Germani e il diario dei primi nove giorni spagnoli

04.09.2023
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Questi primi nove giorni di Vuelta hanno fatto parlare tanto, anche per situazioni extra corsa. Per Lorenzo Germani è la prima volta in un grande Giro, e la sua squadra, la Groupama-FDJ, ha deciso di farlo partire proprio dalla Spagna. Un esordio lontano dai riflettori di casa, ma che per il giovane ciociaro ha comunque un grande significato. Oggi era il primo giorno di riposo, nove fatiche alle spalle, che Germani è pronto a raccontarci tutte d’un fiato

Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione
Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione

Riposo completo

«Domani – racconta dalla stanza dell’hotel Germani – si ripartirà con una cronometro. Di conseguenza oggi non ho preso la bici, nessuna sgambata, riposo totale. Ieri siamo partiti tardi, nonostante fossimo sul primo volo (la corsa si è spostata dalla zona di Murcia a quella della Castilla, ndr). Siamo arrivati in hotel prima di altre squadre, ma comunque non presto. La sveglia era alle ore 10 e oggi mi sono diviso tra massaggi e un controllo dall’osteopata».

Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Queste prime fatiche che cosa ti hanno lasciato nelle gambe?

All’inizio muscolarmente ero più rigido, con il passare dei giorni mi sono sbloccato, me lo ha detto anche il massaggiatore che i miei muscoli sono più “molli”. Gli ultimi 3 giorni sono stati particolari, la tappa di Oliva (la settima, ndr) è stata tranquilla. Le due successive no, siamo andati davvero forte. 

Riavvolgiamo il nastro fino a Barcellona, che effetto ti ha fatto partire per la tua prima Vuelta?

Fino a quando non sono salito sulla passerella di partenza, non sono stato del tutto tranquillo. Avevo un po’ di ansia che potesse succedere qualcosa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Sapevo di far parte della squadra da inizio luglio, quindi ho avuto il modo giusto di avvicinarmi e approcciare questo impegno.

E gli attimi prima di salire sul trampolino? Eri nervoso?

No, da quando sono salito sui rulli per fare riscaldamento fino alla fine della prova ho mantenuto alta la concentrazione. Sono entrato in quella che possiamo definire una sorta di bolla. In quel momento ero più concentrato che emozionato. 

Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Com’è partecipare al primo grande Giro?

Davvero molto bello. Abbiamo avuto modo di creare il nostro gruppo piano piano. E’ dal Polonia che lavoriamo insieme, anzi dal ritiro di Tignes. I compagni li conosco bene, considerando che su 8 corridori siamo in 5 della generazione 2000 (i francesi Martinez e Gregoire, gli inglesi Askey e Watson, ed infine il nostro Germani, ndr). La squadra è super tranquilla e non ci mette pressione, l’ambiente è super familiare. 

Come squadra siete partiti bene…

Bisogna dire che siamo partiti subito forte, anche nella cronometro di apertura siamo stati davanti. Abbiamo ottenuto il quinto tempo, a pari con la Education-Easy Post, terzi. Lenny Martinez ha indossato la maglia bianca, anche se non ne era il detentore ufficiale (spettava a Evenepoel, che però indossava la roja, ndr). 

Avete anche indossato la maglia roja, con Martinez, che effetto fa scortarla in gruppo?

Trovarti in gruppo a tirare davanti agli squadroni come Jumbo e Soudal Quick-Step fa “strano”. Prima li vedevi solamente in televisione, poi però ci parli e ti accorgi che sono persone come te. Scherzi, ridi e scambi qualche battuta. Il giorno dopo aver preso la maglia sono stati loro i primi a farci le congratulazioni. Sono stati molto rispettosi. 

A Martinez hai detto qualcosa?

Che l’unico modo che aveva di farmi tirare per lui era prendere la maglia, ci è riuscito! Però dai, non ho dovuto lavorare nemmeno così tanto (dice con una risata, ndr). 

In gruppo con chi ti è capitato di parlare?

Durante una tappa Roglic mi ha passato in un tratto di discesa e mi ha detto: «Il problema è che vado forte in discesa, ma piano in salita». Mi ha strappato una risata, se lui ha questo problema figuriamoci noi altri. 

Il tifo com’è? Caldo?

Sì, fin dalle prime salite senti una grande emozione nel pedalare con tutta questa gente a bordo strada. Poi arrivi nei chilometri finali e diventa ancora di più, senti una spinta incredibile. 

In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
Avete già affrontato tante difficoltà: salite, cadute e ventagli. Il momento più importante?

Nove giorni intensi. Nella frazione di ieri, ero contento di essere rimasto nel primo gruppo davanti durante i ventagli. Peccato che Martinez non sia riuscito a seguirmi ed è rimasto dietro. Ad un certo punto non sentivo la radio e non capivo cosa fare. 

Trovate il tempo per vivere un po’ di “vita comune”?

Poco ad essere sinceri. Le tappe finiscono tardi, e non siamo mai a cena prima delle 21. Non è semplice, anche perché i trasferimenti sono davvero lunghi, i momenti in comune sono principalmente in pullman, dove ridiamo e scherziamo. 

E con chi sei in stanza?

Gregoire. Mi trovo bene con lui, siamo in stanza insieme dal ritiro di febbraio e spesso condividiamo la stanza. Per caso, credo, visto che il mio cognome viene prima del suo nell’elenco della squadra. Durante il ritiro di febbraio avevamo un letto matrimoniale, abbiamo cercato di cambiare stanza e prendere due letti singoli, ma non ci siamo riusciti. Diciamo che una volta dormito nello stesso letto, abbiamo abbattuto tutte le barriere (altra risata, ndr). 

Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Come vi trovate?

Benissimo. Parliamo, ci confrontiamo, ed in più abbiamo trovato un nostro equilibrio che ci permette di vivere sereni.

La notte prima dell’esordio hai dormito?

Ho fatto fatica. Le notti successive, soprattutto le ultime, arrivava la stanchezza a chiudermi le palpebre. 

Questo riposo ci voleva, insomma, cosa ti viene in mente se pensi che ci sono ancora due settimane di gara?

Mi pongo più dei mini obiettivi. Non posso pensare a tutto insieme, altrimenti diventa ancora più dura. So bene che arriveranno le tappe toste e cercheremo di fare il massimo per mantenere la buona posizione di Lenny Martinez.

Esame Vuelta per Gregoire, talento coi piedi per terra

27.08.2023
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Roman Gregoire si è presentato al via della Vuelta con un buon sapore in bocca. La vittoria al Tour du Limousin, con l’aggiunta non trascurabile di due tappe ha portato il talento francese al centro delle attenzioni. Avevamo raccontato del debutto nella corsa spagnola del blocco giovanissimo della Groupama-Fdj, compreso il nostro Germani, ma è innegabile che per ora Gregoire sia quello che ha mostrato qualcosa di più.

Gregoire è arrivato alla Vuelta di certo in condizione, con le vittorie al Tour du Limousin
Gregoire è arrivato alla Vuelta di certo in condizione, con le vittorie al Tour du Limousin

Lo scalino del WorldTour

Un metro e 76 per 64 chili, vent’anni compiuti a gennaio, il ragazzino che da junior e under 23 dominava spesso in lungo e in largo, ha vissuto questa prima stagione da professionista con numeri a dir poco interessanti. Delle sue cinque vittorie, tre sono traguardi intermedi, mentre due le classifiche finali di due corse a tappe: La Quattro Giorni di Dunkerque e appunto il Limousin.

«Ma la Vuelta – dice – è lo step successivo e francamente è ancora un punto interrogativo. Mentre nelle gare di livello inferiore le cose stanno andando per il verso giusto, il WorldTour resta un gradino da salire. Per il momento manca ancora un po’, ma questa Vuelta può davvero aiutarmi a progredire fino al livello che serve».

Nella cronosquadre di apertura a Barcellona, la squadra francese è arrivata 5ª a 6″ dalla DSM (foto Groupama-FDJ)
Nella cronosquadre di apertura a Barcellona, la squadra francese è arrivata 5ª a 6″ dalla DSM (foto Groupama-FDJ)

La festa del ciclismo

Nel caldo afoso di Barcellona, la vigilia della corsa è stata dedicata alle videoconferenze destinate ai media, alle quali hanno partecipato Evenepoel, Vingegaard, Roglic, Thomas o Ayuso. Prima del via, il clima è sempre mediamente festoso, per cui la comparsa di Gregoire in uno degli schermi dedicati alle interviste ha suscitato curiosità. Con lui c’erano il compagno Lenny Martinez e il diesse Vaugrenard (foto Groupama-FDJ in apertura): nessuno dei giornalisti francesi collegati ha osato proporlo come successore di Evenepoel sul podio della Vuelta, ma certo la curiosità di capire cosa aspettarsi dal ragazzino di Besancon nella gara di tre settimane è parsa alta.

Lui stesso non sa ancora cosa dire, se non sottolineare il fatto che questo debutto è privo di grandi attese e soprattutto di pressioni. Fare bene. Fare esperienza. E se possibile vincere una tappa.

«Per il momento mi avvicino a questa Vuelta con una certa rilassatezza – ha spiegato – durante la presentazione delle squadre mi è sembrato di trovarmi in grande festa del ciclismo e cercherò di approfittarne. Sono felice di essere qui».

La Vuelta sarà una scoperta per Gregoire, qui ai massaggi. L’obiettivo è una tappa (foto Groupama-FDJ)
La Vuelta sarà una scoperta per Gregoire, qui ai massaggi. L’obiettivo è una tappa (foto Groupama-FDJ)

Un gesto coraggioso

Chiaramente, Gregoire è in Spagna per imparare sperando di farlo rapidamente e in modo intelligente, per non finire come tante grandi speranze francesi, portate rapidamente sugli scudi, adorato un po’ troppo in fretta e poi messe in un angolo. Madiot però questa volta ha scelto di alzare l’asticella, schierando il suo gruppo migliore, nel percorso di rinnovamento della squadra.

«Penso che il suo sia stato un gesto forte – ha ammesso Gregoire – un vero segno di fiducia. L’obiettivo primario per me e per tutti noi è la vittoria di tappa. Non abbiamo fatto ricognizioni, solo tanti allenamenti in altura, ma ho studiato le mappe e le tracce GPS per immergermi nel percorso. So che il giorno in cui deciderò di provarci, dovrò andare al 100 per cento».

Martinez, Germani, Gregoire… la “banda Gigì” fa rotta sulla Vuelta

09.08.2023
4 min
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Loro sono i ragazzi di “Gigì”, di Jerome Gannat. Parliamo delle giovani perle della Groupama-Fdj che dalla continental sono passati in prima squadra. Ragazzi che ora sono impegnati nelle gare più importanti del WorldTour e che si apprestano ad affrontare il loro primo grande Giro: la Vuelta.

Tutto è nato con una battuta scambiata al Giro della Valle d’Aosta proprio con Gannat, il diesse della continental francese. Gli avevamo chiesto dove fossero i suoi ragazzi, quelli con cui ha vinto tante gare, con cui dominava lo stesso Valle d’Aosta e tante altre corse di primo piano e lui: «Eh – sospirando – i miei ragazzi sono alla Vuelta!». La frase si era conclusa però con un sorriso e una “coda” d’orgoglio.

La sua Equipe Groupama-Fdj è stata forse la continental più forte di sempre. Reuben Thompson, Lorenzo Germani, Romain Gregoire, Lenny Martinez molti di loro li rivedremo in Spagna. E la lista non è finita: pensiamo a Watson, Davy e Askey.

Gannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra
Gannat (il secondo da sinistra) era il diesse del forte gruppo della continental, passato quasi tutto in prima squadra

Martinez sogna

In Polonia c’erano Germani e Martinez: ormai due fratelli. Come del resto anche gli altri. Questo è un punto forte del gruppo di Madiot che fa leva sul centro di Besançon, sulla formazione tutti insieme sin da giovani.

«Io – spiega Martinez – sapevo che avrei dovuto fare la Vuelta sin da gennaio. Per me non è stata del tutto una sorpresa, ma sono ugualmente molto felice di andarci. E’ una vera emozione. Sarà una grande esperienza. E’ tutta la squadra che è giovane. E credo sia super!».

«Gannat? E’ il mio diesse e mi manca. A lui sono affezionato, ma ora siamo qui».

Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)
Al Polonia Martinez ha chiuso 12° nella generale. Bene anche Germani che lo ha aiutato (foto Instagram – @gettysport)

Vuelta guadagnata

Rispetto a Martinez e Gregoire, Germani non era certo di andare in Spagna. In qualche modo doveva guadagnarsela. Magari non per forza a suon di risultati, ma dimostrando che era pronto fisicamente e mentalmente. Il primo anno del WorldTour può essere molto complicato. Ma il laziale, e anche i suoi compagni, ha mostrato a Madiot di saper tenere, di avere le spalle abbastanza grandi per un grande Giro.

«E’ bello che siamo tutti insieme e tutti noi ci aiutiamo, ci conosciamo bene. Sarà una bella avventura», ha detto Germani.

«Della Vuelta ne parliamo tra di noi, non sempre… ma ne parliamo. E’ il nostro primo grande Giro. Siamo tutti emozionati. Sarà un’esperienza importante anche perché siamo cresciuti insieme. E’ un po’ come tornare ai vecchi tempi. E questo, immagino, rende l’approccio diverso per noi rispetto ai ragazzi delle altre squadre che arrivano ad un grande Giro per le prima volta. Siamo noi, siamo il “solito” gruppo».

«E’ bello questo passaggio – aggiunge Martinez – dal “baby Giro”, al Valle d’Aosta e ora alla Vuelta». 

All’arrembaggio

I giovani della Groupama-Fdj sono quindi pronti a dare assalto alla Vuelta. Battitori liberi, senza pressione, ma con tanta classe. «L’affronteremo giorno per giorno», ci dicono. Il che sa di un attacco annunciato.

Per questo appuntamento non hanno cambiato allenamenti, né fatto qualcosa di specifico. Hanno seguito un approccio “normale”, inserito in un più generale programma di lavoro, di crescita naturale. Quindi: altura, gare di preparazione e nessuna uscita particolarmente lunga. Semmai di diverso c’è stata la prova della cronosquadre durante l’altura.

«Abbiamo fatto un avvicinamento molto standard – dicono in coro i ragazzi – tre settimane in altura e nulla di particolare. Non abbiamo visto nessuna tappa, però abbiamo fatto una riunione per conoscere a grandi linee il percorso. Abbiamo studiato i profili, ma non abbiamo fatto nessuna ricognizione in bici».

I ragazzi della “banda Gigì” qualcosa s’inventeranno. Tra gli under 23, speso facevano il bello e il cattivo tempo. Magari sbagliavano anche, ma la corsa passava da loro. Mai passivi. Sempre col coltello tra i denti. 

Nel WT dei grandi non sarà facile ripetersi, ma siamo pronti a scommettere che non staranno sulle ruote. Neanche alla Vuelta.

Il giorno in cui Pinot ha detto addio al Tour

29.07.2023
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Chi lo conosce meglio è certo che l’abbia fatto apposta. Thibaut Pinot in fuga nella tappa di Le Markstein vuole vincere, ma soprattutto passare in testa davanti al punto del Petit Ballon in cui si sono raccolti i suoi tifosi. Le “Virage Pinot”, la curva Pinot. Un’atmosfera da stadio, nel palcoscenico della montagna. Tremila persone lungo 500 metri di una strada larga due metri e mezzo. Solo per lui. Il suo nome scritto in tutte le salse, interpretato, storpiato, reso simpatico.

L’amico Vichot

Fra loro c’è anche Arthur Vichot, professionista fino al 2020, due volte campione nazionale e per nove stagioni compagno di squadra di Thibaut.

«Quando sei corridore e lo vivi dall’interno – dice – non ti rendi conto dell’emozione che questo ragazzo riesce a trasmettere alle persone. Ma dall’esterno basta guardarsi intorno per capire quanto sia fantastico. Sono passati due anni e mezzo da quando ho smesso, ma già quando non correvo più con lui (Vichot ha corso le ultime due stagioni alla B&B Hotels, ndr) mi sono reso davvero conto di quanto significhi per le persone. Thibaut è un’icona generazionale nel ciclismo e lo sta dimostrando come mai prima d’ora».

In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita
In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita

Il giorno più bello

Thibaut sa che sono tutti lì e sotto quella scorza dura e irsuta ha già deciso da un pezzo che non può andarsene dal Tour de France senza averli salutati. Anche la gente del Giro gli ha voluto bene, in qualche misura è uno di noi. Ma oggi è un giorno ben più speciale. I corridori lo sanno e lo sentono. E anche se a volte sembrano vivere in un mondo tutto loro, hanno bisogno dell’abbraccio di folla per poggiarci sopra i loro sogni. Per questo attacca. Forse in cuor suo sa che non andrà al traguardo, ha capito che Pogacar vuole vincere quell’ultima tappa e non farà alcuno sconto.

La corsa è tutta lì, in quell’attesa. I cellulari diffondono le immagini: sanno che sta arrivando. La giornata è perfetta per correre e per aspettarli e a un certo punto il tam tam fra tifosi dalle curve più in basso anticipa il suo arrivo. E lui passa, un po’ ingobbito e un po’ saltellando sui pedali, come cento volte nelle sue giornate di allenamento nel silenzio di una montagna che ora invece brulica di suoni, voci, occhi e sentimenti.

Nel suo essere a volte burbero, Pinot ripenserà a questo giorno come a uno dei più belli della sua carriera, anche più delle vittorie, che non sono state poche né banali.

Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)
Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)

Come Bugno

Quando passa, il mare si apre. Thibaut si guarda intorno, ma resta concentrato. Passa da campione, non da ex corridore, anche se alle sue spalle Vingegaard, Pogacar e Gall si fanno ora minacciosi. Sanno tutti che sarà ripreso per l’ennesima volta, ma in fondo non importa per un corridore che per loro è sempre stato un simbolo di autenticità ed emozioni vere. E’ in piccolo la storia di quel genio malinconico di Gianni Bugno, amato più per le sconfitte che per le grandi vittorie. E anche questa volta Pinot ha fatto la sua parte: il risultato non conta. Il risultato dirà che Pogacar ha vinto l’ultima tappa di montagna del Tour, il campione della Groupama-FDJ arriva settimo a soli 33 secondi. Non come un ex corridore, ma da vero combattente.

«Ho vissuto emozioni incredibili – racconta – con i brividi per tutta la tappa. Le emozioni di un successo rimangono speciali, ma qui siamo andati oltre lo sport. Significa che lascio una traccia nel cuore delle persone ed è quasi più bello di una vittoria. Il mio pubblico, la mia regione, il mio palcoscenico era questo. Questa è stata la mia giornata e queste saranno le mie ultime immagini del Tour».

Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)
Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)

Cose da film

Gli raccontano che tra il pubblico c’era anche Vichot e lui si volta e sorride, in questo giorno che sa di addio e a suo modo di nuova rinascita.

«Non ho visto Arthur – dice e ride – ma deve avermi mandato una trentina di video! Ho superato quella curva da solo ed è stato pazzesco. Sono riuscito a scambiare qualche occhiata con la mia famiglia, ma c’erano così tante persone che faccio fatica a rendermi conto che tutto questo era per me. Non credevo che sarei passato da quelle parti da solo, così quando me ne sono reso conto, mi sono chiesto se fosse vero o no. Sarebbe stato bello chiudere la giornata con una vittoria, ma certe cose succedono solo nei film. Ovviamente ci credevo, ma ho faticato a trovare il giusto ritmo ai piedi del Platzerwasel. Con un po’ più di freschezza, avrei potuto farcela».

All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività
All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività

Emozione Madiot

Sul traguardo di Le Markstein, con gli occhi gonfi e quella faccia da schiaffi che non vuole darti mai soddisfazione, Marc Madiot questa volta fa fatica a dissimulare l’emozione (nella foto Groupama-FDJ di apertura, la sua commozione è palpabile). Quando ci abbiamo parlato durante il secondo riposo, scherzando ha detto che il suo giorno critico sarà l’addio dopo il Lombardia – l’ultima corsa di Pinot – ma questa volta pensiamo che abbia decisamente sbagliato la previsione.

«Gli elenchi delle vittorie – dice il francese – sono righe su un pezzo di carta. Thibaut ci lascia qualcos’altro. La sua è una storia lunga. Mi sbagliavo a pensare che avrei accusato questo colpo al Lombardia, è stato molto peggio qui. Faceva davvero caldo, proprio non riuscivo a stare fermo su quel sedile».

Giro-Tour, accoppiata per pochi. Parla Julien Pinot

18.06.2023
6 min
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Tra Giro d’Italia e Tour de France: il tema non si esaurisce mai. Cambiano tempi ed interpreti, ma questo mese o poco più tra le due grandi corse resta affascinante. Come si scarica, come ci si allena, cosa si fa. Ne parliamo con Julien Pinot, fratello di Thibaut e coach dello stesso atleta alla Groupama-Fdj, tra l’altro maglia blu all’ultimo Giro.

Ormai questa accoppiata è sempre più per pochi eletti. Ad oggi, sono circa una dozzina i corridori che faranno i due grandi Giri e di questi solo cinque hanno concluso la corsa rosa: Cavendish, Barguil, Kuss, Leknessund e appunto Thibaut Pinot. Eccoci dunque ad analizzare questo aspetto sempre più delicato con coach, Julien.

Julien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atleta
Julien e Thibaut Pinot (al centro della foto) sono stati autori di un buon Giro rispettivamente da coach e atleta
Julien, sono sempre meno i corridori che fanno entrambi i due grandi Giri e tra questi non ci sono praticamente più uomini di classifica. Come mai?

Sono sempre meno, vero. Gli ultimi che ci hanno provato veramente sono stati Froome e Dumoulin a mia memoria, che sono arrivati 2° e 3° al Tour dopo il Giro 2018. E’ molto difficile e con il livello che è salito, la complessità di questa sfida è ulteriormente aumentata. E’ già molto complicato dover fare solo la classifica generale in un grande Giro, che in due, e in un periodo così ravvicinato, la percentuale di fallimento diventa elevatissima. E i grandi leader non vogliono correre il rischio.

Il gioco non vale la candela?

E’ più facile fare la sequenza la con Vuelta, anche se è raro che i leader di un Giro riescano ancora a salire sul podio della Vuelta. In passato, lo abbiamo visto fare a Roglic, il quale però l’anno scorso, ha fatto solo metà del Tour. Giro-Tour rimane qualcosa che è davvero molto difficile da gestire. Due picchi di forma con così tante incertezze… Per questo i team e i leader vogliono correre questo rischio molto raramente

Quanto tempo ci serve per recuperare dopo un grande Giro?

Questa è una domanda complicata, soprattutto dopo il Giro che è sempre duro, perché non c’è una sola risposta. E’ del tutto individuale e molto dipende da come finisci il grande Giro. Quest’anno abbiamo visto corridori che sono crollati. Sappiamo che è sempre la terza settimana dove si fanno tutte le differenze: in base a questa si valuta la durata del recupero.

E’ chiaro…

Una fase di “decompressione” c’è sempre ed è anche psicologica. Perché oltre alle tre settimane e mezzo del grande Giro (ormai si parte 4-5 giorni prima, ndr) , prima ci sono 2-3 mesi di concentrazione totale su allenamento, alimentazione, recupero… tutte cose che richiedono molta energia. E quando il grande Giro all’improvviso termina, c’è bisogno di una “decompressione psicologica”. Quindi quanto tempo ci vuole: una settimana, due, tre? E’ davvero una questione multifattoriale.

E’ giusto andare in altura tra i due Giri?

Sì, serve, ma tutto dipende dal tipo di preparazione fatta per il primo grande Giro. Io credo proprio che chi farà i due Giri, nel mezzo farà un richiamo di altura. Anche perché raramente si aggiungono competizioni quando c’è una sequenza come Giro e Tour. Generalmente si compensa con un ciclo di lavoro in ipossia (quindi in altura, ndr).

Dopo quanto tempo si riprende ad allenarsi per bene? E cosa si fa?

Dipende dal recupero. Prima devi assicurarti che il recupero fisico e mentale sia avvenuto e solo da quel momento tornano in ballo i carichi di allenamento. Se tutto va bene servono due settimane post Giro affinché l’atleta si riprenda completamente su entrambi i fronti. Io insisto molto sulla parte psicologica e mentale perché è davvero fondamentale per riuscire nella sequenza dei due Giri. Restano quindi due settimane di lavoro. Ma generalmente con il lavoro che viene svolto per il primo Giro, non c’è bisogno di aggiungere tanti carichi. Neanche per l’intensità. Semmai si cerca di aggiungere un ciclo di lavoro in quota, come detto, per “ricreare passivamente” adattamenti e stimoli fisiologici senza un grande costo fisico.

Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)
Per Julien si può anche correre, ma in gare minori. Cavendish per esempio ha preso parte allo ZLM Tour (non duro altimetricamente)
E’ utile fare una gara o due prima del Tour? E perché?

Come ho già detto prima, no. C’è il campionato nazionale in questo periodo. E va bene, ma non andrei a mettere anche un Delfinato o uno Svizzera, che sono eventi molto difficili con un livello molto alto. Semmai meglio un Giro di Slovenia o una Route d’Occitaine per ritrovare una certa freschezza.

Riguardo alla nutrizione c’è qualcosa da osservare in particolare in questo mese? Immaginiamo che dopo il Giro qualche corridore abbia ripreso del peso…

Si va sempre nella stessa direzione: nelle due settimane dopo il Giro i corridori dovranno inevitabilmente allentare un po’ la pressione ed è importante non seguire una dieta drastica. Ma in generale non bisogna aumentare molto di peso: un chilo va già bene. E’ importante invece rimettersi in riga nelle due settimane che precedono il Tour.

Thibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo mese
Thibaut (classe 1990) si è concesso una pizza una volta sceso dal Lussari. Ma in generale pochi sgarri in questo mese
E questo mese tra i due Giri per Thibaut?

L’ufficialità che Thibaut vada al Tour ancora non c’è del tutto (ma si sa che Pinot ci sarà, ndr). L’unica cosa certa in squadra è fare la classifica generale con David Gaudu. Thibaut è oggettivamente fuori stagione. Ha dato davvero tutto al Giro d’Italia. Ovviamente, vuole andare al Tour de France: è il suo ultimo anno, vuole divertirsi e aiutare David. Quindi ci siamo comportati come se dovesse andarci.

Dunque come state lavorando?

Completato il recupero post Giro, ora siamo alla terza settimana e qui c’è bisogno di rielaborare un po’ la situazione, di fare alcuni richiami. Allora è importante fare qualche lavoro in montagna. Bisogna pensare che quest’anno sarà particolarmente attesa la seconda metà del Tour de France. Anche se sarà difficile sin dall’inizio con le tappe nei Paesi Baschi e nei Pirenei. Thibaut non ci arriverà al top. Questo lo aiuterà anche a anche a togliere la pressione, dal momento che lui stesso sarà particolarmente atteso nella seconda metà sulle Alpi e sui Vosgi. Quindi il nostro approccio è per essere competitivi per quelle frazioni. E le due settimane che stanno arrivando sono cruciali.

Allarme Gaudu: preparazione andata storta?

15.06.2023
3 min
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Davvero un brutto momento in casa Groupama-FDJ. Se da una parte Madiot ha sacrificato Demare per andare al Tour con un gruppo di scalatori focalizzati sulla rincorsa al podio, dall’altra il leader di questi scalatori – David Gaudu – è uscito dal Delfinato con le ossa rotte. Qualcosa per cui allarmarsi sul serio? Anche Nibali prima dei suoi Tour migliori, incluso quello vinto nel 2014, uscì dalla corsa a tappa francese con più dubbi che certezze, ma in questo caso lo sprofondo è più evidente e crea incertezze, rese più pesanti dal difficile clima psicologico.

«La gente mi ha criticato molto in questi ultimi giorni – ha detto il francese – le critiche passano, non mi interessa. E’ la legge dello sport. Ma sentirmi dare del “figlio di puttana” nei messaggi privati di Twitter è un’altra cosa, sentir insultare i membri della mia famiglia non lo accetto…».

Il Delfinato ha lasciato in Gaudu dubbi e amarezza, che cercherà di smaltire nel ritiro di Tignes
Il Delfinato ha lasciato in Gaudu dubbi e amarezza, che cercherà di smaltire nel ritiro di Tignes

Errori di preparazione?

Se nei giorni scorsi avevamo parlato di Enric Mas e dei suoi problemi di stomaco, dalla squadra francese si esclude che Gaudu possa aver avuto qualche malanno specifico. Per questo il trentesimo posto in classifica (a 25’49” da Vingegaard) e il quasi totale anonimato sono stati un vero schiaffo. Fortunatamente però, pur con qualche allarme e le dovute verifiche da fare, la squadra non si è lasciata prendere dall’isteria. Il rendimento del bretone sin dallo scorso Tour de France è sempre stato di alto livello e il secondo posto alla Parigi-Nizza (fra Pogacar e Vingegaard) hanno spinto la squadra a puntare su un podio finalmente vicino. Ma certo la speranza era di arrivare al via di Bilbao con altri segnali.

«Non ho dubbi – ha dichiarato Gaudu – che la condizione fisica tornerà. Il lavoro a monte che ho fatto sul Teide e che proseguirò a Tignes riguardo alla bici e all’alimentazione ha sempre funzionato, adesso invece no. Il paradosso è che non mi sento stanco, quindi evidentemente abbiamo fatto alcuni piccoli errori in preparazione che nei prossimi giorni dovremo analizzare bene. Sono frustrato dai miei risultati, per questo ho voltato subito la pagina su questo Delfinato».

Il passivo di Gaudu nella crono di Belmont de la Loire è stato di 2’22”, ma peggio è andato sulle salite
Il passivo di Gaudu nella crono di Belmont de la Loire è stato di 2’22”, ma peggio è andato sulle salite

Delfinato amaro

Quel che pesa è l’impatto emotivo di una situazione imprevedibile e inattesa. E’ difficile mandare giù certi bocconi quando per tutto l’anno sei stato e hai parlato da protagonista, assumendoti anche qualche rischio di troppo nel dettare la formazione del Tour. A suo favore depone lo storico: anche lo scorso anno uscì male dal Delfinato (17° a 9’13” da Roglic), ma alla fine ottenne il quarto posto della Grande Boucle, dietro Vingegaard, Pogacar e Thomas.

«Non è la prima volta che vivo un Delfinato complicato – conferma Gaudu – se guardiamo alle due volte in cui sono stato il più forte al Tour de France, nel 2019 e nel 2022, ogni volta qualcosa era andato storto. Devo solo riuscire a mettere le cose in prospettiva. L’obiettivo rimane il Tour de France. Avrei preferito fare meglio, ma questa è la situazione. E non chiedetemi che cosa pensi di Vingegaard. Purtroppo non l’ho visto per tutta la settimana (ride, ndr)».

Fuori dal Tour, rabbia Demare: «Arrabbiato e disgustato»

14.06.2023
5 min
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Quante possibilità ci sono che Gaudu vinca il Tour de France? E quante per Pinot? Zero, poco più. Forse per questo nella testa di Arnaud Demare l’esclusione dalla corsa francese sembra non avere senso. Il francese, che dal 2012 ha portato 93 vittorie alla Groupama-FDJ, proprio in queste ore sta smaltendo la delusione più pesante. Sapeva che il prossimo anno non ci sarà più posto per lui nella squadra di Besancon, ma sperava e credeva di essersi meritato il posto per indossarne la maglia al Tour per l’ultima volta.

Il 4 giugno, l’ultima vittoria di Demare alla Brussels Cycling Classic
Il 4 giugno, l’ultima vittoria di Demare alla Brussels Cycling Classic

La chiamata di Madiot

Glielo ha detto Madiot giovedì scorso con una telefonata che il francese non si aspettava. «Senti Arnaud – gli ha detto il team manager – non ti porto al Tour». E in un colpo nella sua testa è nata la sensazione di essere stato preso in giro.

«Sono arrabbiato – dice a L’Equipe – disgustato. Ho lavorato sodo. Durante l’inverno ho rinunciato ad avere un treno, avendo capito che l’obiettivo per la squadra è la classifica. Alla Parigi-Nizza ho dimostrato di essere un grande professionista e un buon compagno di squadra. Ho lavorato per gli scalatori. Ho investito su me stesso organizzando dei ritiri personali. Avremmo potuto fare grandi cose insieme. Non si trattava di scegliere fra me e Pinot. Avremmo potuto correre benissimo insieme».

Madiot infine ha scelto per una squadra di scalatori (foto facebook/GroupamaFdj)
Madiot infine ha scelto per una squadra di scalatori (foto facebook/GroupamaFdj)

Solo otto posti

Madiot non cambia idea, lo conosciamo bene, anche se Demare gli ha spiattellato in faccia la sua delusione. Il dato oggettivo è che finora il 2023 di Arnaud non sia stato indimenticabile, con due sole vittorie, figlie però anche del non avere più il suo solido treno.

«E’ una scelta prettamente sportiva – spiega il manager francese – confermo che ad aprile avevo deciso che Arnaud sarebbe andato al Tour. Ma la situazione di Pinot si è notevolmente evoluta, così ho deciso di creare una squadra esclusivamente per la montagna. Non è stata una scelta facile, perché ad Arnaud sono grato, anche se dirà il contrario. E’ con noi da dodici anni, non ho critiche da fargli e si è meritato di essere al Tour. Ma abbiamo solo otto posti e ho ragionato con l’obiettivo di puntare al podio. Nessuna pressione da parte di corridori o direttori sportivi. E’ una mia decisione, capisco la sua amarezza e alla fine la condivido. Ha ragione ad essere deluso».

Gaudu, alle spalle di Demare, ha chiaramente detto di non volerlo al Tour (foto/GroupamaFdj)
Gaudu, alle spalle di Demare, ha chiaramente detto di non volerlo al Tour (foto/GroupamaFdj)

Gaudu non c’entra?

Il riferimento è chiaramente agli attacchi sferrati verso Demare da Gaudu, che ha vinto il Tour de l’Avenir del 2016 e lo scorso anno si è avvicinato al podio del Tour, chiudendo al quarto posto a più di 5 minuti dal terzo posto di Thomas.

«Quando Madiot mi ha chiesto di calmare le acque – dice Demare – sono stato molto professionale. Sappiamo tutti che rilasciando quell’intervista, David è scivolato. Ha voluto dire la sua, ma non è lui il manager. Alla Parigi-Nizza ho dimostrato di essere riuscito a calmare i toni, di aver lavorato per lui e per la squadra e lui ha fatto un’ottima Parigi-Nizza (Gaudu ha chiuso secondo a 53″ da Pogacar, ndr). Alla fine Marc mi ha ringraziato dicendo che sono stato un gentiluomo. Ripeto: c’era modo di fare grandi cose insieme».

Il Giro d’Italia ha mostrato un Pinot a livelli altissimi: e se al Tour facesse meglio di Gaudu?
Il Giro d’Italia ha mostrato un Pinot a livelli altissimi: e se al Tour facesse meglio di Gaudu?

Addio dal 2024

Il primo colpo di Madiot è arrivato lo scorso inverno, con lo smantellamento del suo treno. Guarnieri alla Lotto Dstny e Sinkeldam alla Alpecin-Deceuninck sono stati il chiaro segno del rapporto che si andava chiudendo.

La conferma, il secondo colpo, è venuto infatti a fine maggio. Si era appena conclusa la Boucles de la Mayenne, in cui Demare aveva vinto una tappa e fatto secondo in generale, quando Madiot gli ha confermato che nel 2024 non ci sarà più posto per lui. La squadra sta ringiovanendo l’organico, il passaggio di tanti giovani dalla Development ha imposto un cambio di rotta.

«Ma io – spiega Demare – mi sono saputo adattare, ho sempre dimostrato di saper assecondare l’evoluzione del ciclismo, anche se era evidente che la squadra stesse investendo meno sul mio treno. Pensavo che mi avrebbero lasciato la scelta, pensavo di contare qualcosa ai loro occhi…».

L’esclusione dal Tour non è una novità per Demare, che negli ultimi anni ha spesso ripiegato sul Giro
L’esclusione dal Tour non è una novità per Demare, che negli ultimi anni ha spesso ripiegato sul Giro

Il futuro incerto

Del futuro ora non ha voglia di parlare. Dice che i parenti avevano preso le ferie in funzione del Tour e che sua moglie aveva già prenotato gli hotel nelle zone dei giorni di riposo, per raggiungerlo con la famiglia.

«Non ho ancora fatto la mia scelta – dice Demare – ma ci sono delle proposte. Vedere il rispetto delle altre squadre è davvero bello. Ho voglia di avere nuovamente un treno, di fare grandi corse. E’ molto motivante. Ho ancora la vittoria nelle gambe e nella testa, ma non ho ancora scelto la squadra con cui conquisterò le mie future vittorie».

Pinot a Roma, un lungo viaggio iniziato 5 anni fa

30.05.2023
5 min
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ROMA – L’ultimo ricordo era il ritiro del 2018. Froome aveva spiccato il volo sul Colle delle Finestre per scrivere la storia del Giro d’Italia, Pinot arrivò terzo. L’indomani nella tappa di Cervinia sprofondò invece in una terribile disidratazione. Lo caricarono sull’ambulanza e lo ricoverarono all’ospedale di Aosta, con la febbre a 40 e conati di vomito. Il giorno dopo li attendeva l’ultima tappa a Roma, ma il francese rimase in Val d’Aosta. Quell’anno gli riuscì poi di vincere due tappe alla Vuelta, la Milano-Torino e poi anche il Lombardia, ma la ferita del Giro è rimasta aperta. Per questo è tornato nel suo ultimo anno di carriera: voleva chiudere il cerchio.

Finalmente sorridente. Pinot ha concluso il Giro e preso la maglia dei GPM. E’ mancata solo la vittoria di tappa
Finalmente sorridente. Pinot ha concluso il Giro e preso la maglia dei GPM. E’ mancata solo la vittoria di tappa

Ritorno al Giro

Ce lo aveva detto la sera della partenza da Pescara, elencando i quattro obiettivi per cui era tornato in Italia: una tappa, la maglia dei gran premi della montagna, stare bene e finalmente l’arrivo a Roma.

«E’ stato un Giro con tante emozioni – ha raccontato invece domenica ai piedi del podio finale – in cui volevo fare bene. L’ultima immagine che la gente aveva di me al Giro era il mio abbandono il giorno prima di Roma. Questa volta, ho fatto davvero quello che dovevo fare. Sono venuto qui per concludere bene la mia storia con il Giro e l’ho fatto come meglio potevo. Mi è mancata solo una vittoria di tappa, che avrebbe reso perfetto questo Giro, ma sono davvero contento. Volevo solo godermi quello che stavo facendo e penso di esserci riuscito. Mi resta ancora qualche mese per chiudere la mia carriera in bellezza, ma il Giro era uno dei miei obiettivi. E penso di averlo centrato».

Giro 2018, 20ª tappa: Pinot scortato dai compagni arriva a Cervinia disidratato: Finirà all’ospedale
Giro 2018, 20ª tappa: Pinot scortato dai compagni arriva a Cervinia disidratato: Finirà all’ospedale

E’ stato un Giro di grandi gambe per lo scalatore di Melisey, la cittadina di 1.700 abitanti di cui suo padre è ancora sindaco, ma anche di grandi beffe. Il secondo posto dietro Zana a Val di Zoldo, ma soprattutto quello dietro Einer Rubio a Crans Montana hanno un sapore ancora piuttosto forte: soprattutto quest’ultimo, con la stizza nei confronti della condotta di Cepeda che gli ha fatto perdere la ragione e la tappa.

Cosa ricordi di Crans Montana?

Non dovevo andare in fuga quel giorno, ma quando hanno ridotto la tappa a così pochi chilometri, mi sono detto che non potevo stare ad aspettare. Non avevo voglia di restare nel gruppo e avrei provato di tutto.

Che cosa ti dicevi con Cepeda?

Non abbiamo fatto grandi discorsi. Gli ho solo detto che se non avessi vinto io, non avrebbe vinto neanche lui. La sua scusa era quella di difendere la classifica di Hugh Carthy, che per me era del tutto assurdo. E così non ha dato un solo cambio, ma mi ha fregato. Se non ci fossi stato io ad animare la fuga, neppure lui avrebbe potuto giocarsi la tappa. Non riesco ancora a capire come si possa pensare in questo modo.

Crans Montana, Pinot con Cepeda e Rubio. Vincerà il colombiano della Movistar
Crans Montana, Pinot con Cepeda e Rubio. Vincerà il colombiano della Movistar
Purtroppo però hai perso lucidità…

Ho perso le staffe, ero furibondo ed è stato un errore. Davvero facevo fatica a mantenere la calma davanti a quel comportamento. Ho fatto sette scatti, che sono serviti anche a non farci riprendere. Non avevo tempo da perdere, perché ero in classifica e sapevo che la Ineos non mi avrebbe dato molto spazio. Se non ci fossi stato io, la fuga avrebbe preso 10 minuti, quindi toccava a me tenerla viva. Su questo non ci sono stati problemi, ho fatto il mio lavoro.

Quella rabbia almeno è diventata motivazione?

Io voglio correre, non perdere tempo in certe discussioni. Però è vero che è scattato qualcosa che ho portato con me sino alla fine del Giro. Non volevo altri rimpianti.

Volata di Zoldo Alto, Pinot contro Zana. Il francese parte troppo lungo e il tricolore lo infilza
Volata di Zoldo Alto, Pinot contro Zana. Il francese parte troppo lungo e il tricolore lo infilza
Hai dovuto lottare anche con la salute?

Ero sicuro che avrei avuto altre possibilità per provare una tappa, ma nel secondo riposo sono stato male. La pioggia si è fatta sentire, sapevo che mi sarei ammalato e tutto sommato che questo sia accaduto quel giorno mi ha permesso di salvare il Giro. Martedì verso il Bondone ho passato l’inferno, mercoledì mi sentivo meglio e giovedì per Val di Zoldo ero a posto

A posto sì, ma è arrivato un altro secondo posto. Che cosa hai pensato?

Ho messo nei pedali tutto quello che avevo. Ho perso allo sprint, perché l’ho lanciato da troppo lontano. Ha vinto il più forte, io ho avuto una buona giornata, ma non avrei mai creduto di poter essere lì a giocarmi una tappa così dura. Sapevo che il finale era piuttosto piatto. Ho avuto pensieri negativi, ricordando Crans Montana. Se avessi creduto di più in me stesso, forse non avrei sbagliato.

Nono alle Tre Cime di Lavaredo: Pinot arriva appena dietro al gruppetto di Caruso e Almeida
Nono alle Tre Cime di Lavaredo: Pinot arriva appena dietro al gruppetto di Caruso e Almeida
Un altro duro colpo?

Ero deluso. Le opportunità di vincere sono rare e io ne ho perse due, anche se rispetto a Crans Montana mi sono divertito di più e ho meno rimpianti. Se fossi stato davvero il più forte sarei arrivato da solo, Zana ha meritato di vincere.

Per contro, quel giorno è arrivata la maglia dei GPM.

Grazie alla quale sono riuscito a salire sul podio finale del Giro. Non sarà quello della classifica generale, ma è stata comunque una bella immagine che porterò con me. Ho vissuto questo Giro con molto meno stress di qualche anno fa. Me lo sono goduto più di altri grandi Giri, dove avevo la grande pressione per i risultati che alla fine si è sempre ritorta contro. Manca solo la vittoria di tappa, ma questa maglia è il premio per un Giro da attaccante. Quello che volevo. Quello che ancora mi mancava.

La corsa da dentro, mentre Armirail perdeva la rosa

23.05.2023
7 min
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MONTE BONDONE – Bruno Armirail ha restituito la maglia rosa a colui che gliela aveva ceduta con tanta gentilezza. Il corridore della Groupama-Fdj però al contrario di Thomas non è stato così contento di restituirla. Sulle rampe del Bondone ha lottato fino all’ultima goccia di energia per tenersela.

In questi tre giorni in rosa molte cose sono cambiate per il francese. Adesso è Armirail, “quello che è stato maglia rosa al Giro d’Italia”. Alla fine è così per il grande pubblico. Quando andrà nelle piazze del Giro, del Tour o di un Fiandre, e salirà sul palco per la presentazione della sua squadra lo speaker ricorderà questo passaggio della maglia rosa. Sempre.

Con la Groupama-Fdj

Ma se questo è l’epilogo, la storia va raccontata. E allora vi diciamo che la Sabbio Chiese-Monte Bondone l’abbiamo seguita da dentro. Lapierre e la Groupama-Fdj ci hanno aperto le porte di un loro mezzo al seguito per vivere “da dentro” la tappa. E’ stato un viaggio tecnico, tattico e di emozioni. A farci da guida anche l’ex pro’, e patron della tappa di Crans Montana, Steve Morabito, uomo immagine del team francese.

Sul cruscotto, in un maxi tablet, c’è VeloViewer. In pratica dentro questo strumento dentro l’ammiraglia e gli altri mezzi al seguito è una sorta di Bibbia. Mentre radiocorsa è il Vangelo. Perdonate il paragone “celeste”, ma sono davvero due strumenti essenziali.

Morabito ci spiega come funziona questa App. Ci fa vedere anche che appena il primo taglierà il traguardo sapranno con esattezza il tempo massimo: dato utile nel caso qualche corridore se la dovesse passare male. E mentre spiega scatta foto e gira video. Fino a Salò ci sono paletti spartitraffico, rotonde, cigli, strettoie.

«I direttori sportivi – dice Morabito – hanno già detto ai ragazzi di questi ostacoli, ma meglio un’immagine e una info in più che una in meno».

Poi ci fa vedere, sempre da VeloViewer come sono disposte le ammiraglie e gli altri mezzi di assistenza del team. «La prima auto è in coda al gruppo. La seconda è qui – e ce la mostra bordo strada, anch’essa partita un po’ prima della tappa – e poi c’è un altro van come il nostro che dà l’acqua. Anche noi faremo dei tagli per dare assistenza ai ragazzi».

Sul Santa Barbara Groupama-Fdj tra le prime posizioni a controllare. La maglia rosa era tranquilla in quel frangente
Sul Santa Barbara Groupama-Fdj tra le prime posizioni a controllare. La maglia rosa era tranquilla in quel frangente

Primato a rischio

Certo oggi la tappa era fortemente a rischio per la maglia rosa. E Armirail lo sapeva, i tecnici lo sapevano.

«Il rischio maggiore – spiega Morabito – è se iniziano ad attaccare con scatti sin da subito, perché Bruno non ha il cambio di ritmo netto. Non ha la “botta”». E proprio in quel momento il gruppo, appena arrivato sul Lago di Garda, si spezza e il leader resta indietro. La Groupama-Fdj è costretta a tirare.

Per fortuna loro anche la Bora-Hansgrohe è rimasta intrappolata nelle viuzze di Salò con Kamna. La fuga non parte. La velocità è alta, ma in qualche modo Armirail riesce a mettersi alle spalle il primo rischio.

Da lì in poi la sua squadra prende in mano la situazione. Pinot non si muove. Troppo dispendioso per uno scalatore andare via in una frazione così, ci spiega Morabito. Alla fine va tutto come programma. I francesi difendono con orgoglio e sapienza la maglia rosa. Anche sotto le trenate della Jumbo-Visma.

Ma quando inizia il vero forcing finale anche la minima speranza si spegne.

Rosa addio

Ad una dozzina di chilometri dal termine, i dubbi e i rischi si trasformano in realtà: Armirail si stacca definitivamente e deve dire addio alla maglia rosa. Sale del proprio passo e dà il meglio di sé. Ma sotto le sgasate di Almeida, prima, e Thomas, poi, i minuti fioccano. Anzi, forse nel complesso si difende sin troppo bene e ne incassa “solo” 4’24”.

«Nella riunione del mattino – spiega Morabito – si era detto di fare il possibile per arrivare davanti fino all’imbocco dell’ultima salita. E ci sono riusciti. Poi si poteva sperare che i big si controllassero come è già successo in questo Giro. In quel caso magari si poteva anche ipotizzare di tenerla un giorno ancora. Ma visto come sono andati…».

«Poi se ti stacchi su pendenze medie così pedalabili e a tanti chilometri dall’arrivo le differenze di velocità sono alte e i distacchi sono ampi. Pazienza. Ma i ragazzi hanno corso bene. Anche fermare Pinot: che senso avrebbe avuto? Che Armirail avrebbe perso 20” in meno: non sarebbe cambiato nulla».

Lapierre da salita

Eppure Bruno se l’era studiata bene. Preciso sui rifornimenti, non aveva sgarrato mezzo sorso d’acqua o mezza barretta. Per esempio quando è passato al nostro rifornimento è stato l’unico ad assicurarsi anche il ghiaccio nella calza, utile in quel momento di calura.

E anche da un punto di vista tecnico Armirail non ha lasciato nulla al caso. Per questa frazione da 5.100 e passa metri di dislivello reali, ha scelto il 34 posteriore, cosa che di solito non fa, tanto più lui che, cronoman, non fa dell’agilità la sua arma migliore. Ha optato per le ruote da 36 millimetri e non da 50 come i suoi compagni. Ed era intervenuto persino sui tubolari, preferendo quelli da 25 millimetri, oggi considerate praticamente “gomme strette”. Quindi massima leggerezza sulla sua Lapierre Xelius. 

Non è bastato. Ma questa esperienza in rosa non gliela toglierà nessuno.