Aurum con Bike Division: c’è l’accordo di partnership

16.11.2024
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Il tour operator specializzato Bike Division ha recentemente ufficializzato la definizione di una rilevante partnership di collaborazione con Aurum, marchio produttore di biciclette spagnolo fondato da Alberto Contador e Ivan Basso. Questo sodalizio nasce dalla volontà di unire le elevate prestazioni delle biciclette Aurum con l’esperienza di Bike Division nell’organizzazione di viaggi in bici esclusivi e indimenticabili. 

«Questa collaborazione – ha dichiarato Javier Pastor, responsabile marketing di Aurum – rappresenta l’unione perfetta tra il massimo delle prestazioni su due ruote e l’esperienza unica dei tour organizzati da Bike Division. Tutti i partecipanti ai viaggi Bike Division avranno la possibilità di conoscere e testare dal vivo le nostre biciclette, progettate per offrire performance di altissimo livello sui percorsi più stimolanti. Nei prossimi mesi saranno svelati ulteriori dettagli su come scoprire da vicino il mondo di Aurum e saranno proposte promozioni esclusive per coloro che viaggeranno con Bike Division».

«Siamo entusiasti di questo accordo – ha ribattuto Andrea Tonti, ex ciclista professionista e co-fondatore di Bike Division – e sono sicuro che questa sinergia eleverà ulteriormente l’esperienza di viaggio dei nostri ciclisti, rendendola davvero esclusiva».

Le biciclette Aurum accompagneranno Andrea Tonti e i suoi viaggiatori per tutto il mondo
Le biciclette Aurum accompagneranno Andrea Tonti e i suoi viaggiatori per tutto il mondo

Nuovo standard qualitativo

Aurum rappresenta molto più di un marchio: è l’incarnazione della dedizione e della passione di Contador e Basso per il ciclismo. Fondato dopo il ritiro dei due campioni dalle competizioni, Aurum nasce dal desiderio di creare la bicicletta ideale, una bici che rispecchi il loro rigore, la loro esperienza e la loro visione di performance e qualità. La vittoria in un Grand Tour, infatti, non è soltanto una questione di talento: richiede disciplina, determinazione e una dedizione incrollabile, valori che hanno permesso a Contador e Basso di distinguersi e vincere più Grandi Giri. È questa stessa mentalità vincente che hanno trasferito nel progetto Aurum, creando biciclette concepite per raggiungere risultati d’eccellenza.

Il desiderio comune è di creare nuovi standard sia per il mondo del ciclismo che per quello dei tour operator
Il desiderio comune è di creare nuovi standard sia per il mondo del ciclismo che per quello dei tour operator

Il nome stesso del marchio non è casuale: significa “oro” in latino, un richiamo simbolico al successo, alla vittoria e al gradino più alto del podio. La scelta di un nome latino evoca anche il legame tra Spagna e Italia, le terre d’origine di Contador e Basso. Aurum rappresenta il loro sogno comune e il desiderio di stabilire un nuovo standard nel mondo delle biciclette da strada di alta gamma. Con la loro esperienza, Contador e Basso puntano a fare di Aurum un marchio iconico per chi cerca eccellenza, stile e passione per la velocità. Grazie alla collaborazione con Bike Division, gli appassionati potranno vivere in prima persona l’essenza di Aurum in ogni singola pedalata!

Aurum

Bike Division

La nuova Polti-Kometa. Cambiamenti nel segno della continuità

09.11.2024
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Una delle principali voci dell’ambiente ciclistico in questa fase di passaggio tra la vecchia e la nuova stagione è legata alla Polti-Kometa. Può sembrare strano se consideriamo che ufficialmente ci sono solo 3 nuovi innesti, con il maltese Aidan Buttigieg insieme a due neopro’ (uno dei quali è Raccagni) a fronte di 4 partenze (una pesante, quella di Paul Double), ma il mercato e soprattutto l’evoluzione di una squadra non sono dati solo dai nomi di chi arriva e chi se ne va.

4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia
4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia

Ivan Basso non si tira indietro, quando gli viene riferito come i fari dell’attenzione siano più accesi che mai sulla sua creatura e misura bene le parole per tracciare i passi principali di quello che potrebbe essere un punto di svolta: «Io però più che chiamarlo così, vorrei che si parlasse di un processo di continua crescita che anche nel 2025 vedrà il team compiere passi avanti. Noi stiamo mettendo a punto strategie fatte di decisioni importanti, che riguardano non solo i corridori, ma anche lo staff e soprattutto tutta l’intelaiatura che tiene in piedi il nostro progetto. Ogni innesto deve essere attentamente considerato».

Da quel che si vede è in atto però un’opera di ringiovanimento, nel roster e non solo…

E’ il passo che stiamo facendo in questo periodo storico del nostro team. Cerchiamo di muoverci con attenzione guardando al budget ma anche ai nostri obiettivi. Per questo dico che avere trattenuto Piganzoli e Lonardi, ma anche Maestri significa avere mantenuto le colonne portanti del team e questo non può essere dato per scontato nel ciclismo che viviamo, perché è uno sforzo importante, che deve essere riconosciuto. Considerate che sono corridori profondamente rivalutati rispetto a 1-2 anni fa, con un valore molto diverso.

Piganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con due mostri sacri come Pidcock e Pogacar
Piganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con Pogacar
Sin dall’inizio il tuo progetto è stato molto seguito e attirava intorno a sé grandi speranze legate a tutto il ciclismo italiano. Ritieni di essere arrivato al punto che volevi per questo specifico momento?

Difficile da dire, ma posso ritenermi soddisfatto e orgoglioso, perché non conta solo dove vuoi essere, ma anche come ci arrivi. I processi di crescita non seguono sempre i tempi che uno ha preventivato, possono essere più o meno veloci. Io dico che di strada ne abbiamo fatta tanta, abbiamo una posizione consolidata, ma il processo di crescita è ancora molto lungo.

Una novità profonda nel vostro assetto è il voler dedicare un grande spazio all’attività juniores a discapito di quella under 23. Perché?

Abbiamo studiato la situazione, l’evoluzione del ciclismo e abbiamo capito che ciò che cercavamo è in quella fascia che copre allievi e juniores. Attenzione però, perché sappiamo anche noi che non sono tutti fenomeni a 17 anni, che per uno che emerge subito ce ne saranno altri che avranno bisogno di più tempo. Io penso ad esempio che la fascia under 23 abbia fatto il suo tempo, sia più indicato muoversi attraverso una fascia under 21, nella quale quei due anni post attività juniores permetterebbero ai ragazzi di continuare a crescere senza sentirsi troppo pressati. D’altro canto scendiamo nel dettaglio dell’attività di ragazzi di 17 e 18 anni e vedremo che attualmente ci troveremo di fronte a varie fasce di attività.

Per Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volate
Per Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volate
Quali?

Troverai quelli più bravi che vanno subito nel WorldTour, quelli che approdano nei devo team, quelli che vanno nelle professional e infine quelli che vanno nei team under 23. E’ un sistema che non mi piace, significa che questa categoria prende corridori di quarto livello. Io poi, di un corridore giovane, non voglio guardare solamente i risultati.

Che cosa cerchi allora?

Io devo avere un compendio molto ampio d’informazioni, dove i risultati hanno un peso, ma voglio sapere anche quali gare hanno fatto, quanta altura, quante ore di allenamento, che scuola frequentano, come si relazionano con i compagni. A proposito degli studi, il rendimento scolastico sarà una conditio sine qua non per gareggiare: se anche una sola materia non va bene, niente gare. Io voglio un team di ragazzi ai quali chiedo risposte non immediate, ma fra 3 anni. Solo così possiamo lavorare per costruire insieme il loro futuro.

Maestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del team
Maestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del team
Come mai finora vi siete mossi così poco?

Stiamo valutando tantissime situazioni, ma devono essere tutte funzionali alle nostre colonne di riferimento. Se vuoi davvero crescere come team, significa che quelli bravi devi tenerli e fare in modo che diventino bravissimi ed è questo il nostro obiettivo. Per farlo, devi avere le spalle coperte. Per me è motivo di grande soddisfazione avere coinvolto ancora la Polti che è un marchio storico nel ciclismo e che si è rilanciato prepotentemente, ma lo è anche sapere che Kometa dopo 7 anni al nostro fianco si è deciso a prolungare per altri 2 anni, o che abbiamo VisitMalta per altri 3, o ancora che abbiamo definito, è notizia di questa settimana, la sponsorizzazione di un marchio prestigioso come Yamamay.

Questo vi dà ulteriore spinta per il mercato?

Sicuramente, infatti oltre ai nomi già sicuri abbiamo definito l’approdo di un giovane di talento come Crescioli e di un corridore già strutturato e funzionale per il nostro team come Zoccarato. Mancano a nostro avviso ancora due innesti, ma stiamo valutando, non inseriremo nomi a caso.

Zoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadra
Zoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadra
Obiettivamente, rispetto a quando avete iniziato la vostra avventura imprenditoriale, le regole dell’UCI in continua evoluzione hanno rappresentato una difficoltà non prevista?

Questo è un tema molto delicato, per il quale ci vorrebbero ore di discussione… Possiamo dire che noi siamo d’accordo che ci sia un ranking che stabilisca le gerarchie, ma che queste hanno valore se c’è equità. Per il resto è un tema che ha mille sottotemi da affrontare. Magari lo faremo più avanti…

Come vendere il prodotto ciclismo. Pozzato dice la sua

24.10.2024
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Il progetto è sempre lì. Filippo Pozzato non ha riposto nel cassetto le speranze di costruire un team tutto italiano che possa avere un futuro nel WorldTour, anzi si è consociato con Davide Cassani (che aveva espresso una volontà simile all’indomani del suo addio dalle responsabilità tecniche azzurre), ma per ora siamo ancora nel campo delle possibilità future, nulla di più. E dalle sue esperienze emergono tutte le difficoltà del ciclismo italiano attuale, assolutamente non al passo con i tempi.

Pozzato insieme al presidente Uec Della Casa. Per l’organizzatore italiano bisogna lavorare molto sulla comunicazione
Pozzato insieme al presidente Uec Della Casa. Per l’organizzatore italiano bisogna lavorare molto sulla comunicazione

Pozzato, reduce dalle fatiche organizzative delle classiche venete rese monche dal cattivo tempo, sottolinea come al momento il problema principale riguardi la ricerca di fondi: «Sto girando l’Italia proponendo la mia idea a molte aziende e questo mi permette di capire qual sia il gradimento del ciclismo. Devo dire che l’attenzione verso la nostra proposta non manca, il problema vero è legato alle cifre e al corrispettivo che ottiene chi investe nel nostro mondo. Per questo dico che c’è un disagio generale: non sappiamo vendere il nostro prodotto perché siamo ancorati a un approccio vecchio».

Che cosa chiede chi dovrebbe investire?

Vuole avere innanzitutto ritorno d’immagine, visibilità, regole certe. Se vado da uno sponsor per fare una squadra che ambisce a entrare nel WorldTour, devo chiedere un investimento di svariati milioni di euro per almeno un quinquennio. La risposta è sempre: «Ma a fronte di una simile esposizione che cosa ho in cambio?». E lì emergono tutte le nostre difficoltà perché non basta certo far vedere la maglia nella ripresa Tv a soddisfare le richieste, oggi che siamo nell’era dell’immagine.

Bisogna riportare la gente sulle strade, soprattutto i giovani, raccontando loro le storie dei protagonisti
Bisogna riportare la gente sulle strade, soprattutto i giovani, raccontando loro le storie dei protagonisti
Tu però parlavi anche di regole…

Il regolamento Uci non è assolutamente chiaro. Si è voluto introdurre il sistema di promozioni e retrocessioni: può anche andar bene, se non hai mezzi e capacità per competere al massimo livello è giusto lasciar posto ad altri. Quel che è meno giusto è “congelare” la situazione per anni, far scannare i team per tre stagioni impedendo agli altri di fare investimenti. Fai come negli sport di squadra, promozioni e retrocessioni ogni anno con regole certe anche per la partecipazione alle gare. Ma il problema non riguarda solamente le WorldTour.

Ossia?

Guardate quel che avviene nelle continental: noi in Italia abbiamo una visione falsata a questo proposito perché non puoi certo fare una squadra continental con 200 mila euro. Che attività puoi fare con un budget tanto risicato? Che cosa puoi dare ai tuoi atleti? Per questo dico che siamo ancorati a schemi vecchi quando il ciclismo è andato avanti, è diventato uno sport costoso, di primo piano. Per fare una continental seria si parte dal milione di euro in su, c’è poco da fare, perché giustamente sono aumentate le professionalità che devi coinvolgere, dal nutrizionista al preparatore.

Basso è per Pozzato un modello di come costruire un team su base aziendale, ma servono budget maggiori
Ivan Basso è un modello di come costruire un team su base aziendale, ma servono budget maggiori
Come si fa a vendere un proprio progetto in un simile ambito?

E’ difficile, lo vedo e per questo ammiro molto gente come Ivan Basso e gli sforzi che fa. Dobbiamo renderci conto che è una questione di marketing, di saper vendere quel che si ha. C’è una generale carenza nella comunicazione: come è possibile che dopo il mondiale di Zurigo arrivano il campione del mondo Pogacar e il suo rivale Evenepoel in Italia, a correre non solo il Lombardia ma anche corse come Emilia e Tre Valli Varesine e lo sappiamo solo noi addetti ai lavori?

In altri tempi, sulla “rivincita dei mondiali” sarebbe stata fatta una campagna di stampa enorme…

Già, poi vedi nel contempo che la sfida fra Sinner e Alcaraz per un torneo d’esibizione diventa martellante, ne parlano tutti i canali, tutti i media, tutti i social. Allora capisci che siamo noi – e ci metto tutti dentro – a non saper vendere il nostro lavoro. Una responsabilità in tal senso ce l’ha l’RCS, la Gazzetta che ha abbandonato il ciclismo, non segue più gli eventi, ma questo avviene anche con i suoi: le pagine per il Giro d’Italia sono drasticamente ridotte e gli inviati anche.

Sinner e Alcaraz: le loro sfide ormai coinvolgono tutti, anche per semplici esibizioni (foto Getty Images)
Sinner e Alcaraz: le loro sfide ormai coinvolgono tutti, anche per semplici esibizioni (foto Getty Images)
Per imitare il fenomeno tennis, servirebbe che avessimo un Pogacar?

Sì, quando avevamo Pantani tutti ne parlavano, ma rendiamoci conto che di Pogacar ne nasce uno al secolo e chissà dove… Io guardo il fenomeno tennis, Sinner è il frutto di almeno 15 anni d’investimenti nei tecnici, nei settori giovanili. Dietro il numero uno ora abbiamo una decina di tennisti fra i primi 100. C’è un movimento. Noi abbiamo latitato proprio in questo e continuiamo a farlo.

Un problema di gestione federale?

Sicuramente, ma è uno dei tanti. Andrebbero fatti investimenti nei settori senza attendersi subito risultati. Io credo che il ciclismo paghi anche il retaggio di una comunicazione sbagliatissima quando si è dato troppo spazio al doping senza investire sui giovani, sulle vittorie pulite. E’ stato fatto passare un brutto messaggio che ora, unito al problema sicurezza sulle strade, fa del ciclismo un soggetto meno appetibile. Le aziende che investirebbero ci sono, io ne avevo trovata una davvero grande, ma poi ha deciso di spendere quei soldi in un altro sport…

Secondo Pozzato, al ciclismo italiano servirebbe un Pantani capace di risvegliare l’attenzione dei media
Al ciclismo italiano servirebbe un Pantani capace di risvegliare l’attenzione dei media
Eppure di messaggi positivi questo mondo continua a diffonderne…

Io sono convinto che i personaggi ci sono, le storie da raccontare ci sono. Ma su personaggi come Pellizzari, tanto per fare un nome, ci devi investire, lo devi raccontare, far conoscere anche a chi non è del settore, perché poi al passaggio sulle montagne del Giro la gente a incitarlo ci sarà. I giornali continuano a credere che il popolo italiano sia calciofilo e basta: non è più così. il calcio attira meno e ha lasciato spazi importanti, noi potremmo coprirli, ma dobbiamo andare incontro alle nuove generazioni.

Montoli, nessuna chiamata. Il bel sogno finisce qui

22.10.2024
5 min
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Si fa presto a dire giovane, però intanto il tempo passa come i chilometri e ti ritrovai ad averne 22 e sentirti vecchio. Se nel mezzo non ci sono stati i risultati che per primo ti aspettavi, allora l’idea di andare avanti perde fascino e ti ritrovi a pensare a una vita senza la bicicletta. E’ stato così che Andrea Montoli, che in vita sua aveva già sconfitto un linfoma, si è ritrovato davanti alla domanda che già di per sé poteva toglierti la voglia di andare avanti: noi ti teniamo, ma tu cosa vuoi fare?

La Biesse-Carrera lo avrebbe tenuto, dopo avergli proposto un bel calendario: migliore di quello dei primi anni. Il diesse Milesi conferma che il ragazzo vale, che ha classe, ma che il passaggio fra gli elite lo ha bloccato.

«Resta con noi e farà gruppo con i compagni – dice il tecnico bergamasco – ma non credo che ci ripenserà. Il suo problema è aver corso davvero poco i primi anni. Ma ormai ha preso la sua decisione ed è quella. Curerà i nostri social e porterà avanti gli studi, perché è bravo. Sapete quante squadre me lo hanno chiesto? Ma ha detto basta e così sarà…».

Nel 2020 Montoli vince il tricolore juniores a Montegrotto, davanti a Germani e Calì (photors.it)
Nel 2020 Montoli vince il tricolore juniores a Montegrotto, davanti a Germani e Calì (photors.it)

Il sogno nel cassetto

Così Montoli si è guardato dentro, ha rimesso nel cassetto i sogni di junior tricolore con otto vittorie nei due anni, e si è rimboccato le maniche. Ha chiesto e ottenuto dalla Biesse-Carrera di occuparsi dei suoi social e intanto, girando le corse con la sua ultima squadra, porterà avanti gli studi in Scienza della Comunicazione. Magari con più impegno, sorride, di quello che riusciva a metterci da atleta.

«Sono tranquillo – dice – deciso dalla scelta che ho fatto. La squadra era disposta anche a tenermi, ma a luglio ho parlato con i miei genitori e le persone con cui ho più confidenza per avere più pareri possibili, anche se poi avrei scelto di testa mia. E alla fine ho deciso così. Il mio principale obiettivo era quello di passare professionista, ma vedendo l’andamento del ciclismo moderno, ho reputato che fare l’elite sarebbe stato poco motivante. Con la Biesse-Carrera avrei fatto un ottimo calendario anche tra i professionisti, ma lì è sempre difficile emergere e si sta andando sempre di più in cerca del super giovane. Non che io non lo sia più, ma per gli standard del ciclismo, iniziano a guardarmi con sufficienza».

D’Amato, Montoli, Arrighetti, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera espugna il Liberazione 2024
D’Amato, Montoli, Arrighetti, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera espugna il Liberazione 2024

Secondo a Caracalla

Il suo ultimo ricordo felice in sella alla bici è probabilmente il secondo posto al Gran Premio Liberazione alle spalle del compagno di squadra Donati, partito alla volta del devo team della Red Bull-Bora. Chissà se le parti invertite avrebbero cambiato qualcosa. Non lo sapremo mai.

«Pur avendo in testa questa scelta – racconta – andavo alle corse cercando sempre di fare una buona prestazione e sperando nella chiamata di qualcuno. Il sogno se ne è andato definitivamente il 20 ottobre, dopo la Veneto Classic. E’ la fine di una carriera e l’inizio di una nuova vita. Non lascio la bici con rabbia, ma consapevole di aver dato al gruppo e al ciclismo qualcosa di me, dei miei atteggiamenti allegri, della mia leggerezza. Sono stati anni belli. La malattia è stata lo spartiacque, ma fortunatamente è andata bene e ho potuto proseguire questa strada. Da junior vincevo, poi sono passato alla Eolo U23 e ho pagato un po’ la carenza di corse nel primo anno, forse anche il fatto che fosse tutto nuovo. Alla fine sono stati anche anni difficili, perché faticavo ad arrivare alla vittoria. L’unica è venuta nel 2022 in una tappa della Vuelta Valencia. Diciamo che quel periodo mi è servito soprattutto per imparare lo spagnolo, con cui ora mi faccio capire. Poi alla Biesse-Carrera mi hanno trattato davvero bene e, pur non vincendo, nelle internazionali sono arrivato spesso davanti».

Nel 2022 Montoli corre da stagista la Coppa Agostoni. Sembrava destinato a passare nel 2024
Nel 2022 Montoli corre da stagista la Coppa Agostoni. Sembrava destinato a passare nel 2024

Il cammino interrotto

Resta il senso di un cammino che si è interrotto, spesso anche per un pizzico di sfortuna. E restano i sogni del ragazzino pescato nel mazzo da Ivan Basso, che nonostante le belle parole del varesino, non hanno avuto un seguito.

«Da più giovane, penso di aver sempre avuto una bella visione di corsa – dice – ma nei professionisti sono riuscito raramente a prendere la fuga buona. Piuttosto provavo, mi riprendevano e appena mi rialzavo o andavo un po’ dietro, andava via quella giusta. A volte mi è capitato di spegnermi nel finale, ma in certe corse sai che ti manca qualcosa. Quando Basso mi ha chiamato, è stato bello. Ho sempre cercato di essere professionale nei suoi confronti, però a quanto pare non sono stato premiato. Quando gli dissi la mia intenzione di passare alla Biesse-Carrera, disse che mi avrebbe seguito, ma ci siamo persi di vista. Comunque ringrazio il ciclismo per avermi fatto crescere come atleta e come persona. E ringrazio anche i miei compagni di squadra e anche gli avversari. Nonostante il finale, il ciclismo resta una parte importante della mia vita».

Basso, gli juniores e la Polti che aspetta il colpo grosso

17.09.2024
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MISANO ADRIATICO – Ivan Basso è circondato dai tifosi che chiedono firme e foto. Il richiamo del campione è immutato anche ora che ha smesso da quasi dieci anni. L’Italian Bike Festival è l’occasione per mostrare le Aurum Bikes, che ha ideato assieme a Contador e sono appena sbarcate sul mercato italiano. La Fundacion Contador, il cui organico costituisce la base del Team Polti-Kometa, ha annunciato una riorganizzazione: spariscono gli under 23 e si punta tutto sugli juniores. Oltre alle spiegazioni fornite con la comunicazione dei primi di agosto, è interessante sentire al riguardo il parere di Ivan. Quale futuro immagina per la sua squadra? Due sgabelli in un angolo dello stand sono il posto giusto per entrare nel discorso.

Giro d’Italia, Basso con Matteo Fabbro: per lui una stagione al di sotto delle attese
Giro d’Italia, Basso con Matteo Fabbro: per lui una stagione al di sotto delle attese
Perché questa decisione?

E’ stata presa dopo una riflessione molto lunga e profonda sul reclutamento dei nuovi talenti. Osservando i risultati che abbiamo avuto dall’ultima ondata di ragazzi, abbiamo capito che qualcosa sta cambiando, andando verso il potenziamento della categoria under 19. Questo ci ha fatto pensare che è meglio fare una squadra juniores potenziata e far passare gli under 23 più bravi direttamente tra i professionisti. Può essere un rischio per qualche ragazzo che non si sia ancora espresso nella categoria, ma in cui vediamo il potenziale necessario.

Anche per evitare che gli under 19 migliori vengano portati via da qualcun altro?

Da un paio d’anni c’è la tendenza per cui lo junior più forte e vincente va in una WorldTour. Quello un pochino sotto va nel devo team di una WorldTour. Mentre quello ancora un pochino sotto sceglie fra le due professional italiane. Questa cosa ci ha fatto capire che fosse giusto prendere una decisione e così abbiamo fatto.

Puoi dire di essere pienamente soddisfatto della stagione della squadra?

Siamo contenti perché la squadra ha espresso quasi sempre il massimo di quello che poteva. Abbiamo partecipato a un calendario di primissima fascia, in cui le gare principali sono finite alle stesse due, tre squadre, mentre ce ne sono altre 22 che non hanno vinto e tra queste ci siamo anche noi. Alcuni atleti sono andati meglio di quanto ci aspettassimo, altri hanno reso meno, per cui forse non sta andando esattamente come vorremmo. Sicuramente potevamo fare meglio.

Maestri è il leader del Team Polti: di recente ha vinto il titolo europeo del mixed team relay
Maestri è il leader del Team Polti: di recente ha vinto il titolo europeo del mixed team relay
Cosa vorreste?

Vogliamo crescere, andare avanti, vogliamo fare meglio. Dobbiamo anche guardare il rapporto tra investimento e risultati, che non vale solo nel calcio. Quando lavori con corridori che devono crescere, fai un certo tipo di lavoro e hai un costo. Se devi prendere corridori che garantiscono vittorie, ne hai un altro.

Prendere corridori che garantiscono il risultato potrebbe diventare una necessità?

Lo è già. Il problema è che in questo momento non abbiamo le risorse sufficienti. Voglio ringraziare i miei sponsor e quelli che con ogni probabilità ci seguiranno, perché ci hanno permesso di mantenere i corridori che abbiamo. Non era assolutamente scontato riuscire a tenere Piganzoli (foto di apertura, ndr). Non era assolutamente scontato tenere Lonardi. L’alternativa sarebbe stata aprire un nuovo ciclo, sapendo che ci sarebbe stata una differenza.

Quale?

Nel ciclo aperto con Piganzoli, i migliori under 23 volevano venire con noi. Se aprissimo un nuovo ciclo adesso, probabilmente non prenderemmo i migliori under 23. Però vi chiedo: quante squadre WorldTour quattro anni fa avrebbero preso Piganzoli? Nessuna, probabilmente. Davide è arrivato al professionismo con due vittorie e altre due le ha vinte da professionista, quindi quattro vittorie in tutta la sua carriera. Cosa vuol dire? Vuol dire che stiamo lavorando per tirare fuori un corridore che con orgoglio siamo riusciti far passare, nonostante non avesse un palmares eccellente. Questo fa sperare che alcuni di quelli che abbiamo adesso in organico, magari domani potrebbero venire fuori bene. Poi, ovvio… di Nibali non ne nasce uno ogni biennio.

Per Lonardi, una vittoria per ora nel 2024, ma tanti piazzamenti in maglia Polti-Kometa
Per Lonardi, una vittoria per ora nel 2024, ma tanti piazzamenti in maglia Polti-Kometa
Piganzoli quest’anno ha fatto la prima altura in vita sua. E’ andato bene al Giro. Ci sta che nel 2025 spingiate di più sul gas?

Sì, sì, non c’è dubbio. “Piga” è un atleta che sa fare benissimo il mestiere del corridore che vince e può diventare un campione. Ha fatto un gran bel Giro d’Italia, diverso da quello di Pellizzari ad esempio, che reputo un atleta eccellente, ma il suo Giro è stato fatto di alti e bassi in cui ha potuto recuperare. Piganzoli invece ha tenuto duro tutti i giorni e noi da questo abbiamo capito che è un corridore da corse a tappe. Va forte in salita e va forte a cronometro, anche se dobbiamo lavorarci. Abbiamo un gioiellino che non è spremuto. Viene da realtà giovanili che l’hanno protetto e conservato: non sono molti gli juniores che non hanno fatto altura. Non sono molti gli juniores che si allenano 14-16 ore a settimana. Noi non sappiamo se tutta questa accelerazione precoce nelle categorie giovanili porterà lontano…

Cosa te ne pare?

La Mapei giovani e la Liquigas avevano un processo di crescita diverso rispetto ad ora e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nibali, Viviani, Oss, Sagan, Pozzato, Cancellara… Insomma, li conoscete meglio di me. Oggi c’è un sistema diverso e credo che qui in Italia ci sia qualcosa da mettere a posto. Non mi voglio aggiungere ai miei colleghi o ex colleghi secondo cui in Italia manca la squadra WorldTour. Non voglio essere l’ennesimo, però è un fatto che non ci sono le squadre WorldTour che dovrebbero esserci, una soltanto è anche poco. Ma le squadre WorldTour non nascono così. E allora forse la responsabilità è anche mia…

Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Di cosa?

Di non essere stato capace in questi anni di cogliere tutto quello che c’è dietro, non solo il risultato o il piazzamento. Non siamo stati capaci di raccontarlo e questa è la conseguenza. Ho due sponsor che l’anno scorso non erano sulla maglia. Facevano parte di un club con cui facevamo attivazione alle corse, vuol dire che portavano degli ospiti alle gare per vivere l’esperienza della corsa. Uno di questi due sponsor metterà cinque volte tanto, l’altro moltiplicherà il suo impegno per sei. Siamo stati capaci di far venire persone e farle entusiasmare con un tifo trasversale, che sostiene anche il ciclista che arriva per ultimo. Però dobbiamo ancora imparare dalle altre discipline…

Imparare cosa?

Ho tre amici allenatori di calcio e a novembre andrò a visitarli in forma strettamente riservata per capire e studiare. Vado a vedere il basket, vado a vedere la pallavolo. Mi piace capire a livello sportivo e manageriale. Voglio imparare perché il calcio ha una maglia d’allenamento con uno sponsor e quella da partita con un altro. Perché in Coppa giocano con una maglia e in campionato con un’altra. Perché sono bravi e quindi bisogna andare a imparare da quelli più bravi di noi.

Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Ha senso rincorrere il calcio e altri sport?

Alcuni sono stati precursori. Il calcio è cambiato completamente, lo stesso la Formula Uno. Ci sono degli elementi su cui siamo stati molto disattenti, concentrati solo sulla performance o nel ripulire l’immagine di uno sport che si era parecchio contaminata. Però forse non siamo stato bravi a raccontare il contrario. Quando tu vai da un amministratore delegato di 50 anni e gli parli di ciclismo, magari lo vedi che è interessato. Però devi essere capace di raccontargli qualcosa per mandare via un’immagine che ha da quando 20 anni fa era all’università. Ha sentito e visto delle cose che gli sono entrate in testa e gli suggerirebbero di starci alla larga. Ma io dico che da più di un decennio questo mondo è completamente diverso. Per questo ho fiducia che la situazione cambierà e per questo bisogna essere pronti, con tutte le carte in regola.

Aurum a IBF: tutto pronto per il “kick off” ufficiale in Italia

10.09.2024
3 min
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Se sei un appassionato di ciclismo e vuoi sfruttare al massimo l’esperienza offerta dall’Italian Bike Festival, non puoi perderti l’opportunità di testare in prima persona le nuove bici Aurum. Presso lo stand N2, saranno difatti disponibili tre modelli di punta del giovane marchio spagnolo: la Magma, la Essentia e la Manto, quest’ultima una gravel bike pensata per i percorsi più avventurosi. Questo evento expo & test in programma a Misano Adriatico tra pochissimi giorni, rappresenta un’occasione irripetibile per toccare con mano la qualità e le prestazioni delle bici Aurum, un brand nato dalla passione per il ciclismo e dalla competenza di due grandi campioni del settore: Alberto Contador e Ivan Basso.

I modelli che si potranno provare a Italian Bike Festival incarnano al meglio la filosofia del marchio Aurum, un brand che punta a combinare design, innovazione e performance. La nuova Magma è la bici da strada che unisce rigidità e leggerezza, pensata per chi cerca il massimo in termini di velocità e reattività. Essentia rappresenta invece una sintesi di eleganza e performance, perfetta per chi ama pedalare a lungo mantenendo un comfort ottimale. Infine, la Manto: una gravel bike ideale per chi desidera affrontare terreni più impegnativi senza rinunciare alla qualità di una bici da corsa. 

Durante l’evento si avrà la possibilità di testare ciascuno di questi tre modelli su un percorso studiato appositamente per mettere alla prova le loro specifiche capacità, potendo così verificare direttamente la qualità dei materiali, la precisione dei componenti e la comodità in sella… così da trovare il modello che meglio si adatta alle esigenze più personali.

Alberto Contador, “motore” del progetto Aurum
Alberto Contador, “motore” del progetto Aurum

Un incontro con Ivan Basso

Un altro motivo per cui vale la pena visitare lo stand Aurum all’Italian Bike Festival è la presenza, nella giornata di sabato, di Ivan Basso. L’ex campione varesino, che insieme ad Alberto Contador è il fondatore del progetto Aurum, sarà presente per raccontare la nascita e lo sviluppo del marchio, oltre a presentare le bici delle quali ha seguito da vicino (meglio… “in sella” pedalandoci…) l’evoluzione. Per gli appassionati, sarà un’opportunità imperdibile non solo per conoscere uno dei più grandi campioni del ciclismo italiano, ma anche per ottenere un autografo e, perché no, poter pedalare insieme a lui. 

Per assicurarsi un posto e per provare una delle bici Aurum disponibili per il test, è possibile prenotare la propria sessione in modo semplice e veloce. Basta difatti inviare una mail all’indirizzo marketingitaly@aurumbikes.com specificando il modello che desidera provare tra Magma, Essentia e Manto, la taglia preferita (disponibili in 51, 54 o 56), il giorno e l’orario in cui si vuole effettuare il test. Organizzarsi in anticipo permetterà di evitare lunghe attese e garantirsi un’esperienza 100% su misura.

L’Italian Bike Festival non è solo un’occasione per gli appassionati di ciclismo, ma anche un momento importante per gli operatori del settore. Aurum approfitterà difatti di questo evento anche per presentare il nuovo assetto commerciale pensato specificamente per il mercato italiano. Partecipare all’Italian Bike Festival, e visitare lo stand Aurum, offrirà l’opportunità di scoprire biciclette di altissima qualità, testarle sul campo e incontrare uno dei più grandi campioni di ciclismo italiano, vincitore tra l’altro di due edizioni del Giro d’Italia.

Aurum

Raccagni chiude il cerchio con la Polti: da U23 a professionista

31.08.2024
5 min
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Il segno della continuità in casa Polti-Kometa porta il nome di Gabriele Raccagni, il corridore classe 2003 ha firmato un contratto di due anni con il team professional di Ivan Basso e Alberto Contador. Un cerchio che si chiude visto che il bresciano è passato under 23 proprio con il team di sviluppo nel 2022, ai tempi ancora Eolo-Kometa. Nonostante siano cambiati gli sponsor e di conseguenza il nome, Raccagni è rimasto continuando il suo percorso di crescita. Un cammino che lo ha portato ad un periodo da stagista, iniziato in Francia al Tour du Limousin, e proseguito con il contratto da professionista per le prossime due stagioni. 

Gabriele Raccagni (in foto a destra) ha esordito tra i professionisti al Tour du Limousin
Gabriele Raccagni (in foto a destra) ha esordito tra i professionisti al Tour du Limousin

Esordio tosto

Un primo assaggio del mondo che lo aspetta lì alla finestra, sul quale è bene prendere le prime misure per non arrivare impreparato. Il livello non era altissimo, visto che si trattava di una corsa di categoria 2.1, tuttavia sono stati quattro giorni davvero importanti per Raccagni

«Non nascondo – spiega subito – che alla vigilia ero parecchio nervoso riguardo al mio esordio con i professionisti. Per fortuna ho avuto al mio fianco dei compagni forti e in particolar modo empatici che mi hanno messo a mio agio e scortato passo dopo passo. Il Tour du Limousin è stata la prima gara ma ce ne saranno delle altre da qui a fine stagione. Mi sono sentito subito parte del gruppo, un fattore che ha contribuito a far sentire meno la fatica in gara, anche se di chilometri ne abbiamo fatti».

I ritmi alti in corsa e il tanto lavoro lo hanno messo subito “vento in faccia”
I ritmi alti in corsa e il tanto lavoro lo hanno messo subito “vento in faccia”
Arrivi dal team di sviluppo della Polti-Kometa con il quale hai corso spesso tra Spagna e Italia. Com’è andata in un ambiente diverso come la Francia?

Ci sono delle differenze rispetto alle corse in Spagna, innanzitutto tra i professionisti si “lima” di più. Complice anche il percorso diverso, nervoso e con tanti sali e scendi. In Spagna le gare hanno tutte le stesse caratteristiche più o meno, ovvero salite lunghe sulle quali si fa la differenza. Quelle spagnole sono competizioni lontane però dalle mie caratteristiche. 

In Francia invece hai trovato un ambiente più familiare?

Sono un corridore abbastanza veloce, quindi da under 23 mi sono trovato spesso a lavorare per i miei compagni, in particolare per i velocisti. Tra under e pro’ il ritmo gara è totalmente differente, nel primo caso si va a tutta dall’inizio alla fine. Nel secondo caso, invece, siamo davanti a una condizione di gara lineare: la fuga va via, viene ripresa e poi si va in crescendo. 

Qui alle spalle dei compagni di squadra che gli hanno insegnato a muoversi in gruppo
Qui alle spalle dei compagni di squadra che gli hanno insegnato a muoversi in gruppo
Quali sono le tue caratteristiche ideali di percorso?

Salite corte ed esplosive, strappi da fare a tutta dove si fa man mano la differenza. Penso di poter diventare sempre più competitivo, chiaro che serve lavorare e allenarsi con costanza. 

Che livello hai visto al Tour du Limousin?

Alto, nonostante non fosse una corsa di primo livello. E’ stato bello confrontarsi con corridori e squadre che solitamente ho visto solo in televisione. Sicuramente si va forte, ma non è nulla di irraggiungibile, tanto che insieme Samuel Marangoni stiamo lavorando già sui miei punti deboli. 

Quali?

Tenere sulle salite più lunghe e imparare a pedalare in agilità. Ho il vizio di indurire troppo il rapporto e Marangoni mi sta facendo fare tanti allenamenti ad alte cadenze.

Raccagni è nel team sviluppo dal 2022 e nel 2025 passerà ufficialmente professionista (foto Instagram)
Raccagni è nel team sviluppo dal 2022 e nel 2025 passerà ufficialmente professionista (foto Instagram)
Quanto è importante avere una continuità di progetto come nel tuo caso?

Tanto. Sono arrivato qui nel 2022 e in tre stagioni sono cresciuto molto. Ad esempio Marangoni mi segue dallo scorso anno, la fortuna è che mi seguirà anche da professionista. Mi conosce, sa come lavoro e non dover trovare un nuovo equilibrio è sicuramente un vantaggio. In generale con lo staff sarà così, l’unico che non so se ritroverò è il diesse, vista la chiusura del team U23 (in favore dell’apertura di una formazione juniores, ndr). 

In gruppo come ti sei comportato, qual è stato il tuo ruolo?

Prendere vento in faccia. L’ho fatto per anni con gli under 23 e lo farò anche con i professionisti al momento. Il mio caposaldo in Francia è stato Maestri, un ragazzo gentilissimo che mi ha aiutato a capire come muovermi in gruppo. Spesso, quando ero in testa a tirare, mi diceva di rallentare e controllare lo sforzo visto che nei giorni successivi avrei dovuto fare la stessa cosa. Avere accanto qualcuno così è un bel vantaggio. Voglio farvi un altro esempio sulla continuità.

Dicci.

Arrivare da una squadra di sviluppo ha fatto sì che il mio lavoro di supporto ai compagni fosse riconosciuto e valorizzato. La Polti-Kometa ha ripagato i miei sforzi e la mia dedizione, per questo li ringrazio. Ora non so bene il programma ma se tutto andrà per il meglio dovrei fare la Bernocchi e il Gran Piemonte. 

Il ciclismo di Visit Malta: passione, impegno e determinazione  

09.05.2024
3 min
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Il legame tra la struttura della Fundacion Contador e Visit Malta ha visto il suo inizio due anni fa, quando l’ente turistico maltese si è unito all’esistente “pool” di sponsor. Oggi, con il rinnovo appena firmato, questo legame è destinato a raggiungere i tre anni di collaborazione. Questa continuità segna un traguardo significativo nella storia della partnership tra il Team Polti Kometa e l’entusiasmante destinazione turistica nel cuore del Mediterraneo.

Per il Team Polti Kometa, questa partnership con l’ente turistico maltese si rivela sempre più preziosa nel perseguire i propri obiettivi nel mondo del ciclismo professionistico e nella sfera sociale. Oltre a sostenere l’aspetto competitivo della squadra, Visit Malta fornisce difatti un supporto fondamentale per l’ambizioso programma di sviluppo giovanile e sociale al team. Attraverso iniziative educative e sociali, il gruppo di Contador e Basso si impegna a promuovere lo sport e i suoi valori positivi tra i giovani e le comunità locali, un obiettivo che condivide con il suo prezioso partner maltese.

Visit Malta e Polti Kometa hanno prolungato la loro collaborazione di un altro anno
Visit Malta e Polti Kometa hanno prolungato la loro collaborazione di un altro anno

Un rinnovo triennale

L’unione tra la squadra Polti Kometa e lo stato insulare del Mediterraneo ha portato a una crescita reciproca e a una scoperta delle rispettive realtà. I corridori del team hanno avuto l’opportunità di conoscere scenari spettacolari a Malta, mentre i talenti maltesi sono entrati in contatto con il mondo del professionismo.

Questa relazione sta ora estendendo la propria durata, segnando un significativo passo in avanti nel consolidamento delle loro interazioni. Ogni stagione ciclistica porta nuove sfide e opportunità per entrambe le parti coinvolte, e questo rinnovo contrattuale testimonia la fiducia reciproca e la determinazione a perseguire assieme ulteriori successi.

Quello instaurato tra la squadra di Basso e il territorio è un legame molto stretto
Team Polti Kometa, VisitMalta

Obiettivo… turismo sportivo

«È motivo di grande soddisfazione – ha affermato Carlo Micallef, amministratore delegato di Visit Malta – il poter estendere questa collaborazione che ha permesso a entrambe le parti coinvolte di evolversi nei rispettivi campi, raggiungendo obiettivi significativi. Una delle nostre missioni è rafforzare la sinergia con il team Polti Kometa e promuovere le isole di Malta e Gozo tra i milioni di appassionati di ciclismo in tutto il mondo. Non a caso sponsorizziamo anche il Giro d’Italia».

«Il turismo sportivo – ha aggiunto Clayton Bartolo, il Ministro del Turismo maltese – è un settore in crescita nel nostro Paese, e essere accanto a una squadra importante come la Polti Kometa ci aiuterà a consolidare la visibilità di Malta in eventi ciclistici internazionali. Siamo orgogliosi di sostenere una realtà sportiva che incarna i valori di impegno, passione e determinazione: valori che rispecchiano anche l’essenza della nostra meravigliosa destinazione».

«Il prolungamento di questo contratto – ha commentato Ivan Basso – mi rende estremamente felice. Il fatto che un accordo biennale venga esteso per altri tre anni indica che entrambe le parti sono soddisfatte della collaborazione. Inoltre sottolinea una solida base di credibilità e progettualità, tutti elementi fondamentali per costruire il futuro. Ringrazio di cuore Visit Malta, il Ministro Bartolo e Valerio Agnoli, che oltre a essere stato un eccellente compagno di squadra in passato, si è dimostrato altrettanto prezioso nel favorire e mantenere questa collaborazione».

Visit Malta

Nibali, Pogacar, il Giro e i ricordi di un altro Grappa

02.05.2024
7 min
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Vincenzo Nibali sta guidando. Provando a seguire i puntini dei suoi tragitti, si capisce perfettamente che il siciliano sia davvero a tutta. Gli ultimi tempi poi sono particolarmente convulsi, fra il Giro d’Italia che inizia, i 100 giorni alla partenza del Tour, varie inaugurazioni e probabilmente la prima del docufilm sui suoi inizi, girato a Messina fra gli amici della sua infanzia.

Al Giro con Vegni

Il Giro d’Italia di quest’anno si deciderà o probabilmente appenderà il cartello fine sulla salita che per lui fu l’inizio: il Monte Grappa. Scollinò per primo e si lanciò come una furia nella discesa verso Asolo. Era il 2010, il Giro doveva ancora affrontare lo Zoncolan e il Mortirolo, ma per Vincenzo arrivò la prima vittoria di tappa. Ed è così che dopo qualche passo nel presente, è semplice e fantastico scivolare nel passato, ricordando quel ragazzo di 25 anni, che si affacciava sulla porta dei grandi e ne reggeva lo sguardo e il passo.

«Vediamo un po’ cosa combina Pogacar al Giro – dice – i primi giorni non sono proprio robetta semplice. Bisogna essere belli pronti e poi avere una condizione da portare avanti sino alla fine. Io vi seguirò a puntate. Ho rinnovato la collaborazione con RCS, per cui in alcune occasioni sarò accanto a Vegni e anche ad altri. Il ruolo di direttore di Mauro è molto importante e forse per certi versi sottovalutato da chi è fuori. Ho avuto modo di seguire qualche tappa con lui e ti rendi conto del lavoro che c’è. Il suo e di tutto il gruppo che lavora per la sicurezza. La prima volta che l’ho visto, ho ammesso che non mi aspettavo ci fosse dietro tanto impegno.

«L’atleta pensa a correre e vincere, di tutto il resto non ha un’idea. Ho proposto di fare una riunione solo con i corridori, per spiegare come si muovono le staffette. Si potrebbe fare quando vengono per la presentazione delle squadre. Magari perdi un’ora in più, però a livello di sicurezza gli daresti delle informazioni molto preziose. Sono andato in auto con Longo Borghini a vedere i primi pezzi della strada, a mettere a posto dettagli in apparenza banali: le strisce, le transenne, i cartelli. A segnare cose che magari durante le prime ricognizioni non erano state annotate e che si vedono meglio quando la strada è chiusa e senza macchine. Oppure i finali d’arrivo più pericolosi».

22 maggio 2010: il Grappa è iniziato, la selezione è stata dura: restano Scarponi, Basso, Nibali ed Evans
22 maggio 2010: il Grappa è iniziato: restano Scarponi, Basso, Nibali ed Evans
A proposito di finali ad alta tensione, si torna sul Monte Grappa e alla picchiata su Bassano del Grappa. Tu arrivasti più avanti, ad Asolo, ma il versante è lo stesso…

La mia prima vittoria al Giro d’Italia. Era una tappa che puntavo. Il giorno prima, anche a tavola, l’avevo dichiarata. Ridendo e scherzando, dissi a Ivan: «Domani, quando si scollina lassù in cima, in discesa scansati perché attacco!». Un po’ se la prese, non era spiritoso al riguardo, ma devo essere sincero al di là delle battute: mi diede una bella mano a vincere quella tappa. Ero un giovane che voleva mettere subito “i puntini sulle i”, ma da lui ho appreso molto.

Era il famoso Giro della fuga dell’Aquila, per cui vi toccò tirare ogni santo giorno…

Ero andato forte in quel Giro d’Italia. Sostanzialmente avevo fatto lo stesso percorso di avvicinamento di Ivan Basso, con l’eccezione del Romandia. Non dovevo farlo il Giro, toccava a Pellizotti. Dopo la Liegi ero andato in Sicilia e avevo, come dire, le orecchie basse perché in Belgio non ero andato benissimo. Soffrivo di allergia e mi ricordo che facevo fatica a respirare. Mi sentivo strano, un po’ debole. Ricordo che un giorno mi arrivò la chiamata, ero giù da neanche una settimana. Mi chiamò Zanatta e mi disse che avevano pensato di portarmi al Giro d’Italia. Aveva parlato con Slongo (il preparatore che lo ha seguito per quasi tutta la carriera, ndr) e avendo fatto lo stesso programma di Basso, erano certi che avessi le carte in regola.

E tu?

Io ero onestamente un po’ dubbioso. Il Giro del 2010 partiva dall’Olanda e lassù piovve per tutto il tempo e questo mi cambiò la vita. Iniziai a sentirmi un’altra persona. Con la pioggia si erano abbassati tutti i polini e giorno dopo giorno iniziai a stare meglio. Infatti andai subito bene, forte già dalle prime tappe. E’ lo stesso Giro in cui presi la maglia rosa nella cronosquadre di Cuneo, sotto un bel diluvio, e la persi nel fango di Montalcino. Quando arrivammo al Monte Grappa, la maglia rosa ce l’aveva Arroyo e l’aveva presa appunto all’Aquila. Dovevamo ancora recuperargli sette minuti.

Manca poco allo scollinamento, Evans si appesantisce: è l’occasione che Nibali aspetta
Manca poco allo scollinamento, Evans si appesantisce: è l’occasione che Nibali aspetta
Il Grappa lo conoscevi? Ci avevi messo mai le ruote sopra?

No, era la prima volta. Ne avevo fatto qualche pezzettino negli anni precedenti quando ero in quelle zone ad allenarmi, però in cima non ero mai arrivato e in gara ovviamente era tutt’altra cosa.

Cosa ricordi di quel giorno?

La presero forte quelli del Team Sky, che erano al primo anno: mi ricordo che c’era anche Wiggins. Subito dopo però calarono un po’ l’andatura e così dalla metà in poi prendemmo in mano noi le redini della corsa. Iniziammo a tirare con il solito protocollo di azione per la salita. Per cui c’era prima Kieserlowski, poi Agnoli, quindi Sylvester Szmyd che era l’ultimo. Quando finì lui, vidi che eravamo rimasti in pochi. Finché nell’ultimo pezzettino, quando eravamo proprio in cima, ci accorgemmo che Cadel Evans (uno degli avversari più pericolosi di Basso, ndr) aveva scollinato leggermente staccato. Così una volta in cima, scollinai insieme a Basso, presi la discesa e andai via.

Era quello lo schema di cui avevate parlato a cena la sera prima?

Esatto, anche se a metà discesa mi arrivarono un po’ di crampi. C’era un pezzettino in cui dovevi pedalare di nuovo (da Ponte San Lorenzo a Il Pianaro, ndr) e le gambe picchiavano. Però fu il modo per farle ripartire gradualmente e a farle girare piano piano, i crampi mi passarono. Feci l’ultima parte della discesa e poi gli ultimi 7-8 chilometri per andare all’arrivo. Arrivai con 23 secondi di vantaggio, mi sembra.

Planata dal Grappa e arrivo solitario ad Asolo. Per Nibali la prima tappa vinta al Giro
Planata dal Grappa e arrivo solitario ad Asolo. Per Nibali la prima tappa vinta al Giro
Se ci pensi adesso con tutta la carriera che hai avuto dopo, quel giorno resta un po’ importante?

E’ stato importante, perché io ero andato al Giro pensando di provare a vincere qualche tappa, non avevo obiettivi di fare la classifica. Per quella c’era Ivan Basso, io già qualche Giro l’avevo fatto e quell’anno avrei dovuto fare il Tour de France, ma lo scambiai con il Giro d’Italia. Venne stravolta tutta la mia stagione. Arrivai terzo al Giro e poi andai alla Vuelta, che vinsi: il mio primo grande Giro. Quindi il giorno di Asolo è stato un passaggio importante, la prima vittoria, la svolta della carriera. Quell’anno mi ero messo in testa di avere l’asticella sempre più alta…

Una salita come il Grappa nel gruppo di oggi come la vedi?

E’ sempre una salita che si fa rispettare e se viene fatta forte, fa parecchio male. Anche la prima parte della discesa è bella impegnativa. Quando l’ho fatta io, era pure bagnata. E’ stretta, in cima l’asfalto era viscido. E’ una tappa che se qualcuno decide di farla forte da sotto fino a sopra, fa dei danni. Ovviamente con l’aiuto della squadra, non da soli…

Cosa ricordi degli ultimi metri: quando sei lì senti lo speaker che urla il tuo nome? Ti viene la pelle d’oca?

Senti il boato della gente, quello sì. La pelle d’oca, quella vera, ti viene però quando pedali in cima ai passi di montagna in mezzo a quelle due ali di folla, sperando che tutto vada bene. C’è la gente che ti incita e che ti urla, quello per me è sempre stato il massimo dell’adrenalina. Quel giorno là in cima non c’era tanta gente, forse anche perché pioveva, ma all’arrivo di Asolo c’era un mare di tifosi: questo me lo ricordo veramente, ad Asolo c’è sempre gente. Il giorno dopo provai a entrare nel villaggio, ma non riuscii perché venni… asfaltato dai tifosi (ride, ndr). Io poi io con quella città ho sempre avuto un buon rapporto.

Nibali ha ancora 25 anni, la prima tappa al Giro inaugura il 2010 della vittoria alla Vuelta
Nibali ha ancora 25 anni, la prima tappa al Giro inaugura il 2010 della vittoria alla Vuelta
Come mai?

Perché ci vinsi anche un campionato italiano juniores. Le persone si ricordavano anche di quel ragazzino in maglia tricolore. In Veneto ho avuto dei bei trascorsi, da quando andai a correre con la Fassa Bortolo e poi con la Liquigas.

Ci vediamo al Giro, quindi?

Certo. Faccio le prime tre tappe, poi vado a Genova perché intitolano una ciclabile a Michele Scarponi. Poi rientrerò più avanti , magari in qualche tappa vicina e poi per il gran finale. A Livigno non ci sono, però penso che salirò il giorno dopo, per il riposo. Nel frattempo esce anche il mio docufilm e non so se vogliono fare una prima visione proprio quel giorno.

E’ vero che l’avetre girato tutto in Sicilia?

Tutto giù, esatto. L’ha girato Marco Spagnoli, che ha fatto docufilm anche su Franco Battiato, Pino Daniele, Sofia Loren e Dino Zoff. Il mio sarà concentrato sulle origini, il luoghi da dove sono partito. Ci sono un po’ di racconti della famiglia, siamo andati a vedere il paese dove sono cresciuti i miei genitori. Ci sono un po’ di miei amici, qualche racconto di mio cugino Cosimo e quelli che sono riusciti a venire. Carlo Franceschi non ha potuto per la distanza, invece Malucchi ha tirato fuori ricordi che riguardavano suo papà. Non so ancora dove sarà trasmesso, ma la produzione un po’ è della Regione Sicilia e un po’ di RAI. Vediamo quando ci sarà la prima. Intanto ci si vede a Torino…