Le regole da tecnico di “Sweet Baby Jesus”

02.01.2022
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La prima volta fu a Tenerife a dicembre del 2008, all’alba della stagione in cui Contador e Armstrong avrebbero vestito la maglia dell’Astana e lo spagnolo per questo era parecchio contrariato. Sarebbe stato l’anno del Tour condiviso, vinto da Alberto a capo di tensioni clamorose. La squadra kazaka aveva ingaggiato un suo amico, Jesus Hernandez, compagno nelle giovanili e di tanti allenamenti.

E proprio Hernandez, in un giorno di allenamenti verso Masca, si prese il gusto di mettere in croce l’americano, staccandolo in salita nonostante l’altro avesse tentato di resistergli fino in cima. E la sera, tornato in hotel, scrisse un tweet, che ancora oggi è fra noi motivo di scherzo, chiamandolo «Sweet Baby Jesus», Dolce Bambino Gesù, e coprendolo di complimenti.

«Arrivavo con una buona condizione – ricorda Jesus, in apertura nella foto di Maurizio Borserini – perché nel 2008 non avevo corso e mi ero allenato tanto. Quel giorno si misero davanti Lance e Leipheimer. Io ero per tutti l’amico di Contador e quando andai vicino alla macchina, mi dissero di attaccarli, se potevo. Forse non colsi l’ironia di quella che poteva essere una battuta e così andai con loro e li saltai, dimostrando che ero più dell’amico di Alberto. Lance la prese con grande spirito e al rientro scrisse quel famoso tweet. Fu divertente anche per Johan (Bruyneel, tecnico del team, ndr). Io credo che a gente come Armstrong e come Alberto piacciano le persone con personalità. E se loro attaccavano, perché non avrei dovuto contrattaccare?».

Dalla bici all’ammiraglia

Oggi Sweet Baby Jesus è uno dei direttori sportivi della Eolo-Kometa. Da quei giorni, la sua carriera rimase parallela a quella di Contador. Smise alla fine del 2017 e fu Alberto a coinvolgerlo nel progetto continental Polartec-Kometa, agganciata alla sua Fondazione poi diventata un team professional.

«Sono molto contento di questo ruolo – sorride al termine del primo ritiro spagnolo – per come è andata in questi giorni insieme e per il rapporto che si è creato con staff e corridori. Ci siamo conosciuti meglio, peccato solo per il tempo brutto degli ultimi giorni. Quei mesi con Armstrong? Furono un’esperienza. Lance non mi ha mai trattato male, forse perché sono amico di Alberto. Ma si capiva che fra loro la tensione fosse a mille. Due così che puntano agli stessi obiettivi…».

Il direttore mascherato: Jesus Hernandez, madrileno classe 1981 (foto Eolo-Kometa)
Il direttore mascherato: Jesus Hernandez, madrileno classe 1981 (foto Eolo-Kometa)
Sembra passata una vita…

Sono già al quinto anno come direttore sportivo, è un vivere differente. I primi due anni non furono facili. Scesi di bici e passai in ammiraglia, da una squadra WorldTour con tutti i riflettori, a una piccola continental. Da quando sono arrivati Zanatta e Sean Yates però c’è stata un’accelerazione impressionante. La squadra è salita di categoria e lottiamo per obiettivi importanti. Molte volte in corsa devo respirare, perché vorrei andare davanti ad aiutare i corridori. In macchina sembra facile, ma non è così…

Pensavi a un progresso così rapido?

No davvero, è stato un salto molto alto. Ma visto che a gestirlo s’è ritrovata gente con tanta esperienza, è stato quasi naturale. Lavoriamo con grande serietà, normale lavorare per vincere.

Perché è stato determinante l’arrivo di Zanatta e Yates?

Perché ogni giorno imparo qualcosa. Quando parlano, mi fermo qualsiasi cosa stia facendo, e li ascolto. Yates l’ho avuto come mio direttore alla Tinkoff e poi all’Astana. Sono due maestri.

Smesso di correre nel 2017, nel 2018 Jesus è già alla Valenciana con la Polartec-Kometa
Smesso nel 2017, nel 2018 Jesus è già alla Polartec-Kometa
Che tipo di direttore sportivo è Jesus Hernandez?

Mi piace dissezionare la corsa. Osservare i dettagli. Il vento. La salita. Preferisco il livello tattico, oltre a trovarmi bene nel motivare i più giovani, perché non abbiamo una grandissima differenza di età. Con alcuni della squadra ho anche corso. Però quello che preferisco è prendere la mappa nella riunione del mattino sul pullman e presentare la corsa, spiegando i vari passaggi.

Eri così anche da corridore?

Quando ero in camera con Alberto (ride, ndr), si stava tutta la notte col libro in mano a preparare qualcosa. Niente era per caso, lui studiava il percorso e gli avversari. Era molto metodico in tutto. C’erano e ci sono corridori che non aprivano nemmeno il libro della corsa, noi invece arrivavamo al via e sapevamo già tutto.

E’ cambiato il vostro rapporto?

Non è cambiato niente. Va bene, non dividiamo più la stanza, ma siamo sempre amici. Usciamo la sera, andiamo a cena. Andiamo in bici con i corridori, ci divertiamo ancora con il ciclismo e con la squadra. Mi piace lavorare con lui e per lui.

Quando hai capito che la tua sarebbe stata carriera da gregario?

Già prima di andare alla Astana. Ho capito che non avrei vinto tanto facilmente, ma che avrei potuto aiutare il migliore a farlo. Quando nel 2004 passai alla Liberty Seguros, mi resi conto che andavo bene, ma sempre un gradino sotto i migliori. A Madrid mi allenavo con “Dani” Moreno, che ha la mia età. Lui si preparava per vincere e ci riusciva, io no. Non è stato difficile scegliere.

Da dove comincerà il tuo 2022 di corsa?

Da Valencia e Mallorca con gli spagnoli. Abbiamo diviso i corridori in base alle affinità. Io ho il gruppo spagnolo, Yates quelli che parlano inglese, Stefano e Conte seguono gli italiani. L’importante è che il corridore si trovi bene, questo è il nostro punto di partenza.

E’ nata la Eolo Campo dei Fiori Climb

11.12.2021
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Lo scorso 28 novembre è stata ufficialmente inaugurata la “Eolo Cdf Climb” (apertura, foto Agenzia Blitz). Si tratta di un progetto voluto da Elmec Informatica che ha trovato il supporto attivo di Eolo Spa, l’azienda fondata da Luca Spada, main sponsor del team Eolo-Kometa: il progetto rientra fra le iniziative messe in atto dalle due aziende a supporto della sostenibilità e del territorio.

Alla presentazione di Eolo CDF Climb, l’intervento di Rinaldo Ballerio (foto Agenzia Blitz)
Alla presentazione di Eolo CDF Climb, l’intervento di Rinaldo Ballerio (foto Agenzia Blitz)

Un percorso permanente

“Eolo Cdf Climb” è un percorso permanente che unisce lo stadio Franco Ossola di Varese e il Belvedere del Campo dei Fiori, la montagna che domina la città. A volerlo in prima persona è stato Rinaldo Ballerio, presidente del Cda di Elmec Informatica, che ha preso esempio dalla vicina Francia dove tutte le salite che hanno fatto la storia del Tour de France presentano una cartellonistica dedicata ai ciclisti.

Ora anche quella al Belvedere del Campo dei Fiori ha una sua segnaletica permanente a partire da due totem completi di mappa che segnalano rispettivamente la linea di partenza e di arrivo della scalata. Ogni mille metri sono stati inoltre posizionati dei cartelli con indicata la distanza ancora da percorrere, l’altitudine e la pendenza. E’ stata inoltre prevista sul lato destro della carreggiata una striscia blu continua molto utile per guidare chi non è della zona e affronta per la prima volta la salita. Si tratta anche di un segnale di attenzione per gli automobilisti.

Maglie Eolo-Kometa Team sulla salita imbiancata dalla prima nevicata di stagione (foto Agenzia Blitz)
Maglie Eolo-Kometa Team sulla salita imbiancata (foto Agenzia Blitz)

Battesimo imbiancato

Per l’inaugurazione dello scorso 28 novembre, si sono presentati allo stadio Franco Ossola oltre cento ciclisti che al risveglio hanno trovato le colline attorno a Varese imbiancate dalla prima neve di stagione. Tra loro anche gli ex professionisti Stefano Zanini e Noemi Cantele. A tagliare il nastro erano presenti oltre allo stesso Rinaldo Bellerio, il sindaco di Varese Davide Galimberti e Renzo Oldani, presidente della Società Ciclistica Alfredo Binda che ogni anno organizza la Tre Valli Varesine e che ha curato la logistica dell’evento. Per Eolo era presente Ivan Basso che ha guidato poi il gruppo nella scalata accompagnato da Alessandro Fancellu e Andrea Montoli del team Eolo-Kometa. Era presente per lo stesso team anche Edward Ravasi che però non ha potuto pedalare in quanto ancora convalescente.

Ivan Basso raggiunge il Belvedere Campo dei Fiori, teatro di tanti allenamenti (foto Agenzia Blitz)
Ivan Basso raggiunge il Belvedere Campo dei Fiori (foto Agenzia Blitz)

E Basso racconta

Prima della partenza Ivan Basso ha voluto descrivere la salita al Belvedere del Campo dei Fiori, avendola scalata più volte nella sua carriera di atleta.

«Ho affrontato tantissime volte questa salita – ha detto – che possiamo dividere in due parti. La prima parte è quella più dura, sicuramente la più impegnativa. La seconda parte, seppure più facile, merita la massima attenzione. E’ qui che si può sviluppare maggiore velocità. Ho proposto a Renzo Oldani della Società Ciclistica Alfredo Binda – ha continuato Basso – di inserirla in una Tre Valli Varesine. Mi piacerebbe che un giorno potesse anche diventare un arrivo di tappa al Giro».

La salita misura circa 10,5 chilometri con una pendenza media del 6,6 per cento e un dislivello di 700 metri.

Eolo

Elmec

La storia di Higuita: spunto per i manager, monito per gli atleti

17.11.2021
4 min
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Higuita licenziato per essere apparso durante El Giro de Rigo in sella a una Specialized e non alla sua Cannondale. Provvedimento storico, ma intanto per una settimana non s’è parlato d’altro. Stessa storia e lettera di licenziamento per un altro corridore della Ef Education-Nippo, Lawson Craddock, che passerà alla Bike Exchange e apparso su una Giant.

Poi il passo indietro, per entrambi. Riassunti o comunque provvedimento ritirato in cambio di una lettera di scuse. E così il piccolo colombiano destinato a correre nel 2022 con la Bora-Hansgrohe e il compagno americano hanno salvato gli ultimi mesi di stipendio. Conoscendo Jonathan Vaughters e il suo estro, il doppio gesto non voleva essere una vera sanzione, ma il modo per educare i corridori colpendone un paio. E il messaggio, gli va riconosciuto, è arrivato. Ciò non toglie tuttavia che la regolamentazione dei contratti sia cervellotica e meriterebbe una revisione.

Anche Craddock ha ricevuto la lettera di licenziameno (poi ritirata) per aver usato una bici Giant
Anche Craddock ha ricevuto la lettera di licenziameno (poi ritirata) per aver usato una bici Giant

Un’esigenza concreta

Ivan Basso è sceso di sella nel 2015 e anche a lui, nell’iniziare la nuova preparazione, è capitato di allenarsi con una bici non consentita. Così oggi, nel gestire situazioni analoghe con i suoi atleti, ha qualche consapevolezza in più rispetto a manager che magari non sanno che cosa significhi allenarsi. Non è chiaramente il caso di Vaughters, il cui obiettivo era palesemente un altro.

«Il discorso ha due aspetti – spiega Ivan – uno contrattuale e uno di buon senso. Tutti sanno che quando inizi la preparazione per il nuovo anno è opportuno usare la bici, la sella e le scarpe dell’anno successivo. Lo sanno i corridori e lo sanno i due manager: quello che lascia e quello che prende l’atleta nella sua squadra. E’ una cosa logica, che funziona così da sempre. Se si vuole cambiare, vanno riviste le date sui contratti, oppure si prevedono postille chiare negli stessi. Ad ora si va avanti con una serie di liberatorie».

Con Zanatta in ammiraglia, Ivan Basso sta vivendo il primo anno da team manager della Eolo-Kometa
Con Zanatta in ammiraglia, Ivan Basso sta vivendo il primo anno da team manager della Eolo-Kometa

Attenti ai social

Usare la bici nuova non è un capriccio, ma un’esigenza. E questo dovrebbe far riflettere l’ambiente, dato che l’andare e venire dei corridori riguarda tutti: nessuno escluso.

«Nel gesto di Higuita – dice Basso – non ho visto nessuna malizia. Non si è messo in posa con la bici nuova, non ha fatto lui il video. Diciamo che è stata più una leggerezza fatta senza pensarci. Però è chiaro che se l’incastro è così articolato fra sponsor, aziende e manager, anche il corridore deve prestare attenzione. Allora in questo caso, la vicenda di Higuita può diventare spunto per una riflessione, per cui anche gli atleti devono capire che l’uso del materiale prima del tempo va bene, ma formalmente i contratti dicono altro. Loro sono personaggi esposti, è chiaro che i social possono diventare trabocchetti».

E questa è l’immagine che stava per costare a Higuita tre mesi di stipendio
E questa è l’immagine che stava per costare a Higuita tre mesi di stipendio

Tenuta da allenamento

Il messaggio di Vaughters sicuramente puntava proprio sull’uso dei social, che i corridori usano con grandissima disinvoltura. E c’è da scommettere che avendo prospettato chiaramente i rischi cui si potrebbe incorrere, più di qualcuno abbia ridimensionato l’esposizione più rischiosa.

«Penso sia così – chiude Basso – ma vorrei anche aggiungere una considerazione sulla variazione di data nei contratti. Noi abbiamo preso Maestri dalla Bardiani. Ipotizzando che il contratto scada il 31 ottobre, come si allena Maestri, visto che la nuova maglia non possiamo tirarla fuori prima di gennaio? Dovrei dargli una maglia Eolo del 2021 oppure dotarmi di una tenuta con gli sponsor tecnici giusti e una grafica anonima? Sono tutte cose da approfondire, ma credo che con il buon senso si sia sempre fatto e si possa continuare a farlo…».

Demare 2011

Iridati Under 23: l’anticamera per grandi carriere

29.10.2021
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Qualche giorno fa abbiamo analizzato la storia dei mondiali nella categoria juniores per capire quanti, emersi in giovane età nella prova iridata, poi hanno avuto un lungo e soprattutto fruttuoso seguito fra i pro’. Il principio viene ora applicato alla categoria under 23, dove le differenze sono notevoli: parliamo infatti di corridori che spesso hanno già quantomeno “assaggiato” la vita da professionisti, disputato gare contro i campioni dell’epoca, un fattore che col passare degli anni è diventato pressoché abituale.

Non era così agli inizi: il primo mondiale U23 si disputò a Lugano nel 1996 e subito emerse il dominio azzurro, con addirittura una tripletta su podio firmata Giuliano Figueras, Roberto Sgambelluri e Luca Sironi. Tutti e tre hanno poi avuto una carriera professionistica, con il secondo vincitore anche di una tappa al Giro d’Italia nel ’97 e finito nella top 10 di classifica due anni dopo per poi dedicarsi alle Granfondo. E’ chiaro però che le speranze maggiori erano riposte sul primo, Figueras. La sua carriera durata una decina d’anni è stata contraddistinta da 14 vittorie ma senza quegli acuti tanto attesi.

Basso 1998
Basso fra Nocentini e Di Luca: di podi ne conosceranno molti altri, soprattutto i due a destra
Basso 1998
Ivan Basso e Danilo Di Luca: per loro tante vittorie tra i pro’, tra cui il Giro d’Italia

Anche qui è l’Italia a comandare

Due anni dopo, a Valkenburg, arrivò la clamorosa replica azzurra, ancora tre sul podio, ma questa volta quella tripletta portò davvero fortuna. Il titolo mondiale premiò Ivan Basso, davanti a Rinaldo Nocentini e Danilo Di Luca. I più attenti ricorderanno come proprio Basso e Nocentini finirono nello stesso ordine tre anni prima fra gli junior, battuti però da Valentino China. Tutti e tre hanno vissuto una fortunata carriera professionistica, con Basso e Di Luca entrambi capaci di ergersi fino alla conquista del Giro d’Italia.

In totale le vittorie italiane sono 6 per 16 medaglie in tutto e anche qui il medagliere è comandato dal tricolore. Oltre ai già menzionati, il titolo ha premiato Leonardo Giordani nel 1999, Francesco Chicchi nel 2002, Samuele Battistella e Filippo Baroncini nelle ultime due edizioni. Se per questi ultimi due è chiaramente ancora presto per fare bilanci (ma le premesse sono più che solide), per il laziale Giordani va detto che la sua carriera, seppur senza grandi acuti, è durata 13 anni mentre Chicchi ha corso dal 2003 al 2016 rimanendo poi nell’ambiente.

Matthews 2010
Michael Matthews profeta in patria, ma anche il 2° non scherzava: John Degenkolb
Matthews 2010
Michael Matthews profeta in patria, ma anche il 2° non scherzava: John Degenkolb

Mohoric e quella tripletta mancata

Nessuno è mai riuscito a bissare il titolo, eppure parliamo di una categoria nella quale si milita per tre anni. Uno solo invece è stato capace di conquistare la maglia iridata sia da junior che da Under 23: si tratta dello sloveno Matej Mohoric, primo nel 1992 nella categoria più piccola e subito in grado di fare il bis tra i più grandi l’anno successivo. A Leuven Mohoric avrebbe tanto voluto conquistare anche la maglia professionistica, la squadra slovena aveva corso per lui, ma le speranze sono naufragate in una giornata storta.

Scorrendo l’albo d’oro degli Under 23 (ricordiamo che per le donne se ne parlerà, forse, il prossimo anno e questa è un’assenza che nello sviluppo del ciclismo femminile pesa notevolmente) è evidente come la presenza di corridori capaci poi di valide imprese fra gli Elite sia maggiore rispetto agli junior. E’ proprio quell’abitudine a gareggiare contro i grandi a fare la differenza. La tendenza a cercare il grande talento in età sempre più giovanile sta però pesando sullo sviluppo di questa categoria.

Mohoric 2013
Matej Mohoric festeggiato dall’entourage sloveno: secondo titolo in 12 mesi per lui
Mohoric 2013
Matej Mohoric festeggiato dall’entourage sloveno: secondo titolo in 12 mesi per lui

Dal 2010 una sequela di campioni

I maggiori talenti sono emersi soprattutto nell’ultimo decennio, a cominciare dal trionfo casalingo di Michael Matthews, diventato poi uno splendido interprete delle classiche. L’anno dopo arrivò la volata vincente di Arnaud Démare (nella foto di apertura) rimasto poi un riferimento degli sprint, nel 2012 invece emerse il kazako Alexey Lutsenko, ancora oggi una delle punte dell’Astana dimostratosi molto valido anche sulla Gravel. Nel 2017 a Bergen arrivò la vittoria del francese Benoit Cosnefroy, rivelatosi protagonista anche in tempi di Covid tanto da finire secondo alla Freccia 2020 e conquistare il bronzo agli Europei di Trento.

In quella Freccia, Cosnefroy finì alle spalle di Marc Hirschi, il suo successore in maglia iridata. L’elvetico in quella stagione è stato uno dei maggiori interpreti delle classiche, ma il suo 2021 è stato in paragone molto deludente. E’ chiaro però che c’è tutto il tempo di rifarsi.

Hirschi 2018
Marc Hirschi dominatore nel 2018: riuscirà a tornare il campione di allora?
Hirschi 2018
Marc Hirschi dominatore nel 2018: riuscirà a tornare il campione di allora?

Samuele e Filippo: ora tocca a voi

Per Battistella e ancor più per Baroncini bisogna ora solamente attendere. Il primo intanto, capace di chiudere la stagione con il trionfo alla Veneto Classic, sembra seguire la strada giusta. Proprio l’analisi del mondiale dimostra comunque come la categoria under 23 abbia una precisa ragion d’essere. I team e soprattutto i procuratori dovrebbero tenerne conto per non disperdere talenti sull’altare di un’eccessiva fretta nel richiedere risultati e, di conseguenza, consumare corridori.

Un anno di Eolo-Kometa, facciamo i conti con Basso

15.10.2021
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«Vincere è una parola che diventa vecchia proprio nel momento in cui la realizzi. Per questo lavoriamo per tenerla aggiornata». Sono le parole di Ivan Basso, team manager della Eolo-Kometa, cui abbiamo chiesto di tracciare un bilancio della sua squadra dopo il primo anno nella categoria professional.

Il 2021 ha regalato loro tanti piazzamenti nelle top ten (una quindicina per il solo Albanese) e soprattutto cinque vittorie grazie a Fortunato e l’ungherese Fetter. Se quest’ultimo ha vinto il campionato nazionale a crono ed una frazione del Tour du Limousin, il bolognese ha saputo trionfare su due grandi vette del ciclismo. Prima al Giro d’Italia sullo Zoncolan – proprio dove Basso vinse nel 2010 ed iniziò ad ipotecare quell’edizione della corsa rosa – poi sul Monte Grappa alla Adriatica Ionica Race, facendo sua anche la classifica generale. 

Con Zanatta in ammiraglia si è ricreata l’intesa della Liquigas. In arrivo anche Conte
Con Zanatta in ammiraglia si è ricreata l’intesa della Liquigas. In arrivo anche Conte
Ivan, come dici tu questi successi, anche se ottenuti pochi mesi fa, appartengono al passato. Facciamo quindi un resoconto di quest’anno.

Il nostro bilancio è estremamente positivo. Non tanto per le belle vittorie, che chiaramente ci fanno tanto piacere, quanto perché abbiamo corso con personalità, con una mentalità giusta. Ci siamo sempre fatti vedere, la gente ha imparato a riconoscersi. Anzi adesso non siamo più la squadra di Basso e Contador, siamo la Eolo-Kometa, quella dei nostri migliori corridori. E questo ci riempie d’orgoglio.

C’era il rischio in effetti che le vostre figure potessero oscurare o mettere in soggezione i vostri ragazzi. Ed invece com’è andata?

Molto semplicemente. Ci siamo dimenticati di essere stati corridori, senza fare paragoni con i nostri tempi. Se necessario sia io che Alberto abbiamo cercato di parlare poco e farci capire. Abbiamo detto solo le cose che servivano in quel momento. Questa è la ricetta giusta. Ma prima di tutto questo, alla base abbiamo un grande staff tecnico.

Per Albanese una serie di piazzamenti, la vittoria non tarderà
Per Albanese una serie di piazzamenti, la vittoria non tarderà
Nomi importanti in ammiraglia.

Assolutamente. Mi sento di fare un grande ringraziamento a tutti i diesse. Dario Andriotto che cura lo scouting. Mentre tra Sean Yates, Stefano Zanatta e Jesus Hernandez abbiamo creato un mix perfetto tra esperienza, saggezza e gioventù. Hanno tutti davvero fatto un grande lavoro. Personalmente sono molto felice di aver portato Zanatta con noi, ho ricreato quel feeling che avevo con lui durante gli anni in Liquigas.

Proseguiamo col bilancio, con Fortunato, Albanese, Fetter.

Loro tre hanno fatto davvero. Lorenzo vittorie a parte, ha corso da grande corridore quando serviva. Sia da capitano sia da gregario, come all’ultimo Giro del Veneto in funzione di Albanese. Proprio Vincenzo è stato molto regolare, tantissimi piazzamenti, gli è mancata solo la vittoria. Entrambi in proiezione futura, e con le dovute cautele e visto che molti corridori tendono a maturare un po’ dopo, possono migliorare ancora tanto e diventare uomini per le WorldTour. Fetter è un eccellente talento, con ampi margini di crescita.

Chi vuoi aggiungere?

Senz’altro Gavazzi (foto di apertura, ndr), che ha fatto un bel secondo posto di tappa al Giro (a Guardia Sanframondi, ndr). Lui è un grande professionista. E’ stato un esempio per i giovani, ma non ha fatto da chioccia. E’ stato un regista in corsa ma quando si presentava l’occasione poteva avere carta bianca. Poi sono contento di Bais e Rivi anche se non è mai bello fare dei nomi nello specifico.

L’impegno di Eolo nel ciclismo non si ferma alla sola Eolo-Kometa, ma sostiene svariate corse: qui la Tre Valli Varesine
L’impegno di Eolo non si ferma alla Eolo-Kometa, ma sostiene svariate corse: qui la Tre Valli Varesine
Qualcuno invece che non mantenuto le aspettative?

Vale l’ultima frase che ho detto. Ad esempio avremo cinque corridori in uscita (si vocifera Pacioni e Wackermann, oltre a Belletti che si ritira, ndr) e a tal proposito faccio anche un po’ di autocritica. Perché se qualche atleta non ha saputo rendere al meglio, e tu società non lo riconfermi, non è detto che sia solo responsabilità sua ma anche mia, nostra. Così come vanno divisi i meriti quando un ragazzo va forte. E’ un po’ come a scuola quando uno studente non va bene con alcuni professori rispetto con altri.

Se ti facciamo i nomi di Ravasi e Fancellu cosa ci dici?

Edward lo abbiamo confermato perché crediamo possa ritornare il corridore che era da giovane e che ha corso per tanti anni nel WorldTour (sei anni tra Lampre e UAE, ndr). Deve capire che aver fatto un passo indietro può fargli bene e portarlo a farne due in avanti. Alessandro invece è stato alle prese con problemi fisici, sfortune e incidenti in allenamento. Dobbiamo recuperarlo totalmente e siamo molto fiduciosi in lui.

Cinque corridori in uscita. Altrettanto in entrata? Rosa è ufficiale, poi si parla di Maestri, Lonardi, Bevilacqua.

Quello di Diego ritengo che sia un ottimo ingaggio. Gli ho parlato di obiettivi raggiungibili, alla sua portata. Potrà fare molto bene. Sugli altri nomi che hai fatto c’è qualcosina di vero, ma mancano le ufficialità. Posso dirti però che Alex Martin (21enne spagnolo, ndr) verrà promosso in prima squadra dalla formazione della Fondazione Contador, il nostro serbatoio. Poi nello staff integreremo Biagio Conte come diesse, Samuel Marangoni tra i preparatori atletici e Nicola Magnabosco tra i meccanici.

In questo anno con Eolo-Kometa, Fortunato ha corso da grande corridore, cercando il confronto con i più forti
In questo anno con Eolo-Kometa, Fortunato ha corso da grande corridore, cercando il confronto con i più forti
E per te come va in queste vesti?

Personalmente mi trovo molto bene in questo ruolo. Adesso ho più saggezza. Correre in bici e fare il dirigente sono due mestieri totalmente diversi.

Il vostro progetto è tra quelli più in luce.

Bisogna dire che non è stato semplice allestire una professional in questo momento storico. I nostri sponsor hanno creduto in noi e stanno rendendo tutto possibile. Anzi pensate che tutti, a contratti già firmati, hanno rinnovato l’impegno aumentando per il 2022 il budget del 30 per cento per migliorare la nostra struttura. Dagli stipendi di tutte le figure ai materiali. Abbiamo un’ottima capacità di amministrare e gestire i fondi ed il merito è di Fran Contador.

Siete una società ambiziosa. Qualcuno dice che potreste essere la prima squadra italiana a prendere la licenza WorldTour.

Abbiamo l’aspirazione di crescere, chi non ce l’ha? Abbiamo le capacità, ma andiamo con calma. Prima di fare un ulteriore salto di categoria bisogna avere la struttura adeguata, ancora prima dei soldi. Ci vogliono progettualità, pazienza e anche la mentalità giusta. Preferisco fare una squadra professional per tanti anni piuttosto che continuare a sognare di fare la WorldTour senza avere i mezzi. In questo devo dire che ammiro tanto sia Savio che Reverberi, che ogni tanto sento per confrontarmi con loro, che sono sulla scena da più di trent’anni e sono diventate squadre che scoprono e lanciano talenti. Ecco, noi preferiamo così, anche perché abbiamo un bel programma giovanile, con la nostra formazione under 23 di 17 atleti (di cui 7 italiani) e una filiera con una squadra junior. Al momento stiamo bene così. Aspettiamo il calendario delle gare per organizzarci. Faremo correre tutti i nostri ragazzi e ci faremo vedere ancora più di quest’anno.

Andriotto, casa Eolo-Kometa: «Coi giovani facciamo così»

14.09.2021
5 min
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Dario Andriotto è il responsabile dell’area giovani della Eolo-Kometa, così lo ha definito Ivan Basso alla Coppa d’Oro pochi giorni fa. E dato che le parole del varesino al riguardo ci sono parse molto interessanti, siamo andati direttamente alla fonte, trovando Dario in una fase priva di corse, ma in procinto di andare con la prima squadra al Memorial Pantani e al Trofeo Matteotti.

«Questo fatto di scambiarci fra un team e l’altro – dice – quindi fra giovani e professionisti, è un’idea di Stefano Zanatta. Così tutti riusciamo a vedere come lavorano gli altri, troviamo spunti utili per crescere e soprattutto conosciamo i ragazzi con cui a vario titolo ci troveremo a lavorare. La stessa regola la usiamo per lo staff. Siamo nati da un anno, stiamo trovando la quadra, crediamo molto nei nostri sistemi».

Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Basso ci ha detto che state creando una filiera interagendo con varie società giovanili.

Esatto. Il mio lavoro è andare a vedere corse juniores e under 23. Parlando con i vari direttori sportivi, cerchiamo di scegliere i ragazzi più interessanti.

Come è fatto per Andriotto un ragazzo interessante?

Alcuni sono forti da juniores e poi si perdono. Prendere un super vincente che però non ha margini non ci interessa. Per questo guardiamo il tipo di allenamento che fanno, le motivazioni e il modo di correre.

Come corre un corridore interessante?

Se corre sempre all’attacco e alla fine dell’anno ha vinto solo due corse, è un conto. Se sta sempre in gruppo e ne vince dieci, è un altro. Noi cerchiamo qualcuno che sia abituato a prendere il vento in faccia, che sia abituato a fare la corsa. Le squadre WorldTour non fanno abbastanza scouting e spesso pescano in base al numero di vittorie…

Quanta attività fanno all’estero le squadre con cui hai a che fare?

Poca, anche se a volte andare fuori potrebbe essere molto utile. Il discorso è sempre quello del budget che manca.

Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Che impressioni ha Andriotto davanti agli juniores che incontra?

I ragazzi sono molto curati, anche troppo. Il rischio è che le squadre se ne approfittino, facendoli allenare perché vincano 10 corse l’anno. Quando accade, in automatico abbassi il loro margine di miglioramento. Capisco le squadrette che con le vittorie trovano gli sponsor per andare avanti, ma per l’interesse dei ragazzi serve altro.

Per questo alla Bustese Olonia avete dato il vostro nome?

Esattamente, perché i risultati non servano a portare soldi. Il risultato di base non conta. E’ una squadra storica, in cui si lavora all’antica. Ci sono passati Sobrero, Puppio e anche Oldani. Ma ce ne sono anche altre. Piganzoli, che corre nella under 23, viene dalla Trevigliese dove si lavora bene. Montoli (foto di apertura, ndr), che è già più talentuoso, veniva dal Canturino. E anche Pellizzari era nella nostra orbita, ma se lo sono venuti a prendere..

A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
Ecco, Andriotto, parliamo di procuratori…

E’ un problema, bisogna andare coi piedi di piombo. Se un ragazzino va bene, lo accerchiano in cinque e cominciano a fargli promesse e raccontargli favole. Se le famiglie sono al di fuori del ciclismo, a volte firmano e la storia segue il corso voluto da altri.

A volte poi arrivano proprio gli squadroni…

Carlos Rodriguez era un nostro corridore, cresciuto nella squadra juniores della Fundacion Contador. Quando si è trattato di passare con noi alla continental, è arrivata la Ineos che ha messo i soldi sul tavolo e se lo è portato via. Credo che questo non sia giusto, al punto che forse l’Uci potrebbe pensare a un indennizzo per chi cresce i talenti. Nel basket, lo squadrone che prende un giovane continua a pagare un contributo alla società di origine. Noi adesso prenderemo Oioli dalla Bustese Olonia, pagando giustamente i suoi punti. Lo faremo crescere, ma se poi lo portano via, noi non avremo niente

Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Proprio Oioli ha vinto due tappe al Lunigiana ed è arrivato quinto agli europei, con qualche strascico polemico…

L’attività della nazionale è cambiata tanto rispetto a quando facevo io la Cento Chilometri. Prima il tecnico era anche nostro allenatore, per le gare cui puntavamo. Ora da un lato è tutto più professionale, dall’altro ricordo che in nazionale imparavamo nozioni e metodologie di allenamento che in squadra non c’erano. I nostri ritiri di agosto erano anche un modo per tutelare i corridori dall’eccesso di attività. Ora hanno fatto dieci giorni a Livigno e poi si sono rivisti a Trento.

Le società erano contente ai tuoi tempi?

C’era spesso battibecco, perché perdevano i corridori per parecchio tempo. Però si lavorava bene sull’obiettivo. E quando arrivava il mondiale, perché arrivava spesso, vedeste com’erano contente di mostrare la maglia in giro…

Coppa d’Oro, un papà speciale, con le idee tanto chiare…

12.09.2021
6 min
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Borgo Valsugana, un’ora alla partenza della Coppa d’Oro. A Trento i professionisti si preparano per il via degli europei. Lo speaker chiama e presenta i quasi 400 allievi venuti da tutta Italia e da qualche angolo d’Europa per la classica più bella. Ai piedi del palco, Ivan Basso dà le ultime dritte a suo figlio Santiago, che corre con la maglia della Bustese. La Coppa torna dopo il Covid grazie al coraggio del Veloce Club Borgo e del suo presidente Stefano Casagranda. E’ mancato qualcosa nelle celebrazioni della vigilia, ma la piazza è il solito ribollire di sguardi nervosi e gambe guizzanti.

«Sono qui in triplice veste – ha detto Basso poco fa al microfono – come padre, come ex vincitore di questa corsa nel lontano 1993 e come dirigente sportivo».

La chiamata dei corridori dura quasi un’ora, i ragazzi vengono presentati, poi attendono il via
La chiamata dei corridori dura quasi un’ora, i ragazzi vengono presentati, poi attendono il via

Impossibile sottrarsi alla curiosità, mentre a turno i tifosi di ieri e di oggi chiedono di farsi la foto, sotto lo sguardo divertito di suo figlio Levante, che sta un passo indietro. Lui di correre al momento non ha troppa voglia, però ha chiesto al padre che scuole si debbano scegliere per fare il mestiere di Stefano Zanatta

Quando sentisti parlare per la prima volta di questa corsa?

Quando ero esordiente di secondo anno. Questa è la corsa che inizia a proiettarti nella lista dei predestinati. Non è cruciale per la carriera, ma da qui si comincia a tracciare una linea particolare. Erano le prime trasferte, le prime volte che con la squadra si andava in un albergo. E poi ovviamente il contesto. Nelle categorie giovanili, la maggior parte delle gare gare si fa nella provincia, quella era la prima volta che anche andavo fuori regione.

Alla partenza anche Gianni Bugno, vincitore della Coppa d’Oro nel 1980
Alla partenza anche Gianni Bugno, vincitore della Coppa d’Oro nel 1980
Tanta emozione?

C’erano delle emozioni particolari. L’albo d’oro e la storia di questa corsa fanno alzare la tensione, era la prima volta che sentivo quel dolore allo stomaco da prestazione. Prima si andava alla Sagra del Brinzio a Varese, insomma…

Cosa ricordi di Ivan Basso da allievo?

Ero pieno di ricci (ride, ndr)! Ivan basso allievo era già un ragazzo che sognava di diventare un ciclista professionista. Dopo la vittoria in questa gara, sono iniziati i primi articoli sui giornali, le prime attenzioni particolari nei tuoi confronti, soprattutto le squadre che ti cercavano. I primi soldini. Significava anche che arrivavo nella categoria juniores dove potevo già vestire l’azzurro. Il passaggio più emozionante dopo aver vinto la Coppa d’Oro fu vestire la maglia azzurra da junior.

Si corre per il proprio direttore sportivo, ma cosa significò vincerla?

C’era l’orgoglio di diventare un ciclista professionista. Facendo un piccolo parallelo con oggi, la categoria allievi era gestita con le metodologie di allora. In questo momento c’è stata un’evoluzione anche nelle categorie giovanili, ma non sempre se c’è troppa esasperazione la crescita del giovane continua con lo stesso trend. Una volta questa era considerata un momento di passaggio nella crescita, non uno spartiacque.

Quanto è diverso oggi?

Premetto che non mi intrometto e con Santiago parlo di tutto fuorché di ciclismo. E’ Dario Andriotto che si occupa del settore giovanile e anche di mio figlio, ma ritengo che fra i giovanissimi e gli juniores ci siano società che lavorano bene e altre che hanno probabilmente delle aspettative troppo alte per quella categoria

Basta guardare le bici con cui corrono…

Però io non sono d’accordo che un allievo debba avere una bicicletta come quella che usa Fortunato al Giro d’Italia. Ritengo che sia una categoria dove ci vuole il buon senso. Sono ragazzi di 15 anni, devono allenarsi, imparare a mangiare. Ogni anno devi crescere un po’, a questa età è un controsenso dare tutto al massimo. Porto l’esempio di Santiago…

Stefano Casagranda è il presidente del Vc Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Stefano Casagranda è il presidente del Vc Borgo, organizzatore della Coppa d’Oro
Prego…

Tu non puoi trattare Santiago come un under 23, quando poi lo vedi che un minuto dopo la gara, si mette a giocare a nascondino coi suoi fratelli di sei e nove anni. Non hanno ancora la capacità e la tenuta psicologica. Per cui puoi mettergli dei tubolari velocissimi e gli ingranaggi più belli, ma non cambia niente. Questa è un’età secondo me dove bisogna ancora lasciare libertà e la possibilità di fare altri sport. Ci sono atleti che iniziano a correre 17-18 anni che magari hanno qualche difficoltà nel gruppo, ma a livello di forza ne hanno di più e fanno risultato meglio di chi magari ha iniziato da giovanissimo.

Santiago aveva le tue stesse emozioni venendo a Borgo?

Le stesse. Qual è il genitore appassionato di ciclismo che non ha l’ambizione che suo figlio possa fare il ciclista? Però tutto a suo tempo. Sono convinto che se deve arrivare, arriverà.

Come vi regolate con i ragazzi che escono da squadre un po’ troppo… spinte?

Non li prendiamo. Perché comunque i nostri responsabili dello scouting sono ex atleti, persone che hanno corso con me e sanno distinguere. Per evitare questo problema stiamo cercando di creare una filiera, non una filiera unica perché altrimenti sarebbe penalizzante per le altre società, creando dei gemellaggi con società satelliti. Tant’è vero che stiamo già prendendo ragazzi di 15-16 anni da inserire nelle nostre squadre, ad esempio i due gemelli Bessega. E seguiamo bene tutto. Andriotto oggi è al Buffoni e io sono qua. Ma vorrei aggiungere una cosa…

Quale?

La stragrande maggioranza lavora nel modo giusto, non è tutto sbagliato. Però cercare il risultato e l’esasperazione nella categoria allievi, poi negli junior e anche negli under 23 fa dei grossi danni. Perché comunque non hanno la testa per sopportare i carichi di lavoro o diete particolari. Non hanno la testa per sopportare la pressione e soprattutto devono imparare a perdere. Quindi rischi che a spingere sul fatto che devono vincere le corse, poi non sanno usare il cambio, non sanno frenare, non sanno dare i cambi, non sanno fare una doppia fila, fanno le volate con le mani alte

Vittoria 2021 a Tommaso Alunni su Perracchione e Brunori (foto Natascia Graziola/Mosna)
Vittoria 2021 a Tommaso Alunni su Perracchione e Brunori (foto Natascia Graziola/Mosna)
Tu sei sempre stato molto attento alla preparazione, daresti loro il misuratore di potenza?

No! Ritengo che il misuratore di potenza inizi a dare delle indicazioni utili al secondo anno da e solo in allenamento. Sono d’accordo con l’intervista che ha fatto Andrea Morelli. E’ il cardiofrequenzimetro la vera innovazione. Perché con il cuore l’atleta dovrebbe iniziare a capire e ad ascoltare il proprio corpo. Perché la vera differenza non sarà quanti watt hai al chilo. Quello che fa la differenza tra il campione il corridore normale è la capacità di andare oltre con la testa. Vince chi sa soffrire di più e che basta tener duro ancora un po’. Sono le cose che non insegni, che il corridore impara da sé.

Fortunato sulle tracce di Basso. Ivan racconta…

13.08.2021
5 min
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Dopo l’intervista con Lorenzo Fortunato e quel che ci ha detto ci è venuto in mente il suo team manager Ivan Basso quando era lui ad essere un giovane corridore in rampa di lancio. La sua voglia, le sue aspettative, i metodi di lavoro… E cosa abbiamo fatto? Abbiamo chiamato il due volte vincitore del Giro!

Fortunato sulle strade di casa. La scorsa settimana ha simulato una gara a tappe
Fortunato sulle strade di casa. La scorsa settimana ha simulato una gara a tappe
Ivan, Lorenzo Fortunato, ma quanto entusiasmo in quell’intervista…

Lui è stato fortemente voluto da me alla Eolo-Kometa. Lo ricordo quando fece lo stage alla Tinkoff. Era un predestinato, poi per diversi motivi non ha ingranato subito. Ho un rapporto con il suo manager, Luca Mazzanti, molto franco. Per dirla breve quando correvamo abbiamo anche condiviso la camera e credo che una simbiosi così tra manager e team manager sia molto meglio. Il manager sa capire quale possa essere la squadra migliore per il suo atleta e non mira solo a guadagnare di più. E c’è più dialogo fra tutti.

Lorenzo era alla Vini Zabù…

E quando c’è stata l’opportunità di prenderlo lo abbiamo fatto. Prima non si poteva. Ma grazie all’ottimo rapporto con Citracca il passaggio si è potuto realizzare. Io con Zanatta e gli altri tecnici ci abbiamo lavorato. Un lavoro soprattutto di testa.

In cosa?

Prima ho detto che era un predestinato non a caso. Ma uno che vince e poi si “abitua” a non vincere si trova di fronte ad un problema psicologico, almeno per quelli forti. Entri in una “pseudo-patologia” che comporta sfiducia, continui cambi di programmi, scarsa progettualità… un corto circuito che va a ripercuotersi anche sugli aspetti tecnici.

Lorenzo che corridore è?

E’ un corridore estremamente determinato e preciso, che segue alla lettera ciò che gli viene detto. La cosa che più mi ha impressionato è stato il controllo del successo. Dopo queste vittorie è rimasto esattamente come prima.

Quando ci parlava ci sei venuto in mente: i tuoi allenamenti, i tuoi obiettivi… Dover restare con i big in salita pensando all’anno successivo… Ci state già lavorando?

Quest’ultima settimana ha simulato una gara a tappe di sei giorni, come feci io con Aldo Sassi. Ha fatto sei giorni di dietro moto finendo l’ultima tappa con il Giro dell’Emilia. Direi che è determinato.

Bello tosto…

Io cerco di essere fonte d’ispirazione per i miei ragazzi. Poi tutti sono diversi e non è che debbano fare per forza quello che ho fatto io.

Per l’emiliano un finale di stagione ricco di gare in Italia
Per l’emiliano un finale di stagione ricco di gare in Italia
Come avverrà questo primo passaggio di crescita in vista del prossimo anno?

Terminando bene la stagione. Lorenzo ha colto dei risultati strameritati e che sono al suo livello, ma questo adesso comporta responsabilità. Da adesso in poi in corsa c’è Fortunato: gli addetti ai lavori e il pubblico se lo aspettano davanti. Se vuoi essere tra i 10-15 corridori migliori devi esserci. Io non voglio che Fortunato adesso prepari il Giro 2022. Il Giro si prepara all’Emilia, al Lombardia, presentandosi bene al ritiro, facendo i migliori tempi in salita guadagnandosi anche il rispetto dei compagni, facendo sapere ai diesse chi sei e che sei “sul pezzo”. E’ stato lui, per esempio, che mi ha chiesto di fare quella settimana di simulazione. E questo mi è piaciuto… 

Se dovessi paragonare il Fortunato di adesso a quale Ivan Basso lo paragoneresti?

Al Basso nel passaggio tra la Fassa Bortolo alla Csc (anno 2005, ndr), perché quello è stato il momento in cui ho dato i primi segnali di essere un corridore vero, di avere possibilità importanti. Alla Fassa avevo vinto il Mediterraneo, avevo preso la maglia bianca al Tour finendolo in 11ª posizione, poi feci settimo l’anno dopo (il 2004, ndr). Ed ero pronto ad un salto.

Sul fronte tecnico in cosa deve migliorare Fortunato?

Deve andare forte sia a crono che in salita. Ma io ho un credo: chi va forte in salita, può andare forte anche a crono se ben messo, chiaramente riferito ai suoi competitor e non ai cronoman puri. E quindi sta già lavorando su questa specialità, ma in ogni caso deve lavorare su tutte le aree, non solo quelle tecniche. Fare il campione è diverso che fare il corridore…

Nel 2004 il passaggio di Basso alla Csc. Eccolo vincere il Giro dell’Emilia dopo aver fatto 3° al Tour. La continuità che reclama Ivan
Nel 2004 il passaggio di Basso alla Csc. Eccolo vincere il Giro dell’Emilia dopo aver fatto 3° al Tour. La continuità che reclama Ivan
Però! Bella questa…

Ma lì sta anche la bravura dei tecnici che sanno fare il loro lavoro e lasciano che il corridore sia spensierato e faccia il proprio compito. Spetta a me, a Zanatta, a Yates, ad Hernandez creargli le condizioni per andare forte.  E chi lo aiuta deve sapere che stiamo parlando di un professionista.

Beh, non sono tutti pro’? Spiegaci meglio…

Non devono fare né le granfondo, né le ultracycling… ma non credete che chi abbia una licenza da professionista sia poi davvero un professionista. C’è chi è svogliato, chi va in sovrappeso, chi non fa il corridore per 365 giorni l’anno. Vi faccio un esempio.

Spara…

Quanti corridori ci sono che ad agosto hanno 2-3 chili in più? Tanti. Come mai il Laigueglia, che è ad inizio stagione, lo finiscono in tanti, o comunque restano in gara a lungo, e nelle gare d’estate solo in pochi vanno all’arrivo? Perché in pochi sono dei veri professionisti. C’è chi ha già staccato, chi tanto ha un contratto in tasca per l’anno successivo, chi è sovrappeso, chi ha già fatto i suoi risultati e lascia andare. Non lo nascondo, ho dei corridori che in tal senso mi hanno deluso e dai quali mi aspetto un atteggiamento diverso.

Insomma Basso sa il fatto suo. Ivan era uno stakanovista del lavoro. Se Fortunato, come sembra stia già facendo, farà sua questa mentalità potremmo contare su un italiano in più che lotta per i grandi Giri.

La Eolo-Kometa U23, il Valle d’Aosta, i giovani: Ivan Basso a 360°

19.07.2021
6 min
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Tra coloro che sedevano nelle ammiraglie del Giro della Valle d’Aosta c’era anche Ivan Basso. Il due volte vincitore del Giro d’Italia come è noto è uno dei dirigenti della Eolo-Kometa che ha anche la squadra under 23, battente bandiera spagnola, ma decisamente italiana.

Ivan ha seguito la corsa e gli abbiamo chiesto la sua opinione sull’evento e sui ragazzi che vi hanno preso parte. Al via 28 squadre, solo quattro italiane (Colpack-Ballan, Ctf, Lan Service ed Iseo Rime Carnovali) per un totale di 138 atleti ma di livello elevatissimo. Mentre firma autografi all’ombra del Gran Paradiso, ne approfittiamo per fare due chiacchiere con lui.

Andrea Montoli, al primo anno tra gli U23, ha vinto l’italiano juniores 2020
Andrea Montoli, al primo anno tra gli U23, ha vinto l’italiano juniores 2020
Ivan partiamo dai tuoi. Com’è andata?

Noi puntavamo su Davide Piganzoli. Dopo il buon Giro d’Italia U23 e il podio del campionato italiano a cronometro avevamo preparato bene questo appuntamento, nonostante la maturità. Purtroppo è stato male il giorno prima della corsa e non è riuscito a rendere come voleva. Questa poi è una prova estremamente esigente. Così senza Piganzoli abbiamo puntato su Alex Martin, un ragazzo molto bravo. Lui era la nostra riserva rispetto a Davide, era colui che avrebbe dovuto sostenerlo e quando perdi il leader, poi alla fine devi cercare di arrangiarti come puoi.

Martin è andato bene, ha chiuso sesto…

Essendo la nostra squadra under 23 siamo qui per imparare. E’ un vivaio. E’ da considerarsi come la primavera di una squadra di calcio. Non guardiamo solo l’ordine d’arrivo. La vediamo in proiezione sulla massima categoria. Non abbiamo insomma una squadra U23 che ci serve per fare dei risultati, poi se vengono ovviamente siamo contenti. Per noi è importante come corrono i ragazzi, come sono posizionati in gruppo… Devono imparare a fare i ventagli, a prendere le salite in buona posizione, ad avere una buona cadenza, a saper usare il cambio, a prendere le borracce dalla macchina… Tutte cose che poi quando passano nella massima categoria sono acquisite. Ne vedo tanti che non sanno fare tutto ciò. 

Per Basso la prima tappa non è stata troppo dura. Qui la tremenda salita di Terreblanche
Per Basso la prima tappa non è stata troppo dura. Qui la tremenda salita di Terreblanche
E di Andrea Montòli cosa ci dici?

Ha appena finito la scuola. Subito dopo la maturità è andato a Livigno. E’ un grande talento che dobbiamo avere la pazienza di aspettare. Sono convinto che nelle nelle prossime gare farà bene. Tra agosto e settembre lo aspetta un calendario importante e già in proiezione della prossima stagione. E poi c’è ancora una cosa che non sapete.

Cosa?

L’anno prossimo la nostra squadra under 23 avrà sei italiani che correranno da noi. Tutti i fine settimana correremo in Spagna (col gruppo spagnolo, ndr) e in Italia. In più avremmo un calendario comune per le gare più importanti. Avremmo in tutto 15-16 corridori. Quindi la parte italiana seguirà un calendario italiano a tutti gli effetti.

Parlando della corsa più in generale ci dai un giudizio sul percorso? Okay il Valle d’Aosta è duro, ma forse nella prima tappa si è esagerato. Terreblanche è stata mostruosa e anche prima ci sono stati molti “muri”…

Il Giro della Val d’Aosta è così da sempre. E quindi no: per me non è stata troppo dura quella tappa. Non ritengo ci sia un troppo duro per questa categoria. Il troppo è vedere dei Giovanissimi che si scaldano sui rulli sotto il gazebo a 7 anni. O gli esordienti e gli allievi che si allenano come gli juniores e gli under. Non va bene. Un under 23 vuol dire che ha meno di 23 anni, se penso che un ragazzo di quasi 23 anni ha vinto il Tour…

Non si è esagerato dunque…

Il giudizio sulla durezza è sindacabile. Ritengo che le corse dure bisogna farle. E poi questi ragazzi sono giovani, sono forti, hanno recupero, hanno la capacità di gestirsi e si divertono anche. Se fate un giro nel paddock tra i camper non ce n’è uno steso per terra da “rianimare”. Sono tutti felici e orgogliosi di aver finito una corsa importante. E poi è luglio, vengono da molte gare, hanno tanti chilometri nelle gambe. Ripeto, è sbagliato quello che si fa prima, no che qui le tappe siano durissime.

George Steinhauser, primo sull’arrivo di Cogne
George Steinhauser, primo sull’arrivo di Cogne
C’è qualche ragazzo che ti ha colpito?

Sì, ovviamente abbiamo un’attenzione particolare per i nostri, ma il ragazzo che ha vinto oggi (ieri per chi legge, ndr) Steinhauser è molto bravo. E’ uno di coloro che con ogni probabilità verrà con noi la prossima stagione. Lo avevo già visto al Tour of the Alps. Ho dei responsabili scouting molto bravi e stiamo monitorando i ragazzi a livello generale e non solo nelle gare a cui prendiamo parte. E come noi tanti altri lavorano così. Magari anche tra i nostri ventenni c’è un Pogacar.

Quale è stato il tuo rapporto con il Giro della Valle d’Aosta? E c’è stato qualcuno in cui ti sei rivisto?

Il Valle d’Aosta l’ho fatto solo un paio di volte perché… – ci pensa un po’ Ivan – non so perché! Non ricordo bene, il tempo passa, divento saggio! I corridori che ti assomigliano sono quelli a cui magari sei più portato a dare dei consigli perché ti rivedi in loro. Questa è una gara che in qualche modo esaltava le mie caratteristiche di fondista, di corridore che viene fuori alla alla distanza. Perciò mi rivedo nei corridori che sono arrivati davanti. E per questo quando mi avete fatto la domanda se fosse troppo dura ho detto di no!

Solo cinque atleti per squadra, non è facile controllare la corsa così (foto Roberto Aresca)
Solo cinque atleti per squadra, non è facile controllare la corsa così (foto Roberto Aresca)
Hai parlato di proiezione, di saper usare il cambio, di venire a prendere le borracce… Ti piacerebbe allora vedere squadre con uno, due, tre uomini in più così da poter lavorare in gara come i pro’?

Ci sono due modi di vedere questa categoria: fare dei risultati o preparare i corridori. La prima magari può essere più gratificante sul momento. Ma tornando all’esempio del calcio, è chiaro che la società è contenta se la primavera gli vince il campionato, ma è più contenta di portare dei giocatori in prima squadra, di trovare il Donnarumma o il Locatelli di turno. Secondo me è così che andrebbe interpretata questa categoria ed è così che lavoriamo in Eolo-Kometa.

E riguardo al numero dei corridori per team?

E’ chiaro che per fare un certo gioco di squadra ci vuole il numero giusto di atleti, però qui si entra anche nel discorso degli organizzatori riguardo a permessi e costi, perché un conto è organizzare un evento per 140 corridori e un conto è farlo per 180-190. Certamente più questa categoria, che è una scuola, si avvicina in tutto e per tutto a quella dei professionisti e meglio è. Pertanto se si può partire con uno o due corridori in è tutto di guadagnato.