Domenica, Ostenda, ore 15: Mathieu Van Der Poel dovrà svestire quella maglia arcobaleno che ha portato per un anno, rimetterla in palio contro il suo grande rivale, Wout Van Aert, nell’ennesimo capitolo di una sfida destinata a perpetuarsi da questa sabbia fino alla strada.
A Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha cedutoA Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha ceduto
Un solo giorno
Con l’avvicinarsi dell’evento, Mathieu ha esternato davanti alle telecamere del team il suo stato d’animo alla vigilia del grande evento. Le interviste in tempo di pandemia avvengono per lo più nel freddo contatto televisivo, ma guardandolo in faccia, vedendo il suo viso tra l’annoiato e il corrucciato, è facile cogliere una certa tensione, data non solo dall’avvicinarsi della sfida, ma anche dagli esiti delle ultime gare, esiti contraddittori, che gli hanno tolto quelle certezze che solo sabato sera allignavano nella sua mente.
«Io ho sempre detto durante la stagione che la gara che conta è una e una sola, i mondiali – mette subito in chiaro l’olandese dell’Alpecin-Fenix – le altre non erano così importanti, perché non avevo qualcosa di particolare da difendere o da dimostrare. Quel che conta è solo quel che avverrà domenica».
Van der Poel è andato sul percorso, soprattutto nel tratto sulla sabbia, con suo fratello DavidVan der Poel è andato sul percorso con suo fratello David
Spiaggia decisiva
VdP non fa mai il nome del suo rivale, quasi fosse un fantasma da esorcizzare, anzi fa pretattica evitando di identificare la gara iridata come una sfida a due.
«Si parte alla pari, tutti – dice – ognuno si è preparato in maniera diversa e arriva all’appuntamento per la sua strada, poi si vedrà. Ogni gara, ma anche ogni percorso è diverso, non si può fare una comparazione. Domenica la differenza si farà prima sulla spiaggia. Il tratto dal mare alla diga e dalla diga al ponte sembra molto difficile. Sarà difficile scavare tracce su quella sabbia. Spingeremo forte o avanzeremo a piedi».
Primo impatto
Il campione uscente attendeva con ansia il suo arrivo a Ostenda per verificare di persona il tracciato di gara.
«Il percorso avevo già potuto vederlo in occasione dei campionati belgi (vinti da Van Aert, ndr) – dice – ma non lo potevo giudicare solo in base a questo, non lo faccio mai. Sono abituato ad affrontarlo, a studiarlo di persona in allenamento per valutare con attenzione ogni singolo passaggio. Non mi fa paura né mi sento particolarmente fiducioso, dovevo vederlo da solo. D’altronde anche rispetto alla gara nazionale è passato tempo e quello che avevo visto va verificato, gli stessi organizzatori lo hanno modificato e reso più duro».
Più di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenzaPiù di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenza
Guanto raccolto
Proclami di vittoria? No, non fanno parte del suo carattere.
«Penso di avere buone possibilità – si mantiene cauto il campione arancione – le ultime uscite sono state davvero buone, tali da farmi entrare nell’ultima parte della preparazione con il feeling giusto. Mi sono preparato meglio che posso, spero di vivere una bella giornata come quella dello scorso anno e so che è ampiamente possibile. Ci è stato presentato un percorso in cui entrambi possiamo fare le nostre cose. Io sarò in vantaggio nell’ippodromo, mentre il ponte e la spiaggia saranno migliori per Wout».
Chissà se Van Aert, ieri sera, aveva letto (o si era fatto tradurre…) il pezzo di bici.PRO su Hamme e soprattutto le parole di Bramati: «Hanno preso le misure, domani sarà una cosa diversa, Van Aert cambierà strategia e proverà a stargli attaccato…». Fatto sta che, nella tappa finale di Coppa del Mondo a Overijse, il belga è partito a bomba, davanti a tutti, e Van der Poel non ha potuto far altro che metterglisi alle costole. Dopo un giro la gara era già disegnata, con i due all’attacco e gli altri a remare nel fango, un fango insidioso con mille punti traditori, che alla fine hanno scritto l’evoluzione della corsa. Nessuno è stato esente da cadute, ma quelle occorse a VdP sono state forse meno dolorose, ma più costose rispetto al rivale.
Questa volta Van Aert ha cambiato strategia e fatto da subito il passoQuesta volta Van Aert ha cambiato strategia di partenza
Caduta e foratura
La prima nel secondo giro, uno scivolone che ha permesso a Van Aert di prendere una quindicina di metri. L’olandese ha dovuto spingere per ricucire, sfruttando soprattutto i passaggi a piedi dove le sue lunghe leve permettevano di guadagnare sul leader della classifica. Appena riagganciato, un piccolo errore di guida di Van Aert sembrava permettere a VdP di andare via, ma nel finale del secondo giro la situazione cambiava improvvisamente. Il campione dell’Alpecin Fenix forava la gomma posteriore e Van Aert poteva finalmente liberarsi della sua scomoda compagnia. VdP, prima di poter cambiare la bici, era quasi raggiunto da Pidcock e Vanthourenthout, che poi vedevano la sua schiena allontanarsi irrimediabilmente sul pedalabile.
Per Van der Poel qualche scivolata e una foratura di troppo: una strategia per lui inattesaPer Van der Poel qualche scivolata e una foratura di troppo
Seconda caduta
Van Der Poel transitava al terzo giro a 10” dal rivale, che però metteva in atto una quarta tornata eccezionale (forse il dato più incoraggiante per le ambizioni iridate del belga), raddoppiando il vantaggio in una tornata sostanzialmente priva di eventi esterni come forature o cadute. Gara finita? Neanche per sogno: Van der Poel iniziava una lenta ma inesorabile rimonta, che nel corso del settimo degli 8 giri previsti lo portava a soli 6” dal rivale, ormai nel mirino. Una rimonta che però era costata grandi energie soprattutto mentali. Prima una pedalata a vuoto, poi un vero scivolone all’uscita di una curva mettevano fine alla contesa e l’olandese pensava solo a finire la gara, a 1’03” dal rivale che così poteva festeggiare la conquista del trofeo di cristallo. Terzo un brillante Thomas Pidcock (neanche lui esente da cadute) a 2’07” davanti a Vanthourenhout a 2’24” e Aerts a 2’49”.
Coniglio e cacciatore
Dalle prime parole di Van Aert si comprende chiaramente quanto valore essa abbia. «E’ stato particolarmente piacevole – ha detto – per una volta essere il coniglio invece che il cacciatore… E’ stata una gara decisa da episodi, so che per il mondiale resta lui il favorito, ma ho avuto segnali che mi fanno sperare per il meglio». Nel complesso buona la prova di Jakob Dorigoni e Gioele Bertolini, riusciti a entrare in zona punti pur venendo doppiati, ma il fatto che, pur essendo 24° e 25° rispettivamente, sono stati quinto e sesto fra gli “extra Belgio e Olanda” la dice lunga della situazione generale…
Wout Van Aert vince, conquista la Coppa e fa il pieno di fiducia per i mondialiWout Van Aert vince, conquista la Coppa e fa il pieno di fiducia per i mondiali
Alvarado al top
Anche la prova femminile ha aggiunto incertezza al prossimo rendez-vous iridato, con la seconda vittoria in 24 ore per Ceylin Del Carmen Alvarado, per certi versi ancora più netta rispetto a ieri, con Lucinda Brand, già sicura della conquista del trofeo, seconda a 24” ma soprattutto mai in gradi di impensierire la rivale. Lo scontro di Ostenda si preannuncia incerto, ma le olandesi che puntano dichiaratamente a monopolizzare il podio dovranno marcare stretta l’americana Horsinger, oggi quarta a 34” dietro la brillante Manon Bakker, al secondo “bronzo” in due giorni. Tra le 6 azzurre in gara discreta prova per Eva Lechner, 13ª a 1’41” con una gara molto regolare dopo una partenza non brillante.
Passano le settimane, cambiano le challenge, ma l’esito è sempre quello: primo Mathieu Van der Poel e secondo Wout Van Aert. Ad Hamme (Bel), nella prova dell’X2O Badkamers Trofée, l’olandese ha vinto per soli 5” sul belga, ma il distacco non dice la realtà della corsa.
Avvallamento traditore, anche Van der Poel ne fa le spese al primo giroAvvallamento traditore, anche Van der Poel ne fa le spese al primo giro
Solita tattica
Il campione dell’Alpecin-Fenix ha svolto il suo compito al solito modo. Un primo giro guardingo (oltretutto contraddistinto da una caduta in un avvallamento che nelle tornate successive farà altre vittime come lo stesso Van Aert e Pidcock), per poi cambiare marcia nel secondo e fare il vuoto. Van Aert, che pure veniva da due settimane ricche di soddisfazioni a cominciare dal titolo belga, ha atteso troppo, partendo all’inseguimento di VDP quando ormai il ritardo era superiore ai 10”.
L’olandese non ha guadagnato più, i due sono rimasti sempre a contatto visivo grazie anche al particolare percorso belga ricco di tornanti, ma la struttura della gara non è cambiata. E VDP ha potuto amministrare con calma la vittoria, mandando un messaggio chiaro sia per la prova finale di Coppa del mondo di domani, sia soprattutto per i mondiali di fine mese.
Anche Van Aert cade e insegue da vicno, senza mai rientrareAnche Van Aert cade e insegue da vicno, senza mai rientrare
Partenza soft
Un’evoluzione di gara che abbiamo già visto più volte: nel primo giro l’olandese rimane sempre davanti pur in controllo, Van Aert ha sempre qualche avversario da superare e quando il rivale parte, non è mai pronto a rispondere subito, perdendo metri preziosissimi. Considerando questo aspetto tecnico, abbiamo voluto sentire il parere di uno che mangia pane e ciclocross: Luca Bramati.
Poi l’olandese però prende il largo, pur senza guadagnare moltoPoi l’olandese però prende il largo, pur senza guadagnare molto
«Bisogna tenere conto che questa gara viene prima della tappa di Coppa – spiega – alla quale tengono tutti di più, quindi nessuno si è dannato l’anima. Credo che Van Aert abbia pensato più a valutare il rivale in vista degli appuntamenti che verranno. Probabilmente il belga non riesce a partire abbastanza forte, sicuramente Mathieu ha un po’ di brillantezza in più nelle prime fasi, ma altrettanto sicuramente Van Aert è consapevole di questo aspetto e ci starà pensando per la gara iridata, l’unica che davvero conta. Credo che a Ostenda sarà una battaglia dal primo metro, lì cambieranno le strategie e molto probabilmente Van Aert proverà a rimanergli attaccato per rispondere subito quando VDP cambierà marcia».
Gara dura anche fra le donne, su e giù dall’argineGara dura anche fra le donne, su e giù dall’argine
Altro passo
La gara di Hamme, a una settimana dall’evento iridato, ha confermato anche alcuni assunti. Innanzitutto i due hanno un passo superiore rispetto a tutti gli altri e quando accelerano, nessuno riesce a stargli dietro. Neanche Pidcock, oggi quarto a 1’04”, superato all’inizio dell’ultimo giro dal belga Laurens Sweeck grazie a una caduta.
Va detto che il percorso odierno, quasi tutto fangoso e molto scivoloso, ha messo in chiara difficoltà i pesi piuma come il britannico e il campione europeo Iserbyt, partito bene, poi andato annaspando a causa anche di numerosi errori di traiettoria che lo hanno penalizzato. Vanthourenhout era stato molto promettente, tanto da lanciare al secondo giro quell’attacco che ha dato spunto a Van der Poel per fare la differenza, ma poi il suo incedere elegante, forse il più classico fra i ciclocrossisti di primo piano, si è lentamente spento fino a farlo sparire dalle prime piazze.
Stessa trappola anche per Lucinda Brand: giù a peso mortoStessa trappola anche per Lucinda Brand: giù a peso morto
Lechner cresce
Anche la gara femminile ha ho po’ rimischiato le gerarchie finora viste, probabilmente perché qualcuna comincia a nascondersi in vista dei mondiali, in primis l’olandese Lucinda Brand, uscita dal podio dopo una serie quasi infinita. La migliore questa volta è stata la campionessa iridata in carica Ceylin Del Carmen Alvarado, che ha rifilato alle avversarie distacchi importanti, a cominciare dalle connazionali Denise Betsema a 19” e Manon Bakker a 25”, tornata ai vertici dopo un ottimo inizio stagione e poi un lungo periodo di eclissi.
Trionfo per Alvarado Ceylin del CarmenTrionfo per Alvarado Ceylin del Carmen
Le olandesi continuano a dominare, ma la belga Sanne Cant e la francese Marion Norbert Riberolle sono apparse non lontane dal loro livello.
Lo stesso si può dire di Eva Lechner, oggi 11ª a 1’22”: «Non sono partita benissimo, ma poi ho pensato a procedere sul ritmo, tenendo le prime sempre abbastanza a tiro e questo particolare mi fa ben sperare, considerando che vengo da due settimane di forte carico in allenamento. La brillantezza devo averla a Ostenda, queste sono tappe di passaggio». Un altro motivo di interesse da aggiungere in ottica mondiale.
Si avvicinano i campionati del mondo di ciclocross, che si terranno a Ostenda in Belgio il 30 e 31 gennaio, e dopo aver visto la bicicletta di Wout Van Aert, continuiamo a scoprire che materiali utilizzano i due fenomeni della disciplina. Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert hanno molti materiali diversi, ma c’è un componente uguale ed è la scarpa. I due utilizzano le Shimano S-Phyre XC9. Per saperne qualcosa di più abbiamo parlato con Marco Cittadini, PR & Communication Officer di Shimano Italia.
Stesso modello
Non capita spesso che due atleti del calibro di Van der Poel e Van Aert utilizzino le stesse scarpe, soprattutto perché stiamo parlando di un componente che va molto in base alle caratteristiche fisiche e ai gusti dell’atleta. «Van der Poel e Van Aert usano entrambi le scarpe S-Phyre XC9 – inizia così Marco Cittadini – solo che Van der Poel sfoggia una colorazione custom, bianca con i colori dell’iride, che non c’è sul mercato. Per quanto riguarda Van Aert utilizza lo stesso modello nella colorazione standard – e poi precisa – ultimamente lo vedo spesso con quelle di colore argento».
Van der Poel con le Shimano XC9 questa volta in colore blu con l’irideMathieu Van der Poel con le Shimano XC9, in questa gara in colorazione blu con l’iride
Tutto standard Shimano
Un aspetto che abbiamo visto in alcuni casi è che l’azienda produttrice in presenza di grandi campioni tende a realizzare il prodotto “su misura”. Abbiamo chiesto a Cittadini se Shimano abbia apportato qualche modifica particolare alle scarpe dei due campioni. «Per politica aziendale gli atleti usano solo prodotti standard, sia per quanto riguarda i materiali che le taglie. Si tratta di modelli che possono essere regolarmente acquistati da chiunque in negozio».
Wout Van Aert con le sue Shimano XC9 in colorazione argentoWout Van Aert con le sue Shimano XC9 in colorazione argento
La qualità si misura così
Siccome siamo molto curiosi e abbiamo visto in un altro articolo, che altri atleti, come Jakob Dorigoni, usano una scarpa standard ma con una soletta interna personalizzata, abbiamo chiesto se almeno la soletta fosse stata personalizzata.
«Loro usano quello che qualsiasi amatore può comprare. So che siamo una rarità sotto questo aspetto, ma questo dato la dice lunga sulla qualità del nostro prodotto standard – e poi Marco Cittadini ci scherza su – siamo mica giapponesi per niente». E in effetti la qualità dei prodotti Shimano non è mai stata messa in discussione da nessuno.
Le Shimano S-Phyre XC9 nella colorazione argentoLe Shimano S-Phyre XC9 nella colorazione argento
A tutta potenza
Entrando più specificamente negli aspetti tecnici delle S-Phyre XC9, diciamo che sono scarpe sviluppate da Shimano per essere utilizzate sia in mountain bike nel cross country e sia nel ciclocross.
L’obiettivo che ha sempre contraddistinto le calzature Shimano è la massima ricerca della trasmissione della potenza ai pedali e la protezione dei piedi anche in condizioni estreme come fango e acqua. Le XC9 hanno un sistema di chiusura con il doppio sistema Boa IP1 per le micro regolazioni. La tomaia da gara è realizzata per dare una sensazione di calzata simile a un guanto. L’intersuola è in fibra di carbonio accoppiata ad una suola Michelin con un disegno antiscivolo per favorire la trazione e ottimizzare il trasferimento di potenza. L’altezza delle XC9 è ridotta e la presenza del tallone esterno aiuta a stabilizzare nel modo corretto il piede. In questo modo si evitano possibili traumi alla muscolatura.
La suola delle S-Phyre XC9La suola delle S-Phyre XC9
La soletta ad alta densità ammortizzante concorre a migliorare la stabilità. Inoltre, i cuscinetti per arco plantare adattabili aiutano a trovare la regolazione della scarpa in base alle proprie sensazioni. Evidentemente questi aspetti permettono di non ricorrere a delle solette particolari. Le Shimano S-Phyre XC9 sono disponibili in versione standard o a pianta larga e hanno un peso di 265 grammi in taglia 42.
Peter Sagan ha passato la Tirreno stringendo i denti. Andrà alla Sanremo. E' ammirato da Van der Poel. E andrà al Catalunya per essere in forma al Nord
Superprestige a Zolder e vittoria di Van der Poel. Caduta per Iserbyt. Se confermata la frattura del gomito, la stagione del campione europeo è conclusa
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Metti una sera sul divano, in tivù non c’è niente di interessante e allora sfogli bici.PRO nel cellulare, riguardando le foto di Van Aert e Van der Poel nelle gara di cross già pubblicate. Fai avanti e indietro e mentalmente cominci ad annotare le differenze. E siccome ti hanno insegnato a farlo, scatta l’idea di tirarne fuori un pezzo. Già, ma sono le dieci, è decisamente tardi: chi vuoi che ti dia retta a quest’ora? Però un messaggio si può mandare e probabilmente Michele Bartoli è il più adatto, visto che del posizionamento ha fatto un’arte e nel cross si è ributtato con un entusiasmo speciale. Non è facile sopportare certi giornalisti, viene da sorridere mentre le foto sono in viaggio, ma per fortuna con Michele ci si vuol bene, avendo cominciato praticamente insieme. Infatti lui risponde dopo circa un’ora. Appuntamento fissato: ne parliamo domattina. A volte gli articoli nascono così…
Wout Van Aert, in fase di spinta posizione raccolta, come su stradaWout Van Aert, posizione raccolta, come su stradaMathieu Van der Poel, leggermente più lungo rispetto al rivalePer Van der Poel, una posizione più allungata
Il ginocchio in curva
Il mattino ha per lui l’incombenza di tenere acceso il termocamino, che scalda l’accogliente villa a Montecarlo di Lucca, dove prima del Covid ci si trovava spesso, prima per commentare le sue vittorie e poi con gli anni per analizzare quelle degli altri. Il discorso prende subito il largo.
«Sembra che Van der Poel – dice Bartoli – abbia qualcosa di più in termini di sicurezza. Vedete in discesa come porta il corpo indietro? Questo gli permette di fare le curve più veloci, impedendo che la ruota posteriore scivoli. E proprio in curva ha il ginocchio fuori dalla bici, si vede che è lui a gestire la traiettoria (foto in apertura). Van Aert invece sembra che cerchi di non scivolare e un po’ subisce la situazione».
Wout Van Aert scende di bici e supera l’ostacolo a piediVan Aert preferisce saltare l’ostacolo a piediSullo stesso ostacolo, Mathieu Van der Poel resta in biciVan der Poel preferisce saltarlo stando in sella
Come su strada
La foto che li ritrae laterali in pianura fa prima annotare che entrambi usano la doppia corona anteriore, mentre Michele osserva che i ragazzini della sua Academy usano quasi tutti il monocorona.
«Ma questi due qua – dice Bartoli, riferendosi ai due giganti della Jumbo-Visma e della Alpecin-Fenix – spingono forte, fanno delle velocità importanti. Il monocorona in questo ti limita. Comunque Van der Poel sulla bici è più lungo, che però è un discorso soggettivo. Si potrebbe pensare che più sei corto e più sei reattivo, ma lui evidentemente si trova bene così. Ho fatto un confronto fra la loro posizione su strada e questa del cross, e devo dire che per entrambi cambia poco. Questo spiega anche perché possano passare da una bici all’altra senza clamorose fasi di adattamento, grazie anche a gare che sono molto meno spezzettate da ostacoli rispetto a una volta. Oggi il cross di alto livello è molto più pedalato, per cui anche loro, una volta che hanno fatto qualche richiamo di tecnica, possono allenarsi benissimo su strada».
Wout Van Aert in discesa sembra piuttosto rigido, di certo moto concentratoVan Aert in discesa sembra un po’ rigidoPer Van der Poel, peso più indietro e maggior controlloVan der Poe, con il peso indietro si guida meglio
Percorsi pedalabili
Qui il discorso un po’ si allarga e pesca nella sua esperienza personale di ieri e in quella dei suoi ragazzi al presente.
«A livello tecnico e di ambiente – dice Bartoli – il circuito del ciclocross è un po’ come quello della MotoGp, il solito gruppo di atleti che si sposta sui percorsi in giro per l’Europa. E così ad alto livello i criteri con cui vengono disegnate le gare sono abbastanza omogenei. Prima si puntava su scalinate, ostacoli, un’infinità di tratti a piedi. Oggi soprattutto a livello internazionale ci si è spostati verso uno sport più vicino alla strada. Del resto, se si vogliono avvicinare i ragazzi alla multidisciplina, pur non cambiando faccia al cross, ci sta che lo rendi più pedalabile. In Italia invece si traccia un po’ all’antica, con i rettilinei non oltre i 50 metri e tante curve secche. Lo stesso discorso potrebbe valere per la mountain bike. Perché continuano a fare percorsi artificiali con sassi riportati? Se anche in quel settore si riuscisse a ridurre le cause di pericolo, Van der Poel non sarebbe più il solo a essere così trasversale. Uno come Sagan e tanti corridori che vanno in cerca di nuovi stimoli, penserebbero davvero di farci un salto».
Nei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrio e la bici non si muoveNei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrioVan der Poel, la bici in spalla e la mano sul manubrioVan der Poel, una mano sul manubrio
Diversi sull’ostacolo
A proposito di ostacoli, desta curiosità che nello stesso punto e nello stesso giro, Van der Poel salti mentre Van Aert è sceso di bici e scavalca la tavola correndo a piedi.
«Dipende se l’ostacolo viene dopo una curva – dice Bartoli – per cui devi rilanciare l’andatura da fermo, oppure se ci arrivi lanciato. Se lo salti in bici, sicuramente il consumo energetico è minore. Mentre se viene subito dopo una curva, fai meno fatica a scendere e farlo a piedi. Come un’altra differenza, che però è molto soggettiva, è il modo in cui portano la bici in spalla. Van Aert la abbraccia, Van der Poel si limita a sostenerla. Entrambi tengono ferma la ruota anteriore. Sembra una banalità, ma dovreste vedere cosa succede nelle gare dei bambini, che non ci pensano e corrono con la ruota davanti che gli sbatte sulle gambe e spesso li fa cadere…».
Dal cross al Fiandre
Il tempo di annotare che fra i ragazzini dei campi di gara questi due campioni sono il vero riferimento e ogni cosa o scelta tecnica che li riguarda diventa fonte di emulazione, poi il toscano ci lascia con l’ultima suggestione.
«Speriamo che questo Covid davvero finisca – conclude Bartoli – perché la prossima cosa che vogliamo fare è costruire un percorso permanente di cross, a Montecarlo o Montecatini, dove una volta a settimana alleneremo i ragazzi. Questa attività mi ha preso molto, sto seguendo le trasferte più vicine. Quello che mi permetteva di primeggiare al Nord l’ho preso dal cross. Lo scatto in piedi sul Grammont viene dal cross. Non sono cose che alleni da adulto, ma se le impari da bambino, non le perdi più. La multidisciplina non è soltanto uno slogan politico».
Tre giorni dopo, Alaphilippe riflette sulla doppietta. Parla della maledizione iridata. E dice che dal dolore e la gioia vengono le motivazioni per vincere
Nel giorno in cui il suo capitano Van der Poel vinceva a Hulst in Coppa del mondo, Kristian Sbaragli portava a casa un allenamento quasi asciuttoin Toscana, che di questi tempi è un lusso non da poco. Il 2020 è andato in un modo un po’ strano. La squadra avrebbe avuto la possibilità di partecipare al Tour de France, dove Van der Poel sarebbe stato figura assai gradita. Tuttavia, avendo in programma le gare olimpiche, l’olandese aveva valutato di non andarci e questo la Alpecin-Fenix aveva comunicato ai francesi. Quando poi l’annata ha ricevuto l’assestamento definitivo, non c’era più il tempo di cambiare le carte in tavola e la squadra ha sposato un programma di sole classiche. Olimpiadi o no, tuttavia, nel 2021 il ranking permetterà loro di partecipare a tutte le corse e il piano dovrebbe includere i tre grandi Giri.
KristianSbaragli ha compiuto 30 anni ed è nel gruppo dei pro’ da quando ne aveva 23, respirando oggi la sensazione di aver trovato il suo ruolo di spalla preziosa per VdP e insieme la voglia di vincerne una ogni tanto.
Kristian Sbaragli, tappa di Castellon alla Vuelta Espana del 2015Sbaragli vince così a Castellon alla Vuelta 2015
Ripreso a pieno regime?
Senza fretta, in realtà, perché non c’è certezza del debutto. Fino a Natale, i preparatori ci hanno detto di non spingere troppo. Abbiamo fatto 10 giorni di ritiro a dicembre, dal 6 al 16, e ora andremo dall’11 al 21 in Spagna. Tutti insieme, anche quelli che fanno ciclocross. Van der Poel è stato con noi a dicembre e ha preso la bici da cross il giorno prima di ripartire. Verrà anche lui e poi si muoverà in base alle gare fino al mondiale, poi credo che chiuderà. In ogni caso si dovrebbe debuttare alla Valenciana e poi si va allo Uae Tour. Avremo solo questa come trasferta fuori dall’Europa e semmai il Canada a settembre.
Farai ancora corsa parallela con Mathieu?
Sarò il suo supporto nei finali di corsa per buona parte del calendario. Sino alla primavera, salterò soltanto le classiche del pavé. Per tanti motivi e nessuno in particolare, non ho mai fatto il Fiandre, che pure sarebbe adatto alle mie caratteristiche. E adesso, avendo uomini esperti per quei percorsi, continuo con il programma delle Ardenne.
Quinto ai campionati italiani di Cittadella 2020. Qui con Konychev sul Muro della TisaQuinto ai campionati italiani, qui sul Muro della Tisa
Il 2020 accanto a Van der Poel è stato impegnativo?
Lo è stato, ma per tutto quello che abbiamo vissuto. A luglio siamo andati per tre settimane in altura, poi durante tutto il periodo delle corse in Italia, non siamo mai tornati a casa per non rischiare il contagio. Sempre in albergo. Sul piano tecnico invece correre con lui è semplice. L’importante è farsi trovare davanti nei finali come al Brabante o alla Liegi. E’ super sveglio, non mi costringe agli straordinari.
Prima hai parlato dei preparatori.
Ne abbiamo quattro interni alla squadra, che ci seguono in tutto. Sono stati loro a dirci che fino al primo ritiro avremmo potuto gestirci liberamente, anche facendo altri sport. Ma da ora si entra nel vivo e gli allenamenti sono diventati più specifici.
Anche tu hai ridotto le ore e aumentato la qualità?
E’ l’orientamento degli ultimi tempi. La distanza si fa ancora, ma non sono più le 6-7 ore di una volta. Addirittura preparando la Sanremo abbiamo chiesto di allungare dopo qualche corsa, ma ci hanno detto che non serviva.
Quindi come funziona la tua settimana?
Faccio 4-5 giorni di lavoro e 3-2 di scarico, durante i quali si va in palestra o si fa un giretto. Abbiamo uno schema di 20-25 giorni da adattare se ad esempio piove. L’importante è che alla fine il volume del lavoro sia quello. Ogni volta si caricano i dationline e se capita che non lo fai per due giorni, ti arriva la mail che te lo ricorda. Il livello medio del gruppo si è alzato anche per questo. Nessuno a casa può fare il furbo e arriviamo talmente preparati alle corse, che per vincere devi essere sempre al 100 per cento.
Nel 2020 Sbaragli ha scortato Van der Poel anche alla Tirreno, con vittoria a LoretoNel 2020 (e nel 2021) stesso programma di VdP
Quali sono i lavori specifici di queste settimane?
I lavori di forza si fanno in palestra e anche in bici, con le più classiche Sfr e le partenze da fermo. Poi faccio parecchi lavori di soglia, con lo schema del 30″-30″ (30 secondi di sforzo e 30 di recupero), oppure 40″-20″. E anche dei lavori in progressione.
Quanto dura una distanza?
Al massimo si arriva a 5 ore, ma di solito sono 4 e mezza con un po’ di dislivello. Si fanno lavori sulle salite e rispetto a quando magari stavi fuori a spasso per 7 ore, adesso lavori ad un’intensità superiore.
Con chi ti alleni in questo periodo?
Da un paio di settimane c’è in giro Bettiol. Se non piove ci si sposta verso Montecatini dove c’è Sabatini e a volte troviamo Wackerman che correrà con la Eolo-Kometa. Però la squadra ci ha raccomandato di non fare dei grupponi e di uscire al massimo in tre, quindi si sta attenti. Rischiare non serve. Il giorno di Natale di solito si faceva una pedalata con gli amatori qui in paese, ma abbiamo deciso di rimandare.
Casa Sbaragli: Kristian, la compagna Camilla, il figlio Lorenzo e il cane Gino: Natale 2020 per quattro (foto Instagram)Natale con Camilla, Lorenzo e il cane Gino (foto Instagram)
E quando piove?
Ci si veste senza esagerare, altrimenti si suda troppo, e si va. Sono importanti guanti, copriscarpe e la mantellina, che se piove già in partenza la tieni su e in salita la apri per traspirare meglio. Puoi avere i capi tecnici che ti pare, ma quando piove ci vuole addosso un po’ di plastica. E’ l’unico modo per restare asciutti.
Si esce sempre?
Se devi, ti alleni. Se piove e ci sono 3 gradi, il primo giorno salti. Poi però si va sui rulli, che io però odio. Il giorno dopo i rulli, di solito sono distrutto. Per cui preferisco uscire.
E come hai fatto durante il lockdown?
Fino a marzo abbiamo riposato, per ordine del team. Poi dal 5-6 aprile ci hanno mandato i rulli a casa e tutte le tabelle. Ed è stato fastidioso vedere che solo noi italiani non uscivamo. Mentre svizzeri, belgi e olandesi erano in bici con quel cielo grigio e il freddo, qua c’è stata la più bella primavera da 10 anni a questa parte. E noi si girava sui rulli…
Altro che “nemo profeta in patria”… A Hulst, nella penultima prova di Coppa del mondo, l’Olanda ha fatto bottino pieno, con un Mathieu Van der Poel in grande spolvero, anche se a ben guardare la gara il confine tra la sua grande prestazione e i problemi dei suoi avversari è molto sottile.
Flop al box di Van Aert
La gara maschile, 10 giri in programma, è durata praticamente solo un paio di tornate, poi il campione iridato ha preso il volo. Van Aert ha pagato dazio per più motivi. Innanzitutto una partenza un po’ sonnolenta. Durante il primo giro, percorso praticamente in fila indiana dai protagonisti (salvo il sempre più sfortunato Iserbyt, più volte bloccato da stop dei suoi avversari e alla fine rimasto fuori dalle posizioni che contano) il belga della Jumbo-Visma vivacchiava sempre intorno alla sesta-settima piazza. Poi al secondo giro, quando VDP stava attaccando, un grave errore al cambio bici dei meccanici belgi, impreparati quando Van Aert ha lasciato la sua piena di fango e attendeva l’altra che però era ancora sporca.
Wout Van Aert ha corso su bici Bianchi con i colori della squadra. Dal 2021 utilizzerà bici CerveloVan Aert ha corso su Bianchi con i colori Jumbo-Visma
Si è trattato di 4-5 secondi persi, si potrebbe pensare a un’inezia, ma nel momento cruciale della gara hanno avuto il peso di una mazzata. Bisogna considerare anche che si trattava di una gara di Coppa del mondo, quindi i meccanici erano quelli della nazionale e non del suo staff. Un episodio che potrebbe avere strascichi sulla strada dei mondiali.
VdP a quel punto, liberatosi della presenza di Aerts che aveva provato a tenere il passo, ha trasformato la prova in un assolo, dimostrandosi il più a suo agio sul percorso molto melmoso, dove in certi tratti si affondava fino alle caviglie. Dietro, Van Aert è rimasto insieme al britannico Pidcock e al connazionale Vanthourenhout, il suo rivale nella classifica di Coppa che però si è presto staccato.
Marianne Vos a Hulst con i nuovi colori
Denise Betsema, vittoria inattesa
Mathieu Van der Poel, a breve il suo attacco
Pidock attacca, Van Aert risponde subito
Per VdP quasi una crono solitaria
Sul podio VdP fra Van Aert e Pidcock
Marianne Vos a Hulst con i nuovi colori
Denise Betsema, vittoria inattesa
Mathieu Van der Poel, a breve il suo attacco
Pidock attacca, Van Aert risponde subito
Per VdP quasi una crono solitaria
Sul podio VdP fra Van Aert e Pidcock
Spunto Pidcock
Mentre l’olandese volava verso la vittoria, Pidcock ha giocato la sua carta per la seconda piazza al penultimo giro, cercando di sfruttare anche alcuni errori di traiettoria di Van Aert che gli avevano dato l’illusione di un’aumentata stanchezza del rivale. Il belga invece ha risposto da par suo e sul pedalabile ha staccato il rivale arrivando al traguardo con 1’31” di ritardo, 1’49” invece per il britannico della Trinity Racing. Per il corridore della Jumbo Visma la leadership in classifica è sempre più in cassaforte.
Novità Betsema
Novità tra le donne, dove Denise Betsema aveva praticamente offerto un assaggio di quanto avrebbe poi fatto VdP. L’olandese, sempre battuta nelle ultime uscite internazionali, ha dominato la gara facendo registrare il miglior tempo in ognuna delle 7 tornate previste. Secondo posto per la Brand a 1’02”, con la certezza della conquista del trofeo di cristallo, terza la Alvarado a 1’09”. Ora spazio ai campionati nazionali, le grandi challenge riprenderanno il 23 e 24 gennaio con X2O Badkamers Trophy e la finale di Coppa.
Neanche il tempo di salutare il vecchio anno e già il ciclocross riparte, proponendo una nuova tappa del X2O Badkamers Trophy, coincidente con uno degli appuntamenti più sentiti nell’ambiente, la gara di Baal intitolata a Sven Nys. Il grande campione è da sempre chiamato in prima persona nella sua organizzazione e visto il suo prestigio nessuno dei grandi si azzarda a rifiutare l’invito. Ecco così che anche oggi abbiamo assistito all’ennesima grande sfida fra i “tre tenori”, con l’aggiunta del ritrovato Eli Iserbyt. Una settimana fa il campione europeo si rotolava fra forti dolori al braccio a Heusden-Zolder, ma per fortuna ha presto recuperato.
Percorso double face
L’esito della gara di domenica a Dendermonde aveva ribaltato le gerarchie, con un Van Aert scatenato e Van Der Poel finito a distanza siderale. I due sono partiti molto guardinghi, anche a causa di un percorso dai due volti. Nella prima parte il fango era molto liquido, quasi saponoso, tenere l’equilibrio era arduo. Nella seconda era più secco per la maggiore presenza di sole, ma si trattava anche della parte meno pedalabile, ricca com’era di salite e tornanti, col risultato di un continuo salire e scendere di bici. Non è un caso se per due terzi di gara siano rimasti davanti in 5, ma era curioso notare come anche i più leggeri Pidcock e Iserbyt rischiassero spesso lo scivolone. Figurarsi i più potenti Van Der Poel, Van Aert e Vanthourenhout…
Baal: Iserbyt si è ben ripreso, sfrutta l’agilità e tira. Pidcock, Van Aert e Van der Poel in difesaBaal: Iserbyt tira. Pidcock, Van Aert e Van der Poel in difesa
Van Aert non rientra
Pidcock è stato quello che nella prima parte di gara ha assunto maggiormente l’iniziativa. La sua alta frequenza di pedalata, tipica dei biker, su certi tratti gli dava un buon vantaggio, mentre Van Der Poel cercava i tratti più pedalabili per ricucire.
Un primo brivido è arrivato nel terzo dei 7 giri in programma. Mentre gli altri al passaggio dai box imboccavano il corridoio del cambio per prendere l’altra bici liberata dal fango, Van Aert ha tirato dritto. Il belga si è così ritrovato davanti a tutti, esattamente come avviene con le soste ai box della Formula 1. A quel punto il corridore della Jumbo-Visma sembrava pronto a lanciare la sua offensiva come aveva fatto domenica scorsa. Il problema, nel suo caso, è consistito nel fatto che intanto il sole stava asciugando il terreno nel suo complesso. Così anche la prima parte prima scivolosa è ridiventata pedalabile e proprio lì VDP ha puntato le sue fiches…
Van Aert salta la sosta tecnica ai box e prova l’allungo, ma l’illusione di Baal dura pocoVan Aert tenta l’allungo, saltando la sosta ai box
Attacca Vdp
Nel corso del penultimo giro, mentre Iserbyt guidava il quintetto in fila indiana, VDP ha allargato scattando proprio come se fosse in una grande classica su strada. Van Aert ha capito subito quel che stava succedendo, ma era dietro e non ha potuto agganciare la ruota a differenza di Vanthourenhout. Quest’ultimo però si è subito reso conto che stava andando fuori giri e ha mollato. Probabilmente proprio questo azzardo gli è costato le possibilità di podio. Mentre l’olandese volava davanti, Van Aert ha accelerato liberandosi della concorrenza. Nell’ultimo giro, iniziato con 13” di ritardo, in un paio di occasioni il belga ha dato la sensazione di potersi riagganciare, sfruttando i tratti a piedi. Però VDP stava semplicemente controllando e ha chiuso vincitore per il quarto anno consecutivo con 8” sul rivale, che hanno un peso enorme soprattutto per il morale. Terzo Pidcock, confermatosi in crescita di condizione a 32” davanti a Iserbyt a 41” e a Vanthourenhout a 45”.
«Questa è stata una gara difficile – ha dichiarato l’olandese all’arrivo – non avevo le gambe al meglio, ma ho avuto l’impressione che neanche Wout stesse avendo la sua giornata migliore. C’erano alcuni tratti di percorso dove sapevo di poter prendere il sopravvento e quindi ho provato, è un percorso super tecnico che mi si adatta bene».
Ma l’attacco di Van der Poel non concede scampo: va via di potenza e conquista BaalMa alla fine l’allungo di Van der Poel non lascia scampo
Riscatto Alvarado
Baal però ha regalato anche un’altra notizia: la sconfitta di Lucinda Brand. Questa volta l’olandese ha dovuto cedere alla pimpante campionessa iridata Ceylin Del Carmen Alvarado. Le due hanno fatto gara di testa insieme all’altra olandese Denise Betsema. Nel finale la Brand ha attaccato e proprio la Betsema ha ceduto terreno, non la Alvarado che ha sfruttato al meglio le caratteristiche del tracciato. Potendo percorrere in bici i brevi tratti di salita grazie alla sua capacità di guida (a differenza della Brand), ha guadagnato quella manciata di metri tradottasi in 3” sul traguardo. Alla Brand la consolazione della leadership consolidata nella challenge, ma conoscendola è un zuccherino amaro…
Una frase di Cavendish su come è cambiata la Sanremo ci ha spinto a parlarne con Bartoli. Il Poggio non è una salita per scalatori, ma per motori potenti
Nel ciclocross 24 ore possono cambiare tutto. Innanzitutto le condizioni atmosferiche e quindi del terreno: se ieri a Zolder si era corso su un percorso liscio, battuto anche se non privo di insidie, oggi a Dendermonde, nella terza prova di Coppa del mondo, la situazione è stata ben diversa, con fango da tutte le parti e le bici, anche se cambiate a ogni giro, che faticavano a procedere. Una volta un grande ciclocrossista del passato, alla partenza di una gara simile, disse: «Oggi serviranno garretti buoni…». Quelli di Van Aert erano superiori a tutti.
Per Mathieu Van der Poel e il suo fisico pesante, c’era forse troppo fango Troppo fango per Van der Poel e il suo peso
Fango padrone
Tutti si aspettavano la sfida tra il belga e Mathieu Van Der Poel, vincitore ieri e infatti dopo un giro i due erano già davanti. La sola differenza è che questa volta era Van Aert ad avere l’iniziativa, a spingere con l’olandese che a prezzo di grandi sacrifici teneva la sua ruota. Il problema però emergeva appena si doveva mettere il piede a terra. Van Aert nei tratti a piedi, con la sua leggerezza e il fisico da mezzofondista, riusciva a fare la differenza, mentre per Van Der Poel, più pesante, non c’erano tanti tratti dove far emergere la sua tecnica.
Il fango era il vero padrone, un giudice che non aveva un minimo di indulgenza. Basti guardare Pidcock, troppo piccolo e leggero, troppo poco attrezzato muscolarmente per emergere. Ha resistito 5 giri, navigando sempre nelle retrovie, poi ha deciso che era il caso di dire basta. Non è colpa sua, non aveva le armi adeguate per poter competere su questo campo di battaglia…
Alla fine della gara, neppure David Van der Poel (il fratello) era proprio feliceDopo la gara, furibondo anche David Van der Poel
Van Der Poel addio
Dopo un giro passato a ruota, Van Der Poel non ce l’ha più fatta, non riusciva più a colmare la differenza e quei pochi metri sono diventati tanti, sempre di più. Guardando l’ordine di arrivo si rimane quasi spaventati dai distacchi. Van der Poel ha chiuso a 2’49”, il belga Toon Aerts, brillantissimo nelle fasi finali tanto da quasi riprendere l’olandese, a 3’06”. Scendendo ancora si scopre che il decimo, l’altro belga Gianni Vermeesch, ha collezionato oltre 5 minuti di distacco. Roba da grande tappa alpina al Giro o al Tour.
«E’ stata una delle gare più belle di sempre – affermava alla fine un entusiasta Van Aert – il percorso peggiorava a ogni tornata, ma io adoro queste condizioni epiche. Non è che improvvisamente io sia meglio degli altri, ma mi conferma che sono sulla strada della forma migliore».
Per Van Aert, la testa della Coppa del mondo è un bel colpo alle sicurezze del rivaleVan Aert è ora in testa alla Coppa del mondo
Gara a due
Una gara, quella di Dendermonde, che da una parte accresce la rivalità tra i due, dall’altra conferma l’alternanza di successi degli ultimi giorni: domenica primo VDP a Namur, martedì risposta di Van Aert a Herentals, ieri assolo dell’olandese e oggi altrettanto dal belga.
Chi è il più forte? Probabilmente la risposta arriverà solo dai mondiali, intanto molto influiscono le condizioni dei percorsi, unite a diverse condizioni di forma, in rapporto a come i due stanno lavorando. Non solo pensando all’appuntamento iridato, ma anche (forse soprattutto?) alla stagione su strada dalla quale entrambi si attendono moltissimo. Intanto Van Aert sale in testa alla classifica di Coppa del mondo, con 11 punti su Vanthourenhout e la challenge diventa comunque un obiettivo di questo suo inverno.