Nizzolo e la ricerca di quell’1 per cento per tornare a vincere

16.06.2025
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Per Giacomo Nizzolo questa stagione vuole essere quella della rinascita perché un corridore abituato a vincere i grandi sprint vuole tornare a gettarsi nella mischia con la testa curva sul manubrio e le gambe che spingono rapporti lunghissimi. Da fine gennaio a oggi il velocista della Q36.5 Cycling Team ha messo insieme lo stesso numero di gare della passata stagione. Il 2024 non è stato un anno semplice, tanti problemi e poca continuità hanno allontanato Nizzolo dalla sua forma migliore. Per tornare il cammino è lungo, ma anche a trentasei anni non manca la voglia di rimboccarsi le maniche e alzare la testa verso questa montagna da scalare.

Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij
Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij

Rispolverare lo sprint

In montagna ci andrà davvero a luglio, a Livigno. Un ritiro con il team nel quale capirà quali saranno i suoi piani nella seconda metà di stagione. Intanto Nizzolo punta ai campionati italiani di Gorizia. 

«Prima ancora – racconta mentre è a casa – sarò al Copenhagen Sprint il 22 giugno, poi andrò all’italiano. Il ritiro con la squadra darà qualche certezza sui prossimi impegni, ma non credo di fare la Vuelta. Visto il percorso non penso sia una buona idea, non credo vedremo grandi velocisti in Spagna. 

«Dopo la pausa di metà aprile – prosegue – sono rientrato nella mischia al Giro di Ungheria e alla Boucles de la Mayenne. Sono tornato di nuovo nella mischia, manca il guizzo e la velocità di gambe per provare a vincere. Però mi ritengo contento, arrivo bene alle volate e le approccio nel modo corretto. Mi serve lavorare per avere quella brillantezza negli ultimi metri, alla fine è quella che fa la differenza tra la vittoria e un buon piazzamento».

Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Come si colma questo gap?

Lavorando bene in altura e andando alle gare. Non è semplice perché non esistono più appuntamenti di secondo piano, soprattutto quest’anno. Siamo alla fine del triennio e le squadra cercano punti. In Ungheria, che è una corsa di categoria 2.Pro, c’erano Molano, Bauhaus, Welsford e Groenewegen.

Che effetto ti ha fatto tornare a lottare contro questi velocisti?

Sento di essere tornato in gioco, se dovessi usare una metafora calcistica direi che anche io tocco palla e non rimango a guardare. Manca un 1 per cento. Non è facile trovarlo, ma voglio provarci. E’ un discorso di fibre veloci che vanno richiamate anche in allenamento. All’inizio dell’anno il team e io ci siamo concentrati sul recuperare il fondo in vista delle Classiche. 

Dopo lo stacco di aprile Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Gabriele Missaglia, diesse della Q36.5, aveva fatto il tuo nome tra quelli possibili per il Giro, quanto era concreta la possibilità di vederti lì?

In realtà non era in programma. Il mio desiderio era quello di tornare competitivo su qualsiasi palcoscenico. E’ stato giusto portare Moschetti al Giro, da inizio anno ha dimostrato una grande crescita ed era davanti a me nelle gerarchie. Siamo due velocisti in squadra ed è giusto dividerci e avere ognuno il suo spazio. 

Riuscite a condividere gli spazi…

Abbiamo due percorsi diversi in termini di carriera. Moschetti è nei suoi anni migliori ed è giusto che voglia ambire a correre certe gare, come il Giro. Io sto cercando di tornare competitivo e non mi interessa la gara, ma voglio andare dove si può fare bene.

Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Avete anche corso insieme, che idea ti sei fatto di lui?

Ci eravamo sfiorati anche alla Trek nel 2018, lui era uno stagista e non abbiamo mai corso insieme. In questi ultimi due anni alla Q36.5 ci siamo incrociati di più anche alle corse. C’è un bel dialogo, lui è uno che ascolta, ma ha le sue idee. Nell’impostare lo sprint ci muoviamo in maniera diversa, ma sono dettagli. In una delle poche occasioni in cui abbiamo corso insieme lui ha vinto e io sono arrivato terzo, vedere Moschetti vincere ed essere lì con lui è stato bello, se lo merita. 

Ora prepari il finale di stagione con quali ambizioni?

Di scalare la classifica e dare un colpo decisivo. L’obiettivo è rimanere competitivo, chiaro che una vittoria mi renderebbe molto felice e potrebbe dare ulteriori conferme e un significato diverso al mio percorso di recupero.

Per Q36.5 un test d’eccezione sulle strade del Giro

10.06.2025
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Il team svizzero, ma dalla forte matrice italiana, Q36.5 Pro Cycling ha fatto il suo esordio nelle grandi corse a tappe all’ultimo Giro d’Italia. Una prima volta che sicuramente sarà difficile da dimenticare sia per gli atleti che per lo staff e tutto il personale coinvolto. I corridori della squadra professional corrono indossando i prodotti firmati dall’azienda che dà il nome al team: Q36.5. Una realtà tutta italiana nata a Bolzano e che in poco tempo ha saputo farsi conoscere e apprezzare. Proprio nei giorni della Corsa Rosa i reparti commerciali e marketing di Q36.5 sono andati alla partenza di San Michele all’Adige a respirare l’aria del Giro. 

Sulle strade della Corsa Rosa i ragazzi guidati da Gabriele Missaglia si sono battuti alla ricerca di un risultato importante in questa che è stata per alcuni una prima esperienza importante. Il faro del team è stato sicuramente Thomas Pidcock, il britannico ha colto diversi piazzamenti e un sedicesimo posto nella classifica finale. E proprio nella tappa conclusiva di Roma è arrivato anche lo squillo azzurro di Matteo Moschetti con il terzo posto alle spalle di Kooij e Groves. 

La Q36.5 Pro Cycling quest’anno ha esordito al Giro d’Italia
La Q36.5 Pro Cycling quest’anno ha esordito al Giro d’Italia

Un test di alto livello

Il Giro d’Italia ha portato con sé tanti significati e diverse prime volte per l’universo Q36.5. Non c’è da dimenticare che per la prima volta i prodotti firmati dall’azienda guidata da Luigi Bergamo sono stati messi alla prova su un palcoscenico così importante. 

Gli atleti hanno pedalato durante tutte e tre le settimane con il kit del team che include: pantaloncini Dottore Pro, maglia Gregarius, gilet Gregarius Hybrid e scarpe Unique Pro, oltre a tanti accessori. Ogni dettaglio è stato portato al limite tra salite impegnative, discese tecniche e volate al cardiopalma. 

«Dopo due anni di intensi feedback e sviluppo con il nostro team – ha dichiarato Luigi Bergamo, CEO di Q36.5 – il kit 2025 rappresenta il sistema di abbigliamento da gara e da allenamento più avanzato e completo mai realizzato: dalla scelta tra diversi pantaloncini pensati per stili di pedalata e percorsi differenti, ai miglioramenti aerodinamici dei body e di tutti gli accessori, fino a delle innovative scarpe da gara».

Thomas Pidcock è stato il protagonista del team professional svizzero
Thomas Pidcock è stato il protagonista del team professional svizzero

Il kit dei pro’

Alla base del completo da gara che ogni atleta ha a disposizione ci sono: pantaloncini, maglietta e giacca antivento. 

I pantaloncini Dottore Pro sono realizzati con quattro tessuti proprietari che portano al massimo il supporto muscolare. Il fondello Q LAB Air progettato da Q36.5 ottimizza la gestione dell’umidità lasciando all’atleta una sensazione di comfort anche dopo tante ore. 

La maglia Gregarius svolge un importante ruolo nella gestione del calore e nella dissipazione dell’umidità. Una caratteristica garantita dai pannelli ultra traspiranti posizionati nella parte anteriore e al tessuto con struttura a nido d’ape che si trova sulla schiena. In questo modo anche le giornate e i momenti più intensi non creano problemi alle prestazioni dell’atleta. 

Moschetti nella volata di Roma ha conquistato un ottimo terzo posto con ai piedi le nuove Unique Pro
Moschetti nella volata di Roma ha conquistato un ottimo terzo posto con ai piedi le nuove Unique Pro

La grande novità

Hanno fatto il loro esordio ai piedi di Matteo Moschetti le nuove scarpe firmate da Q36.5: le Unique Pro. Realizzate per offrire un controllo senza pari e una gestione della potenza nei momenti in cui si è chiamati a dare tutto. Queste scarpe uniscono tecnologie di produzione all’avanguardia e una struttura stabile e dal comfort elevato. 

Il velocista milanese si è messo alla prova spingendosi al massimo delle sue qualità e nella tappa conclusiva del Giro è arrivato un ottimo terzo posto sulle strade della Capitale. 

Q36.5

Moschetti a Roma, un terzo posto che sa di ritorno

06.06.2025
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Terzo sul traguardo di Roma. Davanti a lui Kooij e Groves, dietro Pedersen. Il Giro d’Italia di Matteo Moschetti si è concluso con un sorriso amaro, perché quando arrivi sul podio vuol dire che avresti potuto anche vincere. Eppure dentro quel piazzamento ci sono così tante sfumature, che se ne può anche essere contenti. Pochi giorni prima, il corridore della Q36.5 aveva il morale quasi nero. Ecco perché abbiamo parlato di sorriso amaro. Ed ecco perché ne parliamo proprio con il milanese, che da lunedì ha cercato di recuperare quanto più possibile, prima di buttarsi nelle prossime corse.

«Onestamente fino a Roma – dice – non avevo avuto grandissime sensazioni. E’ stato un Giro con tre occasioni per le volate e fino a quel momento non ero riuscito a esprimermi come volevo. Sentivo che potevo dare di più, volevo riscattare un Giro che non era stato così buono. Ci tenevo tanto, ma francamente speravo in una vittoria che dopo tre settimane ci sarebbe stata davvero bene».

A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo
A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo

Un arrivo inedito

La volata di Roma si presentava meglio di quella di Cesano Maderno, dove le salite della prima parte avevano lanciato Nico Denz, lasciando alle sue spalle il gruppo frantumato e non certo schierato per lo sprint. La differenza rispetto alle edizioni precedenti, è che nell’ultima tappa non si sarebbe sprintato sul solito arrivo dei Fori Imperiali, ma sullo strappo sopra al Circo Massimo. Duecento metri al 5 per cento: roba per gambe forti, soprattutto alla fine del viaggio.

«Avevamo studiato bene il percorso – prosegue Moschetti – e anche se il Gran Premio Liberazione non passa su quel rettilineo, la salita che facevamo dopo la conoscevo già, quindi sapevo a cosa potesse somigliare il percorso. Poi non ci sono riuscito, perché ha vinto il più forte che è stato pilotato alla perfezione. Sarebbe stato importante, l’ultima tappa vale di più, ma la squadra era contenta. Chiudere il nostro primo Grande Giro con una nota positiva è stato una bella soddisfazione».

Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori
Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori

La volata finale

La prima grande corsa a tappe per il Q36.5 Pro Cycling Team si era aperta con la grandissima attesa di Tom Pidcock, terzo nel giorno di Matera e 16° nella classifica finale, che tuttavia non è mai stato all’altezza delle attese e tantomeno della sua reputazione.

«Non so che valutazioni farà la squadra – dice Moschetti – ma di sicuro avevamo aspettative alte. Volevamo fare bene, anche per onorare la corsa. Per quanto mi riguarda, qualche occasione in più per fare volate potevano anche prevederla, ma le dinamiche di gara sono state imprevedibili e si andava così forte che era impossibile tenere la corsa sotto controllo. E’ positivo che l’ultima tappa abbia previsto la volata, è gratificante per i velocisti che finiscono il Giro e diventa il motivo migliore per arrivare in fondo. Chiaro che essendo stati invitati, nessuno di noi si sarebbe sognato di andare a casa prima per fare meno salite, ma sono cose che succedono».

Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera
Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera

Dubbio tricolore

Il futuro più immediato parla di una corsa in Belgio a metà giugno, poi il nuovo evento Copenhagen Sprint di WorldTour e a seguire i campionati italiani da San Vito al Tagliamento a Gorizia. Sul percorso ci sono ancora pochi dettagli. Si dice che sia stato disegnato a misura di Jonathan Milan, ma lo stesso Moschetti è perplesso sul fatto che la zona di Gorizia possa avere strade così pianeggianti.

Sorridendo dice che adesso tornerà a dormire, perché tre settimane di Giro ti restano addosso a lungo, ma che certo gli piacerebbe mettere a frutto la condizione che ti lasciano nelle gambe. Il resto dipenderà dalle valutazioni della squadra, a partire dalla partecipazione alla Vuelta. Anche se in Spagna le occasioni per i velocisti saranno ancora di meno.

Inizia la rumba dei velocisti. Malucelli punta su Kooij e… Moschetti

11.05.2025
4 min
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Se oggi l’altimetria rischia di essere per loro proibitiva, dalla tappa di martedì a Lecce dovrebbe finalmente aprirsi lo show dei velocisti in questo Giro d’Italia. Su carta, le frazioni dedicate alle ruote veloci sono sette, ma almeno tre di queste gli sprinter dovranno sudarsele fino all’ultimo metro. E una di queste potrebbe essere quella di oggi a Valona.

Del parterre dei velocisti abbiamo parlato con chi di volate se ne intende: Matteo Malucelli, atleta della XDS-Astana che alla corsa rosa non c’è, ma che ha fatto le carte ai colleghi presenti. L’occhio di chi è nel gruppo riesce sempre a dare qualcosa in più.

Matteo Malucelli (classe 1993) ha analizzato per noi il parterre dei velocisti al Giro
Matteo Malucelli (classe 1993) ha analizzato per noi il parterre dei velocisti al Giro
Matteo, iniziamo dall’analisi degli sprinter in gara. Il livello com’è?

E’ vero che, lo dico sinceramente, il livello non è mega galattico. Manca gente come Jasper Philipsen e Jonathan Milan. Secondo me però vedremo degli sprint molto interessanti proprio perché mancano i tre corridori che hanno dominato tutte le volate finora: Philipsen, Merlier e Milan.

Quindi chi vedi come favorito?

Secondo me Olav Kooij è quello che ha un livello un filino più alto degli altri: lo sprinter più “puro” (immagine di apertura in uno sprint contro Bennett, anche lui presente al Giro, ndr). Olav è il più veloce per me. Se Kooij avrà spazio, anche in base a quel che farà Van Aert, sarà un osso duro. Dietro di lui ci sono altri bei velocisti che si giocheranno le tappe. Direi che ci sono 5-6 corridori sullo stesso livello. E poi chiaramente c’è Mads Pedersen che è fortissimo, ma non è uno sprinter puro. E’ qualcosa di più di un velocista (e lo ha dimostrato nella tappa di apertura, ndr).

Chiaro…

E’ cambiata. Il velocista puro come una volta non c’è più o comunque si sta modificando. Però gli uomini davvero veloci ci sono ancora, e quindi sicuramente ci saranno delle belle volate. Kooij, sulla carta, è quello che ha velocità di punta maggiore più veloce. Però…

Però?

Però anche io, in Turchia, pensavo di essere il più veloce e su tre volate ne ho vinta una. Quindi magari il più veloce non lo ero davvero. E’ anche vero che corridori più quotati come Kristoff non ne hanno vinta nemmeno una. Le volate sono sempre un po’ un terno al lotto.

Pedersen non è un velocista puro, ma a Tirana ha dimostrato notevole potenza
Pedersen non è un velocista puro, ma a Tirana ha dimostrato notevole potenza
In ogni caso, mancano pezzi grossi come Philipsen, Merlier, Milan. Non è poco…

E anche Groenewegen. Ma il livello resta buono. E poi bisogna considerare il percorso: in alcune tappe potrà vincere un velocista che ha qualcosa in più. Secondo me Groves e Pedersen sono i corridori che possono passare meglio le salite. E questo darà loro la possibilità di giocarsi più arrivi. E di arrivarci con gambe migliori.

Il percorso lo hai guardato?

Non facendolo non l’ho studiato bene, ma ho visto che di volate piatte ce ne sono poche. Gli arrivi degli sprint arrivano quasi tutti dopo tappe mosse, quindi sarà fondamentale anche la tenuta sugli strappi.

Riassumendo, chi sono gli sprinter più pericolosi?

Come detto, il più puro è Kooij. Poi ci sono Pedersen, Groves, il mio compagno di squadra Kanter, Sam Bennett, Van Aert, Lonardi e Moschetti. Ecco, Matteo secondo me una tappa la vince.

Cosa ti porta a dire questo su Moschetti?

Perché è partito bene ed è forte. E’ sempre stato forte. Lo conosco, ha trovato la squadra giusta e le motivazioni giuste. Quando un velocista comincia a vincere prende fiducia. E’ questione di equilibrio. Una tappa al Giro se la merita e sarei contento per lui se dovesse riuscirci.

Matteo Moschetti ha già vinto 4 corse quest’anno: per Malucelli ha ottime possibilità di conquistare una tappa in questo Giro
Matteo Moschetti ha già vinto 4 corse quest’anno: per Malucelli ha ottime possibilità di conquistare una tappa in questo Giro
E di Lonardi invece cosa ci dici? E’ uscito dalla Turchia con la maglia verde…

E’ quello il suo problema, tiene troppo in salita! Gliel’ho detto: «Ma perché vai così forte in salita? Magari potresti essere più veloce se risparmiassi un po’». E lui mi ha risposto che lo sa, che deve cercare di essere più potente per i finali. In generale però Lonardi va forte e la maglia verde di miglior sprinter lo dimostra. E’ costante. Ma la coperta è corta: se migliori in salita, perdi qualcosa in volata. Bisogna trovare la giusta combinazione. Questo vale per lui come per tanti altri.

Questo equilibrio è davvero delicato nel ciclismo moderno…

E’ così. Bisogna fare delle scelte e la squadra deve esserne consapevole. Il calendario deve essere programmato in funzione delle tue caratteristiche. La squadra te lo deve cucire addosso anche con gli altri compagni. Se vai al Giro d’Italia non puoi essere un velocista da Tour of Langkawi, per capirci. Perché il Giro non lo finisci, fai fatica.

C’è qualche altro nome da tenere d’occhio?

Beh, c’è Luca Mozzato, anche se quest’anno si è visto poco. C’è Milan Fretin che è stata una bella sorpresa. E poi bisogna capire Casper Van Uden. Però, sinceramente, in Turchia non è che abbia brillato.

Il Giro e i pensieri di Missaglia: Pidcock, Moschetti e non solo

26.04.2025
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La Q36.5 Cycling Team si sta avvicinando alla sua prima grande corsa a tappe, il Giro d’Italia. Il 9 maggio prossimo dall’Albania la squadra, che sarà guidata in ammiraglia da Gabriele Missaglia, si godrà il frutto della wild card arrivata nelle scorse settimane. La decisione da parte dell’UCI di accettare la richiesta degli organizzatori e portare a quattro i team invitati ha reso possibile tutto ciò. In questo modo la formazione professional svizzera, che da quest’anno vede nelle sua fila Tom Pidcock, ha iniziato il conto alla rovescia e i preparativi per la Corsa Rosa

«Speravamo nell’invito – ci spiega proprio Gabriele Missaglia – lo abbiamo metabolizzato bene e di colpo prenderemo parte a due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta. Prepararlo in corso d’opera non è semplice, sia a livello logistico che di preparazione atletica. Alcuni dei ragazzi impegnati nelle Classiche delle Ardenne erano già in altura, tra questi proprio Pidcock. Tuttavia il focus era incentrato su queste corse».

La Q36.5 Pro Cycling ha ottenuto la wild card per il Giro, la sua prima grande corsa a tappe di tre settimane
La Q36.5 Pro Cycling ha ottenuto la wild card per il Giro, la sua prima grande corsa a tappe di tre settimane

Il punto dopo Liegi

Per sapere quali saranno le ambizioni della Q36.5 Pro Cycling al Giro ci sarà da aspettare ancora, per il momento Missaglia si sta godendo le prestazioni di Pidcock e degli altri ragazzi impegnati nelle altre corse. 

«Lavoriamo da dicembre – continua il diesse lombardo – ma senza la conferma di prendere parte al Giro era difficile concentrarsi su qualcosa di concreto. Lo stesso Pidcock ci sperava ma ancora non sapevamo niente. Ci siamo concentrati sulle prime corse del calendario, arrivando in ottima condizione. L’impegno non è stato da poco, così dopo il blocco di gare italiane, terminato con la Milano-Sanremo, si è tirato il fiato in vista delle Ardenne».

La punta della formazione svizzera sarà sicuramente Pidcock, rientrato alle corse per le Ardenne dopo un periodo di altura
La punta della formazione svizzera sarà sicuramente Pidcock, rientrato alle corse per le Ardenne dopo un periodo di altura
Anche tu tornerai al Giro dopo qualche anno…

Vero. L’ultima volta è stato nel 2021 con la Qhubeka, in quell’occasione avevamo vinto tre tappe con Nizzolo, Campenaerts e Schmid. Vedremo di eguagliare questo numero (dice con una risata, ndr). Ma a parte gli scherzi, una wild card del genere va solo onorata. 

Nizzolo lo hai ritrovato alla Q36.5, potrebbe essere uno dei nomi papabili?

Ce ne sono tanti, il roster è ancora ampio proprio per il motivo che ho detto prima: stiamo programmando il tutto. Sicuramente Nizzolo è migliorato e sta recuperando bene dopo l’infortunio. Ha fatto una bellissima Roubaix e sono contento di come si sta comportando. 

Il recupero di Nizzolo fa ben sperare, il velocista milanese ha vinto una sola tappa al Giro con Missaglia n ammiraglia
Il recupero di Nizzolo fa ben sperare, il velocista milanese ha vinto una sola tappa al Giro con Missaglia n ammiraglia
Pidcock è la star, ma c’è un altro atleta che sta raccogliendo ottimi risultati: Moschetti.

E’ un altro dei papabili e quest’anno ha fatto uno step in più a livello di performance e attitudine in gara. Anche lui nel 2024 ha subito un brutto infortunio, a luglio. Era messo male ma questa sua reazione mi rende felice e orgoglioso. 

Difficile tenere fuori un velocista in questa condizione, no?

E’ pronto ed eventualmente sarà pronto (dice con un sorriso, ndr). In questa stagione lo sto vedendo più velocista, non dico che è aggressivo ma frena di meno. Il velocista di solito è uno spericolato che entra in spazi a volte inimmaginabili. Diciamo che Moschetti è uno sprinter buono ma che ha acquistato tanta consapevolezza nei propri mezzi. 

Moschetti, a sinistra, e Parisini. I due hanno corso spesso insieme con il secondo a servizio del primo
Moschetti, a sinistra, e Parisini. I due hanno corso spesso insieme con il secondo a servizio del primo
Per lanciare un velocista serve il treno giusto, ci avete pensato?

Abbiamo tante soluzioni in squadra e se dovesse arrivare la conferma per Moschetti potremmo vedere chi lo ha guidato dall’inizio della stagione: Parisini, Frison… Non dobbiamo dimenticarci però che il nostro leader è Pidcock e sarà importante trovare il giusto equilibrio. 

Chi c’era in altura insieme a Pidcock?

Mi spiace ma non vi dico i nomi, ho già detto troppo (ride ancora, ndr). 

Al Giro d’Abruzzo David de la Cruz ha lottato per la vittoria finale, anche lui è parso in ottima forma
Al Giro d’Abruzzo David de la Cruz ha lottato per la vittoria finale, anche lui è parso in ottima forma
Tu sei pronto?

Sono tranquillo. So che c’è da lavorare tanto per preparare il tutto e al momento non sto pensando a come sarà per me il ritorno al Giro. Quando sono in gara entro nel mood che avevo da corridore, quello mi accompagna sempre. 

Allora buon lavoro e ci vediamo sulle strade della Corsa Rosa.

Grazie! E buon lavoro a voi. 

Moschetti e Nizzolo, storia di una foto e un’esultanza

15.03.2025
5 min
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Una foto. Lo scatto di un attimo, un’istantanea nel mare di molte esistenze, che però ha il magico potere di raccontare una storia. Grand Prix Criquielion, a Lessines, una delle tante piccole classiche di primavera. La volata premia Matteo Moschetti, per la prima volta vincitore sulle strade belghe. Terzo arriva Giacomo Nizzolo, suo compagno di squadra, anche lui punta della Q36.5 per gli arrivi in volata. E quel gesto spontaneo che i due replicano inconsapevolmente dopo l’arrivo racconta non solo il presente, ma anche il passato di due corridori le cui strade professionali si erano già incrociate in passato, ma in maniera molto diversa.

Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team
Moschetti e Nizzolo sul podio belga, una gioia condivisa fra loro e con tutto il team

Il primo incontro da stagista

Bisogna andare indietro di qualche anno. Era il 2017, Moschetti si stava affacciando nel ciclismo che conta, lo chiamarono per uno stage alla Trek-Segafredo come stagista, mentre Nizzolo era, anche allora, il velocista di punta: «Mi è spiaciuto, allora, non poter condividere qualche gara con lui, anche l’anno successivo quando mi richiamarono. Non avemmo modo di correre insieme, per me che ero ancora agli esordi era un riferimento. E’ uno che ha vinto tantissimo, il suo palmarés parla da solo. Poi siamo arrivati qui per strade diverse».

Nizzolo però quel ragazzo, milanese come lui, lo aveva notato: «Un’estate ci trovammo in ritiro insieme e anche le origini contribuirono ad avvicinarci. Si vedeva il suo interesse, la sua determinazione anche se Matteo non è uomo di tante parole. Poi io andai alla Vuelta e le nostre strade si divisero, non ci ritrovammo più insieme fino allo scorso anno, quando approdai alla Q36.5».

Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18
Giacomo Nizzolo aveva già incrociato Moschetti ai tempi della Trek Segafredo, nel 2017-18

Uniti dalla sofferenza e il sacrificio

Oggi il diverso peso specifico di allora non c’è più, siamo in presenza di due corridori pienamente fatti: «Lui però è nel pieno della maturità, io ho ormai un po’ d’anni sulle spalle» afferma Nizzolo con Moschetti che rilancia: «Quel che ci unisce è che entrambi abbiamo avuto una carriera travagliata dagli infortuni. Ognuno di noi sa che cosa significa soffrire in bicicletta, affrontare la lunga risalita dopo una caduta. A febbraio abbiamo fatto un ritiro insieme, anche con Parisini e ci siamo confrontati sulle nostre storie trovando molti punti in comune. Non c’è rivalità, anche se siamo due velocisti diversi».

Fatte le debite proporzioni, potremmo rivedere quel che sta avvenendo all’Alpecin, con Groves al servizio di Philipsen? «Perché no – risponde Nizzolo – poi dipende molto da come si mettono le corse, dalle opportunità che si vanno costruendo avvicinandosi al traguardo. Ognuno di noi è disponibile, per far ottenere il massimo alla squadra».

Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso
Moschetti e Parisini. Il milanese è già alla sua seconda vittoria stagionale e mostra uno spirito diverso

Sprint diversi, puntando al massimo

«Quella belga è stata una volata strana – racconta Moschetti – avevamo una sola svolta, verso destra, negli ultimi 3 chilometri, una discesa su strada larga e rettilinea, poi gli ultimi 800 metri al 3-4 per cento di pendenza. Ho visto che Giacomo aveva perso posizioni per una caduta davanti a lui, ma un rallentamento ha permesso di recuperare anche se lo ha costretto a lanciare lo sprint da lontano. Io nel frattempo avevo trovato un varco sulla destra e ho potuto rimontare. Ognuno ha fatto il suo sprint, alla fine siamo stati entrambi bravi dando un bel bilancio al team».

Per Moschetti questa è la seconda vittoria stagionale. Che cosa è cambiato rispetto al 2024 quando tra tanti piazzamenti, il successo era rimasto sconosciuto? «Non è cambiato molto, neanche con l’avvicendamento del preparatore. Mattia Michelusi è andato alla Cofidis ma siamo rimasti in ottimi rapporti. Al suo posto è arrivato Theo Ouvrard che per ora non ha cambiato quasi nulla nella mia tabella, affidandosi ai lavori che sono solito fare già da qualche anno a questa parte».

Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman
Per Nizzolo finalmente un buon inizio stagionale, testimoniato anche dalla piazza d’onore dietro Kooij in Oman

Un podio in Belgio non si butta mai…

«Io credo che molto dipenda dall’atmosfera che si respira in squadra – sentenzia Nizzolo – è chiaro che lì davanti, come obiettivo c’è l’ingresso nel WorldTour, ma non ci poniamo l’assillo. Lavoriamo bene tutti insieme, anche la vittoria di Matteo sabato è stata frutto dell’impegno di tutti. Per ora andiamo avanti gara per gara, a giugno faremo il punto della situazione. Io da parte mia sono abbastanza soddisfatto di questo inizio stagione, in Oman ho colto una piazza d’onore dietro Kooij e un’altra Top 10, poi un podio in Belgio non si butta mai, perché il livello è sempre alto e un risultato simile non è mai banale. Tornando al dopo gara, mi è venuto naturale esultare per la vittoria di Matteo, per fortuna l’ho fatto dopo il traguardo…».

Parisini, la prima in Croazia mettendo nel sacco Mohoric

01.10.2023
6 min
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«La prima cosa che ho fatto dopo l’arrivo – dice Parisini raccontando la sua vittoria alla CRO Race – è stata guardarmi intorno. E poi mi sono chiesto: non è che c’è da fare un altro giro? Proprio non mi rendevo conto. Poi quando ho visto la moto che si è fermata a riprendermi ho detto: ho vinto davvero. Ed è stato bellissimo».

Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai
Dopo l’arrivo è rimasto incredulo sul marciapede. La prima vittoria non si scorda mai

Freddezza da cecchino

Tutto sommato il corridore di Voghera ha impiegato anche poco per prendere le misure al professionismo, che ha scoperto quest’anno con la maglia della Q36,5. Avevamo ancora nelle orecchie le parole di Moschetti sul suo conto, quando dalla Croazia è arrivata la notizia della sua vittoria sul traguardo di Opatija, a capo di una tappa magari breve, ma dura da morire, con due giri di un circuito parecchio duro nel finale. Alle spalle di Parisini sono finiti Andresen e Mohoric, a significare che il livello fosse davvero alto.

«Il tipo di tappe che mi piacciono – risponde compiaciuto e contento – infatti c’erano da fare questi due giri con uno strappo di 600 metri al 14 per cento e io ho scollinato terzo. Negli ultimi 10 chilometri non sono mai uscito dalle prime cinque posizioni, perché sapevo che il circuito era nervoso e dovevo restare davanti. La cosa che mi piace è che l’ho vinta come se avessi già vinto altre gare tra professionisti.

«Ho fatto passare Mohoric, perché sapevo che era rischioso essere secondo a 500 metri dall’arrivo. Mi ha aiutato essere passato la prima volta sotto il traguardo e aver visto che c’era vento in faccia. Perciò, quando ho visto Mohoric che mi passava, ho subito tirato i freni e l’ho fatto passare. Sapevo che uscendo terzo ai 250 metri dall’arrivo sarei stato perfetto. E oggi (ieri, ndr) in gara Matej è venuto a parlarmi. Mi ha detto bravo, mi ha fatto i complimenti. Che poi riceverli da lui, che ha vinto la Sanremo in quel modo…».

Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Al Tour of Britain i primi lampi d condizione. Parisini è pro’ da quest’anno, è alto 1,83, pesa 65 chili
Un certo tipo di lucidità ce l’hai oppure no…

Credo anche io. Penso sia una roba che devi avere addosso, che non tutti hanno. Adesso non voglio dire che sono un vincente, però quando nell’ultimo chilometro arriva il momento di avere la freddezza giusta che ti fa vincere, riesco a non farmi prendere dall’euforia. A molti invece capita di emozionarsi e di partire troppo presto. Invece ho aspettato il momento giusto e sono felice più che per la vittoria, per come è stata costruita.

C’è chi ha aspettato anni per vincere, tu ci sei riuscito al primo.

La cosa più bella è che vado al riposo con una vittoria e tanto morale. E neanche si può dire che il fine stagione sia il mio periodo. Di solito ci arrivo sempre stanco, però quest’anno ne parlavo proprio con Moschetti. Siccome a luglio, dopo il ritiro in altura in cui mi ero preparato benissimo, ho fatto una settimana con la febbre a 39 e ho perso praticamente tutto, mi sono detto che quest’anno avrei tenuto duro fino all’ultima gara, che sarà la Parigi-Tours di settimana prossima. Voglio vedere se riesco arrivare nel finale di stagione e riuscire a fare qualcosa di buono. E così è successo.

Che rapporto c’è fra te e Moschetti? Lui parla di te un gran bene, dice che lo aiuti nelle volate. Si è creato un bel rapporto?

Diciamo che è dal ritiro di Calpe a gennaio che siamo in stanza insieme. Per me è proprio un punto di riferimento, è una persona d’oro, mi dà un sacco di consigli. E io lo ammiro molto per la sua dedizione e per la persona che è anche al di fuori della bici. Quest’anno mi stanno facendo provare nel ruolo di leadout per lui. L’ultima volata che gli ho tirato (al Gp Isbergues, con vittoria di Moschetti, ndr), è venuta proprio bene e sono contento che lui sia riuscito a finalizzarla al meglio.

Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Dall’inizio dell’anno Parisini ha legato molto con Moschetti, facendo spesso il suo ultimo uomo
Aiuti e fai la tua corsa: il giusto compromesso?

Mi stanno dando esattamente questa opportunità. E’ una giusta via di mezzo che mi sta aiutando molto a crescere. Se dovessi sempre lavorare per qualcuno, magari perderei il feeling con il provare a essere davanti nel finale. 

Quest’anno hai fatto dei bei piazzamenti nelle prime classiche del Belgio, poi però al Fiandre e all’Amstel ti sei ritirato. Come mai?

Sono andato forte al Gp Criquielion e al Monseré (11° e 14°, ndr). A quel punto la squadra ha visto che mi so muovere bene in Belgio e mi hanno proposto di fare il Fiandre, l’Amstel e tutte le altre classiche. Il problema è stato che alla Nokere Koerse eravanmo rimasti in 11 e agli 800 metri ero davanti, quando all’ultima curva sono caduto insieme a Hackermann e Thijssen, quello della Wanty. Mi sono fatto parecchio male, infatti il giorno dopo ho provato a ripartire, ma mi sono fermato. In più tre giorni prima del Fiandre mi ha preso un virus intestinale e così sono partito, perché ormai ero in Belgio. Ho fatto la ricognizione dei muri, però poi mi sono fermato.

E ti sei ritirato anche allo ZLM Tour, come mai?

Sono caduto nella prima tappa e l’ho finita. Poi sono andato al pronto soccorso perché non stavo bene e non mi hanno fatto partire il giorno dopo per il protocollo sulla commozione cerebrale. Si cade, ma non dipende da me. Soprattutto nelle corse in Belgio, nessuno tira i freni. Ragazzi, davvero non frena più nessuno e quindi nei finali in cui ti stai giocando una corsa, è una lotteria.

Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Parisini aveva corso il Tour of Britain anche lo scorso anno, quando correva con la Qhubeka U23
Nel frattempo hai capito che tipo di corridore potresti diventare?

Sicuramente sono molto esplosivo, il Belgio mi piace. Mi piacciono i percorsi nervosi che non ti danno recupero, in cui si arriva stanchi nel finale. Non posso competere nelle volate di gruppo, quelle dopo corse piatte, però quando si arriva stanchi nel finale dopo qualche salita, mi difendo. Riesco a rimanere davanti con 30-40 corridori. Mi piacciono le corse con dislivello.

Come avete festeggiato la sera dopo la vittoria?

Un bel brindisi con lo spumante, ci voleva. Mi è toccato anche fare il discorso. Li ho ringraziati tutti, perché non ci fanno mancare nulla. Credo che la Q36.5 sia una squadra all’altezza di entrare nel WorldTour. Ho detto grazie soprattutto perché mi hanno dato la fiducia nel provare a fare la mia corsa e poterli ricambiare così, è stato un bel segnale. Non è facile quando ti danno in mano la squadra, soprattutto al primo anno. Chiudo la stagione con una vittoria e sono convinto di fare un inverno migliore rispetto all’anno passato, quando ho finito rompendomi la clavicola (ride, fa giustamente gli scongiuri, ndr).

Battuto Pedersen, a Isbergues si rivede un grande Moschetti

18.09.2023
5 min
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A Fourmies si era rivisto ai vertici Matteo Moschetti, terzo nella classica francese vinta da Merlier. Non una gara qualsiasi, considerando la storia della corsa che un tempo era anche nella Coppa del Mondo e ora è categorizzata 1.Pro, direttamente al di sotto di quelle WorldTour. Una settimana dopo, ieri, è arrivato il successo pieno, sempre in Francia, nel GP d’Isbergues, ma quella vittoria è figlia di quanto avvenuto prima.

«Sono davvero felice di aver ottenuto questa vittoria – ha detto a caldo – abbiamo fatto una grande gara come squadra, con Tom (Devriendt, ndr) in testa, mentre il resto di noi ha potuto rimanere coperto nel gruppo. Molte squadre hanno sprecato energie nell’inseguimento, noi invece eravamo semplicemente seduti lì ad aspettare. Abbiamo raggiunto Tom molto vicino al traguardo e i ragazzi sono stati davvero bravi a mettere me e Parisini in una buona posizione, a due chilometri dall’arrivo».

A Isbergues, Moschetti ha battuto Pedersen e Demare: verdetto al fotofinish
A Isbergues, Moschetti ha battuto Pedersen e Demare: verdetto al fotofinish
La vittoria era nell’aria? Nella volata di Fourmies si era visto qualche lampo di un grande Moschetti…

Ho sofferto tanto in quella domenica, non lo nascondo. Avevo un caldo terribile, neanche il ghiaccio mi dava sollievo. All’inizio ho sentito subito che non avevo buonissime sensazioni, così quando mancavano una quarantina di chilometri ho detto ai compagni di non contare su di me. Poi pian piano ho sentito che riprendevo vigore e ho trovato qualche buon treno per risalire. Ai meno 1,5 chilometri ho trovato un varco per posizionarmi davanti e a quel punto ho fatto la volata, cogliendo un podio del tutto inaspettato.

Come sei arrivato alla vittoria di ieri?

E’ un periodo che sto abbastanza bene, la condizione c’è, ma anni di esperienza mi hanno insegnato che spesso la forma non basta, se non c’è anche la giusta reazione psicologica per ottenere qualcosa. Domenica a Fourmies quel terzo posto è venuto tutto dalla testa… I frutti si sono visti proprio ieri, quando la squadra ha lavorato nella maniera giusta. Una volta arrivati nel finale, Parisini è stato strepitoso nel portami ai 200 metri all’altezza di Démare e Pedersen, poi è stata battaglia, vinta al fotofinish.

La volata di Fourmies con Merlier 1° e Moschetti sul podio, pronto a graffiare (foto Getty Images)
La volata di Fourmies con Merlier 1° e Moschetti sul podio, pronto a graffiare (foto Getty Images)
Ryder Douglas a inizio anno parlava molto di te come di uno di quelli chiamato a portare più punti alla causa del team e il tuo l’hai fatto, con ben 13 Top 10 nella stagione, ma di vittorie solo una, alla Clasica de Almeria a febbraio…

Capisco il punto di vista di Ryder che deve giustamente guardare agli interessi del team, per lui contano i punti, ma io guardo ai risultati, alle vittorie. E’ stata finora una stagione nella quale sono stato costante nel rendimento, ma finora non ero mai stato al 100 per cento, quello stato per cui qualche piazzamento si può trasformare in una vittoria. Mi era sempre mancato il colpo finale, d’altronde per vincere serve che tutto vada nella maniera giusta come è successo a Isbergues.

Questo era il tuo primo anno nella Q36.5, un team che ha radici profonde e grandi ambizioni.

Quando un team nasce quasi dal nulla serve tempo, oltretutto è una squadra che è stata costruita pressoché dal nulla e in pochissimo tempo. Trovare il giusto feeling fra tutte le sue componenti non è facile. Il nostro è ancora un work in progress, spero che da qui a fine stagione ci sia ancora modo e occasione per fare ancora meglio e magari cogliere altri successi. Io comunque non pensavo che dopo meno di una stagione si arrivasse già a questo punto, c’è di che essere soddisfatti perché il livello delle prestazioni è già molto alto e sono convinto che il prossimo anno tutti potremo fare molto meglio con un anno di esperienze e di amalgama in più.

Moschetti con Puppio e Parisini: il gruppo si sta creando, il 2024 potrebbe vedere una crescita generale
Moschetti con Puppio: il gruppo si sta creando, il 2024 potrebbe vedere una crescita generale
Come funziona il tuo treno in volata?

Non ho un treno definito, dipende molto da chi è chiamato a correre con me. Nel tempo ho acquisito però una certa affinità con Nicolò Parisini: è un giovane forse poco conosciuto, ma ha tanto potenziale. Come caratteristiche per me sarebbe stato ideale lavorare con Devriendt, ma quest’anno ha potuto correre pochissimo.

Parisini è forte in salita, ma anche veloce: gli stai insegnando il mestiere di sprinter?

Abbiamo caratteristiche molto diverse. Nicolò è un corridore molto giovane, un millennial, rispetto a me è meno veloce ma più resistente, può emergere in quelle corse piuttosto aspre, con dislivelli. Io credo che si può ritagliare i suoi spazi, soprattutto in quelle volate a ranghi ridotti dove emerge chi ha conservato più energie.

L’unico successo del lombardo nel 2023 fino a Isbergues era stata la Clasica de Almeria a febbraio
L’unico successo del lombardo nel 2023 fino a Isbergues era stata la Clasica de Almeria a febbraio
Come vedi la prossima stagione?

Come detto siamo già a un grande livello di competitività, ma so che l’asticella si alzerà. Spero che saremo invitati a un grande Giro, quello rappresenterebbe un ulteriore salto di qualità, ma già ora il nostro calendario è davvero qualificato, visto che ad esempio saremo al Lombardia. Le occasioni per emergere ci sono e ci saranno, è chiaro che gli inviti dobbiamo anche saperceli guadagnare…

La necessità di vincere mette pressione?

Le responsabilità fanno parte del nostro lavoro. Di pressione me ne metto già abbastanza io perché voglio sempre il meglio possibile. Ci tengo a far bene, so che il team ha tante aspettative, ma sono io il primo ad averle e per questo sono più affamato che mai.

Obiettivo 10 vittorie. Per Missaglia la Q36.5 è lanciata

24.02.2023
6 min
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C’è grande entusiasmo in casa Q36.5, la nuova squadra professional nata sulle ceneri della Qhubeka. La vittoria di Matteo Moschetti è stata un’iniezione di fiducia per il team, impegnato in una missione, quella di riannodare il filo che si era interrotto improvvisamente nel 2021. Douglas Ryder, il mentore del progetto come lo era della squadra sudafricana, ha sempre tenuto un profilo molto attento nelle sue parole, sin dall’inizio, ma ora che il manager si è un po’ fatto da parte, emerge dal gruppo grande entusiasmo e concentrazione.

Normalmente Gabriele Missaglia, uno dei diesse del team, è abbastanza restio a prestarsi a taccuini e microfoni, ma questa volta lascia trasparire senza alcun freno tutta la voglia di fare che anima lui e ogni altro componente della Q36.5.

«Mi riviene in mente – dice – quando tutto è partito, c’è una data specifica: il 21 luglio dello scorso anno quando Douglas, io e pochissimi altri reduci da quella bellissima quanto sfortunata avventura ci siamo decisi a rimetterci all’opera. Siamo partiti da zero, ma a novembre avevamo già completato tutto l’organigramma».

La volata vincente di Moschetti alla Clasica de Almeria, primo centro per la Q36.5
La volata vincente di Moschetti alla Clasica de Almeria, primo centro per la Q36.5
E’ stato un lavoro difficile?

Penso come nessun altro nella mia esperienza vissuta a vario titolo nel ciclismo. Abbiamo rifatto tutto di sana pianta e ancora l’opera non è completata, diciamo che siamo un work in progress con obiettivi molto in là nel tempo, ma intanto i mattoni per la casa sono stati messi tutti e abbiamo tempo per sistemarla e arredarla come si deve. Intanto abbiamo già vinto e questo è importante, abbiamo messo fieno in cascina.

Un problema che Ryder sottolineava alla vigilia era la costruzione del calendario…

Le cose sono andate anche oltre le nostre più rosee previsioni. Essendo una squadra nuova non sapevamo chi ci avrebbe invitato, abbiamo mandato richieste un po’ ovunque e ci sono arrivate indietro tantissime proposte, quante non ne avremmo mai sperate. Parteciperemo a tutte le gare del calendario italiano ma anche a tutte le classiche del Nord comprese le monumento. Francia, Belgio, Spagna, ma anche molto più lontano.

Calzoni ha iniziato bene: 11° alla Jaen Paraiso e sempre nella top 10 al Giro del Rwanda
Calzoni ha iniziato bene: 11° alla Jaen Paraiso e sempre nella top 10 al Giro del Rwanda
Un calendario da squadra WorldTour…

Esatto e questo legittima la nostra scelta di avere un roster molto largo con 24 corridori, come solo le squadre retrocesse dal massimo circuito o associate ad esso hanno. D’altronde era fondamentale per la Q36.5 avere un calendario d’altissimo profilo, anche per dare risposte agli sponsor di grande livello che ci hanno dato fiducia. Noi siamo al chilometro zero di un cammino che ha un obiettivo condiviso con tutti coloro che hanno investito in quest’idea: tornare nel WorldTour, dov’era la Qhubeka.

Siete presenti anche al Giro del Rwanda.

Per noi quella partecipazione era quasi doverosa viste le nostre radici e il nostro passato. Non nascondo che, quando è arrivato l’invito, fra noi diesse ci siamo contesi la presenza, alla fine è toccato ad Alexandre Sans Vega e va bene così, sarà per il prossimo anno. Ce la siamo cavata abbastanza bene nelle prime tappe, anche se non è una corsa semplice, ad esempio la nostra punta Hagen è caduto ed è stato costretto al ritiro. Ma in una gara d’inizio stagione ci sta.

Missaglia ha seguito Ryder Douglas nel percorso dal Team Qhubeka alla Q36.5
Missaglia ha seguito Ryder Douglas nel percorso dal Team Qhubeka alla Q36.5
Ora che la macchina è lanciata, è stato difficile costruirla, nel senso di portare i corridori nel team?

Molto, perché quando parti da zero che cosa puoi offrire a manager e corridori? Possiamo dire che chi ha creduto nel nostro progetto ora è sempre più invogliato a lavorare, allenarsi, correre e lo verifico ogni giorno, mentre chi ha rifiutato si mangia le mani, e ci sono i casi…

La squadra ha uno zoccolo duro italiano…

La metà dei tesserati. Avevamo deciso sin dall’inizio che serviva una base di una stessa nazione, pur considerando che fra 24 corridori ci sono ben 13 Paesi rappresentati. E’ l’Italia e questo mi fa piacere, ma poteva essere qualsiasi altro Paese. Noi abbiamo scelto corridori giovani, che devono farsi le ossa ma anche gente d’esperienza. Corridori che facessero gruppo. La nostra è come una famiglia, nella quale tutti lavorano per uno stesso scopo. Chi ne fa parte ha capito che è qualcosa di diverso da ogni altro team, innanzitutto nello spirito.

Parisini, proveniente dal team Devo della Qhubeka, già protagonista nella nazionale U23 (foto Q36.5)
Parisini, proveniente dal team Devo della Qhubeka, già protagonista nella nazionale U23 (foto Q36.5)
Un team che però non ha vere e proprie punte.

Ne siamo coscienti, non abbiamo il vero corridore da WorldTour, ma non era possibile prenderne, erano tutti sotto contratto. Se facciamo tutto per bene, credo che il prossimo anno verranno a bussare alla porta della Q36.5.

Che cosa ha rappresentato il successo di Moschetti?

E’ stato diverso da qualsiasi altro che ho seguito, aveva un sapore particolare. Su Matteo confidiamo molto, io lo vedo diverso dal passato, più volitivo, lavora con molta più passione. Dà morale a se stesso ma anche a noi. Brambilla invece lo abbiamo voluto fortemente perché sappiamo che cosa ci può dare in gara ma anche fuori. Purtroppo quest’inverno è stato operato di appendicite e ha perso tre settimane di allenamento, è indietro nella preparazione ma contiamo che in queste gare d’inizio anno riprenda il terreno perduto.

Per Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes Maritimes
Per Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes Maritimes
Degli altri italiani cosa ci sai dire?

Su Conca credo molto, anche per lui la trasferta in Rwanda non è stata fortunatissima ma mi aspetto una sua crescita. Parisini viene dal nostro team Devo, ha acquisito esperienza anche in nazionale, deve solo progredire, come anche Puppio: ricordo che aveva fatto uno stage alla Qhubeka, lo portai alla Bernocchi e lui per tutta risposta fece 6° nell’edizione dominata da Evenepoel. Calzoni è un mio pallino, l’ho voluto fortemente nel team e devo dire che ha iniziato subito forte, anche oltre le mie aspettative. Lo stesso dicasi per Fedeli, che la Saudi Tour ha iniziato davvero in maniera promettente. Poi tra gli italiani possiamo considerare anche Badilatti, ticinese del confine, che in Ruanda sta facendo bene.

Ryder ha detto che l’obiettivo per questo primo anno sono le 10 vittorie: sarà più facile ottenerne nella prima o seconda parte di stagione?

La doppia cifra è il target che ci siamo tutti posti in questo 2022. La prima parte di stagione sarà obiettivamente più dura, con le classiche e le tante sfide che ci attendono, ma io sono molto ottimista. I conti li faremo a fine anno, tireremo una riga e vedremo com’è andata, pensando anche ai punti Uci. Le vittorie in questo caso non sono tutto, l’obiettivo vero è fra tre anni…