La Sanremo non è diventata una corsa per scalatori

09.03.2024
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Qualche giorno fa, commentando il fatto che non sarà alla Sanremo, Mark Cavendish ha detto parole su cui abbiamo continuato a rimuginare: «La Classicissima è diversa da com’era quando la vinsi, ormai è diventata una corsa per scalatori».

Immaginando atleti come Vingegaard e Kuss, oppure Bernal e Landa, il concetto di scalatore per saltare il Poggio non sembrava particolarmente sensato. Per questo, con la Sanremo che si correrà fra una settimana esatta, ci siamo rivolti a Michele Bartoli, prima corridore e ora preparatore, che deve il nome di battesimo alla vittoria di Dancelli nella Classicissima di Primavera e sulla tipologia di atleta che può vincerla ha le idee piuttosto chiare.

«Al giorno d’oggi – ragiona il toscano – è persino rischioso parlare di categorie, perché c’è tanta differenza fra quei 3-4 che se la giocano e tutti gli altri. Non è un fatto di preparazione né di organizzazione di squadra, ci sono solo atleti cui basta il Poggio. Una volta non era così frequente che si riuscisse a fare il vuoto, me lo ricordo bene. Un anno riuscii ad andare via, ma mi ripresero in discesa nelle ultime curve. C’erano Ferrigato e Konychev, io correvo con la Mg-Technogym. Serviva che si verificasse una serie di situazioni e allora poteva andare bene, invece ora potenzialmente riescono a fare la differenza e vanno all’arrivo».

Sanremo 2023, Cima del Poggio: Van der Poel ha appena attaccato, dietro di lui il vuoto
Sanremo 2023, Cima del Poggio: Van der Poel ha appena attaccato, dietro di lui il vuoto
Quindi non è una corsa per scalatori, ma una corsa per motori fuori del normale?

E’ una questione di corridori che sono nettamente superiori agli altri. Anche Ganna l’anno scorso ha fatto un bel Poggio, però magari se avesse dovuto attaccare lui, non ci sarebbe riuscito. E’ stato in grado di seguire chi ha fatto la differenza, perché poi sul Poggio a ruota si sta bene. Non ho mai guardato nei file per capire quando si risparmia, ma stando a ruota su una salita così veloce, il vantaggio è grande. Quindi chi fa la differenza deve avere tanta più forza rispetto a chi, magari per poco, riesce a seguirlo. Penso si possa parlare di un 10-12 per cento di risparmio. Chi attacca fa più o meno la stessa fatica di quello che gli sta a ruota, ma l’impatto dell’aria è talmente alto che devi averne veramente tanta per andare via.

Anche perché non è una salita che si attacca piano…

Esatto. Per questo dico che non è un fatto di preparazione, di lavorare apposta sull’esplosività per fare quel tipo di attacco. La realtà è che ci sono quei pochi corridori che hanno la potenza per andare via da un gruppo dei migliori che va in salita a velocità già pazzesche.

Pogacar lo scorso anno ha attaccato forte, ma quando Van der Poel è partito con un rapporto molto più lungo, non ha potuto rispondergli.

Secondo me Pogacar l’anno scorso ha avuto un po’ di presunzione. Se ci sono in giro fenomeni forti come te, in quel tipo di salita non puoi metterti in testa e pensare di levarli di ruota. In pratica ha fatto veramente da gregario a Van der Poel. Ha continuato a fare per Mathieu quello che i suoi gregari avevano appena finito di fare per lui. Quando stai con atleti del genere, attacchi, fai selezione, poi ti sposti e li fai collaborare. Se lo avesse fatto, magari non avrebbe staccato Van der Poel, però così gli ha servito la Sanremo su un piatto d’argento.

Sanremo 2023, Pogacar paga caro l’attacco frontale sul Poggio: all’arrivo è quarto dietro Van Aert
Sanremo 2023, Pogacar paga caro l’attacco frontale sul Poggio: all’arrivo è quarto dietro Van Aert
Quindi un po’ di tattica alla fine serve sempre…

Certo, proprio per il fatto che il Poggio non ha grande pendenza e l’impatto con l’aria a 40 all’ora, perché sul Poggio sale a 40 all’ora, conta molto. Risparmiare 30-40 watt rispetto a chi ti sta davanti è decisivo.

Il punto dell’attacco è sempre quello da anni: non ci sono alternative?

Più o meno storicamente si è partiti sempre nello stesso punto. E’ quando arrivi quasi in cima, che prima spiana e poi arrivano quei 100 metri del punto duro. Lì è dove riesci sicuramente a fare qualcosa in più. La strada è leggermente più impegnativa e ci arrivi in apnea. Già sotto, quando esci dai tornanti è un rilancio continuo con la strada che spiana. Chi è agganciato in quel tratto di pianura cerca di recuperare, ma non ci riesce, perché il ritmo rimane alto. Forse riesce a tirare il fiato chi ha più gamba, perché così quando inizia a rimontare, è in grado di fare la differenza.

Gli attacchi di qualche anno fa si spegnevano in discesa, perché si scollinava così appannati da non avere la lucidità per tirare le curve al massimo…

Il fatto che adesso quel 3-4 continuino a rilanciare anche in discesa significa che hanno una capacità lattacida enorme e anche due marce in più degli altri. Il divario di prestazione fra Van der Poel, Pogacar e Van Aert se ci fosse e anche Evenepoel è talmente elevato, che quei due gradini di differenza ti fanno mantenere un ritmo alto anche in discesa. Per farla semplice, questi attaccano e non si finiscono. Gli altri provano ad andargli dietro e si spengono lì. Tenete conto che un attacco di quel tipo costa più di fare una volata, perché è prolungato. La stessa differenza che c’è in atletica tra chi fa i 100 metri e chi fa i 400. Si dice che il giro di pista sia devastante, il giro della morte, perché devi andare a tutta per un tempo più lungo. Nei 100 metri magari fai più watt, ma in 10 secondi è tutto finito.

Sanremo 2023, Ganna chiude al secondo posto: ha seguito sul Poggio, sarebbe in grado di attaccare?
Sanremo 2023, Ganna chiude al secondo posto: ha seguito sul Poggio, sarebbe in grado di attaccare?
E se motori come questi vengono ripresi in discesa, secondo te hanno ancora gambe per fare la volata?

No, se vengono ripresi sono fregati, la volata non la fanno. E se la facessero, sarebbe un’altra cosa per cui stupirmi. A meno che gli inseguitori per prenderli non spendano tutto anche loro. Se si parla di uno contro uno, ci può stare che l’attaccante fa la volata e magari la vince. Ma se c’è dietro un gruppetto di 7-8, che si suddividono il lavoro, allora chi rientra è talmente più fresco, che l’attaccante non ha scampo. Chiunque egli sia.

Quindi dire che la Sanremo è diventata una corsa per scalatori non è proprio giusto, ne convieni?

Completamente. E’ una corsa per chi ha tanto motore, lo scalatore puro è penalizzato totalmente. Voglio dire, fra Landa e Van der Poel in salita non c’è storia. Ma Landa non riuscirebbe mai a stare con Van der Poel in cima al Poggio. Perché parliamo di atleti che hanno un’esplosività pazzesca.

Sarebbe stato interessante vederti in questo ciclismo, lo sai?

Sarebbe piaciuto anche a me, ci sarebbero state belle sfide. Magari avrei vinto una Liegi in meno, non lo so, però sarebbe stato sicuramente bello. Oppure avrei potuto vincere anche di più, perché quello che fa Pogacar è quello che piaceva anche a me. E trovare un alleato come lui sarebbe stato uno spettacolo. Chiunque voglia paragonarsi a lui, rischia di sembrare un presuntuoso. Magari non sarei riuscito ad arrivare con lui o magari sì. Però voglio dire chiaramente che se ci fossi riuscito, sarebbe stato un alleato molto buono. Con la tipologia di corse che si faceva prima, si sarebbe adattato bene. E poi è uno che non si tira indietro quando è in fuga, è uno che tira. Come Jalabert, che collaborava fino agli ultimi 100 metri e poi si faceva la volata. Sì, mi sarebbe piaciuto correre in questo ciclismo.

EDITORIALE / Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar

04.03.2024
5 min
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La bellezza di uno sguardo. Sono le 14,34, chilometro 134 di corsa, quando Pogacar si ritrova in testa nella seconda parte di Monte Sante Marie. Si volta e forse per un secondo il dubbio balena nei pensieri. Poi incrocia lo sguardo di Wellens, vede che dietro sono tutti in dolorosa fila indiana e i dubbi spariscono. E’ il momento dell’attacco, con il coraggio che si richiede a un leader che sia davvero tale. Si alza. Dieci pedalate e dietro si fa il buco.

La cavalcata dello sloveno verso la seconda Strade Bianche della carriera inizia così, con 81 chilometri davanti e la sensazione di averla fatta davvero grossa. Incontrerà nuovamente Wellens e il suo sguardo sei minuti dopo aver vinto. Nell’attesa (speriamo breve) che il ciclismo italiano trovi un Sinner, un Tomba, un Pantani o un nuovo Nibali, questo sloveno è un capitale da tenersi stretto.

Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?
Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?

Dove sono i fenomeni?

Qualcuno ha detto che gli è riuscita facile, non avendo fra i piedi rivali del suo livello: quelli che ugualmente piegò lo scorso anno al Giro delle Fiandre. Tuttavia, nel rigettare l’obiezione, cogliamo l’osservazione per andare oltre. Dove sono finiti i fenomeni?

Tempo fa, parlando con Bartoli dell’esuberanza di Van der Poel e Van Aert, giungemmo alla conclusione che prima o poi avrebbero dovuto darsi una regolata: il momento è arrivato. In realtà qualcosa ha iniziato a cambiare dallo scorso anno, quando proprio Van der Poel selezionò tre obiettivi – Sanremo, Roubaix e mondiale – e ad essi sacrificò il resto. Scordatevi il VdP della Strade Bianche e degli attacchi alla Tirreno. Mathieu usò la corsa dei Due Mari per prepararsi alla Classicissima, tirando le volate a Philipsen. Vinse la Sanremo e si portò avanti la condizione fino alle classiche: secondo ad Harelbeke e al Fiandre, primo a Roubaix. Anche il Tour diventò banco di prova per il mondiale: nessuna rincorsa alla maglia gialla o risultati parziali, ancora volate da tirare e alla fine ebbe ragione lui. A Glasgow si pappò la concorrenza con una superiorità imbarazzante.

Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?
Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?

Van Aert in crisi

Bettini l’ha detto chiaro e a ragion veduta, pur attirandosi i commenti degli altrui tifosi: Van Aert è sempre protagonista, ma cosa ha vinto? E Wout ha iniziato a far di conto, ritrovandosi nei panni di quelli che dal 1999 al 2005 sognarono di vincere il Tour. Bisognava specializzarsi, altrimenti contro Armstrong tanto valeva non andarci. Lasciamo stare il motivo di tanta superiorità, quel che scattò a livello psicologico nei rivali e nei loro tecnici somiglia molto a quanto sta mettendo in atto Van Aert.

Il Fiandre e la Roubaix sono un’ossessione, Van der Poel è il suo demone e per batterlo il belga ha cancellato tutto. Niente più corse dal 25 febbraio al 22 marzo: un mese in cui lavorare in altura per sfidare il rivale di sempre. Ha rinunciato alla Strade Bianche e alla Sanremo dicendo di averle già vinte: punterà tutto sui due Monumenti del Nord, poi verrà al Giro, ma con quali obiettivi? A Van Aert piace vincere, si butta dentro e si afferma anche non essendo al top, come a Kuurne. Ha scelto lui il nuovo programma oppure qualcuno lo ha scritto per lui?

Anche altri hanno evitato la sfida della Strade Bianche. E se “paperino” Pidcock è sempre lì che lotta e come nel cross alla fine gli tocca accontentarsi delle briciole, la scelta di puntare sulla Parigi-Nizza ha fatto sì che a Siena mancassero Bernal, Evenepoel, Roglic e lo stesso Moscon. Mentre Vingegaard, atteso alla Tirreno-Adriatico, ha preferito lasciare spazio alle riserve della Visma-Lease a Bike, che non sono state all’altezza dei capitani. Il campione europeo Laporte è arrivato oltre i sei minuti e gli altri ancora più indietro.

Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)
Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)

Benedetto sia Pogacar

In tutto questo programmare, necessario per raggiungere gli obiettivi e avere una carriera più lunga, Pogacar resta un’eccezione. E’ vero che non prenderà parte alla Tirreno e non è alla Parigi-Nizza, ma lo vedremo alla Sanremo, alla Liegi, al Giro, al Tour, alle Olimpiadi e ai mondiali, con mezza porticina sulla Vuelta che non si chiude perché non c’è necessità di farlo ora. La differenza rispetto a Van der Poel, è che Pogacar lotterà per vincere in ciascuna di queste corse, unico esempio di uomo da grandi Giri che vince anche le classiche, in attesa che Evenepoel individui la sua strada.

Pogacar piace perché preferisce allenarsi piuttosto che correre in modo deludente, ma quando corre lascia il segno. Al netto delle grandi vittorie e delle sconfitte che probabilmente si troverà a vivere, il vero fenomeno è lui. Gli altri sono grandi atleti, grandissimi atleti, con motori impressionanti, ma con qualche deficit a livello di empatia.

L’anno del Covid ha falsato il contesto, perché ha permesso a pochi di essere in forma nelle pochissime gare disputate. Ora che i calendari sono nuovamente pieni, anche i fenomeni degli anni scorsi hanno capito di non poter fare tutto. Solo Pogacar continua a tenere l’asticella molto in alto. Che sia per talento, incoscienza o per il piacere di correre in bici, noi ce lo teniamo stretto. Non sarà italiano e probabilmente anche al Giro non incontrerà avversari del suo livello, ma da che mondo è mondo, la colpa è degli assenti. Chi vince ha sempre ragione.

Del Grosso, italiano solo di nome, campione di fatto

20.02.2024
5 min
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A Tabor, oltre al trionfo di Viezzi, c’è stato un altro cognome italiano capace di svettare su tutti e laurearsi campione del mondo. Peccato che d’italiano, Tibor Del Grosso abbia solo il cognome, per il resto è olandese da più generazioni. Il corridore di Eelde, 20 anni compiuti, è una delle vere rivelazioni della stagione di ciclocross appena conclusa, anche se la conquista del titolo sembrava davvero nel suo destino dopo la piazza d’onore dello scorso anno.

Il tulipano non è solo un ciclocrossista, anzi. Campione nazionale juniores sia in linea che a cronometro nel 2021, lo scorso anno si è messo in luce anche nella categoria superiore con molti piazzamenti, sfiorando la Top 10 agli europei. Una doppia veste sulla quale era interessante indagare considerando anche che “in casa” ha un maestro d’eccezione nel campo come il bicampione del mondo Van der Poel.

Tante bandiere al vento per il suo trionfo a Tabor, ma Del Grosso ha vinto anche la Coppa del mondo
Tante bandiere al vento per il suo trionfo a Tabor, ma Del Grosso ha vinto anche la Coppa del mondo
Partiamo dal tuo cognome e quindi dalle tue origini italiane.

Sinceramente non ne so molto. E’ una cosa che risale a molto tempo fa, la mia famiglia è olandese da più generazioni, neanche mio nonno sa da dove sono arrivati i suoi antenati. Mi resta questo cognome piuttosto insolito, anche difficile da pronunciare nella nostra lingua.

Come hai iniziato a fare strada e ciclocross?

Mi sono sempre diviso, fin da quando ero giovanissimo. Mio padre aveva un negozio di biciclette, ci sono salito praticamente subito e ho visto che me la cavavo piuttosto bene, quindi ho provato qualcosa di più tecnico come il ciclocross. Mi dicevano tutti che ero bravo, allora ho insistito. Poi ho iniziato a fare le corse su strada da quando avevo 8-9 anni e non ho più smesso, anche se ho fatto anche altri sport. Ma ora sono concentrato sul ciclismo.

Sin da bambino il corridore di Eenle si è diviso fra strada e ciclocross (foto Julia Zwaan)
Sin da bambino il corridore di Eenle si è diviso fra strada e ciclocross (foto Julia Zwaan)
Ti senti più ciclocrossista o stradista?

Bella domanda. La verità è che non lo so davvero neanche io. Mi sento entrambi. Mi piace davvero tanto questa commistione, il passare da una parte all’altra. Penso che sia una combinazione perfetta, anche perché temporalmente non coincidono se non in minima parte, quindi si possono fondere bene.

Nel ciclocross sei sicuramente più conosciuto, ma su strada che caratteristiche hai?

Io non ne ho ancora idea. Non so in cosa mi trovo meglio, ma penso di essere piuttosto un corridore da classiche. Mi trovo bene sulle salite brevi anche con pendenze pronunciate, allo sprint vado abbastanza bene, mentre le grandi salite e quindi le corse a tappe (intese come caccia alla classifica) non fanno per me.

Su strada Del Grosso ha chiuso 2° nel Flanders Tomorrow Tour, con 9 Top 10 in totale (foto Gibson/DirectVelo)
Su strada Del Grosso ha chiuso 2° nel Flanders Tomorrow Tour, con 9 Top 10 in totale (foto Gibson/DirectVelo)
Rispetto agli altri team, essere all’Alpecin è un aiuto per chi come te fa entrambe le specialità?

Sì, di sicuro. Il fatto che siano in tanti a fare doppia attività non è un caso e nella ricerca di nuovi corridori la commistione è un aspetto che viene valutato molto positivamente. Tra l’altro è importante il fatto che i preparatori sanno coniugarlo bene, anche con l’allenamento, dando i giusti tempi di stacco tra un’attività e l’altra. Mi sento davvero a casa, è un buon passo per me.

Che cosa significa per te avere Van der Poel come compagno di squadra?

E’ molto importante per tutto il gruppo, anche se personalmente non farò gare con lui essendo io nel devo team. E’ comunque importante stare seduti sul bus della squadra con lui, condividere esperienze, oltretutto è davvero un tipo molto estroverso e simpatico. Ci sono anche momenti di allegria da condividere. Poi parliamo proprio di uno dei miei eroi d’infanzia. Essere nel suo team, averlo come riferimento è fondamentale, è un tipo davvero “cool”. Sono un suo grandissimo tifoso.

Compagno di colori di VDP, Del Grosso è uno dei tanti che all’Alpecin fa doppia attività
Compagno di colori di VDP, Del Grosso è uno dei tanti che all’Alpecin fa doppia attività
Nel ciclocross Olanda e Belgio sono le Nazioni che dominano. Quanta rivalità c’è fra voi?

Direi davvero che è una rivalità più forte che con qualsiasi altra Nazione. Penso che sia semplicemente perché il ciclocross nei nostri Paesi è molto diffuso, forse anche il più popolare tra gli sport su due ruote. Ma considerando quel che ho visto ai mondiali e più in generale durante la stagione, nelle categorie giovanili ci sono tante Nazioni che hanno corridori validi, il bacino di rivali si sta allargando, come anche nel movimento femminile. Resta però un sapore particolare quando ci troviamo in gara noi e i cugini belgi, la rivalità si sente forte.

Dopo la lunga stagione nel ciclocross, come ti prepari per la strada e quali obiettivi ti poni?

Mi sto prendendo una breve pausa dopo i campionati del mondo e ora sto ricominciando a prepararmi per la stagione su strada, che inizierò a marzo. Proverò ad essere bravo nello sfruttare la condizione, soprattutto per le prove d’un giorno.

L’olandese in maglia iridata. A Tabor ha preceduto di 27″ i belgi Verstrynge e Michels
L’olandese in maglia iridata. A Tabor ha preceduto di 27″ i belgi Verstrynge e Michels
Ciclismo a parte, raccontaci qualcosa di te: quale scuola fai, quali hobby hai?

Non vado più a scuola. Per ora da quel punto di vista non so che cosa farò. A me comunque piace imparare sempre qualcosa di nuovo. Mi piace molto anche praticare altri sport, come il tennis che nel mio Paese sta sviluppandosi molto.

Qual è il tuo sogno nel ciclismo?

Questa è davvero facile: diventare un giorno campione del mondo tra gli élite…

Van der Poel, lo show di Tabor anticamera dell’addio?

04.02.2024
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A Tabor come nel 2015, al termine di una cronometro individuale, Mathieu Van der Poel ha conquistato un’altra maglia iridata. Limitatamente al cross, la sua collezione si compone delle 2 da junior (2012-2013) e delle 6 da elite (2015, 2019, 2020, 2021, 2023 e 2024). Per la statistica, il cassetto contiene anche le due su strada: da junior a Firenze 2013 e da pro’ lo scorso anno a Glasgow. Oggi in Repubblica Ceca non c’erano margini perché la vittoria gli sfuggisse, a meno di un colpo della cattiva sorte. Non c’erano rivali alla sua altezza e forse neppure Van Aert e Pidcock avrebbero potuto impensierirlo. Insomma, fortissimo l’olandese, ma il mondiale elite di Tabor che abbiamo appena finito di seguire è stato piuttosto noioso.

Due olandesi (con la barba Nieuwenhuis) e un belga (Vanthourenhout): ecco il podio
Due olandesi (con la barba Nieuwenhuis) e un belga (Vanthourenhout): ecco il podio

Il merito di Stybar

E’ stata la gara di addio di Zdenek Stybar, che aveva già appeso la bici al chiodo dopo il Tour of Guangxi, ma ha voluto salutare la sua gente nella città in cui nel 2010 conquistò il primo dei tre mondiali da elite. Lo ha fatto con grande orgoglio, sapendo di non poter impensierire i primi della classe, ma raccogliendo l’applauso del pubblico che gli ha tributato il giusto onore.

«Mi piacerebbe essere ricordato – ha detto – come un corridore che, soprattutto negli ultimi anni, è caduto molto spesso, ma si è sempre rialzato. Non è stato sempre facile, ma non mi sono mai arreso e ho continuato ad andare avanti, fino all’ultimo giorno. Si deve sempre continuare a lottare per il posto e la carriera: è questo il messaggio che voglio dare ai giovani. E poi, se proprio c’è un merito che voglio attribuirmi, è quello di aver dimostrato a Van Aert e Van der Poel che in fondo non era così difficile passare dal cross alla strada. Forse questa è la mia parte nella loro storia».

Stuybar ha così concluso anche la grande carriera nel cross: in bacheca 3 mondiali elite
Stuybar ha così concluso anche la grande carriera nel cross: in bacheca 3 mondiali elite

L’insidia delle pietre

A Tabor, Van Aert non c’era e Van der Poel ha colto la quattordicesima vittoria stagionale. La sua progressione non ha lasciato scampo e quando nel secondo dei sei giri previsti (e calcolati sul suo tempo) ha dato gas, la selezione è stata subito irrimediabile.

«Era la gara più importante della stagione – ha detto dopo l’arrivo – quindi sono felice di aver saputo vincerla. Sarebbe un peccato perdere il titolo mondiale dopo una stagione del genere. Rimango più calmo rispetto alle prime volte, ma era un percorso su cui era possibile avere sfortuna, per cui sono stato felice quando ho tagliato il traguardo. Avevo buone gambe, ho guidato in modo molto controllato e non ho mai preso rischi. Si trattava di mantenere tutto com’era. In molti punti sotto il fango c’erano delle pietre, per cui ho cercato di passarci nel modo più morbido possibile, cercando di evitarle».

Musica chiara sin dalla partenza: Van der Poel si è messo a fare il forcing dai primi colpi di pedale
Musica chiara sin dalla partenza: Van der Poel si è messo a fare il forcing dai primi colpi di pedale

Pensieri di addio

Adesso il suo tabellino dice che manca una sola vittoria per agganciare il record di De Vlaeminck, che di mondiali ne ha vinti sette. Tuttavia la sorpresa del Van der Poel di oggi riguarda la possibilità che con il 2024 si sia chiusa l’avventura nel cross.

«E’ una decisione che non posso prendere da solo – ha detto – sicuramente ne discuteremo all’interno della squadra. Personalmente, sono riluttante a saltare una stagione intera. Per contro, questa disciplina richiede molta energia e la mia attenzione è sempre più rivolta alla strada. Non ho più molto da guadagnare dal ciclocross, tranne il divertimento. Se riesco a migliorare ancora su strada saltando il cross, allora lo farò».

Quando si è ritrovato solo, Van der Poel ha amministrato bene lo sforzo e gestito le traiettorie
Quando si è ritrovato solo, Van der Poel ha amministrato bene lo sforzo e gestito le traiettorie

Il mondiale di Fontana

Al diciassettesimo posto finale, nello stesso gruppo di Sweek, Van de Putte, Van der Haar e Venturini, Filippo Fontana ha compiuto una bella rimonta e solo nell’ultimo giro ha pagato il conto alla stanchezza.

«La gara è andata più o meno secondo i miei standard – ha spiegato il veneto dal furgone che lo riportava verso l’aeroporto – puntavamo a una top 15 che è sfuggita all’ultimo giro. Eravamo tutti insieme, siamo arrivati in volata per il tredicesimo posto e l’ha spuntata Van de Putte. Purtroppo sapevo che la partenza un po’ dietro sarebbe stata penalizzante, infatti così è stato. Ho fatto tutta la gara a inseguire con ottime sensazioni. Per le mie possibilità, oggi era difficile fare meglio di così».

Dopo una bella rimonta, Fontana ha chiuso al 17° posto, penalizzato dalla partenza dalle retrovie
Dopo una bella rimonta, Fontana ha chiuso al 17° posto, penalizzato dalla partenza dalle retrovie

Il giro d’onore

Torna a casa anche Van der Poel, atteso ormai al debutto su strada. Chissà se quell’essersi fermato sul traguardo, ringraziando la sua Canyon e anche il pubblico non sia stato il gesto dell’addio. Sarebbe interessante sapere da Mathieu se si sia realmente divertito a vincere così. Probabilmente dirà di sì, ma se vogliamo puntarla sull’adrenalina e la soddisfazione, crediamo che la volata assassina su Van Aert l’anno scorso a Hoogerheide sia stata un punto di non ritorno. Dopo un finale come quello, la galoppata di oggi a Tabor si può considerare un giro d’onore prima dei saluti.

Pidcock a Van der Poel: faremo i conti in mountain bike

22.01.2024
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BENIDORM (Spagna) – La stagione del cross di Tom Pidcock si è conclusa ieri nel Parco El Moralet y Foietes, con il nono posto a 27 secondi da Van Aert. A un certo punto, ci ha anche provato, ma a due giri dalla fine si è accesa la riserva e ha dovuto alzare bandiera bianca.

Forse perché consapevole di non poter lottare per la vittoria della prova spagnola di Coppa del mondo, sabato pomeriggio il britannico è sceso dal pullman mangiando una banana e si è concesso ai tifosi e ai giornalisti con una disponibilità vista raramente in precedenza.

Blackout dopo Natale

Sul volto portava ancora i segni della caduta prima di Natale, con un cerotto sul naso e l’occhio ancora un po’ nero, ma le sensazioni ora sono buone, come Tom stesso ha confermato.

«Sono di nuovo in salute – ha detto – e mi sento forte sulla bici. Questo è ciò su cui mi sono concentrato nelle ultime settimane. Dopo Natale non mi sentivo me stesso. Si correva un giorno sì e un giorno no e in quello di mezzo non riuscivo a spingere. Dovevamo fare lavori dietro moto a 50-60 all’ora, ma io non riuscivo ad andare oltre i 40. Ho parlato con altre persone, che non stavano realmente male, ma si sentivano deboli. Non so se sia stato Covid o che cosa. Così ci siamo presi un po’ di tempo e adesso mi sento finalmente meglio».

Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm
Fra i grandi del cross mondiale, Pidcock è stato il solo a provare sabato il percorso di Benidorm

Un mese in Spagna

Il Team Ineos Grenadiers inizierà il suo ritiro in ritardo rispetto agli altri: l’appuntamento, come detto qualche giorno fa da Puccio, è per domani. A quel punto il cross sarà una porta chiusa che si riaprirà fra un anno e par di capire, sentendolo parlare, che l’impossibilità di lottare per la vittoria renda la partecipazione meno interessante. Divertente in sé, ma senza la prospettiva che mette il sale in ogni sfida sportiva.

«Mi aspetta un mese di ritiro qui in Spagna – ha poi spiegato Pidcock – in vista della stagione su strada. Inizierò in Algarve (14-18 febbraio, ndr) e farò un programma simile a quello dell’anno scorso, ma con i Paesi Baschi al posto delle classiche del pavé. Prima farò la Strade Bianche, la mia corsa preferita e averla vinta aggiungerà un po’ di pressione. Poi la Tirreno cercando di non avere una commozione cerebrale (sorride, pensando alla caduta e al ritiro dell’ultima tappa 2023, ndr) e la Sanremo».

«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso
«Van der Poel gioca in un campionato tutto suo», dice Pidcock che come Van Aert si è spesso arreso

Il mondiale di cross

Esiste davvero un fattore Van der Poel che condiziona i rivali al punto di tenerli lontani dal cross e li costringe ad alzare l’asticella su strada, sapendo che lo ritroveranno anche lì? Questo Pidcock non l’ha detto, ma è un fatto che né lui né Van Aert andranno al mondiale di Tabor.

«Il fatto di non correre il mondiale di ciclocross – ha risposto – fa una differenza enorme rispetto alla stagione su strada. Il mondiale non è gratuito. Non posso semplicemente presentarmi e arrivare quinto o decimo, come se niente fosse. Se partecipi ai campionati del mondo, devi rispettarli e dare il 100 per cento. E se si corre nel primo fine settimana di febbraio, allora porti via qualcosa dalla stagione su strada. Però non mi pesa così tanto. Il mio obiettivo era vincerlo una volta e l’ho fatto. Perciò tornerò quando ne avrò davvero voglia».

Nel 2023 Pidcock ha vinto la prova di Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross
Nel 2023 Pidcock ha vinto la Coppa del mondo di Namur: unico successo della stagione del cross

La MTB è diversa

Dopo la primavera, la stagione proseguirà verso il Tour e le doppie Olimpiadi: su strada e in mountain bike. E a Parigi, Pidcock troverà sulla sua strada nuovamente Mathieu Van der Poel che al momento sta portando via il divertimento dal suo inverno, ma che nella mountain bike ha dovuto chinare il capo più di una volta.

«L’unica opzione per andare bene alle Olimpiadi – ha spiegato ancora – è quella di partecipare al Tour al 100 per cento e di uscirne nella migliore forma. So che sicuramente sarà difficile, ma non vorrei dovermi ritirare prima. Voglio arrivare a Nizza e poi andare a Parigi, non ho scelta. Van der Poel? Quest’inverno è di un altro livello, è stato impressionante, ha giocato in un campionato tutto suo: non c’è molto altro da dire. Però penso che la mountain bike sia un’altra storia. E’ una disciplina diversa ed è da qualche anno che non si allena adeguatamente, quindi penso che sarà tutto da capire».

Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno
Nella gara di ieri a Benidorm, Pidocock è stato anche in testa, ma negli ultimi due giri ha pagato pegno

Sbagliando s’impara

E il Tour? La sua squadra era così abituata a vincerlo, che sembra impossibile non abbia un corridore che dia garanzie contro Vingegaard e Pogacar. Bernal e Thomas sono all’altezza oppure è giusto aspettarsi qualcosa anche da Pidcock?

«Il Tour è un obiettivo – ha annotato – ma bisogna essere realistici e io andrò in Francia sapendo quello che potrò ottenere. Aver vinto l’Alpe d’Huez ha portato via un po’ di pressione, ma resta il fatto che l’anno scorso sono arrivato senza particolari ansie e non è cambiato molto. Credo che sia stato a suo modo importante. Non ho portato a casa nulla, ma ho imparato molto. Secondo me impari molto più quando fallisci di quando vinci».

Benidorm incorona Van Aert, primo senza la sella

21.01.2024
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BENIDORM (Spagna) – Vince Van Aert, anche senza la sella. Van der Poel è caduto e in un battito di ciglia siamo stati costretti a immaginare un’altra storia. Eravamo tutti pronti a coniare nuovi aggettivi per descrivere lo strapotere dell’iridato. Anche lui al mattino era parso fiducioso e leggero, quasi abituato alla vittoria senza troppo contraddittorio. Ha raggiunto il circuito in bici, facendo 40 chilometri dall’hotel. Ha provato per il tempo a disposizione. E quando si è schierato al via della tredicesima e penultima prova di Coppa del mondo, era così bianco, splendente e grosso, che nessun dubitava potesse centrare l’undicesima vittoria consecutiva.

Eravamo tutti così pronti che adesso, davanti al gigantesco Wout Van Aert vincitore (in apertura, sul podio con Vanthourenhout e Nys), viene da pensare che abbiamo fatto bene a scegliere Benidorm. Il belga per di più, come dicevamo, ha vinto senza la sella, volata via per un colpo dato dallo stesso Wout nella ripartenza dopo la caduta del finale. Ma riavvolgiamo il nastro.

Van Aert è partito indietro. Ha impiegato quasi tre giri per tornare davanti, mentre alle sue spalle andava in scena l’ancor più inquietante rimonta di Van der Poel. E quando sono tornati insieme è parso che Mathieu volesse farne polpette, con un paio di accelerazioni spaventose nel tratto di salita in cemento. Poi qualcosa è cambiato.

Sedicimila paganti

Raggiunti nel frattempo da Pidcock, i due hanno rallentato. Da dietro sono iniziati i rientri. E forse proprio il repentino aumento del… traffico al penultimo giro ha provocato la caduta di Van der Poel. Van Aert, che in quel momento aveva il suo bel da fare per seguire le accelerazioni di Vanthourenhout, ha colto l’occasione ed ha accelerato con tutte le gambe che gli erano rimaste. E alla fine a Benidorm ha vinto lui, così simile nei modi a Bugno, che a neanche un chilometro da qui vinse il mondiale del 1992.

«All’ultimo sono stato anche fortunato – dice – ma sentivo delle buone gambe ed è stata una battaglia serrata. Ci sono stati alcuni incidenti per i materiali (il riferimento è proprio alla sella volata via, ndr) ed è un peccato che nel finale non si sia arrivati ad una vera e propria resa dei conti. Ho dovuto mantenere la calma per cercare di contrastare Mathieu, quindi sono felice di questa vittoria. E’ davvero bello essere qui e sentire la passione di tutto il pubblico (l’organizzazione ha dichiarato oltre 16.000 spettatori paganti, ndr). Sono particolarmente orgoglioso di vedere tutti i tifosi spagnoli assistere a questa gara. Ho la sensazione che provengano da ogni parte del Paese e quando ho iniziato a fare ciclocross professionistico 10 anni fa, non avrei mai immaginato un evento come questo. Oggi resta una di quelle gare cui sono orgoglioso di aver preso parte».

Il numero 13

Van Aert in apparenza non si fascia la testa quando non vince, ma certo stasera appare molto più leggero del solito. Racconta che il ritiro della squadra è finito, ma che lui si fermerà ancora una settimana con la famiglia per allenarsi al caldo.

«Ora mi aspettano alcuni allenamenti importanti – spiega Van Aert – le prime gare su strada sono dietro l’angolo e ci arrivo con un buon morale. La vittoria è sempre dolce, è il motivo per cui corriamo. Ma soprattutto quello che mi è piaciuto di oggi è stata la sensazione di avere buone gambe. Uno dei miei obiettivi era avere un buon feeling durante tutta la gara e concludere la stagione del cross con una bella prestazione, quindi sono particolarmente felice. La salita era il baricentro della gara e sono contento di aver avuto gambe migliori di un paio di settimane fa.

«Peccato per quella caduta finale, sono stato goffo. Ho pensato di essere prudente. Mi sono detto di non saltare più le travi in bici, ma di farle a piedi così non avrei sbagliato. Invece sono volato a terra e quando sono ripartito mi sono accorto di non avere più gli occhiali né la sella e non è stato facile pensare di sedersi. Avevo il numero 13 e sono piuttosto superstizioso: quando l’ho visto ho alzato gli occhi al cielo. Quell’ultimo minuto è costato qualche anno della mia vita».

Van der Poel filosofo

E mentre Van Aert sorride per aver rischiato di finire rimontato e beffato come Paperino, Van der Poel la prende con filosofia. In alcuni tratti di gara ha dimostrato di essere ampiamente il più forte, ma questa volta la sfortuna ci ha messo lo zampino.

«Ho colpito un palo con la spalla – racconta Mathieu – e sono caduto. E’ stato un brutto momento. Ho capito che la gara era finita. Già avevo dovuto fermarmi in una delle prime curve per rimettere la catena che era scesa, ma dopo la caduta, non c’era più terreno per recuperare. Ci avevo provato. Ho attaccato in salita, ma non era abbastanza dura per staccare un corridore come Van Aert. Erano solo 15 secondi di sforzo, poi il resto era abbastanza facile e poco tecnico. Avevamo visto anche l’anno scorso che qui è super difficile fare la differenza. Sapevo che un giorno sarebbe finita, non puoi vincere sempre. Sono felice di come mi sono sentito, anche se in realtà non ero molto fresco, ma penso che sia normale dopo due settimane di allenamento. Ma in fondo lo sapevo: ho scelto di essere al meglio fra due settimane. Ai mondiali!».

Il Grande Slam? Per Gilbert c’è chi può riuscire nell’impresa

09.01.2024
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In questi giorni si torna a parlare di Grande Slam, visto che la prossima settimana partono gli Australian Open di tennis. Qualcuno dirà: «Che cosa c’entra questo con bici.PRO? Ho sbagliato sito?». No, perché anche il ciclismo ha il suo Grande Slam, anche se se ne parla poco. Troppo poco vista la sua importanza e soprattutto la sua difficoltà. Quasi ogni sport ha la sua “serie imperiale” di vittorie, il traguardo precluso a quasi tutti e nel ciclismo esso consiste nella collezione delle 5 Classiche Monumento.

Nella storia del ciclismo solo in tre sono riusciti nell’impresa del Grande Slam: il più grande vincitutto dell’intera storia sportiva, Eddy Merckx e gi altri belgi Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck, campione forse troppo trascurato per quel che ha fatto. Chi ci è andato davvero vicino è stato Philippe Gilbert, altro corridore belga al quale la grande impresa è sfuggita davvero di poco, arenandosi contro la Milano-Sanremo corsa per ben 18 volte con due presenze sul podio.

Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti
Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti

Gilbert ha sempre avuto ben presente l’importanza e soprattutto la difficoltà di una simile collezione e vede oggi due corridori in grado di riuscire dove lui ha fallito: «Pogacar e Van Der Poel sono i più vicini, mancano ad ognuno di loro due tasselli per completare il mosaico, ma non è assolutamente semplice metterli insieme. Quello ciclistico è il Grande Slam forse più difficile da ottenere perché ogni gara ha caratteristiche proprie ed è davvero difficile riuscire a essere competitivo in tutte. Serve una completezza che quasi nessuno ha».

Fra i due chi ritieni abbia più possibilità?

Credo che Pogacar abbia tutto per realizzare il sogno, ma non subito. Lo sloveno ha già dimostrato di saper andare sul pavé, ma sa bene che gareggiare alla Roubaix è pericoloso e incide sulla stagione. Potrà riuscirci fra qualche anno, focalizzando questo impegno, preparandosi a dovere per esso. D’altro canto non è un caso se a vincerla sono per lo più corridori vicini o che hanno superato i 30 anni. Serve esperienza, è la caratteristica fondamentale per vincerla.

A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
Per Pogacar ritieni che la Roubaix sia più difficile da vincere che la Milano-Sanremo?

No, al contrario. La Milano-Sanremo è difficile per tutti perché è impronosticabile. Non è una corsa dove si fa selezione, si arriva alla Cipressa tutti insieme e all’imbocco del Poggio tutti i favoriti sono ancora lì. Se guardate, avranno perso contatto solo i 2-3 con qualche acciacco fisico e un paio di pretendenti presentatisi all’appuntamento ancora in eccesso di peso, gli altri ci saranno tutti. Certo, dipende da che posizione si prende, ma poi fare selezione su quelle poche rampe è complicato, si lavora sul filo dei secondi. Alla fine è una corsa lunghissima, dove i tanti chilometri provocano tanta fatica ma senza grandi difficoltà.

Van der Poel può riuscire nell’impresa?

Per l’olandese è più difficile l’impresa. Io penso che la Liegi possa anche essere fattibile, se una serie di condizioni coincidono e non gli rendono la gara troppo dura. Il Lombardia però mi sembra troppo almeno nella sua forma attuale: il Muro di Sormano è una scalata sulla quale uno del suo peso (75 chili, ndr) paga pegno. Non è un caso se io ho vinto il Lombardia prima che introducessero questa nuova difficoltà. Per lui credo proprio che sia troppo.

Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Nel tennis solo Rod Laver è riuscito a completare il Grande Slam nello stesso anno, Djokovic ha sfiorato l’impresa per due volte. Nel ciclismo è possibile vincere tutte e 5 le classiche nello stesso anno?

Per me no, ci sono troppe varianti. Anche un fuoriclasse nella condizione ideale si troverà ad affrontare corse che richiedono caratteristiche lontane fra loro: potrai trovare la formula perfetta per la Sanremo, ma avrai il peso giusto per la Roubaix? E nel caso come riuscirai ad affrontare le salite della Liegi? E’ davvero impossibile. Io parlo per la mia esperienza: ho vinto Liegi e Lombardia che pesavo 69 chili, quando ho trionfato a Fiandre e Roubaix avevo un peso forma di 74 chili. E cambia tutto…

Proviamo a vedere se c’è qualcun altro che potrebbe riuscirci, ad esempio Van Aert…

Ha 29 anni e finora ha vinto solo la Sanremo, mi pare difficile. Le stagioni sono passate e Wout ha collezionato tanti piazzamenti, ma pochi centri. Uno che secondo me poteva riuscirci per le sue caratteristiche era Kwiatowski, se non avesse deciso di mettersi a disposizione degli altri. Se lo avesse programmato, credo che in qualche anno avrebbe anche potuto farcela, soprattutto dopo che nel 2017 aveva centrato la Sanremo che è un po’ il terno al lotto dell’intera collezione.

Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
E tra i più giovani?

Uno che potrebbe è Evenepoel perché va bene su ogni terreno. Ha vinto due volte la Liegi, al Fiandre ha dimostrato di potercela fare. Certo, dovrebbe centrare la Sanremo e preparare la Roubaix, che sarebbe per lui la corsa più ostica. Sicuramente per la corsa francese è ancora un po’ acerbo, ma può davvero completare la raccolta.

Tu sei arrivato a un passo: la Sanremo era diventata un’ossessione?

Non direi. Il Grande Slam è stato invece uno stimolo, la motivazione per andare avanti. Mi ha dato modo di sognare e questo è già un grande risultato. Io sono contento di quel che ho fatto, so che ci sono andato vicino e non è da tutti.

Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
E’ più difficile collezionare le Classiche Monumento o i Grandi Giri?

Le prime, non c’è dubbio. In un grande Giro devi essere a tutta per tre settimane e superare indenne quelle 2-3 tappe fondamentali, poi è cosa fatta. Non è un caso se ad aver realizzato la tripletta nel corso degli anni siano stati molti più corridori che per le classiche. Il Grande Slam è quello, non ci sono dubbi né discussione…

Ad Anversa Van der Poel apre la sabbia e Van Aert ci sprofonda

23.12.2023
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Una settimana dopo, il responso non cambia: Mathieu Van Der Poel ha una superiorità tale su tutti gli avversari nel ciclocross che toglie anche la suspence. E allora bisogna affidarsi ai colpi del destino, come avvenuto ad Anversa, nella prova di Coppa del mondo, la sua prima quest’anno.

Pronti, via e l’olandese perde il colpo di pedale. Resta in piedi, ma gli altri passano via veloci e lui si ritrova intruppato nel gruppo. Perde tempo anche Pidcock per una caduta, così con Van Aert poco avanti i tre tenori si ritrovano quasi alla pari, nel mezzo del gruppo degli specialisti. Esito diverso dal solito? Non sarà così…

La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità
La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità

Un trionfo nonostante tutto

A seguire la gara anche questa volta, come una settimana prima per l’assolo dell’iridato a Herentals, Luca Bramati, che rispetto a sette giorni fa ha colto altri aspetti sulla superiorità del campione dell’Alpecin Deceuninck.

«Non ho dubitato minimamente che VDP avrebbe vinto – dice – anche dopo la partenza difficoltosa. Anzi, guardandolo in faccia ho colto come una leggera soddisfazione, come a dire “almeno oggi mi diverto un po’ di più”. Sono sicuro che non ha mai temuto per la vittoria».

Nella sua dissertazione, Bramati si affida ai numeri: «Nel primo giro Van Der Poel ha perso 25” e sapeva che gli sarebbe bastato anche mezzo giro per riprenderli, così è andato avanti con calma. D’altronde aveva sempre davanti la testa della corsa: la vedeva, era nel suo mirino. Così ha sfruttato i punti a lui più favorevoli e quello di Anversa è un percorso che gli attaglia come un vestito su misura».

Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14
Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14

La differenza sul bagnasciuga

Effettivamente Van Der Poel guadagnava tantissimo su tutti gli altri nei tratti su sabbia, dimostrando di essere capace di interpretarli come nessun altro.

«Questo perché abbina alla potenza stratosferica – spiega – anche una grande agilità. Si era visto anche la settimana prima che riesce a utilizzare rapporti improponibili per gli altri, ma ha già migliorato anche la tecnica. Sulla scalinata saliva come un gatto: a Van Aert ha ripreso tantissimo proprio in quei tratti e sulla sabbia ha fatto la differenza».

Quella di Anversa, dove Van Der Poel ha colto la sua settima vittoria nell’albo d’oro, la 152ª nella sua carriera nel ciclocross, era la prima sfida delle quattro che vedranno impegnati tutti e tre i “tenori” della disciplina. Si pensava che rispetto anche a 24 ore prima (quando a Mol nella tappa dell’Exact Cross c’era stato il primo testa a testa con Van Aert, finito a oltre un minuto) ci fosse più competizione e la corsa si era messa per favorirla, ma l’olandese ha fatto capire che non ce n’è per nessuno.

Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi
Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi

Van Aert ancora in ritardo

«A me ha deluso un po’ Van Aert – afferma Bramati – e il secondo posto non m’inganna. L’ho visto macchinoso a piedi e pesante nella condotta della bici. Per carità, nulla di preoccupante, anzi credo che sia diretta conseguenza dei carichi di lavoro che sta svolgendo per la stagione su strada. So che questa settimana è andato anche a visionare dei tratti di pavé in vista della Roubaix. Si capisce che affronta queste gare con uno spirito diverso dal solito».

Van Aert comunque con molto mestiere ha saputo mettere la museruola agli avversari. Anche a un encomiabile Eli Iserbyt rimastogli attaccato fino al giro finale e alla fine contento del terzo posto che rafforza il suo primato in Coppa. Non altrettanto si può dire di Pidcock, la cui prova di Anversa passa alla storia per la brutta caduta iniziale, dove ha davvero rischiato di sbattere la fronte contro la transenna, facendo scorrere un brivido sulla schiena di tutti gli appassionati. Un risicato ingresso fra i primi 10: dopo la vittoria di domenica scorsa a Namur nella tappa precedente c’era davvero da attendersi di più dal britannico.

Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa
Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa

Un paragone con il passato

Difficile a questo punto pensare che Van Der Poel possa trovare concorrenza, tanto che già si ipotizza una stagione senza sconfitte per lui, unico dei tre che andrà avanti fino al mondiale.

«Io una superiorità simile non l’ho mai vista – sentenzia Bramati – se non forse ai tempi di Roland Liboton. Ricordo che quando correva alla Guerciotti aveva delle gambe mostruose, è forse il paragone più vicino a quello che VDP sta mostrando in giro per i prati europei».

La prossima sfida fra i tre sarà subito dopo Natale, il giorno di Santo Stefano a Gavere, su un percorso molto diverso, con tanta salita e meno passaggi tecnici. C’è chi pensa che questo possa cambiare un po’ le carte in tavola, ma Bramati non è di questo avviso.

«C’è una differenza di potenza enorme – dice – almeno un minuto fra lui e tutti gli altri. Non credo comunque che Van Aert sia preoccupato per questo, è chiaro che il belga è più indietro di preparazione proprio pensando alla stagione su strada».

Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)
Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)

Un altro tassello per Viezzi

A margine della corsa elite, la prova di Anversa ha regalato ancora soddisfazioni anche all’Italia per merito di Stefano Viezzi, secondo nella prova juniores alle spalle del francese Aubin Sparfel che però in classifica si avvicina alla sua leadership e la sfida fra i due diventa di volta in volta più appassionante. Quell’incertezza che a livello assoluto non esiste più, stante la superiorità di Van Der Poel e della sua connazionale iridata Fem Van Empel, all’undicesima vittoria in 11 gare.

Van Der Poel, la “prima” diventa uno show impressionante

16.12.2023
5 min
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Van Aert chiama, Van Der Poel risponde. A pochi giorni dalla vittoria di Essen del campione belga della Jumbo-Visma, anche l’iridato dell’Alpecin Deceuninck esordisce nel ciclocross vincendo. Anzi dominando, perché a Herentals (proprio nella casa del rivale, assente perché in ritiro prestagionale con la squadra in Spagna) VDP non ha lasciato che le briciole ai rivali, mostrando una superiorità imbarazzante sul resto della compagnia.

L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)
L’iridato ha stroncato il gruppo sin dalle prime battute, dimostrando una potenza clamorosa (foto Eurosport)

«Supremazia imbarazzante»

E’ proprio così, “imbarazzante” che definisce la gara Luca Bramati, che l’ha seguita con grande attenzione sugli schermi di Eurosport e subito dopo la sua conclusione tradisce dalla voce lo stupore per quel che ha visto.

«E’ stata una bella gara… per il secondo posto. Così la si può sintetizzare – spiega il bergamasco – perché l’olandese ha messo in chiaro la differenza di potenza con pochissime pedalate. Il campione europeo Vanthourenhout ha provato a tenerlo per i primi 500 metri ed è saltato del tutto, poi ci ha provato Iserbyt, ma a metà primo giro ha mollato e per tre tornate ha sofferto lo sforzo. Non c’era proprio partita, ma anche se la gara è diventata un monologo, ha detto molto…».

Bramati mette l’accento sull’immagine fisica stessa del corridore: «Le telecamere di Eurosport si sono soffermate spesso sulla sua pedalata: VDP ha delle gambe impressionanti, che non ho mai visto a quel livello e mi confermano le impressioni che mi confidava mio cugino Davide (il diesse della Soudal QuickStep, ndr) che lo ha incrociato spesso in questi giorni a Calpe e aveva notato carichi di lavoro spaventosi che Van Der Poel sta facendo già da tempo, chiaramente non pensando solo al ciclocross ma guardando più in là, verso la strada e il suo doppio impegno olimpico considerando anche la mtb».

Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa
Nel fotogramma della telecronaca di Eurosport emerge la potenza e l’agilità di VDP, anche nella corsa

La sfida non c’è stata

A questo punto non si può più parlare neanche di rassegnazione da parte degli avversari: «No, è una presa d’atto, sanno che contro uno del genere non si può nulla, se non c’è un intervento esterno come una caduta. Anzi, a Herentals Van Der Poel a ogni giro guadagnava manciate piene di secondi, poi è scivolato a metà gara e da allora è andato avanti con grande circospezione, spendendo la metà di quel che poteva, infatti guadagnava molto meno».

La gara di Herentals, valida per l’H2O Badkamers Trofée, era la prima occasione in cui si ritrovavano insieme almeno due dei “tre tenori”, nel caso VDP e Pidcock, ma non si può certo parlare di una sfida fra loro due perché il britannico, per ragioni di ranking, è stato costretto a partire quasi dal fondo e per più di metà gara ha dovuto pensare ai tantissimi sorpassi da effettuare.

Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti
Per Pidcock una prima parte di gara tutta in rimonta, ma anche lui si è mostrato ampiamente superiore a tutti

L’esordio di Pidcock

«Tom ha fatto una bellissima gara – è il giudizio di Bramati – il suo secondo posto finale di fronte a Vdp non lo sminuisce minimamente. Non si può parlare di sfida e in questa occasione non credo neanche ci sarebbe stata se fossero partiti alla pari, troppa la potenza dell’olandese. Il corridore della Ineos però ha corso con grande intelligenza, si è gestito nei primi giri riguadagnando con calma. Poi ha badato a Iserbyt, Van Der Haar e Mason e nel giro finale ha espresso la sua maggiore potenza sui tre. Una grande prestazione anche la sua».

L’impressione è che i due abbiamo comunque grandi margini di crescita, sia nella prestazione fisica, ma ancor più dal punto di vista tecnico: «E’ indubbio e ho l’impressione che lo sappiano entrambi – prosegue Bramati – anche per questo VDP dopo lo scivolone ha scelto una condotta più controllata. C’è da lavorare sul piano della guida anche perché non tutti i percorsi esaltano la potenza come quello di Herentals. C’è però un aspetto da sottolineare a proposito del vincitore: nella principale salita del circuito, quella dove tutte le ragazze scendevano di bici e anche gli uomini hanno sempre faticato a restare in sella, lui saliva con il 50 davanti…».

VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente
VDP nelle interviste dopogara ha espresso tutta la sua soddisfazione per un esordio molto promettente

VDP-Van Aert, la vigilia di Natale

«Questo è un dato che dice tutto della superiorità fisica che può mettere in campo – continua nella sua disamina Bramati – sinceramente non so se Van Aert sia allo stesso livello. E’ chiaro che una vittoria come quella odierna esalta ancor di più la prima sfida che vedrà impegnati tutti e tre, la vigilia di Natale ad Anversa».

Davanti ai microfoni Pidcock, pur soddisfatto della sua prima prestazione sui prati giudicandola anche oltre le sue aspettative della vigilia, ha confermato che per quest’anno i mondiali non sono nel suo programma, allineandosi così all’idea di Van Aert. Dopo un dominio così schiacciate, verrebbe da pensare che il titolo mondiale di ciclocross 2024 sia già virtualmente assegnato, ma Bramati mette in guardia.

«Il percorso di Tabor – dice – è molto diverso, soprattutto se sarà ghiacciato. Allora potrebbe diventare più difficile di quello di Vermiglio. In Repubblica Ceka conteranno altri aspetti oltre alla potenza: la guida, l’equilibrio, anche la calma. Io dico che Van Der Poel sarà nettamente il favorito, ma la corsa se la dovrà giocare».

Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)
Il podio finale con VDP, Pidcock secondo a 27″, terzo Van Der Haar a 28″, ora leader del circuito (foto Eurosport)

Qualcosa di unico

Resta comunque la sensazione che in nessuno sport, neanche nel tennis al tempo dei “big four” Djokovic, Nadal, Federer e Murray, ci sia mai stato uno strapotere tale da parte di pochissimi corridori, capaci appena entrano in gioco, senza nessun passaggio intermedio, senza alcun prologo agonistico, di dare scacco matto a chi la stagione l’ha affrontata tutta crescendo gara dopo gara. E solo il tempo potrà dire se questo per la disciplina è un bene…