L’anno d’oro di Scaroni con i consigli di “mastro” Ulissi

09.10.2025
6 min
Salva

Alzi la mano il corridore che, convocato per i mondiali senza mai averne corso uno neppure da junior, avrebbe il coraggio di declinare l’invito perché ha in testa gli europei. Cristian Scaroni l’ha fatto, poi è andato in Francia e ha centrato il quarto posto, che poteva essere un bronzo se le gambe avessero retto per 50 metri ancora sull’attacco di Seixas.

Per questa sua determinazione e per la sensazione che i tasselli della carriera stiano andando finalmente dove devono, lo abbiamo chiamato e lo abbiamo coperto di domande. Non va dimenticato infatti che nel 2019 il bresciano è stato il primo italiano a diventare U23 all’estero, nel devo team della Groupama-Fdj. L’anno dopo è passato professionista nella Gazprom e proprio sul più bello la squadra è stata chiusa per le sanzioni del CIO alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Il suo approdo alla Astana ha ripreso il percorso di crescita che il brusco stop aveva interrotto.

Ci pensi che bel colpo sarebbe stato il bronzo agli europei?

Ci penso sì, ho l’amaro in bocca e mi sto sforzando di prendere il buono. Poi dietro quei due, Pogacar ed Evenepoel, sarebbe stato ancora più pesante. Però qualcuno doveva fare quarto ed è toccato a me…

Quello che ha raccontato Villa sulla tua scelta di non fare il mondiale ci ha colpito parecchio…

Diciamo che avevo corso a inizio stagione sul percorso degli europei. Era una corsa identica, un po’ meno dura, perché si faceva due volte in meno la salita lunga e, mi pare, quattro volte in meno lo strappo. Ne ho parlato sia con Mazzoleni. E dal momento in cui ho saputo che l’europeo si sarebbe fatto su quel tracciato, che rappresenta la sintesi perfetta delle mie caratteristiche, ho iniziato a pensarci seriamente. Avevo preso in considerazione anche il mondiale, però sapevo che se avessi corso in Rwanda, non sarei riuscito a preparare al meglio l’europeo. In più, per Kigali c’erano già Ciccone e Pellizzari.

Poi quando Pellizzari si è ammalato, Villa ha pensato a te.

Serviva un altro corridore che potesse fare da secondo leader insieme a Cicco. L’ipotesi del mondiale è saltata fuori a quel punto. Però parlando sia con Marco (Villa, ndr) sia con Mazzoleni, abbiamo ritenuto più opportuno restare sulla nostra linea e alla fine la scelta ha premiato.

Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
La vittoria al Giro di Romagna ha dato a Scaroni il polso della grande condizione trovata per gli europei
Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
La vittoria al Giro di Romagna ha dato a Scaroni il polso della grande condizione trovata per gli europei
Non hai vacillato nemmeno un po’ quando ti hanno proposto di andare al mondiale?

Un po’ sì, anche perché io non ho mai fatto un mondiale, né da junior né da dilettante. Ho letto anche alcune critiche, perché è brutto rifiutare una chiamata in nazionale. Ma l’ho fatto per portare qualcosa di migliore con quella stessa maglia azzurra. All’europeo sapevamo che non ci sarebbero stati altri leader, tanto che siamo partiti in cinque anziché sei. Quindi sì, un po’ ho vacillato.

Quando ha preso forma nella tua testa l’operazione europeo?

Da dopo il Giro d’Italia, anche se mi sono ammalato e non ho potuto fare le corse dopo fino ai tricolori. Ho fatto altura prima a Livigno a luglio. Poi ho fatto tre corse di un giorno in Spagna. Quindi la Arctic Race e poi sono ritornato immediatamente in altura sul Pordoi. In entrambi i casi sono rimasto per 18 giorni. Quando sono sceso, mi mancava magari un po’ di ritmo nelle gambe e così ho partecipato alle gare italiane, fra Toscana, Pantani e Romagna che ho vinto. Ogni giorno era sempre meglio e alla fine sono arrivato dove dovevo per l’europeo.

Cosa ricordi del momento in cui Seixas se ne è andato?

Eravamo tutti stremati, avendo fatto 110 chilometri in quattro. Poi Remco se ne è andato e noi in tre eravamo parecchio provati. Appena preso la salita, Ayuso si è staccato. Io già a metà mi stavo staccando, però con la forza d’orgoglio mi sono detto di tenere duro, perché sopra un po’ spianava e in quel momento ho fatto il primo fuori giri. Sono riuscito a respirare per due secondi e quando Seixas me l’ha ridata secca, ho provato a reagire. Ma a 50 metri dal GPM, mi sono seduto e mi si sono aperte le gambe. Un peccato, perché è scollinato 10 metri davanti a me, ma avevo dato davvero tutto. La grinta c’era ancora, le gambe sono mancate.

Trofeo Matteotti 2025, Cristian Scaroni parlotta con Diego Ulissi
Avere accanto Ulissi ha permesso a Scaroni di imparare a muoversi da leader: Diego è un maestro prezioso
Trofeo Matteotti 2025, Cristian Scaroni parlotta con Diego Ulissi
Avere accanto Ulissi ha permesso a Scaroni di imparare a muoversi da leader: Diego è un maestro prezioso
Abbiamo parlato spesso di un nuovo Scaroni, cambiato con il lavoro e la convinzione. La sensazione è che il 2025 sia stato un anno di svolta.

Tocca agli altri dirlo, ma come ripeto a tutti, il salto di qualità è stato quasi più mentale che fisico. L’arrivo di Bettiol e Ulissi ha portato una mentalità vincente. Soprattutto Diego, con cui ho fatto tantissime corse. E’ un leader, lo si vede, lo si percepisce. Però devi essere bravo a capirlo, a voler imparare da lui. E questa qualità mi ha permesso di fare il salto in qualità.

Si è notata anche una bella sfrontatezza nel correre alla pari con altri leader come Ayuso, che già avevi tenuto bene in salita al Laigueglia.

Ho acquisito consapevolezza, vedendo che ero lì a giocarmi le corse fin da subito. A Laigueglia, sapevo che Ayuso era più veloce di me, di conseguenza ho avuto la sfrontatezza di attaccarlo, nonostante stiamo parlando di un grandissimo campione. La mentalità che mi hanno impresso è di avere coraggio e non avere paura. Io sono un attaccante, ho dimostrato in più occasioni che non ho paura di attaccare da lontano. Alcune volte mi ha premiato, alcune volte mi ha penalizzato.

Convinzione significa anche essere abbastanza maturo da prenderti le responsabilità in gara?

E’ l’aggettivo giusto. Mi ritengo molto più maturo e questo mi permette di essere anche un po’ più leader. Sento di potermi esporre, dire le mie considerazioni anche all’interno di una situazione, di una corsa. Diciamo che negli anni sono maturato correndo e soprattutto avendo al fianco uomini di esperienza che mi hanno aiutato. Diciamo che la scelta di prendere Ulissi non è stata soltanto per lui e i punti che può portare, ma anche per dare un punto di riferimento a corridori più giovani.

GP Industria e Artigianato 2025, XDS Astana, Cristian Scaroni
Nelle corse di avvicinamento agli europei, Scaroni ha corso da leader, vincendo il Giro di Romagna
GP Industria e Artigianato 2025, XDS Astana, Cristian Scaroni
Nelle corse di avvicinamento agli europei, Scaroni ha corso da leader, vincendo il Giro di Romagna
Quindi alla fine in questo quarto posto c’è qualcosa di positivo?

La cosa che mi rimane di più è che ancora una volta, non che ne avessi bisogno, ho dimostrato a me stesso e a tutti gli altri che in certi tipi di percorso, se sto bene e ho preparato l’appuntamento, me la posso giocare con chiunque. Mi dispiace solo non aver portato la medaglia, però è andata così e bisogna prendere il buono che c’è. Quello che abbiamo fatto in nazionale è stato importante.

Velocisti da Giro, velocisti “da Malesia”: il punto con Mazzoleni

15.05.2025
5 min
Salva

Tutto nasce da una frase di Matteo Malucelli, il quale presentando i velocisti del Giro d’Italia, aveva usato l’espressione «velocisti da Malesia», per indicare cioè quegli sprinter puri più idonei a corse solitamente molto veloci, su percorsi più abbordabili. La tappa di ieri con arrivo a Matera ha scavato la netta differenza fra i pochi, Pedersen fra loro, che hanno retto fino al traguardo e quelli che si sono staccati prima.

Il corridore e ingegnere della XDS–Astana aveva anche aggiunto che corridori così avrebbero fatto più fatica a finire il Giro, a mantenere lo spunto veloce su percorsi più duri e in una corsa a tappe tanto lunga. Lui stesso aveva detto che in parte si riconosceva in questa categoria e che per poter affrontare un Giro serviva un compromesso fra tenuta e spunto veloce.

Un aspetto tecnico davvero interessante che abbiamo posto all’attenzione di Maurizio Mazzoleni, capo dei preparatori proprio della XDS–Astana.

Maurizio Mazzoleni, preparatore e sport manager della della XDS-Astana (foto XDS-Astana)
Maurizio Mazzoleni, preparatore e sport manager della della XDS-Astana (foto XDS-Astana)
Maurizio, prendiamo come spunto le parole di Malucelli, il quale in Turchia dopo la sua vittoria ci aveva detto che non avrebbe fatto il Giro perché sarebbe una sofferenza grande per lui. Quindi ci deve essere un velocista che è pronto per un grande Giro? Ed eventualmente, come si può diventarlo?

E’ chiaro che, come avevamo detto a inizio anno, il nostro obiettivo è massimizzare le performance degli atleti in base alle caratteristiche che hanno e metterli nelle condizioni di esprimerle al meglio nelle gare che più gli si addicono. Per questo Malucelli rientra in una valutazione che facciamo utilizzando la nostra esperienza, i nostri dati e anche quelli dell’intelligenza artificiale, mettendo assieme tutto.

Chiarisci meglio…

E’ emerso che il miglior calendario per Malucelli non prevedeva i grandi Giri. Quando si prepara un grande Giro e lo si corre, in quei due mesi si rinuncia ad altre gare che gli si addicono di più. Questo è il punto.

Non si tratta solo della corsa, quindi?

Esatto. Se devo preparare un grande Giro non posso sempre correre. E poi c’è un altro discorso.

Malucelli, qui vincitore della tappa finale del recente Tour of Turkiye, non ha mai preso parte ad un grande Giro
Malucelli, qui vincitore della tappa finale del recente Tour of Turkiye, non ha mai preso parte ad un grande Giro
Quale?

La scelta della lineup per quella determinata competizione. Se si prevede un velocista puro, devi supportarlo con uno, due, anche tre uomini che lavorino per lui. Finalizzare il lavoro vuol dire usare corridori con caratteristiche specifiche. Al tempo stesso sono corridori in meno che potrebbero fare un altro tipo di lavoro. Per Malucelli, la valutazione è rientrata in questo ambito.

Allarghiamo però il discorso, usciamo da Malucelli…

In generale, nel ciclismo il velocista puro è un tipo di corridore che si sta trasformando. Se guardiamo gli ordini di arrivo in certe tappe, come quelle iniziali del Giro, abbiamo visto corridori come Pedersen, Strong, Groves: passano salite che prima certi velocisti non superavano.

E quindi?

E’ un nuovo tipo di sprinter. Sono corridori moderni che passano anche asperità intermedie. Ma sicuramente hanno previsto una preparazione specifica per il grande Giro. Queste qualità sono in parte genetiche, ma sono anche allenabili. Non è precluso che un velocista puro possa fare un grande Giro, ma bisogna considerare che le tappe veramente piatte sono poche: due, forse tre. Le altre occasioni se le devono sudare.

Anche fare gruppetto (qui Dainese, Gaviria e Consonni in una foto del 2023) può non essere scontato nei grandi Giri
Anche fare gruppetto (qui Dainese, Gaviria e Consonni in una foto del 2023) può non essere scontato nei grandi Giri
Sempre prendendo spunto dalle parole di Malucelli, si parlava del recupero. E’ più difficile per uno sprinter?

La struttura fisica di un velocista comporta una maggiore massa muscolare. A livello di tossine e di recupero metabolico, lo sforzo produce più metaboliti e scorie. I tempi di recupero possono essere maggiori, ma fa parte della loro normalità. Gli scalatori hanno meno masse muscolari e un volume aerobico maggiore che gli consente un recupero più efficiente.

Prima hai detto che a uno sprinter puro il Giro non è precluso, ma bisogna lavorarci. Ebbene, come si lavora in questa direzione?

Questa riforma del calendario spinge a considerare l’intera stagione. Non è detto che un professionista debba fare i grandi Giri per forza. Anzi, si stanno promuovendo anche le attività parallele. Noi, per esempio, siamo al Giro d’Italia, ma in maggio facciamo anche tre attività con l’obiettivo punti: le 4 Jours de Dunkerque, il Tro Bro Léon e il Giro d’Ungheria. Bisogna allontanarsi dall’idea che ci siano solo tre grandi Giri. Un atleta può essere completo anche seguendo calendari diversi.

Se una squadra punta forte sul velocista, può avere anche 6 uomini a sua disposizione. Qui l’Astana 2024 per Cavendish al Tour
Se una squadra punta forte sul velocista, può avere anche 6 uomini a sua disposizione. Qui l’Astana 2024 per Cavendish al Tour
Da un punto di vista tecnico, come dovrebbe lavorare uno sprinter per affrontare un grande Giro?

La prima cosa è non snaturarsi: Cavendish ad esempio non lo ha mai fatto. Bisogna arrivare pronti a una competizione importante, ma senza alterare troppo la preparazione. Più si esaspera la parte aerobica, più si rischia di perdere le qualità anaerobiche. E’ sempre un equilibrio delicato. Un velocista puro deve avere comunque un livello minimo per completare tre settimane e non uscire dal tempo massimo. Non è scontato. Anche se oggi le percentuali sono un po’ più generose, resta un rischio. Basta una giornata storta in una tappa dura, e può uscire fuori tempo massimo.

Discorso lineup: tu ci hai parlato di un certo numero di uomini a supporto. Puoi dirci di più?

Gliene servono minimo due per il lead-out, e poi chi lo accompagna nelle tappe più difficili. Come ho detto, da due a quattro uomini se la squadra ha anche altri obiettivi. Se invece si punta tutto sul velocista, possono arrivare anche a sei.

XDS-Astana: mercato, punti, sprinter: al tavolo con Mazzoleni

16.01.2025
6 min
Salva

DENIA (Spagna) – Il ritiro della XDS-Astana ci ha offerto l’occasione per sederci ad un tavolo con Maurizio Mazzoleni, oggi non solo più preparatore, ma anche dirigente del team, per parlare dei grandi cambiamenti in atto all’interno della squadra kazaka. Con il supporto del nuovo partner cinese e una profonda ristrutturazione dell’organico, il team affronta una stagione a dir poco cruciale per rimanere nel WorldTour. Tattiche, nuovi materiali, gestione delle formazioni, giovani… quanta carne al fuoco.

Il cambio radicale dell’organico è stato il primo segnale di un nuovo corso: 14 corridori usciti e altrettanti nuovi arrivi rappresentano una rivoluzione più che un semplice restyling. Mazzoleni ci ha spiegato come la scelta di puntare su atleti veloci e adatti alle gare di un giorno rifletta la logica imposta dai punteggi UCI. Tra i nomi di punta, ci sono senza dubbio Diego Ulissi e Alberto Bettiol che si preparano a una stagione da protagonisti, ma anche Davide Ballerini e Florian Kajamini sono chiamati ad un ruolo molto importante, anche per costruire un progetto solido per gli anni a venire.

La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
La nuova XDS-Astana: 14 nuovi corridori e il definitivo passaggio da team per i Grandi Giri a squadra da corse per un giorno
Maurizio, partiamo dal mercato: 14 corridori sono andati via, 14 ne sono arrivati, è quasi il 50 per cento dell’intera squadra. Una rivoluzione più che un cambiamento…

Sì, è stata proprio una scelta dettata da questo nuovo investimento di partnership con XDS che si affaccia sul mercato del ciclismo mondiale. Questo abbinamento ci ha portato a trovare la miglior via per lottare e per rimanere nel WorldTour. Non sarà semplice, ma il mercato è stato fatto appunto in quella direzione.

Che tipo di squadra c’è adesso?

Meno corridori da corse a tappe e più corridori per le corse di un giorno: attaccanti, corridori mediamente veloci. Questa distribuzione nasce dal sistema di punteggi, che porta, se non si ha un leader da top 5 nei grandi Giri, a orientarsi verso corridori più veloci. Una gara di un giorno come Almeria, per esempio, assegna 200 punti al vincitore, mentre una corsa a tappe di una settimana (non di prima fascia, ndr) ne dà 125 al primo della generale. Va da sé che in ottica punteggi, questi corridori hanno un appeal maggiore.

Sei il responsabile della preparazione in Astana: come farete le formazioni anche in virtù di queste esigenze tecnico-tattiche?

Non solo coach, quest’anno ho un ruolo di sport manager. Coordino l’attività dell’area performance, gestita da Vasilis Anastopoulos, e tutta l’area tecnica dei direttori sportivi. Collaboro anche sotto il piano logistico con Lorenzo Lapage, responsabile della logistica. E’ un ruolo di coordinamento essenziale in un team WorldTour moderno. Quindi insieme cercheremo di creare le formazioni che ci potranno garantire più punti nelle corse a noi più congeniali che non è detto siano per forza quelle WorldTour.

Matteo Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Malucelli, arrivato in extremis, potrà essere un ottimo acquisto. Mazzoleni crede molto in lui e nel treno dei velocisti che stanno costruendo
Ne avevamo parlato: hai un bel lavoro nel fare i calendari…

Il ciclismo è evoluto molto. In supporto al nostro lavoro di scelta c’è un confronto multidisciplinare o multisettoriale, per meglio dire. I direttori sportivi offrono la loro esperienza sulle formazioni e sulla scelta dello staff, mentre gli allenatori e i medici ci danno la condizione perfetta degli atleti. Questo influisce sulla scelta degli uomini per le varie gare.

È cambiata un po’ la preparazione in generale, dovendo appunto puntare di più su corse di un giorno?

Non proprio, le preparazioni sono da anni individualizzate. Quello che cambia è l’utilizzo tattico degli atleti. Si punta di più a piazzamenti nelle top 5 e top 10 piuttosto che esaltare solo il risultato del capitano di giornata. Questo è un aspetto tattico da considerare. Vale per noi, ma non solo. Tolti i big team, quasi tutti ragionano così. Ma è il regolamento che ha portato a questo.

Capitolo velocisti: avete preso Malucelli, avete Syritsa anche se al devo team. C’è già un treno, una gerarchia di velocisti? Come ci state lavorando?

Abbiamo lavorato molto nel biennio di Cavendish, migliorando il lead-out e la gestione della corsa. Ora abbiamo velocisti di livello diverso da Cavendish, il che ci permette di variare le letture tattiche. Gleb lo abbiamo messo nel devo team, ma la sua esperienza ci potrà aiutare in quella squadra e poi potrà fare molte gare con la prima squadra. Non le corse WorldTour, ma se andiamo a vedere non ha mai fatte troppe. Vedrete, Syritsa e Malucelli correranno spesso insieme e Gleb potrebbe fare da lead-out per Malucelli.

Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Fausto Masnada è uno dei nuovi acquisti: Mazzoleni si aspetta molto da lui
Proprio Malucelli ci ha detto che in questi giorni di prova ci si è trovato benissimo… E in questo treno c’è un capotreno? Magari Ballerini o la new entry Romele?

Romele è all’inizio della carriera e potrebbe sviluppare questa attitudine. Ballerini è un lead-out di altissimo livello e si ritaglierà di sicuro spazi importanti anche nel treno ma soprattutto nel suo Belgio. Ma poi non dimentichiamo Bol, Kanter, Gate che con la sua esperienza in pista è dotato di enormi accelerazioni…

Dal Belgio andiamo ai due big acquisti: Bettiol e Ulissi. Correranno insieme? E come saranno gestiti?

Hanno obiettivi diversi nei primi mesi. Entrambi si ritroveranno probabilmente al Giro d’Italia, dove Diego punterà a continuare la sua striscia di vittorie e di ottimo rendimento, una sua costante in questi anni. Mentre Alberto cercherà di difendere e onorare la maglia tricolore e cogliere magari qualche risultato importante. Sono atleti di classe, forza ed esperienza.

C’è un nome nel roster che ti stuzzica, che potrebbe essere la sorpresa?

Mi aspetto una grande stagione da Fausto Masnada. Dopo due anni difficili per problemi fisici, che forse solo i tecnici che gli sono stati davvero vicino conoscono fino in fondo, è pronto a tornare a livelli altissimi. Fausto può essere un jolly. E poi penso a Florian Lipowitz e Davide Toneatti: sono giovani di talento che, con il giusto tempo e metodi, possono affermarsi.

Quanto sarà importante per voi questo 2025 che, ricordiamo, chiude il triennio della classifica a squadre UCI?

È fondamentale. L’approccio rimane quello di una squadra competitiva in ogni settore. A fine anno vedremo se avremo raggiunto il risultato, ma sono certo che daremo il massimo.

Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nata nel 2006, l’Astana ha vinto quasi 400 corse, tra cui 9 Grandi Giri e 5 classiche monumento. Gran parte di questi successi sono a firma di Giuseppe Martinelli
Nuovi materiali? Abbiamo visto che i vostri meccanici hanno un bel da fare e che di solito quando si cambiano partner tecnici c’è sempre un po’ di rodaggio…

Abbiamo iniziato mesi fa a lavorare con il nostro nuovo partner. Vero, serve un po’ di rodaggio, però è anche vero che la collaborazione con questo brand specializzato nel carbonio ci permette di seguire l’intera produzione dei telai, dal carbonio stesso al più piccolo degli adesivi. Questo know-how è unico e potrebbe fare la differenza nei prossimi anni. Ci crediamo molto.

Ultima domanda: sarai contento se?

Se avremo dato tutto quello che potevamo sia sulla strada con gli atleti che a livello di supporto come staff. Nello sport ci sono anche gli avversari, ma sarò soddisfatto se avremo fatto il massimo. Però prima di chiudere fatemi dire una cosa.

Prego…

Vorrei salutare e ringraziare Giuseppe Martinelli – dice con trasporto, Mazzoleni – questa è la prima stagione senza di lui. Se io e moltissimi di noi siamo qui lo dobbiamo a lui. Martino ha reso grande l’Astana. Se negli anni ha vinto tutto quello che ha vinto grande merito è il suo.

In effetti Martino è Martino…

Era doveroso.

Dalla Cina all’Australia, parlando del Fiandre con Bettiol

09.01.2025
7 min
Salva

Bettiol che pilota un piccolo aereo, scambiandosi battute con Paolo Bettini. Bettiol che suda a Lugano per arrivare pronto al debutto in Australia. I social raccontano una parte, il resto lo facciamo con lui. Alberto sta cercando di assorbire il fuso orario di Adelaide. In South Australia sono avanti di 10 ore e mezza rispetto all’Italia e soprattutto sono nel pieno di un’estate meno torrida del solito, ma con temperature intorno ai 30 gradi. Ci sentiamo nel pomeriggio, dopo un allenamento di 150 chilometri e la necessità di tirare avanti almeno fino alle dieci per addormentarsi a un orario normale. Quando si comincia dal Tour Down Under è sempre così. Poi ci si abitua e ritrovarsi nuovamente nel freddo italiano ha l’effetto opposto.

«Sono qui con la mia compagna – racconta il toscano – in un hotel vicino al mare, in zona aeroporto. Fa un bel caldo, meglio di Lugano dove l’inverno quest’anno è bello rigido. I ragazzi arrivano il 13, quindi ho ancora altri 5-6 giorni prima di raggiungerli. Sono abituato, è la quinta volta che corro qui. Comunque s’è già detto, sono stato comprato per fare i benedetti punti World Tour, quindi veniamo giù con Higuita per la classifica generale e io per le tappe. Cerchiamo di fare il possibile fin da subito».

Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Il fatto di essere stato comprato fa molto calciatore, come del resto il sistema di promozione e retrocessione…

E anche con la compravendita ad agosto. Prima di decidere, ho parlato tanto con Vinokurov. E’ venuto a trovarmi alle Olimpiadi, perché lui era lì con la nazionale kazaka. Abbiamo parlato tanto, ho parlato tanto con Giuseppe (Martinelli, ndr). E alla fine il progetto mi ha convinto. Si parlava al futuro di quest’anno, poi i tempi sono stati molto accelerati. Sapevo che la squadra doveva cambiare se voleva avere una chance di rimanere nel WorldTour.

Quindi non ti ha stupito toppo veder arrivare così tanti corridori?

Sapevo che il budget sarebbe aumentato notevolmente, quindi avrebbero avuto la possibilità di comprarne tanti. Anche nello staff ci sono stati degli ingressi, come Dowsett e tutto un gruppo di performance. Non è più la classica squadra kazaka, in cui si parla tanto italiano, ma sta diventando sempre di più internazionale. I proprietari cinesi sono molto disponibili, Vinokourov sa fare le squadre e avendo queste risorse ha deciso di investire tanto.

Che tipo di contatti ci sono stati finora con i cinesi?

A dicembre hanno voluto me e altri quattro compagni per andare a fare la presentazione ufficiale. Siamo andati nella loro fabbrica a Shenzen, una città con 17 milioni di abitanti, poi nel salone dei congressi del Municipio. C’era il sindaco, che è una donna (You Xiangrong, ndr). C’erano anche un membro del governo cinese, il presidente della XDS e suo figlio che è l’amministratore delegato con cui si interfaccia Vinokurov. Questo ragazzo è venuto a dicembre per tre giorni con la sua compagna e altre due persone dell’azienda per vedere come lavorassimo. Da quello che mi hanno detto, l’anno scorso era stato a vedere il Giro d’Italia e il Tour de France e si è innamorato di questo mondo. Ovviamente, facendo bici da 30 anni e non avendo problemi di denari, hanno deciso di cogliere l’opportunità di inserirsi nel WorldTour.

La necessità dei punti influenzerà il tuo calendario?

No, si deve alzare la media della squadra, ma io continuerò a fare quello che ho sempre fatto, possibilmente al meglio. Per venire a capo della situazione, dobbiamo impostare quest’anno e i prossimi adattandoci al ciclismo moderno, in cui si lotta fino alla fine e non si molla mai. In cui si vanno a cercare i piazzamenti e anche il quarantesimo posto in un Grande Giro, si cercano le gare semi sconosciute, senza pubblico, però se vinci ti danno 125 punti WorldTour. Più che fare le fughe e correre spensierati, purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) bisogna fare così, perché il ciclismo di oggi funziona in questo modo.

Un modo di interpretarlo cui è facile abituarsi per chi corre per vincere?

A me non cambierà tanto, però altri corridori sono stati chiamati a cambiare le proprie ambizioni. Conviene essere più continui anche se non si vince mai, piuttosto che buttare via cinque o sei gare e vincerne una sola, che poi ti dà pochi punti. Io inizio qua in Australia, poi dovrei fare Laigueglia, la Tirreno, le classiche e spero il Giro d’Italia. Ad agosto e settembre invece, bisognerà martellare sui punti WorldTour.

Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
In questo ciclismo moderno comandano i punti e pochi corridori fortissimi. Per Bettiol che è diventato grande vincendo il Fiandre come sarà confrontarsi con quei giganti?

Il Fiandre più che un obiettivo è un’occasione, perché è una gara che mi viene bene. E’ una gara in cui ci sono tanti punti WorldTour ed è una gara che, alle spalle di Pogacar e Van der Poel, si apre a tanti scenari. Io devo essere lì, dietro a loro due. Per far bene, per orgoglio mio e per la squadra. Soprattutto perché l’anno prossimo con questa bella maglia tricolore, mi piacerebbe fare bene al Fiandre. Però, proprio per la gente che c’è in giro, definirlo un obiettivo mi sembra un po’ surreale.

Invece la Roubaix? Sembravi esserne innamorato…

Non è che la Roubaix mi abbia fatto impazzire. Forse l’anno scorso ero un po’ scarico di energie, un po’ deluso dopo il Fiandre in cui mi ripresero proprio alla fine. Forse fu questo, ma è una gara completamente diversa da tutte le altre. Non c’entra niente con il Fiandre e le altre classiche. E’ più una cronometro individuale. Si fanno delle medie pazzesche con queste ruotone e non è che mi faccia impazzire. E’ chiaro che ha il suo fascino e per questo dissi che una volta avrei voluto provarla e l’ho fatto. Però non è che non ci dorma la notte.

L’arrivo in Astana significa anche cambio di preparatore?

Mi segue Maurizio Mazzoleni, ma non abbiamo cambiato nulla. Hanno speso parecchio per prendermi, non avrebbe avuto senso rivoluzionare tutto. Non sono un giovane al primo anno.

Invece con la nuova bici ti sei trovato subito bene? Guardando la foto ricorda molto la Cannondale con cui correvi lo scorso anno…

Ricorda la SystemSix. Mi è piaciuta subito, perché scorre veramente bene e quando si va davvero forte, la senti che tiene la velocità. Quando fai una volata, non ti sembra di dover abbattere un muro, ma scorre bene. Si sente che è rigida quando togli le mani dal manubrio ed è difficile andare dritti. Vuol dire che è molto rigida ed è un bene. In più il peso è contenuto ed è nella media degli altri, quindi siamo molto contenti. Abbiamo anche il modello da salita, ma penso che io userò soprattutto questa aero.

Ti senti già pronto per fare risultato?

Più o meno mi sembra di essere pronto, anche se è sempre difficile fare previsioni per la prima gara. Ormai non ci si va più per rifinire le condizioni, bisogna essere pronti. E se non si è pronti, ci si fa del male e basta.

Come nasce il calendario? Il ruolo, centrale, del preparatore

16.12.2024
5 min
Salva

Ogni stagione ha una preparazione meticolosa che parte molti mesi prima del via ufficiale. Per le squadre WorldTour, stilare il calendario degli impegni rappresenta un momento cruciale. Non si tratta solo di incastrare corse e date, ma di progettare una strategia che consideri le esigenze del team, i dati fisiologici e le richieste personali degli atleti. Maurizio Mazzoleni, sport manager e responsabile dell’area performance dell’Astana-Qazaqstan, ci racconta questo lavoro dietro le quinte durante il ritiro invernale della squadra in Spagna.

La stesura del calendario non si limita a una semplice programmazione: è un mosaico complesso in cui ogni pezzo deve combaciare per garantire che gli atleti siano al massimo della forma nei momenti decisivi della stagione. Questo processo richiede mesi di lavoro e la collaborazione di diverse figure professionali: preparatori, direttori sportivi, medici e gli stessi corridori. Vediamo come prende forma una stagione agonistica.

Il dialogo è importantissimo per Mazzoleni che qui è con Ballerini
Il dialogo è importantissimo per Mazzoleni che qui è con Ballerini
Maurizio, mi hai detto che questo ritiro rappresenta un momento cruciale per la stesura dei calendari. Ci spieghi il tuo ruolo in questo processo?

Ricopro il ruolo di sport manager, il che significa che coordino le attività dell’area performance e quelle organizzative della squadra. Questo comprende non solo la pianificazione dei calendari, ma anche il lavoro con tutte le figure che ruotano attorno all’atleta: direttori sportivi, medici, preparatori, e così via. L’obiettivo è strutturare al meglio ogni aspetto per iniziare la stagione con basi solide.

In che modo viene stilato un calendario? C’è una fase di raccolta dati o è tutto deciso qui, durante il ritiro?

La stesura del calendario è un lavoro complesso e strategico, che inizia mesi prima. Già da ottobre si valutano gli obiettivi della squadra per la stagione successiva. Nel nostro caso, l’obiettivo principale è accumulare più punti possibile per mantenere la posizione nel WorldTour. Questo ci porta a scegliere con attenzione le competizioni migliori per i nostri atleti, considerando sia le loro caratteristiche che le possibilità di ottenere risultati. Durante il ritiro, finalizziamo il lavoro iniziato nei mesi precedenti, combinando dati fisiologici, esperienze pregresse e input dai direttori sportivi.

I ragazzi del team in Cina per un impegno istituzionale con il nuovo sponsor X-Lab: hanno già iniziato la loro stagione con il ritiro in Spagna
I ragazzi del team in Cina per un impegno istituzionale con il nuovo sponsor X-Lab: hanno già iniziato la loro stagione con il ritiro in Spagna
Hai parlato di punti UCI: come si scelgono le gare e gli atleti per ogni competizione? Non è detto che il miglior atleta lo si porti alla corsa più importante, magari te lo giochi laddove ha maggior possibilità di fare bene, giusto?

Esatto. La scelta si basa su diversi fattori. Valutiamo la forma fisica prevista degli atleti, le loro statistiche e il tipo di gara. Come dicevo, non sempre è utile schierare il corridore migliore nella corsa più importante. A volte è più efficace puntare su gare di livello inferiore, dove le probabilità di ottenere punti sono maggiori come dicevate. Ad esempio, se un nostro corridore ha più chance di vincere una corsa ProSeries rispetto a una gara WorldTour, potrebbe essere più utile mandarlo lì. Però vorrei dire che non siamo i soli ad adottare ormai questa strategia

Chiaro…

E’ un metodo ormai utilizzato da tutte le squadre, anche quelle di vertice. Strutturare la stagione in modo scientifico aiuta a ottimizzare i risultati. Ad esempio, ci sono atleti di punta che vengono gestiti per massimizzare il punteggio in eventi specifici, evitando di sovraccaricarli con troppi grandi giri. Guardate la UAE Emirates l’anno scorso proprio con Ulissi (oggi in Astana, ndr). La chiave è la pianificazione mirata.

Quanto conta il parere del corridore nella stesura del calendario?

Il parere del corridore è fondamentale. Alla fine, sono loro a correre e devono sentirsi motivati. Se un atleta manifesta una preferenza per una determinata gara, cerchiamo di accontentarlo, compatibilmente con gli obiettivi della squadra. Spesso, questa preferenza deriva da un legame particolare con la corsa o dalla voglia di riscatto. Durante il primo incontro di team building a ottobre, abbiamo intervistato tutti i nostri 30 corridori per conoscere le loro esigenze e preferenze. Partendo da lì, abbiamo lavorato per incastrare le loro richieste con le nostre strategie.

Per arrivare a momenti così (qui la vittoria di Syritsa al Langkawi) dietro c’è una programmazione certosina
Per arrivare a momenti così (qui la vittoria di Syritsa al Langkawi) dietro c’è una programmazione certosina
Una volta stabilito il calendario, come si procede?

Dopo aver definito il calendario, ogni atleta riceve un programma personalizzato. L’allenatore sviluppa il piano di allenamento in base agli obiettivi stagionali, il direttore sportivo fornisce supporto logistico e il medico monitora lo stato di salute. Questo lavoro d’équipe è fondamentale per preparare al meglio gli atleti. Ovviamente, durante la stagione possono verificarsi imprevisti come infortuni o malattie, ma avere una struttura solida permette di adattarsi rapidamente.

Qual è il ruolo del medico in questa fase?

Il medico non interviene direttamente nella scelta delle competizioni, ovviamente, ma è informato sul calendario e sui carichi di lavoro previsti. Il suo compito è garantire la miglior assistenza possibile agli atleti, sia in caso di necessità, sia come supporto durante le fasi di preparazione più intense. In generale avere un piano ben strutturato è fondamentale, ma altrettanto importante è saperlo adattare alle circostanze. Ogni atleta ha esigenze diverse e ogni stagione presenta sfide imprevedibili. Lavorare in squadra e mantenere un dialogo aperto con gli atleti è la chiave per ottenere i migliori risultati.

Cataldo, una firma e riparte tutto dall’Astana

16.11.2024
5 min
Salva

Quando leggiamo il comunicato per cui Dario Cataldo sarà uno dei prossimi direttori sportivi della Astana, l’abruzzese è ancora in vacanza nelle Filippine. E’ rimasto in Oriente dopo il Criterium di Singapore e tornerà in Italia il 21 novembre, ma intanto qualcosa ci racconta con la promessa di non rubargli più di cinque minuti, che alla fine diventeranno dieci. E poi ancora buone vacanze…

La voce parla di una nuova emozione. Un video che ci ha mandato mostra il traffico polveroso e vivace del posto. Scherziamo sul bisogno di vacanze e sui modi alternativi di staccare un po’ la spina, compreso il cogliere le olive.

Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Quanto tempo fa è venuta fuori questa proposta della Astana?

Come sapete, con loro ho sempre avuto ottimi rapporti, sono rimasto in contatto. Mi sentivo spesso con Mazzoleni e lui sapeva che avrei smesso. Quindi appena stava per finire la stagione, abbiamo iniziato a parlare in modo un po’ più concreto. Nel frattempo valutavo anche altre opzioni, ma questa era già quasi sul tavolo a prescindere, nel senso che dipendeva dalle situazioni. Non era scontato che loro ne avessero bisogno, però sapevano che io ero libero e a disposizione. Quindi nel momento in cui ho deciso di fare il corso UCI da direttore sportivo, ne abbiamo parlato e poi le cose sono andate avanti.

Con chi altri stavi parlando?

Con Guercilena per capire quali potevano essere le prospettive alla Lidl-Trek. E’ una decisione molto fresca. Al Lombardia avevo parlato ancora con Luca e in quei giorni avevo sentito anche qualche altra squadra, il giorno che ho smesso di correre non sapevo ancora che cosa avrei fatto. Invece dopo qualche settimana la possibilità ha iniziato a concretizzarsi e si è presa la decisione questa settimana.

Inizialmente avevi parlato di fare il procuratore: quando ha virato verso l’ammiraglia?

L’idea del procuratore mi ha sempre attirato, mi piace, solo che bisogna partire con calma e poi farsi strada. Non avendo corridoi con cui partire, avrei dovuto fare comunque qualcosa di alternativo mentre mi costruivo un nome e l’esperienza che servono. Però fare le cose a metà non mi attira tanto, quindi a quel punto ho preferito farne una sola e fatta bene. Sul fatto di diventare direttore sportivo, quando avevo 18 anni ho iniziato a fare Scienze motorie proprio per questo. Ho iniziato il terzo anno da U23 che avevo già il terzo livello. E poi mio padre è un direttore sportivo, diciamo che è una cosa di famiglia.

Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Si dice che il corridore che ha appena smesso può essere un grande direttore sportivo: pensi che aver corso fino a un mese fa sarà un valore aggiunto?

Sicuramente, perché il ciclismo è cambiato talmente tanto, che è molto difficile da interpretare se uno non ha vissuto questi cambiamenti da molto da vicino. E’ difficile anche comunicare con i corridori. Quando devi spiegare qualcosa, fai molta fatica e vedo che chi non è dentro da un po’ non riesce a comprendere. Quindi riuscire a comunicare con i corridori sapendo com’è la situazione in gruppo in questo momento è un vantaggio.

Sei stato in Astana, hai vissuto le vittorie di Fabio Aru e quelle di Nibali. Sarà una squadra diversa perché Martinelli non c’è più e arrivano nuovi direttori sportivi. Che squadra trovi secondo te?

Una squadra che ha delle radici come quelle che ho lasciato, ma che sta affrontando una grossa evoluzione. Ha avuto tanti corridori da corse a tappe e adesso ha completamente rivoluzionato il suo modo di correre. Sono passati ai velocisti e alle classiche e hanno inserito tanti corridori e tanti membri dello staff molto in gamba per questo genere di corse. Finalmente Zazà (Stefano Zanini, ndr) si trova con un bel gruppo per il suo terreno del Nord. Quindi è una squadra strutturata in un modo molto diverso, che quest’anno si è rinforzata tantissimo. Non solo Bettiol, che per le classiche forma un bel gruppo assieme a Ballerini e Teunissen, ma è arrivato anche Ulissi. Ci sono corridori che possono dire la loro anche nelle classiche più dure.

Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Il fatto che sia così pieno di italiani ti ha aiutato a scegliere o non c’entra niente?

No, non ha influito. E’ una squadra molto internazionale e lo è diventata ancora di più, quindi sicuramente mi trovo a mio agio. E’ un ambiente che conosco, se ci penso mi sembra di esserne uscito ieri e di essere io ad accogliere i nuovi direttori, quando in realtà dovrò fare una vera gavetta. Certo non sarà come entrare in una squadra di cui non conosci nulla, ma in ogni caso mi dovrò porre in un modo molto diverso con i corridori. Il rapporto rimane comunque molto stretto, ma ora mi trovo dall’altra parte e non dovrò gestire solo le situazioni di gara, ma anche tutto il resto. Il mio rapporto con gli altri direttori sportivi da cui avrò certamente tanto da imparare. Per cui andrò al primo ritiro con qualche sicurezza, ma anche la consapevolezza di dover imparare tutto.

Quanto pesa il ritiro in altura? Risponde coach Mazzoleni

17.06.2024
5 min
Salva

Quanto pesa un ritiro, specie se in quota, in termini di fatica e di rendimento nell’insieme di una preparazione? Domanda da un milione di dollari che inevitabilmente non può avere una risposta netta, ma di certo apre un punto di dibattito importante.

Diversi atleti, l’ultimo dei quali Lorenzo Fortunato, hanno parlato di questo aspetto, di quanto oggi si arrivi prontissimi alle corse. «Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti di quel lavoro», le testuali parole di Fortunato.

Ebbene noi abbiamo analizzato il tutto con Maurizio Mazzoleni, coach dell’Astana-Qazaqstan.

Mazzoleni (secondo da destra) durante un ritiro, utile anche per fare gruppo: aspetto da non trascurare
Mazzoleni (secondo da destra) durante un ritiro, utile anche per fare gruppo: aspetto da non trascurare
Maurizio, dunque, quanto pesa il training camp nella preparazione e quindi nella prestazione?

Molto, perché specie se il camp è in altura, si mette in atto un metodo di lavoro a 360°. Tu preparatore hai gli atleti direttamente sul campo. Ci sei a contatto. Due sport: il ciclismo e gli atleti della lunghe distanze dell’atletica leggera non hanno un luogo fisso di allenamento, ma ogni volta un campo di lavoro diverso e non è facile seguire gli atleti. 

Certo, nuotatori in piscina, tennisti, calciatori, pallavolisti… al campo.

Esatto. Il preparatore non può essere presente. I lavori che inviamo a casa li vedi giornalmente, ma non abbiamo gli stessi feedback, non vediamo l’atleta dal vivo. Ed eventuali aggiustamenti si fanno il giorno dopo. In altura, in ritiro, certe correzioni le fai sul momento. Poi secondo me quello della preparazione da professionisti è un salto importante.

Cioè?

Finché sono juniores o under 23 bene o male hanno quasi sempre dietro il tecnico che li segue, tra i pro’ non è così. Non può essere così. I ragazzi hanno abitazioni differenti, vengono da più Nazioni. E la presenza del tecnico, del referente va a diminuire drasticamente. 

Cosa significa che in ritiro si lavora a 360°? Oltre agli adattamenti fisiologici come i punti ematici che può dare l’altura c’è dell’altro?

Che oltre alla bici ci sono tutte quelle attività extra: il risveglio muscolare, lo yoga, lo stretching, il massaggio, eventuali trattamenti per recuperare prima da un infortunio… Tutta la giornata è finalizzata alla bici, ed è un tipo di lavoro che a casa ovviamente non si può fare. Quindi oltre agli adattamenti fisiologici l’altura ha un prezzo, ma anche un vantaggio in questo senso.

Oggi in quota si insiste anche sull’intensità elevata. E spesso si lavora anche a crono (foto Instagram)
Oggi in quota si insiste anche sull’intensità elevata. E spesso si lavora anche a crono (foto Instagram)
Spesso vediamo che scendono e vanno forte: il ritiro è centrale dunque?

Oggi siamo abituati a preparare gli atleti affinché arrivino subito pronti alle gare anche dopo l’altura. Calibriamo ogni aspetto tra allenamenti e gare. Se prima in altura si lavorava soprattutto a bassa intensità, oggi si fa anche l’alta intensità. E se prima servivano dieci giorni per avere gli effetti dell’altura, oggi possono bastarne 3-4. Basta mollare un po’ prima quando si è in quota. Sono nuove metodologie che portano appunto l’atleta ad essere subito pronto.

Facciamo un esempio, Maurizio: avvicinamento classico al Giro d’Italia. Il corridore lo sa da dicembre: quanto incide in percentuale il ritiro in quota?

Non è tanto una questione di percentuale, ma di un insieme. Esclusi i velocisti, di solito quasi tutti fanno almeno due cicli di altura, ma in questi cicli e anche nell’allenamento a casa deve andare tutto bene. Deve filare tutto liscio.

Giriamo la domanda: quanto pesa il ritiro in quota in termini di fatica?

Posto che dipende da atleta ad atleta, la fatica è difficilmente misurabile. Questa, in un ritiro, è data dallo stress dell’allenamento, che seppur positivo è sempre uno stress, e dal conseguente adattamento. Questo è l’aspetto fisiologico, poi c’è l’aspetto mentale della fatica. Questo va incluso nel costo e non va sottovalutato.

Dopo il Giro, Lorenzo Fortunato è andato direttamente al Delfinato
Dopo il Giro, Lorenzo Fortunato è andato direttamente al Delfinato
Chiaro…

Anche per questo motivo ci sono tuti quegli extra di cui dicevamo. Il rilassamento con lo yoga al pomeriggio… sono tutti modi per agevolare il periodo in altura. E’ comunque stressante stare lontano da casa, dalla famiglia, magari arrivarci prima o dopo una corsa. Poi è anche vero che l’atleta sa sin dall’inizio della stagione che dovrà fare dei ritiri, che avrà i periodi delle corse, dell’altura, del recupero. Per fortuna solitamente questi camp si svolgono in luoghi molto belli. Penso al Teide che è un immenso Parco Nazionale riconosciuto dall’Unesco, alle Dolomiti, all’Etna… E quando chiedi ai ragazzi dei ricordi di questi ritiri sono tutti belli. Magari sul momento gli pesa di più, ma alla lunga hanno ricordi positivi. E questo è importante.

Se il clima è buono, pesano meno insomma…

E poi non va dimenticato un altro aspetto. I ritiri servono a formare il gruppo di lavoro, non solo per gli atleti ma anche per i tecnici. Ormai le squadre sono formate da 30 corridori e tanto personale e non capita poi spesso che si ritrovano tutti insieme. Avere i 6-8 corridori che dovranno andare al Giro insieme per due, tre settimane aiuta molto. Cementa il gruppo. In corsa poi si aiuteranno di più. Tra i tecnici c’è più confronto.

Il tuo Lorenzo Fortunato parlava giusto dell’incidenza del ritiro, della sua importanza, ma viene da chiedersi se poi questi ragazzi oggi a casa si allenano forte, se fanno intensità o ”solo” mantenimento.

No, no… a casa si allenano ancora molto. Alla fine in un anno i cicli in quota sono 2, massimo 3, e durano due, tre settimane… quindi a casa svolgono il resto del lavoro anche ad alta intensità, fanno il dietro motore. Pertanto ha un peso anche il lavoro a casa.

Fortunato punta Giro e Vuelta: la rincorsa è lanciata

25.03.2024
4 min
Salva

A 27 anni, Lorenzo Fortunato sta vivendo la sua prima stagione nel WorldTour con l’Astana Qazaqstan e ieri ha concluso la Volta Catalunya al decimo posto. Nell’intervista post Tirreno-Adriatico ci ha raccontato le emozioni e sensazioni della sua prima gara importante nel nuovo team. Parlando è emerso come la sua stagione sia divisa in due blocchi. Il primo che include il Giro d’Italia, mentre il secondo verterà sulla Vuelta. Il 2024 sarà quindi il primo anno in cui Fortunato correrà due Grandi Giri, un cambiamento importante, che va preparato.

La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta
La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta

Stesso percorso

Con il team Eolo-Kometa (ora Polti-Kometa) il corridore nato a Bologna ha sempre incentrato le sue grandi aspettative sulla corsa rosa. La seconda parte di stagione, invece, era concentrata sul calendario delle classiche italiane

«La stagione – 2024 ci racconta Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana e di Fortunato – sarà incentrata su Giro e Vuelta. A livello di impegno non vedo molte differenze rispetto a quello che ha fatto in passato. Non ha mai corso un Grande Giro nella seconda parte di stagione, ma le gare di agosto e settembre. Non ci saranno grandi stravolgimenti rispetto ai suoi periodi di allenamento precedenti. Soprattutto per quanto riguarda la parte di stagione fino al campionato italiano».

La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
Su quali aspetti vi siete concentrati durante l’inverno?

Tutti, non si può lasciare nulla al caso nel ciclismo moderno. Si è curata tanto anche la forza a secco, con esercizi in palestra mirati a migliorare le prestazioni. In bici ha fatto un bel carico di lavoro aerobico, senza cercare picchi prestativi, eppure alla Tirreno e al Catalunya ha fatto vedere buone cose. Alla Tirreno Vingegaard ha fatto registrare valori da Tour de France, quindi Fortunato ha dovuto spingere e ha dimostrato di farlo bene.

Avete cambiato qualcosa?

Non ci piace paragonare il nostro lavoro a quello degli altri. Posso dire che il nostro obiettivo con Fortunato è quello di farlo arrivare nella miglior condizione al Giro. In questo senso abbiamo deciso di far slittare in là il calendario. Prima della partenza di Torino farà un periodo di altura, sul Teide, dal primo al 17 aprile. Successivamente correrà la Liegi e poi il Giro, terremo alto il ritmo con il dietro moto.

Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Parlando con Fortunato è emerso come quest’anno abbia iniziato a correre più tardi…

Abbiamo fatto un’analisi delle stagioni precedenti. Negli ultimi due anni ha sempre lavorato bene, ma le vittorie sono arrivate sempre in gare che anticipavano il Giro. Nel 2023 ha vinto la Vuelta Asturias, mentre nel 2022 è arrivato secondo. Ci siamo accorti come poi, durante la corsa rosa, facesse fatica nella terza settimana

Come gestirete gli impegni dopo il Giro?

Il campionato nazionale sarà la terza settimana di giugno, ci potrebbe essere spazio per correre il Delfinato, qualora la condizione di Fortunato glielo conceda. 

La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
Da lì in poi come gestirete i tempi?

La ripresa dopo la pausa estiva sarà più graduale, così da arrivare a fare la Vuelta in crescendo. L’obiettivo sarà essere prestante durante la corsa a tappe ispanica, il calendario che anticipa la Vuelta è strano, vista la presenza delle Olimpiadi di Parigi. 

In che senso?

Le corse che hanno sempre fatto da trampolino alla Vuelta, come Burgos e Giro di Polonia sono in dubbio. Anzi, il Giro di Polonia è da escludere, visto che si correrà durante la prima settimana della corsa spagnola. L’unica opzione percorribile, per correre prima della Vuelta, è andare a Burgos, dal 5 al 9 agosto, considerando che il giorno dopo si corre a San Sebastian. 

Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Si dovranno ricalibrare gli impegni?

“Giocheremo” con il calendario. Si andrà in altura a inizio luglio, poi probabilmente si faranno Burgos e San Sebastian. 

Anche la Vuelta con il mirino su qualche tappa?

L’obiettivo sarà essere performanti su tutte e tre le settimane di gara, non si tratta di crescere, ma di non calare. Solo i migliori tengono le prestazioni alte per tutta la durata della corsa, Fortunato è quel tipo di corridore. Siamo consapevoli che l’altura di luglio sarà il momento chiave per il secondo picco stagionale.

Una mattina a ruota di Romele sulle sponde del Lago d’Iseo

20.03.2024
6 min
Salva

LOVERE – La vita di Alessandro Romele è un gran viaggiare, come quella di tutti i ciclisti. Da inizio anno ha corso in Rwanda, Arabia Saudita, Grecia (Rodi) e Spagna. Quindi vederlo a casa, sulla sponda bergamasca del lago di Iseo, non è che sia strano ma quasi. Il classe 2003 da quest’anno corre con il devo team dell’Astana Qazaqstan, un salto che gli ha permesso di mettere un piede nel professionismo. Ne ha assaggiato le velocità, i ritmi alti e il mal di gambe. Con l’ultima gara in Grecia, invece, una categoria 2.2, ha trovato le prime due vittorie dell’anno

«Quasi inaspettate – ci racconta nel suo giardino, sotto il caldo sole di marzo – perché dopo il Tour du Rwanda non ero stato benissimo. Il vaccino fatto per la febbre gialla mi ha destabilizzato parecchio e in corsa ho fatto davvero tanta fatica. La condizione era sì in crescendo, ma non mi aspettavo di capitalizzarla così presto. Sono stato in giro parecchio, ora resto un po’ più tranquillo fino a fine mese. Poi correrò il Giro del Belvedere e la Gand-Wevelgem, le prime gare U23 dell’anno e poi una corsa a tappe tra Giro d’Abruzzo e Region Pays Loire Tour (in Francia, ndr) e fine mese in Bretagna».

Stai correndo davvero molto…

E’ un modo di correre più organizzato, a blocchi definiti. Collegato anche a come mi sento a livello fisico. Ad esempio, dopo il Rwanda eravamo lì a chiederci se fermarmi o meno e riposare. Le sensazioni in allenamento fanno tanto, ho capito di stare meglio e abbiamo continuato con il programma stabilito. 

Hai un calendario intenso ma schematico?

Direi proprio di sì. Al primo anno in Colpack correvo con più disordine, l’anno scorso molto meno, perché avevamo già un metodo definito. Quest’anno vedo che si seguono molto più gli obiettivi, il Tour of Rhodes non era uno di quelli, ma abbiamo sfruttato il momento. 

Questo continuo correre in contesti internazionali come va? Ti sta facendo crescere?

Il Rwanda è stato difficile per l’altimetria e il dislivello fatto. Quello più difficile per il ritmo, è stato l’AlUla Tour con tanti ventagli. Pensavo fosse più semplice, che bastasse stare davanti, invece su cinque volte ne sono rimasto fuori cinque (ride, ndr). 

E’ cambiato qualcosa nella preparazione?

Sono seguito da Maurizio Mazzoleni da diversi anni, direttamente o indirettamente. Quando ero junior, alla Ciclistica Trevigliese lui collaborava con la squadra. Anche in Colpack ho seguito le sue tabelle, sotto la supervisione sempre di Dario Giovine. Quest’anno ho la fortuna di avere associati Mazzoleni e Anastopoulos. Il greco è capo performance del team WorldTour, però ha accesso ai dati di tutti. Penso che i cambiamenti si siano sentiti. 

Nello specifico che cosa avete fatto?

Abbiamo lavorato sulla forza, che viene fatta al meglio in palestra. Ne ho fatta tanta, non tutti i giorni ma tre volte a settimana, anche con carichi importanti. Tanto ha fatto anche il lavoro impostato con il nutrizionista, Luca Simoni. 

Come lavorate?

Ho una tabella che si auto adatta, composta da tre colonne con i macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. In un’altra tabella separata inserisco l’intensità del lavoro fatto. Ad esempio oggi (ieri per chi legge, ndr) è un giorno a bassa intensità e la tabella mi dice le grammature da consumare. La tabella mi fornisce solo il macronutriente, cosa mangiare lo decido ancora io. Abbiamo deciso così perché sono ancora giovane e c’è margine poi per migliorare o cambiare. 

Integrazione in bici?

Fino a un’ora e mezza/due a bassa intensità, tendo a non portare nulla. Poi se alzo l’intensità mi porto qualcosa. Ora uso molto un panino al miele che mi dà un apporto di 30 grammi di carboidrati. A casa cerco di non usare le cose chimiche, quindi evito gel e barrette. Quelli li uso prettamente in corsa. Ora ho anche una nuova ricetta delle rice cake. 

Come mai?

Il dottore della squadra mi ha fatto notare che quando cucino il riso, poi lo metto in freezer negli stampi. Quando poi lo scongelo, intanto che vado c’è una proliferazione batterica. Invece ora uso il riso soffiato, il composto rimane secco e non passa dal freezer. Questo abbassa la proliferazione batterica e, nel caso mi avanzasse, posso consumarlo anche il giorno dopo. 

Torniamo agli allenamenti, hai cambiato il metodo di lavoro a casa?

Prima di andare a Rodi ho fatto la tripletta con tre ore e mezza, quattro e cinque. Secondo me qualcosa in più anche a livello di lavoro specifico, tanti richiami di VO2 con i 30/30 o 40/20. Nella tripletta classica ho i primi due giorni con meno ore, ma tanta intensità. Per finire, l’ultimo giorno, mi inseriscono la classica uscita di endurance. In questo caso non ho lavori specifici ma tengo la Z2 per tutto il giorno

Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Nel recupero, invece?

Oggi (ieri, ndr) ad esempio, che è giorno di recupero, ho fatto due ore davvero blande. Ho un range di potenza da non superare, ma per come sono fatto io pedalo senza nemmeno guardare gli strumenti. 

Come vivi gli allenamenti?

Quelli di endurance sono i più divertenti, poi sul lago non ci si annoia mai. Mentalmente soffro di più l’ora e mezza o due a bassa intensità. Nel giorno di recupero ho il mio bar classico, con 45 minuti ad andare e altri a tornare. 

Dopo tanto viaggiare ti piace allenarti da solo o preferisci avere compagnia?

E’ un bell’equilibrio da trovare, perché a livello di attività siamo sempre in giro per gare. Quando torno a casa mi piace anche uscire da solo. Poi dipende dai giorni, quando c’è tanto sole e fa caldo, pedalare in solitudine è semplice. In inverno, invece, quando hai appena ripreso, forse è meglio avere un compagno o più di uscita. 

Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Poi da queste parti ne hai tanti di corridori a cui scrivere per organizzare l’allenamento…

Esco spesso con Nicolas Milesi, che ora è all’Arkea Devo. Fino a settembre eravamo compagni di squadra alla Colpack. Abbiamo davvero un bel rapporto, ci scriviamo ogni giorno, se non succede mi preoccupo (ride, ndr). Ci sono anche tanti altri corridori e amici qui, come Persico, Lino Colosio, Walter Calzoni… Di compagni di squadra ho vicini Scaroni e Gazzoli, che sono di Brescia. 

Il tempo a disposizione finisce, sono le 10,30 ed è ora di uscire in bici, seguiamo Romele fino al fiume Oglio, che divide la provincia di Bergamo da quella di Brescia. Qualche foto, dei video e si torna a casa con la sensazione di aver parlato con un ragazzo sicuro e consapevole del cammino intrapreso.