L’intervista con Alberto Bruttomesso arriva dopo uno scambio di messaggi e alcune gare qui in Italia. Tutte svolte in preparazione all’impegno più importante in casa: l’Astico-Brenta, che si è corso oggi. Poi sarà la volta di prendere le misure con i grandi, in vista del passaggio nel WorldTour del prossimo anno, che avverrà con la Bahrain Victorious. Con un obiettivo abbastanza chiaro, riuscire a partecipare all’europeo.
Niente mondiale
Bruttomesso era parte del gruppo, guidato dal cittì Amadori, che ha preso parte al ritiro del Sestriere. Giorni importanti che hanno permesso di prepare al meglio mondiale e Avenir. Il corridore del CTF Friuli era uno dei nomi papabili per la trasferta di Glasgow. Alla fine però Amadori ha deciso di non portarlo, una decisione presa comunque con grande trasparenza.
«Amadori mi ha chiamato – dice Bruttomesso – e mi ha detto che non sarei stato parte della squadra per il mondiale. Ero stato inserito nella lista dei dieci nomi, ma alla fine il cittì ha deciso così. Mi ha detto che la tattica di squadra, che era quella di attaccare fin dai primi chilometri, mi avrebbe penalizzato. Lo capisco e infatti ho rispettato la sua decisione senza problemi».
I nostri favoriti, Buratti e Busatto, sono stati tagliati fuori per una caduta, tu saresti potuto essere un buon outsider?
Non saprei. La gara non l’ho vista tutta anche perché in quei giorni stavo correndo il Tour of Szeklerland (foto apertura Halmagyi Zsolt). Però ho visto gli ultimi chilometri e posso dire che il circuito finale era davvero duro, forse anche troppo per me. Non sono sicuro che sarei riuscito ad entrare nel primo gruppetto, e Milesi ha fatto comunque qualcosa di eccezionale.
Per preparare il mondiale ti eri fermato due mesi, era già previsto uno stop così lungo dalle corse?
Sì, insieme alla squadra avevamo già deciso che mi sarei fermato per riprendere fiato e allenarmi in quota. Quindi con o senza nazionale sarei andato comunque in ritiro, farlo con Amadori è stato molto meglio. Ero seguito, in compagnia e comunque ho parlato e lavorato con lui.
Una volta saputo che non saresti andato al mondiale sei tornato subito a correre…
Anche questa decisione l’ho presa con il team. Non volevamo perdere il grande volume di allenamento fatto. C’era l’occasione di andare a correre in Romania (al Tour of Szeklerland, ndr) e l’abbiamo colta. I riscontri sono stati super positivi, stavo bene ed ho ottenuto un secondo e un settimo posto. In gara erano presenti tanti elite, è stato un bel banco di prova.
Poi hai corso hai corso in Italia?
Ho corso prima al Valdarno, poi al Circuito di Cesa e infine l’Astico-Brenta. Ho recuperato un po’ dopo gli sforzi della Romania e mi sono allenato bene. Al Valdarno sono andato in fuga per fare gamba, la corsa era dura: 170 chilometri e 2700 metri di dislivello. Troppi per vincere ma giusti per fare fatica.
Farai altre esperienze con gli elite o professionisti?
Il 13 settembre partirà il Giro di Slovacchia, sarò presente. Quello è un bel banco di prova, ci sarà qualche squadra WorldTour, e in più dovrebbe correre Tim Merlier.
Uno dei tuoi possibili avversari il prossimo anno, come ti senti?
Sono curioso e sereno, non sento pressione. Ho fiducia, sto andando forte e le ultime corse me lo hanno confermato.
Dalla Slovacchia quando rientri?
Il 18 settembre.
Il 22 ci sono gli europei, ci pensi?
Sono tra i dieci nomi che Amadori ha stilato e tra i quali sceglierà la squadra. Partecipare sarebbe bello, il percorso mi incuriosisce e sarebbe anche un bell’obiettivo per chiudere la stagione. Il percorso dovrebbe essere movimentato ma non troppo, con un arrivo in cima ad uno strappo. Si avvicina alle mie caratteristiche, vedremo.
Il Tour de l’Avenir ha confermato la sempre più grande internazionalizzazione del ciclismo. La maglia gialla è stata addosso a diverse nazioni, ma quando le tappe si sono fatte impegnative il simbolo del primato è rimbalzato dagli Stati Uniti al Messico. Isaac Del Toro (in apertura la vittoria nella tappa del Col de la Loze, foto Tour de l’Avenir) si è aggiudicato questa edizione, confrontandosi con gli amici e rivali Piganzoli, Pellizzari e Riccitello. Quest’ultimo ha perso la maglia proprio l’ultimo giorno a vantaggio del messicano.
Quando sono iniziate le tappe di montagna la maglia è sempre stata sulle spalle di Riccitello, qui con Hinault (foto Tour de l’Avenir)Solo all”ultima tappa, con un’azione di grande qualità Isaac Del Toro ha conquistato il simbolo del primato (foto Tour de l’Avenir)
L’occhio del cittì
Marino Amadori, storico cittì della nazionale under 23 ha guidato i suoi ragazzi a due posti sul podio. Un risultato promettente e ottenuto con prestazioni solide, solamente Del Toro si è dimostrato superiore. Ma in queste otto tappe cos’ha visto Amadori, che livello ha percepito del ciclismo italiano e di quello estero?
«Il Tour de l’Avenir – ci dice – è il campionato del mondo delle corse a tappe. Qui si sfidano i giovani corridori più forti al mondo, è sempre un bel banco di prova per capire il livello generale. In contesti del genere bisogna arrivare pronti, ormai ogni dettaglio conta, ci stiamo avvicinando sempre più al professionismo. Considerando anche che alcuni ragazzi già corrono tra i grandi (Riccitello, Piganzoli e Christen che dall’1 agosto è alla UAE Emirates, solo per fare alcuni nomi, ndr). I primi dieci della classifica generale sono tutti corridori importanti e per di più giovani: 2002 e 2003. Molti ragazzi passano professionisti direttamente dalla categoria juniores, il mondo va così, lo si diceva e l’Avenir è stata una conferma».
Nella prima tappa un super Foldager ha tolto la gioia della prima maglia gialla al compagno di team Villa (foto Tour de l’Avenir)Jan Christen dopo la tappa vinta al Giro Next Gen ha aggiunto un successo anche all’Avenir (foto Tour de l’Avenir)Nella prima tappa un super Foldager ha tolto la gioia della prima maglia gialla al compagno di team Villa (foto Tour de l’Avenir)Jan Christen dopo la tappa vinta al Giro Next Gen ha aggiunto un successo anche all’Avenir (foto Tour de l’Avenir)
Mondializzazione
Il ciclismo come detto ha aperto le porte a tutto il mondo, non ci sono più limiti o confini che reggono. E il mondo dei giovani è quello dove questo si vede maggiormente, la bici non è più solamente “europea”.
«Il ciclismo giovanile – riprende Amadori – si è aperto totalmente, l’UCI ha lanciato la mondializzazione del ciclismo. E’ uno sport che ormai si evolve a 360 gradi e ti trovi questi ragazzi ovunque. Del Toro stesso si è preparato al Sestriere, nello stesso periodo in cui eravamo su noi. I messicani hanno fatto altura per 30 giorni, sono andati a visionare tutte le tappe. Hanno fatto, più o meno, quello che abbiamo fatto noi. Non ci sono più differenze tra europei e non, ma è giusto che sia così. Molte nazioni extra Europa lavorano come dei team WorldTour, arrivano agli appuntamenti importanti, come l’Avenir, al 100 per cento.
«A livello di rose – continua Amadori – le differenze rimangono, alla fine nelle tappe dure Del Toro rimaneva abbastanza isolato. Quando il gruppo era composto da una ventina di corridori i messicani rimanevano in due. Noi come Italia avevamo una squadra molto forte, nata anche dal fatto che abbiamo molti atleti forti, che però vanno tutelati».
Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)Tutte le formazioni si preparano al meglio per gli appuntamenti più importanti (foto Tour de l’Avenir)
Gli europei
Anche le nazioni europee sono andate forte, sia chiaro, con l’Italia in grande spolvero. Molte nazioni hanno ben figurato, a partire dalla Danimarca, non nuova al ciclismo di alto livello, visto che hanno vinto gli ultimi due Tour de France. E’ stato proprio un danese, Foldager, a soffiare la prima maglia gialla al nostro Giacomo Villa, suo compagno di squadra alla Biesse-Carrera.
«Foldager – aggiunge il cittì – andava come un missile, lui come tutta la Danimarca, che infatti ha vinto la cronometro a squadre. Le squadre europee però si sono messe in mostra tutte più o meno, le tappe erano così dure che ognuno ha avuto la sua occasione. Da sottolineare c’è l’incidente che ha messo fuori gioco Staune-Mittet, uno di quelli che avrebbe potuto dire la sua per la classifica finale. Nonostante questa sfortuna la Norvegia ha comunque piazzato due corridori nei primi dieci: Svestad e Kulset. A testimonianza di quanto detto prima.
«Quando si viene a correre in questi grandi appuntamenti – conclude Amadori – bisogna guardare l’età dei corridori e non da dove vengono. Sono tutti pronti, i nostri ragazzi devono essere preparati a loro volta. Il calendario è diverso ma non così tanto, Del Toro ad esempio ha corso il Giro della Valle d’Aosta e il Sibiu Tour. Sono le stesse gare che corrono i nostri ragazzi che militano nelle migliori continental e professional. L’ho detto spesso ai miei corridori in questi giorni “se hai qualità e dote non ci sono scusanti” e non ne hanno trovate».
La voce di Marino Amadori è carica di emozioni e felicità, il Tour de l’Avenir appena concluso ha dato tanti motivi per essere contenti. La vittoria dell’ultima tappa firmata da Giulio Pellizzari è stata solamente la ciliegina sulla torta di un trasferta in Francia di otto giorni. Tappe dure, dove gli azzurri sono stati sempre presenti e combattivi, tanto da vincere la classifica a squadre con un margine di 14 minuti sulla Colombia.
Sul podio finale due italiani: Pellizzari secondo (a destra) e Piganzoli terzo (a sinistra, foto Tour de l’Avenir)Sul podio finale due italiani: Pellizzari secondo (a destra) e Piganzoli terzo (a sinistra, foto Tour de l’Avenir)
Due su tre
Due gradini del podio occupati, il secondo e il terzo, rispettivamente da Pellizzari e Piganzoli. L’Italia partiva con grandi ambizioni e si è dovuta inchinare solamente davanti a Del Toro, ma quando chiediamo ad Amadori se si poteva fare qualcosa di più risponde senza troppi dubbi.
«Di meglio possiamo fare solo i complimenti a chi ha vinto – dice – Del Toro è stato impressionante. Gli ultimi quattro giorni aveva una condizione super, imbattibile. Noi ci abbiamo provato, ma il ragazzo ha risposto sempre bene agli attacchi. E‘ giusto riconoscere il merito a chi è stato più forte, con la serenità di aver fatto il possibile e anche qualcosa oltre».
Alla prima tappa maglia gialla sfiorata per l’Italia, Villa si arreso solamente al compagno di team Foldager (foto Tour de l’Avenir)Alla prima tappa maglia gialla sfiorata per l’Italia, Villa si arreso solamente al compagno di team Foldager (foto Tour de l’Avenir)
Preparati
Gli azzurri (in apertura alla presentazione delle squadre, foto Tour de l’Avenir) sono stati protagonisti in otto tappe su otto, dalla prima all’ultima. Una costanza che ha portato la firma di Busatto: il quale nelle prime cinque tappe non è mai uscito dai primi dieci.
«Busatto ha fatto vedere di cosa è capace – replica Amadori – purtroppo per un motivo o per l’altro non è riuscito a vincere, ma non è da tutti avere questa costanza. Non dobbiamo però dimenticare tutti gli altri, a partire da Villa che nella prima tappa ha sfiorato il successo, battuto solamente dal suo compagno di squadra Foldager. Peccato per Romele che ha avuto dei problemi fisici all’inizio ma poi è stato davvero importante. Anche Pinarello si è comportato molto bene, era il suo primo Tour de l’Avenir e una caduta gli ha complicato le prime tappe.
«Questo Tour de l’Avenir – continua – lo abbiamo preparato nella maniera migliore, e per questo dobbiamo ringraziare la Federazione. Siamo andati a visionare le tappe e curato tutto nei minimi dettagli. Ma il plauso più grande va fatto ai ragazzi, mentre un grazie importante è per le società. Senza il loro benestare non avremmo potuto lavorare così tanto e bene. I corridori, alla fine, sono di loro proprietà e privarsene per quasi due mesi non è facile. Noi come nazionale cerchiamo di dare quel qualcosa in più che serve ai ragazzi per crescere e l’Avenir è una di queste gare».
Per il secondo anno di fila la nazionale di Amadori ha vinto la classifica a squadre (foto Tour de l’Avenir)Gli azzurri si sono presentati con una squadra super competitiva (foto Tour de l’Avenir)Hanno dato battaglia durante tutte le otto tappe, non uscendo mai dai primi dieci (foto Tour de l’Avenir)Per il secondo anno di fila l’Italia ha vinto la classifica a squadre (foto Tour de l’Avenir)Gli azzurri si sono presentati con una squadra super competitiva (foto Tour de l’Avenir)Hanno dato battaglia durante tutte le otto tappe, non uscendo mai dai primi dieci (foto Tour de l’Avenir)
A ognuno la sua occasione
L’Italia ha conquistato la classifica a squadre, così come lo scorso anno. Non è un caso, Amadori ha portato sei corridori in grado di fare bene ovunque. Ragazzi forti e preparati, ai quali è stata concessa l’occasione di mettersi in mostra.
«Vedo queste corse – ci racconta Amadori – come un modo per dimostrare che abbiamo tanti ragazzi forti e in gamba. Non si possono impostare questi appuntamenti come se fossimo una squadra WorldTour, non avrebbe senso. Sarebbe ingiusto chiedere ad un ragazzo di mettersi a completa disposizione di un compagno annullando le sue possibilità di fare bene. Chiaramente tutti sapevano che Pellizzari e Piganzoli sarebbero stati i due uomini di classifica, viste le loro caratteristiche, e per questo bisogna avere un occhio di riguardo. Ma poi ad ogni ragazzo veniva concessa l’occasione di fare il suo».
Piganzoli è stato il regista in corsa, la sua esperienza è risultata fondamentale per il podio finale (foto Tour de l’Avenir)Piganzoli è stato il regista in corsa, la sua esperienza è risultata fondamentale per il podio finale (foto Tour de l’Avenir)
Duo Pellizzari-Piganzoli
Quando la strada ha iniziato ad impennarsi sotto le ruote dei corridori sono emersi Pellizzari e Piganzoli. I due scalatori giovani che tanto stanno crescendo e che hanno già fatto molto bene. Non si arriva secondo e terzo al Tour de l’Avenir senza una preparazione adeguata, vero, ma poi servono delle qualità innate per rimanere davanti ogni giorno e giocarsi la vittoria.
«Piganzoli – spiega Amadori – è stato il regista in squadra, visto che in queste gare si corre senza radiolina. I ragazzi devono inventare delle strategie ed agire al volo, lui era al suo secondo Avenir e ha fatto delle belle esperienze. Ora è il momento di puntare a qualcosa di più, è giusto così. Piganzoli partiva con i gradi, tanto da aver programmato questo Avenir fin nei minimi dettagli. Ha curato la preparazione al cento per 100 ed è arrivato al meglio delle sue possibilità.
«D’altro canto – dice ancora – Pellizzari ha fatto vedere grandi qualità per essere alla sua prima esperienza. L’idea era quella di tenere due pedine da giocarci per la classifica finale, entrambi ci hanno provato ed entrambi hanno attaccato. Giulio non è mai uscito dai primi cinque nelle ultime tappe, quelle di montagna. E’ chiaro che con un corridore del genere si voglia puntare a fare meglio il prossimo anno, e meglio del secondo posto c’è solo la vittoria (conclude con una risata, ndr)».
Gli ordini d’arrivo talvolta non dicono tutto. Anche dietro ad un piazzamento lontano dal podio può esserci una storia che regala soddisfazioni. Lo sa bene Walter Calzoni che ha sfiorato il colpaccio a Capo Nord nell’ultima frazione dell’Arctic Race of Norway. Gli sono mancati solo duecento metri per mettere a segno il suo primo successo da pro’ nel contesto più estremo e surreale del ciclismo moderno.
Il trentunesimo posto di tappa (a 43” dal vincitore Champoussin) non deve trarre in inganno perché il 22enne della Q36.5 Pro Cycling Team è stato protagonista assoluto della giornata, tanto da meritarsi il premio di “più combattivo” di giornata dopo ottanta chilometri di fuga. Calzoni nel finale ha inscenato un intenso braccio di ferro col gruppo sul filo dei secondi e di quelle lingue d’asfalto che si stagliano nell’orizzonte delle colline del Circolo Polare Artico. Un’azione che è stata lo spunto per sentire il bresciano di Sellero e farci aggiornare sull’andamento della sua stagione.
Nell’ultima tappa della Arctic Race Calzoni è stato protagonista di una fuga di 80 chilometriCalzoni è stato ripreso a 200 metri dal traguardo. Subito deluso poi è arrivata la consapevolezza della bella prestazioneNell’ultima tappa della Arctic Race Calzoni è stato protagonista di una fuga di 80 chilometriCalzoni è stato ripreso a 200 metri dal traguardo. Subito deluso poi è arrivata la consapevolezza della bella prestazione
Walter ci racconti questa tappa lassù dove finisce il mondo?
E’ una giornata dura ma in quei giorni ho sentito di aver ritrovato una buona condizione. Così sono sempre stato nel vivo della corsa entrando subito in una fuga assieme a due miei compagni di squadra. Ci hanno ripresi ma sono ripartito poco dopo e il gruppetto di testa era di quindici uomini. A trenta chilometri dalla fine ho attaccato e siamo rimasti in 4-5. Avevamo un minuto e mezzo di vantaggio però abbiamo collaborato poco e siamo stati ripresi ancora una volta. Sull’ultimo gpm, ai meno 5, ci ho provato nuovamente.
E cosa è successo?
Era una salita corta e difficile, resa ancor più dura dal vento contrario. Dallo scollinamento all’arrivo c’erano ancora tanti “mangia e bevi” nei quali ho patito, riuscendo tuttavia ad avere fino a 20 secondi di vantaggio a meno di due chilometri dalla fine. Ho spinto più forte che potevo, senza rendermi conto del paesaggio attorno a me. Forse lo avrei fatto dopo ma quando sei così a tutta non vedi niente a parte la strada o gli eventuali inseguitori (sorride, ndr). Ci ho creduto finché non mi hanno ripreso ai 200 metri. Credo che avrei potuto vincere se Arkea e Cofidis non avessero tirato così forte per la sprint finale. Erano le squadre più interessate alla tappa. Ma è andata così…
Le maglie della Arctic Race, organizzata da ASO. E’ la seconda volta che fa tappa a Capo Nord (foto sito gara)Per arrivare a Capo Nord, il percorso prevede un tunnel di 7 chilometri che scende di 212 metri sotto il livello del mare (foto sito Arctic Race)La Arctic Race of Norway quest’anno è giunta alla decima edizione. Si corre in contesti estremi (foto twitter)E’ la corsa più a nord del calendario UCI e sta guadagnando sempre più prestigio (foto sito Arctic Race)Anche in estate pedalare oltre il Circolo Polare Artico porta i corridori ad usare un abbigliamento pesante (foto sito Arctic Race)Le maglie della Arctic Race, organizzata da ASO. E’ la seconda volta che fa tappa a Capo Nord (foto sito gara)Per arrivare a Capo Nord, il percorso prevede un tunnel di 7 chilometri che scende di 212 metri sotto il livello del mare (foto sito Arctic Race)La Arctic Race of Norway quest’anno è giunta alla decima edizione. Si corre in contesti estremi (foto twitter)E’ la corsa più a nord del calendario UCI e sta guadagnando sempre più prestigio (foto sito Arctic Race)Anche in estate pedalare oltre il Circolo Polare Artico porta i corridori ad usare un abbigliamento pesante (foto sito Arctic Race)
Nell’arco di pochi istanti hai vissuto emozioni diametralmente opposte. Come l’hai presa?
Inizialmente ero molto deluso. Quando sono stato ripreso ho praticamente smesso di pedalare e ho chiuso sconsolato. Poi a mente fredda, quando ero sul bus della squadra, ho analizzato tutto e ha avevo motivo di essere contento della mia prestazione e della mia forma. Ho un po’ di rammarico perché è la seconda volta che mi capita una situazione simile. A marzo alla Per Sempre Alfredo c’era bagnato ed ero scivolato a cinque chilometri dalla fine quando avevo un bel vantaggio (chiuderà poi ottavo, ndr). Diciamo che forse sto prendendo le misure per la prima vittoria.
Potresti raccoglierla nelle prossime gare. Il tuo programma cosa prevede?
Adesso continuerò ad allenarmi a fondo senza correre. Rientro il 13 settembre al Giro di Toscana, quindi Sabatini, Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e così via. Insomma il calendario italiano lo farò tutto. Avrò tante occasioni per farmi vedere e per fare bene ancora.
Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Tracciamo il bilancio della stagione di Walter Calzoni. Com’è andata finora?
Sono contento. Ho avuto un calo di condizione tra maggio e giugno, tra Giro di Norvegia e Tour de Suisse ma credo che fosse normale visto che avevo fatto un buon inizio. Sono migliorato nell’alimentazione in corsa e ho notato i benefici di aspetti che l’anno scorso tralasciavo un po’. Uno dei miei obiettivi principali era quello di non subire troppo il passaggio di categoria da U23 a pro’. Direi di esserci riuscito. Il mio 2023 è andato molto bene, sicuramente oltre le aspettative. Questo però è merito della mia squadra. In Q36.5 ho fatto un bel salto di qualità, crescendo molto tra palestra, chilometri e motivazione.
In generale come ti stai trovando con la loro realtà?
Mi trovo talmente tanto bene che ad aprile ho prolungato il contratto fino al 2026. Qui c’è un progetto importante dove si punta ad entrare nel WorldTour nel prossimo triennio. In questo senso hanno preso Nizzolo proprio per raccogliere risultati e punti importanti. Nel 2024 forse potremmo correre il Giro d’Italia, sarebbe un traguardo importante anche quello. In squadra ho legato con tutti, a cominciare dal gruppo italiano che è bello folto (Brambilla, Fedeli, Moschetti, Puppio, Conca e Parisini,ndr). Poi abbiamo una figura come Nibali che malgrado abbia tanti impegni ci è sempre vicino. Ad esempio è venuto allo Svizzera e mi ha dato alcuni consigli sul riscaldamento prima di una crono. Sono dettagli che talvolta non consideri ma che sommati a tanti altri fanno la differenza.
Finora Calzoni ha disputato 45 giorni di gara con la Q36.5. Nel suo calendario ci sono ancora tutte le gare italiane di fine stagioneCalzoni alla Coppi e Bartali ha lottato per il podio finale della generale. Qui terzo nell’arrivo di Longiano Finora Calzoni ha disputato 45 giorni di gara con la Q36.5. Nel suo calendario ci sono ancora tutte le gare italiane di fine stagioneCalzoni alla Coppi e Bartali ha lottato per il podio finale della generale. Qui terzo nell’arrivo di Longiano
Con la nazionale invece come sei messo? Non hai corso il mondiale e magari potevi essere utile ma c’è ancora l’europeo. D’altronde sei ancora un U23 e volendo il percorso ti si addice…
Col cittì Amadori ci eravamo visti alla Coppi e Bartali. Mi aveva chiesto disponibilità ed eravamo rimasti in contatto ma alla fine gli impegni che avevo con la squadra non combaciavano col cammino da fare con la nazionale. Ad esempio, al Giro NextGen avrei potuto correre nel nostro Devo Team ma ero già stato convocato per il Tour de Suisse. Forse era difficile farsi notare, se penso che oltretutto in quel periodo non ero al top. Di sicuro so che per eventi come mondiali ed europei bisogna creare un gruppo coeso. Non lo puoi costruire solo in base ai risultati. In ogni caso adesso io non ci penso e punto a preparare bene le gare con la squadra ma se, in accordo con tutti, si dovesse aprire uno spiraglio per una maglia azzurra, io sono a disposizione.
Il cittì degli U23, Marino Amadori ci fa da "Cicerone" per questo Giro U23, iniziato bene per gli italiani con Bruttomesso. Speriamo non finisca qui, ma per la generale sarà dura
Il suo mondiale a Glasgow è finito ancor prima di cominciare, vittima della prima caduta seria che ha coinvolto gli azzurri U23. Due punti sul ginocchio e la malinconia di veder andare giù nella stessa caduta anche Buratti, Busatto e Romele. Per questo Dario Igor Belletta è salito sul pullman Vittoria e forse non ne sarebbe sceso mai.
«Ero già caduto all’ingresso del circuito – ha raccontato – c’era tantissimo stress in gruppo. Era il momento in cui da dietro sono riuscito ad andare davanti e psicologicamente forse ho mollato un po’ la presa. Perciò la prima curva che ho fatto davanti, in testa al gruppo, sono caduto e purtroppo ho tirato giù Busatto che stavamo proteggendo. Mi spiace anche per lui».
Al via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto, Milesi, Buratti e BusattoAl via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto e Milesi. Nel team anche Buratti e Busatto
Stagione conclusa?
Tornato al pullman, ha trovato ad aspettarlo il dottor Corsetti. E’ stato lui a prevedere la necessità di mettere punti di sutura, anche se prima di poterli applicare, hanno dovuto aspettare che la corsa finisse. E con i punti è arrivata l’amara considerazione che la sua prima stagione di under 23 potrebbe essersi conclusa in quella curva, visto che il tempo per recuperare non sarebbe stato poi molto.
In giro per l’Europa
Il 2023 del corridore di Magenta fino a quel momento era stato composto da 30 giorni di corsa, seguendo il filo logico che da sempre caratterizza l’attività della Jumbo Visma Development. Quindi cinque corse a tappe e, ad eccezione del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria (corso con la nazionale) e i due tricolori (entrambi al terzo posto), l’Italia non l’ha mai vista, raccogliendo in compenso sette top 10 in giro per l’Europa. Il mondiale è sempre stato però uno dei passaggi centrali.
«Pensavo al mondiale da inizio stagione – ha spiegato – l’evento di cui ho parlato con Amadori per tutto l’anno. Ci abbiamo lavorato dai primi training camp a dicembre, però un conto è pensare di andare, un conto è farlo davvero».
A Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuoriA Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuori
Un anno molto intenso
L’approccio è già quello del professionista, aiutato da una precocità atletica che forse fra gli under 23 stupisce meno di quanto accadesse fra gli juniores, in cui riusciva a dominare anche in virtù di un fisico ben più sviluppato rispetto ai rivali.
«In squadra – ha spiegato – mi trovo davvero bene. Non mi fanno mancare nulla. Mi stanno facendo crescere con calma che poi è quello che abbiamo chiesto. Rispetto allo scorso anno, sento di essere cambiato tantissimo. E’ passato solo un anno, ma sembra di aver fatto 3-4 stagioni. Ogni mese sento che cresco di più e infatti non vedo l’ora che passi ancora più tempo per vedere quanto potrò migliorare crescendo».
Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)
Da bimbo a ragazzo
Nel dirlo ha fatto un sorriso. Nel ciclismo che cerca prodigi giovanissimi, sentir dire a un ragazzo di 19 anni che non vede l’ora di diventare più grande per essere anche più forte, ti coglie di sorpresa.
«Mi accorgo – ha spiegato – che si cresce sotto tutti i punti di vista. I numeri derivano solo dal corretto approccio mentale e anche e soprattutto dalla maturità. Cioè fare certi tipi di corse, cominciare a essere più preciso anche nella vita privata e quotidiana. E’ un insieme di cose. C’è molta tranquillità e quindi… mi sento di essere molto cresciuto. Non sono più un bambino, adesso sono un ragazzo. Mettiamola così…».
GLASGOW – A Loch Lomond la pioggia ha dato tregua giusto il tempo che gli under 23 partissero, poi sul penultimo mondiale di questa rassegna così enorme si è abbattuto il diluvio universale. E lo scenario, anche quello tecnico, è cambiato dal giorno alla notte. Per questo, quando Milesi ha visto partire una fuga più numerosa di altre, si è infilato dentro e ha preso il largo. Non si poteva prevedere, ma certo immaginare in che razza di toboga si sarebbe trasformato con l’acqua il circuito finale. E’ bastato metterci sopra le ruote e tutti i piani sono saltati.
Milesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirinoMilesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirino
L’attacco e la borraccia
Tre ore e mezza dopo, il cielo di Glasgow è ugualmente grigio, ma per fortuna ha smesso di piovere. Il mondiale degli under 23 è andato nelle mani di Axel Laurence, compagno di squadra di Van der Poel, che per vincere ha scelto un attacco simile, ma da più lontano. C’era anche lui nella fuga del mattino assieme a Milesi e sarebbe forse ingeneroso nei suoi confronti dire che per staccarli di ruota ha aspettato il momento in cui l’italiano si spostava dalla fila su Montrose Street per prendere un rifornimento. L’attacco lo ha raggiunto come un colpo sotto al mento e per qualche centinaio di metri non è stato in grado di reagire.
«Diciamo che in quel momento – spiega trafelato Milesi dopo l’arrivo – stavo prendendo la borraccia. Lui ha attaccato sulla sinistra e ho perso un attimo. E se concedi quei 2-3 metri e sei già al limite, rientrare diventa dura. Ho rischiato 5-6 volte di cadere, ho scodato un po’ dappertutto, però vabbè, ci sta: era uguale per tutti, quindi va bene così».
Il tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosaIl tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosa
In fuga da lontano
Laurence corre con la Alpecin-Deceuninck Development Team e non è un ragazzino qualunque. Quest’anno ha vinto tappe al Circuit des Ardennes e al Tour of Alsace, gare di classe 2, ma lo scorso anno, quando ne aveva 21, ha avuto la… sfrontatezza di arrivare secondo dietro Van Aert a Plouay.
«Non era nei piani attaccare dal mattino – dice della sua presenza nella prima fuga – ma a causa della pioggia la corsa è diventata dura e nervosa in ogni curva, così ho deciso di seguire un gruppo. Alla fine è stato meglio essere davanti e mantenere il mio ritmo. Ho aspettato a lungo per attaccare e sapevo che la differenza era costantemente di circa 40-50 secondi. Sono stato in grado di salvare le gambe il più possibile e quando da dietro sono arrivati i primi inseguitori, io me ne sono andato. Dovevo provarci e le gambe sono andate bene».
Buratti e De Pretto sono rimasti a lungo nel gruppo inseguitore, fino al guasto meccanico del friulanoAnche Romele aveva le gambe per fare bene, ma è caduto e il tempo del cambio bici è stato troppo lungoBuratti e De Pretto sono rimasti a lungo nel gruppo inseguitore, fino al guasto meccanico del friulanoAnche Romele aveva le gambe per fare bene, ma è caduto e il tempo del cambio bici è stato troppo lungo
Tutti giù per terra
Il primo dei nostri a cadere è stato Belletta che ne esce con due punti sul ginocchio, a causa del taglio rimediato: il rischio concreto è di non andare al Tour de l’Avenir. Nella stessa caduta sono andati giù anche Busatto, Buratti e Romele. I nostri avevano un piano che prevedeva la superiorità numerica, invece in pochi giri gli azzurri si sono ritrovati uno per angolo, senza la possibilità di comunicare fra loro.
«Milesi – racconta Amadori davanti al pullman – era nell’azione giusta al momento giusto. Sapevamo che in un percorso del genere, specialmente se pioveva e la strada era bagnata, chi si trovava davanti, faceva meno fatica di quelli dietro. Con Milesi dovev esserci anche un altro, ma va bene così. Invece quello che è successo dopo non è dipeso da problemi fisici, ma da incidenti e cadute. Romele è stato eliminato. Buratti è stato eliminato. Busatto e Belletta, la stessa storia. Se questi ragazzi fossero rimasti in gara, nel finale con Svrceck e Morgado ci sarebbe stato anche uno di loro veniva tutta un’altra corsa».
«Questi mondiali li abbiamo preparati tantissimo. Abbiamo fatto altura, abbiamo fatto una corsa in Francia proprio in preparazione. Abbiamo lavorato tantissimo a questo mondiale perché ci credevamo e avevamo dei corridori adattissimi a questo tipo di percorso e l’hanno dimostrata. Peccato, perché purtroppo contro la sfortuna possiamo fare ben poco».
Milesi e Svrcek sono stati tra gli inseguitori più convinti di LauranceLorenzo ha pagato la sua generosità: ha provato ad arrivare secondo, ha chiuso quintoMilesi e Svrcek sono stati tra gli inseguitori più convinti di LauranceLorenzo ha pagato la sua generosità: ha provato ad arrivare secondo, ha chiuso quinto
Attacco per il podio
A questo punto del discorso, Milesi fa fatica a sentirsi deluso. Gli scoccia il modo un po’ frettoloso con cui ha gestito il finale, tirando quasi la volata agli altri, ma mettendo sulla bilancia la vittoria nel mondiale a cronometro, questo quinto posto è un podio sfumato, ma anche la conferma della condizione e della consistenza.
«C’è un po’ di disappunto per come me la sono giocata alla fine – ammette – però ci ho provato ed è andata come è andata. Non posso essere deluso. Due giorni fa ho vinto la crono e non posso dire che fosse un discorso scontato. Ero venuto per provare il podio, ma non puoi mai sapere come andrà a finire. Oggi ho fatto quinto: una medaglia era meglio, ma sono contento.
«Era difficile fare diversamente. Ho provato ad attaccare sull’ultimo strappo per provare a prendere il francese, ho visto che c’era un piccolo buco e ho deciso di tirare dritto per fare almeno il terzo posto. Invece hanno chiuso. Se si poteva prendere prima? Quando sono rientrati da dietro, potevano benissimo lasciarci lì, allora ho fatto un po’ il furbo e dopo un po’ che tiravano i livelli si sono avvicinati e ce la siamo giocati quasi alla pari».
Il francese ha calcolato le distanze al millimetro e i tempi al secondo: al traguardo con 2 secondiTra le anomalie di questo lungo mondiale, il fatto che il neo iridato sia… atterrato fra le braccia di sua madre ManuelaSul podio, accanto a LAurance, ecco Morgado e SvrcekIl francese ha calcolato le distanze al millimetro e i tempi al secondo: al traguardo con 2 secondiTra le anomalie di questo lungo mondiale, il fatto che il neo iridato sia… atterrato fra le braccia di sua madre ManuelaSul podio, accanto a LAurance, ecco Morgado e Svrcek
Ha visto le stelle
Lo scorso anno, come molti, Laurance è rimasto senza squadra per lo scioglimento della B&B Hotels-KTM. Per questo si è accasato nel team belga, correndo a metà fra la continental e la WorldTour. La sua scelta di partire in contropiede ha pagato, anche se il suo vantaggio è rimasto sempre intorno ai 15 secondi e la sensazione che potessero riprenderlo non se ne è andata se jon sul traguardo.
«Sapevo che su questo percorso era possibile fare qualcosa del genere – dice – ma non ci ho creduto fino agli ultimi 500 metri. Ero completamente al limite. E’ incredibile, ho dato tutto e nell’ultimo giro ho visto le stelle».
Sul podio l’hanno raggiunto i genitori, in uno di quei fuori programma cui fi fa fatica a credere trattandosi di un mondiale. Quella foto la terranno sul camino per il resto dei loro giorni. Anche se la qualità del ragazzo fa pensare che altre vittorie di certo verranno.
Tra meno di tre settimane scatteranno il Tour de l'Avenir e l'Avenir Femmes. I percorsi francesi sembrano essere durissimi. Spazio per scalatori e scalatrici
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SESTRIERE – Il sole su Sestriere cala dietro i picchi appuntiti, colorando di arancione tutto quello che incontra, mentre il vento mischia le voci e i rumori della montagna. La nazionale under 23 di Marino Amadori alloggia in un residence che si affaccia sul centro sportivo. I bambini di un camp giocano a calcio, mentre noi siamo in compagnia di Busatto, che placidamente scioglie la lingua.
Venerdì una giornata di scarico per Busatto e compagni nel ritiro di SestriereVenerdì una giornata di scarico per Busatto e compagni nel ritiro di Sestriere
Due settimane di ritiro
La nazionale, guidata dal cittì Amadori, è arrivata a Sestriere il 9 luglio, e rimarrà qui fino al 6 agosto. Gli atleti si alterneranno all’interno del residence, con l’obiettivo di arrivare pronti ai prossimi impegni: mondiale e Avenir. La corsa iridata riservata agli under 23 si correrà il 12 agosto, mancano ancora tre settimane. Prima della corsa Busatto andrà in Repubblica Ceca, con la sua squadra, al Czech Tour.
«Mondiale ed Avenir – racconta Busatto – saranno gli obiettivi principali della stagione. Dovrò presentarmi lì al massimo della condizione con l’obiettivo di fare bene. Il fatto di aver avuto il modo di visionare le ultime tappe dell’Avenir è utile per capirne la durezza. Le salite sono toste ed il livello sarà altissimo».
Sabato gli azzurri sono andati a perlustrare le strade delle ultime due semitappe dell’AvenirSabato gli azzurri sono andati a perlustrare le strade delle ultime due semitappe dell’Avenir
Facciamo un passo indietro rispetto all’Avenir, tu sarai a Glasgow per correre il mondiale, emozionato?
E’ la prima volta che corro una corsa così importante (l’anno scorso a Wollongong Busatto è andato come riserva, ndr). Vero che l’anno scorso ho fatto gli europei in Portogallo. Ma il mondiale è un’altra cosa, altre emozioni. L’anno scorso sono andato in Australia ma non ho corso, ero pronto, sì ma non al top della condizione. Quest’anno, invece, avendo avuto la conferma di fare il mondiale con anticipo ho potuto prepararmi al meglio.
Arrivi da campione italiano e con la vittoria della Liegi, sei più sicuro dei tuoi mezzi?
Quest’anno mi sono evoluto molto, la vittoria alla Liegi U23 e quella del titolo italiano, sempre under 23, mi hanno dato tanta consapevolezza dei miei mezzi. Sicuramente so quanto valgo.
Il percorso di Glasgow assomiglia un po’ a questi: molto selettivo.
Forse il percorso del mondiale è meno selettivo, devo essere sincero: per il momento non ci sto pensando molto. L’ho già visto più volte su Veloviewer per capire bene cosa aspettarmi. Non ho idea di chi possano essere i miei avversari, ci saranno tante incognite, soprattutto chi ci troveremo contro nella prova under 23. Quel che più mi ha colpito del percorso sono le curve, non c’è mai un tratto di rettilineo lungo. Tante curve significa avere rilanci continui, le posizioni in gruppo saranno fondamentali. Anche la fuga è un fattore da non sottovalutare, in un percorso del genere sarà difficile fare tanta velocità. Quindi, se si lascia troppo spazio ai fuggitivi si rischia di perdere la corsa.
Tanti lavori di qualità per Busatto sulle strade di SestriereTanti lavori di qualità per Busatto sulle strade di Sestriere
Chi ti aspetti possa essere favorito?
Non saprei, ci sono tanti nomi. Ci sono ragazzi che hanno avuto dei metodi di approccio diversi, chi ha già corso in gare WorldTour avrà un vantaggio. Lo si è visto l’anno scorso con la vittoria di Fedorov, uscito in grande condizione dalla Vuelta. Non tutti abbiamo l’opportunità di correre gare così importanti, questo fa la differenza.
Quando vedrai il percorso dal vivo per la prima volta?
Dovremmo partire il 9 agosto per Glasgow, nei giorni prima vedremo bene il percorso e capiremo quali potranno essere i punti salienti.
Tornerai ad attaccare il numero in Repubblica Ceca, come ti senti?
Sarà un breve giro a tappe che correrò in funzione del mondiale, cercherò di non fare troppi fuorigiri. Chiaro, se mi sentirò bene non mi tirerò indietro, dipende come sentirò la gamba. L’obiettivo è quello di affinare la preparazione, la parte fondamentale sarà quella che dividerà la gara in Repubblica Ceca ed il mondiale.
Quella di Glasgow sarà la seconda convocazione iridata, prima è stata quella di Wollongog vissuta però da riservaQuella di Glasgow sarà la seconda convocazione iridata, prima è stata quella di Wollongog vissuta però da riserva
Hai già idea di come gestirai quei giorni?
Il blocco importante di lavoro è questo che stiamo facendo al Sestriere. In quella settimana penso che non farò volume, ma mi concentrerò sul migliorare il ritmo gara e dietro motore, per arrivare brillante.
Ti abbiamo visto in questi due giorni al Sestriere come uno dei più pimpanti e rilassati, questo mese di riposo ti ha fatto bene?
Ho fatto una settimana di riposo completo dopo il campionato italiano, più per la testa che per il fisico. Una volta ripreso a pedalare non ero subito al top ma ho visto che la condizione c’è. Se stai bene di testa e rimani concentrato tutto arriva di conseguenza.
La prima vittoria di Busatto è arrivata alla Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)La prima vittoria di Busatto è arrivata alla Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Hai già indossato la maglia di campione italiano?
Non ancora. Da un lato meglio, magari vedermi spesso con quella maglia mi avrebbe fatto rilassare troppo, meglio rimanere concentrati.
Quando sarà la prima occasione allora?
Probabilmente al Piccolo Lombardia. Da qui a fine stagione farò cinque o sei gare, ma quasi tutte con i professionisti, visto che l’anno prossimo passerò nel team WorldTour.
SAINT JEAN DE MAURIENNE – Le ultime tre tappe del Tour de l’Avenir si correranno sulle Alpi. E’ da queste parti che si deciderà la corsa a tappe under 23 più prestigiosa. La nazionale di Marino Amadori oggi approda in terra francese, approfittando della vicinanza con il ritiro di Sestriere, per ispezionare due tappe: 7a e 7b. La prima è una cronoscalata di 11 chilometri, la seconda è una semitappa che si correrà nel pomeriggio. 80 chilometri tutti movimentati con arrivo al lago del Mont Cenis, dove i volti e le fatiche degli atleti si specchieranno nelle acque gelide.
Ore 9,30 prima della partenza per visionare le due tappe dell’Avenir una sistemata agli ultimi dettagliOre 9,30 prima della partenza per visionare le due tappe dell’Avenir una sistemata agli ultimi dettagli
La cronoscalata
L’ammiraglia con all’interno lo staff della nazionale parte alle 9,30 dal parcheggio di questo paesino francese, in cui vengono prodotti da sempre i celebri coltelli Opinel. Noi ci accomodiamo sul sedile posteriore ed entriamo nel clima del ritiro. Le casette color pastello contornano la strada fino all’attacco della salita: 11 chilometri verticali, tosti ma regolari.
«La pendenza è costante – dice Piganzoli una volta ritornati in hotel – in 11 chilometri si sale di 900 metri. Sarà una mezz’ora importante di sforzo continuo, i tanti tornanti daranno una mano a respirare e tenere alta la velocità».
«Saranno da gestire bene i wattaggi – gli fa eco Romele – sicuramente daremo il massimo per fare bene. Si potrà fare maggiore differenza nell’ultima metà, dove le pendenze, forse, diventano un po’ più impegnative e la fatica aumenterà. Il fatto che poi nel pomeriggio ci sarà una semitappa renderà tutto ancora più difficile».
Dalla macchina Amadori osserva e parla con i ragazzi, il primo ad affiancarsi alla macchina è De Pretto, che sembra soddisfatto della tappa. «E’ una bella salita – dice dopo il breve colloquio il cittì – non è per tutti. Nella linea della corsa potrebbe scombussolare la classifica»
Amadori: «Te gusta la cronoscalata?» L’espressione di Piganzoli fa intuire facilmente la rispostaIn cima una breve sosta e un confronto sull’alimentazione e i prodotti usatiAmadori: «Te gusta la cronoscalata?» L’espressione di Piganzoli fa intuire facilmente la rispostaIn cima una breve sosta e un confronto sull’alimentazione e i prodotti usati
Parola d’ordine: recupero
La mattina, quindi, gli atleti saranno impegnati nella cronoscalata, mentre nel pomeriggio partirà la semi-tappa. Il riposo ed il recupero saranno importanti, anzi, fondamentali. Soprattutto per chi dovrà curare la classifica generale, ed in breve tempo sarà chiamato a fare due sforzi importanti.
«Saremo a fine Avenir – racconta Bruttomesso – non sarà facile accumulare ancora tanta fatica nelle gambe. Recuperare dopo lo sforzo della cronoscalata sarà importante, in più bisognerà integrare, così da non arrivare scarichi alla fine. E’ un giorno da 91 chilometri totali con 3.000 metri di dislivello, non banale ecco».
Ore 11, seconda sosta, questa volta in valle, dove il vento è a favoreOre 11, seconda sosta, questa volta in valle, dove il vento è a favore
Fattore vento
Poche ore dopo lo sforzo della cronoscalata quindi si torna in sella, direzione Mont Cenis. Arrivo in quota: 2.053 metri. Una tappa corta ma esplosiva, con tanta salita e il fattore vento pronto a mischiare le carte nel mazzo.
Nel trasferimento verso il Mont Cenis, Amadori viene chiamato da Coden, diesse di Jacopo Venzo alla Campana Imballaggi, lo junior deceduto sulle strade del Giro dell’Austria. Dall’altra parte del telefono ci sono anche i genitori del ragazzo, il silenzio cala subito e le parole sono difficili da trovare in un momento così. Tornare concentrati sul lavoro è difficile, ma bisogna trovare le forze per farlo, davanti i ragazzi ignari continuano a pedalare.
«Questa mattina – spiega Pellizzari – in valle c’era vento a favore, una cosa che ci ha aiutato. E’ anche vero che le condizioni del vento potrebbero cambiare e rischiamo di averlo frontale».
«Bisogna capire da che parte gira il vento nella valle al pomeriggio – analizza Bruttomesso – non è detto che cambi. Anche qui ci è capitato di tornare a un orario ed avere il vento a sfavore. Mentre il pomeriggio successivo, alla stessa ora, era diventato favorevole. Se nella valle del Mont Cenis ci troveremo vento a favore, partiremo ancora più a blocco. Con il vento contro la corsa potrebbe essere più facile da controllare, perché appena esci rimbalzi indietro. A queste condizioni la fuga potrebbe far fatica a guadagnare minuti, mentre in gruppo si risparmiano energie».
I ragazzi di Amadori hanno coperto la salita finale ognuno con il proprio ritmo, a seconda dei lavori da svolgereNon è mai mancato il buon umore, nonostante l’attenzione sia alta, l’Avenir non è una corsa da sottovalutareI ragazzi di Amadori hanno coperto la salita finale ognuno con il proprio ritmo, a seconda dei lavori da svolgereNon è mai mancato il buon umore, nonostante l’attenzione sia alta, l’Avenir non è una corsa da sottovalutare
Due salite intermedie
Nella seconda semitappa le salite saranno tre, compresa la scalata finale al Mont Cenis. Le prime due salite si imboccano dalla statale. Nella prima la strada si restringe ed al termine c’è una discesa non facile da interpretare.
«Discesa nervosa – parla Romele – strada stretta ed arrivi in fondo e la strada torna subito a salire. Il rischio è che il gruppo nella discesa si allunghi a causa della carreggiata stretta ed una volta tornati sulla statale si possa frazionare, soprattutto se il vento sarà contrario. Le posizioni saranno importanti, la salita si farà ad alta velocità ma a ruota si sta bene, difficile allungare il gruppo. Anzi la lotta per la testa del gruppo diventerà serratissima».
«Nella prima salita – replica Bruttomesso – si può fare velocità, è da rapporto. Anche la seconda non è difficile, e la strada sarà più larga. Una volta in cima si scende un po’ ma poi si risale subito. Parlavamo con Busatto, la carreggiata è larga, ma il fondo non è regolare, quindi non sarà semplice scendere bene, si dovranno tenere gli occhi aperti».
Al secondo stop per riempire le tasche e le borracce Amadori fa notare il ritmo basso secondo lui. Piganzoli risponde con i dati, in tre ore media di 29 chilometri orari e 2.200 metri di dislivello. Un buon passo per essere una perlustrazione.
L’arrivo della 2ª semitappa arriva dopo quattro chilometri dallo scollinamento del passo del Mont CenisOre 14, gli azzurri completano le sue tappe, discesa e ritorno in ItaliaL’arrivo della 2ª semitappa arriva dopo quattro chilometri dallo scollinamento del passo del Mont CenisOre 14, gli azzurri completano le sue tappe, discesa e ritorno in Italia
Il Mont Cenis
Una volta tornati sulla strada principale partirà la scalata al Mont Cenis. Non una salita dura, ma una volta arrivati all’inizio della scalata le fatiche nelle gambe saranno molte.
«la scalata finale – dice Piganzoli – è difficile, non dura, ma sale tanto all’inizio e alla fine. Poi una volta scollinati, gli ultimi quattro chilometri sono un continuo su e giù accanto al lago. Se in quel punto non hai calcolato bene lo sforzo e ti trovi vento contrario, fai prima a girare la bici e tornare indietro. E’ un tratto dove comunque si deve spingere per fare velocità».
«La semi-tappa del pomeriggio – conclude Romele – non sarà troppo dura, ma arriva dopo una serie di sforzi non indifferenti. La differenza vera la farà il ritmo con la quale sarà corsa, se una squadra decide di andare forte fin da subito si possono fare tanti danni. La vedo più come una serie di fatiche che nel giorno successivo, dove scaleremo l’Iseran, si faranno sentire».
I ragazzi di Amadori scendono fino a valle e mettono insieme cinque ore di allenamento. Una volta cambiati e risaliti sul pulmino ridono e scherzano sulla giornata. Si apre Strava per controllare i segmenti e le prestazioni degli altri. Staune-Mittet, uno degli avversari più temuti per l’Avenir, ha messo insieme sei ore di allenamento con più di 4.000 metri di dislivello. La sfida si accende.
La voce di Luca Cretti attraversa decisa il telefono, il momento del giovane bergamasco della Colpack-Ballan è positivo. Le prestazioni sono andate di pari passo con dei buoni risultati, il suo mese di giugno è stato un continuo progredire. Al Giro Next Gen sono arrivati due bei piazzamenti, il primo a Cansiglio, quarto, l’altro a Trieste, secondo. Cretti è stato bravo poi a riposarsi ed arrivare pronto al campionato italiano, dove però è stato battuto in volata da Busatto. Ha poi conquistato il Giro del Veneto (in apertura con la maglia di leader). E ieri, infine, è finito dietro Pellizzari nella Astico-Brenta.
Il giorno dopo il campionato italiano Cretti ha vinto la Pessano-Roncola (foto Rodella)Il giorno dopo il campionato italiano Cretti ha vinto la Pessano-Roncola (foto Rodella)
Finalmente sbloccato
La prima vittoria stagionale è arrivata il giorno dopo della corsa tricolore, sulle strade di casa, alla Pessano-Roncola. Un bel successo che ha riequilibrato i conti con la fortuna e con qualche occasione lasciata a metà, per sua stessa ammissione. Il corridore bergamasco ha concluso la sua cavalcata del mese di giugno coronandola con la vittoria della classifica generale al Giro del Veneto (photors.it in apertura).
«Non ho considerato la vittoria della Pessano-Roncola come una liberazione – ammette Cretti – sapevo che con la condizione che avevo prima o poi sarebbe arrivato un successo. Quella mattina, però, a dire il vero neanche volevo partire. Alla fine Gianluca Valoti mi ha convinto, ma non mi aspettavo nulla. Non avevo mai vinto su un arrivo in salita, ma ripeto: la gamba c’era.
«Il Giro del Veneto ho insistito io per correrlo e fare classifica. Dopo aver vinto su una salita come quella della Roncola – prosegue Cretti – mi sentivo troppo bene per non provarci. Se mi dovessero chiedere che corridore sento di essere, non saprei rispondere. Questo mese di giugno è stato incredibile. Nel 2023 ho già corso cinque gare a tappe, questo è uno dei motivi per cui sono venuto in Colpack e sono contento che la scelta sia stata ripagata».
Per il corridore della Colpack quest’anno è arrivata anche la prima esperienza al Nord: alla Paris-Roubaix EspoirsPer il corridore della Colpack quest’anno è arrivata anche la prima esperienza al Nord: alla Paris-Roubaix Espoirs
Facciamo un passo indietro al Giro Next Gen, quando hai capito di andare forte?
Fin dai primi giorni, parlando con i miei compagni nel post tappa capivo di avere sensazioni diverse da loro. Per fare un esempio: a volte parlavamo del ritmo tenuto su qualche salita e io mi accorgevo di aver fatto meno fatica rispetto a loro. Dopo due o tre volte che lo dicevo, ho capito che forse non erano loro ad andare piano, ma io ad essere in ottima forma.
Tant’è che poi ci hai provato due volte, a Cansiglio e poi a Trieste.
Finiti i primi giorni di lavoro per Persico e Meris abbiamo avuto il via libera (tant’è che a Povegliano ha vinto Romele, ndr). Io nelle ultime due tappe mi sono buttato nella mischia, sono andato in fuga e ci ho provato. Mi considero un corridore da fughe, ce l’ho nel sangue. Non ho un particolare spunto veloce quindi devo sempre provare ad anticipare, inutile aspettare.
E’ una condizione che hai trovato come?
Dal ritiro in altura che abbiamo fatto a Livigno con la squadra. Era la prima volta che andavo a fare una preparazione del genere ed i risultati si sono visti.
A Mordano Cretti ha provato in ogni modo ad attaccare Busatto ma non è riuscito a levarselo di ruota (foto Zannoni)A Mordano Cretti ha provato in ogni modo ad attaccare Busatto ma non è riuscito a levarselo di ruota (foto Zannoni)
Quale secondo posto ti ha fatto “rosicare” di più? Quello di Trieste o al campionato italiano?
Chiaramente vincere la maglia tricolore sarebbe stato un sogno, è una maglia unica alla quale tutti ambiscono. Ma sulle strade di Mordano ho fatto di tutto per staccare Busatto, anche quando siamo rimasti in due ho provato più volte a forzare. Non ho rimpianti. Mentre a Trieste contro Foldager non mi sentivo di aver dato tutto. Il percorso non era così duro e non avevo troppo spazio per provarci. Quindi direi che ho rosicato di più a Trieste.
Questo è anche il tuo ultimo anno da under 23, un passaggio importante per la tua carriera…
Vero. Ho la fortuna di essere arrivato qui in Colpack in tempo per provare a giocarmi tutto, penso che sia la squadra migliore per farlo. Fin dall’inverno mi sono allenato bene, sono riuscito anche a perdere quei tre chili di troppo e si sente la differenza. Anche se la stagione non era iniziata al meglio.
In che senso?
Ho affrontato la prima parte del 2023 concentrandomi troppo sul fare il risultato. Mi dicevo: «Devi vincere per dimostrare che vali». Ad una gara in Croazia stavo parlando con un mio compagno che mi ha consigliato di andare da un mental coach.
A Trieste qualche rimpianto per Cretti, avrebbe potuto provare a staccare Foldager (foto LaStampa)A Trieste qualche rimpianto per Cretti, avrebbe potuto provare a staccare Foldager (foto LaStampa)
E come ti sei trovato?
Era un’idea che avevo in mente da tanto tempo, mi stuzzicava. Le prime sedute sono servite per conoscerci, poi ho iniziato a vedere i frutti del nostro lavoro. Ci confrontiamo sul pre e sul post corsa.
Cosa è cambiato?
Abbiamo spostato il focus dal risultato alla prestazione, bisogna migliorare quest’ultima per essere competitivi. Ci concentriamo sulle parti positive, senza vivere quest’ultimo anno con ansia. E’ tutto nelle mie mani, devo fare del mio meglio, se sei bravo va bene, altrimenti non era destino.
Il ritiro a Livigno prima del Giro Next Gen ha portato i suoi frutti alla corsa rosa (foto Rodella)Il ritiro a Livigno prima del Giro Next Gen ha portato i suoi frutti alla corsa rosa (foto Rodella)
Per ora sta andando bene, considerando che anche il cittì Amadori si è accorto delle tue prestazioni.
Mi ha fatto i complimenti al Giro e poi anche al campionato italiano. In questi giorni mi ha comunicato che sarò tra i convocati per il ritiro in altura al Sestriere. Per gli appuntamenti importanti, come Avenir e mondiale, magari avrà già dei nomi in testa, io farò del mio massimo per metterlo in difficoltà. Se sarò all’altezza di essere convocato darò tutto per la maglia azzurra.
Che effetto ti fa partire per il ritiro di Sestriere?
Contentissimo, ma l’ho vissuta con tranquillità. Sapevo che con le buone prestazioni sarebbe potuta arrivare questa convocazione. La cercavo da tanto e finalmente è arrivata.