Paralimpiadi di Parigi, i conti in tasca ai due cittì

14.09.2024
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Un’Italia forza 8. Tante sono state le medaglie conquistate dalla spedizione azzurra del paraciclismo e delle handbike a Parigi 2024. Con la ciliegina sulla torta della gemma in pista targata Lorenzo Bernard e Davide Plebani, che ha permesso il sorpasso numerico rispetto a quanto fatto dalla precedente gestione a Tokyo (7).

Se nel settembre del 2021 era stata la staffetta delle handbike (con dedica ad Alex Zanardi) a far risuonare l’Inno di Mameli ai piedi del Monte Fuji, stavolta il lampo d’oro ha portato la firma di Fabrizio Cornegliani (non perdete l’intervista domenica 15). Il cinquantacinquenne pavese ha trionfato nella cronometro H1 a Clichy-sous-Bois e cancellato così qualunque amarezza per il titolo sfumato in Giappone. Tre anni fa infatti una caduta lo aveva costretto ad “accontentarsi” dell’argento.

Fabrizio Cornegliani ha vinto l’oro nella cronometro H1, in arrivo una grande intervista con lui (foto CIP/Pagliaricci)
Fabrizio Cornegliani ha vinto l’oro nella cronometro H1, in arrivo una grande intervista con lui (foto CIP/Pagliaricci)

L’eterno Mazzone

A Tokyo erano arrivati cinque argenti, mentre stavolta le piazze d’onore sono state due. Uno dell’inesauribile portabandiera Luca Mazzone (cronometro H2, foto di apertura) e l’altro nella staffetta dell’handbike, un bancomat di medaglie oramai da Londra 2012, nonostante cambino alcuni degli interpreti. Accanto a Mazzone, infatti, si sono messi al collo la medaglia due esordienti ai Giochi: Federico Mestroni e Mirko Testa.

Primi sorrisi paralimpici anche per due che hanno calcato il gradino più basso. Dopo aver assaggiato la Paralimpiade a Tokyo, la portacolori di Obiettivo 3 Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 vinta dalla leggendaria Oksana Masters. Il tenace debuttante Martino Pini ha centrato invece l’ultimo posto disponibile sul podio della cronometro H3. Gli altri due bronzi su strada se li erano messi al collo Testa (prova su strada H3) e capitan Mazzone (prova su strada H1-H2). Completando così la cinquina di terzi posti aperta il 29 agosto dalla già citata impresa del tandem Bernard-Plebani. Il paraciclismo si è così confermato la seconda disciplina in quanto ad apporto di medaglie per la delegazione record del Comitato Italiano Paralimpico, che ha chiuso al sesto posto nel medagliere con 71 medaglie. Miglior bottino di sempre dopo l’edizione casalinga inaugurale di Roma 1960, alla quale però parteciparono appena 400 atleti da tutto il mondo.

Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 (foto CIP/Pagliaricci)
Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 (foto CIP/Pagliaricci)

Il bilancio di Addesi

Sceso dalla bici in seguito alla Paralimpiade di Tokyo 2020 e salito sull’ammiraglia azzurra per la prima volta ai Giochi di Parigi 2024, sorride il ct Pierpaolo Addesi.

«Sono molto soddisfatto – dice – perché abbiamo raccolto delle medaglie con atleti nuovi, entrati in nazionale in seguito al mio arrivo come tecnico. Il bottino finale mi fa molto piacere perché è arrivato qualcosa in più rispetto a quello che mi aspettavo. Ci sono state delle conferme e, finché ci saranno, avranno un posto garantito in squadra. Ma è stato bello vedere tanti giovani vincere o comunque lottare fino alla fine per le medaglie già alla prima esperienza».

Totò e Andreoli si sono dimostrati competitivi: li ha frenati solo una foratura (foto CIP/Pagliaricci)
Totò e Andreoli si sono dimostrati competitivi: li ha frenati solo una foratura (foto CIP/Pagliaricci)

Le nuove coppie

Il pensiero vola alle due nuove coppie ciclistiche della categoria con disabilità visive. «Andreoli e Bernard hanno cominciato un anno e mezzo fa ad andare in bici. Ho sempre detto che per loro non era questa la Paralimpiade in cui puntare alla medaglia, ma la prossima di Los Angeles 2028. Eppure, Lorenzo ci ha riportato sul podio della pista dopo troppi anni bui. Invece Federico ha accarezzato l’impresa nella prova su strada, dove soltanto la sfortuna gliel’ha negata.

«Totò-Andreoli è la coppia su cui avevamo puntato nella gara in linea, con la crono studiata apposta per farli sbloccare. Dopo la vittoria in Coppa del mondo a Maniago eravamo venuti qui con l’obiettivo di giocarci una medaglia e senza i problemi tecnici, eravamo assolutamente in lizza. Basti pensare che dopo la foratura del secondo giro stavano rientrando insieme al tandem olandese. Poi c’è stato il salto di catena, mentre gli oranje hanno proseguito e agguantato l’argento. Comunque, la strada è quella giusta e lo dimostra che, come Francia e Olanda, anche noi ci siamo presentati al via della prova in linea con due tandem competitivi».

Katia Aere è stata quinta nella prova su strada (foto CIP/Pagliaricci)
Katia Aere è stata quinta nella prova su strada (foto CIP/Pagliaricci)

Si lavora per il futuro

Come si crea una coppia da medaglia nel paraciclismo? «Bernard è entrato in Nazionale nel marzo 2023 e sin da subito ci siamo concentrati sulla pista, studiando le sue caratteristiche. Chi mi ha preceduto forse non aveva percepito che, oltre alle doti dell’atleta, bisogna “giocare” con la guida e trovare quella più adatta. Davide fino al 2022 faceva il quartetto, Paolo è un ex professionista che nel 2018 ha fatto secondo al Laigueglia. Così li abbiamo abbinati a Lorenzo e Federico dopo diverse prove. Per tanti ex-pro’, fare la guida è una seconda chance per allungare di altri 10 anni o persino 15 la propria carriera, continuando a fare ciò che si ama. Mi sono preso del tempo prima di concepire le due coppie definitive, ma è servito. Sono loro il nostro futuro, così come Mirko Testa e Martino Pini nell’handbike. Il primo obiettivo che ci eravamo prefissati era il rinnovamento, perché l’età media era molto alto, ma ora c’è ancora tanto da lavorare, soprattutto nello scovare nuovi ciclisti».

Guai a mordere i freni: «Se io mi fermassi adesso, a Los Angeles raccoglierei ancora qualcosa, ma poi tutto sarebbe da rifare per gli anni a venire. Grazie al Comitato Italiano Paralimpico e ai suoi campus annuali, quest’estate ho visto altri ragazzini interessanti di 14 anni. Probabilmente vestiranno la maglia azzurra ai Giochi di Brisbane 2032. Dobbiamo fare come le grandi nazioni, partire dalla base e puntare sul ricambio continuo, perché solo così si costruisce un movimento vincente».

Davide Plebani e Lorenzo Bernard hanno conquistato a Parigi un bronzo storico nell’inseguimento
Davide Plebani e Lorenzo Bernard hanno conquistato a Parigi un bronzo storico nell’inseguimento

La svolta della pista

E’ d’accordo il responsabile della pista Silvano Perusini. «Rispetto ai normodotati – spiega – quando alleni una squadra paralimpica, non c’è nessun atleta omogeneo. Non è come seguire per esempio una formazione juniores, in cui tutti hanno la stessa età e più o meno le stesse caratteristiche. Nel nostro caso ci sono grosse differenze di età, che vanno dai 20 agli oltre 40 anni. Per poi non parlare dei mezzi in seguito a ciascuna disabilità. Bisogna fare un lavoro certosino e molto personalizzato nella preparazione».

Poi Perusini aggiunge: «La medaglia di Bernard e Plebani arriva dopo due anni di lavoro dai mondiali di Parigi 2022, formando un nuovo gruppo-squadra, affiatato. Siamo arrivati ad avere una buona formazione e non parlo soltanto di chi ha partecipato alla Paralimpiade di Parigi. Mi riferisco anche a chi ha corso i mondiali di Rio, dove abbiamo fatto molto bene. Così come a Glasgow lo scorso anno dove sono arrivate le prime medaglie con Claudia Cretti ed è stato un crescendo. Le due rassegne iridate sono state l’inizio per creare un ambiente sereno in cui lavorare».

I cittì Addesi e Perusini sono tornati da Parigi con ottime indicazioni per il futuro (foto FCI)
I cittì Addesi e Perusini sono tornati da Parigi con ottime indicazioni per il futuro (foto FCI)

Sinergie azzurre

Inoltre, Perusini crede nelle sinergie con la squadra olimpica: «Il velodromo di Montichiari – spiega – è stato fondamentale. Come nazionale ci siamo trovati benissimo, grazie al supporto anche di Roberto Amadio, che ci ha permesso di accedere a tutto il materiale che era già a disposizione. Ma anche la conoscenza dei meccanici e la collaborazione da parte di tutti i tecnici, da Ivan Quaranta a Dino Salvoldi, oltre ovviamente a Marco Villa.

«Siamo 5 o 6 gruppi che lavorano quasi contemporaneamente e ci deve essere la massima collaborazione – spiega – perché tutto funzioni e questa si è vista sin da subito. Abbiamo fatto allenamenti insieme, condiviso pranzi e cene, tutto davvero molto bello e stimolante».