Venturelli, Giaimi e quel chilometro che fa la differenza

24.01.2024
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Un chilometro in più nel velodromo di Apeldoorn significavano quattro giri oltre il limite della fatica abituale, dato che l’anello olandese misura 250 metri spaccati. E’ questa la distanza in più che sono stati chiamati a percorrere Federica Venturelli e Luca Giaimi, convocati da Marco Villa per gli europei dei grandi.

Non si parla di due atleti qualsiasi, ancorché molto giovani. Venturelli infatti era campionessa del mondo in carica dell’inseguimento juniores (le donne corrono sulla distanza di 2 chilometri), con tanto di record del mondo stabilito a Cali lo scorso anno in 2’15″678. Giaimi invece il record del mondo lo ha fatto registrare ugualmente nel 2023 agli europei di Anadia (gli juniores corrono sulla distanza di 3 chilometri) con il tempo di 3’07″596.

Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596
Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596

Un chilometro in più

Fra gli elite cambia tutto: 3 chilometri di gara per le ragazze, 4 chilometri per i ragazzi. E sebbene avessero fatto prove in allenamento, per i nostri due atleti al primo anno fra gli U23 si è trattato di un battesimo da capire. A monte di tutto, ci era rimasta per la mente la considerazione di Diego Bragato, responsabile dell’Area Performance della FCI.

«Si tratta di atleti così forti – ci aveva detto alla vigilia degli europei di Apeldoorn – che hanno vinto i mondiali del quartetto e dell’inseguimento individuale, da risultare già maturi fisicamente. Abbiamo iniziato a inserirli nelle nuove distanze e abbiamo scoperto che si trovano meglio a fare l’inseguimento con un chilometro in più, piuttosto che con le distanze da juniores. Per come lavoriamo, usciamo sempre alla distanza e quindi quei 4 giri in più per Giaimi e soprattutto per Venturelli sono stati un vantaggio più che un limite».

Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari
Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari

A un passo dal podio

E loro come hanno commentato il nuovo sforzo sperimentato agli europei? Entrambi corrono nelle file della UAE e sono all’alba della stagione su strada, con Venturelli che dopo gli europei in pista si è concessa un passaggio nel cross alla Coppa del mondo di Benidorm, chiusa in 21ª posizione (6ª fra le U23), poi forse al mondiale.

«Fare un chilometro in più nell’inseguimento fa cambiare totalmente la gestione della gara – spiega Federica – perché la gara di 2 chilometri non è neanche un vero e proprio inseguimento. L’importante è partire forte, perché è più il tempo che si perde in partenza di quello che si può perdere nell’ultima parte, anche se si rallenta un po’. Passando invece a 3 chilometri, la gestione della gara deve essere totalmente opposta. E’ importante partire non troppo forte, perché al contrario è più il tempo che si può perdere nell’ultima parte se non si riesce a mantenere l’andatura.

Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23
Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23

Una gara di resistenza

«E’ una gara più di resistenza – prosegue Venturelli – che forse si addice meglio alle mie caratteristiche. Però sicuramente ho bisogno di fare esperienza sulla nuova distanza. In qualifica, in particolare, sono partita troppo forte. Avevo l’esperienza degli scorsi due anni di inseguimenti di 2 chilometri e non sono riuscita a reggere fino alla fine. Infatti già dopo i primi 2 chilometri ho iniziato a rallentare. In finale invece sono riuscita a gestirla meglio. Sono arrivata all’ultimo chilometro con ancora un po’ di energia, per cercare di aumentare o comunque di non calare come avevo fatto in qualifica. Quindi è andata decisamente meglio. Qualche prova in allenamento l’avevamo fatta, appena ho scoperto che agli europei avrei fatto l’inseguimento».

Venturelli ha chiuso il suo primo inseguimento fra le elite al quarto posto, con il tempo di 3’27″475 (meno di 5″ dal podio): con 1’12” circa di gara più del suo miglior tempo da junior. Ha spinto il 60X15, sviluppo di 8,544 metri, come dire che per compiere il terzo chilometro di gara ha dovuto compiere 117 pedalate in più.

Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento

Tattica e condizione

Gli europei di Giami nell’inseguimento individuale si sono chiusi al dodicesimo posto con il tempo di 4’17″379, 1’10” circa per compiere quel chilometro in più: pressoché in linea con la prestazione della collega d’azzurro.

«Il chilometro in più – spiega il ligure – fa tanto la differenza soprattutto sulla gestione dello sforzo. In 3 chilometri ti puoi ancora permettere di partire forte senza avere un calo troppo gravoso nel finale. Sui 4 chilometri è tutto diverso. Bisogna partire con le giuste accortezze, senza forzare troppo. Altrimenti finisce come ho fatto io, che nell’ultimo chilometro ho avuto un calo drastico. L’ideale, da quanto ho appreso in questa mia prima gara, è che per riuscire al meglio bisogna fare una progressione per arrivare agli ultimi giri ancora con gambe e saltare anche l’ultimo chilometro.

Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)
Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)

Obiettivo 4’10”

«In allenamento – prosegue Giaimi – mi è capitato di provarlo ed ero alla ricerca della giusta sensibilità, che però purtroppo non ho ancora trovato. Sicuramente provando più volte e con le giuste accortezze, si migliora già di tanto. Tralasciando la condizione fisica, che a gennaio e da primo anno U23, era buona ma non ottimale come altri specialisti della pista. Il mio obiettivo di quest’anno sarebbe arrivare a un 4’10”, ma ci vorranno altre prove, accorgimenti su posizione e materiali, oltre a una condizione fisica ottimale che arriverà sicuramente con il proseguire della stagione».

Giaimi ha corso con il 60×14, sviluppo di 9,154 metri, questo significa che per percorrere il chilometro di differenza ha dovuto compiere 109 pedalate in più.

Come già scritto in un precedente editoriale, la WorldTour della pista azzurra sta lavorando con grande verticalità e notevole efficienza. Non ci stupiremmo affatto se Federica Venturelli di questo passo si ritrovasse, giovane e spaesata, nel trenino azzurro del quartetto alle Olimpiadi di Parigi.

EDITORIALE / L’Italia e la WorldTour della pista

15.01.2024
6 min
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L’Italia ha una squadra WorldTour: è quella della pista e funziona anche bene. Lo abbiamo appena sentito dalle parole di Salvoldi: il futuro del settore è in buone mani. Di certo lo si deve alle mamme dei ragazzi e alle loro società, ma anche al metodo di lavoro inaugurato con l’arrivo di Dino fra gli juniores e di Bragato alla guida del team performance federale. Il discorso va ovviamente allargato alle donne junior, seguite su pista direttamente da Villa. Sarà pure l’uovo di Colombo, ma avere lo stesso occhio tecnico in modo verticale, permette di fornire agli atleti un metodo di lavoro coerente, come accade appunto nei team WorldTour con i rispettivi devo team.

La presenza di Luca Giaimi (in apertura con Villa, durante l’inseguimento chiuso in 12ª posizione), Matteo Fiorin e Federica Venturelli agli europei di Apeldoorn, cui potremmo aggiungere anche Davide Boscaro con i suoi 23 anni, conferma che con il giusto metodo di lavoro, non è detto che la giovane età sia per forza un limite.

«Il coinvolgimento di questi giovani – ci ha confermato qualche giorno fa Bragato – andrà avanti fino a ridosso delle Olimpiadi, poi sarà fatta la selezione e ci saranno solo quelli che andranno a Parigi. Quando siamo a Montichiari per allenarci, i giovani da un lato servono anche come sparring partner, perché atleti che sanno girare a certi ritmi, anche se non per tutta la prova, ci aiutano in certi tipi di lavoro. Al contempo per loro è una grande esperienza, perché per ragazzi così giovani che fino a qualche giorno prima erano juniores, girare con probabili olimpici e con campioni olimpici è una grandissima scuola».

Gli sponsor inesistenti

In realtà però una WorldTour non ce l’abbiamo e neanche se ne scorgono all’orizzonte. Nei giorni scorsi abbiamo sentito svariate voci sul perché gli sponsor (italiani) più grandi stiano alla larga dalla strada. Più passa il tempo e più ci convinciamo del fatto che il fantasma del doping, che per anni ha inciso sicuramente sulle scelte, sia ormai un pretesto poco credibile. Durante la presentazione del Team Polti-Kometa tre opinioni ci hanno davvero incuriosito.

La prima è venuta da Contador, in risposta alla domanda sulla differenza fra le squadre di un tempo e le corazzate di adesso. «C’è stato un cambio grande – ha risposto lo spagnolo – negli anni 90 bastava una famiglia appassionata e nasceva la squadra. Ora per fare una WorldTour serve avere una multinazionale, con interessi globali. E’ difficile tornare a com’era prima, ora si guarda al ritorno dell’investimento, perché il ciclismo è globale ed è arrivato anche in Paesi dove prima non c’era».

A Contador si è aggiunta la voce del suo sponsor Giacomo Pedranzini, di casa Kometa. «Il ciclismo funziona – ha detto – non credo che giganti come Lidl e Jumbo abbiano investito per il gusto di partecipare, ma perché le squadre che affiancano sono per loro un veicolo importante. In Italia questi grandi sponsor ci sono. Se restiamo nell’ambito della grande distribuzione, ci sono colossi come Esselunga oppure Conad e Coop che potrebbero benissimo trarne vantaggio».

Sul tema ha detto la sua anche Francesca Polti: «Come detto – ha spiegato durante l’evento – nel fare l’analisi sul perché non rientrare, abbiamo trovato solo voci favorevoli al rientro. Non credo che il tema del doping sia più sul tavolo, visti i tanti controlli cui le squadre sono sottoposte. La nostra speranza, che è anche una certezza è di trarre grande visibilità dal ritorno in gruppo, sperando di ispirare anche altre aziende. Siamo una multinazionale tascabile, nel senso che siamo a misura d’uomo, ma siamo anche in tutto il mondo. Magari non subito, ma credo e spero che durante il Giro d’Italia qualcuno inizi a mostrare interesse».

Se Francesca Polti ha ragione, l’estate potrebbe mostrare segni di risveglio negli sponsor italiani
Se Francesca Polti ha ragione, l’estate potrebbe mostrare segni di risveglio negli sponsor italiani

Tasse e fatture

Quasi contemporaneamente, confermando quello che ci aveva detto Philippe Mauduit, in un’intervista a Velo101 Marc Madiot ha risposto all’ipotesi di Lappartient di fissare un tetto agli ingaggi.

«I politici sono fatti per fare promesse – ha detto – ma a volte hanno grandi difficoltà a mantenerle. Però abbiamo anche un altro problema. Il costo del lavoro in Francia è più alto che altrove, abbiamo il 30% in più di tasse. Anche questo va tenuto in considerazione. Siamo nell’ultimo terzo delle squadre in termini di budget e abbiamo anche il 30% di spese in più. Se pur trovandoci in queste situazioni, abbiamo chiuso il 2023 come settima squadra nel mondo, vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro».

Qui da noi ci si sveglia solo quando la Finanziaria tocca i privilegi delle squadre di calcio: in quel caso i principali organi di informazione, per evidenti e mai negati conflitti di interesse, scoprono che il sistema fiscale italiano penalizza le società sportive di tutti i livelli. Il Governo ha cancellato gli sgravi fiscali per diverse categorie di lavoratori provenienti dall’estero, compresi gli sportivi. I club del calcio verranno dunque tassati più che nel recente passato e dovranno forse rivedere le loro strategie di mercato.

Forse è questo il motivo per cui si fa fatica a creare una squadra in Italia? Oppure una volta, oltre alla passione delle famiglie, la possibilità di fare fatture gonfiate rendeva il ciclismo un boccone appetibile?

Il ruolo verticale di Bragato permette di dare coerenza alle carriere degli atleti
Il ruolo verticale di Bragato permette di dare coerenza alle carriere degli atleti

La WorldTour della pista

Allora è meglio tornare col pensiero alla nostra WorldTour della pista, perché ci piace nell’anno olimpico raccontare quel che c’è di buono nel ciclismo italiano, cioè è la capacità di individuare il talento e valorizzarlo. Il coinvolgimento dei ragazzi negli eventi della nazionale maggiore, approfittando dell’assenza di quelli impegnati al Tour Down Under, trasmette lo stesso gusto di Alfredo Martini, che convocava sempre nelle sue squadre di campioni uno o due giovani di sostanza, fosse anche perché facessero le riserve.

«La regola generale – spiegava ancora Bragato – potrebbe prevedere che per questi ragazzi si aspetti la maturazione fisiologica. Il fatto è che si tratta di atleti così forti, che hanno vinto i mondiali del quartetto e dell’inseguimento individuale, da risultare già maturi fisicamente. Abbiamo iniziato a inserirli nelle nuove distanze e abbiamo scoperto che si trovano meglio a fare l’inseguimento sui 4 chilometri piuttosto che sui 3. Per come lavoriamo, usciamo sempre alla distanza e quindi il chilometro in più per Giaimi e soprattutto per Venturelli è stato un vantaggio più che un limite».

Quanto costa fare una squadra come la WorldTour della nazionale? Quanto costerebbe renderla attiva per tutta la lunghezza del calendario? Sono i numeri che davvero interessano chiunque voglia fare del ciclismo il proprio biglietto da visita. Abbiamo i corridori, i tecnici, i preparatori, i nutrizionisti, i dottori, i massaggiatori, i meccanici e i produttori di biciclette. Non ci manca niente, forse solo un po’ di coraggio.

Forze fresche per la pista: Salvoldi prende le misure

15.01.2024
4 min
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Cambia l’anno e cambia tutto. A questa rigida regola, Dino Salvoldi inizia ad abituarsi. Alla sua terza stagione alla guida del settore junior, il tecnico azzurro sa bene che il cambio di categoria porta via ogni anno molti dei migliori talenti e al contempo bisogna iniziare a lavorare su materiale nuovo, quelli che approdano alla categoria e hanno tutto da imparare. Per questo Salvoldi ha iniziato molto presto a lavorare con i suoi ragazzi.

«Il primo raduno – racconta – lo abbiamo fatto il 12 dicembre. Da allora prevedo 2 giorni a settimana a Montichiari, chiedendo ai ragazzi, pur comprendendo i loro impegni scolastici, di esserci almeno in uno. Per ora stiamo lavorando su un gruppo di 25 atleti, di cui ben 16 del primo anno. Ma oltre a loro, in base alla disponibilità di bici e di spazi lavorando pressoché in contemporanea con la nazionale maggiore di Villa, faccio venire anche altri ragazzi che mi vengono segnalati dai responsabili tecnici regionali. Conto alla fine di vederne almeno una quarantina e stiamo parlando solo ed esclusivamente della pista».

Un momento degli allenamenti a Montichiari, condivisi con la nazionale maggiore di Villa
Un momento degli allenamenti a Montichiari, condivisi con la nazionale maggiore di Villa
Quanto è cambiato il gruppo?

Tantissimo, tutto lo zoccolo duro che ha portato risultati nelle manifestazioni titolate dello scorso anno ha cambiato categoria. Giaimi ad esempio è già stato agli europei assoluti di Apeldoorn. Ciò però non mi spaventa. Due anni, fa quando iniziai, mi trovai di fronte un gruppo i cui 3/4 erano novizi.

Ti trovi però ad affrontare una stagione che arriva dopo i trionfi del 2023, tra titoli e record…

Abbiamo avuto prestazioni eccezionali che hanno alzato il livello e questo non vale solo per noi. E’ chiaro che gli avversari ora ci vedono come la squadra da battere e hanno elevato il valore della categoria. Non sarà facile farci trovare pronti, ma dovremo basarci forzatamente sui tempi di questi due anni precedenti per avere un raffronto e fare altrettanto se non meglio.

Molti dei ragazzi che hai avuto sono ora entrati in team importanti, come lo stesso Giaimi e Sierra, la maggior parte sono all’estero. Che cosa ne pensi?

Fa parte del ciclismo di oggi. I ragazzi che vogliono investire in quest’attività puntano all’ingaggio nei Team Devo che può spianare loro la porta del professionismo. Quindi devono farsi notare, ma attenzione, perché i tecnici delle squadre non guardano solo ai risultati, ma alle prestazioni nel loro complesso e le correlano a quello che i ragazzi ottengono. Giaimi, Sierra e gli altri hanno meritato il loro passaggio, partono da una base altissima.

Il quartetto iridato 2022, con Fiorin, Favero, Delle Vedove, Giaimi e Raccagni Noviero (foto Lariosport)
Il quartetto iridato 2022, con Fiorin, Favero, Delle Vedove, Giaimi e Raccagni Noviero (foto Lariosport)
Quei ragazzi secondo te potranno essere l’ossatura della squadra per Los Angeles 2028?

Non è una mia competenza, posso parlare solo da appassionato esterno. Penso che ne abbiano tutte le possibilità unendosi a chi già oggi è ai vertici. Sono atleti su cui investire, ma ce ne sono anche altri, chi più giovane e chi appena più grande. Abbiamo una buona base per la pista, questo è certo.

Ti sei già fatto un’idea di chi sono i ragazzi del primo anno?

Sarebbe ingeneroso giudicarli in base a una prima, semplice presa di contatto. Non tutti tra l’altro hanno potuto essere visionati, tra scuola, influenza e impedimenti vari. L’esperienza mi fa essere ottimista, penso che costruiremo un buon team per continuare ad essere competitivi. Ma avremo bisogno di tempo, di molte prove per capire come muoverci. Il cronometro ci dirà se siamo competitivi, ma io penso che lo saremo.

Chi è rimasto del vecchio gruppo?

Fra quelli medagliati il solo Stella è ancora con noi e sarà un’ottima guida per i compagni. C’è però anche chi ha già lavorato con noi ma non ha trovato spazio in nazionale. Teniamo conto che da una rosa di oltre 40 elementi alla fine a gareggiare saranno 6-7. Anche nel 2023 c’erano tanti secondi anni che meritavano, ma non riuscivano a emergere per la strenua concorrenza ad alto livello. Sierra stesso il primo anno non era certo il corridore che abbiamo visto emergere nel 2023.

Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Nei giorni scorsi è stato inaugurato l’impianto di Crema, che si aggiunge a quelli già disponibili mentre finalmente si vede luce per il velodromo di Spresiano. Secondo te questi nuovi impianti aiuteranno i ragazzi a praticare la pista anche lontano da Montichiari?

Su questo è bene essere chiari. Possono integrare il nostro lavoro, non sostituirlo. Montichiari resta il riferimento assoluto, ma certamente perché il nostro ciclismo cresca e con un ritmo maggiore, servono impianti. La carenza di infrastrutture è una limitazione enorme per il nostro movimento, quindi ogni impianto in più è una boccata d’ossigeno. Dobbiamo averne di più dobbiamo averne indoor e su distanza canonica. Ma serve anche un’attività invernale come quella che c’è nel ciclocross. Serve che i ragazzi possano sfruttare i mesi liberi dall’attività su strada per impratichirsi nelle gare di gruppo, per abituarsi alle madison che sono una scuola irrinunciabile e che non s’imparano con facilità. Se avessimo un calendario di madison d’inverno faremmo esplodere il movimento…

Giaimi, 6 anni di contratto: strada, pista, Parigi e i mondiali 2029

05.01.2024
6 min
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Seduto da solo a tavola nel giorno in cui la stampa ha preso d’assalto il ritiro del UAE Team Emirates, Luca Giami osservava curioso e forse anche frastornato il movimento attorno a sé. Per questo ci siamo seduti con lui iniziando una chiacchierata che ci ha permesso di aprire la porta sulla sua situazione, più unica che rara, di un lunghissimo contratto di sei anni. Il primo a esserne sorpreso è parso proprio lui. Infine, lo abbiamo risentito anche ieri, durante il ritiro con la nazionale a Montichiari. E Giaimi ha fatto con noi il punto della sua situazione.

«Sicuramente – sorride Giaimi, in apertura in azione agli ultimi europei juniores – un contratto così lungo comporta meno stress legato alla scadenza, ma sento un po’ la pressione di dimostrare che me lo sono meritato. Addirittura me lo avevano offerto di 8 anni, ma ho scelto di firmare per 6. Sono contento e spero nei primi due anni di fare più esperienza possibile per arrivare pronto ai quattro successivi nel WorldTour. Abbiamo iniziato un bel percorso con diversi obiettivi e per arrivare a costruire il corridore che voglio essere: questa è una delle tipiche frasi di Matxin».

Il suo inverno è un continuo viaggiare. Prima il ritiro di Noto con la pista, poi quello spagnolo con la UAE Emirates GenZ (questo il nome del devo team). Due giorni a casa e subito a Montichiari fino a Natale. Tre giorni a casa e di lì nuovamente a Montichiari preparando gli europei che inizieranno mercoledì prossimo.

Luca Giaimi, classe 2005, è con la UAE Emirates da quest’anno con un contratto di 6 stagioni (foto Fizza)
Luca Giaimi, classe 2005, è con la UAE Emirates da quest’anno con un contratto di 6 stagioni (foto Fizza)
Cosa ti intriga di più in questo momento, la pista o la strada?

Non vedo l’ora di iniziare la stagione su strada a Le Samyn con la squadra WorldTour. L’ho sempre sognato. Probabilmente sarà dura, ho un po’ di soggezione, però non vedo l’ora. Immaginavo una situazione come questa, ma credevo che avrei iniziato con il devo team e semmai più avanti avrei provato con i pro’. Invece farò l’esatto contrario.

Come è andato il ritiro?

Purtroppo ho avuto un grosso problema con l’inglese, fortunatamente nel team si parlucchia italiano. Alla fine però riuscivo a capire cosa dicevano e a volte anche ad esprimermi. Non vedo l’ora di tornare in gruppo per imparare ancora. Per il resto, l’esperienza di un ritiro con la squadra WorldTour è nettamente diversa da qualsiasi altra a livello di allenamenti, preparazione e gruppo. La UAE Emirates ricorda molto una squadra italiana a livello di socialità. Al contempo trasmette la serenità e la familiarità dei grandi team.

Hai raccontato di aver dovuto modificare la posizione in bici per il cambiamento delle regole sulle leve dei freni…

Vero, la mia posizione è cambiata abbastanza, perché sul fronte delle leve interne io ero uno di quelli più estremi. Col biomeccanico abbiamo scelto di cambiare il manubrio, mettendone uno molto più stretto. Da 37 nella parte alta e 42 nella parte bassa, come uno da gravel. Hanno fatto così anche altri corridori della WorldTour, con la parte bassa dell’impugnatura più larga rispetto alla parte alta. E’ l’ideale. Quando sei con le mani in alto, spingi in presa più areodinamica e riesci a guadagnare parecchio. Invece nelle fasi di spinta massimale, come nelle volate, hai una presa migliore e guadagni in guidabilità anche in discesa. Facendo così, sono riuscito a mettere le leve in asse rispetto al manubrio. Inoltre ho avuto qualche correzione della posizione, visti la nuova sella e il fondello.

Vista la limitazione UCI nella rotazione delle leve, Giami usa un manbubrio largo 37 sopra, 42 sotto (foto Fizza)
Vista la limitazione UCI nella rotazione delle leve, Giami usa un manubrio largo 37 sopra, 42 sotto (foto Fizza)
In cosa è cambiata?

Mi sono abbassato e col manubrio più stretto, specialmente nelle volate, quando sono in posizione massimale di spinta e quando la velocità è alta, riesco ad essere anche più aerodinamico. Dato che mi hanno abbassato leggermente la sella, riesco a sfruttare meglio la muscolatura posteriore delle gambe e questo è sicuramente un vantaggio.

Il tuo preparatore è Giacomo Notari, cosa te ne pare?

Giacomo segue tutti noi del devo team. E’ un’ottima persona e fin dal primo giorno mi ha seguito al meglio anche per la pista. Inoltre ho scoperto che, oltre a fare gli allenamenti in bici, si intende molto anche di palestra e mi ha organizzato delle sedute specifiche per la pista. Col fatto che si allena parecchio in bici e anche in palestra, unisce le competenze teoriche e quelle sul campo. Sono uscito dal ritiro con una gran bella condizione, che mi è stata molto utile in pista. Infatti mi sono subito buttato con i più grandi e avere una buona gamba ha contribuito a non prendere troppe bastonate. Ora sto cercando di affinare la tecnica e allo stesso tempo di migliorare la condizione fisica in vista degli europei.

Avrai degli obiettivi precisi?

Sarà difficile, però era giusto iniziare il prima possibile, per arrivare pronti agli altri obiettivi che avrò in stagione. Vado agli europei per fare esperienza, ma soprattutto per avere dei punti di riferimento. Capire a che livello sono e da lì costruire le basi per i futuri lavori su pista, che rimarrà nel mio orizzonte ancora a lungo. Uno dei motivi per cui il mio contratto si prolunga così tanto, è che nel 2029 i mondiali su pista si terranno ad Abu Dhabi nel velodromo che stanno costruendo.

Quinto nella crono agli europei juniores di Emmen, Giaimi utilizzava già materiale della UAE Emirates
Quinto nella crono agli europei juniores di Emmen, Giaimi utilizzava già materiale della UAE Emirates
Prima hai parlato di Matxin, i rapporti con la dirigenza della WorldTour ci sono?

La nostra squadra è impostata diversamente dalle altre devo team. Non vogliono definirla team di sviluppo, ci hanno detto che siamo il reparto giovani della WorldTour. Anche il nome è UAE Team Emirates GenZ. Io inizierò il calendario con la WorldTour e lo stesso faranno i miei compagni durante la stagione, ad Almeria o alla Valenciana e Skelderpijs. Poi nella seconda metà di stagione non ci saranno stagisti, ma toccherà a noi fare esperienza.

Quali altre corse farai?

Dopo Le Samyn, andrò in Croazia a fare Porec e l’Istrian Spring Trophy. Poi dovrei tornare in pista per una Coppa del mondo, in modo da avere i punti per un’eventuale partecipazione olimpica. Ad aprile il Giro del Belvedere, il Palio del Recioto e il Trofeo Piva. A giugno il Giro Next Gen e a fine stagione corse con i professionisti, come il Giro della Toscana, la Coppa Sabatini, il Memorial Pantani, la Parigi-Tours e il Gran Piemonte, che magari per la WorldTour non sono corse grandissime, ma per noi sono davvero belle. E poi non so se ci saranno europei o mondiali su strada, perché quelli dipendono dalle convocazioni…

Bè, che dire, un grande calendario…

Di grossa qualità, anche se forse non quantità eccessiva. Tra un appuntamento e l’altro abbiamo anche periodi di stop e di preparazione. Ad esempio, tolto il Val d’Aosta, fra luglio e agosto abbiamo quasi un mese completo per allenarci in vista del finale di stagione. Capito perché non vedo l’ora di cominciare?

A Cali un buon bilancio, ma Salvoldi guarda già oltre

06.09.2023
4 min
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Se Villa era impegnato alla guida delle ragazze, il settore maschile azzurro ai mondiali su pista juniores di Cali non poteva che avere Dino Salvoldi come referente e la rassegna colombiana ha portato avanti quel lavoro di rifondazione che il tecnico, al suo secondo anno nel nuovo incarico, ha deciso di dare pensando al futuro del settore e di tutto il ciclismo azzurro.

Il bilancio è sicuramente importante, con l’oro del quartetto, due argenti (Giaimi nell’inseguimento individuale e Sierra nella corsa a punti, due bronzi con Stella nell’eliminazione e ancora con Sierra insieme a Fiorin nella madison). Risultati che non hanno sorpreso Salvoldi, soprattutto dopo quanto si era visto agli europei di Anadia, ma di mezzo ci sono stati i mondiali assoluti di Glasgow che hanno fatto un po’ da spartiacque.

Il quartetto azzurro si riconferma iridato con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra, battuta in finale la Germania (foto Uci)
Il quartetto azzurro si riconferma iridato con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra, battuta in finale la Germania (foto Uci)

«Le prestazioni sono state all’altezza di quel che si era visto precedentemente – sentenzia Salvoldi – in un mondiale molto qualificato, ma mi ha dato ancora di più la conferma di quel che pensavo dopo Glasgow, dove i risultati raccolti non hanno rispecchiato il valore delle prestazioni dei nostri ragazzi. Abbiamo avuto sfortuna in terra scozzese, questo è indubbio».

Una trasferta in Colombia non è mai semplice da assorbire: i ragazzi hanno sofferto?

Eravamo a Cali che è a 1.000 metri di altitudine quindi non ci sono stati soverchi problemi legati all’altezza. Qualcuno ha sofferto il jet lag dopo l’arrivo, ma quel che è pesato di più è stata l’impossibilità di usare la bici da strada durante le gare per defaticare meglio. Questo alla lunga si è fatto sentire.

Per Sierra e Fiorin bronzo nella madison, battuti solo da britannici e belgi (foto Fci)
Per Sierra e Fiorin bronzo nella madison, battuti solo da britannici e belgi (foto Fci)
Anche a Cali alla fine il “front man” è stato Juan David Sierra con tre medaglie tutte di diverso colore. Come lo hai trovato, come ha assorbito la delusione del quarto posto a Glasgow?

E’ stato bravissimo nel “prima” della rassegna – ammonisce Salvoldi – perché ha saputo azzerare tutto e ricominciare, concentrarsi sin dal giorno dopo sull’obiettivo successivo e questo è sintomo di grande maturità. Ci teneva a far bene, oltretutto a Cali ha trovato anche parenti che non aveva avuto modo di conoscere prima e si è trovato come a casa, c’era un tifo notevole per lui e questo mi ha fatto molto piacere. D’altronde dopo Glasgow non è più uno sconosciuto, tutti sapevano chi era e correre nel ruolo di favorito non è facile, ma ha portato a casa altre due medaglie.

La conferma del titolo del quartetto non sembra più neanche una notizia…

Lo notavo anch’io, ormai ci si è abituati troppo bene. Oro e quasi record del mondo, eppure noi sappiamo quanto sudore e quanta fatica ci sono dietro, come un titolo non sia mai scontato. E’ diverso quando corri con tutti gli occhi addosso, con il peso del pronostico, lo scorso anno eravamo più “leggeri”.

Matthew Brennan, oro nell’inseguimento col record mondiale di 3’07″092 e poi bis nella madison e argento nello scratch (foto Uci)
Matthew Brennan, oro nell’inseguimento col record mondiale di 3’07″092 e poi bis nella madison e argento nello scratch (foto Uci)
Rispetto agli europei, la qualità dell’evento com’era?

Molto alta, qui abbiamo trovato anche la compagine russa, sotto l’egida dell’Uci e si è visto subito come gli equilibri fossero cambiati, soprattutto nelle prove di velocità hanno fatto davvero la differenza. Abbiamo capito che a dispetto dell’embargo nei loro confronti, non sono rimasti fermi, hanno continuato a progredire. I ragazzi che hanno fatto bene nelle prove di endurance, come Kazakov terzo nell’individuale a punti dietro Sierra, sono quelli del gruppo di San Pietroburgo che è di stanza in Spagna. Quando rientreranno anche al massimo livello saranno sicuramente da considerare subito più che competitivi.

La stagione però è ben lungi dall’essere conclusa, ora si avvicinano gli europei, ma che cosa cambia rispetto ai mondiali di Glasgow?

Cambia il fatto che i ragazzi sono giocoforza più stanchi – ammette Salvoldi – diventa difficile mantenere alta la tensione soprattutto a livello mentale. Dal ritorno dalla Colombia alcuni si sono ritrovati subito impegnati al Lunigiana, altri hanno ripreso confidenza con la bici da strada in allenamento e nelle altre gare del calendario. Intanto però l’attività su pista, per quel che mi concerne, non è finita…

Per Davide Stella un’altra medaglia dopo Anadia: bronzo nell’eliminazione (foto Uci)
Per Davide Stella un’altra medaglia dopo Anadia: bronzo nell’eliminazione (foto Uci)
Che cosa ti aspetta?

Già a fine mese avremo i test di valutazione per la classe 2007, con tantissimi ragazzi impegnati. Tutti i prospetti provenienti dalla categoria allievi saranno sottoposti a prove per capire la loro predisposizione alla pista. Il settore ogni anno ha bisogno di nuova linfa perché il mondo non si ferma neanche un secondo…

Dall’Olanda arriva un Giaimi carico a mille

04.08.2023
5 min
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Nelle sue scelte per i mondiali, Salvoldi è stato fedele alla linea che si era dato: una squadra costruita nei mesi precedenti, in parte già rodata anche dall’attività della pista. Luca Giaimi viene da un europeo di categoria al velodromo di Anadia addirittura eccezionale, con due titoli (inseguimento individuale e a squadre) conditi da due record mondiali, ma poi ha tirato dritto e nella prova generale della gara iridata, coincisa con la Watersley Junior Challenge in Olanda (prova della Nations Cup) ha chiuso alla grande con una vittoria di tappa.

Si sente dalla voce che Giaimi, da poco arrivato in Scozia, è già carico a mille. Il successo in terra olandese lo ha caricato, quelli portoghesi sembrano già appartenenti a un’altra epoca per far capire come ormai sia mentalizzato sulla strada.

Lo scatto vincente dell’iridato su pista. Il gruppo rimane a 3″. La corsa è stata vinta da Chamberlain (AUS)
Lo scatto vincente dell’iridato su pista. Il gruppo rimane a 3″. La corsa è stata vinta da Chamberlain (AUS)

«E’ stata una gara dura, quella olandese. Il primo giorno una cronometro nella quale non siamo andati benissimo, anche perché il tempo era brutto e sinceramente non ce la sentivamo di rischiare oltremodo sapendo quel che ci aspetta. Il secondo giorno tappa difficile per il meteo, con tanta pioggia e vento, il terzo frazione ondulata che conoscevamo bene per averla affrontata lo scorso anno, con qualche sprazzo di sole e nel complesso un ottimo lavoro di tutta la squadra. Io ho solo capitalizzato».

L’impressione è che Glasgow sarà il culmine di un lavoro iniziato mesi fa…

E’ così, in gara saremo solo in cinque, ragazzi che durante tutto l’anno corrono per i rispettivi team, ma devo dire che si è formato un gruppo davvero unito, forte, che lavora come un sol uomo. In Olanda è stato così e questo permette di mettere in pratica anche strategie complesse, ma che alla fine funzionano. Lì poi non eravamo solo noi che facevamo le prove generali, c’erano davvero tutti i favoriti per domani.

Il podio con Giaimi e Sierra, secondo il francese Grisel, tra i grandi favoriti a Glasgow
Il podio con Giaimi e Sierra, secondo il francese Grisel, tra i grandi favoriti a Glasgow
Fra loro chi ti ha impressionato di più?

Io vedo favorito il francese Grisel, perché da quel che so è il più adatto al percorso e ha dimostrato di essere davvero in forma. Poi c’è Nordhagen, il norvegese che è stato protagonista per tutta la stagione ma attenzione anche all’americano August, si è ritirato nella terza tappa ma l’ho visto andare molto forte. Come squadre secondo me Francia e Danimarca sono le più forti, ma noi non siamo distanti, anzi…

I risultati dicono che avete raggiunto la forma al momento giusto…

Arriviamo con la gamba giusta, come detto è la summa di un lavoro iniziato mesi fa con tante gare ma anche ritiri, che noi, io e Sierra nello specifico, abbiamo condiviso anche su pista. Salvoldi vuole un gruppo unito, che lavori bene e soprattutto che non sia passivo, che sappia rendere la corsa dura. Nella seconda e terza tappa in Olanda entravamo sempre nelle fughe, nella frazione finale abbiamo provato più volte finché io a 450 metri dal traguardo ho fatto la mia sparata senza che nessuno rispondesse. Ma intanto dietro anche gli altri erano pronti e hanno lavorato, non solo per favorire me ma anche Sierra per la volata del gruppo, infatti ha chiuso terzo assoluto.

Il gruppo azzurro in Olanda, riconfermato per la gara iridata. Giaimi farà anche la cronometro
Il gruppo azzurro in Olanda, riconfermato per la gara iridata. Giaimi farà anche la cronometro
Tu venivi da una trasferta portoghese che migliore non poteva essere…

La cosa che mi piace di più è che lo spirito che si respira su pista, corroborato da tante vittorie, ora c’è anche su strada. Io dopo il Portogallo ho leggermente staccato, poi ho fatto 10 giorni a Livigno passando così dalla pista alla strada. Anadia mi aveva dato tanta forza e capacità di reggere il fuorigiri, lavorando in altura ho tradotto queste caratteristiche anche sulla resistenza necessaria per la strada.

Anche tu come Salvoldi punti molto sul discorso del gruppo…

Siamo un gruppo di amici prima ancora che compagni di nazionale e questo non capita spesso proprio perché normalmente siamo avversari nelle gare, com’è giusto che sia. Io ero nel gruppo azzurro anche lo scorso anno, ma si vede che c’è stato un cambio di passo, si vede qualcosa di diverso.

Giaimi con Sierra, i due saranno deputati a controllare le fughe e magari scatenarle…
Giaimi, insieme a Sierra, sarà deputato a controllare le fughe e magari scatenarle…
Questo si traduce anche in nuove strategie? La sensazione è che non ci sia un capitano, un finalizzatore già designato.

E’ la corsa che deciderà la tattica da adottare. Ci siamo io e Sierra che, venendo dalla pista, abbiamo l’esplosività, possiamo spingere in pianura e creare scompiglio. Cettolin è l’eventuale uomo per la volata, poi Gualdi e Bessega hanno dimostrato che in caso di corsa dura sono gli uomini giusti per entrare nelle fughe. Ci adatteremo al tipo di corsa che verrà fuori, l’importante è non viverla passivamente, ma stando sempre attenti a quel che succede.

In Olanda avete già parlato della tattica iridata?

Sì, attendiamo ora di vedere il percorso per affinare il tutto. Salvoldi però ci raccomanda sempre di non prendere ogni segnale precedente per oro colato: in un giorno importante come quello di domani ci potrà essere chi ha la gamba giusta per fare l’impresa e magari è chi non ti aspetti, come anche chi ha la giornata storta. E’ la strada che dà i suoi verdetti, l’importante è saper cogliere ogni dettaglio, correndo con la testa prima ancora che con le gambe.

Bottino pieno su pista, il metodo Salvoldi funziona

20.07.2023
5 min
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Un bottino di 22 medaglie, con conquista del medagliere (che sta diventando una piacevole abitudine per lo sport italiano) e l’aggiunta di 4 record del mondo. Questo è l’eccezionale bilancio azzurro agli europei juniores e under 23 su pista ospitati nuovamente ad Anadia (POR). E’ l’esaltazione del lavoro di Dino Salvoldi con gli juniores, che dopo un anno di presa di contatto con un mondo per lui totalmente nuovo raccoglie grandi risultati e soprattutto inizia a vedere i frutti del suo metodo, quello che ha fatto grande il ciclismo femminile azzurro.

Quando gli riportiamo i dovuti complimenti, Salvoldi risponde con un «è stata solo fortuna» che non è solo una frase di circostanza e modestia. Qualcuno digrigna i denti di fronte alle attestazioni di stima nei suoi confronti, ma ci sono dati inoppugnabili che dimostrano come il tecnico azzurro in pochi mesi stia ridisegnando la base del ciclismo italiano. Forse tracciando la strada giusta per provare a uscire dalla crisi.

Luca Giaimi trionfatore nell’inseguimento a suon di record mondiale, 3’07″596
Luca Giaimi trionfatore nell’inseguimento a suon di record mondiale, 3’07″596

«Quando si lavora con gli juniores – ammonisce Salvoldi – bisogna tenere conto del fatto che ogni annata è diversa dalle altre, capitano quelle con tanti talenti e quelle con meno. Al di là di vittorie e medaglie, a me piace il fatto che siamo andati bene in ogni prova: in quelle che seguo direttamente, 8, ne abbiamo vinte 7 e fatto secondo nell’altra, significa che abbiamo un futuro. Avevamo ottenuto molto anche lo scorso anno e so che proseguendo su questa strada otterremo molto anche nelle edizioni a venire».

Una simile superiorità ti ha sorpreso?

Sinceramente no, perché venivamo dall’ottima base dello scorso anno. Pur non conoscendo il valore degli avversari, sapevo che avevamo grandi possibilità e soprattutto una straordinaria compattezza di squadra. Siamo forti dappertutto e questa è una novità per il movimento.

La cosa che colpisce è che i nomi che emergono sono praticamente gli stessi che fanno attività ai massimi livelli su strada…

Quando ho preso l’incarico, ho detto subito che volevo accorpare tutta la categoria strada/pista endurance in un unico gruppo. Solo così si può programmare a livello nazionale e internazionale. I risultati creano prospettive e interesse, si mette in moto un meccanismo virtuoso che porterà lontano.

L’impressione però è che tu stia portando avanti un po’ lo stesso criterio di lavoro che applicavi fra le donne elite: quali sono gli elementi in comune e quali le differenze?

Il metodo effettivamente è molto simile considerando la doppia attività, ma la differenza principale sta nel fatto che prima avevo rapporti direttamente con le atlete e quindi con i team, qui si lavora all’incontrario. Per me è stato fondamentale lo scorso anno, prendere contatto con oltre 70 squadre, conoscere dirigenti e tecnici perché è con loro che mi rapporto. Ho trovato gente molto competente, che si aggiorna continuamente. I risultati non verrebbero senza il loro apporto, è come se tutto il movimento stia diventando un grande gruppo.

Il progresso cronometrico del quartetto ti ha sorpreso? Al record mondiale sono stati tolti più secondi…

Tre dei quattro ragazzi li avevo già lo scorso anno, ho visto qual è stata la loro crescita. Posso dire che siamo partiti per Anadia con quest’idea in testa, sapendo che i mondiali di fine agosto saranno in altura e su pista semiscoperta. L’occasione giusta era questa. I ragazzi volevano fortemente il record, a Montichiari era maturata la convinzione di poter fare un gran tempo. In finale poi, con la componente gara, è arrivato un tempo che, sono sincero, è anche oltre le mie previsioni.

Considerando le modalità del tuo lavoro, c’è da aspettarsi che alcuni di questi ragazzi saranno in gara anche nella prova in linea di Glasgow…

Non posso ancora fare i nomi, ma almeno un paio ci saranno. Anche altri che saranno nella selezione hanno lavorato su pista durante l’anno, praticamente solo il campione d’Italia Gualdi non svolge attività al velodromo. All’estero d’altronde fanno lo stesso: in Gran Bretagna il cittì è unico e porterà molti corridori presenti ad Anadia, lo stesso la Germania e la Danimarca, per fare degli esempi.

Sierra e Fiorin hanno sugellato la rassegna vincendo la madison junior
Sierra e Fiorin hanno sugellato la rassegna vincendo la madison junior
A proposito di mondiali, pensi che le sfide di fine agosto in Colombia saranno dello stesso livello?

Difficile a dirsi, cambiano molti fattori. Il livello delle gare portoghesi è stato molto alto e la trasferta in Colombia è molto costosa, non ci saranno tutti. Troveremo meno concorrenza a livello numerico e non so quale sarà il livello. D’altro canto anche noi partiremo dopo 40 giorni dalle gare di Anadia con Glasgow nel mezzo. Non sarà semplice ripetersi, dovremo essere bravi a gestire lo stress psicofisico.

Glasgow è dietro l’angolo, che cosa ti aspetti?

La gara iridata avrà infinite variabili e fare un pronostico è impossibile. Di una cosa sono però sicuro: avremo una squadra forte e saremo protagonisti, quanto ai risultati sono scritti nel futuro…

Giaimi-Toniolli: juniores tostissimi, più forti del tempo

22.06.2023
5 min
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SARCHE – Gli juniores sono tutti in attesa dietro il palco. Le loro crono sono state le prime del giorno e in attesa del podio, si passano minuti chiacchierando e approfondendo. Fra le donne ha vinto Alice Toniolli, la ex pattinatrice, scoperta lo scorso anno ai mondiali in Australia. Fra gli uomini, vittoria di Luca Giaimi (in apertura, foto Tornanti_cc), che dalla pista sta passando alla strada con ottimi esiti. Ciascuno ha la sua storia da raccontare.

Due ragazze della Breganze Millenium sul podio: prima Toniolli, terza Bulegato, con loro La Bella (foto Tornanti_cc)
Due ragazze della Bregamze Millenium sul podio: prima Toniolli, terza Bulegato (foto Tornanti_cc)

Pattini e curve

Alice Toniolli, si diceva, viene dal pattinaggio. Vi avevamo mostrato le sue foto e raccontato che la vera difficoltà nell’andare in bici erano le curve. Marco Velo, che l’aveva seguita nel giorno di Wollongong aveva parlato di traiettorie quadrate e così lei aveva salutato dicendo che avrebbe passato l’inverno a lavorare sulla tecnica di guida.

«Sono migliorata nella parte tecnica – annuisce convinta – l’avevo già visto a Romanengo, col secondo posto dietro Federica Venturelli. Questa maglia tricolore vale tanto, perché non si vince solo con la potenza, ma anche con la tecnica. A me in Australia mancava questo e ne sono stata penalizzata (arrivò 15ª a 2’22” da Zoe Backstedt, ndr), altrimenti avrei potuto fare molto meglio. Però ero al primo anno e vedo che ora sono tutta un’altra Alice. Ho avuto più tempo per allenarmi, per fare esperienza e per capire meglio l’ingranaggio del ciclismo».

Oggi Velo l’ha seguita, incuriosito dalle sue continue rassicurazioni e ha confermato di aver trovato un’altra atleta: ancora con margini di miglioramento, ma ben diversa dalla Toniolli impaurita dei mondiali.

Le due ragazze sul podio e Gazzola al 24° posto: per Casarotto (secondo da sinistra) un ottima trasferta
Le due ragazze sul podio e Gazzola al 24° posto: per Casarotto (secondo da sinistra) un ottima trasferta

I piedi per terra

Il suo direttore sportivo alla Breganze Millenium è Davide Casarotto, vecchia conoscenza fra i pro’ e ora grande tecnico nelle donne junior. Proprio lui ci ha raccontato dei tanti chilometri dietro moto sulle ciclabili e nei tratti di strade liberi, curvando e poi curvando ancora.

«Ho lavorato molto con Alessandro Coden – spiega Toniolli – ma anche il mio allenatore ci ha messo tanto del suo. Devo ringraziarli entrambi, perché in questo ultimo periodo ho lavorato sodo degli esercizi molto tecnici e anche di frequenza. Quello che a me mancava e mi ha penalizzato in tutto, agli europei e anche in Australia. Vincere qui è la conferma della mia potenzialità e della mia personalità. Apprendo dagli errori e voglio migliorare. Sono molto testarda, mi pongo tanti obiettivi piccoli ma devo raggiungerli. Devo crescere, per questo non voglio sapere se ci siano state offerte per il prossimo anno. Non so nulla: non voglio avere pressioni, altrimenti faccio dei voli pindarici e poi ci rimango male».

Sul podio con lei sono salite Eleonora La Bella e la compagna Alice Bulegato: su entrambe le sue ragazze, Casarotto è pronto a scommettere.

Giami viene da Alassio e corre al Team Giorgi, la vittoria del tricolore per lui è la quinta di stagione
Giami viene da Alassio e corre al Team Giorgi, la vittoria del tricolore per lui è la quinta di stagione

Fresco di crono

Poco più in là, seduto su gradini del podio, Luca Giaimi parla con Donati e Alari che presto gli faranno compagnia sul podio. Il ragazzo, quantunque giovane, ha una storia sulle spalle, fatta di inseguimenti individuali e pista piuttosto che di strada.

«Il percorso non era facile – racconta il neo tricolore degli juniores – era da interpretare e da gestire, ma adatto a più corridori. Non era per cronoman puri, ma per corridori capaci di gestirsi, dato che c’erano tante curve, poi dei su e giù. La salita era abbastanza dura e quindi contava anche un po’ il peso. Invece l’ultima parte era più adatta a gente come me, più pesante, che riusciva a spingere grossi rapporti e a fare velocità. E’ stata proprio una bella crono.

«Questo italiano è molto importante, dato che l’anno scorso le crono non le facevo neppure. Questa è stata la terza o quarta che abbia fatto in questa stagione e arrivare a vincere il campionato italiano è stato un buon segnale soprattutto per la squadra in cui spero di andare l’anno prossimo. E dato che puntano moltissimo sulle crono e io vengo dall’inseguimento individuale, credo possa essere un buon segnale».

Il cuore batte Ineos

La squadra dei suoi sogni è la Ineos Grenadiers, ne ha la bici e la guarda con orgoglio. Quando ne abbiamo parlato con Dario Cioni, a margine della conferenza stampa di Ganna, il toscano ha lasciato capire che il ragazzo piace, ma che il cammino è ancora lungo.

«Non c’è ancora niente – conferma Giami – quindi vedremo. Devo dire anche che dietro questo desiderio di migliorarmi a cronometro c’è l’interessamento del cittì Salvoldi, per provare a ottenere grossi risultati negli impegni futuri che saranno gli europei e i mondiali. C’è ancora tanto da fare. Corro da quando sono G3, però ho fatto tutte le categorie giovanili solo in mountain bike. Su strada ci sono passato da esordiente, poi ho fatto gli allievi su strada e l’anno scorso ho iniziato anche a far pista. Nel ciclismo la testa conta tanto, nella crono ancora di più. Puoi essere forte quanto vuoi, ma se non ti conosci e non ti sai gestire, non riesci a emergere. E oggi è una bella iniezione di fiducia». 

Ora Giaimi vuole tutto anche su strada

20.03.2023
5 min
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Lo avevamo lasciato protagonista su pista, pochi mesi dopo Luca Giaimi è diventato mattatore su strada. Un cambio di pelle neanche troppo inaspettato, considerando le sue aspirazioni quando collezionava maglie azzurre e medaglie in giro per i velodromi. Oggi il corridore di Alassio è al secondo anno fra gli juniores, si sente che la sua esperienza sta maturando e ci sono tante aspettative che lui stesso ripone su di sé.

Appena iniziata la stagione, il ligure è andato a caccia di successi. Prima al Trofeo Tecnomeccanica di Volta Mantovana, in un furioso testa a testa con Filippo Turconi, il giorno dopo a Lido di Camaiore nel Trofeo Angelo Impianti Cronoversilia che faceva da prologo alla Tirreno-Adriatico dei grandi e la settimana dopo un’altra volata vincente a Prevalle nel Trofeo Omard. Tre vittorie diverse fra loro, che danno l’immagine della sua crescita.

«Molto è cambiato in questi mesi – dice Luca riallacciandosi all’ultimo contattoinnanzitutto sono cambiati i ritmi di allenamento, adeguati alla mia crescita fisica e mentale, poi è cambiato anche il Team Giorgi. Chi è passato di categoria è stato sostituito da ragazzi del primo anno che sono davvero molto forti e hanno dato nuovo impulso a tutta la squadra».

Il nuovo Team Giorgi, con molti nuovi ingressi di ragazzi al primo anno junior
Il nuovo Team Giorgi, con molti nuovi ingressi di ragazzi al primo anno junior
Ti avevamo lasciato pistard con ambizioni per la strada, ora la pista che ruolo ha?

Sempre lo stesso, non la lascio di certo, innanzitutto perché questi risultati sono figli dell’attività nei velodromi, poi perché su pista continuo ad avere grandi ambizioni, abbiamo una squadra forte e voglio ottenere tanto sia nell’inseguimento a squadre che in quello individuale. Quindi da questo punto di vista non è cambiato nulla, solo che adesso voglio essere competitivo anche su strada, voglio fare corse sempre più importanti pensando agli obiettivi futuri.

Delle tre vittorie quale ti ha dato più soddisfazione?

Sicuramente quella nella cronometro, è stata un po’ inaspettata perché non ero tra i favoriti. Sulle cronometro ho lavorato molto e sto continuando a farlo perché lo scorso anno non andavo per niente bene, ora invece mi trovo più a mio agio.

Il vittorioso sprint a due al Trofeo Termomantovana, battendo Turconi, il gruppo a 20″
Il vittorioso sprint a due al Trofeo Termomantovana, battendo Turconi, il gruppo a 20″
Un profano direbbe che è strano considerando che sei uno specialista dell’inseguimento individuale…

Sono due sforzi molto diversi, soprattutto per il tempo. Su pista sei impegnato 3 minuti, in quel lasso compi uno sforzo massimale, metti alla prova un tipo di resistenza diversa che non si basa sulla distribuzione dello sforzo. Su strada si arriva anche a 40 minuti, devi saperti gestire e prima io non sapevo farlo. Dovevo capire come lavorare e lo sto facendo. Ora mi sento performante nelle crono medio-brevi, ritengo di avere un limite ai 30’ massimo, quindi c’è ancora molto da fare.

Resti però un corridore veloce.

Quello di certo, ma è una caratteristica che va affinata. Chi mi osserva dice che la mia grande capacità è tenere alti wattaggi a fine corsa, irraggiungibili per molti. Nella prima gara abbiamo portato via subito la fuga e nel finale ce la siamo giocata in due, nella terza invece abbiamo lavorato molto di squadra per fare selezione, sono rimasti i più forti e poi i ragazzi hanno collaborato per portarmi nelle migliori condizioni allo sprint.

La volata vincente di Prevalle. Le sue capacità allo sprint restano un marchio di fabbrica
La volata vincente di Prevalle. Le sue capacità allo sprint restano un marchio di fabbrica
Tu sei il capitano del team?

Non è un termine che va bene per il nostro gruppo, i ruoli cambiano in base alle caratteristiche di ogni corsa. In queste occasioni ero deputato a portare a casa il risultato, ma nell’ultima occasione eravamo in tre della stessa squadra, dipendeva molto da come si sarebbe messa la corsa, potevo essere io a lavorare per gli altri e accadrà sicuramente in futuro.

Tu sei atteso dagli esami di maturità nel 2024, il che significa che questa stagione ti vede sì ancora tranquillo sul piano dello studio, ma ci sono decisioni importanti all’orizzonte passando di categoria. Hai già contatti?

Sì, anche con squadre Devo e ammetto che uno è più avanzato di altri, chi ha visto la mia bici si è fatto un’idea. Una decisione comunque la prenderò quest’estate e dovrò valutare anche la soluzione ideale per concludere al meglio il cammino scolastico. Dovrò presumibilmente cambiare per l’ultimo anno e non è semplice, è una scelta delicata.

Giaimi sulla Pinarello Bolide vecchia versione. Pinarello è fornitore Ineos, un indizio per il futuro?
Giaimi sulla Pinarello Bolide vecchia versione. Pinarello è fornitore Ineos, un indizio per il futuro?
Ora ti aspettano le classiche estere…

Sì, Gand-Wevelgem e due settimane dopo la Roubaix. Sono molto curioso di vedere come cavarmela su quei tracciati. Poi si farà un primo punto della situazione, per organizzarmi al meglio. Vorrei fortemente guadagnarmi la maglia per i mondiali, credo che il percorso di Glasgow si adatti molto alle mie caratteristiche, ma quel che conta è esserci per mettersi a disposizione del cittì Salvoldi. C’è però un’incognita…

Quale?

Il livello estero abbiamo visto lo scorso anno che è molto elevato. Qui puoi anche andare molto forte, ma poi quando ti ritrovi a correre con i pari età delle altre nazioni ci si accorge che il livello è molto più alto.

Dipende anche dall’uso libero dei rapporti?

Penso di sì, noi in allenamento già facevamo uso dei vari rapporti, ma in gara cambia molto. Me ne sono accorto domenica, quando eravamo in tre e con i rapporti più duri riesci a fare differenza sui saliscendi, cosa che prima era impossibile. Inoltre aver potuto usare il 54 a cronometro è stato un grande beneficio. Io dico che appena ci abitueremo non ci saranno più quelle differenze che si vedevano prima.