Fratture invisibili: le incognite sono tante, l’iter è chiaro

18.08.2022
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L’infortunio è un fulmine a ciel sereno che può colpire la stagione di un ciclista in qualsiasi momento. Se accade in prossimità di un appuntamento importante la voglia di recuperare e salire in sella in fretta è tanta. A minare questa possibilità però ci sono le temute fratture invisibili. Due esempi lampanti sono Lorenzo Germani e Marco Frigo, che pochi giorni fa ci hanno raccontato l’incidente di Sestriere, attraverso il sollievo di averla scampata prima e l’amara scoperta dopo di due fratture invisibili. 

Scafoide per Frigo e rotula per Germani. La rinuncia al Tour de l’Avenir in partenza oggi è stata una decisione obbligata e maturata a quasi due settimane dalla caduta avvenuta a Sestriere dove si trovavano per il ritiro con la nazionale U23. Nelle parole di entrambi abbiamo trovato rammarico e stupore dovuto alla mancata scoperta delle rispettive fratture una volta ricevuta la prima diagnosi da radiografia (foto in apertura radiografieadomicilio). Avrebbero potuto anticipare il trattamento o l’operazione? Queste fratture invisibili, lo sono davvero o sono frutto di un’indagine offuscata dalla voglia di ritornare al più presto in sella? Per rispondere a questi dubbi ci siamo affidati a Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center.

Attraverso la risonanza magnetica le fratture invisibili sono facilmente individuabili (foto MInihospital)
Attraverso la risonanza magnetica le fratture invisibili sono facilmente individuabili (foto MInihospital)

L’Iter

La risposta è no a entrambe le domande che ci siamo posti. Maurizio Radi è chiaro e di fratture invisibili ne ha viste passare molte sui lettini del centro medico privato di Pesaro.

«Le fratture invisibili sulle radiografie ci sono. L’iter che si fa su un trauma – spiega – è chiaro ed efficace. Si parte con l’RX. Se questo non segnala nulla, si procede con i trattamenti delle contusioni normalmente. Se il dolore persiste o si presenta dopo qualche giorno quando si riprende l’attività, allora si effettuano accertamenti diversi per andare a vedere se c’è qualcosa che non si è visto con la radiografia. A questo punto la strada più comune è quella della risonanza, che va ad indagare in maniera mirata per fare emergere la presenza di eventuali fratture.

«Su di un trauma contusivo – spiega Radi – come può essere quello di una caduta non grave, dove il ciclista si alza e risale in bici, il primo accertamento è quello della radiografia. Il dolore seppur sia un sintomo banale è quello che però ci fa capire se la strada che abbiamo preso sia corretta o meno. Gli strumenti ci aiutano, ma la risposta del nostro fisico è la cosa più importante».

Il caso di Germani

Seppur la caduta sia stata la medesima le due fratture sono molto differenti, così come i rispettivi metodi di recupero e tempi di ripresa.

«Quando parliamo di microfratture – dice Radi – e non di intervento vuol dire che si deve creare un consolidamento dove c’è stata la frattura. Deve ricrearsi un callo osseo e quindi nel momento in cui è guarita la frattura, non si creeranno problemi di ripresa. C’entra più tutto quello che riguarda il contesto della funzionalità dell’articolazione del ginocchio, il recupero del tono muscolare e l’elasticità del tendine

«Laddove c’è un soggetto – continua – come in questo caso molto allenato che gode di un ottima forma fisica, si è visto da alcuni studi medici che 30 giorni di immobilizzazione possono fare perdere fino al 50% della forza dell’atleta. Il recupero diventa lungo perché per riprendere l’attività ai livelli in cui la si è lasciata bisogna avere un programma definito. Riprendere la mobilità, il tono, la forza e la funzionalità di tutto l’arto inferiore è fondamentale, ma si ritorna facilmente. In questo caso Germani non arriverà a tanto, comunque la ripresa deve essere ponderata e definita.

«Il problema poteva essere – conclude Radi – se una frattura da composta si scompone pedalandoci sopra, ma stiamo parlando di un caso limite, allora sì che si ha un problema. Essendo una microfrattura, questo è molto difficile. E’ chiaro che se si avverte un dolore anche qualche settimana dopo la caduta, l’indagine che è stata fatta e la frattura che è emersa sono la prassi».

Il caso di Frigo

Nel caso di Germani il problema alla rotula va ad incidere direttamente sull’atto fisico della pedalata. Marco Frigo invece ha impattato la mano e la frattura ha riguardato lo scafoide.

«Qui si deve ragionare in maniera differente – spiega Radi – lo scafoide è un osso poco vascolarizzato, questo comporta che nel momento in cui si fa una radiografia e il dolore persiste nei giorni successivi anche qui si arriva alla risonanza. Lo scafoide spesso di rompe e dalla radiografia è difficile coglierlo perché l’RX non riesce a fare una fotografia dell’osso nella sua completezza a 360 gradi. 

«In linea di massima per un atleta, per non perdere tempo, la strada migliore da intraprendere è l’intervento chirurgico. Prima si fa meglio è. Non è come un arto inferiore che si va a caricare. Oggi ci sono dei tutori termoplastici che si fanno su misura. Noi stessi li abbiamo utilizzati per i ciclisti, realizzati ad hoc con la sagoma della mano sul manubrio per farli allenare e metterli in bici in meno di 15 giorni

«Mentre su un arto inferiore – fa notare Radi – la prospettiva di risalita in bici va ad incidere molto sulla muscolatura ovviamente a seconda del caso. Con una frattura dello scafoide i tempi si possono tenere molto più compressi perché non va ad interessare gli arti più stressati durante la pedalata. In questo caso la ripresa è qualcosa di pianificabile con un’incidenza poco invasiva per la forma fisica del ciclistica. Banalmente basterebbe fare due tutori, uno per il riposo e uno per quando si va in bici in modo tale da continuare il recupero al meglio senza perdere allenamenti».

Marco Frigo ha corso la Vuelta a Burgos con la mano fasciata e il dolore dovuto all’ignota frattura
Marco Frigo ha corso la Vuelta a Burgos con la mano fasciata e il dolore dovuto all’ignota frattura

In conclusione

Le fratture invisibili fanno parte del gioco. Che si militi in un top team o che si sia saliti per la prima volta in bici l’iter per l’indagine post trauma contusivo è lo stesso.

«Prendendo come esempio questi due casi – conclude Radi – non ci sono stati errori. Forse si sarebbe potuto anticipare di qualche giorno l’intervento, ma poco sarebbe cambiato ai fine del recupero. Il dolore è ciò che ci porta a scoprire cosa fare del nostro corpo in questi casi. Fare esami su esami sarebbe sbagliato e non si fa a nessun livello».