Renshaw di nuovo al fianco di Cav. Non solo per il record

16.11.2023
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E’ singolare il fatto che una delle più grandi scommesse della prossima stagione ciclistica sia legata a un corridore che compirà a maggio 39 anni. All’Astana Qazakstan Team i lavori per permettere a Mark Cavendish di stabilire l’agognato record di vittorie al Tour (il britannico ha già eguagliato il primato di Merckx) sono già cominciati, anche se il primo ritiro pre-stagionale deve ancora arrivare.

Intorno al corridore dell’Isola di Man si sta costruendo un’intelaiatura di prim’ordine: è arrivato Morkov, il re dei pesce-pilota e chi lo aveva preceduto in questo ruolo negli anni d’oro del britannico, ossia l’australiano Mark Renshaw è tornato al fianco del compagno di mille battaglie, questa volta come consulente per gli sprint.

Renshaw è stato un ottimo velocista, con 11 vittorie all’attivo. Vanta anche molti successi su pista
Renshaw è stato un ottimo velocista, con 11 vittorie all’attivo. Vanta anche molti successi su pista

Renshaw è ancora nella sua terra natia agli antipodi, ma sta già ragionando su quel che si potrà e si dovrà fare per regalare all’amico Mark l’ultima grande gioia: «Io ho smesso di pedalare professionalmente nel 2019. Sono tornato in Australia e ho aperto due negozi di biciclette dove vivo. Nel periodo del Covid l’impegno è stato molto intenso, ma ora c’è un po’ di calma e mi sono potuto rimettere in gioco. Per me è davvero un piacere tornare a lavorare nel ciclismo professionistico, è nel mio sangue».

Tu che lo conosci bene, è ancora il Cavendish in grado di lottare con i più forti sprinter?

Credo di sì. Credo che sia ancora in grado di lottare per la vittoria. Penso anche che quest’anno, al di là dello strapotere di Philipsen, con un po’ più di fortuna e alcune cose messe al punto giusto, una vittoria sarebbe stata possibile. L’anno prossimo sarà pronto, perché quando avremo superato questa offseason, mancheranno solo sei mesi al Tour, ma lui sa come preparare la sua formazione, e penso che la sua esperienza significherà molto.

Renshaw e Cavendish hanno corso insieme nel 2009-10 alla Columbia-Htc e nel 2016-19 alla Dimension Data
Renshaw e Cavendish hanno corso insieme nel 2009-10 alla Columbia-Htc e nel 2016-19 alla Dimension Data
Secondo te dovrà puntare tutto sul Tour o lo potremo vedere protagonista anche in primavera?

Penso che l’obiettivo della squadra sia partire forte e conquistare vittorie già da inizio stagione. Abbiamo una squadra che ha davvero esperienza, con Morkov e Ballerini insieme a Cav abbiamo un treno di grandi talenti, quindi non vedo alcun motivo per cui non dovremmo essere in grado di vincere le gare prima del Giro di Francia.

Come intendi lavorare con lui nella preparazione e nell’approccio alle volate, cambia qualcosa rispetto al passato?

Ci sono stati alcuni enormi sviluppi nel ciclismo, principalmente riguardo alla tecnologia che possiamo usare per analizzare i finali di gara. Poi ci sono tutti quei fattori fuori dalle corse, dall’allenamento alla nutrizione al recupero. Il mio lavoro sarà dare a Mark come a tutti i corridori la maggior quantità di informazioni possibili, la massima esperienza che posso trasmettere. Alla sua età c’è poco da cambiare, sa bene come si fa, come sfruttare ogni fattore. Io credo che avremo successo. Io potrò fare la mia parte, ma saranno i corridori a correre…

L’australiano è molto legato a Cav, anche fuori dalle corse. E’ stato scelto anche per questo
L’australiano è molto legato a Cav, anche fuori dalle corse. E’ stato scelto anche per questo
Quest’anno arriva Morkov come ultimo uomo: quali sono le differenze fra te e lui?

Non c’è una grande differenza tra noi quando eravamo entrambi nel fiore degli anni. Morkov è ancora lì, un vero professionista in grado di fare la differenza. Rispetto a quando correvo io, penso che il ciclismo sia cambiato, ci sono sicuramente più squadre di livello superiore e ci sono più velocisti di alto livello. Prima Cav forse aveva due o tre velocisti davvero forti, sempre difficili da battere, ma pochi del suo livello. Ora ce ne sono almeno cinque o sei che possono presentarsi ad una gara ed essere competitivi. Penso che davvero la profondità dei velocisti di vertice sia aumentata negli ultimi anni e questo rende tutto più difficile.

Tornando al passato, quali sono le più grandi soddisfazioni che hai vissuto con Mark, c’è una volata che ti è rimasta impressa?

Guarda, il più iconico è sempre lo sprint finale del Tour, è lì che si stappa lo champagne… E’ sempre la foto che resta nella storia del Tour de France. Ma dico sempre che alcuni dei migliori sprint sono stati in gare meno conosciute. Ad esempio, Giro della Turchia, Giro della California. Lì abbiamo fatto alcuni dei migliori sprint di sempre, la mia potenza era la massima della carriera, ma poiché non sono il Tour de France, non sono stati visti da così tante persone.

Il trionfo di Cavendish nella tappa finale del Tour 2009, dietro Renshaw, 2°, festeggia allo stesso modo… (foto Getty Images)
Il trionfo di Cavendish nella tappa finale del Tour 2009, dietro Renshaw, 2°, festeggia allo stesso modo…(foto Getty Images)
E’ difficile lavorare con Mark in corsa, che tipo è?

Non penso che sia difficile lavorare con lui: quando arrivavamo a una gara avevamo obiettivi chiari, avevamo un quadro chiaro di come dovevamo raggiungere l’obiettivo e abbiamo seguito tutti i passi necessari. Avevamo ottimi compagni di squadra su cui potevamo contare e la fiducia all’interno del team ha reso tutto facile. Mark sapeva bene che ero sempre in grado di metterlo nella posizione giusta, di pilotarlo verso il momento giusto nelle condizioni ideali. Non direi che sia stato difficile. Avevamo semplicemente grandi aspettative l’uno verso l’altro e penso che questo sia ciò che ha fatto la differenza più grande.

E come carattere?

Sì, siamo personaggi molto diversi, per alcuni lati opposti. Ma in gara eravamo la stessa cosa, concentrati e anche grintosi quando serviva. Nel finale ci trasformavamo. Al di fuori della gara siamo molto diversi. Io sono molto più calmo e ho un approccio molto più pianificato, lui a volte lascia che le cose lo influenzino in un modo o nell’altro, mentre io stesso cerco di concentrarmi su quel che posso fare.

A Morkov è affidato il compito di pilotare Cavendish verso il sogno delle 35 vittorie al Tour
A Morkov è affidato il compito di pilotare Cavendish verso il sogno delle 35 vittorie al Tour
Vedi nell’ambiente un altro Cavendish che sta crescendo?

Non credo che ci sia alcun velocista che abbia qualche possibilità di imitare Cav. Ewan sembrava aver intrapreso un percorso simile, ma in realtà gli ultimi due anni non sono stati eccezionali. Ma per quanto mi riguarda, non vedo nessun giovane sprinter che possa davvero raggiungere i limiti che Cav aveva quando era giovane. Mark è inimitabile…

Cav vuole la 35ª vittoria al Tour. Zanini studia la “missione record”

01.11.2023
4 min
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Il Tour de France 2024 ha classificato otto frazioni come “piatte”, adatte quindi ai velocisti. Sono le otto occasioni di Mark Cavendish per battere il record assoluto di vittorie nella Grande Boucle e staccare così Eddy Merckx. Sono le tappe che gli hanno fatto decidere di rimandare l’addio alle corse. Otto occasioni di cui non solo Cav, ma anche il suo direttore sportivo Stefano Zanini, sono ben consapevoli.

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana-Qazaqstan
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana-Qazaqstan

Meno velocisti?

L’Astana-Qazaqstan  ha tenuto gli occhi puntati sulla presentazione del Tour. Più che altro per capire quanto potesse essere reale questa possibilità del record. E il terreno c’è, per i dettagli magari ci sarà tempo, ma intanto si può iniziare a mettere giù la “missione record”.

«Qualcosina – spiega Zanini – abbiamo visto. Di certo nel complesso si tratta di un Tour impegnativo, anzi bello duro direi. Quest’anno poi, guardandola dal punto di vista dei velocisti, manca Parigi e quindi non c’è il classico arrivo sui Campi Elisi. Il gran finale di Nizza avverrà con una crono. Questo fattore magari potrebbe scoraggiare qualche velocista. Qualcuno potrebbe tagliare la corda anzitempo senza l’obiettivo finale. Poi è chiaro, se è in lotta per la maglia verde no, però qualcun altro potrebbe pensare di non tenere duro fino in fondo, specie con le Olimpiadi a seguire».

Quest’ultimo aspetto potrebbe essere una piccola carta a favore di Cavendish. Qualche ruota veloce potrebbe gestire in modo differente il Tour de France, tanto più che l’Olimpiade parigina sembra essere abbastanza veloce. 

Tour 2013: Cavendish vince a Saint-Amand Montrond precedendo Sagan e una lunga lista di scalatori
Tour 2013: Cavendish vince a Saint-Amand Montrond precedendo Sagan e una lunga lista di scalatori

Otto tappe

Le frazioni veloci iniziano dalla terza e si concludono alla 16ª. E quelle in mezzo chiaramente non sono tutte per gli sprinter.

«Penso – riprende Zanini – che le tappe adatte allo sprint possano essere queste: la terza, Torino; la quinta, Saint Vulbas; la sesta, Dijon; l’ottava, Colombey; la decima, Saint-Amand Montrond; la dodicesima, Villeneuve sur Lot; la tredicesima, Pau, e la sedicesima, Nimes».

Alle otto piatte individuate dal Tour noi aggiungeremmo anche le frazioni di Troyes (9ª tappa) e quella di Barcelonette (18ª tappa). Il Tour le classifica come ondulate, ma nel complesso sembrano essere veloci… almeno su carta. Poi si sa: la corsa la fanno i corridori e magari arriva la fuga anche in una di quelle otto tappe piatte.

«Per Cav già la terza tappa è un’opportunità importante. La Piacenza-Torino. E’ totalmente piatta. E potrebbe essere l’obiettivo. Ma ogni occasione di tappe veloci è buona e va sfruttata. Per il resto dobbiamo studiarle bene, oggettivamente non abbiamo ancora un quadro preciso degli arrivi e delle altimetrie. Magari faremo qualche sopralluogo in occasione della Parigi-Nizza se ci sarà qualche tappa che arriva in prossimità delle sedi di arrivo del Tour. Vediamo…».

Cavendish ha già vinto in due località in cui si arriverà il prossimo anno: Nimes (nel 2008) e Saint-Amand Montrond (nel 2013). Magari è un piccolo segno del destino, magari quegli arrivi sono ancora ideali per lui e per la sua squadra. 

La vittoria di Nimes fu la quarta in assoluto delle sue 34 e l’ultima di quel Tour de France. Mentre è interessante quella di Saint-Amand Montrond. Quella infatti non era una frazione del tutto piatta. E infatti quel giorno Mark precedette Sagan (che non era solo un velocista) e una corposa serie di scalatori: Mollema, Fuglsang… Pensate che Contador fu settimo!

Chiaro. Non è più il Cav che tiene in quel modo sugli strappetti, ma occhio a tagliarlo fuori prima del previsto. Manzoni, altro diesse dell’Astana, pochi giorni fa ci ha detto che l’inglese col peso non era messo male.

La vittoria di Cav a Roma al Giro è stata importantissima per l’assalto a questo record
La vittoria di Cav a Roma al Giro è stata importantissima per l’assalto a questo record

Motivazione e serenità

Questo record in ogni caso “acchiappa”. Anche in gruppo se ne parla. E anche in gruppo l’ex campione del mondo ha dei fans. Elia Viviani per esempio è convinto che Cav possa farcela. Che è motivato.

«Dico che ha ragione Elia – incalza Zanini – Cav è super motivato e credo che quest’anno abbia qualcosina in più. Qualcosa che anche noi siamo riusciti a dargli. Penso al suo preparatore Anastopoulos, all’arrivo di Morkov come apripista e al fatto che è già con noi, mentre lo scorso anno è arrivato a fine dicembre e ha trovato quel che c’era. Non potevamo fare molto. Credo che tutto ciò, messo insieme, possa farlo stare più tranquillo e più sereno».

«Io penso che stia nascendo un treno non indifferente: oltre a Morkov, ci sono Bol, Ballerini… Gente importante, che quando ci saranno quelle occasioni si metterà a sua completa disposizione, come del resto abbiamo fatto quest’anno prima che cadesse. E ci potrà essere qualche rischio in meno nel controllare la corsa. L’unica cosa che vorrei, è riuscire a lavorare bene prima del Tour, facendo tante gare insieme».

In Turchia si è rivisto Cavendish. Manzoni: «Leader motivato»

23.10.2023
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Durante il Giro d’Italia aveva annunciato il ritiro, non prima di andare al Tour de France per accaparrarsi il record assoluto di vittorie di tappa. Poi dopo la caduta e il conseguente ritiro, Mark Cavendish è tornato sui suoi passi. Non c’è stato un ritorno ufficiale. Anzi…

Fatto sta che all’ultimo Giro di Turchia, Cav è arrivato ultimo. Che il corridore dell’Astana-Qazaqstan abbia concluso la sua prova in “maglia nera” poco conta. Conta che c’era. Conta che dopo il Tour sia tornato a mettere il numero sulla schiena.

Mario Manzoni (classe 1969) è stato pro’ per 14 stagioni. Oggi è uno dei diesse dell’Astana
Mario Manzoni (classe 1969) è stato pro’ per 14 stagioni. Oggi è uno dei diesse dell’Astana

In quei giorni turchi a dirigerlo dall’ammiraglia c’era Mario Manzoni, grande ex velocista, e oggi diesse del team kazako. Team che in Turchia la classifica non solo l’ha chiusa, appunto con Cavendish, ma l’ha anche aperta con Lutsenko. 

Quando lo intercettiamo, Manzoni è di ritorno da Dalmine. Anche l’Astana-Qazaqstan ha concluso il suo ritro “senza bici”, un breve raid nel bergamasco. «Solo che noi – dice il direttore sportivo lombardo – non eravamo tutti. C’erano i nuovi arrivati e qualche senatore, come Cav appunto, e Lutsenko che hanno accolto i nuovi innesti e le giovani leve. Mark è un personaggio vero. Ce ne rendiamo conto e per questi eventi ci deve essere. E’ un riferimento per i campioni in gruppo, figuriamoci per i nuovi del nostro team». Tra i nuovi arrivati, tanto per ricordarne uno, c’è anche Michael Morkov.

Cav al lavoro per la squadra durante il Giro di Turchia
Cav al lavoro per la squadra durante il Giro di Turchia
Mario, partiamo dal Giro di Turchia. Ti sei ritrovato Cavendish. Un ritorno importante…

Secondo me è stato importante che Mark sia rientrato in corsa. Aveva preso questo accordo con la squadra e sono convinto che gli abbia fatto bene, visto come è andata la sua stagione e vista quella che verrà.

Ci puoi raccontare del suo “non ritiro”?

La caduta al Tour l’aveva lasciato con l’amaro in bocca. Lui era, ed è, molto motivato nell’inseguire questo record di vittorie, ma anche per le altre gare. Vinokourov gli ha lanciato subito la proposta di continuare dopo l’abbandono della Grande Boucle. Ma abbiamo avuto subito il sentore che la cosa non sarebbe finita lì. E’ una mia sensazione.

Hai parlato positivamente della gara in Turchia di Cav, nonostante sia arrivato ultimo. Su che basi giudichi dunque la sua prestazione?

La giudico nel complesso e nel lavoro che ha svolto. Le prime tappe erano impegnative e lui era un po’ che non correva, di fatto dal ritiro al Tour, okay si è allenato, ma la corsa è un’altra cosa. Nel frattempo abbiamo vinto la tappa e preso la maglia con Lutsenko, a quel punto dovevamo controllare la gara. Ebbene, Mark ha svolto un grande lavoro nei primi 100, anche 150 chilometri, facendoci risparmiare degli uomini per il finale. Quindi il suo è stato un supporto vero, concreto. E si è mostrato un vero leader, sia in corsa che fuori.

Cavendish e Lutsenko, leader veri. In particolare Cav è parso sereno nella trasferta turca
Cavendish e Lutsenko, leader veri. In particolare Cav è parso sereno nella trasferta turca
Cavendish è da voi solo da un anno e tu sei il secondo direttore sportivo dopo Zanini a dirci del suo essere leader anche al di fuori della corsa…

E’ così. Cavendish in gruppo è sereno. Ha dato messaggi forti alla squadra. Con Lutsenko è stato un vero leader. Si è ambientato bene.

Insomma il suo è un ritorno vero. Non è il campione che si trascina e che non accetta l’idea del fine carriera…

Se uno come lui corre ancora di certo non lo fa per soldi o perché non sa cosa fare nella vita, ma lo fa perché ha una super motivazione. Come ho detto si è trovato bene in squadra. C’è gente che gli vuole bene e che lo ha accolto alla grande. Mark è un personaggio costruttivo, anche nelle critiche. Ogni volta che l’ho diretto, ho trovato un professionista serio e motivato. Allo ZLM Tour in Olanda, ricordo che era molto attento, guardingo… ma solo perché aveva paura di cadere prima del Tour.

Mario tu sei stato un velocista e sappiamo che col passare degli anni è sempre più difficile per uno sprinter primeggiare, tanto più oggi che ci sono dei ragazzini subito vincenti. Che idea ti sei fatto? Davvero Cav ce la può fare?

E’ vero, è sempre più difficile e si sa che con il passare degli anni si perde esplosività, ma è anche vero che lui è Cav… e non è uno normale! Vuole questo record, è consapevole che ha a che fare con velocisti molto forti. Li rispetta, ma non li teme. Il fatto che sia riuscito a vincere al Giro è stato importantissimo. Sa che ci può credere. Non è facile, ma se ci crede allora è sul pezzo.

Un buon clima in squadra. Poche volte si era visto il britannico (a destra) tanto sorridente e disponibile
Un buon clima in squadra. Poche volte si era visto il britannico (a destra) tanto sorridente e disponibile
Talmente sul pezzo che è riuscito non solo a non far smettere Morkov, ma anche a farlo arrivare da voi. Il danese si aggiunge così a Ces Bol e forse anche a Michele Gazzoli che abbiamo visto molto attivo nei finali veloci per Syritsa.

Lo scorso anno Bol, come Cav, era rimasto coinvolto nel caso B&B Hotels. Abbiamo trovato l’accordo anche con lui e posso dire che sono molto contento di averlo in squadra, a prescindere da Cav perché Ces è un corridore vero. Sarebbe stato un peccato perderlo. Ora è arrivato anche Morkov e abbiamo visto in questi anni le sue qualità di apripista. Da quel che ho visto alla tv il feeling con Jakobsen non è più lo stesso. Da ex velocista ho notato piccoli dettagli, movimenti, dai quali si capisce che forse Jakobsen non si fida più ciecamente di lui. Forse lui stesso ha perso un po’ di sicurezza dopo l’incidente. E spesso avevano avuto i presupposti per primeggiare.

Il ritorno alle corse di Cav dunque non è stato fine a se stesso, gli ha consentito di finire l’anno un po’ come tutti gli altri, di riprendere l’inverno con una certa routine e magari anche di controllare il peso?

Esatto. Pensate se non avesse più corso dal Tour. Sarebbero passati 6-7 mesi prima della gara successiva. Avrebbe fatto più fatica con il ritmo gara, con certi automatismi con la squadra e certe sensazioni. Col peso non era messo male. Certo, non era super tirato, ma aveva fatto la BIA (bioimpedenziometria, ndr) ed era in linea con il periodo.

Philipsen strozza l’urlo di Cavendish e fa infuriare Girmay

07.07.2023
4 min
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«Tu stavi per alzare le braccia – dice Zanini con un sorriso amaro – se vinceva Cavendish, io alzavo la macchina…».

La volata di Bordeaux si è conclusa da poco con la terza vittoria di Jasper Philipsen, ma anche questa volta, come nel primo sprint a Bayonne, alle sue spalle non si sono levati applausi ma pugni al cielo. Sono furibondi quelli della Intermarché-Circus e anche l’Astana non è parsa troppo conciliante. Al punto che Bourlart del team belga e lo stesso kazako sono andati a parlare con la Giuria dello spostamento plateale del vincitore da sinistra a destra, che ha ostacolato i rivali: Girmay su tutti. I due si erano stretti la mano dopo che Biniam aveva soffiato al collega i punti del traguardo volante, ma ora la rivalità rischia di farsi incandescente.

La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa
La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa

«Tanto non lo squalificano – riprende Zanini – ormai non si può più fare reclamo come una volta. Loro decidono e così resta. Comunque ci riproviamo. “Cav” sta bene, meglio che al Giro. E arrivato qua più magro e al Tour le motivazioni non mancano di certo. Magari il giorno non sarà domani, visto che l’arrivo un po’ tira, ma le occasioni ci sono.

«Peccato anche che per rientrare da un cambio bici abbiamo impiegato un sacco di strada. Ci sono più moto che corridori. I giudici vogliono tenere la colonna stretta, ma quando è il momento di tenere le macchine vicine, non ti fanno passare. E lì si creano i buchi. E’ già la seconda volta…».

La Giuria ha rivisto il filmato e ha giudicato regolare la vittoria di Philipsen. Cavendish in ogni caso non ne era stato ostacolato, ma in caso di squalifica, avrebbe avuto la vittoria che gli manca.

Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen
Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen

Nessun regalo

Philipsen fa il tris con il solito imperiale lavoro di Mathieu Van der Poel, che è partito fortissimo per portarlo fuori dal gruppo e c’è da capire se spenderebbe di meno e otterrebbe ugualmente il risultato voluto se partisse più lungo e in modo più graduale.

«Ancora una volta – dice Philipsen – possiamo essere orgogliosi di una grande prestazione di squadra. Senza di loro e il modo in cui lavoriamo e ci troviamo, non sarebbe possibile vincere. Sono sempre stato coperto e ho risparmiato perfettamente le forze per lo sprint. Chiunque mi avesse detto una settimana fa che avrei vinto le prime tre volate, lo avrei preso per pazzo, sono davvero molto felice e orgoglioso.

«Cav è stato di nuovo fortissimo – prosegue – mi piacerebbe anche vederlo vincere. Penso che tutti glielo augurino. Sicuramente continuerà a provarci, ma io non gli regalerò niente. Non vedo l’ora che arrivi lo sprint di Parigi, ne sto facendo il mio obiettivo, oltre alla maglia verde».

Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo
Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo

Le scelte di Van Aert

Chi invece nella volata non si è buttato e ha preferito sfilarsi e arrivare oltre i tre minuti è Wout Van Aert, visto in coda al gruppo per tutto il giorno e poi sfilato nel momento in cui i team hanno accelerato per preparare la volata.

«Ovviamente ero un po’ stanco dopo una giornata come quella di ieri – ha detto – è stata super dura per tutta la squadra. Naturalmente speravamo che Jonas (Vingegaard, ndr) potesse mettere la ciliegina sulla torta con una vittoria di tappa, invece ci siamo imbattuti in un Pogacar fortissimo. Dobbiamo accettarlo ed essere felici di avere ancora vantaggio in classifica. La battaglia è tutt’altro che finita. Non ho sprintato perché penso che la corsa di domani mi vada meglio. E’ il momento di fare delle scelte».

Moscon: all-in “sull’operazione Cavendish”

05.07.2023
5 min
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VITORIA GASTEIZ – Gianni Moscon è l’ombra di Mark Cavendish. Dove va l’inglese, va il trentino. Anche durante la prima tappa sono passati insieme sul Pike. Cav davanti, cioè nelle retrovie ma davanti a Gianni, a prendersi gli applausi e Moscon ciondolante alla sua ruota. Ma era ciondolante non perché fosse affaticato, anzi…

Dopo il Giro d’Italia ammettiamo che siamo rimasti un po’ stupiti di vedere Gianni al Tour de France. Eppure in casa Astana-Qazaqstan, dal diesse Stefano Zanini al preparatore Maurizio Mazzoleni, e in parte fino a Gianni, stesso ci dicono che la corsa gialla era prevista.

Astana tutta intorno a Cav. Occupano 4 delle ultime 5 posizioni della generale. Quando hanno potuto hanno risparmiato il massimo
Astana tutta intorno a Cav. Occupano 4 delle ultime 5 posizioni della generale. Quando hanno potuto hanno risparmiato il massimo

Zanini, ora tocca a Gianni

Moscon viene da una stagione e mezza a dir poco tribolata. Anche, alla fine, noi è un anno che scriviamo delle sue difficoltà, del fatto che ha pagato a carissimo prezzo il Covid, che è stato sfortunato ad inizio stagione con frattura della clavicola in Australia… però è qui.

«Gianni – dice Zanini – è un corridore importante per la squadra. Quel che conta è che stia bene lui e che riesca a sbloccarsi, magari anche a vincere una tappa. Sarebbe una bella cosa per lui, in primis. E anche per noi chiaramente».

Gianni “ha vinto” un sorta di trials con altri compagni per essere schierato in Francia, segno che la sua presenza non era poi così scontata.

«Il livello – prosegue Zazà – è altissimo ovunque, ma qui al Tour c’è sempre qualcosina in più e bisogna portare i corridori più in condizione – il riferimento è alla selezione fatta in Astana per i posti disponibili – e così dopo io campionato italiano gli abbiamo comunicato che sarebbe venuto al Tour».

Maurizio Mazzoleni, preparatore della squadra kazaka
Maurizio Mazzoleni, preparatore della squadra kazaka

Per Cav prima di tutto

La condizione sembra esserci, il talento non manca e così l’obiettivo. Gianni è uscito bene dal Giro d’Italia. Probabilmente una grossa fetta di Tour se l’è guadagnata a Roma, nell’ultima tappa del Giro, quando ha aiutato parecchio, e bene, Cavendish. E Mark, che la sa lunga, in qualche modo lo ha precettato. 

«Era nei programmi che Moscon facesse Giro e Tour – ha spiegato Mazzoleni – poi non è facile da realizzare questa accoppiata in quanto tra le quattro settimane tra un Giro e l’altro deve andare tutto bene. Gianni ha avuto qualche giorno d’intoppo per uno status influenzale, ma poi lo ha risolto. Ha recuperato una settimana post Giro, ha avuto appunto quell’intoppo e ha ripreso ad allenarsi. Non è andato in altura».

«Come arriva a questo Tour? Dico in buone condizioni. Inizialmente dovrà fare un lavoro di appoggio a Mark, un lavoro che ha fatto benissimo al Giro d’Italia. Poi vediamo strada facendo come andrà. Nei team si procede per obiettivi e quello minimo è di stare accanto a Cavendish, poi vedremo se potrà andare a caccia di una tappa.

«In generale dico che è stato importantissimo il fatto che Gianni abbia finito il Giro dopo l’anno travagliato che ha passato. Quello è stato il primo step, adesso dobbiamo aggiungerne un altro e siamo fiduciosi che possa fare bene nel ruolo che ha».

Per la storia

E poi c’è il diretto interessato. Gianni Moscon ci parla in modo diretto. Ormai è un adulto e un corridore esperto. La forma della gamba sembra essere buona all’occhio esterno e così le sue parole. Parole di chi ha una grande consapevolezza… che non tutto è rosa e fiori, neanche se sei al Tour.

«Era previsto che fossi qui? Diciamo di sì – sbuffa un po’ Gianni, come a dire che forse si aspettava un avvicinamento diverso nell’arco della stagione – Siamo qui con Mark e proveremo a fare qualcosa di storico. 

«Vero in queste prime tappe l’ho scortato e questo è il mio ruolo, almeno per ora. Poi magari, strada facendo, avrò un po’ di spazio per me, ma l’obiettivo principale è quello di stare vicino a Cav. Le ambizioni sono grandi e giustamente ha bisogno di tutto l’aiuto possibile».

Gianni ammette di essere uscito bene dal Giro. Anche lui parla di quei giorni di influenza: ha dovuto prendere qualche antibiotico, però adesso sta bene. Il caldo e la continuità nel correre lo stanno rimettendo in sesto definitivamente. 

«Dopo l’italiano – ha concluso Moscon – ho fatto solo scarico, mi sentivo stanco. Ma qui, ripeto, mi sento bene. Non è facile. Anche dal punto di vista della testa dopo quello che ho passato nelle ultime stagioni, ma non bisogna mai mollare. Certe cose puoi risolvere solo te stesso. Purtroppo mi rendo conto che a volte è difficile essere capiti. E non sempre vieni aiutato».

Cavendish, Thomas e gli amici: il punto di Guarnieri

01.06.2023
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«Well, if I couldn’t win, I thought I might as well try and help an old mate out. Call it an early retirement pressie, Mark Cavendish. Chapeau mate»

Questo post di Geraint Thomas su Instagram, completato dalla foto che vedete in apertura, è stato il suo modo di salutare l’amico Cavendish alla fine del Giro. Bene – dice il gallese – visto che non potevo vincere io, ho pensato che avrei ugualmente potuto aiutare un vecchio amico. Consideralo un regalo anticipato per la pensione. Complimenti, amico.

Il gesto più bello del Giro, certe cose te le aspetti solo nei film. Venivamo già dalla spinta a Roglic da parte dell’amico ritrovato sulla strada, per cui quando nell’ultima tappa del Giro abbiamo visto Thomas lanciare Cavendish nella volata, qualche brivido c’è venuto. Thomas che aveva appena perso la maglia rosa e Cavendish pieno di dubbi per lo sprint smarrito.

Van der Poel che manda a Pogacar un messaggio con le dritte per vincere l’Amstel. Il giovane Enric Mas che tira per il suo mentore Contador nel giorno della sua ultima vittoria sull’Angliru. Corridori di squadre diverse che si aiutano fra loro. Ne parliamo con Jacopo Guarnieri, un uomo che non ha mai smesso di farsi domande e di approfondire gli aspetti meno evidenti di uno sport che corre così veloce da far passare inosservati i piccoli gesti. 

Guarnieri, qui con Mosca, è alla Lotto-Dstny da quest’anno
Guarnieri, qui con Mosca, è alla Lotto-Dstny da quest’anno

Caleb vince ancora

Jacopo è tornato dal Belgio, dove finalmente ha scortato Caleb Ewan alla prima vittoria. Da ultimo uomo, il piacentino si è ritrovato a fare il penultimo e a scandire i tempi dello sprint. Visti anche gli anni che passano, non dover più sgomitare come un kamikaze non lo disturba. Dopo gli ultimi due anni sotto tono, il piccolo tasmaniano si era messo a fare tutto da solo, mentre da poche settimane il meccanismo del treno ha preso a funzionare. Così sabato ha vinto la Van Merksteijn Fences Classic davanti a Merlier. Lunedì invece è arrivato secondo, con una foratura agli ultimi 6 chilometri, dalla quale è rientrato come un missile.

Ma veniamo al dunque, Jacopo: che cosa hai pensato vedendo il gesto di Thomas?

E’ stato super bello. Thomas si è trovato davanti, perché lo hanno portato ai 3 chilometri per salvaguardare il secondo posto. E quando ha visto Cav, si è detto: «Vabbè, diamogli una mano». Secondo me sono cose che succedono molto più spesso di quello che magari si è potuto notare al Giro. Questa cosa è stata evidente soprattutto perché Mark ha vinto, aiutato dal secondo in classifica generale. 

Sabato nella Van Merksteijn Fences Classic è arrivata la vittoria per Caleb Ewan (foto Cor Vos)
Sabato nella Van Merksteijn Fences Classic è arrivata la vittoria per Caleb Ewan (foto Cor Vos)
Succedono davvero così spesso?

Sono gesti possibili nei contesti dove non ci sono interessi che vanno a collidere. La Ineos non aveva velocista, oltretutto era anche l’ultima tappa, quindi cascava proprio a pennello. “G” si è ritrovato secondo me nella posizione giusta per dargli una mano e l’ha fatto ben volentieri

A te è capitato mai di aiutare uno di un’altra squadra perché era tuo amico?

Capita ai campionati italiani, visto che comunque i percorsi non sono mai particolarmente simpatici per noi velocisti. Visto che spesso sono l’unico atleta della mia squadra, perché sono da tanti anni all’estero, mi capita di appoggiarmi a qualche altro team. Ad esempio, a Imola 2020 mi ero organizzato con la Bahrain di Colbrelli. Durante la corsa sono andato più volte a prendergli le borracce. A Sonny e anche a Damiano Caruso. C’era Milan che tirava e così ne ho prese un paio per tutti. Non è che Sony abbia vinto perché gli ho dato le borracce, però mi venne spontaneo farlo in quel contesto di amici. C’era anche Eros Capecchi, fu naturale dargli una mano. Una volta invece mi aiutò Luis Leon Sanchez…

In quale corsa?

Una tappa del Tour 2016 che arrivava in Normandia e vinse Cav. Se non ricordo male, c’era la maglia gialla in ballo e io ero da solo a fare il treno per Kristoff. Quelle fasi dai meno 30 ai meno 5, dove praticamente sei in una linea unica: dalle telecamere sembra non succeda nulla, invece è battaglia. E Sanchez fece per me la stessa cosa. Mi fece segno di stargli a ruota e mi portò tranquillamente fino ai meno 5. Lui non aveva uomini di classifica o velocisti. Se non hai niente da perdere è uno scambio che fai molto volentieri e non solo verso chi vince. Un’altra volta a un Eneco Tour c’era Felline che combatteva per una posizione buona. Io sapevo che poco dopo mi sarei staccato e allora l’ho riportato su. Insomma, a volte sono gesti meno plateali, però capitano molto spesso.

Vuelta 2017, Mas aiuta Contador che sull’Angliru vincerà la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Vuelta 2017, Mas aiuta Contador che sull’Angliru vincerà la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Alla base deve esserci stima?

Assolutamente. Lo fai per una persona per cui hai stima e amicizia e in questo fra italiani ci aiutiamo spesso, perché siamo un bel gruppo. Generalmente siamo molto uniti ed è una cosa che si nota molto spesso quando andiamo a fare le corse con la nazionale. Non a caso Thomas e Cavendish hanno la stessa nazionalità e si conoscono da una vita.

Nei treni c’è spazio per l’amicizia?

Ci sono corridori di cui hai rispetto, nei confronti dei quali sei corretto. Di recente, in una corsa vinta da Groenewegen, c’era Moschetti da solo. Mi è bastato chiamarlo un paio di volte e mi ha lasciato passare per seguire il treno. A volte è un bel gesto anche lasciare… la porta aperta, è una forma di aiuto.

Al prossimo Tour, se Ewan fosse fuori gioco, aiuteresti Demare?

Più che altro non gli farei dei torti, non di proposito. In questi contesti, può capitare di mettersi a lato, sapendo che l’avversario è lì. Ti piazzi e non ti sposti, perché almeno gli hai bloccato la volata. Queste cose non si dovrebbero fare, ma sicuramente capitano con corridori che non stimi. Invece il rispetto, quello c’è per tutti.

EDITORIALE / Giro duro e bello, nonostante i social

29.05.2023
5 min
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Soltanto tre Giri d’Italia negli ultimi dieci anni si sono corsi a una media superiore ai 40 orari: i due vinti da Nibali (2013-2016) e quello di Froome (2018). Il terzo, giusto per offrire qualche dato, è stato lungo 3.546 chilometri per 44.000 metri di dislivello. L’ultimo, della lunghezza di 3.489 chilometri, aveva dislivello di 51.400 metri: 57 chilometri in meno, ma in compenso 7.400 metri di dislivello in più. Se anche non volessimo considerare il maltempo e il freddo come attenuanti per alcune tappe non proprio entusiasmanti, valga il fatto che malgrado le apparenze, il Giro d’Italia appena vinto da Roglic è stato durissimo: con il dislivello più alto dopo quello monstre del 2011 (52.390 metri!).

Tifosi sloveni per Roglic: una marea di gente che ha sostenuto il campione della Jumbo Visma
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Tre Cime a 6,5 watt/chilo

Si è parlato di noia e a volte l’abbiamo sfiorata anche noi. Si è parlato di ridurre i chilometraggi. Qualcuno ha ipotizzato di inserire delle prove speciali all’interno delle tappe. Per due settimane se ne sono dette di ogni genere, dimostrando di non aver capito quello che stava succedendo e quello che sarebbe successo nella terza settimana.

La trama del Giro 2023 ha ricalcato quella del 2022 (3.445 chilometri per 50.580 metri di dislivello), con la corsa decisa nell’ultima crono a capo di duelli tiratissimi nella terza settimana, che non hanno schiodato la situazione dal sostanziale pareggio fra i primi tre della classifica. Ma se come dice Caruso i gregari di Thomas tiravano sulle Tre Cime di Lavaredo a 6,5 watt/chilo, come si pretendeva che qualcuno attaccasse?

Il duello iniziato sul Bondone è esploso alle Tre Cime fra ali di folla incredibili
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Il gusto della noia

Il ciclismo ha accelerato dopo il Covid. Molti hanno avvertito di non prendere come modello le prestazioni di pochi campioni, invece è successo esattamente questo.

I social e l’arrivo di nuovi tifosi hanno impresso un’accelerazione subdola e nociva, che ha condizionato anche chi dovrebbe fare informazione sulla base di ragionamenti e competenza. Si è preferito assecondare il coro delle accuse, senza tenere in dovuta considerazione il fatto che per 14 tappe il gruppo abbia corso sotto la pioggia e con temperature rigide. Inoltre il ritiro di Evenepoel ha fatto intravedere la possibilità di lottare per la vittoria e a quel punto si sono dosate le energie per una terza settimana durissima.

La capacità di annoiarsi è una dote su cui lavorare, dalla noia si esce col ragionamento. L’incapacità di aspettare rientra fra i mali del nostro tempo, ma non nelle specifiche del ciclismo.

Siamo pronti a scommettere che le uscite di alcuni corridori sono state la reazione al coro di fischi che ogni giorno li investiva dal web, mentre la gente sulle strade – probabilmente testimone delle stesse condizioni – ha sempre continuato ad applaudirli.

Il Monte Lussari è stato il teatro della sfida finale, giocata sul filo dei secondi e dei nervi
Il Monte Lussari è stato il teatro della sfida finale, giocata sul filo dei secondi e dei nervi

Un Giro di cuore

E’ stato un bel Giro, con quattro vittorie italiane. La logistica degli ultimi giorni è stata impegnativa: il viaggio dalle Tre Cime di Lavaredo a Tarvisio e poi dal Monte Lussari a Roma ha costretto tutti a tre giorni di tirate non indifferenti. Tuttavia lo spettacolo della folla sulle salite del Veneto, la sfida finale sulla stradina del Santuario friulano e la conclusione a Roma sono stati lo spot migliore per uno sport e un Paese che nel turismo ha risorse impensabili. Bella Parigi, ma il finale del Giro a Roma ha surclassato il classico finale del Tour.

Roglic ha vinto con le gambe e col cuore. Per lo stesso motivo avrebbe meritato Thomas, che nel nome dell’amicizia, ha propiziato la vittoria di Cavendish: questo è il ciclismo. E se nessuno ve l’ha spiegato, noi proveremo a farlo con la nostra testimonianza. Non è detto che avremo sempre ragione o che saremo sempre d’accordo, ma di certo non rifiuteremo il confronto. Come si diceva ieri con Roberto Damiani alla partenza dell’ultima tappa, è giusto cavalcare il nuovo, ma anche ricordarsi quale grande storia abbiamo alle spalle.

Il dio pallone

Il Giro d’Italia numero 106 è finito. Ha sfiorato la tragedia della Romagna, che abbiamo vissuto in piccolissima parte negli occhi degli amici romagnoli in gruppo. E ha ricevuto a sua volta la visita del Presidente Mattarella, il solo politico italiano con una vera cultura sportiva e non solo calcistica.

Per un po’ continueremo a parlarne, ma già si annunciano le prossime sfide. Il Giro degli under 23, il Delfinato e lo Svizzera sulla strada del Tour e i campionati nazionali. Chiudiamo questo editoriale avendo negli occhi l’immagine di Roglic affacciato sui Fori Imperiali. Cercheremo di tenerla il più a lungo possibile, sebbene altrove il dio pallone – indagato e indebitato – l’abbia già fagocitata.

Cavendish, resta solo Roma. Intanto Sabatini racconta…

25.05.2023
5 min
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Se ne va uno degli ultimi “mammasantissima” del ciclismo, esponente di spicco di quell’epoca delle due ruote immediatamente precedente a quella attuale dei fenomeni che vincono dappertutto. Marc Cavendish (in apertura col dottor Magni, dopo la tappa di Caorle in cui non ha brillato) era uno di quelli specializzati, un maestro delle volate che nel corso del Giro d’Italia ha deciso di annunciare l’addio a fine stagione, non senza commozione.

A 38 anni, in coincidenza con il suo compleanno, il britannico chiude una carriera che lo ha visto protagonista per oltre tre lustri. Tanti gli avversari affrontati e battuti, tanti i compagni di viaggio diventati poi rivali o viceversa. Fra questi uno che i velocisti li conosce bene, li ha pilotati quasi tutti. Fabio Sabatini è stato il suo “pesce pilota” per poco, ma ha condiviso anni e anni di volate e lo conosce come pochi.

L’annuncio del ritiro nel giorno di riposo, insieme alla sua famiglia (foto Astana Qazaqstan Team)
L’annuncio del ritiro nel giorno di riposo, insieme alla sua famiglia (foto Astana Qazaqstan Team)

L’ex corridore di Pescia, dopo aver lavorato fino allo scorso anno alla Cofidis, si è preso un periodo di pausa, tornando in Toscana a dedicarsi ai più giovani nel team dei suoi inizi: «Sto studiando per prendere il diploma di terzo livello come diesse, senza di quello non vai da nessuna parte, poi tornerò nel giro, per ora sto a guardare e restituisco ai più giovani un po’ di quel che ho avuto».

Quanto tempo hai condiviso con Cavendish?

Siamo stati compagni nella Quick Step nel 2015, solo un anno perché poi lui andò via, ma abbiamo condiviso volate ed esperienze per un decennio abbondante. Io ero al primo anno in quel team e allora non ero ancora ultimo uomo per le volate, il suo fidato compagno era l’australiano Renshaw e io ero colui che doveva lanciare la coppia fino all’ultimo chilometro.

Sabatini e Cavendish, per tanti anni hanno condiviso gli sprint, quasi sempre con maglie diverse
Sabatini e Cavendish, per tanti anni hanno condiviso gli sprint, quasi sempre con maglie diverse
Che velocista è?

Nervoso. E’ nel suo carattere, molto diverso ad esempio da Viviani e Kittel. E’ sempre stato così, il più nervoso di tutti, esigentissimo, tutto doveva filare liscio. Si faceva sentire eccome, ma lavorandoci insieme si capiva presto che era il suo modo di fare. Appena tagliato il traguardo tutto svaniva: se aveva vinto baci e abbracci, se perdeva non c’erano recriminazioni, a meno di errori marchiani. Era il suo modo per cercare sempre la perfezione.

Com’è in corsa, anche prima di entrare nelle fasi decisive prima della volata?

Sempre molto attento a tutto quel che succede. Rispetto a tanti altri velocisti, Mark ha qualcosa che non tutti hanno, la capacità di potersi giocare la vittoria anche su percorsi che proprio per velocisti non sono. Si è visto anche in questo Giro, nella tappa di Viareggio. Davanti erano rimasti una cinquantina, ma lui c’era. Sapendo questo, chi corre con lui sa di dover lavorare molto, per cercare di preservarlo e non fargli fare tanta fatica, farlo risparmiare nelle tappe dove può dire la sua oppure aiutarlo quando la salita è davvero troppa.

Il britannico ha assommato la bellezza di 161 vittorie in carriera
Il britannico ha assommato la bellezza di 161 vittorie in carriera
C’è una volata condivisa da compagni che ti è rimasta impressa?

Sì, l’ultima del Tour de San Luis in Argentina. Io ero appena entrato nel team e in squadra non c’era Renshaw che aveva scelto il Tour Down Under che si correva nella sua Australia. Toccava quindi a me pilotarlo. Era un arrivo particolare, in leggera discesa al termine di uno stradone lungo. Io dovevo guidarlo dallo striscione dell’ultimo chilometro fino ai 350 metri, quando mi scansai vidi che avevamo toccato una velocità folle. Lui sconfisse Gaviria e Mareczko, la cosa che mi colpì è che era andato tutto esattamente come era stato stabilito a tavolino e Mark me lo fece notare, contento del mio lavoro.

Sei rimasto colpito dalle sue lacrime nell’annuncio del ritiro?

Lo conosco, so che è un animo sensibile e sapevo che non sarebbe riuscito a dire addio senza piangere e sarà così anche quando a fine anno chiuderà anche nell’atto pratico. D’altronde si è reso conto che ormai a 38 anni ha l’età giusta, è come se trascini un carro pieno di buoi. Ormai già a 32 anni ti dicono che un contratto biennale te lo puoi scordare, che si va avanti stagione per stagione, mentre si pensa già a chi prenderà il tuo posto. E’ un ciclismo per giovani e lui si rende conto che non è più quello di prima.

Il ricordo di Sabatini, ultimo uomo nella vittoria di Cavendish a San Luis 2015
Il ricordo di Sabatini, ultimo uomo nella vittoria di Cavendish a San Luis 2015
Come lo collochi in un’ideale classifica fra i velocisti che hai incontrato?

E’ al primo posto insieme a Kittel, con la differenza però che Mark è durato di più e che aveva dalla sua anche un po’ di resistenza in più sui tracciati mossi. Al tedesco la salita faceva male solo a guardarla… E’ un grande che se ne va, oltretutto portandosi dietro un curriculum enorme, tra titolo mondiale, classiche e un fiume di vittorie di tappa nei grandi giri.

Secondo te Cavendish può essere un buon insegnante?

Sicuramente, ha proprio l’indole del trasmettere la sua sapienza agli altri. Faceva così anche quando arrivai alla Quick Step, è uno che ha la pazienza di mettersi lì a spiegare, ha voglia di parlare con i più giovani. Non è uno di quelli che se la tira, è abituato a condividere e potrà essere prezioso in questo, sicuramente resterà nell’ambiente.

Boaro, cosa fa un gregario senza un vero capitano?

25.03.2023
5 min
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RICCIONE – Sembra paradossale, ma anche un gregario può sentirsi perso senza un capitano. E’ una situazione che si verifica raramente, ma è sempre curioso sapere come ci si adatti alla circostanza. L’Astana sta vivendo una fase transitoria rispetto al passato e Manuele Boaro, uomo di fiducia e di fatica di grandi leader, si trova a metà del guado.

Incontriamo il 36enne veneto del team kazako alla partenza della Settimana Internazionale Coppi e Bartali mentre parla e scherza con Giacomo Notari, preparatore parmense e diesse in seconda dell’Astana. I due si conoscono sin dai tempi dei dilettanti e assieme ripercorrono quegli anni con qualche ricordo, prima che Manuele provi a descriverci il suo ruolo un po’ più rivisitato all’occorrenza.

Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa
Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa

Lavori diversi

Il ritiro di Vincenzo Nibali ha prodotto inevitabilmente un buco nella casella “leader” benché sia stato rimpiazzato dall’arrivo di Mark Cavendish. Ovviamente sono due capitani differenti, così come il lavoro per loro del gregario. In questo caso cambia qualcosa?

«Non tanto – inizia a raccontare Boaro – alla fine fare il lavoro sporco per un velocista o per un capitano di un grande Giro per me forse è la stessa cosa. Anche perché sono abbastanza versatile per andare in fuga e posso essere d’aiuto anche quando sono davanti. Io ho il mio ruolo e vado dove mi manda la squadra. Per esempio con Nibali o con uomo da classifica generale, devi essere consapevole che in 21 giorni ti può capitare di prendere la maglia rosa all’inizio e tirare praticamente tutti i giorni. Devi essere bravo a superare i momenti difficili. Non esistono le cosiddette tappe semplici».

Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana
Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana

«Da quest’anno – va avanti – forse una cosa potrebbe cambiare. Volendo, adesso in fuga potrei avere più possibilità di giocarmi le mie carte. Prima ci andavo con l’obiettivo di essere di supporto al capitano. Ora in Astana non avendo un uomo per i grandi Giri, può essere più facile che mi capiti questa occasione».

Momento transitorio

«Siamo venuti alla Coppi e Bartali con una squadra giovane – continua Boaro, che conosce bene le strade della gara abitando a San Marino – non possiamo negare che stiamo vivendo un momento di passaggio. Dobbiamo essere consapevoli che ogni risultato può essere importante e dobbiamo cercare di portarlo a casa. Nel ciclismo di adesso tutto è importante. Vittoria, piazzamento, farsi vedere in fuga. Ad esempio, anche un ventesimo posto dà punti importanti per la squadra.

«Naturalmente partiamo sempre per vincere – dice – altrimenti non sarebbe nemmeno bello correre. Tuttavia bisogna cercare in tutte le corse di ottenere qualcosa. Siamo l’Astana, abbiamo un nome importante da portare in giro. Dobbiamo ricordarci che siamo un team di livello e impegnarci al 110 per cento. Stiamo attraversando un momento di difficoltà e dobbiamo fare ancora più gruppo di quello che siamo già».

Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga
Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga

Giovani gregari

Il ruolo del gregario è uno di quelli da trasmettere alle nuove leve. In un ciclismo che cambia in fretta bisogna saper conoscere tutti i lavori da fare. L’esperto che insegna al giovane, il giovane che chiede all’esperto.

«Quando sei giovane – prosegue Boaro – cerchi di imparare il più possibile. Ho avuto la fortuna di correre in grandi squadre e avere grandi capitani lavorando per loro. Ed era una bella cosa. In ogni caso non mi sento un insegnante. Se i giovani sono furbi, vedono da soli come si corre. Stare davanti in certe corse al momento giusto. Ad esempio le fughe. Ad essere onesti adesso andarci non è più facile come lo era prima. Le fughe vanno via di forza. Bisogna essere davanti e capire qual è il momento. Non si possono fare mille scatti per andare in fuga e poi essere morti e poco collaborativi».

Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana
Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana

Obiettivo Tour

Manuele Boaro e la nuova Astana devono fissare gli obiettivi poco per volta in base ai capitani che eleggerà la strada. All’orizzonte però c’è un traguardo importante da tagliare per essere parte della storia. Insomma, qualcosa più di uno stimolo.

«Quest’anno – spiega mentre si sta scaldando sui rulli accanto a Scaroni prima della partenza della tappa – sapevo che avrei avuto un ruolo importante. Ho sempre fatto il gregario in un certo modo. Da noi è arrivato Cavendish che vorrebbe centrare la 35ª vittoria al Tour de France battendo il record di Merckx. Sarebbe bello essere presenti quel giorno e sapere di aver aggiunto un mattoncino a quell’impresa».

Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa
Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa

«Per raggiungere quell’obiettivo – conclude Boaro – sappiamo che avremo a disposizione solo alcune tappe. Diventano quelle su cui dobbiamo concentrarci. Anche in quei casi dovremo essere pronti e bravi a gestire al meglio le situazioni più difficili, come il vento o altri momenti in cui non c’è un attimo di tregua. Basandomi sulla mia esperienza, posso dire che quando sai di avere un capitano che si gioca qualcosa di grosso, come un grande Giro o un record, ti vengono fuori delle forze che non pensavi di avere. E probabilmente la differenza nel tuo essere gregario la fai lì».