Ayuso e Ganna, un secondo che cambia lo stato d’animo

04.03.2024
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LIDO DI CAMAIORE – Il minimo margine possibile per una vittoria che lo consacra già tra i grandi. Sarà ancora un ragazzino Juan Ayuso, ma fa davvero sul serio e una dimostrazione di forza è il successo di un solo secondo, a negare il tris consecutivo a Filippo Ganna nella cronometro inaugurale della Tirreno-Adriatico.

Voleva dare un segnale ai rivali per la classifica generale e, invece, si ritrova già in maglia azzurra dopo la performance monstre (52,554 km/h di media) sfoderata sul lungomare di Lido di Camaiore nella prima fatica della Corsa dei Due Mari. Tutti aspettavano una zampata del due volte vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard, ma a far notizia per il danese e i suoi compagni di squadra sono stati più che altro i caschi futuristici, che ricordano quelli dei missili dello sci velocità come Simone Origone.

Per Ayuso un inizio stagione fulminante: 2 vittorie e 3 podi in 6 gare, una media davvero inusuale
Per Ayuso un inizio stagione fulminante: 2 vittorie e 3 podi in 6 gare, una media davvero inusuale

Distacchi importanti sui big

Partenza a razzo, invece, per il ventunenne spagnolo che sta crescendo all’ombra dell’asso Pogacar e che ha già fatto podio nella generale alla Vuelta nel 2022 (terzo).

«E’ fantastico, anche perché c’è stata suspence fino alla fine e tutti sapevano che Ganna era l’uomo da battere. E’ una vittoria speciale ed emozionale – ha commentato soddisfatto Ayuso, prima di raccontare le sue emozioni – che mi dà grande morale, motivazione e sicurezza. Non sapevo di poter vincere, ma ho cercato di centellinare le energie nel primo tratto (fino all’inversione a Viareggio, ndr) e poi ho cercato di mantenere per guadagnare il più possibile sui rivali per la classifica generale».

Ci è riuscito alla grande, rifilando 22” a Vingegaard, 24” a Jay Hindley, 33” a Tom Pidcock, 35” a Tao Geoghegan Hart e 1’06” all’olimpionico di Tokyo su strada Richard Carapaz.

Per Vingegaard 22″ di distacco, una prestazione (9°) inattesa considerando il dominio alla O Gran Camino
Per Vingegaard 22″ di distacco, una prestazione (9°) inattesa considerando il dominio alla O Gran Camino

Parole dolci da Matxin

Joxean Matxin che l’ha sospinto dall’ammiraglia, se lo coccola: «Siamo veramente soddisfatti per questa vittoria perché Juan è un ragazzo dal talento immenso e che lavora tanto. Ha qualità, va forte, ma ha già una personalità pazzesca. È un perfezionista e si è concentrato molto sulla posizione da tenere sulla bicicletta da cronometro ogni settimana e con il nostro responsabile della biomeccanica e dell’aerodinamica ha lavorato molto anche sulle curve».

Proprio in una di queste ha fatto la differenza per soffiare il successo al due volte campione del mondo. «Sono felicissimo, perché forse ha commesso un piccolissimo errore su una di queste, ma il 99% restante della sua cronometro è stato perfetto e solo così poteva battere uno specialista come Ganna. Adesso viviamo alla giornata, tappa dopo tappa ed è un bel test perché qui alla Tirreno i rivali sono davvero importanti».

Per Ganna sconfitta per 1″, ma buoni segnali, considerando i problemi in preparazione
Per Ganna sconfitta per 1″, ma buoni segnali, considerando i problemi in preparazione

Ganna, rulli e “musica a palla”

Soltanto una battuta veloce per Top Ganna al traguardo, prima di tornare al bus Ineos Grenadiers, dove ad attenderlo c’erano tanti ragazzini.

«Bisogna continuare a lavorare e spero di tornare a vincere. Sarà una settimana difficile, perché abbiamo visto il livello degli avversari, vediamo come andrà giorno per giorno».

Al di là del successo sfumato, l’asso azzurro è parso molto tranquillo e si è caricato con la musica a palla mentre spingeva sui rulli di tricolore vestito: ha cominciato con “Tuta Gold” di Mahmood e chiuso con “Noi No” di Marracash. A salutarlo è passato anche Chris Froome: un rapido scambio di battute e poi via verso la partenza, acclamato dai tanti appassionati arrivati ad ammirare tutti i suoi rituali e il suo bolide (oggi ha montato il 68 davanti).

Ganna pronto per andare alla partenza, dopo una seduta sui rulli con tanta musica
Ganna pronto per andare alla partenza, dopo una seduta sui rulli con tanta musica

Cioni e Villa (abbastanza) ottimisti

Il suo mentore Dario Cioni, prima del via, ci ha detto: «Ha lavorato bene nelle ultime settimane. Siamo un po’ indietro sulla tabella perché a dicembre abbiamo avuto un po’ di problemi, però è una stagione lunga con obiettivi importanti a luglio. Senza dimenticare la Milano-Sanremo, dopo l’anno scorso è diventata un obiettivo. Strade Bianche in futuro? Prima ci sono altri obiettivi».

Anche il cittì dell’Italia in pista Marco Villa è tranquillo: «Pippo l’ho visto bene la settimana scorsa in velodromo. Ha fatto quattro giorni, non è al 100 per cento perché il programma è diverso rispetto allo scorso anno, però l’ho visto uscire bene da quel periodo di allenamento. Qui sono curioso di vedere anche Jonathan Milan e Simone Consonni».

E proprio il gigante friulano ha risposto presente, con l’ottimo terzo posto odierno che fa sognare, sia su asfalto sia su pista. Questi giorni tra i due mari saranno un banco di prova importante.

Ayuso e il Tour, un viaggio fra sogno e ambizione

21.12.2023
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LA NUCIA (Spagna) – A margine delle parole di Pogacar lanciato verso la doppietta Giro-Tour, Juan Ayuso ha osservato curioso la scena, cercando di capire cosa si provi ad essere al centro del mirino. Questi posti li conosce a menadito, perché qui è cresciuto. Il quarto posto dell’ultima Vuelta ha seguito il podio del 2022, in seguito al quale però lo spagnolo si era dovuto fermare per una tendinite che non voleva passare. Forse anche per questo è partito al rallentatore, avendo nel programma il debutto al Tour de France. Assieme a Yates, Almeida e Soler farà parte della guardia scelta per il capitano sloveno.

«Penso che il prossimo anno sia il momento giusto per provare il cambiamento – dice – anche se il risultato della Vuelta non è stato eccezionale. L’ultima è stata peggiore della prima, ma credo che ugualmente sia stata un passo avanti. Spero e credo che quest’anno migliorerò ancora e questo mi fa pensare che io sia pronto per debuttare al Tour. Quando ho iniziato ad andare in bici, il sogno è sempre stato il Tour, guardando Contador, Valverde e Purito. Essere lì come loro e lottare per tirare fuori il meglio senza dubbio è una grande motivazione e una speranza».

Ayuso ha chiuso la Vuelta 2023 al quarto posto, il primo dietro i tre della Jumbo Visma
Ayuso ha chiuso la Vuelta 2023 al quarto posto, il primo dietro i tre della Jumbo Visma
Come procede la preparazione?

Sono indietro, ho iniziato con 3 settimane di ritardo, ma nonostante questo mi sento meglio dello scorso anno, quindi sono davvero felice. Se tutto va come nei piani, inizierò la stagione a Jaen e poi farò l’Andalucia.

Che cosa accadrà se Pogacar dopo il Giro avrà un calo e al Tour non sarà performante?

Non credo che succederà, ma se ne avrò l’opportunità, è chiaro che non mi tirerò indietro. Sarebbe una grande opportunità, mi preparerò al meglio per essere nella migliore condizione.

Che cos’è il Tour per te, che ricordi hai? 

Ricordo alcune estati che andavamo sulle Alpi e sui Pirenei. Viaggiavamo con una roulotte e andavamo nelle tappe di montagna per vederli passare. Da bambino avevo le varie maglie di classifica, ma erano troppo grandi perché non c’erano della mia misura. Provare a lottare per loro è il sogno più grande. Ovviamente, cercherò di vincere una tappa, se le circostanze lo consentiranno. Sarebbe un’emozione grandissima. Ho visto con sana invidia la vittoria di Carlos Rodriguez.

La vittoria di Carlos Rodriguez a Morzine ha ingolosito Ayuso: i due sono rivali sin da piccolini
La vittoria di Carlos Rodriguez a Morzine ha ingolosito Ayuso: i due sono rivali sin da piccolini
Hai parlato degli spagnoli più forti degli ultimi anni: com’è doverli sostituire?

Ci hanno lasciato un compito difficile. Abbiamo avuto delle vere leggende come Valverde, Purito e Contador, un divario difficile da colmare. Però sarà bello provarci con Carlos e con Arrieta, che è qui con noi alla UAE Emirates, e con diversi giovani che stanno uscendo ultimamente.

Cosa ti pare di questi juniores che passano e sono già così professionisti?

La mentalità che avevo da junior di primo anno non era ancora da corridore. L’anno dopo, quando ho firmato il contratto, ho cominciato a rendermene conto. Quando ho vinto il campionato spagnolo ho cominciato a pensare che sarei potuto diventare un corridore. Qui ci sono tanti giovanissimi e hanno un modo di lavorare che anni fa non c’era. I ragazzi della generazione Z fanno le stesse cose di noi professionisti. Ma sto bene come sono, non mi lamento.

La voglia di vincere è passata?

Quando ero piccolo, volevo vincere sempre e quando perdevo la prendevo male e facevo i capricci. Per quello sono migliorato un po’, anche perché adesso perdo più volte di quante vinca, perciò non mi arrabbio più così tanto. D’altra parte, ho un approccio più maturo con il lavoro. Sto sacrificando la mia vita cercando di dare sempre il massimo. Cerco di spingermi oltre il limite, poi una volta fatti tanti sforzi, l’ambizione ovviamente è essere il migliore. Lo otterrò? Non lo so, ma è la motivazione per fare tutti questi sacrifici.

Ayuso ha 21 anni: è passato pro’ a giugno 2021. E’ alto 1,83 e pesa 65 chili
Ayuso ha 21 anni: è passato pro’ a giugno 2021. E’ alto 1,83 e pesa 65 chili
E se un domani ti rendessi conto di non poter essere il migliore?

Sinceramente adesso che ho 21 anni, non mi passa nemmeno per la testa l’ipotesi di non riuscire. Penso solo a una cosa che è vincere ed è chiaro che se fra cinque anni vedrò che gli obiettivi che mi ero prefissato sono irreali e non riesco a raggiungerli, allora ovviamente dovrò cambiare il chip e vedere dove voglio arrivare.

A parte il Tour, quali sono i tuoi obiettivi 2024?

Vincere tutte le gare cui prenderò parte. Speriamo di iniziare la stagione senza problemi e poi qualunque sia la gara che verrà fuori, ci proverò, perché cercare di vincere è quello che faccio meglio.

Che effetto fa pensare che il tuo primo Tour non finirà a Parigi?

Ci ho pensato un po’ ed è un po’ strano. Non proverò la sensazione di pedalare sugli Champs Elysées, ma è anche bello pensare che sarà la prima volta che si finisce a Nizza. Se riuscirò a finirlo, cosa niente affatto scontata, la sensazione sarà comunque enorme. Avrò altre occasioni per arrivare a Parigi, magari proprio con le Olimpiadi (ride e spiega di averle ben chiare nel mirino, ndr).

Il programma 2024 prevedeva il debutto al Giro, ma la scelta di Pogacar ha fatto rivedere i piani
Il programma 2024 prevedeva il debutto al Giro, ma la scelta di Pogacar ha fatto rivedere i piani
Sei nel ciclismo professionistico da poco, sapresti scegliere qual è il meglio e quale la cosa peggiore dell’essere un ciclista?

Bella domanda. Penso che la parte migliore sia tutto quello che viviamo, il fatto che il sacrificio corrisponda a una passione e non lo senta come un lavoro. La cosa migliore è vivere dei tuoi sogni, di ciò che desideri da quando avevi 7 anni. Alla pari con questo, è bellissimo anche alzare le braccia in qualsiasi gara. La parte peggiore, guardando il calendario, è che starò per 4-5 mesi senza mettere piede in casa, tra il Tour e altri ritiri. Stare lontano dalla famiglia e dai tuoi cari è la cosa più difficile.

Sei arrivato terzo e quarto alla Vuelta. Ti rimane la sensazione che tornandoci potresti fare meglio?

Ho fatto la Vuelta per due anni di fila e quando ho firmato per la squadra, il piano è sempre stato quello di debuttare al Tour. Quest’anno si era pensato di fare il Giro, ma visto come sono andate le cose e come mi sentivo, ho detto alla squadra che volevo andare direttamente al Tour. Quest’anno si va al Tour, ormai nella mia testa c’è solo quello.

UAE Emirates e il Tour: dream team o troppi galli?

02.11.2023
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Se la Jumbo-Visma è alle prese con indiscrezioni di stampa che vorrebbero Van Aert al via del Giro rinunciando al Tour per puntare poi alle Olimpiadi, in casa UAE Emirates (foto Fizza in apertura) si ragiona di futuro con il possibile coinvolgimento nella sfida francese di Juan Ayuso e di Joao Almeida. Il tutto mentre Pogacar è impegnato nei criterium d’Oriente del Tour de France e rilascia dichiarazioni a briglia sciolta, dando una sensazione di vero divertimento: «Il miei obiettivo per il 2024? Divertirmi e togliere quella maglia arcobaleno a Van der Poel».

E’ possibile che per contrastare la squadra olandese (che perdendo Roglic ha comunque ridotto la sua capacità offensiva, ma ha pur sempre Vingegaard, Kuss e Van Aert), il team degli Emirati decida di puntare su una sorta di dream team, affiancando a Pogacar e Yates, anche Ayuso e Almeida?

Da due anni la sfida del Tour sorride alla Jumbo-Visma, con la UAE Emirates a inseguire
Da due anni la sfida del Tour sorride alla Jumbo-Visma, con la UAE Emirates a inseguire

Pogacar e il Tour

Delle parole dello sloveno sugli equilibri del Tour abbiamo raccontato nell’ultimo editoriale: non sarà più un duello fra Jumbo-Visma e UAE Emirates, ma ci saranno da considerare anche la Bora-Hansgrohe di Roglic e la Ineos Grenadiers che si sta rinforzando.

«Sono molto soddisfatto del percorso del prossimo Tour – ha aggiunto lo sloveno – le due cronometro sono interessanti come pure la tappa su sterrato, ma ci sarà molta competizione anche negli ultimi giorni nei dintorni di Nizza. Mi dicono che Vingegaard ha dato un 8 al Tour del 2024, io darei un 9, soprattutto perché finiamo nella zona dove vivo e mi alleno».

Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori
Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori

Ayuso e il Tour

Contemporaneamente, del Tour ha parlato Juan Ayuso, che nella stessa UAE Emirates appare come un predestinato. E che ora, dopo essersi fatto le ossa per due stagioni alla Vuelta, vuole misurarsi con le strade francesi. In realtà farebbe un gran bene a lui e anche al Giro se venisse a misurarsi da queste parti, ma pare che per adesso il discorso non faccia minimamente breccia.

«L’idea – ha detto lo spagnolo nello stesso Criterium di Madrid vinto da Van der Poel – è di fare il mio debutto al Tour l’anno prossimo e vedere come va. Pogacar attualmente è il numero uno ed è normale che vada al Tour da leader. Ma come abbiamo visto alla Vuelta, è intelligente avere più corridori in classifica. Devo ancora fare altra esperienza, il mio corpo deve continuare a svilupparsi. Miglioro ogni anno e non mi sento come se fossi in una fase di stagnazione nel mio sviluppo. Se continuo così, alla fine arriverò al livello dei migliori».

Dopo il terzo posto del Giro e il nono della Vuelta, per il 2024 Almeida vorrebbe provarsi al Tour
Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori

Almeida e il Tour

E Almeida? Il portoghese si era espresso dopo il Giro, quando seppe di dover fare anche la Vuelta. E proprio nel momento in cui raccontò l’orgoglio per aver conquistato il podio di Roma dietro Roglic e Thomas, dichiarò la sua voglia di Tour. Non è affatto escluso che nel 2024 Joao possa tornare al Giro, ma poi la UAE Emirates potrebbe assecondare il suo desiderio di affrontare un grande Giro al fianco di Pogacar.

«Penso di dover salire ancora di un livello per essere lì con i più forti – ha ribadito di recente tornando sul tema – ma bisogna prendersi tempo, le cose richiedono gradualità e penso di essere sulla strada giusta. Nel 2023 ho fatto Giro e Vuelta, il prossimo anno sarebbe bello fare il Tour».

L’ultimo scontro fra Pogacar e Van der Poel si è avuto al mondiale, con lo sloveno 3° dietro Mathieu e Van Aert
L’ultimo scontro fra Pogacar e Van der Poel si è avuto al mondiale, con lo sloveno 3° dietro Mathieu e Van Aert

I piani di Tadej

Chissà se per Pogacar tutto ciò si traduca in pressione o se lo sloveno riesca a farsela scivolare addosso con la solita leggerezza. Sta di fatto che, con la solita grande eleganza, Tadej si guarda bene dal dichiarare che nel suo orizzonte ci sia soltanto il Tour de France.

«Se facessi da me il mio calendario – dice – probabilmente non vincerei molte gare, perché vorrei partecipare a tutte. Per questo è un compito che spetta ai dirigenti della squadra. Io vorrei vincere il Giro e anche la Vuelta, ma non conosco ancora il mio programma per il 2024. Del resto, il mio momento più bello dell’anno è stata la vittoria al Giro delle Fiandre contro Van der Poel. Mathieu è molto simpatico, un amico, ma anche un grande rivale. Se ci incontrassimo nelle stesse gare, fra noi potrebbe accendersi una rivalità come quella fra lui e Van Aert. E’ uno dei migliori corridori del mondo, anzi il migliore visto la maglia che indossa. Se fossi bambino adesso, Van der Poel sarebbe il mio eroe».

Scatta la Vuelta. Ayuso (quasi) senza limiti è pronto a giocarsela

26.08.2023
4 min
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Juan puoi vincere la Vuelta? «Credo di sì. E’ molto difficile ma non impossibile». E ancora: senti la pressione? «La pressione non mi tocca». Vent’anni, il viso ancora con i brufoli dell’adolescenza e una sicurezza che fa paura. Durante la conferenza stampa pre-Vuelta a Juan Ayuso sono state poste tante domande e queste sono quelle che ci hanno più colpito.

L’asso della UAE Emirates è pronto ad affrontare per la seconda volta la grande corsa spagnola, che è anche il suo secondo grande Giro. Lo scorso anno il suo mentore Matxin ci disse che era impossibile fermare il talento. Ayuso non doveva farla, troppo giovane (non aveva compiuto 20 anni), ma poi andava talmente forte che era impossibile tenerlo a freno. E infatti salì sul podio finale di Madrid.

A poche ore dal via di Barcellona che, ricordiamo, avverrà con una cronosquadre alquanto tecnica: 19 curve a 90 gradi in 15 chilometri (e con rischio di pioggia), ecco cosa ha detto uno degli atleti in assoluto più attesi.

Vuelta: ci eravamo lasciati così, con Juan Ayuso sul podio 2022 dietro Evenepoel e Mas
Vuelta: ci eravamo lasciati così, con Juan Ayuso sul podio 2022 dietro Evenepoel e Mas

Gambe okay

Un anno dopo Ayuso si presenta ai nastri di partenza con gli occhi puntati addosso, qualche velleità in più e soprattutto tanta consapevolezza dei propri mezzi. Non che un tipo così ne avesse bisogno, ma tra il dire e il fare…

«Sto bene – ha detto Ayuso – ho lavorato tanto, anche in altura, per tutto l’anno. Avrei preferito arrivare qui senza le cadute di Ordizia e Getxo. Rispetto alla passata edizione fare meglio sarà dura, perché si tratta di migliorare un podio, ma io ci proverò. Ci sono tanti avversari fortissimi, i migliori del mondo. Manca solo  Pogacar.

«In UAE siamo in due, due leader, con Joao (Almeida, al suo fianco nella foto di apertura, ndr) e questo credo sia un vantaggio. Amplia le nostre strategie. Sarà la strada poi a dare una gerarchia ma per combattere contro Remco e la Jumbo-Visma è meglio essere in due. Spero che Vingegaard non ci arrivi al massimo! Se contro di lui ha avuto problemi Tadej (Pogacar, ndr) figuriamoci gli altri!».

La grinta di Ayuso che non ha paura di tornare a sfidare i giganti
La grinta di Ayuso che non ha paura di tornare a sfidare i giganti

Una sfida che stuzzica

Ma se le gambe sono okay, anche la testa non è da meno. Come tutti i predestinati, quando Juan parla, non è mai banale. Sembra avere tutto sotto controllo. Ha piena coscienza della situazione. Dice apertamente che Roglic e Vingegaard hanno qualcosa in più di lui e Almeida, ma che una giornata storta può sempre capitare e che proprio per questo è importante correre bene e avere più carte da giocare.

Si vede proprio, si percepisce, che questa sfida con Vingegaard, Roglic ed Evenepoel lo stuzzica. L’aspetta, non vede l’ora di sfidarli faccia a faccia. Per testarsi. Per scoprire nuovi orizzonti. Per batterli… perché poi come ci hanno detto tutti i tecnici che lo hanno gestito: Juan Ayuso è un animale da gara.

«Mi sento molto forte mentalmente e per questo pronto a sacrificarmi al massimo sia contro gli avversari, sia pensando ai momenti duri che ci saranno nell’arco di tre settimane. La Vuelta dell’anno scorso è stata qualcosa di speciale, la ricorderò sempre ed è la gara che mi ha dato molta fiducia. E’ stata la vera esperienza».

E forse anche da lì arriva quella manciata di watt in più che lo stesso Ayuso ha detto di avere quest’anno.

Gli UAE hanno lavorato molto per la cronosquadre, anche nell’autodromo di Barcellona. Ayuso va forte anche a crono (foto Fizza)
Gli UAE hanno lavorato molto per la cronosquadre, anche nell’autodromo di Barcellona. Ayuso va forte anche a crono (foto Fizza)

L’importanza delle crono

Quindi le gambe ci sono e la testa anche: il terzo elemento in ballo è la gara stessa. Ayuso ha definito il percorso della Vuelta più duro del Tour e questo in teoria favorisce uno scalatore come lui. Ci sono tante salite, anche con pendenze estreme – vedi l’Angliru – e non mancano i chilometri a crono.

«Le crono – spiega Ayuso – possono essere decisive perché spesso siamo tutti molto vicini in salita. Ma questo non mi preoccupa, perché durante la stagione ci abbiamo lavorato molto. Ho fatto sia dei lavori specifici, che dei test in galleria del vento. Io credo che le crono possano essere un buon momento per me».

Ayuso è sicuro, ambizioso ma non spaccone, di certo è intelligente. E in qualche modo è poi lui stesso a gettare acqua sul fuoco, dopo le bordate iniziali.

«L’obiettivo è provare a vincere una tappa – conclude Juan – l’anno scorso ci ero andato vicino, ma non ci sono riuscito. Poi viene la classifica generale. Ma mi rendo conto che ci sono anche più aspettative su di me e sarò più marcato. Fa parte del gioco. Ma significa anche che ci sono tante persone (tifosi e staff) che credono in me ed è per questo che guardo la cosa dal lato positivo».

Come corre adesso la UAE Emirates? Risponde Matxin

02.07.2023
5 min
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La corazzata Jumbo-Visma e il campione uscente Jonas Vingegaard fanno paura, ma Joxean Fernandez Matxin (sports manager del UAE Team Emirates) è sicuro che i suoi uomini daranno filo da torcere ai gialloneri e lo dice senza peli sulla lingua. Ieri Pogacar e Vingegaard (foto di apertura) si sono appena punzecchiati. Nella breve visita nel ritiro di Sestriere del team avevamo visto all’opera Rafal Majka, Marc Soler e i nuovi innesti targati 2023 Adam Yates e Felix Grosschartner.

Ora che Adam Yates ha conquistato tappa e maglia al Tour, l’abbiamo stuzzicato a più ampio raggio, dal podio del mese scorso di João Almeida al Giro d’Italia e su quanto di buono mostrato dall’astro nascente Juan Ayuso al Giro di Svizzera.

Matxin è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates: i tre giovani di casa li ha visti crescere
Matxin è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates: i tre giovani di casa li ha visti crescere
Come valuti la prima metà del 2023 del team?

Abbiamo visto tante cose interessanti, soprattutto da tre corridori che seguo da diversi anni e che godono della mia piena fiducia. Almeida lo conosco da quando è junior, così come Tadej, mentre Ayuso dalla categoria allievi. Sono ragazzi che ho visto crescere mentalmente e fisicamente. Almeida ha dato un segnale importante al Giro.

Lo rivedremo alla Vuelta?

Sì, l’idea è quella, così come Ayuso che avrà la corsa spagnola come focus della stagione. E’ un corridore in grande crescita e su cui puntiamo molto. 

Dunque, nessun problema di abbondanza?

No, perché tra tutti e tre, ovvero Tadej, João e Juan, c’è un rapporto fantastico. Li avete anche già visti insieme, soprattutto gli ultimi due, ad esempio alla Vuelta dello scorso anno. Ma anche Almeida e Pogacar, o Pogacar e Ayuso che hanno lavorato insieme a Sierra Nevada e fatto dei bei giorni di allenamento tranquilli da soli. Con le persone intelligenti è facile lavorare, senza problemi, e loro lo sono.

Ci racconti dell’avvicinamento anomalo di Tadej al Tour 2023?

Abbiamo fatto un programma iniziale un po’ diverso rispetto a quello che avevamo in mente, anche se le tempistiche erano simili. Già da gennaio abbiamo tolto l’altura che facevamo per il Uae Tour e, pur sapendo che questa era una corsa importante per la nostra squadra, l’abbiamo tolta per dare a gente come Ayuso e Yates la possibilità di farsi vedere. Soprattutto a quest’ultimo dovevamo dare un bello spazio, dopo averlo voluto fortemente in squadra.

Sarà lui l’ultimo uomo di Pogacar in salita?

E’ un corridore che può fare benissimo anche il leader. Insomma, un secondo capitano. Si è integrato bene, l’avete visto anche voi al Delfinato, non così lontano da Vingegaard, pur non essendo ancora nella miglior condizione.

Ha ancora voglia di imparare il britannico?

Tutti impariamo, anche io a 52 anni continuo ad apprendere qualcosa dai miei corridori, sia a livello professionale sia personale.

Secondo Matxin, Yates può essere anche un capitano aggiunto. Intanto è partito con tappa e maglia
Secondo Matxin, Yates può essere anche un capitano aggiunto. Intanto è partito con tappa e maglia
Tadej ti stupisce ancora?

Bè, tutti gli obiettivi che ti prefissi, con lui li riempi. E’ completo sotto tutti gli aspetti ed è capace di vincere in volata, a cronometro, in uno strappo, in una salita lunga, in pavé. E’ la perfezione fatta ciclista.

E umanamente?

E’ un ragazzo normale. Dirlo di lui può sembrare strano, però è così. Come Ayuso, con cui sono stato qualche giorno fa in Svizzera: sono corridori che vanno forte qualunque cosa facciano, perché fanno bene il loro lavoro. 

Avete segnato in rosso qualche tappa in particolare della terza settimana dopo i sopralluoghi?

Certo, ma ovviamente non vi dico quale (ride, ndr).

C’è qualche possibilità di vedere Tadej anche alla Vuelta?

Per ora, l’unico focus è il Tour, anche perché è stato un anno particolare. Ha fatto una prima parte di stagione fino alla Liegi, che era comunque l’ultima corsa di quel periodo anche senza la caduta, incredibile. Senza intoppi, avrebbe fatto o il Delfinato o il Giro di Slovenia in vista del Tour. Invece abbiamo cambiato il programma e deciso di puntare direttamente sui campionati nazionali (con il doppio successo, ndr) per dargli più recupero. Dovevamo fare i passi giusti.

La caduta della Liegi ha riscritto i piani di Pogacar, che ha ultimato la preparazione a Sestriere (foto Matteo Secci)
La caduta della Liegi ha riscritto i piani di Pogacar, che ha ultimato la preparazione a Sestriere (foto Matteo Secci)
Come sta adesso?

Bene, la sua condizione è in crescendo e abbiamo deciso, dopo Sierra Nevada, di spostarci al Sestriere anche per evitare di fare troppi viaggi. In Spagna, ha usato il tutore in bici da crono per non appoggiarla e non mettere pressione sulla mano, adesso lo usa e lo toglie, ha ancora l’abbronzatura del tutore, però la progressione è giusta, poi vedremo in corsa. 

La squadra è carica?

Abbiamo messo in chiaro già da diversi giorni prima dell’annuncio ufficiale chi avrebbe corso il Tour e chi sarebbero state le riserve. Abbiamo fatto un primo briefing a Sierra Nevada e poi un altro a Sestriere a cui hanno partecipato tutti i direttori sportivi. Abbiamo studiato le tappe che ci aspettano, la tattica con piano A, B e così via, ma anche i rivali che ci troveremo di fronte.

Sarà un Tour scoppiettante come lo scorso anno col duello Pogacar-Vingegaard a farla da padrone?

Credo sinceramente che abbiamo avversari importanti. Non possiamo nasconderci e si può dire che la rivalità sportiva con Vingegaard è molto forte e la sua condizione è importante. Però, non bisogna dimenticarsi che Tadej ha vinto parecchio (14 corse su 20 con le due nuove maglie di campione nazionale sloveno dello scorso weekend, ndr), lasciando pure vincere qualche compagno in alcune occasioni. Ci sarà da divertirsi.

Dal Tour de Suisse un Ayuso formato gigante

21.06.2023
5 min
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Il recente Tour de Suisse ha segnato un altro tassello in quanto a ricambio generazionale. Se Remco Evenepoel è ormai un “veterano”, Mattias Skjelmose, il vincitore, e Juan Ayuso, secondo, sono ancora dei novellini.

In particolare Ayuso è un classe 2002. Juan non lo scopriamo adesso. Lo abbiamo seguito da vicino nel Giro U23 del 2021 e lo scorso anno si è preso il podio della Vuelta. Però stavolta il corridore della UAE Emirates  entra di fatto tra i giganti. E’ stato l’unico a vincere due tappe. A sfiorare il successo finale dopo una giornata di “crisi” e, soprattutto, a battere Remco a crono.

La grinta di Ayuso (classe 2002) sull’arrivo di La Punt, dopo aver staccato tutti sull’Albula
La grinta di Ayuso (classe 2002) sull’arrivo di La Punt, dopo aver staccato tutti sull’Albula

Ayuso il meticoloso

Una prestazione così non poteva certo passare inosservata. Viene da chiedersi dove potrà arrivare già quest’anno il talento spagnolo. Che nel lungo periodo andrà lontano… beh, quello si sa già! 

«Sapevamo che Juan stesse bene – commenta Fabrizio Guidi, che lo ha diretto dall’ammiraglia in Svizzera – che andava forte. Oggi gli strumenti ci dicono molto, ma da qui a vincere una tappa di montagna e una crono… non era semplice. E poi non contano solo i numeri.

«Di questo ragazzo mi è piaciuta e mi piace la meticolosità. Juan è attento ai dettagli in qualsiasi cosa faccia: dagli allenamenti alla strategia in corsa fino ai materiali. E poi ama la vita da atleta. Correre gli piace».

Che sia un… animale da gara ce lo aveva detto in tempi non sospetti anche Gianluca Valoti, suo diesse alla  Colpack Ballan: «Fermarlo a volte è impossibile». 

Hirschi in testa a tirare e Ayuso in coda, verso Leukerbad. Quel giorno lo spagnolo ha pagato oltre 50″ (abbuoni inclusi) a Remco e Skjelmose
Hirschi in testa a tirare e Ayuso in coda, verso Leukerbad. Quel giorno lo spagnolo ha pagato oltre 50″ (abbuoni inclusi) a Remco e Skjelmose

Tre momenti chiave

Evidentemente nell’era dei fenomeni bisogna inserire di diritto anche Ayuso. «Fa parte – dice Guidi – di quella schiera di giovani che si presentano alla scena dei pro’ già pronti. Acquisiscono esperienza in modo più rapido. E in questo Juan è una spugna.

«Per esempio nel giorno della sua “crisi” (terza tappa, ndr), quando ha avuto freddo in discesa. Ha capito molte cose, soprattutto l’importanza della squadra, dei compagni. Quel giorno fu Hirschi a salvarlo. Poi ha recuperato bene nel finale, ma è stata comunque una lezione importante. E quando dico lezione non intendo punizione, ma apprendimento. Perché poi certe esperienze è bene viverle da pro’. Uno come lui, da dilettante, prende e vince con 10 minuti. Se ha problemi, recupera. Tra i pro’ no, non è così».

Per Guidi, il giorno della crisi è uno dei tre momenti chiave dello Svizzera di Ayuso, insieme alla vittoria di tappa e quella finale della crono.

Fabrizio insiste sul fatto che Ayuso abbia corso pochissimo quest’anno. E questo ha complicato le cose. Per certi aspetti al via dello Svizzera era sin troppo fresco. Prima della corsa elvetica, lo spagnolo aveva preso parte solo al Romandia, tra l’altro sempre in Svizzera. E anche in quel caso era riuscito a dare una zampata, proprio nella crono. Stavolta però il livello era ben più alto.

Nella crono finale Juan ha staccato Remco di 8″ e di 9″ Skjelmose
Nella crono finale Juan ha staccato Remco di 8″ e di 9″ Skjelmose

Doti di recupero

«Il fatto che Juan abbia gareggiato poco lo ha fatto arrivare al via del Tour de Suisse con poco rodaggio. Gli sono mancati quei primi 2-3 giorni. Ed è lì che abbiamo perso la corsa. Il quarto giorno, quando ha pagato dazio, è stata una conseguenza del grande dispendio energetico del giorno precedente.

«Poi le cose sono cambiate. E’ scattato il campione che è in lui. Ha preso il ritmo gara, sono emerse le sue enormi doti di recupero e ha fatto quel che ha fatto. Questo vuol dire che hai un motore grosso così, altrimenti ti affossi».

Sull’Albula, Juan ha fatto un numero da capogiro. Ha staccato tutti, Remco e company inclusi. Una vittoria di forza e tenacia. Una vittoria da campione nel Dna. Come a dire: “Ieri le ho prese? Bene, oggi vi faccio vedere io”. Non tutti sono in grado di ragionare così.

«E anche la crono finale – prosegue Guidi – quegli otto secondi di vantaggio su Evenepoel sembrano pochi. In realtà c’è dentro un mondo. Non c’è solo un mare di watt, c’è anche la capacità di saper soffrire». E una grande attenzione verso questa disciplina che da quest’anno regna in UAE Emirates.

Aver battuto Remco a crono lancia Ayuso tra i super di questa era
Aver battuto Remco a crono lancia Ayuso tra i super di questa era

Favola Tour?

Ayuso sta benone dunque. I malanni sembrano del tutto alle spalle. E adesso dove potrà arrivare? Dovrebbe fare la Vuelta, ma in teoria c’è il Tour che chiama. Parte dalla Spagna e sembra fatto apposta per una nuova favola, una favola stile Pogacar. Juan potrebbe starci bene nella formazione per la Grande Boucle.

«Ci starebbe bene: e come fai a dire di no? Fisicamente Juan sarebbe pronto, è chiaro. Ma poi ci sono altre dinamiche di squadra, altri programmi. Ed è giovane».

E’ giovane: anche il suo compagno Pogacar era giovane quando fu buttato nella mischia del Tour (che vinse) dopo il podio della Vuelta l’autunno precedente. Semmai Pogacar all’epoca non aveva in squadra… Pogacar, un campione di tale peso che giustamente catalizza ogni attenzione.

Ma questo è un altro discorso. Quel che conta è che Ayuso sta mostrando chi è tra i professionisti, con la stessa grinta con cui attaccava strade ed avversari tra gli under 23. E quella vittoria a crono su Evenepoel non è cosa da poco.

«Anche in questo caso – conclude Guidi – un particolare che mi è piaciuto di Ayuso è che non è stato tanto lì a dire: “Ho vinto la crono su Evenepoel”, il quale comunque veniva dalle sue vicissitudini del Giro d’Italia, quanto piuttosto si è chiesto: “Dove ho perso il Giro di Svizzera? Dove posso fare meglio?“. Poi è chiaro, magari dentro di sé era contento, ma fin lì non ci leggo!».

Ayuso torna in corsa. Matxin illustra la strategia per Juan

25.04.2023
4 min
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Finalmente Juan Ayuso. Il talento spagnolo è pronto ad iniziare il suo 2023 agonistico. Dopo 225 giorni dalla sua ultima gara gara, la tappa finale della Vuelta, il campioncino della UAE Emirates torna in corsa al Tour de Romandie, che parte oggi da Port Valais e si chiude il 30 aprile a Ginevra.

Come mai Ayuso non aveva più gareggiato? Una forte tendinite lo ha tenuto lontano dalle gare, ma anche dalla bici. Sembrava aver iniziato alla grandissima. Addirittura aveva messo alla frusta Tadej Pogacar durante i ritiri invernali. Poi qualcosa si è inceppato. La tendinite stava degenerando. 

Joxean Matxin, tecnico della UAE Emirates, ci spiega come sono andate le cose e cosa dobbiamo aspettarci da Juan… corridore storicamente (anche se è un 2002) famelico.

Joxean Matxin è uno dei tecnici della UEA Emirates, molto vicino ad Ayuso
Joxean Matxin è uno dei tecnici della UEA Emirates, molto vicino ad Ayuso
Joxean, finalmente Ayuso inizia la sua stagione…

Abbiamo passato dei momenti complicati. Juan è un corridore giovane, vorrebbe gareggiare sempre e ha sofferto vedendo i compagni che corrono, che vincono, che si aiutano… Deve essere stato complicato per lui. Però la squadra non ha mai fatto pressioni perché corresse. Piuttosto abbiamo pensato che per lui fosse meglio stare tranquillo, riposare… Il recupero totale della salute era al primo posto. Il momento del suo ritorno doveva essere un momento naturale in seguito alla guarigione.

Come mai questa tendinite è stata così grave? C’è stato qualcosa che ha sbagliato, magari nel fare gli esercizi in palestra durante l’inverno, problemi con le tacchette, per dire…

Queste cose succedono. La sua tendinite non è stata provocata da una caduta, una posizione sbagliata o altro. Gli è venuto questo dolore e sull’origine possiamo fare mille ipotesi… Ci fosse stata una caduta, una posizione errata come dite voi, okay. Però non ho una riposta precisa. E poi non vorrei entrare troppo in meriti medici. Non è compito mio, ma dei dottori.

Ultima apparizione “ufficiali” per Ayuso, un Criterium a Madrid nell’autunno scorso
Ultima apparizione “ufficiali” per Ayuso, un Criterium a Madrid nell’autunno scorso

Quando vi siete accorti di questo problema?

Prima della Valenciana. Ha accusato un dolore, anzi all’inizio era un fastidio più che un dolore. Poi è aumentato e allora abbiamo deciso di fermarci subito e non correre la Valenciana appunto. Juan è stato a riposo ed ha subito avuto un miglioramento. Così è risalito in bici, ma il dolore è emerso nuovamente. A quel punto abbiamo coinvolto i dottori per capire cosa avesse ed è emersa questa tendinite molto forte. Speriamo che non ritorni.

Juan è un “animale da gara”, lo conosciamo, tu hai detto che ha una gran voglia di correre. Al Romandia sarà subito pronto?

Lui ha classe e da uno che ha la classe, secondo me, possiamo aspettarci di tutto, no? Però non è questo il piano. L’idea iniziale è che si metta a disposizione di Adam Yates. Ma la cosa ancora più importante è che inizi a correre. Poi vediamo giorno per giorno come va. Senza pressione e con la nostra piena fiducia. Juan non deve fare per forza risultato. E anche se lui è forte, ha voglia di correre, ha classe e se vogliamo è anche fresco, non ha il ritmo di gara, che comunque hanno gli altri. Per questo dico che adesso l’obiettivo non è quello di essere il solito “killer”, ma di godersi la prima gara dell’anno. Deve sentirsi ciclista, stare con i compagni e cercare di migliorare giorno per giorno.

Ayuso ha chiuso la Vuelta 2022 al 3° posto (doveva ancora compiere 20 anni). C’è chi dice che questa tendinite sia legata a quegli sforzi
Ayuso ha chiuso la Vuelta 2022 al 3° posto (doveva ancora compiere 20 anni). C’è chi dice che questa tendinite sia legata a quegli sforzi
Può anche essere un’occasione per imparare ad aiutare i compagni…

Ma quello già lo sa fare, anche se ovviamente è un campione… Cosa gli dici? «Aiuta un altro», quando magari restano davanti in dieci? Comunque ripeto, lui sa anche aiutare. Parliamo ogni giorno: sarà pronto per aiutare Yates. Anche perché quando tutti i corridori che hai sono buoni davvero, anche i compagni devono esserlo. Anche i campioni a volte si mettono a disposizione dei compagni, che un giorno dimostreranno sul campo la loro gratitudine.

Dopo il Romandia quali saranno i programmi di Ayuso?

Manterremmo il programma originario, come se non ci fosse stata la tendinite. Intanto vediamo come sta e come reagisce. L’idea è quella di farlo crescere progressivamente.

Quindi anche se dovesse stare bene a maggio, non farà delle corse in più per recuperare un po’?

No, manteniamo il programma fatto questo inverno. Come ho detto, adesso valutiamo come va e poi decidiamo quali gare fare. Si fermerà poi comunque a luglio, per preparare bene la Vuelta.

Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
7 min
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Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».

Matxin lancia la rincorsa UAE al tetto del mondo

30.12.2022
6 min
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Non si muove niente senza la benedizione di Matxin. Il UAE Team Emirates è una squadra molto strutturata. Gianetti è l’ammiraglio. Agostini opera fra logistica, marketing e comunicazione. Ma se c’è da parlare di corridori, non c’è nessuno come il basco di Basauri.

“Macho” è stato per anni capo di se stesso, nella veste di talent scout e conoscitore del ciclismo. Ha compiuto 52 anni il 20 dicembre e nella sua carriera ha portato fior di corridori in fior di squadre. Non faceva il procuratore: i team manager sapevano che, parlando con lui, al centro c’era l’atleta e non l’interesse di qualcuno che fosse interessato a venderlo. Gianetti lo ha tolto dal mercato e ha dato al team un valore aggiunto pazzesco. Nel frattempo Matxin ha continuato a tessere la rete dei contatti e nella sua scuderia si contano alcuni dei talenti più forti e meno conosciuti al mondo.

Lo abbiamo incontrato nel media day del UAE Team Emirates, quando è stato evidente che lo squadrone si sia rinforzato per reggere l’urto della Jumbo Visma.

L’arrivo di Adam Yates risponde alla necessità di rinforzare il comparto degli scalatori
L’arrivo di Adam Yates risponde alla necessità di rinforzare il comparto degli scalatori
Avete fatto le cose in grande…

Cresciamo, ci rinforziamo. Prendiamo il corridore più forte per bilanciare la squadra. Non è che prendiamo quattro corridori forti senza sapere dove metterli. Li prendiamo per metterli dove crediamo di averne bisogno. Cerchiamo di farli crescere a livello individuale, come ha dimostrato Pogacar. Con tutto il rispetto per i rivali, vogliamo diventare la squadra numero uno al mondo.

Ti ha sorpreso più che Tadej non abbia vinto il Tour o che Ayuso sia arrivato sul podio della Vuelta?

Sinceramente mi ha sorpreso più che Tadej non abbia vinto il Tour, nel senso che non mi aspettavo una sua giornata no, perché non ne aveva mai avute. Però può succedere. Come il primo anno che abbiamo vinto il Tour, quando lui ebbe una giornata super e Roglic una completamente negativa. Può accadere. Ovviamente quando viene a nostro vantaggio, sembra tutto più bello, quando accade al contrario fa male (ride, ndr). Ma il ciclismo non è matematica. Abbiamo un corridore che fa cose normali, non straordinarie. Tadej non fa cose straordinarie: fa cose normali straordinariamente bene.

Due uomini di punta per la Vuelta: Ayuso da scoprire e Almeida leader: lo schema di Matxin era questo
Due uomini di punta per la Vuelta: Ayuso da scoprire e Almeida leader: lo schema di Matxin era questo
Invece Juan?

Rispetto ad Ayuso… Sapete l’amicizia che c’è e i passi che gli lo ha fatto fare. Lui ha sempre ascoltato i consigli, ci ha sempre creduto. Sapevo che poteva essere molto avanti, ma nel professionismo tante volte non sai dove puoi arrivare: non per il tuo livello, ma perché fai fatica a capire quello dei rivali. Per quello c’è da rispettarli sempre. Poi ovviamente ci sono le tante variabili. E’ successo che è caduto e magari poteva non fare il podio. Per questo siamo partiti con Almeida leader e con Ayuso dietro, coprendolo e non mettendogli pressione. Volevamo vedere quello che avrebbe fatto, giorno per giorno, soprattutto dopo la decima/dodicesima tappa. Il suo limite di tappe era il Giro U23, che dura 10 giorni. Non si può chiedere a un ragazzo di 19 anni nient’altro che non sia fare il meglio di se stesso.

Hai parlato di Almeida: come valuti il suo percorso?

Joao lo conosco da quando era junior e ho vissuto la sua progressione. Mi ricordo quando è andato alla Trevigiani, perché aveva bisogno di una squadra come quella, in cui ha fatto un passo di qualità vincendo due corse. Poi abbiamo capito che aveva bisogno di andare con Axel Merckx alla Hagens Berman Axeon. Quindi l’ho aiutato a passare alla Quick Step e poi qui alla UAE. Il problema è che se pure un corridore sta crescendo in modo perfetto, quando prende per 15 giorni la maglia rosa, sembra condannato a vincerla l’anno dopo. Invece Joao sta facendo i passi giusti, molto giusti. Sono veramente contento, però in questi anni ha avuto anche sfortuna.

Almeida continua a crescere: secondo Matxin nel 2023 farà un altro passo in avanti
Almeida continua a crescere: secondo Matxin nel 2023 farà un altro passo in avanti
Quando?

Senza il Covid al Giro d’Italia 2022, sono convinto che faceva almeno terzo. Non so se di più, ma un terzo lo faceva (il portoghese si è fermato dopo la 14ª tappa quando era in quarta posizione, ndr). Poi ha preparato la Vuelta, ma è rientrato tardi per fare un buon recupero. Ha corso a Burgos, è andato in altura e nella prima settimana di corsa ha sofferto tanto. E’ andato migliorando e ha chiuso quinto. Ha avuto due momenti precisi – il Covid al Giro e la Vuelta in cui è partito con il piede sinistro – ma per il resto sono contento di come si è mosso. E’ andato al Catalogna e ha dimostrato che poteva battere i migliori al mondo, è andato nelle corse più importanti ed è stato ad altissimo livello. Sono convinto che il prossimo anno Almeida farà un altro passo in avanti.

Secondo te quei 15 giorni in maglia rosa sono diventati un peso?

No, non li ha sofferti. Era e sarà ancora il nostro leader al Giro d’Italia, senza dubbi. Ma ha vissuto quello che nel 2023 succederà probabilmente, con tutto il mio rispetto, a Juanpe Lopez. Dopo i suoi 10 giorni in maglia rosa e il decimo posto finale, se l’anno prossimo arriverà dodicesimo, sembrerà che non abbia fatto niente. Ma non è una questione matematica.

Matxin e Agostini: lo spagnolo dà qualche suggerimento sulla curvatura del portabici
Matxin e Agostini: lo spagnolo dà qualche suggerimento sulla curvatura del portabici
Cioè?

Almeida sta facendo i suoi passi in modo progressivo. Nessuno si aspettava che fosse vincente quest’anno o l’anno scorso quando è arrivato sesto, oppure due anni fa quando ha preso per 15 giorni la maglia rosa. Però va sempre in crescendo e per questo sono veramente contento. E’ professionale e rispettoso. Al UAE Tour ha tirato per Tadej come una ventola e lo stesso è arrivato quinto. Se non avesse tirato tanto il giorno in cui Tadej ha vinto, avrebbe fatto secondo o terzo al massimo. Questo significa che ha un cuore grande. E’ facilissimo lavorare con ragazzi intelligenti e svegli come Tadej e Joao. C’è un’atmosfera bellissima, la vedete anche qua. Fra loro c’è rispetto, sono intelligenti, sanno che insieme possono essere più forti che da soli. Per questo sono soddisfatto.

Nel frattempo intorno sta crescendo la squadra…

Credo che debba essere tutto bilanciato, per lo stesso motivo per cui non prendiamo corridori a caso. Se dobbiamo chiedere a ognuno il 120 per cento, dobbiamo dargli il 120 per cento. Anzi, tante volte è importante darlo prima, per poi chiederlo. Per questo anche come squadra cerchiamo di dare sempre il massimo. Possiamo farlo dando il miglior staff, il miglior materiale, i migliori alberghi, i migliori preparatori, il recupero. Dobbiamo scegliere solo quello che sia il top. Non dobbiamo solo trovare il miglior corridore del mondo, dobbiamo essere la miglior squadra al mondo per trovare il migliore al mondo. 

«Tadej – dice Matxin – non fa cose straordinarie, fa cose normali in modo straordinario»
«Tadej – dice Matxin – non fa cose straordinarie, fa cose normali in modo straordinario»
Si studiano anche gli avversari?

Sì, tanto. Due anni fa chi vinceva sempre la classifica a squadre era la Quick Step, ora su chi scommettereste? Come per i giovani. Mi chiedono tutti se il Tour sarà nuovamente una lotta fra Tadej e Vingegaard, ma voi siete convinti che non ci sarà qualcun altro? Si aspettavano Remco Evenepoel e Ayuso e adesso bisogna credere che non salterà fuori nessuno? Arriverà, ve lo garantisco. Per questo dobbiamo guardare non solo al fianco, ma al più esterno possibile. Perché nessuno va indietro, stanno arrivando da tutti i lati. Questa non è solo una competizione a livello sportivo, è la gara per diventare la migliore squadra del mondo a 360 gradi.