Il ciclismo dei cannibali: Bruyneel critica, Magrini ribatte

04.03.2023
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Di Pogacar e della sua magica settimana d’esordio in Spagna si è detto e scritto tanto. Vingegaard gli ha risposto da par suo: tre tappe a O Gran Camino e tre vittorie di seguito, dando di sé un’immagine per molti versi inedita, quella di un assoluto dominatore. Il nuovo ciclismo passa attraverso campioni quasi cannibali, che non si nascondono mai, ma che anzi dominano la scena con un fare che dà anche adito a discussioni.

A innescare la miccia è stato Johan Bruyneel, ex professionista di lungo corso e direttore sportivo che visse tutta la contraddittoria epopea di Lance Armstrong, uscendone con una squalifica pesantissima. Sebbene i suoi trascorsi siano così controversi e discutibili, le sue opinioni fanno spesso discutere. Infatti questa volta, attraverso il podcast The Move, Bruyneel ha criticato la condotta di Pogacar.

«Distruggere tutti alla prima uscita – ha detto – non è la scelta migliore. Sarebbe meglio mantenere certi equilibri con corridori e squadre diverse, lo dico anche nel suo interesse. Se si guarda bene come sono andate le cose, la squadra viene spremuta allo stremo per fargli vincere sempre corse nelle quali si potrebbe anche lasciar spazio, poi per recuperare non è così semplice e immediato».

Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte
Bruyneel ha chiuso la sua esperienza da diesse nel 2012. Da corridore aveva vinto 13 volte

Da Bruyneel a Magrini

Bruyneel dà colpe soprattutto a chi gestisce lo sloveno: «E’ bello vedere un proprio corridore che vince sempre, ma è l’ammiraglia che deve tenere il polso della situazione, saper miscelare la passione con la freddezza, il vantaggio immediato con quello a lungo termine. Così facendo, Pogacar si sente sempre più autorizzato a cannibalizzare le corse».

Parole certamente pesanti, quelle di Bruyneel, che abbiamo voluto approfondire parlando con un navigante di lungo corso nel mondo del ciclismo come Riccardo Magrini, popolare voce di Eurosport.

«Bruyneel – dice il toscano – parla di un ciclismo che non esiste più. Oggi non si fanno calcoli, chi vuole vincere lo fa, pensa all’immediato. Non sono nuove le sue polemiche, ricordiamoci che cosa si disse a proposito di Roglic alla Parigi-Nizza del 2021. Il corridore che può, cerca di vincere, sempre e comunque e secondo me fa bene, è questo che rende il ciclismo odierno sensazionale».

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Il belga punta il dito contro i dirigenti, ma in queste scelte quanto c’è del corridore e quanto di chi lo dirige?

E’ l’indole del corridore a prevalere. Molti sono rimasti stupiti da Vingegaard, ma la sua voglia di rispondere sul campo al rivale per poi affrontarlo alla pari alla Parigi-Nizza ha prevalso su tutto e l’attesa per la corsa francese ora è allo spasimo. Non si fanno sconti e come loro non li fanno i Van Aert, i Van Der Poel e compagnia. Quando c’è da vincere non ci si tira indietro. Ripeto, Bruyneel parla di un ciclismo che non c’è più, lui lo scorso anno avrebbe magari pensato di perdere il Giro dell’Emilia con Pogacar a favore di Mas per avere poi un ricambio al Lombardia, ma lo sloveno ha vinto ugualmente. Questi calcoli non hanno più ragion d’essere.

Che cosa ha portato questo cambiamento?

Sono i ragazzi stessi ad averlo portato, ci sono 7-8 campioni che non lasciano nulla d’intentato per vincere e non stanno tanto a guardare al livello della corsa, alla sua tradizione, partono e se le danno di santa ragione. Quei calcoli non ci sono più, non stanno tanto a pensare “oggi vinci tu che domani mi ricambi il favore”. Può capitare magari fra compagni della stessa squadra, lo scorso anno lo stesso Pogacar fece così con Majka e anche in Spagna, nell’ultima tappa lo sloveno ha lavorato per Covi che poi è stato beffato da Fraile. Per me è anche una forma di rispetto nei confronti del loro lavoro. Oggi non puoi più permetterti di correre per “fare la gamba”, devi essere già competitivo anche solo per lavorare per i compagni.

5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
5 vittorie in 6 giorni di gara. Pogacar ha iniziato alla grande il suo 2023, ora punta alla Parigi-Nizza
Rivedendo le statistiche di Pogacar in questi tre anni, da quando ha iniziato a cogliere risultati di prestigio (quindi ben prima della sua prima vittoria al Tour) si scopre che le sue percentuali di vittorie e piazzamenti sono quelle più vicine da cinquant’anni a quelle di Merckx. Tu parlavi di 7-8 campioni: Merckx ne aveva altrettanti di quel livello?

Scherziamo? Eddy aveva Gimondi, De Vlaeminck, Ocana, l’elenco è lunghissimo. Fare paragoni fra tempi così lontani è però sbagliato. Pogacar va visto da un altro punto di vista: è uno che può vincere davvero dappertutto, il che significa che parte in ogni corsa fra i pretendenti al successo, si è visto al Fiandre interpretato per la prima volta, si vede alla Sanremo dove può vincere, non c’è una vera corsa, in linea o a tappe, nella quale non possa fare la differenza, per questo lo ritengo attualmente il più forte. Ma le epoche sono diverse.

Se da Pogacar un atteggiamento del genere ce lo si poteva aspettare, da Vingegaard un po’ meno. E’ cambiato qualcosa nel danese dopo la sua vittoria al Tour?

Sì, la qualità della corsa sicuramente non era la stessa trovata da Pogacar, ma l’atteggiamento mi è piaciuto perché ha risposto per le rime, accresce l’interesse per il ciclismo al punto che ci si entusiasma anche se sono corridori stranieri, con tutto che i nostri si sono fatti ben vedere fino ad ora. In chiave Tour queste schermaglie dicono poco, ma vincere in serie ha pur sempre un significato, Pogacar poi da quell’Emilia ha praticamente sempre vinto… Io cose del genere non le avevo mai viste.

Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Vingegaard ha sorpreso all’O Gran Camino: tre tappe e tre vittorie, trionfando anche a cronometro
Evenepoel però, che di carattere e per come l’avevamo visto era portato a fare le stesse cose, sembra un po’ più contenuto, diventato più ragionatore: all’Uae Tour ha vinto senza conquistare neanche una tappa…

Credo che sia molto maturato, dei campioni di cui sopra è forse quello più tattico, forse non conosce ancora tutti i suoi limiti ma mi pare che si gestisca anche meglio degli altri. Credo che abbia più difficoltà a vincere degli altri, non è velocissimo, anche sullo scatto in salita gli manca qualcosa ma quando esprime tutto il suo potenziale fa paura.

Per gli altri, quelli “normali” significa quindi che vincere è più difficile?

Bella domanda, secondo me sì, molto. Io vedo meno tatticismo e molta forza. Ciccone ad esempio ha commesso piccoli errori che alla fine gli hanno negato la vittoria alla Valenciana, lo stesso dicasi per la Ineos che tatticamente ha perso la corsa favorendo Rui Costa. E’ quello di oggi un ciclismo molto meno giocato sulla strategia e più prestazionale, per questo non puoi presentarti al via se non sei pressoché al massimo, non puoi giocare sulla furbizia. In questo senso mi è piaciuto Wellens quando ha vinto la terza tappa alla Vuelta a Andalucia perché ha interpretato perfettamente la corsa dal punto di vista tattico, ma sono casi rari.

EDITORIALE / Il ciclismo non è per tutti

27.02.2023
6 min
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Il ciclismo non è uno sport per tutti e non lo è mai stato. Solo in un certo periodo, breve nel quadro complessivo ma che parve eterno, alcuni imbonitori persuasero anche atleti senza mezzi ad acquisirli in modo alternativo.

Nacque un ciclismo con differenti velocità e periodi blindati. Si andava forte per un arco limitato di settimane e ogni periodo aveva i suoi vincitori. Sembra passato un secolo. E se oggi Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel possono vincere in corse fuori stagione rispetto ai loro obiettivi è perché le qualità dei grandi corridori vengono fuori come quando si sfidavano da ragazzini e il più forte vinceva sempre.

Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale
Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale

L’esempio di Visconti

Probabilmente il fatto di essere in piena scrittura di un libro sulla storia di Giovanni Visconti sta suscitando continui paragoni. Il ciclismo non è per tutti e forse il percorso del campione palermitano ne è la dimostrazione perfetta. Il ciclismo richiede rinunce, quelle che Alfredo Martini non voleva mai chiamare sacrifici: se lo scegli, non è sacrificio.

Visconti (come pure Nibali un anno dopo) un giorno partì da casa e si trasferì in Toscana, ospite di un’altra famiglia. Non è facile a 16 anni: se ce la fai, hai evidentemente la determinazione che serve per fare il professionista. Occhio però, non è una lettura limitata al ciclismo: chiunque lasci casa per inseguire un sogno e farne un progetto ha bisogno di carattere e determinazione. Il mondo del lavoro non è meno spietato e cinico.

Pogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappe
Pogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappe

Il ritiro di Benedetti

Nei giorni scorsi ha fatto parlare il ritiro di Gabriele Benedetti, neoprofessionista nella Drone Hopper che, ancor prima di aprire le ali, stava chiudendo i battenti. Si è parlato di poco carattere, magari senza conoscerne la storia. Si è puntato il dito verso un ciclismo che illude i ragazzi e li spreme. Si è attinto nei commenti a una letteratura di sentito dire che non spiega, ma ingarbuglia.

Così oggi vi raccontiamo di un altro ritiro, certo meno illustre, ma che conferma la difficoltà di emergere ai massimi livelli e come il dilagare delle promesse facili anche nelle categorie giovanili – a volte anche da parte dei loro direttori sportivi – rischi di guastare il ragionamento di alcuni.

Si è ritirato Salvatore Florio, 18 anni palermitano, della Delio Gallina. Nella squadra di Cesare Turchetti lo ha mandato (assieme a Carlo Sciortino ) Giuseppe Di Fresco, tecnico del Team Casano Matec, e pare che il tecnico bresciano ne fosse soddisfatto. Eppure Florio, in cui Di Fresco credeva ciecamente, si è fermato.

Gabriele Benedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du Limousin
Benedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du Limousin

I due diesse

Il suo diesse in Sicilia, Alessandro Mansueto, parla della difficoltà di fare il corridore in cambio di 2-300 euro, al punto che per vivere devi chiedere soldi ai tuoi genitori. E avendo a sua volta lasciato la Sicilia per correre in Toscana, ricorda che alla fine degli anni Novanta, un dilettante guadagnava molto più di adesso. Erano gli anni in cui le fatture venivano usate anche per altri motivi ed è quindi corretto ricordare che girassero più soldi. Oggi non si può più.

Di Fresco non ci sta. Si dice deluso perché in Florio credeva e per la figuraccia fatta con Turchetti, che lo ha chiamato apostrofandolo bruscamente. Conferma che il rimborso offerto al ragazzo fosse dell’entità indicata da Mansueto, ma ricorda che quando a sua volta salì nel 1994 in Toscana, partì da zero e lentamente convinse i suoi dirigenti. Precisa che la Delio Gallina si fosse impegnata a pagare i biglietti aerei per Florio, facendolo alloggiare in una casa, in cui doveva pensare solo ad allenarsi.

Ricorda i ringraziamenti del ragazzo per l’occasione e il fatto che, concluso il liceo, avrebbe potuto puntare solo sullo sport. Solo che, andato a casa per un mese dopo il primo ritiro del 2023, qualcosa si è inceppato ed è arrivata la decisione di smettere. Con le prevedibili rimostranze della nuova squadra, che ha investito sul ragazzo per poi ritrovarsi con nulla fra le mani. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe la recente scoperta di Florio di essere celiaco.

Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro
Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro

Intollerante al glutine

E Florio cosa dice? Ci risponde da Palermo, in attesa di partecipare a settembre alla selezione per l’Università e studiare materie sanitarie. Ringrazia la sua famiglia per avergli insegnato che nella vita serve comunque una cultura (ha concluso il liceo classico), che ti permette di attraversare meglio i momenti più complicati.

«Sin dall’inizio – spiega – ho sempre avuto valori del sangue molto bassi. Pensavo fosse anemia, invece circa tre mesi fa ho scoperto di essere intollerante al glutine. Ero appena passato nella categoria dei dilettanti, quindi cominciavo ad allenarmi seriamente. Tanti chilometri in rapporto a quel problema. Correvo già con 35 di ematocrito, continuare così non sarebbe stato opportuno. Perciò ho preferito fare sacrifici nel mondo del lavoro, studiando all’Università e creando il mio futuro in maniera diversa».

Giro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI Fresco
Giro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI Fresco

Pochi soldi

La celiachia nel ciclismo esiste, le abbiamo dedicato un articolo poco tempo fa in cui il dottor Giorgi spiega come sia possibile ugualmente avere prestazioni ai massimi livelli. Perciò spostiamo il discorso.

«Senza dubbio correre adesso è diventato veramente pesante – spiega Florio – si fanno troppi sacrifici pagati troppo poco. Io avrei voluto dedicare tutta la mia vita al ciclismo, ma come fa qualcosa a diventare il tuo lavoro se ti pagano 200 euro al mese? Anche questo sicuramente è uno dei motivi per cui non vale più la pena continuare. O si è campioni e allora finisci nel mirino delle squadre importanti e cominci a prendere qualche soldino, ma essere pagato così poco non ti fa venire la voglia di continuare. Perché magari vedi un calciatore che già alla nostra età prende 2.000 euro al mese. Invece nel ciclismo, che per me è uno degli sport più duri, si viene pagati troppo poco».

Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?
Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?

Testa, gambe e fortuna

Il ciclismo non è uno sport per tutti, ma non è che il mondo del lavoro sia poi tanto diverso. Le continental non sono squadre professionistiche. Corrono fra i pro’, ma non ne hanno le prerogative. E se a 18 anni entri in un’azienda per fare uno stage, nessuno ti pagherà mai per quelli che sono i tuoi sogni o i tuoi sacrifici. Si stringono i denti e si aspetta di arrivare a un contratto. Ecco perché tanti puntano a passare pro’ a 18 anni, persuasi da procuratori e tecnici che in un modo o nell’altro avranno pure la loro convenienza. E chi non passa, magari pensa di essere un fallito e molla.

«Chi mi conosce – dice Florio – sa quanti sacrifici ho fatto. Ho studiato e ho corso, ma ho avuto sfortuna. Sono sicuro che se fossi stato stimolato dal pensiero di lavorare e di guadagnare qualcosa di serio, sicuramente avrei provato a continuare, gestendo meglio la celiachia e continuando a sognare di passare professionista. Anche se sappiamo tutti che adesso è molto, molto difficile. Bisogna avere testa, gambe e fortuna. Se manca la fortuna, non si va da nessuna parte...».

Leggi, mastichi e ci ripensi. Da quale parte sarà la verità? Oppure, dando per scontato che tutti abbiano detto la propria, che idea vale la pena farsi?

EDITORIALE / Caro Pogacar, sei cannibale o kamikaze?

20.02.2023
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Anche se nel Tour dello scorso anno è finito allo spiedo, la sensazione che Tadej Pogacar sia la lepre e gli altri inseguano si fa ogni giorno più forte, pur con alcune variabili su cui ragionare.

Quando incontrammo lo sloveno a Benidorm nel primo ritiro del UAE Team Emirates, si disse con una certa chiarezza che Tadej avrebbe vissuto un avvio di stagione meno pressante. Per questo pensammo che la scoppola del Tour lo avesse indotto a una maggior cautela, volendo fermamente vincere il terzo.

Vingegaard è stato a lungo in ritiro e debutterà il 23 febbraio al Gran Camino (foto Instagram)
Vingegaard è stato a lungo in ritiro e debutterà il 23 febbraio al Gran Camino (foto Instagram)

La logica (non) condivisa

C’era una logica. La stessa che guida la preparazione degli atleti della Jumbo-Visma e, come emerge dall’intervista di stamattina con Paolo Artuso, anche quelli della Bora-Hansgrohe. Una logica non necessariamente condivisibile, ma capace di spostare gli equilibri. Le corse sono tutte a livelli altissimi: meglio arrivarci freschi piuttosto che rischiare di spendere troppo prima.

Se i più forti seguono una linea, gli altri copiano per non farsi trovare impreparati. Lo schema è identico per tutti. Altura e corsa, altura e corsa. Per tutti, ma in apparenza non per Pogacar.

In barba alla partenza più tranquilla, lo sloveno ha debuttato il 13 febbraio alla Jaén Paraiso Interior e ha vinto. Poi si è schierato al via della Vuelta a Andalucia, vincendo tre tappe e la classifica. Ora è atteso alla Strade Bianche e di lì probabilmente alla Parigi-Nizza, la Sanremo e le classiche del Nord dal Fiandre alla Liegi. E correrà per vincere.

Dopo il debutto alla Vuelta a San Juan, Evenepoel è da oggi in corsa al UAE Tour con grandi ambizioni
Dopo il debutto alla Vuelta a San Juan, Evenepoel è da oggi in corsa al UAE Tour con grandi ambizioni

Cannibale o kamikaze

Nelle prime corse della stagione, Pogacar si è comportato come lo scorso anno. Nel 2022 infatti arrivò al Tour con 10 vittorie e, una volta in Francia, iniziò a sprintare, attaccare, scattare e dare spettacolo. Sarebbe stato tutto perfetto, se non fosse capitato a un certo punto il buco nero del Granon. La squadra ha sempre detto di volerne capire la causa, senza però venirne a capo. Almeno non ufficialmente.

Non si è mai capito se sia stata una crisi di fame o se Pogacar, come si pensò allora, abbia avuto altro, forse anche un blando Covid come alcuni compagni di squadra. Sta di fatto che quel giorno si spense la luce e si cominciò a ragionare sul suo correre dispendioso dei mesi e dei giorni precedenti.

Il 2023 è iniziato allo stesso modo, con il piglio sbarazzino che fa di Tadej una sorta di novello cannibale, al cospetto di avversari che si nascondono ancora.

L’interpretazione è doppia. Si può pensare che Pogacar sappia esattamente quale sia stato il problema del Granon e quindi corra come sempre all’attacco. Oppure semplicemente, vivendo il ciclismo con leggerezza invidiabile, abbia deciso di godersela ogni giorno, cogliendo l’attimo.

Van Aert e Van der Poel, come Pogacar ed Evenepoel, sono i profeti di questo nuovo modo di correre
Van Aert e Van der Poel, come Pogacar ed Evenepoel, sono i profeti di questo nuovo modo di correre

Il nuovo corso

Qual che ne sia la spiegazione, Pogacar ha già vinto. Non è per caso che, dovendo comporre un ipotetico dream team del ciclismo, i posti già occupati siano quelli di Van der Poel, Van Aert, Pogacar ed Evenepoel. Gli altri entreranno magari a farne parte, da Vingegaard a Roglic passando per Sagan e Bernal, ma dopo una selezione in cui per varie ragioni si potrebbe persino ragionare di escluderli.

In questi giorni sui vari social non sono mancati gli scambi fra lo sloveno e alcuni dei rivali. Il primo con Evenepoel, nel giorno dell’ennesima vittoria in Andalucia. Remco lo ha pregato di non vincere più e l’altro gli ha risposto che adesso tocca a lui. Poi con Geraint Thomas, che si è fotografato con un ciuffo di capelli fuori dal casco, chiedendo a Pogacar se così andasse bene. E l’altro gli ha risposto che in quel modo risparmierà almeno 10 watt.

Alla Valenciana, si è registrata la vittoria di Ciccone sull’Alto de Pinos, dopo un inverno redditizio
Alla Valenciana, si è registrata la vittoria di Ciccone sull’Alto de Pinos, dopo un inverno redditizio

Rinascimento italiano

Questa leggerezza sta scavando il solco e cambiando le abitudini del gruppo, quanto a interpretazioni di corsa, e costringendo le persone normali a fare gli straordinari per reggere il livello. Una leggerezza che fa capire insieme quanto sia cambiato il mondo del ciclismo, libero da logiche di spartizioni che non troppi anni fa fecero puntare il dito verso chi, come Pantani, vinceva ogni volta che ne aveva l’occasione. Qualcuno borbotta davanti allo strapotere di Pogacar, ma nessuno pensa che quel che fa sia sbagliato. E’ il nuovo corso del ciclismo degli squadroni, in cui la molla non è più l’invidia dei grandi verso i piccoli.

E in questo scacchiere di campioni, piace far notare che gli italiani hanno iniziato l’anno con il piede giusto. Con vittorie e ottimi piazzamenti. Se finalmente riusciremo a lasciarci dietro i disagi e le conseguenze rimediabili del Covid, forse ci accorgeremo che le nostre mamme sono ancora capaci di generare campioni.

Kruijswijk, aiutante suo malgrado e già a caccia di un team

06.01.2023
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Quando riesci a centrare la Top 5 in tutti e tre i Grandi Giri nello spazio di 3 anni, è chiaro che il tuo prestigio assurge ad altissimi livelli. Che Steven Kruijswijk sia un candidabile per la vittoria in una corsa di tre settimane è però un’affermazione che ormai non ha più senso. L’olandese, esponente di quella generazione arancione che, con lui, Gesink, Dumoulin, Kelderman ha dimostrato di poter essere competitiva soprattutto nelle corse a tappe, viene da anni sfortunati, dal Covid in poi, che hanno ridimensionato la sua figura e anche il suo ruolo.

Kruiswijk a 35 anni è alla Jumbo Visma e la corazzata olandese vede in lui una colonna portante del team, un sostegno fondamentale per chi sarà il capitano al Tour de France, verosimilmente il campione in carica Jonas Vingegaard. Il ruolo di luogotenente potrebbe anche sembrare tagliato su misura per le caratteristiche attuali di Kruijswijk, ma lo sente un po’ stretto. Correre per gli altri non è propriamente nella sua natura e questo è un po’ una caratteristica comune per i corridori olandesi, come si è spesso visto in ambito femminile e anche fra i nomi precedentemente citati.

L’olandese, qui con Kuss e Vingegaard, è tornato alle gare al Criterium di Saitama. Ora già pensa al Tour
L’olandese, qui con Kuss, è tornato alle gare al Criterium di Saitama. Ora già pensa al Tour

Il sogno del podio a Giro o Vuelta

Il trentacinquenne di Nuenen ha chiuso anzitempo la sua stagione, vittima dell’ennesima caduta al Tour de France che si è rivelata più rovinosa del previsto. La ripresa è stata lenta, con Vingegaard vincitore però nessuno alla Jumbo Visma gli ha messo fretta, pensando già all’annata successiva. Kruijswijk ha ripreso lentamente per essere pronto quando servirà. Già si sa che sarà al Tour, anche se non erano propriamente questi i suoi desideri.

«Avrei voluto tornare al Giro d’Italia – ha ammesso Steven – ma dovrò dare una mano a Vingegaard nella Grande Boucle. Io so di che cosa sono ancora capace, se sono al top della forma, la strada verso un podio al Giro o alla Vuelta non è preclusa».

Le sue parole hanno un preciso fondamento, che affonda in quel che avvenne nel 2016, forse la grande occasione che poteva dare la svolta alla sua carriera.

Giro 2016, la caduta nella discesa dal Colle dell’Agnello che gli costerà la maglia rosa. Lo spinge Massimo Rava
Giro 2016, la caduta nella discesa dal Colle dell’Agnello che gli costerà la maglia rosa. Lo spinge Massimo Rava

La caduta che cambiò tutto

In quell’edizione della corsa rosa, Kruijswijk prese l’iniziativa più volte, assestandosi nei quartieri alti della classifica per poi attaccare con decisione sul Valparola nella tappa numero 14. Con Chaves diede vita a una fuga decisamente fruttuosa, lasciando al colombiano la vittoria parziale per appropriarsi della maglia rosa. Il giorno dopo, nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi, fu secondo rafforzando la sua leadership e ponendo una seria candidatura alla vittoria finale. All’inizio della terza settimana, visti gli attacchi dei rivali in classifica decise di attaccare a sua volta nell’ascesa verso Andalo portando a 3 minuti il vantaggio su Chaves, a quel punto sembrava tutto scritto.

Il destino aveva però altre strade per lui: nella diciannovesima tappa, quella del Colle dell’Agnello incorse in una brutta caduta, riportando la frattura di una costola. Stoicamente finì la tappa, ma il Giro era andato a favore di Nibali, con l’olandese che chiuse quarto, un piazzamento quanto mai amaro. Da allora la sua strada si è fatta impervia, ricca di scivoloni dai quali si è sempre però rialzato con carattere, altrimenti non sarebbero arrivati il quarto posto alla Vuelta 2018 e il podio al Tour 2019.

Kruijswijk con Bernal sul podio del Tour 2019. L’ultimo grande acuto della sua carriera
Kruijswijk con Bernal sul podio del Tour 2019. L’ultimo grande acuto della sua carriera

Il ritiro? Non è un’opzione…

Da quel giorno agli Champs Elysées, però, Kruiswijk ha concluso un solo Grande Giro, la Vuelta 2021 al 12° posto e questo lungo periodo di appannamento è arrivato mentre Roglic consolidava il suo ruolo di punta e emergevano nuove leve, a cominciare da Vingegaard. L’olandese è passato in secondo piano: al grande rendez vous con la stampa dello scorso dicembre, pochi si sono avvicinati a lui, chi lo ha fatto non ha potuto non notare la sua insoddisfazione.

«Sia ben chiaro, non ho nulla contro il team – ha voluto chiarire a Wieler Revue – la Jumbo Visma è la squadra più forte al mondo e farne parte è un grande onore. Mi chiedo solo se posso lavorare in un altro modo. Credo di avere ancora tempo per mettere a posto le cose, tanto che non firmerei per un biennale, penso che ci siano ancora tre anni buoni davanti a me».

L’olandese con Roglic. Sin dagli esordi nel 2006 Kruijswijk è stato nel team, ma cosa accadrà a fine 2023?
L’olandese con Roglic. Sin dagli esordi nel 2006 Kruijswijk è stato nel team, ma cosa accadrà a fine 2023?

Tour con Vingegaard, poi si vedrà

«Se voglio correre per me stesso, devo andare in un team che pensa ancora che io possa puntare alla Top 5 in un Tour de France – ha ulteriormente specificato mettendo di fatto una pietra tombale sulla sua riconferma all’interno del team – Io sono convinto che un grande piazzamento sia ancora nelle mie corde, ma alla Jumbo hanno chiaramente altre priorità».

Professionista dal 2006, Kruijswijk si avvia verso la sua diciottesima stagione. Partirà presumibilmente piano puntando a essere in forma per l’estate e dare una mano a Vingegaard per dimostrare di saper essere anche un valido luogotenente. Anche se non è quella la sua aspirazione.

All4cycling, tra bilanci e nuovi progetti

29.12.2022
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Il 2022 sta volgendo velocemente al termine. Fra pochi giorni, anzi fra poche ore saremo tutti proiettati nel 2023. E’ questo il momento ideale per fare dei bilanci sull’anno che sta per terminare e iniziare a guardare all’anno nuovo ormai alle porte. 

Anche per le aziende questi sono giorni di bilanci e di nuovi programmi ai quali lavorare. Per farci raccontare come è andato il 2022 per All4cycling e quali novità ci possiamo aspettare per il nuovo anno, abbiamo incontrato Matteo Ruzza, responsabile comunicazione e marketing dell’e-commerce varesino. Il nostro incontro è avvenuto a Gazzada Schianno in provincia di Varese, presso il punto vendita “fisico” di All4cycling, vero cuore dell’azienda e parte integrante del negozio online.

Tema del nostro incontro sono state le iniziative e le collaborazioni che All4cycling ha messo in atto nel 2022, il tutto proiettato sul 2023.

Alla fine di ottobre, si è svolta una social ride con Fabio Aru
Alla fine di ottobre, si è svolta una social ride con Fabio Aru
Partiamo dagli eventi gravel e mountain bike che avete organizzato quest’anno. Che bilancio possiamo tracciare?

Direi assolutamente positivo. In linea di massima siamo riusciti a rispettare il programma delle social ride che avevamo definito a inizio anno. Tutti gli eventi sono andati bene e hanno raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissato: rafforzare la community legata al nostro e-commerce, ma soprattutto al nostro negozio fisico che sta crescendo sempre più. Ogni social ride è stata poi l’occasione per far scoprire in sella ad una bicicletta il territorio che circonda il nostro punto vendita di Gazzada Schianno.

Per il prossimo anno ci saranno delle novità?

Al momento non abbiamo ancora definito il calendario degli eventi 2023. Inizieremo a lavorarci a gennaio. In linea di massima non cambierà di molto il format, anche se in qualche aspetto verrà perfezionato alla luce dell’esperienza di quest’anno. Si tratterà sempre di eventi a numero chiuso per poter garantire il massimo dell’assistenza ai partecipanti. Si svolgeranno sempre al sabato mattina, anche se ci piacerebbe creare qualche evento che duri l’intera giornata. Rimarranno poi le collaborazioni con i nostri partner tecnici che hanno decisamente apprezzato il format. In questi giorni stiamo pensando ad alcuni accorgimenti per fare in modo che ciascun evento coinvolga sempre più la “community” legata al nostro negozio. Vogliamo in qualche modo gratificare chi è nostro cliente.

A proposito dei clienti, quest’anno avete dato loro la possibilità di incontrare due campioni come Vingegaard e Aru. Che esperienza è stata?

Per noi di All4cycling, ma soprattutto per i nostri clienti, sono stati due momenti davvero emozionanti. Alla vigilia de Il Lombardia, grazie alla collaborazione di Fizik, venti nostri clienti hanno potuto incontrare Jonas Vingegaard. A fine ottobre abbiamo poi contribuito a organizzare la Assos Speed Club Ride che ha visto Fabio Aru guidare un folto gruppo di nostri clienti in una bella pedalata lungo le strade della provincia di Varese. Nel 2023 ci piacerebbe poter ripetere iniziative di questo tipo.

Restando a Varese, siete molto legati al vostro territorio e soprattutto alla S.C. Alfredo Binda che organizza una serie di eventi che gravitano attorno alla Tre Valli Varesine. 

E’ vero, con la S.C. Alfredo Binda collaboriamo molto bene ed è nostra intenzione continuare a farlo. Non ci siamo ancora incontrati per definire i dettagli, ma non credo ci saranno problemi nel proseguire nella nostra collaborazione. Questa riguarderà principalmente i seguenti tre eventi: la Gran Fondo Tre Valli Varesine, la Gravel Experience e la Tre Valli Varesine Women’s Race, la versione femminile della gara riservata agli uomini.

All4Cycling ha organizzato anche molti eventi legati all’off-road: qui la Gravel Experience (foto Samuele Baratella)
All4Cycling ha organizzato anche molti eventi legati all’off-road: qui la Gravel Experience (foto Samuele Baratella)

Chiudiamo il nostro incontro con una bella notizia. All4cycling si è posizionato al primo posto nella classifica dei migliori e-commerce per il settore ciclismo stilata recentemente dal Corriere della Sera dal titolo “Le Stelle dell’E-commerce 2023”. La classifica è il risultato di un’analisi basata su 48 criteri oggettivi e soggettivi ai quali sono stati sottoposti 500 negozi online, divisi per categorie di prodotto, selezionati fra oltre 7.000. Tra i parametri presi in considerazione spiccavano: struttura e facilità d’uso, sicurezza, pagamento, acquisto e consegna, servizio e supporto offerto al cliente. Come dicevamo, per quel che riguarda il settore ciclismo, All4cycling si è classificato al primo posto. Un modo bellissimo per chiudere l’anno e lanciarsi verso il 2023 con nuovo entusiasmo.

All4Cycling

La Jumbo Visma 2023 in diretta (esclusiva) su bici.PRO

22.12.2022
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La squadra dei record alza il velo sulle formazioni per il 2023 e lo fa presso il Move di Amsterdam. Un luogo di riferimento per la città, progettato nel 1931 dall’architetto Jan Wils che aveva già disegnato lo Stadio Olimpico in cui i Giochi approdarono nel 1928. Centro da paese dei balocchi, che oggi funge da punto di esposizione del Gruppo PON (che detiene marchi come Skoda, Cupra e Cervélo), il Move è collegato allo Stadionplein della città olandese e ospita ristoranti, esposizioni di auto, esposizioni di bici, mostre ed eventi esclusivi concentrati prevalentemente sulla mobilità. Per la Jumbo Visma squadra numero uno al mondo del 2022 non poteva esserci miglior location.

Tour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verde
Tour de France 2022, Wout Van Aert a Parigi con la famiglia e la maglia verde

Numeri uno al mondo

La Jumbo Visma è il team che nel 2022 ha vinto 48 corse con gli uomini del WorldTour e 12 con le donne. Trofei come quello del Tour de France, Parigi-Nizza e Delfinato. Tra le sue file, nomi come Wout Van Aert, Jonas Vingegaarg, Primoz Roglic, Christophe Laporte, il nostro Edoardo Affini, Marianne Vos e per la prima volta due italiani anche nel team continental: Belletta e Mattio.

Oggi si alza il velo sugli organici e le novità della prossima stagione, che in qualche modo bici.PRO ha già avuto modo di vedere in esclusiva durante la recente visita al quartier generale del team a s’Hertogenbosh. Lo show verrà condotto da Orla Chennaoui (giornalista televisiva nordirlandese ed ex campionessa nazionale di salto triplo) e da Sander Kleikers (presentatore televisivo olandese di Eurosport).

Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)
Vingegaard e il suo Tour sono il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo visma)

Sessanta corridori

Non tutti i corridori saranno presenti e fra gli assenti si contano Marianne Vos, Steven Kruijswijk e Christophe Laporte. In compenso, sul palco del Move Amsterdam saliranno Van Aert, Vingegaard, Roglic, Affini, Van Baarle e gli altri che compongono l’organico complessivo di 60 corridori.

La squadra è stata in ritiro fino a due giorni fa nelle campagne spagnole di Denia ed è pronta a ripartire per la nuova stagione, rinforzata dall’arrivo di corridori come Dylan Van Baarle che quest’anno ha vinto la Roubaix e Attila Valter, promessa ungherese per le corse a tappe che ha anche indossato la maglia rosa del Giro d’Italia.

La presentazione della Jumbo Visma 2023 viene trasmessa in streaming su sette piattaforme specializzate, fra cui bici.PRO.

Pogacar scopre i denti: «Voglio il terzo Tour»

13.12.2022
6 min
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Tanti corridori scherzando dicono che la sconfitta al Tour sarà un problema per i tuoi avversari. Dicono che la prossima volta arriverai arrabbiato e più determinato. Solo a questo punto Pogacar alza lo sguardo e in fondo agli occhi si vede chiaramente un lampo.

«Non arrabbiato – dice secco – ma certo più motivato che mai. Se vai con rabbia, rischi di strafare. Io avrò un approccio diverso. Da ogni corsa si impara qualcosa, è chiaro che ho commesso degli errori. Ma adesso sappiamo dove c’è da migliorare. E il Tour sarà l’obiettivo principale del 2023. Poi parleremo di tutto il resto».

Pomeriggio fresco sulle colline alle spalle di Benidorm. L’hotel scelto dal UAE Team Emirates è sprofondato in un quartiere residenziale, di villette e divieti di sosta. Intorno, un andirivieni effervescente di facce nuove e vecchie conoscenze. Bisogna stare attenti a non fotografare i nuovi già vestiti col materiale nuovo, ma intanto si riallacciano i fili dopo lo stacco invernale. Una ventina di giornalisti, noi i soli dall’Italia. Pogacar è rilassato, solo il ricordo del Tour provoca qualche prurito. Con un gesto tira via il cappuccio della felpa nera dagli occhi, lo sguardo è fermo.

Giornalisti da tutta Europa per Pogacar e il team nell’hotel Barcelo La Nucia di Benidorm
Giornalisti da tutta Europa per Pogacar e il team nell’hotel Barcelo La Nucia di Benidorm
Come stai?

Bene, tranquillo. Oggi abbiamo fatto 4 ore e mezza tutti insieme. Questa volta non ho l’obiettivo di arrivare al top alle prime corse, per avere il massimo della condizione negli appuntamenti più importanti (primo cambiamento, conseguenza del Tour perso, ndr). L’anno scorso in proporzione ero più avanti.

Si ricomincia con i ritiri, le interviste, i viaggi, gli impegni. Sei stato in Colombia per il Giro de Rigo…

Il Covid per certi versi non è stato tanto male, perché ci ha tolto tanti impegni (ride, ndr). Ma è giusto che le cose riprendano così. L’anno scorso non sarei mai andato in Colombia e avrei perso qualcosa. E’ stato un viaggio che mi ha permesso di scoprire una nuova cultura. Ho imparato tanto.

Che cosa ti resta del 2022?

E’ stata una delle migliori stagioni, con tante vittorie e bei momenti con la squadra. Il secondo posto del Tour non lo vivo come una sconfitta, soprattutto guardando il quadro completo e come è venuto.

La nuova Colnago è ancora da mettere a punto: si ragiona sull’altezza del manubrio
La nuova Colnago è ancora da mettere a punto: si ragiona sull’altezza del manubrio
Che cosa vedi nel quadro completo?

Abbiamo avuto sfortuna, mentre Jonas (Vingegaard, ndr) è stato fortissimo in salita. Abbiamo rinforzato ancora la squadra, ma quello che è successo al Tour di quest’anno avrebbe fermato anche i migliori corridori del mondo. Puoi farci poco se prendono il Covid o si fanno male. Bennett, Majka, Vegard Laengen, Hirschi con il ginocchio malconcio, Soler che si è fermato. Alla fine siamo rimasti in tre. Abbiamo provato a fare il massimo, ma contro quella Jumbo non c’era tanto margine.

Il Tour è un obiettivo, ma il gruppo si sta riempiendo di avversari: c’è da preoccuparsi?

Allo stesso modo in cui non servirà la rabbia, così non serve avere paura. Non ci sarà solo Vingegaard, verranno fuori di certo altri corridori. Non sai mai chi arriva, per questo è importante concentrarsi su se stessi, cercando i miglioramenti possibili. Evenepoel ad esempio diventerà un brutto cliente. Sta seguendo un bel programma. E’ stato fenomenale tutto l’anno. Se hai vinto la Vuelta, sei già pronto anche per il Tour. Le differenze ci sono, ma non troppe. Il Tour è molto duro perché sono tre settimane di stress costante, che vengono dopo una lunga preparazione. In tutto è un mese di corsa e la stagione è troppo lunga per focalizzarsi esclusivamente su un solo mene.

Secondo alle spalle di Vingegaard: paradossale che a volte si consideri deludente il secondo posto del Tour
Secondo alle spalle di Vingegaard: paradossale che a volte si consideri deludente il secondo posto del Tour
Infatti c’è anche il Giro che ti aspetta…

Mi piacerebbe farlo, il fatto che ci siano tre crono il prossimo anno è positivo, ma non è il percorso che cambia le mie scelte. Il Giro la grande corsa più vicina alla Slovenia, la maglia rosa è bellissima, ma dovremo parlarne dopo il Tour. Forse sarebbe stato diverso se avessi già vinto il terzo, ma non è andata così. Nel mio futuro ci saranno certamente il Giro e anche un ritorno alla Vuelta, in cui ho vissuto alcuni dei giorni più belli.

Si parla tanto di vincere il Tour dopo aver vinto il Giro.

Farli entrambi nello stesso anno è possibile, vincerli è un’altra cosa. Magari ci puoi anche riuscire, però poi finiresti la carriera: non credo che rimarrebbe molto. Per cui il mio obiettivo è vincere il prossimo Tour e riprovarci ancora se non dovessi riuscirsi. Quando poi avrò vinto il terzo, potrò cominciare a guardarmi intorno.

Borracce pronte per l’allenamento. I corridori escono in 3 gruppi distinti
Borracce pronte per l’allenamento. I corridori escono in 3 gruppi distinti
Il Tour, ma anche le classiche. Hai vinto Liegi e Lombardia, cosa si può dire di Sanremo e Fiandre?

Al Fiandre sono andato vicino e certo assieme alla Sanremo è la corsa per me più difficile da vincere. Però ci arriverò al meglio, voglio essere vincente in tutte le grandi corse che farò. E’ bello far parte del gruppo del Fiandre, per il pubblico, i muri, il pavé, la storia. La Sanremo invece è una corsa lunga e noiosa finché arrivi sulla costa, poi diventa ad alta tensione. Hai una sola carta da giocare.

Mohoric ti ha fatto un bello scherzo nella discesa del Poggio…

Se avessi potuto, non lo avrei certo lasciato andare (sorride, ndr). A volte non pensi ai rischi che corri e al fatto che serve avere tanto fortuna. Prendete quel che è successo a Rebellin. La morte di Davide ci ha colpito tanto, anche perché tre giorni prima eravamo insieme a Monaco. E’ stato un momento molto triste per tutta la comunità del ciclismo. Dobbiamo stare attenti, ma per quanto possiamo, non è possibile controllare gli altri.

Da quest’anno in casa Colnago hanno abbandonato il manubrio Alanera di Deda e ne hanno realizzato uno in proprio
Da quest’anno Colnago ha abbandonato il manubrio Alanera e ne ha realizzato uno in proprio
Hai chiuso il 2022 come numero uno al mondo.

Non era un obiettivo, ma è comunque la conseguenza dell’essere sempre stato davanti nelle corse cui ho partecipato. Perché l’anno è pieno di corse in cui fare bene. Al Fiandre mi sono divertito tanto, lo stesso a Montreal. Anche se non vinco sempre, è importante dare sempre il massimo, cercando di migliorare.

Migliorare in cosa?

In tutto, c’è sempre spazio per aggiustare qualcosa, anche se spesso è una questione di dettagli. Ad esempio la crono, so di poter crescere e sto lavorando per farlo.

Per sua ammissione, Pogacar sta vivendo una partenza più cauta dello scorso anno
Per sua ammissione, Pogacar sta vivendo una partenza più cauta dello scorso anno
Come va invece con la popolarità?

Diciamo che negli ultimi mesi la mia vità è stata prevalentemente privata, con qualche momento da condividere sui social. Fanno parte della nostra vita, dobbiamo conviverci. Così come le cose che vengono dai media non sempre sono piacevoli. A volte ti turbano, ma nel mio caso non diventano pressione. Ti abitui. Lo stesso con i tifosi. Le cose sono un po’ cambiate negli ultimi due anni, la gente mi riconosce, ma ha rispetto. Qualcuno a volte esagera, come chi vuole prarlarmi troppo a lungo al supermercato. E’ interessante avere conversazioni con tifosi e perfetti sconosciuti e non faccio niente per nascondermi. Faccio una vita molto normale. Ogni due giorni vado a comprare frutta e verdura fresca, non è così difficile incontrare Pogacar.

Guardati intorno, cosa vedi?

Un gruppo molto motivato, abbiamo fatto un grosso passo in avanti. Eravamo già forti, ora lo siamo di più.

Un anno di imprese con gli occhi di Bennati

30.11.2022
7 min
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Dopo un paio d’ore di bici a ragionarci su, Bennati si fa vivo al telefono. Gli abbiamo chiesto di parlare delle imprese 2022 che gli sono rimaste negli occhi e il tecnico azzurro si presenta puntuale all’appuntamento con il suo elenco, anticipato nel frattempo con un messaggio.

Il finale di stagione è popolato di famiglia, alcuni impegni ufficiali, qualche pranzo con gli amici di sempre e la bici. A breve a Milano si farà un punto della situazione e poi sarà tempo di programmare il 2023.

Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata
Strade Bianche 2022: Pogacar all’attacco da solo per 51 chilometri. Siena conquistata

Pogacar a Siena

La prima impresa che merita un pensiero è la vittoria di Pogacar alla Strade Bianche. Era il 5 marzo, lo sloveno ha tagliato il traguardo dopo 51 chilometri di fuga.

«Ero lì a vederla – racconta Bennati – con l’auto nel vivo della corsa. E’ stata un’impresa che solo lui poteva fare, una distanza esagerata. Solo lui o magari Evenepoel. Sono azioni che ti vengono perché non ti rendi conto, a me non è mai capitato. Ti viene da pensare che quelli dietro non andassero così forte e magari è vero che inizialmente, visto anche il vento, non lo hanno inseguito tanto forte.

«Non è stata un’azione come quella di Van der Poel alla Tirreno dell’anno precedente, perché quella volta fu proprio Tadej a voler bene all’olandese. Van der Poel ha dei fuorigiri impressionanti, ma non è tanto calcolatore. Pogacar invece difficilmente sbaglia. Credo però che certe imprese saranno sempre più difficili da fare. Le prime volte chi insegue calcola male i tempi, adesso invece li tieni a tiro e non lasci tanto spazio. C’è da dire che i 184 chilometri di gara della Strade Bianche hanno aiutato, fossero stati 250 forse sarebbe stato diverso».

Sanremo, 19 marzo: Matej Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima
Sanremo, 19 marzo: Mohoric solleva la bici con cui ha appena stregato la Classicissima

La Sanremo di Mohoric

La Sanremo di Mohoric è la seconda impresa del 2022 che Bennati ha messo in memoria, colpito dalla lucidità e dalla forza dello sloveno.

«L’idea di usare il reggisella telescopico – dice il toscano – è stata geniale, però magari avrebbe vinto lo stesso. Non credo che abbia fatto la grande differenza grazie a questo. Ha vinto perché oltre a essersi preso dei grandi rischi, aveva anche tante gambe. Per vincere non poteva che fare a quel modo. Tirare le curve al limite e poi spingere forte. Lui usa abitualmente il 55 o il 56 anche su strada…

«Non è stata una vittoria come quella di Nibali del 2018, perché Vincenzo si era avvantaggiato in salita, con un’impresa di quelle che si vedevano vent’anni fa. Mohoric sapeva che l’unica soluzione era attaccare nella discesa del Poggio, perché non ha la sparata di Vincenzo. Ha scelto il momento. Ha rischiato due volte di cadere. Una volta ha preso una canaletta di scolo e se fosse caduto nell’ultima curva, non so come sarebbe finita. Ma evidentemente era scritto che la Sanremo dovesse finire così».

I quattro italiani del Giro

La terza tappa di questo viaggio nella stagione secondo il “Benna” è composta dalle vittorie di tappa italiane al Giro d’Italia, proprio nel momento in cui si sparava a zero sul ciclismo italiano.

«Visto che non avevamo ancora centrato grossi successi – dice Bennati – sono state quattro vittorie importanti. La prima, quella di Dainese un po’ a sorpresa, ha dato l’attacco. Poi è venuto Oldani, che ha battuto Rota a Genova. Quindi Ciccone a Cogne e Covi sul Fedaia. Da tifoso, mi hanno colpito tutte. Da commissario tecnico, alla vigilia di un europeo veloce come quello di Monaco, la vittoria di Dainese è stata una bella boccata di ossigeno. Certo, anche lui deve fare un salto di qualità per dare delle garanzie, ma la sua vittoria è stata una bella cosa».

Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno
Così Zana vince il campionato italiano ad Alberobello. E’ il 26 giugno

Il tricolore di Zana

Il quarto momento è la vittoria di Zana al campionato italiano, anche se il vincitore non era ancora un grosso nome.

«E’ giusto parlarne – dice Bennati – perché la maglia tricolore merita considerazione, allo stesso modo in cui è stato giusto portarlo al mondiale. Filippo era un po’ in calo, ma la corsa che ha vinto è stata bella e importante. Il prossimo anno passa in una WorldTour e deve fare uno step importante in avanti, per capire dove potrà arrivare. Spero che possa fare il Giro e far vedere la maglia tricolore».

Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo
Kuss andatura
La vittoria di Vingegaard ha ribaltato i pronostici del Tour, ma Pogacar ci ha messo del suo

Il Tour di Vingegaard

Il Tour di Vingegaard rientra tra i fuori programma meno attesi. «Tutti si aspettavano Pogacar – dice Bennati – invece è stato un bel Tour. Combattuto con tattiche non sempre comprensibili. Penso all’ultima crono di Vingegaard, che forse avrebbe potuto alzare il piede dall’acceleratore e invece stava per finire contro un muro. A volte fare due calcoli può essere utile. Se Pogacar non fosse andato alla caccia di ogni traguardo, avrebbe vinto nuovamente lui. Ma di una cosa sono certo, della sconfitta del 2022 faranno le spese i suoi avversari il prossimo anno.

«Comunque Vingegaard è stato bravo a restare sempre coperto nella prima settimana, non l’hai mai visto. E aveva accanto la Jumbo Visma che ha sempre creduto in lui, presentandosi con un organico impressionante».

Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato
Wollongong, 25 settembre: Evenepoel vince il mondiale con un attacco da lontano, come aveva annunciato

Il mondiale di Evenepoel

Il mondiale di Evenepoel è la sesta finestra di Bennati sul 2022 e questa volta il discorso si fa personale, dato che a lottare per lo stesso traguardo c’erano anche i nostri.

«La cosa sorprendente – dice Bennati – è che tutti sapevano quello che avrebbe fatto, cioè partire da lontano. Remco ha sfruttato tutto nei minimi dettagli ed è un peccato che Rota non gli stesse attaccato, perché aveva la gamba giusta per rimanere con lui. Quando ha provato a inseguirlo all’ultimo passaggio sotto il traguardo, gli era arrivato a 50 metri poi ha dovuto rialzarsi. Magari Remco lo avrebbe staccato al giro successivo, perché mettendosi al suo livello lui ti logora. Infatti secondo me Lutsenko ha sbagliato ad aiutarlo, ma se Rota fosse andato con loro, almeno il podio era assicurato.

«Dopo un po’ ho smesso di pensarci. Ho fatto tesoro del buono e messo via quel che non serve. In proporzione, ci ho messo più tempo a dimenticare i mondiali di Doha…».

Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese
Grenchen, 8 ottobre: il record dell’Ora di Ganna ha mostrato il carattere del campione piemontese

L’Ora di Ganna

Si chiude con il record dell’Ora di Ganna, che Bennati non ha potuto seguire per l’influenza. Il cittì aveva visto Pippo partire dall’Australia alla volta dell’Europa e del tentativo di Grenchen.

«Nonostante tutto quello che era stato detto alla vigilia – racconta – ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. E’ stato un avvenimento importante e per lui il coronamento di un sogno. Dopo la delusione del mondiale, ha dimostrato carattere da grande campione».

Vingegaard vuole firmare anche la maglia gialla 2023

27.11.2022
6 min
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«A volte mi sveglio e mi chiedo ancora se sto sognando o se ho davvero vinto il Tour de France. Esco e controllo la maglia gialla… ed è ancora lì. Ce l’ho a casa, è una bella sensazione». Magrissimo, sorridente, semplicissimo: Jonas Vingegaard si aggira nel Service Course della Jumbo-Visma come fosse uno qualsiasi. Si ferma a parlare con i compagni, quasi a chiedere se può inserirsi nella conversazione, passa a ritirare il suo materiale, si dedica alle interviste, autografa maglia gialle e a pois.

Tra l’altro, e fa un po’ ridere, quando arriva il momento del pranzo i panini sono finiti. Lui non trova niente e agguanta dal buffet quel paio di biscotti secchi rimasti. 

Lo tsunami del post Tour de France sembra alle spalle e lui appare sereno e disteso, con quella piega della pelle intorno alla bocca che vorrebbe farlo apparire più vecchio, ma che non ci riesce.

Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France
Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France

Vita di sempre

Come Roglic e Van Aert, anche Vingegaard ci concede un bello spazio per parlare. E si parte proprio dalla vita, quella del post Tour. Ormai la maglia gialla per lui segna un confine tipo, prima e dopo Cristo.

«Ovviamente – racconta il danese – le cose intorno a me sono diverse, ma la mia vita non è cambiata molto. Faccio ancora le stesse cose: vado in bici, vado a fare la spesa, vivo nello stesso paesino di 1.500 persone che sono sempre le stesse… E’ diverso perché ora più gente mi riconosce per esempio se vado in aeroporto.

«A casa però siamo noi: ci alziamo, facciamo colazione tranquillamente. Io vado in bicicletta mentre la mia compagna e mia figlia stanno a casa… Ogni tanto prendiamo una sorta di cargo bike che ci ha dato lo sponsor per andare in giro».

Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)
Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)

Tour e team

Vingegaard passa poi a raccontare del Tour. Di quelle tre settimane incredibili. Le insidie dell’inizio. Il dominio di Pogacar. Il suo ribaltone.

«La cosa più bella – racconta Jonas – è che abbiamo corso come team. Abbiamo cosi tanti talenti in squadra… Avevamo un obiettivo finale e tutti abbiamo rispettato il piano. Wout per esempio aveva la maglia gialla, ma ha rinunciato a difenderla per aiutarmi». Il riferimento è al giorno della tappa in pavé quando Vingegaard rimase indietro e rischiò di perdere tanti, tanti minuti. Fu Van Aert a salvarlo… e anche bene». E Van Aert tenne la sua maglia per una manciata di secondi.

«Credo che il giorno più difficile sia stato quando abbiamo perso Steven (Kruijswijk, ndr) e Primoz (Roglic, ndr). E’stato un giorno molto negativo, che ha avuto un certo peso. Ma poi dovevamo continuare a lottare, quindi il nostro piano è stato di accettare la situazione e provare a fare del nostro meglio e andare avanti. Però altri momenti duri non mi vengono in mente».

Sul ritiro di Roglic, Jonas è parso davvero dispiaciuto. Loro due hanno un ottimo rapporto e il danese spera, ed è certo, che Primoz potrà tornare a grandi livelli già dalla prossima stagione.

Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo
Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo

Verso il 2023

«Ho iniziato due settimane fa ad allenarmi – prosegue Vingegaard – ho avuto una lunga vacanza rispetto al solito. E quando sono tornato dal Giappone (per le kermesse organizzate da Aso, ndr) ho subito iniziato ad allenarmi.

«In cosa posso migliorare? Sicuramente lo sprint, per iniziare. Ma ci sono molti aspetti da migliorare ancora. Non voglio solo migliorare fisicamente, voglio migliorare in tutto. Quest’anno spesso sono stato male, vorrei migliorare anche questo. Nei materiali…».

Quando si va molto in alto poi accade che pressione e stimoli ti facciano vacillare. E’ questione di carattere e di nervi saldi, ma in questo caso sembra emergere l’uomo del Nord. Jonas è razionale e consapevole.

«Non so se sia più affamato per vincere rispetto allo scorso anno. Sono affamato in maniera diversa. C’è qualcosa di speciale. Voglio ancora fare bene e vincere corse».

«Con la mia storia, essere nervoso sarebbe stato facile. Non mi innervosisco più come prima. Mi sono detto: “Se vinco, vinco… altrimenti sarà per l’anno prossimo. E ci riproverò fino a che non vincerò”. In tal senso sono migliorato dall’inizio del 2021, anche nel gestire le aspettative. Io non ho mai avuto problemi a mantenere le aspettative degli altri, ma ho sempre avuto difficoltà nel mantenere le mie. Mettevo molta pressione su di me. Questo era il mio problema».

Ma poi ci sono anche gli altri. Pogacar magari avrà perso qualche certezza, ma è sempre Pogacar e ci ha messo poco a rimboccarsi le maniche. Guardate come ha vinto il Lombardia… Ma lui sarà ancora più aggressivo? Si dice che lo sloveno voglia lavorare ancora di più per la salita.

«Penso che sarà più motivato. Non so se più aggressivo. E’ stato già abbastanza aggressivo quest’anno!».

Giro o Tour?

Jonas ha visto i percorsi del Giro d’Italia e del Tour. La sua destinazione è scontata e anche lui ammette che con tre cronometro in Italia, la corsa francese sia più adatta alle sue caratteristiche.

«Però non abbiamo ancora pianificato cosa fare l’anno prossimo. Io vorrei tornare al Tour».

Mentre scarta l’idea di una doppietta Giro-Tour, nonostante il suo idolo da ragazzo fosse Contador, l’ultimo ad averci provato veramente. 

«Quando ho iniziato con il ciclismo mi piaceva molto Contador. Mi piaceva il suo modo di correre, di attaccare. Da lui ho preso l’ispirazione a non avere paura di attaccare. Di essere aggressivo, ma in un modo intelligente.

«E’ difficile dire se è possibile fare la doppietta in un grande Giro. Credo che se dovessi iniziare penserei più al Tour e alla Vuelta. Non è facile, ma di sicuro Giro e Tour è duro. Forse li potrei fare in futuro. Per il prossimo anno non so… magari potrei fare anche la Vuelta».

Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada
Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada

Paure

Vingegaard ha detto di aver lavorato molto anche su stesso con la gestione del nervosismo, della pressione e sta maturando velocemente. Ma poi ci sono dubbi con i quali anche i campioni devono fare i conti e Jonas lo dice apertamente.

«Certo che ci sono delle cose che mi fanno paura. Per esempio in allenamento cerco di andare più piano che nelle corse. Sto attento alle curve, ho paura di essere tamponato da una macchina. Cerco di essere sempre essere concentrato sulla strada. 

E palrando dell’incidente di Bernal, lui dice: «Guardo sempre avanti. Ovviamente sono cose possono capitare, ma sono sempre molto più prudente durante gli allenamenti».

E la paura c’è stata anche in quell’ultima curva nella crono di Rocamadour, quando finì al di fuori dell’asfalto e sfiorò la parete di roccia che c’era subito al margine. Rischiò di mandare tutto in fumo quando mancavano 2.000 metri all’impresa.

«Eh sì – ricorda Vingegaard – mi sono spaventato abbastanza. Ma non volevo andare piano. E penso che rifarei lo stesso. Ho preso la linea sbagliata e siccome la strada era sconnessa, ho fatto anche peggio. Se la strada non fosse stata sconnessa, sarei riuscito a passare facilmente.

«Dall’ammiraglia cosa mi hanno detto? Non ricordo bene, ma mi hanno detto: “Bel salvataggio!”».