Dopo il Giro del Veneto, di cui vi avevamo parlato qualche tempo fa, ecco una nuova corsa a tappe per gli juniores: il Trofeo Emozione in Friuli Venezia Giulia. Si tratta di una due giorni, per ora, ma intanto ecco una corsa che va considerata nel suo insieme.
In Italia per tanti anni c’è stato praticamente solo il Giro della Lunigiana. Ma questo era più “internazionale che italiano”, adesso qualcosa si muove. Ci sono queste due brevi gare a tappe nel Nord Est e non va dimenticato il Giro della Valdera, in Toscana.
Franco Pellizotti, in rappresentanza della Bahrain-Victorious, consegna il voucher per lo stage al vincitore Alessandro Da RosFranco Pellizotti, in rappresentanza della Bahrain-Victorious, consegna il voucher per lo stage al vincitore Alessandro Da Ros
Due tappe
Quella che si terrà il prossimo 8-9 luglio sarà la quinta edizione del Trofeo Emozione. Questo evento era noto in quanto al vincitore veniva data la possibilità di fare un training camp con la Bahrain Victorious, Ebbene, adesso raddoppia.
«L’idea di organizzare questa gara – spiega il patron Adolfo Sacchetto – nasce dalla passione per questo sport e dalla voglia di dare ai ragazzi una possibilità in più, un motivo di confronto diverso, anche nei confronti di chi viene da fuori. Hanno dato la loro adesione l’Ag2R, la Nexo e presto potrebbero esserci altre squadre straniere».
Passando ad una due giorni cambia anche il percorso. L’idea è stata quella di allestire due frazioni completamente differenti tra loro: una “piatta”, ideale per i ragazzi più veloci e potenti e una per scalatori, che poi di fatto è il “tappone” classico del Trofeo Emozione con arrivo in quota. Proprio come un vero “micro Giro”.
«Nel programma – prosegue Secchetto – abbiamo inserito due tappe dalle caratteristiche diverse, ma legate da un unico scopo: regalare agli atleti e al pubblico un fine settimana indimenticabile e di ottima valenza tecnica.
«La prima tappa parte e arriva a Pordenone. Si tratta di un tracciato prevalentemente pianeggiante, ma con otto settori di sterrato e un’infinità di destra e sinistra. Il tratto rettilineo più lungo non supera i 7 chilometri. Il giorno successivo invece ecco l’ormai classico arrivo a Piancavallo. La prima tappa misura circa 90 chilometri, la seconda 113 ma con ben 2.600 metri di dislivello».
Prima tappa: si parte dalle pianure del Friuli. Alla vigilia, presentazione delle squadre, come per le grandi corse dei pro’Prima tappa: si parte dalle pianure del Friuli. Alla vigilia, presentazione delle squadre, come per le grandi corse dei pro’
Caratura internazionale
Di certo c’è spazio per tutti e potrà essere un bel banco di prova anche il cittì Dino Salvoldi. E’ bastato vedere come due ragazzi portati alla Roubaix, nonostante in Francia non siano arrivati tra i primi, la domenica successiva alla gara delle pietre abbiano vinto. Ci riferiamo a Gabriele De Fabritiis eThomas Capra.
Ma come mai si vira verso una due giorni? Anche qui alla base c’è la passione e la voglia di regalare una grande opportunità ai ragazzi, ma anche di allestire nel tempo un evento che possa diventare sempre più grande. Un riferimento.
«La scelta di far diventare Trofeo Emozione una corsa a tappe – va avanti Sacchetto – è stata fatta per moltiplicare lo spettacolo. Non è solo un evento sportivo, è una filosofia guidata dal cuore. A questa età i ragazzi, benché siamo consci del fatto che ormai sono sempre più dei pro’ anche in questa categoria, vivono lo sport in modo ancora puro. Le sensazioni, le emozioni sono ancora molto genuine e legate al sogno».
«Senza contare che pensiamo a delle iniziative che ruotano attorno al ciclismo, alla formazione, alla valorizzazione del territorio e alla sensibilizzazione su importanti temi sociali. Per esempio, allestiremo un villaggio partenza e in questo villaggio ci sarà un’area per la promozione dell’uso della bici dedicata soprattutto ai più giovani».
Seconda tappa di salita. L’arrivo di Piancavallo è un must di questa gara in FriuliSeconda tappa di salita. L’arrivo di Piancavallo è un must di questa gara in Friuli
Progetti futuri
«Un altro degli obiettivi del 2023 è creare un percorso permanente che valorizzi le strade bianche del pordenonese, facendolo diventare un itinerario di spiccato valore paesaggistico-sportivo».
«Se c’è l’idea di fare più tappe per il futuro? Assolutamente sì. Anzi, posso dire di più. Già avevamo pensato ad evento di cinque frazioni con partenza da Trento e arrivo da noi in Friuli attraversando anche il Veneto. Ma prima il Covid e poi la guerra in Ucraina ci hanno tarpato le ali (meno disponibilità da parte di alcune aziende, ndr), ma piano piano ci arriveremo».
«Posso dire che proprio in questi giorni stiamo ultimando una collaborazione con un importante brand di settore. L’idea deve essere inquadrata oltre quel che concerne il breve periodo, o comunque non deve essere vista come una semplice sponsorizzazione».
Metodo di lavoro, filosofia di squadra, passione... Cristian Pavanello ci apre le porte della Borgo Molino, ancora una volta miglior team juniores italiano
Pochi giorni fa ci è arrivato un comunicato stampa che annunciava la nascita del Giro del Veneto juniores (presentato pochi giorni fa con la presenza di Dagnoni, foto apertura Alessandro Billiani). Una notizia molto importante, da approfondire assolutamente, tra le parole ed i nomi di quelle poche righe spunta quello di Alberto Ongarato (il secondo da sinistra in apertura). L’ex corridore professionista è diventato da una decina di anni uno dei vicepresidenti della SC Padovani. Una società ciclistica pluricentenaria, nonché la più longeva d’Italia, che negli anni ha organizzato tanti eventi.
Ongarato è stato professionista dal 1998 al 2011 ha chiuso la sua carriera in VacansoleilOngarato è stato professionista dal 1998 al 2011 ha chiuso la sua carriera in Vacansoleil
Il cambio di pelle
La SC Padovani è una delle colonne portanti del ciclismo italiano, dalle sue squadre sono usciti campioni di ogni genere, l’ultimo in ordine temporale è Alberto Dainese. Quella della società veneta è una storia a 360 gradi nel mondo del ciclismo.
«Agli inizi, nel 1909 – racconta Ongarato, professionista dal 1998 al 2011 – la Padovani ha organizzato una tappa del primo Giro d’Italia. L’arrivo era a Prato della Valle, sede di partenza di questo primo Giro del Veneto juniores. Negli anni la società ha cambiato pelle molte volte e, dieci anni fa, su richiesta del Presidente Galdino Peruzzo, ho preso la carica di vicepresidente. Dal 2014 abbiamo creato le squadre giovanili: dagli esordienti agli juniores, collaboriamo anche con una società di Padova che ha i giovanissimi. Dallo stesso anno la Padovani ha organizzato anche la Gran Fondo Città di Padova. Il Covid, poi, ha stravolto questo mondo ed abbiamo deciso di cambiare e organizzare una gara per gli juniores, la categoria più importante a livello giovanile».
In Italia ci sono quattro corse a tapper per gli juniores, di cui due di livello internazionale, una di queste è il Giro della LunigianaIn Italia ci sono quattro corse a tapper per gli juniores, di cui due di livello internazionale, una di queste è il Giro della Lunigiana
Una gara a tappe per questa categoria è una grande novità.
Quella di avere una corsa a tappe, addirittura di quattro giorni, è una necessità che in questa categoria si sente molto. Viene gestita in maniera estremamente professionale e così tutto intorno deve seguire il passo. Il ciclismo è in grande evoluzione, guardate al mondo del professionismo com’è cambiato in pochi anni. In Italia ce ne stiamo accorgendo con un po’ di ritardo, ma la strada è ormai delineata, tocca a noi seguirla.
Avete avuto una pronta risposta?
Abbiamo aperto le iscrizioni a novembre e dopo venti giorni avevamo già raggiunto il numero massimo di squadre: 30! Nei mesi successivi ci sono arrivate altre richieste, ora siamo a quota 33 team. In poco tempo tutti i diesse ci hanno richiamato per confermare la loro partecipazione. Dovremo dire dei no, e siamo solo al primo anno di questa corsa.
Di corse a tappe per juniores in Italia ce ne sono poche, solo quattro.
E’ un’esigenza che si sente, parlando con vari diesse ed addetti ai lavori. Fare una corsa a tappe permette di crescere e maturare molto, sia dal punto di vista tecnico che fisico. All’estero i ragazzi ne fanno molte di più e la differenza si vede, i nostri ragazzi quando si confrontano a livello internazionale fanno fatica.
La SC Padovani negli ultimi anni ha organizzato la Gran Fondo Città di Padova (foto Facebook)La SC Padovani negli ultimi anni ha organizzato la Gran Fondo Città di Padova (foto Facebook)
Si tratta di una gara nazionale?
Sì, è una 2.14, questo vuol dire che le squadre partecipanti saranno praticamente tutte italiane. C’è spazio per invitare tre team stranieri, nei giorni scorsi è arrivata anche la richiesta dal Cannibal Team (la squadra Development della Bahrain Victorious, ndr).
Vi prospettate di crescere?
L’obiettivo è quello, vogliamo fare le cose al meglio. Per la prima edizione è importante che si riesca a lanciare l’evento, ma non nascondo che vogliamo arrivare allo status di corsa internazionale.
Arrivate dalle Gran Fondo, cambiare pelle è stato difficile?
No, organizzare una Gran Fondo è molto più impegnativo a livello logistico. Le strade devono rimanere chiuse per più tempo, in una corsa in linea dopo una decina di minuti dal passaggio dei corridori le strade vengono subito riaperte.
Dal 2014 la storica società veneta ha dato vita alle due squadre giovanili (foto Alessandro Billiani)Dal 2014 la storica società veneta ha dato vita alle due squadre giovanili (foto Alessandro Billiani)
E dal punto di vista di staff e personale?
Per organizzare la Gran Fondo Città di Padova venivano impiegate 500 persone tra chiusura strade, staff e tutto il resto.
L’organizzazione come procede?
Spedita! Siamo a buon punto, abbiamo già definito tutte gli arrivi di tappa e le partenze, ne manca solo una. Anche i vari percorsi sono già praticamente pronti, a breve saranno anche pubblicati sul sito, che tra pochi giorni verrà messo online.
Per il pernottamento dei team?
Anche in questo caso è tutto a posto, probabilmente riusciremo a mettere tutte le squadre in un hotel unico.
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Il Team Nordest è una realtà storica tra gli juniores. Ce lo siamo fatti spiegare dall'ultimo arrivato in squadra, il giovanissimo diesse Mattia Garzara
Il viaggio in Francia con gli juniores del CPS Professional Team è stata un’occasione per “toccare dal vivo” ciò di cui spesso parliamo: come lavorano e com’è il movimento giovanile all’estero. Ed in effetti qualche differenza c’è.
Alcune le abbiamo captate noi stessi semplicemente osservando quanto accadeva: infrastrutture organizzative snelle, ogni ragazzo ha la sua bici, poco gioco di squadra… Altre differenze ce hanno rivelate i direttori sportivi con cui abbiamo parlato: la presenza di “squadre federali” e squadre satellite, il progetto scuola. E in comune? Anche in Francia la categoria juniores sta vivendo una rapida evoluzione.
Manu Cordoba con i suoi ragazzi della Occitaine Cyclisme FormationManu Cordoba con i suoi ragazzi della Occitaine Cyclisme Formation
Cordoba, diesse OCF
Manu Cordoba è il direttore sportivo dell’Occitan Cyclisme Formation Juniores con lui partiamo appunto dalla questione dell’importanza di questa categoria, la prima internazionale.
«E’ la categoria più importante – spiega Cordoba – I bambini sono spugne e certe cose le imparano dai piccoli, ma la categoria juniores consente loro di convalidare tutto ciò che hanno appreso prima. In questa fase subentrano infrastrutture tecniche, conoscenze e figure professionali che gli insegnano il mestiere del ciclista».
«Oggi molti ragazzi sono captati direttamente dai grandi team, ma credo che se ne sia anche abusato. Abbiamo degradato la categoria U23 in Francia perché oggi uno junior corre come fosse un trentenne o un quasi pro’, mentre la categoria U23 può permettere a tutti gli juniores che non sono maturi di crescere e quindi di passare. Oggi (riferito alla Challenge Anthony Perez, ndr) abbiamo 160 ragazzi, ma il prossimo anno ce ne saranno 80 nella categoria superiore. E perdiamo tesserati. Questo anche perché le gare U23 dovrebbero essere vere gare U23 e non gare elite».
Codoba passa poi agli allenamenti, l’altra sfera su cui ci siamo concentrati.
«Non abbiamo un ritiro fisso e non seguo giornalmente i miei ragazzi, ma cerchiamo di fare degli stage. Per esempio veniamo da un training camp in Spagna e magari questa estate ne faremo uno in montagna, Sono momenti di apprendimento e non solo di preparazione.
«Voglio portare i ragazzi alle gare tutti allo stesso livello. Cerco di lavorare in modo equo con tutti. Per me il gruppo è centrale. Oggi molti diesse isolano i corridori meno forti e perdiamo questo senso di gruppo. La bici mi ha insegnato molti valori e voglio condividerli con tutti: quelli bravi e quelli meno bravi, più ricchi e meno ricchi…».
Michel Puntous, della Haute-Garonne. Dietro a questa squadra federale c’è anche il supporto di Specialized FranciaMichel Puntous, della Haute-Garonne. Dietro a questa squadra federale c’è anche il supporto di Specialized Francia
Puntous, Haute-Garonne
A Cordoba segue Michel Puntous, diesse dell’Haute-Garonne, una squadra federale che raccoglie e ha rapporti con diversi team.
«La categoria juniores – spiega Puntous – si sta sviluppando anche in Francia. Noi dell’Haute-Garonne abbiamo questa categoria da 10 anni e da 4 abbiamo creato una squadra di livello internazionale. Andiamo all’estero: Belgio, Spagna… Questa estate abbiamo ottenuto un invito per una corsa in Austria. In tutto faremo 20-22 gare internazionali».
«Prima i migliori juniores andavano in club di divisione nazionale come Aix-en-Provence o Vendée, ora invece vanno direttamente nei team di sviluppo delle squadre professionistiche. Personalmente, ho fatto passare 14 corridori.
«Non abbiamo un filo diretto con le squadre professionistiche, ma abbiamo una buona rete a livello di comitato dipartimentale che a sua volta ci mette in contatto con le squadre pro’. Ma vale anche il contrario: molti ragazzi vogliono venire da noi. Per esempio quest’anno avevamo 6 posti e 30 candidati. E ci siamo posti un limite di due ragazzi stranieri».
Il dipartimento dell’Haute-Garonne nel Sud-Ovest, rappresenta un grande serbatoio ciclistico per la Francia.
«Non abbiamo un ritiro. Alcuni ragazzi che vivono vicini nei pressi di Tolosa si allenano insieme. Tutti vivono a casa coi genitori anche perché hanno la scuola. Ciò che vogliamo è che abbiano un doppio progetto sportivo e scolastico. A 18 anni ottengono il diploma di maturità (un anno prima rispetto a noi, ndr) e fino ad allora cerchiamo di allenarli senza strafare e oggi ci sono gli strumenti per farlo con potenziometri, piattaforme preparatori.
«I ragazzi devono imparare il mestiere e avere dei margini di miglioramento per quando passeranno. Il nostro obiettivo: prepararli per l’altissimo livello, non essere professionisti da junior. Se imponi loro troppi vincoli sin da adesso, come il nutrizionista, poi come faranno?».
Con Puntous si parla anche di tattiche. Lui dirige una squadra importante e avevamo notato che dopo il primo giorno di gara non c’era stato un grosso gioco di squadra.
«In Francia è complicato farli correre da squadra! Sono pochissimi i team che corrono con un leader. La filosofia è spesso individualee anche io sostanzialmente la penso così. Voglio dare una possibilità a tutti. Non voglio avere solo uno o due leader e gli altri ragazzi che sono lì solo per loro.
«Poi è anche vero che da due anni a questa parte i ragazzi spesso ci chiedono di designare un leader. Più che altro perché hanno una tattica più chiara. Però non chiudiamo a nessuno. Ripeto, in questi due anni di categoria non voglio bloccare un corridore che magari non ha grandi mezzi e dirgli: “Non avrai mai la tua possibilità».
Xavier Bernat con due ragazzi della As Villemur CyclismeXavier Bernat con due ragazzi della As Villemur Cyclisme
Bernat, Villemur Cyclisme
Xavier Bernat è invece l’organizzatore della due giorni francese, lui dirige la As Villemur Cyclisme, una squadra più piccola e che rientra in quella rete di team satelliti della Haute Garonne.
«In Francia – dice Bernat – la categoria juniores è diventata fondamentale. Ci sono corridori che passano subito alle “Conti” e possono diventare professionisti. Ora chiediamo a questi ragazzi di essere ad un alto livello. Guardate il vincitore di ieri (Giuliano, ndr): erano tre settimane che ogni weekend faceva delle corse con gli elite. E nell’ultima di queste gare è arrivato con il gruppo di testa. La cosa dura è che se non ottengono dei buoni risultati per loro il ciclismo è finito: non trovano un posto nella categoria successiva (come da noi, ndr)».
«Per quanto riguarda la gestione quotidiana dei ragazzi, anche noi non abbiamo un ritiro fisso. Siamo una piccola squadra e facciamo due stage l’anno qui in zona. Ognuno ha il suo preparatore. Anche perché spesso venendo da altre squadre erano legati ad esso e quasi non vogliono venire se non continua a seguirli».
«Abbiamo dei corridori del nostro team che fanno la spola con il team Haute-Garonne, che è una squadra della Federazione. I ragazzi hanno 17-18 anni e non tutti possono andare a correre ogni fine settimana con loro che fanno un’attività più internazionale. Pertanto stiliamo un calendario parallelo: chi può va con loro, chi non può resta a correre con noi. Andiamo d’accordo. Quest’anno per esempio faremo la Liegi Juniores, c’è una buona collaborazione con la Federazione».
La Pomme Marseille, Boggianti parla in inglese con uno atleta giapponese prima del via della Ronde BesserianeLa Pomme Marseille, Boggianti parla in inglese con uno atleta giapponese prima del via della Ronde Besseriane
Boggianti, Pomme Marseille
Jean Michel Boggianti è intento a parlare con i ragazzi de La Pomme-Marseille quando ci avviciniamo per parlare con lui. La sua è una delle squadre più blasonate di Francia.
«In Francia – dice Boggianti – investiamo molte risorse sui giovani perché il ciclismo si sta evolvendo e sempre più juniores stanno diventando professionisti. Cerchiamo di fargli prendere gli automatismi per il mondo dei pro’. Non abbiamo un nostro nutrizionista, ma organizziamo di tanto in tanto degli incontri con mental coach, preparatori, nutrizionisti…».
«In Pomme abbiamo un progetto, un programma di lavoro doppio: uno sportivo e uno scolastico. Per noi l’obiettivo è che i ragazzi abbiano successo, ma non per forza nel ciclismo. Se non avranno una carriera con la bici, che abbiano qualcosa a cui aggrapparsie quindi che portino avanti il loro percorso di studi. Per questo abbiamo un centro di formazione dove sono fissi, dove dormono, e tre volte a settimana si allenano con noi. I ragazzi vanno a scuola e noi li andiamo a prendere quelle tre volte a settimana.
«Sono 9 ragazzi su 17 che portano avanti questo progetto sport-studio. In Provenza, il nostro dipartimento, vi accedono solo quando hanno raggiunto buoni risultati. Sono classificati come sportivi di alto livello e quindi beneficiano della scuola di sviluppo e ottengono una borsa di studio».
A Boggianti chiediamo se hanno dei fili diretti con le squadre pro’.
«Delle relazioni con i team pro’ ci sono: vedi EF Education-EasyPost o Soudal-Quick Step, ma ci sono soprattutto gli agenti (procuratori, ndr) che vengono da noi per individuare gli atleti».
Prosegue l'inchiesta fra i principali attori del mercato. Oggi tocca a Merida Italy, costola del colosso di Taiwan. Con una previsione che fa riflettere
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Nel furgone, al rientro dalla prima gara della due giorni francese, Matthias Schwarzbacher era quello più deluso. All’improvviso si era fatto cupo. Pensava e ripensava alla corsa. Evidentemente sapeva di aver sprecato una buona occasione. Aveva fatto qualche scatto nel momento sbagliato e aveva gettato all’aria forse la vittoria, anche se si trattava del debutto stagionale.
Durante il viaggio ascoltava le ramanzine-consigli del direttore sportivo, ma soprattutto rivedeva il film della gara. Ne siamo certi. Era seduto al nostro fianco. E lui che in riunione faceva domande, cercava di capire, era taciturno.
Il mattino seguente, dopo una piccolissima uscita defaticante, e dopo aver smaltito un po’ di delusione mista forse a rabbia, Matthias era di nuovo lui. Un ragazzone slovacco di 17 anni – compiuti a dicembre – con lo sguardo da duro, ma dai modi gentili ed educati.
Sguardo che è cambiato definitivamente nel pomeriggio. Una manciata di minuti dopo la vittoria nella seconda tappa della Challenge Anthony Perez era un altro. «Adesso sei contento», lo incalziamo mentre va verso il podio. E lui: «Adesso sì, sono felice».
Matthias Schwarzbacher (classe 2005) ha fatto l’intera stagione del cross tra Coppa del mondo, gare nazionali, internazionali e mondialeLo slovacco è un ottimo pilota. Anche per questo ama Pidcock (foto Instagram)La sua versatilità in bici deriva anche dall’aver fatto molti sport, tra cui il biathlon (foto Instagram)Matthias Schwarzbacher (classe 2005) ha fatto l’intera stagione del cross tra Coppa del mondo, gare nazionali, internazionali e mondialeLo slovacco è un ottimo pilota. Anche per questo ama Pidcock (foto Instagram)La sua versatilità in bici deriva anche dall’aver fatto molti sport, tra cui il biathlon (foto Instagram)
Matthias, quando e come hai iniziato a correre?
Ho iniziato a fare ciclismo quando avevo 9-10 anni. E ho iniziato alla gara per bambini di Sagan, la Detská Tour Petra Sagana. E da allora il mio impegno è stato ogni anno sempre maggiore. Ormai negli ultimi 2-3 anni, sto dedicando tutto il mio tempo al ciclismo.
Quanto ha inciso la presenza di un corridore come Sagan nella tua Nazione? Immaginiamo che lui sia l’idolo di tutti i piccoli ciclisti slovacchi.
Ha inciso molto in effetti. Anzi, si può dire che lui è stato il motivo per cui ho iniziato, quando ha creato quella gara per bambini. Penso che abbia motivato molti ragazzini.
Conosci Peter?
Non lo conosco personalmente.
Come Peter anche tu sei passato dal ciclocross. Ebbene, cosa dà il cross in più a livello fisico?
Penso che il ciclocross sia la cosa migliore con cui puoi trascorrere l’inverno ed è il miglior allenamento che puoi svolgere, perché per 40 minuti sei a soglia o sopra di essa. Cerchi di andare oltre i tuoi limiti. Senza contare che impari a guidare. E, cosa principale, è molto divertente. Non è importante se sei in prima o ultima posizione.
Pensi di continuare con il cross anche nelle prossime stagioni?
Io vorrei, ma vedremo come andranno le cose…
Che tipo di corridore pensi di essere?
Non lo so ancora, ma mi piacciono le classiche e le salite fino a ad un massimo di 5 chilometri.
Beh, vedendo il tuo fisico possente è condivisibile questa tua analisi. Che poi sono più o meno le caratteristiche di Sagan. C’è un professionista, un campione a cui ti ispiri?
Il mio più grande idolo è mio padre, Roman. Lui mi ha sempre guidato nella giusta direzione e mi ha sostenuto. Ma se dovessi scegliere un corridore allora direi Tom Pidcock. Mi piace perché gareggia in tutte le discipline.
I complimenti con il compagno Tommaso Bambagioni dopo la vittoria della Ronde BessieraineI complimenti con il compagno Tommaso Bambagioni dopo la vittoria della Ronde Bessieraine
Come sei arrivato in Italia? Raccontaci come è andata…
È iniziato tutto nel 2020. In Slovacchia non abbiamo fatto gare a causa del Covid. In quel periodo Martin Svrcek era già in Italia (era al Team Franco Ballerini, ndr) quindi gli scrivo e gli chiedo se anche io posso venire a correre dov’è lui. Sono arrivato, ho ottenuto subito due buoni risultati e lì ho conosciuto Andrea Bardelli.Da allora siamo sempre stati in contatto con “Bard”. Nel 2022 ho corso molto poco per problemi di salute, ma quando sono tornato alle gare Bardelli mi ha scritto. A quel punto sono arrivato in Italia definitivamente per i test e per le gare… Ho fatto la stagione del cross e appena terminata ho iniziato a correre con il CPS Professional Team.
Adesso sei in Toscana, come ti stai trovando?
E’ un po ‘difficile adattarsi a tutte queste cose: cibo, squadra, lingua… ma la compagnia è davvero amichevole e buona. Il cibo è leggermente diverso in Slovacchia, ma ci sono abituato. Mi resta solo il problema della lingua, però l’italiano non mi sembra difficilissimo (in effetti Matthias imparava a vista d’occhio, ndr) ho bisogno di un po’ più di tempo. Magari la prossima intervista la farò in italiano!
Ti alleni tutti i giorni?
Un giorno di riposo a settimana c’è. In quel giorno senza la bicicletta cerco di fare alcuni esercizi di base e fisioterapici per prevenire i miei problemi di salute. In pratica dopo la rottura del bacino ho due placche e quindi faccio degli esercizi per anca e colonna vertebrale.
Schwarzbacher al centro col trofeo in mano insieme a tutti i ragazzi e lo staff del CPS Professional Team Schwarzbacher al centro col trofeo in mano insieme a tutti i ragazzi e lo staff del CPS Professional Team
C’è un allenamento che ti piace di più e uno che proprio non sopporti?
Onestamente odio le sedute di scarico, quando pedalo da solo. Quello che invece mi piace è l’allenamento lungo, la distanza senza i lavori specifici.
Ogni quanto tempo tornerai a casa?
Non lo so, sembra che non ci saranno scadenze regolari. Per ora andrò a casa prima della Parigi-Roubaix juniores e poi a maggio. Della Roubaix non so molto, ma da quello che ho visto in Tv, per il mio fisico e per come guido dovrebbe essere adatta a me.
Cosa ti ha colpito di questa trasferta francese? Cosa ti è piaciuto di più?
Penso che in Francia il caffè non è buono come in Italia! Mi è piaciuta la compagnia, la natura – abbiamo visto paesaggi bellissimi – le riunioni di squadra… Ma soprattutto mi è piaciuto il lavoro che i ragazzi hanno fatto nella gara di domenica, quella che ho vinto. Non avevo mai vissuto una cosa del genere prima. Devo loro un enorme grazie proprio per come abbiamo corso. E anche a tutto lo staff… In generale è stato un viaggio molto bello.
Villemur sur Tarn, grazioso paesino del Sud della Francia non distante da Tolosa. Colline dolci, campi ordinati, strade che sono un invito ad andare in bici: è da qui che parte la stagione del CPS Professional Team, la squadra juniores nata dalla fusione di tre società: il Cps appunto, una parte della Franco Ballerini e della Nuova Arma di Taggia.
Per i ragazzi di Clemente Cavaliere, Andrea Bardelli e Gianluca Oddone è la classica esperienza all’estero che tanto viene millantata in Italia. Stavolta ci si prova.
Pensate che per venire in Francia hanno dovuto chiedere un permesso speciale alla FCI, visto che in Italia la stagione degli juniores scatta a marzo. Non solo, ma la gara francese, la Challenge Anthony Perez, è una due giorni e chissà per quale stramba norma i ragazzi possono fare un solo di giorno di corsa ciascuno. Pertanto si è partiti con dieci atleti e due vetture, col risultato di far lievitare i costi.
L’ammiraglia della Trek-Segafredo con Skjelmose era diretta alla Faun-Ardèche ClassicAffittata una villetta con 15 posti letto. I ragazzi sono autonomi Tutti a cena. Si aspetta la pasta con impazienza!E’ notte fonda. Tutti dormono. Bardelli (a sinistra) e Cordone (a destra) lavorano sul programma del giorno dopoL’ammiraglia della Trek-Segafredo con Skjelmose era diretta alla Faun-Ardèche ClassicAffittata una villetta con 15 posti letto. I ragazzi sono autonomi Tutti a cena. Si aspetta la pasta con impazienza!E’ notte fonda. Tutti dormono. Bardelli (a sinistra) e Cordone (a destra) lavorano sul programma del giorno dopo
C’è Skjelmose
Partenza ieri. Da Sanremo ci ritrova e si parte alla volta della Francia. I cantautori italiani nella pen drive dell’ammiraglia per diesse e giornalista! E le cuffiette nelle orecchie dei ragazzi, che ascoltano tutt’altra musica.
Ma quando non c’è la musica il ciclismo è l’argomento che tiene banco. I watt, gli allenamenti di Van Aert su Strava, qualche domanda sui nostri articoli, la vittoria di Molano al UAE Tour e un’ammiraglia della Trek-Segafredo incontrata in autostrada.Sbirciando si riconosce Mattias Skjelmose, il quale saluta divertito e compiaciuto.
Il danese, classe 2000, magari pensava a quando era lui il ragazzino che viaggiava con i compagni. E i ragazzi del CPS sognano di essere al suo posto fra una manciata di stagioni.
Si arriva che ormai è sera. Per l’occasione è stata affittata una graziosa villetta in campagna. La Francia, togliendo Parigi e qualche altra città, è caratterizzata “da uno splendido nulla”. E qui il nulla è composto da campagne, boschi silenziosi e colline dolci.
Si cena. Qualcuno si preoccupa che non ci sia abbastanza pasta per tutti. Poi alla spicciolata, dopo aver lavato i piatti, tutti vanno a dormire. Non sono neanche le 22, mentre Bardelli e Luciano Cordone controllano il percorso per l’allenamento dell’indomani, cioè di stamattina.
Si parte per il sopralluogo. Da sottolineare la puntualità dei ragazzi che 5′ prima del previsto erano già tutti sul furgoneUno degli strappi più duri della Mapei Classic, prima prova della Challenge Anthony PerezSi parte per il sopralluogo. Da sottolineare la puntualità dei ragazzi che 5′ prima del previsto erano già tutti sul furgoneUno degli strappi più duri della Mapei Classic, prima prova della Challenge Anthony Perez
Risveglio freddo
Il cielo è grigio e ci sono cinque gradi. A colazione i ragazzi parlano su come si vestiranno. Chi ha un solo paio di gambali non vuole rischiare di bagnarlo in vista della gara. E poi c’è chi sceglie i puntali, chi i copriscarpa interi.
Durante il trasferimento si parla del menu del pranzo. Riso o pasta con tonno? E poi le carote vanno bene per tutti? Sono i ragazzi stessi a decidere cosa mangeranno… anche perché sono (anche) loro che cucinano. Già questo è uno step verso la crescita e l’autonomia. Parliamo di gente che ha 17-18 anni.
Bardelli spiega il percorso che si andrà a fare. E’ l’anello del sabato. Quello più duro della due giorni. E difatti non c’è un metro di pianura. Senza contare che ci sono due strappi cattivi. Uno è a circa due terzi dell’anello: misura un chilometro scarso al 15% ed è seguito da un falsopiano. L’altro è quello dell’arrivo: una salita di un chilometro con gli ultimi 200 metri al 20% o giù di lì.
I ragazzi pedalano. Osservano con attenzione. Qualcuno ne esce più convinto e dice che attaccherà, altri sono un pelo “intimoriti” da quelle strappate. Tanto più che il parterre si annuncia bello tosto e già di livello internazionale.
Appena rientrati tutti sotto una doccia caldaRelax con l’immancabile smartphoneVie respiratorie un po’ congestionate? Un po’ di fumenti vecchio stile con delle erbe non fanno maleAppena rientrati tutti sotto una doccia caldaRelax con l’immancabile smartphoneVie respiratorie un po’ congestionate? Un po’ di fumenti vecchio stile con delle erbe non fanno male
Relax…
Al rientro si pranza tutti insieme. E sempre tutti insieme si riordina la casa. Poi il relax. Una piccola passeggiata in mezzo a questo “nulla di campagna” o sdraiati sul letto…
E’ interessante ascoltare i ragazzi. Come scherzano, come parlano delle loro gare, come commentano quelle dei pro’. Oggi per esempio, al Gran Camino ha vinto Vingegaard e subito si è finiti allo scontro del Tour con Pogacar. Chi sarà favorito?
Sul gruppo WhatsApp, che guarda caso si chiama Francia, viene inviato il programma. E questo dice che alle 15:30 si devono lavare le bici, almeno quelle che corrono domani.
Bardelli spiega le sue idee di gara ai ragazzi…E indica loro i punti più insidiosiBardelli spiega le sue idee di gara ai ragazzi…E indica loro i punti più insidiosi
E riunione
Alle 17 ecco il momento clou: la riunione. Bardelli la nomina sin da prima della partenza per la Francia. E così con un quarto d’ora di anticipo sono tutti a raccolta nella sala da pranzo dominata da un grande camino, dove qualcuno prova a cuocere una patata al cartoccio. E’ la merenda al posto della crostata.
In riunione Oddone siede a capotavola vicino a Bardelli, che parla. Insiste molto sul fatto che è un’esperienza per il futuro, ma anche che si può fare risultato vista la buona preparazione invernale effettuata. Poi passa alla tattica e al percorso, con tutti i dati scaricati da TrainingPeaks.
Spiega i punti pericolosi, quelli decisivi e quando bisogna stare attenti. «Occhio a questi tre chilometri – e li indica sull’altimetria – perché sulle salite sono tutti attenti, ma è in questi dove ci si può rilassare che potrebbe partire la fuga buona. E qui poi non ci sono team che vanno a chiudere. E’ corsa libera».
Ad ogni corridore viene e assegnato il numero di qualche outsider particolarmente pericoloso. In linea di massima sono quelli gli atleti da controllare. Poi è chiaro che la corsa potrà prendere una piega differente, ma di base le direttive sono: controllare i ragazzi indicati e cercare di essere compatti nelle prime posizioni, soprattutto al primo e al penultimo giro, quello che si presume possa essere decisivo.
Tutto sembra pronto dunque. Le scelte sono state fatte. Domani saranno di scena i ragazzi che meglio vanno in salita e domenica quelli più veloci. Chi non corre andrà alla scoperta del tracciato di dopodomani. Non resta che cenare e riposare bene.
Fra poche ore ci si attacca il numero sulla schiena. E la prima corsa della stagione ha sempre un fascino particolare.
Gli juniores rappresentano una categoria di transizione che vede l’alternarsi di nomi e risultati. Quando però emerge un nome in grado di vincere due tricolori consecutivi nel ciclocross e molteplici corse su strada, è bene farsi un piccolo appunto sul taccuino. I tempi però non devono essere affrettati, Samuele Scappinicompirà diciotto anni il 24 aprile e quando ci risponde ha appena chiuso il libro di scuola su cui stava studiando. Entriamo così in punta di piedi a conoscere l’umbro, talento emergente del Team Fortebraccio.
Per Scappini quella di Hoogerheide è stata la prima convocazione ad un mondiale. In apertura, il podio ai tricolori di RomaPer Scappini quella di Hoogerheide è stata la prima convocazione ad un mondiale. In apertura, il podio ai tricolori di Roma
Sei appena tornato dalla tua prima convocazione ad un mondiale. Che esperienza è stata?
Essere stato convocato in nazionale è stato bellissimo. E’ stata la mia prima volta. Ero partito per fare bene. Però ci sono stati degli inconvenienti che non mi hanno permesso di esprimermi al meglio.
Di che tipo?
Quindici minuti prima del via ho fatto una partenza da fermo e mi sono trovato con il manubrio in mano. Con il carbonio squarciato. Ho dovuto quindi cambiare bicicletta.
E l’altro inconveniente?
Dopo la partenza a 300 metri dal via c’è stata unacaduta e sono rimasto coinvolto. Sono ripartito ma la gara era già compromessa. Una serie di avvenimenti che mi hanno fatto perdere concentrazione e lucidità e ho chiuso solo 45°.
A Variano 2022 il corridore umbro aveva spiazzato tutti, vincendo il primo titolo italiano junioresA Variano 2022 il corridore umbro aveva spiazzato tutti, vincendo il primo titolo italiano juniores
Un mondiale sfortunato possiamo dire. La tua stagione cross vanta però 12 vittorie tra cui il secondo titolo tricolore consecutivo…
Ero dato favorito da tutti. Sono rimasto con i piedi per terra con quella maglia, che nella mia testa volevo riconquistare e confermare. Così è stato.
Portaci a quel giorno…
Le gambe le avevo e la concentrazione era al massimo. Le prime curve le ho affrontate bene guadagnando subito 20 metri. Poi pian piano ho incrementato il vantaggio e sono arrivato al traguardo con 40 secondi.
La tua categoria è stata criticata per l’impegno nelle trasferte in maglia azzurra. Che cosa hai percepito da dentro?
In nazionale mi sono sempre trovato bene. Io vado d’accordo con tutti, non mi arrabbio facilmente. Dobbiamo lavorare e seguire quello che ci dicono.
La vittoria di Scappini al campionato italiano di Roma è stata la ciliegina sulla torta di una stagione plurivittoriosaLa vittoria di Scappini al campionato italiano di Roma è stata la ciliegina sulla torta di una stagione plurivittoriosa
Veniamo alla strada. Ti stai già preparando?
Da domani parto con la preparazione per partire al meglio con la stagione. Il mio obiettivo è quello di diventare uno stradista. Per farlo devo vincere le gare e so che non sarà facile.
Oltre a cross e strada, gareggi anche in pista?
Sì assolutamente. Con le mie caratteristiche penso di poterla portare avanti e sento che mi tornerà utile.
Quale specialità ti piace di più?
Mi piace molto il chilometro da fermo. Sono esplosivo e sento di poter far bene.
Stai scoprendo le tue potenzialità, che tipo di corridore sei?
Se c’è un arrivo in salita, diciamo che non sono il favorito, ma me la gioco. Non sono uno scalatore. Se si arriva con un gruppetto ristretto posso dire la mia. Io mi sento velocista da pianura e mi piacciono molto anche gli arrivi in leggera salita dove c’è da spingere.
L’umbro corre nel Team Fortebraccio dalla categoria junioresL’umbro corre nel Team Fortebraccio dalla categoria juniores
Quando partirà la tua stagione?
Le prime gare saranno a inizio marzo, ma non abbiamo ancora stilato un calendario. Parto con la preparazione poi si vedrà.
TI sei prefissato degli obiettivi?
Spero di fare bene al campionato italiano perché sarebbe la ciliegina sulla torta per la categoria juniores. Due tricolori ciclocross e uno su strada sarebbe il massimo. I miei due sogni per il 2023 sono andare al mondiale e all’europeo.
Se per strada e ciclocross gli obiettivi sono tricolori, per la pista?
Non sento di avere particolari aspirazioni. A livello nazionale sento di poter dire la mia, poi tutto quello che viene è guadagnato.
Salvoldi non ha mai staccato. Dopoil primo anno sull’ammiraglia azzurra degli juniores, già all’indomani dei mondiali di Wollongong, il tecnico bergamasco ha dato via a una serie di test fra Montichiari e Roma. E da metà dicembre, ha iniziato con raduni di due giorni a Montichiari, che andranno avanti sino alla fine della scuola.
Le sue valutazioni sul movimento italiano insistono su un doppio binario sin troppo evidente. Quello dei corridori più maturi che meritano esperienze di maggior consistenza. E quello degli altri che hanno il diritto di crescere per step meno impegnativi. Gli juniores sono materiale sensibile, per cui gli abbiamo rivolto mille domande per avere il suo punto di vista.
Dopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurriDopo anni con la nazionale femminile, dallo scorso anno Salvoldi è alla guida degli juniores azzurri
L’anno scorso di questi tempi eri un po’ nella nebbia, cosa hai capito di questo mondo?
Ho conosciuto di più le persone e anche i numeri della categoria. Rispetto allo scorso anno su pista abbiamo iniziato prima. Sto cercando di vedere più ragazzi, utilizzando Montichiari come sede di allenamento. E’ chiaro invece che correre su pista a livello internazionale non è per tutti, ma come mezzo di preparazione girare in velodromo è davvero utile.
Per capire: quanto di questo lavoro è funzionale all’attività di alto livello su pista e quanto invece all’allenamento in generale?
Diciamo che fra i tanti che stiamo facendo allenare, ci sono anche i ragazzi che poi probabilmente correranno nei grandi appuntamenti. C’erano già lo scorso anno, perché erano quasi tutti atleti del primo anno. Il discorso della pista è legato alla continuità nel frequentarla, oltre ad essere funzionale all’attività preponderante che è la strada. E’ importante iniziare un processo di adattamento anche per dare ricambio alla squadra superiore.
Ai recenti europei di Grenchen, Villa ha ravvisato problemi nelle specialità di gruppo.
In effetti anche a livello internazionale manca un buon calendario, necessario per affinare la tecnica. Parlo specificatamente della madison, anche se fra i primi anni ce ne sono alcuni con attitudini e più preparazione. Una struttura come Montichiari in questo momento della stagione diventa fondamentale. Le altre che abbiamo in Italia sono sì utili, però quando inizia la stagione su strada diventa difficile fare tutto.
Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Lavori a contatto con Villa, oppure ci sarà un trapasso di dati a fine stagione?
Invio sempre a Marco tutte le valutazioni che facciamo. E succede spesso che negli allenamenti sia presente anche lui, compatibilmente con i suoi programmi. Sul metodo invece, iniziamo a proporre il protocollo di allenamento che viene applicato dalla squadra superiore.
Torniamo ai tuoi ritiri: ci sono anche per gli stradisti?
Per loro abbiamo inserito dei mini raduni una volta al mese, che però servono per creare aggregazione e formare il gruppo. Un po’ meno per la preparazione, perché comunque la categoria è ben strutturata. I ragazzi sono seguiti da direttori sportivi e preparatori, per cui come nazionale cerchiamo di essere un supporto. Mentre la parte di formazione del gruppo è una cosa che mi piacerebbe portare avanti. Una squadra si forma con la quotidianità, anche al di fuori del momento della gara o dell’allenamento. E intanto passa il messaggio che anche in nazionale, come nei team di cui fanno parte e come inevitabilmente gli sarà richiesto nel prossimo futuro, il ciclismo su strada è uno sport di squadra.
Fate tutto a Montichiari?
C’è la logistica migliore. Oltre ad avere il magazzino vicino, ho pensato che andare molto lontano per due giorni non fosse funzionale. E poi perché in caso di maltempo, abbiamo la pista a disposizione. Quando invece è bello, arriviamo sul lago di Garda e si va alla grande. Ad aprile invece ci sarà una prova di Nations Cup a Siena e allora probabilmente il raduno lo faremo in Toscana.
Gualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono già tutti in team di sviluppo e continentalGualdi, Zordan, Belletta, Savino e Scalco, mondiali 2022: ad eccezione del primo, sono tutti in team di sviluppo e continental
Hai la percezione di lavorare con atleti sulla porta del professionismo?
Vista con gli occhi dei nostri ragazzi, è proprio così. La loro aspettativa è quella di finire nel Devo Team di una WorldTour. Ormai sono 2-3 anni che quelle squadre hanno la squadra Under 19 e probabilmente questo diventerà sempre più diffuso. Cioè il fatto di andare a ricercare il talento sempre prima.
Abbiamo letto numeri e tue valutazioni sul raffronto fra i nostri juniores e quelli del resto d’Europa…
Mi hanno messo in bocca parole senza averne parlato direttamente con me. Ai campionati italiani di ciclocross lo avevo accennato anche a Lorenzon. Gli avevo detto che non è una ricerca pubblicabile, perché si riferisce a numeri troppo ristretti di atleti di vertice. Non è corretto trarre alcun tipo di conclusione, si può fare al massimo qualche riflessione. Ma in una categoria come la nostra, con numeri che gli altri non hanno e dove c’è una gran parte di attività con forte vocazione promozionale, certi modelli non sono estendibili. Chi era presente lo sa benissimo. Davvero non voglio leccare i piedi a nessuno, ma nella categoria ci sono veramente dei bravi direttori sportivi.
Che rapporto c’è fra te e i tecnici?
C’è una condivisione di opinioni su dove stia andando la categoria, in correlazione al passato e alla realtà internazionale. Trovo molta corrispondenza. In Italia abbiamo un calendario regionale e nazionale molto forte e un gruppo di atleti ancora molto numeroso. Per quanto riguarda il vertice, dobbiamo essere bravi, soprattutto come Federazione, nell’offrire qualche possibilità ai migliori e a chi è già pronto al confronto internazionale. Dobbiamo farlo in modo continuativo e non limitato. Questo, al netto di come la penso io e come la pensiate voi, perché il mondo va in questa direzione.
Simone Gualdi, bergamasco, correrà il secondo anno da junior con la SC CeneAgli ultimi mondiali, Lorenzo Favero (1° anno, classe 2005) ha debuttato nella cronoSimone Gualdi, bergamasco, correrà il secondo anno da junior con la SC CeneAgli ultimi mondiali, Lorenzo Favero (1° anno, classe 2005) ha debuttato nella crono
Quindi per i più forti si potrebbe immaginare un’attività più qualificata in maglia azzurra?
Secondo me sì. Invece fino a qualche tempo fa c’era un regolamento, che limitava i migliori e in un certo senso li obbligava al confronto verso il basso. L’attività regionale è perfetta per i grandi numeri e per aspettare tutti quelli che non siano ancora formati. Al contrario, quelli che potenzialmente possono sostenere un’attività di livello più alto, perché non devono avere prospettive superiori?
Il CPS Team la settimana prossima andrà a correre in Francia per due giorni. Le squadre iniziano a muoversi?
Ecco, prendiamo il loro esempio. Bardelli vuole andare a fare una due giorni, sabato e domenica. Il nostro regolamento gli impedisce di usare gli stessi corridori, per cui deve portarne via di più. E’ giusto costringere una squadra a queste spese? Abbiamo già modificato tanto, non so perché non si possano cambiare le cose in blocco. Magari però ci sono anche delle motivazioni opposte che per qualcuno hanno una logica.
Quando avrai la prima trasferta azzurra?
Alla Gand-Wevelgem, l’attività sarà come quella dell’anno scorso. Faremo tutte le Nations Cup in Europa. Poi mi piacerebbe fare un raduno di preparazione un po’ più lungo, prima dei mondiali che al momento è in stand by, ma credo che riusciremo a fare.
Il calendario delle trasferte 2023
La tabella che segue ci è stata fornita da Salvoldi e illustra il piano delle trasferte 2023 della nazionale juniores, fra strada e pista. Spicca il viaggio per i mondiali su pista a Cali, in Colombia. Al totale vanno aggiunti il ritiro che si svolgerà in Toscana prima dell’Eroica di aprile e quello di Montichiari prima della Coppa delle Nazioni di Sittard.
Data
Località
Gara
26 marzo
Gand (Bel)
Gand-Wevelgem (UCI 1.1)
9 aprile
Parigi (Fra)
Parigi-Roubaix (Nations Cup)
14-16 aprile
Gand (Bel)
Gara internazionale pista
19 aprile
Siena (Ita)
Eroica (Nations Cup)
4-7 maggio
Terezin (Cze)
Corsa della Pace (Nations Cup)
20-21 maggio
Morbihan (Fra)
Trophée Morbihan (Nations Cup)
25-28 maggio
Losanna (Swi)
Tour de Vaud (Nations Cup)
27-29 maggio
Singen-Dudenhofen (Ger)
Gara internazionale pista
6 giugno
Saarland (Ger)
LVMSarland Trofeo (Nations Cup)
11-16 luglio
Anadia (Por)
Campionati europei pista
14-16 luglio
Bratislava (Svk)
Nations Cup
28-30 luglio
Sittard (Ned)
Watersley (Nations Cup)
5-11 agosto
Glasgow (Gbr)
Campionati del mondo strada
23-28 agosto
Cali (Col)
Campionati del mondo pista
20-23 settembre
Drenthe (Ned)
Campionati europei strada
Non vinciamo un mondiale juniores su strada dal 2007 con Ulissi e nella crono dal 2019 con Tiberi. Invece in pista siamo freschi di diversi ori a Tel Aviv 2022. Come mai?
Non si può certo dire che su strada dipenda tutto dalla casualità, perché non è così. Però la variabile tattica nella categoria specifica degli juniores incide tanto. Poi c’è da valutare anche il ricambio generazionale, che magari in un biennio non è della stessa qualità e determina il risultato in base ai percorsi e agli atleti che hai a disposizione. C’è anche da dire che rispetto a un recente passato, il ciclismo è diventato anche molto più globale.
Resta da capire se il nostro obiettivo come nazionale sia fare risultato o formare i corridori di domani.
Entrambe le cose, una non è prioritaria rispetto all’altra. Gran parte dei percorsi delle Nations Cup, che sono quasi tutte gare a tappe, difficilmente coincidono con il percorso del campionato del mondo e sono collocate in periodi che non sono funzionali alla preparazione dei vari obiettivi. Quindi si corre per fare risultato. Sono gare in cui fare punti per avere più atleti ai campionati del mondo, così come per conoscere gli avversari, maturare esperienza e avere un confronto diretto con realtà diverse, che fa maturare. Credo che nessuno che faccia sport agonistico, in cui si misurano i progressi attraverso i risultati, non persegua il risultato. L’obiettivo che deve avere una squadra nazionale per elevare la qualità del movimento nazionale è il miglioramento dei singoli nel confronto con gli altri. E questo si ottiene anche attraverso i risultati.
E’ un fatto però che all’estero si vedano volumi di lavoro superiori ai nostri.
E’ difficile, non me la sento proprio di esprimere un giudizio a riguardo. Probabilmente dell’esasperazione c’è, perché anch’io sono sorpreso di certi volumi e certi allenamenti. A prescindere da una presa di coscienza della realtà, non sono d’accordo che il giorno dopo il mondiale quelli della Auto Eder facciano 230 chilometri. Sembra assurdo anche a me, però non mi permetto di giudicare se sia sbagliato o meno. Non credo però che sia stata un’improvvisazione.
La Auto Eder è la formazione Under 19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato HerzogLa Auto Eder è la formazione U19 della Bora-Hansgrohe. Ha prodotto corridori come Uijtdebroeks e l’iridato Herzog
Finora il solo ostacolo tecnico fra juniores e U23 erano i rapporti limitati. Ora che sono stati eliminati e che si accede al professionismo dagli juniores, non si potrebbe pensare che qualcuno voglia eliminare la categoria U23?
Che ci sia un’anticipazione è evidente e non so se si potrà intervenire attraverso delle regole. Su pista è un dato di fatto, nel senso che le distanze di gara o i tempi di riferimento sono comunque quelli. Nel ciclismo su strada, fa impressione pensare di poter passare da 18 anni in cui fai al massimo gare di quattro ore, a una gara a tappe di tre settimane o una Liegi-Bastogne-Liegi. Se così fosse (l’eliminazione della categoria U23, ndr), si dovrebbero tutelare di più gli juniores, magari allungando la categoria di un anno. Però, in effetti potrebbe sembrare proprio così.
Da un comunicato di inizio stagione della Borgo Molino si legge che nello staff tecnico è entrato un nome di spicco del ciclismo giovanile: quello di Luciano Rui. Si tratta di una grande novità se si pensa che “Ciano” è stato il volto della Zalf dal 1991. Così, dopo trentuno anni il ruolo di Rui cambia, o meglio, rimane lo stesso, a cambiare è la squadra.
«Luciano Rui è un grande amico – spiega Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino – è una persona molto competente che ha fatto la storia del ciclismo giovanile. Averlo in squadra con noi è qualcosa in più ed una grande occasione».
Luciano Rui è stato professionista ed è il riferimento storico nella Zalf di Castelfranco (foto Scanferla)Luciano Rui è stato professionista ed è il riferimento storico nella Zalf di Castelfranco (foto Scanferla)
Un bel cambiamento
La notizia dell’arrivo di Rui nel team juniores della Borgo Molino è molto interessante. Una figura di riferimento per il movimento dilettantistico italiano è un valore aggiunto, soprattutto se potrà portare la sua esperienza a favore dei giovanissimi.
«Non si tratta di una collaborazione con la Zalf – specifica Pavanello – con loro c’è sempre stato un buon rapporto, ma è l’equivalente di quello che abbiamo con le altre squadre under 23. Rui lo conosco da quando io stesso ho corso in Zalf nel 1994 e 1995, da allora il rapporto di amicizia non si è mai dissolto. Ha collaborato con noi, in maniera più blanda, anche negli anni passati. La svolta è arrivata in questa stagione, dove sarà più coinvolto. In particolar modo per quanto riguarda l’aspetto tecnico, anche la domenica, d’ora in poi, sarà in ammiraglia con noi».
Pavanello, qui a destra, è stato corridore di Rui nel ’94 e ’95. Ora i due lavoreranno insieme alla Borgo Molino (foto photors.it)Pavanello è stato corridore di Rui nel ’94 e ’95. I due lavoreranno insieme alla Borgo Molino (foto photors.it)
Un nuovo mondo
Passare dagli under 23 agli juniores non è semplice, anche se si gode di un’esperienza come quella di Luciano Rui. Sono due mondi vicini, ma assolutamente diversi, soprattutto per l’età dei ragazzi con i quali si ha a che fare.
«Rapportarsi con atleti così giovani – riprende Pavanello – non è semplice, parliamo di ragazzi di 17 anni. E’ un mondo nuovo anche per Luciano, lui ha sempre avuto a che fare con corridori più pronti e maturi. Il nostro ruolo, in quanto team juniores, è legato alla formazione dell’atleta. Il suo ruolo in Zalf non sarà più quello di prima, ma ugualmente non uscirà dal team di Castelfranco. Però, quando ho saputo che a livello tecnico non sarebbe più stato così coinvolto, ho deciso di proporgli questa nuova avventura».
La categoria juniores ha grandi squilibri a livello di sviluppo: eliminare il blocco dei rapporti aprirà ancor di più la forbice?La categoria juniores ha grandi squilibri a livello di sviluppo: eliminare il blocco dei rapporti aprirà ancor di più la forbice?
Rapporti liberi
Una seconda novità, che riguarda per intero tutta la categoria juniores, è l’annullamento del blocco dei rapporti. I ragazzi da questa stagione non avranno più l’obbligo di usare il quattordici come ultimo ingranaggio del pacco pignoni, ma potranno montare l’undici.
«Con questa nuova regola bisogna andare con i piedi di piombo – dice il diesse – dal nostro punto di vista è cambiato un po’ il modo di gestire la palestra. Abbiamo terminato la parte più “corposa” nella settimana di Natale e le bici sono state consegnate solamente il 27-28 dicembre. La preparazione in bici rimarrà la stessa, il lavoro in palestra no. Ci concentreremo un po’ più sulla forza, per preparare la muscolatura e la useremo anche in via precauzionale, così da evitare infortuni».
I diesse dovranno insegnare ai loro corridori l’utilizzo corretto dell’intera scala dei rapporti (photors.it)I diesse dovranno insegnare ai loro corridori l’utilizzo corretto dell’intera scala dei rapporti (photors.it)
La forbice si allarga
L’impressione generale nella categoria juniores, è che i ragazzi siano pronti sempre prima, non tutti chiaramente. C’è chi è “avvantaggiato” da una maturazione precoce e togliere il blocco dei rapporti potrebbe non essere stata la mossa giusta…
«A mio modo di vedere – continua Pavanello – questa regola era da cambiare, ma non da togliere. Le bici ormai sono talmente performanti anche per gli junior che il quattordici era quasi limitante, però si poteva passare al dodici. Il cambiamento lo si sarebbe sentito comunque. L’impressione che ho avuto, fin dai primi allenamenti, è che con questa nuova regola i forti andranno ancora di più e chi era limitato soffrirà ancora maggiormente. La forbice si aprirà ancora di più, specialmente se consideriamo che chi è già fisicamente più pronto potrà sfruttare ancor di più questo vantaggio. C’è anche da dire che spingere l’undici non è semplice, un conto è averlo nella ruota, un altro è pedalarci sopra. Uno dei lavori che spetterà a noi diesse sarà quello di tenere il fucile puntato, per evitare che i ragazzi spingano i “rapportoni”. Dovremo insegnare loro come si usano».
Alessio Magagnotti ha chiuso il suo primo anno da juniores con tante vittorie, compresi gli ori europei e mondiali col quartetto. Ecco cosa ci ha detto
Il danese Wang vince la crono juniores con la seconda media di sempre. Per l'italiano Bonetto, terza gara titolata in meno di un mese. Venerdì la quarta...
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Pianeta giovani. Nell’ultimo editoriale abbiamo parlato del ciclismo che cambia e dei nuovi metodi anche tra i giovani. Oggi vi proponiamo un esempio concreto, che passa soprattutto attraverso le corse a tappe. E lo facciamo con Eros Capecchi, responsabile dei ragazzi del Comitato Regionale dell’Umbria. Insomma il cittì dell’Umbria.
Un esempio concreto che ci riporta a questa estate quando l’ex pro’ della Bahrain-Victorious ha preparato con gli juniores il campionato italiano e il Giro della Lunigiana. Una storia che in parte vi avevamo accennato, ma che Capecchi ci ha raccontato ancora meglio, soprattutto per quel che riguarda le corse a tappe e ciò che ne consegue.
Eros Capecchi (classe 1986) è stato professionista per 17 anni. E’ sempre stato in grandi squadre, l’ultima delle quali la Bahrain-VictoriousCapecchi (classe 1986) è stato professionista per 17 anni. E’ sempre stato in grandi squadre, l’ultima delle quali la Bahrain-Victorious
Test tricolore
Questa estate Capecchi ha fatto fare ai ragazzi un piccolo ritiro prima del campionato italiano. E glielo ha fatto fare con metodologie “nuove”, nuove almeno per quei giovani atleti. I ragazzi erano stimolati e gasati. Tanto che dopo questo miniraduno non volevano più tornare a casa. Si sono divertiti. «E mi sono divertito anche io. C’era bisogno di usare sistemi nuovi», ha detto Capecchi.
Nuovi sistemi dunque, ecco di cosa parla Eros. «Di quelli usati dai pro’… riadattati agli juniores. Il presidente regionale mi ha chiesto cosa volessi fare. Io gli ho risposto che avrei avuto piacere di vederli, di conoscerli prima del tricolore, anche al di fuori delle corse. Volevo starci a contatto. Anche perché poi avevo chiamato quasi tutti ragazzi di primo anno e me li sarei ritrovati in futuro.
«Il mio intento era di vedere cosa facevano, come si allenavano, come si alimentavano. Così il presidente regionale mi ha dato una carta di credito e la fiducia nel mio operato. Ricordo i 200 euro per la spesa per la prima colazione… ma abbiamo allestito un menu idoneo e di qualità».
In quella manciata di giorni, Capecchi ha dato ai ragazzi un vero boost di novità. Sveglia tutti insieme, subito una camminata di una mezz’oretta a digiuno, quindi colazione, esercizi… «Ho contribuito ad apparecchiare la tavola con il cuoco, con il quale avevo parlato, per avere delle omelette, del pane tostato… e subito ho capito che si alimentavano male.
«E oggi, anche in base alla mia esperienza da pro’ posso dire che l’alimentazione è la cosa che conta di più in questo ciclismo. E infatti mi piacerebbe fare degli incontri con la nutrizionista Erica Lombardi per esempio, anche per le categorie più piccole. Per dargli un’infarinata sin da subito».
Durante i giorni del ritiro in altura, anche esercizi a secco prima di partire in biciDurante i giorni del ritiro in altura, anche esercizi a secco prima di partire in bici
In sella da pro’
Capecchi ha impostato il suo mini-ritiro facendo quella che in gergo viene chiamata una tripletta mascherata, vale a dire due giorni di carico e uno di “scarico”. «Volevo vedere come rispondevano anche in vista delle corse a tappe».
La storia vuole che con qualche aggiustamento e con metodi di lavoro provenienti dal WorldTour, ma come detto adattati alla categoria, le cose abbiano subito preso una piega diversa. E infatti un buon atleta come Edoardo Burani è giunto secondo agli italiani. E parliamo di un corridore che sin lì non aveva colto grossi risultati. Mentre nel resto della stagione è stato uno dei più costanti.
«Giancarlo Montedori, il suo direttore sportivo – spiega Capecchi – mi ha detto che è un ragazzo che tiene molto alla scuola e sin lì non aveva fatto troppo. Così appena finita la scuola l’ho portato in ritiro. Ma sempre il suo diesse, mi ha poi chiesto se poteva portarlo via un giorno prima in quanto voleva portare i suoi ragazzi ad una corsa a tappe, il Giro della Valdera.
«Io gli ho detto subito di sì. Sai che gamba avrebbe avuto dopo il ritiro e tre giorni di corsa consecutivi? E infatti è andata bene».
Edoardo Burani del Team Fortebraccio, secondo al campionato italiano di questa estate. Il primo squillo dei ragazzi di CapecchiEdoardo Burani del Team Fortebraccio, secondo al campionato italiano di questa estate. Il primo squillo dei ragazzi di Capecchi
Metodi da pro’
E qui si entra nel nocciolo della questione. Le corse a tappe servono per la crescita e al tempo stesso per la preparazione? Il racconto di Capecchi continua…
«Dopo questo risultato all’italiano, Massimo Alunni, il presidente del comitato mi dice: “Eros e per il Lunigiana cosa si fa?”. Dopo l’italiano era gasato anche lui (segno che serve a tutti un certo modo di lavorare, ndr)! Io gli ho risposto che bisognava fare corse di livello internazionale o comunque più alto perché poi è con quello standard che ci si va a misurare. Così ho programmato un ritiro a Livigno di 11 giorni e una serie di corse importanti a seguire».
«Ho sentito un massaggiatore e ho chiesto una mano alle squadre. Il resto lo ha pagato il Comitato regionale. Undici giorni in altura, con massaggiatore al seguito… come i grandi.
«Finito il ritiro ho cercato un hotel in Versilia, tramite un amico. Siamo stati lì 3-4 giorni, nei quali abbiamo visionato le tappe del Lunigiana. E anche lì avevamo il massaggiatore. Insomma ho cercato di fare una cosa fatta bene, da pro’… che infondesse nei ragazzi un certo metodo di lavoro. Ci è mancata la vittoria, ma è questione di tempo».
Per Capecchi era importante vedere i ragazzi anche al di fuori delle corsePer Capecchi era importante vedere i ragazzi anche al di fuori delle corse
Corse a tappe: sì
«Se servono dunque le corse a tappe per gli juniores? Certo che servono – spiega Capecchi – Premessa: io sarei per il lato romantico secondo cui i ragazzi andrebbero lasciati tranquilli, senza pressioni e quant’altro. Poi però c’è da fare i conti con il momento storico che viviamo, con la realtà. E la realtà è che lo sport non aspetta più i ragazzi. E quindi se mi chiedete se servono le corse a tappe rispondo come ho detto a Salvoldi: «Dino, servono eccome. Ci sono juniores che hanno fatto esperienze alla Ineos-Grenadiers prima del Lunigiana. Hanno 4-5 corse a tappe nelle gambe. Io ne avevo solo uno che aveva preso parte al Valdera, di appena tre giorni».
«La corsa a tappe ti fa fare uno step in più… Contano come per i pro’, solo che a 17 anni sono ancora più ricettivi».
«Io credo che la nostra nazionale sia ancora un riferimento con le nostre conoscenze, solo che viviamo ancora di questa cosa che noi siamo italiani e abbiamo la nostra tradizione inamovibile. E’ un bene, ma al tempo stesso un male. Sento dire: “Dobbiamo aspettare il talento anche noi. Gli altri hanno i campioni, noi no”. Io non credo sia così. I corridori li abbiamo anche in Italia. Ci sono allievi anche da noi che nei test sviluppano 6 watt/chilo, quindi il talento c’è. Sta a noi tirarglielo fuori facendoli lavorare in un certo modo».
«Non è che i nostri ragazzi non crescono bene, crescono lentamente. E oggi uno juniores, che piaccia o no, si deve allenare in un certo modo visto che poi passa pro’ direttamente o al massimo dopo un anno tra gli under 23. E se non ha certe basi il rischio è che si demoralizzi».