle dell’ascesa cruciale della gara in linea della Paralimpiade. Poi ho fatto degli allenamenti salendo per l’altra strada da Rocca di Cambio, percorsa dal Giro d’Italia. Mi sono preparato in maniera estrema, lo staff azzurro era quasi preoccupato, ma le mie sensazioni sono molto positive.
Uno dei tre azzurri, con Zanardi e Podestà, che a Rio hanno vinto il team relay (foto Mauro Ujetto)
Nel 2016 per lui anche l’oro della cronometro e l’argento su strada
Uno dei tre azzurri, con Zanardi e Podestà, che a Rio hanno vinto il team relay (foto Mauro Ujetto)
Nel 2016 per lui anche l’oro della cronometro e l’argento su strada
Sei in forma?
Aver vinto tante medaglie come squadra ai mondiali di paraciclismo è stata una bella iniezione di fiducia per tutti noi. Poi l’Italia ha vinto gli europei di calcio e la delegazione azzurra ha fatto molto bene all’Olimpiade, per cui c’è quest’aurea magica che ci circonda e ci dà la carica.
Ti hanno emozionato le medaglie azzurre nel ciclismo?
Mi hanno gasato davvero tanto, in primis quella del quartetto nell’inseguimento a squadre. Nelle interviste dopo la vittoria mi sono rivisto in quei ragazzi azzurri e in tutti i loro sforzi per allenarsi e cogliere quel trionfo insieme. D’altronde, il sacrificio è il pane del ciclismo. Poi, sarò di parte, ma mi hanno emozionato i tre ori pugliesi, due nella marcia e uno nel taekwondo: i compagni di squadra mi prendevano in giro e mi chiedevano a che posto era la Puglia nel medagliere.
Oggi terminerà il ritiro della nazionale di Valentini a Rovere, in Abruzzo, martedì si parte per TokyoOggi terminerà il ritiro della nazionale di Valentini a Rovere, in Abruzzo, martedì si parte per Tokyo
Ti aspetta un vero tour de force con tre gare in tre giorni: sei pronto?
E’ per quello che ci sto dando dentro per essere al top. Il 31 agosto avrò la cronometro, che finirà attorno alle 13 locali, poi alle 9,30 del giorno dopo c’è già la gara in linea, mentre il 2 settembre si chiude con il team relay. Bisognerà gestire bene le energie. Il caldo, invece, non mi spaventa, anzi. Sono pugliese e ci sono abituato, sarà più un problema per i miei avversari.
L’emozione di vestirsi d’azzurro?
Sempre unica. Quando ho visto la maglia, l’ho toccata e quasi mi ha dato una scossa, perché ho cominciato a immaginarmi quello che mi aspetta a Tokyo. Non vedo l’ora.
Chiara Consonni a casa per la non convocazione a Tokyo segue in famiglia l'inseguimento d'oro del fratello Simone. Una vera esplosione di gioia e amore
Parola a Salvoldi. La via per Tokyo passa da un calendario ballerino. La pista ha un super gruppo, su strada abbiamo due punte: Longo Borghini e Bastianelli
Quattro giorni alla Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi. In Giappone ci sarà anche bici.PRO con Alberto Dolfin. Preparatevi per un viaggio eccezionale
Due ragazze per una maglia tricolore. A metà aprile a Marina di Massa, Alessia Refolo si è laureata campionessa italiana di ciclismo per la prima volta in tandem insieme alla sua guida Giorgia Bonetti. Regina mondiale di arrampicata, padrona europea di sci nautico, vicecampionessa italiana di atletica, la trentenne eporediese (abitante di Ivrea) ora vuole stupire anche in sella, dopo essersi regalata un cimelio che non aveva mai conquistato. «A casa ho tante medaglie, ma non mi era mai capitato di indossare una maglia di campionessa. Con un po’ di ingenuità, non sapevo nemmeno che ce la dessero – ammette candidamente Alessia, non vedente dall’infanzia in seguito a un neuroblastoma – sto già aspettando la prossima gara per indossarla nuovamente».
La sua compagna di tandem si chiama Giorgia Bonetti, a sinistraLa sua compagna di tandem si chiama Giorgia Bonetti, a sinistra
Il rumore, poi il silenzio
Poi racconta cosa vuol dire pedalare al buio. «Abbiamo fatto 62 chilometri ed eravamo tre tandem donne – dice – ma nelle prime battute ci siamo trovati insieme a tutti gli altri atleti delle altre categorie. A un certo punto gli uomini ci hanno distanziato e noi a nostra volta abbiamo distanziato le altre donne in gara. Siamo passate dal vociare avvolgente del gruppo, che sembrava di essere a un raduno tra rumori e frenate, al silenzio quasi assoluto, rotto soltanto dagli incitamenti e dai comandi di Giorgia. Si è creata una bella sintonia e direi che siamo andate anche abbastanza forte, visto che abbiamo chiuso a una media di oltre 36 dopo un’ora e 43 minuti di fatica».
Grazie a Zanardi
E dire che l’avventura su due ruote è iniziata ufficialmente da pochissimo, dopo un lungo corteggiamento del campione più conosciuto del paraciclismo.
«Devo ringraziare Alex Zanardi (i due sono insieme nella foto di apertura, ndr) che già da qualche anno mi ha coinvolto con Obiettivo 3 e mi ha proposto di provarci», rivela Alessia. «Lo scorso novembre, finalmente era pronto il tandem e così l’ho provato a Padova con Giorgia. Viste le restrizioni e non potendo incontrarci, ho fatto rulli nella mia terrazza a Ivrea fino a metà gennaio, poi Obiettivo 3 mi ha fatto un doppio regalo. Mi hanno procurato un secondo tandem da tenere qui in Piemonte, così ho iniziato a pedalare con mio papà Maurizio, cicloamatore incallito. E con altri due superuomini che vanno forte: i miei scudieri, Roberto e Serse. Sì, quest’ultimo si chiama proprio come il fratello di Fausto Coppi, per cui era destino che amasse la bici».
Giorgia ha solo 20 anni ma gareggia da 10Giorgia ha solo 20 anni ma gareggia da 10
Controllare il respiro
Cinque mesi e una montagna di chilometri dopo, eccola di tricolore vestita, a sognare in grande. «Il ciclismo mi ha conquistata – dice – e con Giorgia c’è un grande feeling. Grazie alle mie esperienze sportive precedenti, sono abituata a seguire i comandi e sono una brava ascoltatrice, oltre a dare un buon riscontro delle mie sensazioni. Nonostante abbia soltanto vent’anni, Giorgia ha una grande esperienza perché fa gare da 10 anni e ha alle spalle tantissimi chilometri. Mi diceva lei quando bere e mangiare nei momenti giusti in gara, mentre in allenamento mi ha insegnato a controllare il respiro per non andare in affanno».
Le due compagne di tandem hanno conquistato il titolo italianoLe due compagne di tandem hanno conquistato il titolo italiano
Sogno olimpico
Dalla strada al tartan, in estate Alessia va a caccia di un altro tricolore, anche nell’atletica. «Lo scorso anno ho vinto due argenti nel mezzofondo, 800 e 1500 – dice – stavolta punto all’oro. Amo lo sport in generale e sogno di andare alla Paralimpiade, magari a quella di Parigi 2024. Non è semplice perché tutti la vogliono e non so in che sport ci andrò. Ma ora so che posso cullare questo sogno anche grazie a Giorgia e al ciclismo. Speriamo di poter dimostrare il nostro valore in campo internazionale appena ci sarà un’occasione in Coppa del Mondo».
La poliedrica atleta piemontese è pronta ad un’altra scalata al vertice, ma stavolta non troppo in verticale: «E’ vero che amo l’arrampicata, ma in bici adoro la pianura. Le uniche salite che mi piacciono sono quelle corte, seguite da una bella discesa».
Francesca Porcellato al lavoro alle Canarie, preparando le Paralimpiadi di Tokyo. Per lei si tratta della 11ª partecipazione, fra Giochi estivi e invernali
Cresce il bottino di medaglie azzurre alle Paralimpiadi di Tokyo con Mazzone (argento) e Aere (bronzo), ma continua a mancarci l'oro. Domani team relay
Vittorio Podestà rinuncia alla quarta Olimpiade. L'incidente di Zanardi è stato decisivo. Sarebbero andati per chiudere insieme. Una decisione definitiva
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