Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert 2020

Il cross, un mazzo di foto e l’occhio di Bartoli

05.01.2021
6 min
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Metti una sera sul divano, in tivù non c’è niente di interessante e allora sfogli bici.PRO nel cellulare, riguardando le foto di Van Aert e Van der Poel nelle gara di cross già pubblicate. Fai avanti e indietro e mentalmente cominci ad annotare le differenze. E siccome ti hanno insegnato a farlo, scatta l’idea di tirarne fuori un pezzo. Già, ma sono le dieci, è decisamente tardi: chi vuoi che ti dia retta a quest’ora? Però un messaggio si può mandare e probabilmente Michele Bartoli è il più adatto, visto che del posizionamento ha fatto un’arte e nel cross si è ributtato con un entusiasmo speciale. Non è facile sopportare certi giornalisti, viene da sorridere mentre le foto sono in viaggio, ma per fortuna con Michele ci si vuol bene, avendo cominciato praticamente insieme. Infatti lui risponde dopo circa un’ora. Appuntamento fissato: ne parliamo domattina. A volte gli articoli nascono così…

Wout Van Aert, posizione in pianura 2020
Wout Van Aert, in fase di spinta posizione raccolta, come su strada
Wout Van Aert, posizione in pianura 2020
Wout Van Aert, posizione raccolta, come su strada
Mathieu Van der Poel, posizione in pianura 2020
Mathieu Van der Poel, leggermente più lungo rispetto al rivale
Mathieu Van der Poel, posizione in pianura 2020
Per Van der Poel, una posizione più allungata

Il ginocchio in curva

Il mattino ha per lui l’incombenza di tenere acceso il termocamino, che scalda l’accogliente villa a Montecarlo di Lucca, dove prima del Covid ci si trovava spesso, prima per commentare le sue vittorie e poi con gli anni per analizzare quelle degli altri. Il discorso prende subito il largo.

«Sembra che Van der Poel – dice Bartoli – abbia qualcosa di più in termini di sicurezza. Vedete in discesa come porta il corpo indietro? Questo gli permette di fare le curve più veloci, impedendo che la ruota posteriore scivoli. E proprio in curva ha il ginocchio fuori dalla bici, si vede che è lui a gestire la traiettoria (foto in apertura). Van Aert invece sembra che cerchi di non scivolare e un po’ subisce la situazione».

Wout Van Aert, 2020, ostacolo a piedi
Wout Van Aert scende di bici e supera l’ostacolo a piedi
Wout Van Aert, 2020, ostacolo a piedi
Van Aert preferisce saltare l’ostacolo a piedi
Mathieu Van der Poel, 2020, ostacolo in bici
Sullo stesso ostacolo, Mathieu Van der Poel resta in bici
Mathieu Van der Poel, 2020, ostacolo in bici
Van der Poel preferisce saltarlo stando in sella

Come su strada

La foto che li ritrae laterali in pianura fa prima annotare che entrambi usano la doppia corona anteriore, mentre Michele osserva che i ragazzini della sua Academy usano quasi tutti il monocorona.

«Ma questi due qua – dice Bartoli, riferendosi ai due giganti della Jumbo-Visma e della Alpecin-Fenixspingono forte, fanno delle velocità importanti. Il monocorona in questo ti limita.  Comunque Van der Poel sulla bici è più lungo, che però è un discorso soggettivo. Si potrebbe pensare che più sei corto e più sei reattivo, ma lui evidentemente si trova bene così. Ho fatto un confronto fra la loro posizione su strada e questa del cross, e devo dire che per entrambi cambia poco. Questo spiega anche perché possano passare da una bici all’altra senza clamorose fasi di adattamento, grazie anche a gare che sono molto meno spezzettate da ostacoli rispetto a una volta. Oggi il cross di alto livello è molto più pedalato, per cui anche loro, una volta che hanno fatto qualche richiamo di tecnica, possono allenarsi benissimo su strada».

Wout Van Aert, posizione in discesa 2020
Wout Van Aert in discesa sembra piuttosto rigido, di certo moto concentrato
Wout Van Aert, posizione in discesa 2020
Van Aert in discesa sembra un po’ rigido
Mathieu Van der Poel, posizione in discesa 2020
Per Van der Poel, peso più indietro e maggior controllo
Mathieu Van der Poel, posizione in discesa 2020
Van der Poe, con il peso indietro si guida meglio

Percorsi pedalabili

Qui il discorso un po’ si allarga e pesca nella sua esperienza personale di ieri e in quella dei suoi ragazzi al presente.

«A livello tecnico e di ambiente – dice Bartoli – il circuito del ciclocross è un po’ come quello della MotoGp, il solito gruppo di atleti che si sposta sui percorsi in giro per l’Europa. E così ad alto livello i criteri con cui vengono disegnate le gare sono abbastanza omogenei. Prima si puntava su scalinate, ostacoli, un’infinità di tratti a piedi. Oggi soprattutto a livello internazionale ci si è spostati verso uno sport più vicino alla strada. Del resto, se si vogliono avvicinare i ragazzi alla multidisciplina, pur non cambiando faccia al cross, ci sta che lo rendi più pedalabile. In Italia invece si traccia un po’ all’antica, con i rettilinei non oltre i 50 metri e tante curve secche. Lo stesso discorso potrebbe valere per la mountain bike. Perché continuano a fare percorsi artificiali con sassi riportati? Se anche in quel settore si riuscisse a ridurre le cause di pericolo, Van der Poel non sarebbe più il solo a essere così trasversale. Uno come Sagan e tanti corridori che vanno in cerca di nuovi stimoli, penserebbero davvero di farci un salto».

Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
Nei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrio e la bici non si muove
Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
Nei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrio
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Van der Poel, la bici in spalla e la mano sul manubrio
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Van der Poel, una mano sul manubrio

Diversi sull’ostacolo

A proposito di ostacoli, desta curiosità che nello stesso punto e nello stesso giro, Van der Poel salti mentre Van Aert è sceso di bici e scavalca la tavola correndo a piedi.

«Dipende se l’ostacolo viene dopo una curva – dice Bartoli – per cui devi rilanciare l’andatura da fermo, oppure se ci arrivi lanciato. Se lo salti in bici, sicuramente il consumo energetico è minore. Mentre se viene subito dopo una curva, fai meno fatica a scendere e farlo a piedi. Come un’altra differenza, che però è molto soggettiva, è il modo in cui portano la bici in spalla. Van Aert la abbraccia, Van der Poel si limita a sostenerla. Entrambi tengono ferma la ruota anteriore. Sembra una banalità, ma dovreste vedere cosa succede nelle gare dei bambini, che non ci pensano e corrono con la ruota davanti che gli sbatte sulle gambe e spesso li fa cadere…».

Dal cross al Fiandre

Il tempo di annotare che fra i ragazzini dei campi di gara questi due campioni sono il vero riferimento e ogni cosa o scelta tecnica che li riguarda diventa fonte di emulazione, poi il toscano ci lascia con l’ultima suggestione.

«Speriamo che questo Covid davvero finisca – conclude Bartoli – perché la prossima cosa che vogliamo fare è costruire un percorso permanente di cross, a Montecarlo o Montecatini, dove una volta a settimana alleneremo i ragazzi. Questa attività mi ha preso molto, sto seguendo le trasferte più vicine. Quello che mi permetteva di primeggiare al Nord l’ho preso dal cross. Lo scatto in piedi sul Grammont viene dal cross. Non sono cose che alleni da adulto, ma se le impari da bambino, non le perdi più. La multidisciplina non è soltanto uno slogan politico».