Mark Cavendish è sempre Mark Cavendish. L’ex campione del mondo da quest’anno è approdato all’Astana Qazaqstan e ci è arrivato molto tardi. Mancavano pochi giorni a gennaio e forse anche per questo ancora non lo abbiamo visto super in palla.
Stefano Zanini, uno dei diesse della squadra kazaka, ci aveva detto di aver trovato un corridore volenteroso, ben disposto verso i compagni e soprattutto un vero leader. Ma dal punto di vista atletico e della preparazione come sta Cav? Come ci si dovrà lavorare? Ne abbiamo parlato con Maurizio Mazzoleni, che del team turchese, è invece il preparatore.
Maurizio, come hai trovato Cavendish? Quali sono state le prime impressioni?
Prima di tutto ho trovato un grande uomo, l’atleta già lo si conosceva. E se Mark in carriera ha raggiunto certi risultati è perché ha costruito tanto sotto ogni punto di vista e tutto ciò si percepisce in squadra. Lo emana sul bus quando, per esempio, parla di come ci si avvicina ad una volata. Anche a San Benedetto del Tronto ha dato dei consigli importantissimi al nostro velocista più giovane, Syritsa. Quando parla traspare una cosa, una cosa che dico sempre ai giovani.
Di che si tratta?
Della passione per questo sport. Il ciclismo è uno sport di fatica e senza il filo conduttore della passione nell’arco di tutta una carriera difficilmente si può raggiungere il tipo di risultati che ha raccolto Mark. Quello della passione pertanto è il primo aspetto che mi ha colpito di lui. Poi chiaramente vogliamo ottenere dei risultati sportivi.
E tu preparatore come ti stai organizzando per coglierli?
C’è un percorso che stiamo intraprendendo. Diciamo che siamo partiti con “i lavori in corso”, visto che Mark è entrato nel team a fine dicembre, ma abbiamo ben in mente come fare il nostro avvicinamento al periodo clou, che potrà essere anche il Giro d’Italia e non solo il Tour de France. Tornare a vincere e nelle grandi corse a tappe è il primo obiettivo e poi c’è chiaramente quello particolare del record di tappe al Tour de France.
Cavendish è pro’ da oltre 15 anni, ha un bagaglio enorme di esperienza, ma un preparatore che come te si ritrova in questa situazione come fa? Va a riprendere tutta la sua “cartella clinica” del passato, tutto ciò che faceva? Perché immaginiamo che con un atleta di quasi 38 anni non si possa partire ex novo…
Siamo molto attenti nel cercare di capire come questo atleta, già di alto livello, lavorava in passato. L’allenatore deve fare un passo indietro. E’ lui che deve capire come l’atleta ha lavorato e come ha ottenuto quei successi. In tal senso c’è stata molta condivisone di queste informazioni. Abbiamo parlato parecchio. Ma soprattutto abbiamo cercato di condividere il programma d’allenamento con l’atleta stesso. Si valuta tutto e si prosegue su una strada condivisa, andando ad apportare quello che secondo noi può dargli dei benefici a questo punto della sua carriera.
Anche l’allenatore dunque “impara” qualcosa?
Sicuro! L’allenatore dovrebbe sempre avere questa tipologia di approccio con un atleta. C’è sempre da imparare. Bisognerebbe applicare le nuove metodologie con i metodi di lavoro che sono stati affinati nel corso degli ultimi anni.
Andiamo più sul tecnico: state lavorando anche sull’intensità?
In questo momento no, anche perché Mark è in una fase particolare. Siamo nel bel mezzo di molte corse: Oman, UAE, Tirreno Adriatico, Milano-Torino e poi Sanremo, le classiche del Belgio. In tutto ciò le dinamiche di lavoro devono combaciare con le corse e con le fasi di recupero… che tanti sottovalutano, ma sono un pilastro dell’allenamento.
Nella tappa dei muri, sul penultimo passaggio abbiamo visto Cavendish veramente a tutta: a bocca aperta e in punta di sella. Aveva tenuto molto più di altri velocisti che invece si erano già staccati. Chiaramente era anche un “allenamento”, tanto più che il giorno dopo a San Benedetto c’era un arrivo adatto a lui…
Abbiamo cercato di gestire al meglio la parte di salita. Sono dinamiche che i velocisti più esperti come lui sanno interpretare: a volte per finire la tappa nel tempo massimo, altre per calibrare lo sforzo in vista di obiettivi futuri.
Siamo in piena fase di gare, ma da quando è con te ed è casa, ha cambiato per esempio il numero degli sprint da fare? Magari prima ne faceva 10 a settimana, ora ne fa di più? Di meno?
Non si tratta di numero di volate, ma di intensità di lavori che possono essere variati continuamente in base alla situazione che si vuole andare a ricercare. Non c’è un numero fisso di sprint. Tante volte si pensa a tabelle pre-impostate o pre-organizzate, ma il futuro – e il presente direi – delle tabelle di allenamento del ciclismo moderno sono la modulazione in base alla quotidianità.
Un ultima domanda sul peso: in apparenza non sembra tiratissimo. E’ così o è una sensazione?
E’ una sensazione. In base ai parametri che abbiamo, Mark è in linea con il suo peso. E poi il peso del velocista non va considerato in base alla percentuale di massa grassa come per lo scalatore, che se non raggiunge quelle determinate percentuali è meno prestativo. Semmai si valuta la sua forza. Ma ripeto, conoscendo lo storico della dell’atleta, non ci sono particolari problemi dal punto di vista del peso.