La Euskaltel si rimbocca le maniche: non si vive di sola Vuelta

22.04.2025
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Al pari della Kern Pharma, che pure nel 2024 aveva vinto due tappe, la Vuelta ha lasciato fuori dalle wild card 2025 la squadra-bandiera dei Paesi Baschi: la Euskaltel-Euskadi. Ventuno corridori, una squadra femminile (la Laboral-Kutxa) e un devo team. Il ranking UCI fino a questo momento parla di un fragile 39° posto che senza i possibili punti del Grande Giro di casa la escluderà dalla lotta per futuri inviti. Eppure quando ne parliamo con il direttore sportivo Jorge Azanza, 42 anni di cui sette con la maglia della squadra che dirige, i toni non sono stizziti come succederebbe da noi se a una professional così rappresentativa venisse negata la partecipazione al Giro d’Italia. Lo scorso anno la Euskaltel alla Vuelta c’è andata e ha portato a casa come miglior risultato il terzo posto di Aberasturi nella volata di Castelo Branco che vide vincere Van Aert.

«Sapevamo che i posti erano pochi – spiega – e che avevamo già gareggiato l’anno scorso e anche il precedente. Sarebbe stato difficile per noi essere invitati ancora, per il terzo anno. Ugualmente abbiamo aspettato che l’elenco venisse pubblicato, perché comunque c’è sempre speranza. Ma poi, quando si è saputo che c’era interesse da parte di team esterni molto forti, abbiamo capito che sarebbe stato complicato».

Alla Vuelta 2024, il miglior risultato della Euskaltel fu il terzo posto di Aberasturi dietro Van Aert il terzo giorno
Alla Vuelta 2024, il miglior risultato della Euskaltel fu il terzo posto di Aberasturi dietro Van Aert il terzo giorno
Quanto è importante per una squadra spagnola essere invitata alla Vuelta?

Beh, è la cosa più importante per una squadra di alto livello. La Vuelta è la corsa dove c’è più visibilità, dove ci sono maggiori possibilità di realizzare qualcosa di importante ed è così anche per gli sponsor. Proprio gli sponsor sapevano che quest’anno sarebbe stata dura, ma sapevano anche che c’era questa possibilità. Basta non fare promesse che non puoi mantenere. Gli sponsor sanno benissimo che la visibilità della Vuelta non è garantita da altre gare.

Come ci si organizza in mancanza della Vuelta?

Se ti interessa avere una squadra di alto livello, non puoi fermarti a una sola corsa. Hai bisogno di una bella organizzazione e di un programma consistente, in modo che tutti i corridori possano fare delle belle gare. E quando capisci che non sarai alla Vuelta, allora ti metti a guardare il calendario delle alternative per quel periodo. Così adesso stiamo cercando di creare il programma migliore per ottenere punti UCI, correndo molto all’estero. Alla fine non ci sono più molte gare in Spagna e dovremo viaggiare parecchio all’estero.

I corridori sapevano già che non sarebbero andati alla Vuelta?

Anche loro erano consapevoli della situazione, anzi, in fin dei conti lo sapevano ben prima che la notizia diventasse ufficiale. Sapevano come stanno le cose, può essere un po’ triste, ma alla fine è così e non puoi farci molto.

Jorge Azanza, 42 anni, è il direttore sportivo della Euskaltel-Euskadi, dopo averci corso per 7 stagioni
Jorge Azanza, 42 anni, è il direttore sportivo della Euskaltel-Euskadi, dopo averci corso per 7 stagioni
Qual è l’obiettivo stagionale della squadra?

Vincere. Approfittare di ogni gara a cui partecipiamo come se fosse l’ultima. Cerchiamo di andare con ottime formazioni a tutti gli eventi a cui partecipiamo. Avremo un buon calendario e cercheremo di presentarci sempre con i corridori più competitivi in base ai percorsi.

Il ranking UCI vi preoccupa?

E’ un tema importante, per questo bisogna cercare il maggior numero di gare in Europa e fuori dall’Europa, cercando di ottenere il massimo possibile.

Quanto è importante il gruppo Euskaltel nel ciclismo spagnolo di oggi?

Siamo una squadra storica, che è sempre stata nella categoria professionistica. Prima era nel WorldTour, poi è scesa nella categoria dilettantistica e ora si sta riaffermando. Quest’anno, anche a causa della questione dei punti, abbiamo dovuto mandare parecchie richieste all’estero, allargare un po’ i nostri orizzonti. E cercare di avere una squadra equilibrata in modo che, come ho detto, possiamo correre in tutti gli eventi alla nostra portata.

Il 2025 della Euskaltel è stato rallegrato finora dalla vittoria di Hennequin al Tour de Taiwan
Il 2025 della Euskaltel è stato rallegrato finora dalla vittoria di Hennequin al Tour de Taiwan
In Italia abbiamo il problema dei devo team che saccheggiano i vivai: come va in Spagna?

Sta diventando sempre più difficile avere i migliori juniores. Le squadre del WorldTour stanno lavorando molto con i devo team e tutti i buoni corridori vanno in quelle squadre. Noi cerchiamo di prendere subito i giovani migliori, ma è sempre più probabile che passino ad altri e non nelle piccole squadre.

Quale calendario farete a maggio e giugno?

A maggio avremo il Turchia, che partirà il 27 aprile. Poi Finisterre, Morbihan, Tofeo Bro Leon, la classica Dunkerque, il Giro di Ungheria e il Grande Premio Beiras. A giugno invece il Giro di Slovenia, Bruxelles, Andorra, i campionati nazionali e per il resto dobbiamo aspettare qualche risposta. Tutto sommato, fare la Vuelta sarebbe stato bello, ma di qui ai giorni di agosto in cui dovremo seguirla in televisione, gli appuntamenti non mancheranno. Dovremo sfruttare tutte le occasioni per fare punti.

Kern Pharma, niente Vuelta? Si risponde vincendo…

17.04.2025
5 min
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La decisione degli organizzatori della Vuelta di Spagna di estromettere dalle 4 wild card due storiche formazioni di casa come Euskaltel e Kern Pharma ha destato scalpore al di là dei Pirenei. Parliamo di due colonne portanti del ciclismo iberico, con profondi significati anche sociali, soprattutto nel primo caso. Se consideriamo l’attesa quasi frenetica che c’era in Italia per le scelte di Rcs a proposito del Giro, con le due formazioni professional rientrate grazie all’allargamento delle maglie deciso dall’Uci, si può ben capire come la scelta degli organizzatori spagnoli non sia stata digerita con facilità.

In casa Kern Pharma è stata inizialmente una mazzata, ma poi si è deciso di guardare avanti nonostante tutto. Nessuna ritrosia nell’affrontare l’argomento. Parliamo di una squadra che è attiva dal 2020 e che già l’anno dopo aveva assunto la licenza professional e che nel 2024 alla Vuelta ha vinto due tappe con Pablo Castrillo. Il suo general manager è Juan José Oroz, 44 anni con una lunga carriera professionistica passata attraverso formazioni storiche come Caja Rural, Orbea e Euskaltel-Euskadi e chiusa nel 2014.

Juan José Oroz, 44 anni, dal 2021 general manager della Kern Pharma, nata l’anno prima
Juan José Oroz, 44 anni, dal 2021 general manager della Kern Pharma, nata l’anno prima
Come giudichi l’inizio di stagione della tua squadra?

Molto bene, abbiamo iniziato subito con la vittoria di Urko Berrade a Morvedre e poi la tappa conquistata alla Vuelta a Andalucia con Diego Uriarte, che è cresciuto nella nostra “cantera”. Noi continuiamo a lavorare con i giovani talenti e continuiamo a ottenere risultati positivi, e questo è fantastico.

Quanto pesa sul vostro team l’esclusione dalla Vuelta e che cosa ne pensate?

All’inizio, quando abbiamo sentito la notizia, era chiaro che avremmo dovuto incassare il colpo, la delusione. Era il grande obiettivo della nostra stagione e di colpo era sfumato. Ma da lì in poi abbiamo deciso di sfruttare l’accaduto per tirare fuori nuovo orgoglio. Essere ancora migliori. Questa è la direzione verso cui sta andando il ciclismo e ciò che possiamo fare è solamente adattarci. Possiamo uscirne più forti.

Per Oroz e tutto il team, l’esclusione dalla Vuelta è stata un duro colpo da assorbire
Per Oroz e tutto il team, l’esclusione dalla Vuelta è stata un duro colpo da assorbire
La decisione della Vuelta di Spagna ha avuto ripercussioni sulle altre gare iberiche, sono diminuiti gli inviti?

No, credo di no. Penso che sia l’unica cosa che è stata mantenuta e che ci ha dato forza. La situazione nel ciclismo è difficile e in continua evoluzione, e ciò che ci è diventato chiaro è che vogliamo puntare più in alto. Il ragionamento è semplice: se diventiamo più forti non dovremo star lì ad aspettare che ci arrivi l’invito. E la strategia che dobbiamo adottare è quella di migliorare come squadra. Stare a piangerci addosso non rientra nella nostra strategia. Siamo orgogliosi dell’affetto che abbiamo ricevuto dopo aver appreso la notizia e penso che questo sia il modo per rendere il nostro impegno ancora più interessante, salire nel ranking e continuare a sfornare ciclisti molto bravi. Ma soprattutto continuare a essere vicini al pubblico, a ispirare.

Urko Berrade ha dato alla squadra la prima vittoria del 2025, alla Classica Camp de Morvedre (foto FB)
Urko Berrade ha dato alla squadra la prima vittoria del 2025, alla Classica Camp de Morvedre (foto FB)
Sembra di capire che il colpo è stato assorbito, anche a livello societario…

Sì, anzi penso che una cosa molto importante da dire è che Kern Pharma vuole che miglioriamo noi stessi affinché le gare dimostrino quanto siamo forti. Il nostro è un team molto interessante che vuole incoraggiare il pubblico ad apprezzare sempre di più il ciclismo e ispirare la società.

Secondo te le squadre professional come la vostra sono abbastanza tutelate dall’Uci e dalla federazione spagnola?

Credo che noi siamo la parte pulsante del ciclismo. Penso che questa debba essere una missione per tutte le squadre, cercare di migliorare il ciclismo nel suo complesso, non solo se stessi. Io credo che meritiamo considerazione per quel che facciamo, per l’apporto che diamo alla crescita del ciclismo iberico, per l’impegno con i giovani. Ho quindi ben chiaro che qualunque cosa realizzeremo, la realizzeremo perché ce la meritiamo. Non perché qualcuno ci concede qualcosa.

Il successo solitario di Diego Uriarte nella quarta tappa della Vuelta a Andalucia (foto FB)
Il successo solitario di Diego Uriarte nella quarta tappa della Vuelta a Andalucia (foto FB)
La vostra squadra ha pochi stranieri rispetto alle altre formazioni professional. E’ una vostra scelta?

E’ sempre stata un po’ la nostra filosofia. Siamo la squadra che vanta il maggior numero di corridori formati nel suo settore giovanile al mondo. E’ qualcosa di cui siamo molto orgogliosi. Devo anche dire che non siamo chiusi verso gli stranieri, tutt’altro. Il fatto è che qui ai ciclisti viene data più di una possibilità e questo significa che passano molti ciclisti provenienti dai settori giovanili.

Più di una possibilità?

Magari il primo anno non vanno tanto forte, il secondo anno nemmeno, ma noi insistiamo e così finiscono per essere degli ottimi ciclisti. Siamo pazienti. Certamente dobbiamo sostenere la bicicletta anche nel nostro Paese, ma non siamo affatto chiusi agli stranieri. Infatti quest’anno abbiamo detto a Sosa di venire da noi e c’è Mats Wenzel, un lussemburghese e ne siamo molto contenti.

Pablo Castrillo lo scorso anno ha colto due vittorie alla Vuelta. Oggi corre per la Movistar
Pablo Castrillo lo scorso anno ha colto due vittorie alla Vuelta. Oggi corre per la Movistar
A tal proposito quest’anno è arrivato il colombiano Juan Ramiro Sosa che ha un solido pedigrée. E’ il leader della vostra squadra?

Qui il leader “è” la squadra. Voglio dire, guarda, lo scorso anno avevamo Pablo Castrillo, che è stato un grande corridore alla Vuelta dove ha vinto due tappe, ma lo ha fatto grazie alla squadra. Uriarte in Andalucia ha fatto lo stesso, in una gara WorldTour. Io sono fiducioso nel team, perché ciò che è meglio per la squadra è meglio per il singolo individuo.

Quali sono ora i vostri obiettivi per quest’anno?

Vorremmo rimanere tra i primi 30 del ranking. Non è assolutamente facile, soprattutto senza poter partecipare a un grande giro, lo sappiamo. E poi continuare a crescere come struttura, per essere preparati per il futuro. Sappiamo che con questo stato di cose dobbiamo lavorare sodo per crescere ancora di più.

Maini: «Gara nella gara. Non è stata una Vuelta monotona»

12.09.2024
7 min
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Sono iniziati ieri gli europei in Limburgo (in modo fantastico per l’Italia con l’oro di Affini e il bronzo di Cattaneo nella cronometro individuale) che la Vuelta sembra già lontana molto più dei quattro giorni che sono trascorsi dalla frazione conclusiva di Madrid. Questo non è altro che la conseguenza dell’effetto-lampo del ciclismo attuale, dove si va sempre più veloce in gruppo e pure nel passare con l’attenzione alla gara successiva.

Noi però abbiamo tirato i freni per un attimo andando a ripercorrere gli highlights della corsa spagnola vinta da Roglic in compagnia di Orlando Maini. Il tecnico bolognese è momentaneamente giù dall’ammiraglia, ma ovviamente resta un assetato di ciclismo. Non si è perso nemmeno una tappa della Vuelta, gara che gli è rimasta nel cuore da quando vinse la Saragozza-Soria nel 1984. Ecco la sua analisi.

Orlando Maini (qui con Canola al GiroE) non si è perso una tappa della Vuelta
Orlando Maini (qui con Canola al GiroE) non si è perso una tappa della Vuelta
Orlando da dove vuoi iniziare?

Partirei dall’ultima tappa solo per indicarvi un dato che mi ha impressionato. Hanno fatto la crono di Madrid a medie orarie folli, dopo una Vuelta molto dura. Kung l’ha vinta sopra i 55 chilometri orari. Solitamente l’ultima crono di un grande giro a tappe è l’indicatore della condizione. E molti stavano bene. Cattaneo e Baroncini sono andati molto forte, Affini appena dietro, ma lui era già andato bene in quella di apertura. Non mi stupisce che i primi tre della crono europea siano reduci dalla Spagna.

Qualcuno dice che è stata una Vuelta noiosa. Cosa rispondi?

Ci sta che il pubblico da casa voglia sempre che tutti i migliori dieci corridori al mondo si scontrino in ogni tappa. Per le volate, in salita o nelle frazioni ondulate. Ma non può essere così perché innanzitutto c’è un calendario molto fitto e le energie vanno dosate. Poi perché il livello medio è altissimo. Si va forte ogni giorno, basta guardare i dati dei computerini dei corridori. Anche nella penultima tappa, che aveva più di 5.000 metri di dislivello in 170 chilometri, sono andati molto forte (oltre 37 km/h di media, ndr). Le differenze sono minime in certi casi.

Alla 6ª tappa O’Connor trova la fuga, vince e guadagna minuti preziosi in classifica. Chiuderà secondo cedendo solo al terzultimo giorno
Alla 6ª tappa O’Connor trova la fuga, vince e guadagna minuti preziosi in classifica. Chiuderà secondo cedendo solo al terzultimo giorno
Alla fine secondo te ha vinto la Vuelta chi doveva vincerla?

Delle tre grandi corse a tappe, quella spagnola è quasi sempre quella col risultato più aperto, specialmente quest’anno. Senza fenomeni come Pogacar, Vingegaard e Evenepoel, il favorito principale era Roglic, anche perché i rivali diretti sulla carta non erano al top. Almeida si è ritirato all’inizio, Adam Yates è andato a corrente alternata, Landa era in buona condizione, ma non abbastanza e Mas è un regolarista cui manca sempre il guizzo decisivo. Tuttavia la vittoria di Roglic non era scontata, nonostante ne avesse già conquistate tre. Infatti abbiamo visto com’è andata. Ha dovuto rosicchiare il vantaggio di O’Connor fino alla fine. Per me è stata una Vuelta che è andata oltre le attese.

In che modo?

Sostanzialmente ogni giorno c’era una fuga numerosa e quindi si assisteva ad una gara nella gara. Una per la vittoria di tappa, l’altra per la generale. Abbiamo visto lampi che hanno reso interessante la corsa. Ad esempio in una di queste azioni da lontano, O’Connor è andato a prendersi un successo parziale, la maglia rossa e alla fine pure il secondo posto finale. Guardate che fare un podio nelle grandi corse a tappe non è facile, anche se non ci sono i soliti tre tenori che dicevo prima.

La fuga di O’Connor ha ricordato quella di Arroyo al Giro del 2010 che gli permise poi di chiudere secondo dietro Basso in classifica. Secondo te ha scombinato i piani di molti uomini?

Penso proprio di sì. Bisogna dire però che rispetto ad Arroyo, O’Connor alle spalle aveva un quarto posto al Tour del 2021 e al Giro di quest’anno, quindi era già abituato a certi piani alti. Però per me ha fatto un grande numero. Idealmente gli do un voto alto perché ha giocato molto bene le sue carte. E’ vero che gli hanno lasciato molto spazio e lui ha guadagnato molti minuti con quella fuga, però gli va dato atto che è stato bravo a crearsi quella occasione. E bravo successivamente a gestire gli sforzi. Tutti pensavano che saltasse prima, invece ha ceduto solo al terzultimo giorno.

La Kern Pharma ha ottenuto tre vittorie (qui con Castrillo a Estación de Montaña Manzaneda). Un ottimo bottino per un team professional
La Kern Pharma ha ottenuto tre vittorie (qui con Castrillo a Estación de Montaña Manzaneda). Un ottimo bottino per un team professional
Lato velocisti invece cosa ci dici?

Le tappe se le sono divise in due rispettando abbastanza i pronostici. Mi è dispiaciuto tantissimo per la caduta e il relativo abbandono di Van Aert. Peccato, stava andando fortissimo, mi ricordava quello del 2022 al Tour. Ha raccolto tre vittorie, era sempre in fuga, anche in montagna, aveva una condizione incredibile ed era al comando di due graduatorie. Non so se avrebbe vinto la classifica dei gpm, ma di sicuro quella a punti, che poi è andata a Groves, autore di tre successi nelle altrettante tappe per velocisti.

C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare?

Sicuramente le vittorie delle formazioni professional. A parte quello di Woods della Israel, che è già stata nel WorldTour, i tre successi della Kern-Pharma con Castrillo e Berrade mi sono piaciuti. Penso che vadano a beneficio del nostro sport. Sono di certo vittorie figlie della Vuelta che si è creata come dicevo prima, ma sono importanti perché danno un segnale. Che anche le squadre più piccole possono riuscire a vincere nei grandi giri. Pensate al Giro d’Italia se una professional italiana vincesse tre tappe. Per gli sponsor sarebbe una manna e magari servirebbe per attirarne di nuovi.

Van Aert sembrava quello del Tour 2022. Tre vittorie, fughe, maglie di classifica, ma anche la solita sfortuna. Abbandona per una caduta
Van Aert sembrava quello del Tour 2022. Tre vittorie, fughe, maglie di classifica, ma anche la solita sfortuna. Abbandona per una caduta
Cosa ti ha deluso?

Devo dire con onestà che mi sarei aspettato di più da Landa. Non tanto in termini di generale, quanto più per una vittoria di tappa. Però per come stava andando ed è andata la Vuelta, la Soudal avrebbe dovuto cambiare tattica. Ovvero non lasciare andare via la fuga e poi inventarsi qualcosa nel finale. Oppure far uscire di classifica Landa subito e cercare la fuga come fanno spesso in tanti per avere più libertà d’azione. Certo, non è così semplice. Una conseguenza di tutto ciò però ha portato a fermare Cattaneo nella diciottesima tappa per aspettare ed aiutare Landa staccato. Mi è spiaciuto molto per Mattia che meritava di giocarsi la vittoria siccome aveva dimostrato di stare bene.

Nella 18ª tappa Cattaneo era in fuga, ma è stato fermato per aiutare Landa staccato. Avrebbe meritato di giocarsi le proprie carte
Nella 18ª tappa Cattaneo era in fuga, ma è stato fermato per aiutare Landa staccato. Avrebbe meritato di giocarsi le proprie carte
Orlando Maini come ha guardato la Vuelta?

Ho un debole per le gare spagnole e per questa in particolare. L’ho corsa da corridore e l’ho fatta tante volte da diesse. Ogni giorno appena mi collegavo alla televisione cercavo di capire com’era la situazione e mi immedesimavo nei direttori sportivi, sia degli atleti in fuga sia di quelli in lotta per la maglia rossa. Cercavo di interpretare le tattiche e magari vedere se i miei pensieri combaciavano con ciò che vedevo. D’altronde noi addetti ai lavori guardiamo le gare in questo modo, valutando aspetti che spesso la gente da casa non tiene in considerazione.

Oviedo saluta la Vuelta, la Spagna scopre Castrillo

02.09.2024
5 min
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Il secondo riposo della Vuelta si va concludendo a Oviedo: città del sidro e di Samuel Sanchez, campione olimpico di Pechino. In alto si riconosce il profilo del Naranco, arrivo di una classica in disuso dal 2010 che richiamava i migliori corridori del mondo. Negli hotel della Vuelta si ragiona molto sul tempo riguadagnato e poi perso da Roglic a causa delle penalità. Eppure, anche se O’Connor dice che venderà cara la pelle, la sensazione che lo sloveno si riprenderà presto ciò che è suo si fa largo nel gruppo.

La Spagna dibatte sulle gambe magrissime di Enric Mas terzo in classifica e sul doppio exploit di Pablo Castrillo, vincitore prima a Manzaneda e poi ieri sul Cuitu Negru, che nel pomeriggio ha parlato con i giornalisti molto curiosi. Quel che appare certo, riferendosi a un futuro ravvicinato, è che il corridore dell’Equipo Kern Pharma ci riproverà. Non potrebbe essere altrimenti, dato che alla Vuelta dall’ammiraglia lo guida Mikel Nieve: uno che sulle salite lasciava spesso il segno. Parlando più a lungo termine, appare ormai scontato che l’anno prossimo Castrillo indosserà una maglia diversa. Al grande interesse della Ineos Grenadiers, di cui il quotidiano Marca aveva iniziato a parlare già durante il Giro d’Italia, si sarebbe affiancato quello di altre tre squadre WorldTour. Il corridore ha fatto sapere che prenderà la decisione finale dopo la Vuelta.

«Devo ringraziare proprio Mikel Nieve – racconta – per come mi ha guidato fino ai pedi della salita. Ho deciso di provare da sotto perché Sivakov aveva tirato tanto. Quando Vlasov mi ha ripreso, sono diventato nervoso. Mi ha spaventato parecchio perché sapevo che è un avversario difficile, non sapevo però quanto fosse forte. Allora ho deciso di riprovare per vedere cosa sarebbe successo. E alla fine c’è scappata la vittoria. E’ stata una giornata incredibile».

La prima vittoria poteva essere un exploit, la seconda invece?

Ho sentito molti aggettivi. Ero già soddisfatto della vittoria di Manzaneda, per cui tutto quello che fosse venuto dopo sarebbe stato un regalo. Ma la vittoria di ieri per me è stata molto più di un regalo. Vincere contro gli uomini di classifica e su una salita così grande è stato davvero pazzesco. Qualcuno ha detto che gli ho ricordato Valverde, io non so chi diventerò. So che ho avuto molta calma e molto sangue freddo. Mi sono scoperto più tranquillo, soprattutto dopo la vittoria dell’altro giorno. Sono riuscito a conquistare la vittoria senza agitarmi come invece era successo a Manzaneda.

Come mai vieni fuori solo quest’anno, mentre nel 2023 hai faticato così tanto?

Ho pagato il passaggio di categoria, ma ho imparato dagli errori del passato e adesso sono capace di vincere. Mi sono appassionato al ciclismo grazie a mia madre e mio fratello Jaime, che è anche molto forte (corre in una continental portoghese, la Sabgal-Anicolor, ndr). Ha un motore incredibile, è un talento. Andavo a vederlo alle corse e, anche se da piccolo ho fatto altri sport come l’hockey che a Jaca è molto popolare, vederlo in bici mi ha fatto appassionare al ciclismo.

Vincendo a Manzaneda ti sei commosso dedicando la vittoria ad Azcona, in pratica il fondatore della tua squadra, scomparso proprio quel mattino.

E’ stato tutto pazzesco, lo dico dal profondo del cuore. Soprattutto per l’emozione con cui le persone stanno vivendo questi miei risultati. Chi mi ferma o mi scrive dice che prova una gioia immensa, come se la vittoria fosse stata loro. E questo è molto speciale per me. Ricevere tanto amore fa piacere, dà emozione. Mia madre mi ha detto di aver pianto davanti alla televisione per la prima vittoria e di averlo rifatto ieri. Non so se riuscirò a vincere nuovamente, tanti mi dicono di riprovare ai Lagos de Covadonga (la tappa di domani, ndr). Non so se verrà una tripletta, sono molto soddisfatto così.

Se non altro potrai correre con la mente libera…

Esatto, ora non ho niente da perdere. Cercherò di individuare altre fughe per vedere di vincere ancora. Ma adesso non ci penso. Il riposo serve per tirare il fiato e godere di quello che si è raggiunto. E io sono molto stanco e ho due vittorie da celebrare.

Roglic attacca e viene punito. O’Connor tiene, Castrillo vince

01.09.2024
6 min
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Se qualcuno pensava che la vittoria di Castrillo nella dodicesima tappa, alla Estacion de Montaña de Manzaneda, fosse stata per caso, a quest’ora ha dovuto ricredersi. Lo hanno fatto tutti, forse anche Sivakov e Vlasov che sono stati in fuga con lui per tutto il giorno, immaginando in che modo lo avrebbero staccato, quando lo hanno visto andare via non appena le rampe più severe del Cuitu Negru sono iniziate sotto le ruote. La montagna di Dario Cataldo ha premiato un ragazzino spagnolo con tante cose da dire e la maglia della Kern Pharma sulle spalle.

Il ragazzo non è piccino come uno scalatore. E’ alto 1,83 e pesa 74 chili, eppure quando ha cambiato passo, lo ha fatto con una frullata degna del miglior Froome e ha preso il largo. Prima della vittoria di tre giorni fa, la sua precedente risaliva al campionato spagnolo della crono U23 del 2022: l’identikit si fa interessante.

Pablo Castrillo ha 23 anni ed è pro’ dal 2023. E’ alto 1,83 per 74 chili
Pablo Castrillo ha 23 anni ed è pro’ dal 2023. E’ alto 1,83 per 74 chili

Il sogno di Castrillo

E se l’altro giorno la vittoria aveva portato con sé una gradazione pazzesca di emotività, oggi si è trattato dell’esplodere di gambe e voglia di dimostrare qualcosa. Si dice che sulle tracce del corridore di 23 anni originario di Jaca ci sia già la Ineos Grenadiers e lui ce l’ha messa tutta per dargli qualche spunto aggiuntivo.

«Tre giorni fa – dice – non ho fatto che pensare a Manolo Azcona in ogni momento, per tutta la tappa. Quando ho tagliato il traguardo ho pensato molto a lui. E’ stata una fortuna avergliela potuta dedicare. Grazie a lui sono emersi grandi corridori come quelli che erano in fuga con me, cioè Soler e Rodriguez. Perciò ho voluto dedicargli la vittoria per tutto ciò che ha significato per il ciclismo e per la nostra squadra.

«La verità è che oggi non me l’aspettavo. Stamattina – prosegue – sono arrivato con l’intenzione di andare in fuga e vedere come sarebbe andata, ma non mi aspettavo di arrivare nella posizione per vincere. La prima vittoria è stata incredibile, ma ottenerne una seconda è un sogno. Penso che sia la migliore Vuelta possibile. Non so cos’altro dire».

Red Bull-Bora all’attacco

Oggi era il giorno della prima, vera resa dei conti fra Roglic e O’Connor. Anche Landa voleva lasciare il segno. Eppure nonostante il gran lavoro della Soudal-Quick Step, quando si è scatenata la bagarre, la maglia rossa ha tenuto più di quanto si pensasse e domani vivrà il riposo da leader della Vuelta per l’undicesimo giorno consecutivo. A preparare l’attacco dello sloveno si è ritrovato Lipowitz, che occupando a sua volta il sesto posto della classifica, non ha badato a spese nell’affondare il colpo.

«L’intera tappa è stata super dura – spiega il tedesco della Red Bull-Bora – è stato un ritmo super duro fin dall’inizio. Nell’ultima salita, ho cercato di stare con i migliori. Poi, negli ultimi 3 chilometri ho lanciato l’attacco di Primoz. Ho dato tutto quello che potevo, poi sono esploso completamente. Ho cercato di arrivare al traguardo nel miglior modo possibile, ma alla fine ero completamente al limite. Penso che Roglic abbia fatto un buon lavoro e avevamo anche Vlasov davanti, quindi penso che oggi abbiamo fatto bene tutti e ora siamo molto più vicini alla maglia rossa».

La risposta di O’Connor

O’Connor ha la faccia tosta di dire che tutto sommato ancora ci crede e a diventare l’agnello sacrificale non ci pensa troppo. E a ben vedere è stato bravo. Non ha neppure provato a rispondere allo scatto di Roglic, anzi ha preso il suo passo. E anche se alla fine il suo vantaggio risulta dimezzato (risalirà sopra al minuto per la penalizzazione inflitta a Roglic), intanto arriva al riposo con la maglia rossa. E magari per la sua squadra va bene anche così.

«Oggi ero ottimista – dice inaspettatamente – immagino di aver smentito le persone che si aspettavano che perdessi la maglia. Ho avuto una giornata piuttosto buona. E’ un peccato che sia scoppiato un po’ nel finale, ma è stato uno degli arrivi in salita più orribili che abbia mai fatto. C’è stato un solo attacco, quello di Roglic. E’ stato super impressionante, poi è stata una scalata uomo contro uomo. Mi sentivo come se non stessi andando da nessuna parte, non riuscivo a vedere nulla con la nebbia. È stato difficile, ma sono ancora in testa, quindi va bene. Domani mi riposerò e poi martedì affronterò i Lagos de Covadonga. Sono orgoglioso di me e dei ragazzi. Penso che sia davvero un momento magico».

Roglic ha cambiato bici prima della salita finale, perdendo 20″ per una penalizzazione per scia
Roglic ha cambiato bici prima della salita finale, perdendo 20″ per una penalizzazione per scia

Il cambio bici di Roglic

Roglic ci ha provato anche cambiando bici. Si è fermato quando la corsa era nella direzione della scalata finale e si è fatto passare dall’ammiraglia una Tarmac Sl8 con monocorona da 46 e pacco pignoni 10-44. Ruote a profilo medio di Alpinist, per un peso di 6,81 contro i 6,9 dell’altra. Non l’aveva mai usata prima, ma sapendo di dover affrontare una salita così ripida, lo sloveno non ha rinunciato a giocare la carta della tecnologia, puntando sull’inerzia inferiore dei cerchi più bassi.

Purtroppo il margine guadagnato in salita è stato vanificato in parte dai 20 secondi di penalità che gli sono stati inflitti per il rientro dietro troppe scie, proprio in occasione del cambio di bici. Lo sloveno ha mostrato ottime gambe e probabilmente la sua erosione al trono di O’Connor darà i frutti che spera. Forse c’è da sistemare un po’ la mira: il punto scelto per il cambio bici non era forse dei migliori.

Bollé, scopriamo gli occhiali in dotazione alla Kern Pharma

08.07.2023
5 min
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Dal 1888 creano occhiali e caschi unendo stile e performance. Oggi sono un brand riconosciuto in tutto il mondo e affiancano i ciclisti in ogni esigenza. Il team Kern Pharma veste i migliori modelli di Bollé per ogni gara dei pro’. Con Giovanni Carboni scopriamo gli occhiali in dotazione e le curiosità tecniche che un atleta professionista è in grado di apprezzare. 

Analizziamo in primis il modello C-Shifter, un prodotto che grazie alla sua versatilità, accompagna il ciclista in ogni gara in linea. A seguire i Lightshifter, scelti dal marchigiano per le giornate più avverse grazie alla loro stabilità e al trattamento antigraffio, oleo/idrofobico della lente. Infine gli Icarus, utilizzati per le prove contro il tempo grazie alla loro silhouette aerodinamica e al trattamento antiappannamento.

Un modello che si distingue per le linee cilindriche, unite a dettagli tecnologici. La struttura a giorno assicura la migliore ventilazione, con la montatura in nylon TR90 leggera, flessibile e confortevole. I naselli e le astine sono entrambi regolabili e realizzati in gomma Thermogrip e assicurano una vestibilità perfetta.

Carboni utilizza gli occhiali Bollé per ogni esigenza
Carboni utilizza gli occhiali Bollé per ogni esigenza
Quale modello stai utilizzando in questa stagione?

Uso quasi sempre i C-Shifter a parte nelle gare con pioggia e tempo più brutto dove invece uso i Lightshifter.

Come mai?

Perché mi piace usare la lente completamente trasparente ma soprattutto sono un po’ più stretti e con il bagnato mi trovo meglio. Mi piace come stanno sul viso perché essendo più compatti entra meno acqua e sono più riparati. La lente fa scivolare via l’acqua e non si appannano mai.

Per le corse sotto la pioggia Carboni predilige i Lightshifter
Per le corse sotto la pioggia Carboni predilige i Lightshifter
Per le crono invece…

Utilizziamo gli Icarus che si integrano al meglio con la linea del casco e sono molto aerodinamici. Non hanno la montatura nella parte superiore e questo particolare li rende ancora più leggeri e filanti quando si sta in posizione. Hanno inoltre una visuale libera al 100 per cento.

Torniamo ai C-Shifter. Che lente usi di solito?

La lente a specchio scura. Perché mi permette di proteggermi al meglio e di filtrare maggiormente la luce del sole. Non è eccessivamente scura e quindi si adatta molto bene anche nei cambi di luce, quando si entra in una galleria o in un tratto all’ombra in salita o in discesa.

Gli occhiali C-Shifter di Bollé sono un concentrato di comfort e performance
Gli occhiali C-Shifter di Bollé sono un concentrato di comfort e performance
Hai la possibilità di cambiare le lenti?

Sì, posso mettere una lente più chiara che alcuni miei compagni usano anche in caso di pioggia, però sinceramente a me in quelle condizioni piace la lente trasparente dell’altro modello.

Hai mai utilizzato la lente fotocromatica Phantom+?

No, perché preferisco i settaggi della lente scura o trasparente. So che funziona davvero bene a detta dei miei compagni. La mia è più che altro abitudine. 

I C-Shifter di Bollé hanno nella versatilità il loro asso nella manica
I C-Shifter di Bollé hanno nella versatilità il loro asso nella manica
Cosa ci dici della stabilità dell’occhiale?

Le astine sono sono ben aderenti, seguono molto bene la forma del viso. E’ da considerare che io ho un viso molto piccolo, uso un casco taglia S quindi nonostante tutto, non ho problemi di stabilità dell’occhiale. I naselli Thermogrip sono regolabili e hanno un appoggio ben studiato e che non soffre la sudorazione. 

Tornando alle lenti. Le Volt + migliorano del 30% la visione dei colori. L’hai notata questa qualità?

Sono uno a cui piace molto togliersi gli occhiali in salita. Devo dire che la qualità visiva e pratica di queste lenti, mi fa dimenticare di togliermeli. In più sono molto leggeri e dopo un po’ ci si scorda di averli indosso. 

L’intelligenza artificiale

La lente Volt + di Bollé merita un approfondimento. Stando a quanto dichiarato dall’azienda francese, è la prima lente da sole creata con l’intelligenza artificiale. Bollé ha testato oltre 20 milioni di combinazioni per sviluppare la soluzione definitiva e poi l’ha brevettata. Dai test risulta che le lenti Volt + migliorano del 30% la visione dei colori, senza alterare il bilanciamento del bianco. Fra gli altri risultati dichiarati e confermati da Carboni ci sono la visione ad alto contrasto e un’ottima percezione della profondità.

In quali colorazione li utilizzi?

Li abbiamo in dotazione verdi, i colori della squadra. 

Come valuti l’areazione di questi occhiali?

E’ un occhiale che ti fa “respirare”. La maschera degli occhi non fa entrare aria da sotto. Rimangono molto chiusi ma allo stesso tempo ben areati. 

Bollé

Carboni, niente italiano, tanta sfortuna e voglia di ripartire

16.06.2023
6 min
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Nella mitologia greca, la dea della fortuna è cieca. Ad essere mal pensanti viene da dire che invece la sfortuna ci vede benissimo. Giovanni Carboni dopo aver chiuso il capitolo nero della Gazprom nel 2022, si è trovato in questo 2023 a fronteggiare una serie di eventi sfortunati. Nessuno così grave, ma sportivamente parlando si può dire che il marchigiano abbia un conto in sospeso con la dea bendata. 

Il suo approdo nella formazione spagnola Kern Pharma era pieno di aspettative e buoni proposti. La condizione di inizio anno ha fatto ben sperare, poi però è arrivato l’incidente sul Teide, l’appendicite protratta e infine l’infortunio alla schiena. Si chiude così un altro capitolo di questa prima parte di stagione con il forfait forzato al campionato italiano di Comano Terme in programma a fine giugno. Scopriamo il suo stato d’animo e la reazione del classe ’95 nei confronti di questa metà stagione. 

Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Giovanni, come hai vissuto questa prima parte della stagione?

Diciamo che ho vissuto la prima parte dal punto di vista fisico e mentale nel migliori dei modi, quello che è mancata è stata un pochino di fortuna.

Spiegaci meglio?

Per quanto riguarda l’allenamento e quello che potevo fare, mi sono fatto trovare pronto quando richiesto. Ma con gli incidenti e i problemi fisici mi sono trovato in situazioni fuori dal mio controllo.

Andando nello specifico, cosa è successo?

Inizialmente ho avuto l’incidente sul Teide, il 3 marzo. Una macchina che ha aperto lo sportello e io ci sono finito dentro: questo mi ha rallentato parecchio. Di seguito sono stato male un paio di volte per un’appendicite, che però non era stata riconosciuta fin da subito. 

In che senso?

La prima volta che sono stato male è stato una settimana dopo l’incidente del Teide e sono stato male di notte. Soltanto che, essendo comunque all’estero e per giunta in un posto un po’ difficile da raggiungere, non ho potuto far visite. Quindi è passato tutto in secondo piano. L’appendicite è stata confusa inizialmente come un problema di gastroenterite.

Per Carboni l’inizio di stagione era carico di buone sensazioni e aspettative
E poi?

Mi si è ripresentata al Tour of the Alps. In quel caso mi sono ritirato alla penultima tappa. E anche quella volta si è presentata con dei sintomi strani e non è stata riconosciuta. Fino a quando il 30 di aprile sono stato proprio male, in maniera forte e tanto da costringermi ad andare all’ospedale. Dagli accertamenti, dalle analisi avevo un’appendicite ingrossata, a rischio di peritonite: sono stato operato d’urgenza. Il problema è che tutta questa situazione me la sono portata avanti per due mesi, perché dai primi sintomi di marzo sono stato operato a fine aprile.

Nel frattempo hai corso?

Sì, anche se notavo che c’era qualcosa che non andava nel mio fisico specialmente alla gamba. Avevo molto fastidio alla coscia destra. Fastidi ripetuti alla zona destra dell’addome, però mai avrei pensato di di avere l’appendicite infiammata.

L’incidente invece ha lasciato strascichi?

Recentemente, dopo l’operazione all’appendicite ho ripreso gli allenamenti e ho iniziato ad accusare un mal di schiena un po’ inspiegabile. Dagli accertamenti abbiamo scoperto che sul Teide avevo subito una microfrattura alla vertebra D9 all’altezza dell’intersezione con il costato. E infatti da dopo l’operazione, quando ho ripreso la palestra ho avuto questi sintomi di dolore al costato e alla schiena. Diciamo che c’è stato un susseguirsi di eventi non molto fortunati.

Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Questa micro frattura come la stai trattando?

Avevo appena iniziato ad allenarmi e mi sono rifermato, devo ringraziare Maurizio Radi e il Fisioradi Medical Center che mi hanno seguito in tutto e mi hanno permesso adesso in questi ultimi giorni di riprendere a pieno ritmo. Purtroppo però non abbastanza in fretta per fare il campionato italiano. Ho deciso infatti che è meglio non partecipare. 

Mentalmente come stai reagendo a tutta questa situazione?

Sia io che la squadra eravamo contenti della prima parte di stagione, perché comunque alla Valenciana, in Oman e anche al Gran Camino non ho ottenuto dei risultati pieni, ma sono andato bene. Sapevamo infatti che la mia preparazione non era incentrata sul fare un grande mese di febbraio. L’obiettivo principale e quello che interessava alla squadra erano le corse di marzo

Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
In tutto questo ti sei anche dovuto ambientare ad una squadra nuova, spagnola, in cui sei l’unico italiano…

Dovevo conoscere i compagni, conoscere la squadra perché l’anno scorso alla fine sono arrivato solo a fine stagione. C’erano un po’ di meccanismi nuovi da imparare. E’ andata anche bene. A detta di tutti, i ritmi nelle prime gare di stagione sono altissimi, a febbraio si fanno i migliori watt, quindi ho percepito che la mia preparazione fosse buona. Ero soddisfatto. A livello di squadra ho trovato quello che il team manager mi aveva anticipato e sono contento anche della scelta che ho fatto di firmare con loro. Nel loro piccolo, ciascuno si impegna per dare il massimo e quando le cose stanno così, non puoi che essere contento. 

Quando hai previsto di tornare in corsa?

Conto di rientrare a fine luglio. Ancora non so bene dove, ma ora ho l’appoggio della squadra e la tranquillità del momento, quindi penso più che altro a rimettermi in forma e senza fretta.

Per il finale di stagione hai in mente qualche gara in particolare? 

Spero di poter riconfermare quello che ho fatto lo scorso anno. Sarebbe bello, fare bene all’Adriatica Ionica Race. Avere il percorso che passa sotto casa è stato bellissimo e mi piacerebbe ricorrerla. 

La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
Veniamo a una nota dolente. La Kern Pharma non è stata invitata alla Vuelta. Come hai preso la notizia?

Non so bene i meccanismi e come siano andate le cose, però sicuramente sappiamo che i grandi Giri sono sempre delle grandi opportunità per noi corridori. Però penso anche che questa cosa rientri tra le situazioni fuori dal mio controllo. Quindi non voglio neanche pensarci più di tanto. Vorrei sottolineare che mi dispiace molto di non poter fare il campionato italiano. Correre quella gara, per quella maglia, è sempre emozionante. Una corsa che da bambino ho sempre guardato con ammirazione. Non poterla correre mi rattrista, però metto un punto e guardo al prossimo anno.

A livello mentale hai passato dei momenti difficili. Sei riuscito sempre a mantenere un atteggiamento positivo?

Sì, per questo devo ringraziare soprattutto la mia famiglia perché mi è sempre stata accanto e mi ha sostenuto. Penso che in certi momenti è indispensabile riuscire a mantenere un atteggiamento positivo e stabile. 

Soprattutto venendo dall’anno scorso…

Diciamo che gli ultimi anni non sono stati proprio dei migliori. Però ora testa ai prossimi obiettivi.

Carboni “inviato speciale” tra le fila della Kern Pharma

07.03.2023
6 min
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Giovanni Carboni è ripartito, già da settembre della scorsa stagione, dalla Kern Pharma, team professional spagnolo. Il corridore di Fano aveva trovato continuità in vista del 2023, pronto a ripartire. Non tutto però è andato nel verso giusto, Carboni dopo le prime gare tra Spagna e Oman, si trova in questi giorni sul Teide

Il calendario di Carboni è iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizione
Carboni ha iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizione

L’incidente

L’obiettivo era lavorare con la squadra in vista dei prossimi impegni, gli allenamenti però sono stati interrotti da un macchina, che nel parcheggio dell’hotel in cima al vulcano ha deciso di mandare a terra il povero Carboni.

«Per entrare nell’hotel c’è una strada secondaria – racconta – con dei parcheggi a sinistra. La vettura in questione si è fermata ed io ho pensato che stesse per svoltare a sinistra ed entrare nei parcheggi, così sono passato a destra. Il passeggero ha aperto inavvertitamente la portiera e io nell’evitarla sono finito a terra. Mi sono fatto una “bella” notte in ospedale venerdì, i medici pensavano mi fossi rotto la rotula, per fortuna si tratta solamente di un ematoma. In compenso mi sono ritrovato con sette punti in volto, non ho capito bene in che modo me li sono procurati.

«Il ginocchio sta meglio – prosegue – oggi (lunedì, ndr) il fisioterapista mi ha detto che possiamo iniziare con un po’ di riabilitazione. Meglio perché non mi sono rotto nulla, ma sicuramente una settimana di allenamento la perderò. Non il modo migliore per iniziare, anzi proseguire la stagione. Anche perché nel frattempo, in ospedale, mi sono preso un virus gastrointestinale. Dovevo rimanere in ritiro con la squadra fino al 17 marzo e dal 19 avrei ripreso a correre con focus sui Paesi Baschi e sul Tour of the Alps».

Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)
Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)

La nuova squadra

Nonostante questo non sia un momento propriamente roseo, parliamo volentieri con Carboni. L’intento è quello di sbirciare all’interno della professional spagnola. Un mondo che abbiamo avuto poche opportunità di vedere da dentro, il marchigiano sarà il nostro “infiltrato”. 

«Mi sono buttato in questa avventura – dice Carboniho trovato un ambiente piccolo, ma di grande umanità. E’ un team con una mentalità buona e con tanta professionalità. Mi trovo bene qui soprattutto per questo, capiscono il corridore e si lavora su tutti gli aspetti: dalla preparazione ai materiali. Le bici Giant sono le stesse usate dalla Jayco-AlUla, chiaramente il team WorldTour ha la priorità nella fornitura dei materiali ,ma a noi non manca nulla».

Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022
Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022

Culture simili

Spagna e Italia sono caratterizzate da culture e tratti sociali, simili. Le differenze, come logico che sia, ci sono e con Carboni proviamo ad addentrarci in queste.

«Come ambiente mi sembra davvero similare all’Italia su molti aspetti – parla Carboni – ci sono ovviamente delle differenze. Devi essere, in primo luogo, pronto ad imparare la lingua. Io ho iniziato a studiare spagnolo per capire meglio i compagni e tutto lo staff. Serve per entrare meglio nei meccanismi perché a volte rischi di rimanere fuori dai legami. Anche se gli spagnoli, per indole, sono molto inclusivi. All’interno dell’ambiente squadra non c’è stress, si guarda più alla prestazione che al risultato. In gara, non si corre con l’eccessiva foga che a volte ho trovato in Italia, si ha più testa.

«Sono stato molto in Spagna in questi primi mesi, più per esigenza del team, visto il calendario. Dopo il debutto alla Valenciana avevamo solo pochi giorni prima di partire per l’Oman, così sono rimasto lì. Allo stesso modo, prima di iniziare il Gran Camino ho alloggiato a Pamplona, dove c’è la sede del team. In Spagna ho notato una grande cultura della bici e più rispetto per il ciclista rispetto all’Italia. Il clima è simile a quello di casa, forse leggermente più caldo».

Calendario

Carboni, nonostante il momentaneo stop, ha corso molto in questo inizio di stagione. La Kern Pharma ha preso parte a molte corse, sia di prima che di seconda fascia. Un calendario pieno nonostante sia una professional.

«Personalmente – riprende – ho svolto solo gare a tappe, mi servivano per alzare i giri del motore in vista delle prossime. Anche se questo stop un po’ rimescolerà le carte in tavola, spero di riuscire a partecipare comunque a Paesi Baschi e Tour of the Alps. Nonostante la Kern Pharma sia una professional, ha comunque una buona programmazione, poi chiaramente ci sono delle corse alle quali dovremo attendere l’ufficialità dell’invito.

«La squadra però ha una grande considerazione, non solo in Spagna. ASO la vede di buon occhio ed è spesso invitata alle corse francesi, grazie a questo nella prima parte di stagione abbiamo fatto costantemente doppia attività. In più, come detto prima questo bel rapporto con ASO ci permette di prendere parte anche a gare importanti nelle Ardenne. Siccome la Kern Pharma è uno dei migliori team spagnoli, siamo sempre in lizza per partecipare alla Vuelta».

Carboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, si è messo a studiare lo spagnolo per entrare meglio nei meccanismi
Carboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, sta studiando lo spagnolo per interagire meglio con compagni e staff

Sponsor e team

I dettagli differiscono non poco da quello che siamo abituati a vedere, le parole di Carboni ce lo confermano. Tutto ciò passa anche dall’atteggiamento dei manager e dello sponsor stesso. 

«L’organizzazione è elevata – replica Carboni – ma non si guarda solo allo sport, ma anche alla persona. L’opinione del corridore viene presa in considerazione ed ha un peso. Ogni decisione è condivisa, un dettaglio fondamentale nel ciclismo, ma anche nello sport in generale. Negli ultimi anni lo stress è aumentato tanto, bisogna avere il piacere di fare determinate cose. Altrimenti, come si è visto, si fa sempre più fatica a fare il corridore.

Un esempio, da questo punto di vista, arriva dallo sponsor stesso: Kern Pharma. La prima volta che ho conosciuto l’amministratore delegato dell’azienda, nel presentare il nuovo anno ha voluto specificare che la prestazione conta, ma fino ad un certo punto. La sua vittoria sarebbe quella di vederci di nuovo tutti a gennaio 2024, questo vorrebbe dire che tutti si è stati validi, seri e si è fatto un anno all’altezza. Uno sponsor che parla in questi termini e non esclusivamente di vittoria mi ha sorpreso, in Italia non ero abituato di certo in questo modo. Da noi si parla solo di vincere, qui no e anche per questo sono contento della mia scelta».

Bollé in gruppo con l’Equipo Kern Pharma

22.02.2023
3 min
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Anche per la stagione 2023 Bollé sarà protagonista sulle strade del grande ciclismo. Nei giorni scorsi l’azienda francese ha infatti ufficializzato la propria partnership con la formazione spagnola Equipo Kern Pharma (foto aperura PhotoGomezSport), il team nel quale dallo scorso anno milita il nostro Giovanni Carboni. Nel corso della stagione gli atleti del team potranno contare in gara e allenamento su occhiali altamente performanti come i modelli C-Shifter e Icarus

Grazie a questa nuova collaborazione, Bollé conferma ancora una volta come il ciclismo ad alto livello sia parte del proprio DNA. L’azienda francese è presente in gruppo dal lontano 1958. In quell’anno ad indossare per la prima volta in gara degli occhiali da sole firmati Bollé fu Louison Bobet, un campione capace nella sua carriera di vincere ben tre Tour de France. Dopo di lui hanno indossato occhiali Bollé campioni del calibro di Miguel Indurain e Lauren Jalabert fino ad arrivare allo scorso anno con la sponsorizzazione del team B&B Hotesl – KTM.

Il team Kern Pharma utilizza gli occhiali C-Shifter montati con lenti Volt
Il team Kern Pharma utilizza gli occhiali C-Shifter montati con lenti Volt

Un team in crescita

Come anticipato, nel 2023 Bollé fornirà i propri occhiali al team spagnolo Equipo Kern Pharma che proprio quest’anno festeggia il suo quarto anno nel professionismo. Stiamo parlando di un team in grande crescita, nato nel 1992 come squadra under 23 e capace nella sua lunga storia di portare al professionismo più di 60 atleti. Nel 2020 il team ha debuttato nella categoria Continental e da tre anni ha la licenza Pro Team. 

La scorsa stagione la squadra  spagnola ha avuto l’opportunità di debuttare in gare di prestigio come la Liegi-Bastogne-Liegi, il Tour de Romandie e soprattutto la Vuelta. Proprio la corsa a tappe di casa è il grande obiettivo di quest’anno. I vertici del team, alla luce di quanto di buono fatto lo scorso anno, sono fiduciosi di riuscire a ottenere nuovamente una wild card e di poter così essere al via da Barcellona il prossimo 26 agosto.

La soddisfazione del team

Juanjo Oroz, Direttore Generale dell’Equipo Kern Pharma, si è dimostrato davvero entusiasta per l’accordo raggiunto nelle scorse settimane con l’azienda francese.

«Bollé è uno dei migliori produttori di occhiali al mondo – ha dichiarato – il che è molto importante per il nostro progetto, poiché vogliamo essere circondati da marchi di alto livello. Questa partnership è un passo avanti per noi, perché i nostri corridori indosseranno i migliori occhiali da ciclismo del mercato. Abbiamo già lavorato insieme una volta, quando eravamo una squadra under 23, e abbiamo un ottimo ricordo di quel periodo». 

Alle parole di Juanjo Oroz si sono aggiunte quelle di Alexandre Israël, Vicepresidente Bollé: «Siamo lieti di sostenere l’Equipo Kern Pharma – ha commentato – e ovviamente speriamo che questa stagione rappresenti un ulteriore passo avanti nel loro impressionante sviluppo. Bollé è orgoglioso di fornire alla squadra gli ultimi modelli di occhiali performanti, che tutti gli atleti hanno già avuto modo di scoprire e apprezzare durante gli allenamenti di inizio stagione». 

Anche per il 2023 Bollé e la squadra spagnola saranno l’una accanto all’altra (foto PhotoGomezSport)
Anche per il 2023 Bollé e la squadra spagnola saranno l’una accanto all’altra (foto PhotoGomezSport)

Il top di gamma

Per gli allenamenti e le gare, gli atleti dell’Equipo Kern Pharma indosseranno i migliori prodotti della gamma Performance di Bollé. Stiamo parlando del C-Shifter con la sua lente Volt e dell’Icarus con lenti Phantom di qualità eccezionale, adatte a tutte le condizioni atmosferiche. All’avanguardia in termini di tendenze e prestazioni, il C-Shifter ha incontrato fin da subito il riscontro positivo di tutti gli atleti del team. La sua struttura semicircolare e cilindrica migliora la ventilazione. La montatura in nylon TR90 è leggera, flessibile e confortevole, mentre i naselli regolabili in Thermogrip offrono una vestibilità e una stabilità perfette in qualunque situazione di corsa. L’Icarus è disponibile con l’ultima tecnologia di lente Volt Ruby di Bollé, che migliora la visione dei colori.

Bollé