Wepere e Green Project-Bardiani, sbirciamo il recupero al Giro…

03.06.2023
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TREVISO – «Il recupero è la chiave» ci ha detto Emanuele Cosentino, osteopata del Green Project-Bardiani CSF Faizanè. Una frase semplice, ma che allo stesso tempo ci ha fatto capire l’importanza e la delicatezza del momento appena entrati nella stanza dei massaggi dopo la tappa Pergine Valsugana – Caorle. 

Ad aprirci le porte oltre allo staff della squadra c’era Valentina Mingardo manager di Wepere:« Il nostro obiettivo, fin da subito, era quello di poter offrire alla squadra soluzioni utili per facilitare il recupero e migliorare le prestazioni. Ci hanno spiegato come la fase del recupero per loro sia quella più “critica”, soprattutto nelle gare a tappe, durante le quali il tempo disponibile è molto poco e gli atleti hanno bisogno di attenzione dopo lunghe distanze ed eventuali affaticamenti/infortuni. Abbiamo quindi proposto dei prodotti che potessero migliorare i risultati del defaticamento ed accelerare la guarigione dopo un infortunio».

Qui Cosentino massaggia Tonelli circa due ore dopo la fine della tappa di Caorle
Qui Cosentino massaggia Tonelli circa due ore dopo la fine della tappa di Caorle

Recupero e Giro d’Italia

Come detto, la fase di recupero è determinante in una corsa a tappe. Wepere in questo ha supportato il team Green Project-Bardiani fornendo dispositivi per pressoterapia, magnetoterapia, diatermia (Tecar) e dispositivi a ultrasuoni. L’azienda veneziana non è altro che la divisione sportiva di I.A.C.E.R. Srl (azienda specializzata nella progettazione e produzione di dispositivi elettromedicali per la terapia domiciliare e professionale del dolore cronico).

«I tempi sono serratissimi – spiega Valentina Mingardo – l’obiettivo è gestire in poco tempo il massimo recupero. Al team abbiamo fornito tutti i prodotti per agevolarli in ogni fase e soddisfare  ogni esigenza. Sarà poi interessante durante la stagione avere riscontri da massaggiatori e atleti. E’ importante sottolineare che non sono dispositivi che sostituiscono il fisioterapista o lo specialista, ma un complemento e un acceleratore di risultati».

Dispositivi a casa

La missione di Wepere è insita nel suo nome: favorire il Wellness, il benessere psicofisico degli sportivi e non solo, potenziare la Performance, per raggiungere risultati sempre maggiori e supportare il Recovery, aiutando a recuperare più in fretta dopo un allenamento o una gara o a seguito di infortuni. 

I dispositivi si differenziano per utilizzo e scopo. Partendo dalla pressoterapia (Arya): Sfruttando l’applicazione di una pressione controllata favorisce il ritorno venoso e linfatico, permettendo un più rapido smaltimento di tossine e cataboliti, tra cui l’acido lattico, ed un drenaggio dei liquidi, oltre ad un massaggio che rilassa la muscolatura. La magnetoterapia (Lob): un dispositivo che sfrutta l’azione dei campi magnetici per ridurre la sintomatologia di stati infiammatori a carico del sistema muscolo-tendineo e delle patologie osteo-articolari di tipo traumatico e cronico.

Ultrasuoni (Restart): onde sonore ad altissima frequenza che viaggiano attraverso i tessuti del corpo trasferendo energia rilassando i muscoli contratti, aiutando l’assorbimento dei liquidi sottocutanei e, favorendo la microcircolazione. In più allevia il dolore ed accelera la risoluzione dei processi infiammatori. Infine diatermia (Novaspin): un trattamento operatore-dipendente che trasferisce energia in profondità, attraverso i tessuti del corpo umano, innescando un effetto biostimolante. Generando calore direttamente all’interno dei tessuti, accelera i processi metabolici e, di conseguenza, quelli di recupero.

Novaspin è operatore dipendente, ha quindi necessità dell’utilizzo sapiente di un professionista. Qui Pirovano con Gabburo
Novaspin è operatore dipendente, ha quindi necessità dell’utilizzo sapiente di un professionista. Qui Pirovano con Gabburo

Acceleratore di risultati

Appena varcata la porta troviamo Alessandro Tonelli steso sul lettino massaggiato dalle sapienti mani di Emanuele Cosentino: «Il recupero è la chiave. Abbiamo poco tempo, si viaggia dai 35-40 minuti di massaggio al giorno. Nel giorno di riposo si arriva anche a un’oretta e si fa un checkup più approfondito. Io seguo due atleti. Marcellusi e Tonelli. Li conosco e si conoscono, e mi comunicano tutto e questo è fondamentale in una corsa di 20 giorni. Per accelerare il recupero nel post gara gli consigliamo di fare la pressoterapia. La fanno in autonomia. Avendo tempi così serrati questo trattamento agevola il nostro lavoro. Quest’anno abbiamo deciso una stanza adibita in ogni hotel, dove ne approfittano per rilassarsi e prendersi del tempo per loro stessi».

Bussano alla porta sono Filippo Magli e Davide Gabburo pronti per fare rispettivamente Pressoterapia e Tecar. Ci spostiamo nella stanza designata affianco e troviamo un altro lettino e Stefano Pirovano, massaggiatore e massoterapista con esperienza ventennale tra calcio e ciclismo: «Qui abbiamo Gaburro che accusa un forte mal di schiena per cui si è deciso di fare la Tecar. In questo caso stiamo facendo la diatermia, perché sta soffrendo di una lombo sciatalgia dovuta alle spinte che devono fare quando salgono in salita. Nello specifico sto preparando i tessuti ossigenandoli per poi trattarli con la capacitiva per cercare di andare a decontrarre la muscolatura.

«Il nostro corpo – conclude Pirovano – è una macchina perfetta. Questi dispositivi servono per migliorare il recupero. Se di solito ci si mette 15 giorni per riprendersi da un infortunio, utilizzando questi macchinari ci si può riprendere in 5 giorni. Per uno sportivo recuperare 10 giorni è tutto».

Wepere

Le quindici fatiche di Marcellusi al suo primo Giro

24.05.2023
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Martin Marcellusi affronta il suo primo Giro d’Italia con sensazioni differenti: ha tolto dalla valigia le emozioni ed ha messo la fatica. Sulle teste dei corridori è caduta spesso tanta acqua, si è salvata quasi esclusivamente la tappa di Bergamo. Marcellusi si è ritrovato ad affrontare delle condizioni atmosferiche che hanno reso ancora più tosto questo debutto alla corsa rosa.

Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro, spegnendo un po’ l’anima della corsa rosa: Marcellusi è con Fiorelli
Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro: qui Marcellusi con Fiorelli

Giorno di riposo

Il corridore romano risponde durante i massaggi, nel secondo giorno di riposo del Giro d’Italia. La Green Project Bardiani CSF Faizanè ha scelto la provincia di Mantova per abbassare i ritmi e respirare

«Il giorno di riposo – attacca Marcellusi – va sempre bene, ci vuole. Oggi abbiamo fatto una sgambata di un’oretta, pranzo, massaggi e nient’altro. Durante queste ore ammazzo il tempo rimanendo a letto e guardando un po’ TikTok. Non dormo perché ho paura di non avere tanto sonno la sera».

Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Riannodiamo il filo rosa, che atmosfera hai trovato al Giro?

Per essere il primo speravo meglio, non ho sentito molto l’atmosfera del Giro d’Italia, complice anche il meteo. Sulle strade spesso abbiamo trovato meno tifosi di quanti ce ne sarebbero stati solitamente.

E la corsa come la vivi?

Va a momenti, un giorno sto male, un altro invece sono davanti a lottare per entrare in fuga. Non tutti i giorni sono uguali, ogni tappa ti lascia qualcosa di diverso, complice anche il fatto che recuperare è difficile. La pioggia ed il freddo aumentano lo stress e la fatica.

Raccontaci la tua routine

Mi trovo spesso a scherzare con i miei compagni a proposito di questo. Siamo sempre lì a fare le stesse cose: finita la tappa scendi dalla bici e fai la doccia, poi arrivano i massaggi che bisogna farli di corsa perché altrimenti rischi di arrivare a cena ad orari improponibili. Si ha il tempo di un caffè tutti insieme e poi si sale in stanza a dormire.

E la mattina suona la sveglia, qual è stata quella più difficile?

Direi la mattina della tappa di Crans Montana. La sveglia è suonata alle 6,30, la tappa doveva partire alle 11. Io non sono uno che riesce ad andare a letto alle 22, di solito vado a dormire verso le 23-23,30. 

I massaggi, anche se di fretta, aiutano?

Sono tanta roba! Farli tutti i giorni non fa miracoli, ma di certo aiuta molto. Ho la fortuna che il mio massaggiatore è anche l’osteopata della squadra, quindi faccio tutto con lui. Gli racconto le mie sensazioni e lui cerca di risolverle. 

Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Che sensazioni hai?

Si tratta del mio primo Giro d’Italia, quindi non ho un grande recupero. Di certo faccio più fatica rispetto a chi ha già fatto questa gara tre o quattro volte. 

Poi piove da due settimane…

La pioggia non piace a nessuno e se per quindici giorni corri con l’acqua che ti cade sul casco, e tutto il corpo, il morale ne risente. Prendere acqua è un lavoro in più: devi stare sempre attento in gruppo e poi una volta in hotel devi asciugare casco, occhiali e scarpe. Poi anche a livello fisico ti gonfi. Insomma, è dura.

Con chi condividi la stanza?

Tonelli. E’ un mese che viviamo in simbiosi, sono stato fortunato ad averlo accanto, è uno dei più esperti, se non il più esperto, della squadra. Mi riesce a dare consigli praticamente 24 ore su 24. Più che qui al Giro mi ha dato una grande mano in altura, con l’alimentazione e anche con la gestione mentale degli allenamenti. Allo stesso modo in gara è fantastico, mi dice quando attaccare o riposare. Anche nella tappa di Bergamo…

Raccontaci.

Non ero uno dei designati ad andare in fuga, non era una frazione adatta alle mie caratteristiche. Però in partenza parlavo con Tonelli e gli dicevo che la mia idea era comunque di infilarmi nel gruppo dei fuggitivi. Sapevo di non poter restare fuori tutto il giorno, ma l’obiettivo era farsi riprendere sull’ultima salita così da avere il tempo di andare all’arrivo. 

Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Invece hai inseguito…

Eh sì, non vorrei dire che ho fatto un errore (aspetta qualche secondo, ndr), ma ho fatto un errore. L’idea era giusta, ma sono partito con la mantellina della pioggia, quando sono andato a posarla in ammiraglia la fuga era già uscita. Io e Rubio abbiamo inseguito per un po’ e siamo rientrati, ma con tanta fatica.

Ad un certo punto dell’inseguimento Rubio ti ha lasciato indietro. 

Ha una gamba esagerata e su uno strappetto è andato via. Non posso rimproverargli nulla perché quando sei in mezzo come noi, cerchi di rientrare il prima possibile. Con il senno di poi avrebbe potuto comunque aspettarmi perché alla fine sono andato sui fuggitivi anche io, dopo 40 chilometri però. Sono andato così forte che ho fatto il record di giornata sulla salita di Passo Valcava. Lo stesso Rubio si è scusato con me, alla fine siamo amici e ripeto: quando sei in mezzo vuoi rientrare il prima possibile. 

I giorni di riposo come sono andati?

Sono stati a due facce. Direi bene perché ne avevo bisogno, soprattutto del primo, che è arrivato dopo nove tappe. Sto soffrendo tanto le lunghe distanze ravvicinate, non sono abituato. Questa mattina (lunedì, ndr) ero cotto e riposare fa bene, una volta in bici per la sgambata mi sentivo un pochino meglio.

Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Il lato negativo del giorno di riposo?

Non sapevo se mi facesse bene o male, non avevo mai fatto questa cosa prima. Ho scoperto che mi fa male, la tappa di Viareggio è stata un calvario. Mi sono staccato sulla prima salita dopo il via, eravamo Vlasov, Benedetti ed io. Il primo ha abbandonato la gara, noi due invece siamo rientrati. Fatto sta che mi sono fatto 80 chilometri da solo ad inseguire il gruppo. 

L’incentivo a finire il Giro però c’è, si arriva nella tua Roma. 

Sì! Non vedo l’ora, un sacco di gente mi ha scritto che verrà a salutarmi, non ho idea di quello che potrà succedere. Come si dice dalle mie parti, mi aspetto una bella caciara (dice sorridendo, ndr) una grande festa dopo la tappa. Però prima bisogna arrivare alla fine.

Rossato: «I miei ragazzi aggressivi e compatti in corsa»

20.05.2023
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La prima parte di stagione, quelle della classiche se così possiamo dire, si è conclusa anche per gli under 23. Molti dei ragazzi della Green Project-Bardiani sono in ritiro in quota per preparare i grandi appuntamenti dell’estate, su tutti il Giro d’Italia U23 o Giro Next Gen come è stato ribattezzato da Rcs Sport.

Con Mirko Rossato, il loro diesse, facciamo un punto della situazione: risultati, modo di correre… Un bilancio che il tecnico veneto giudica in modo positivo. Anche se è mancata la vittoria.

«Non abbiamo vinto, e me ne dispiace, ma posso dire che abbiamo fatto un notevole salto di qualità. Quest’anno teniamo testa alle giovanili delle WorldTour e questo mi fa piacere».

Mirko Rossato (classe 1968) ha preso in mano il progetto giovani della Green Project sin dalla nascita
Mirko Rossato (classe 1968) ha preso in mano il progetto giovani della Green Project sin dalla nascita

Salto di qualità

Quando Rossato parla di salto di qualità non si riferisce solo alle prestazioni, che tra l’altro con una grande rotazione dei ragazzi – visto che stiamo parlando di under 23 – sono molto variabili di anno in anno, quanto piuttosto al tipo di attività, al modo d’interpretare le gare…

«Facciamo corse importanti – spiega – per il nostro livello chiaramente, contro squadre importanti. Ci manca qualcosa in termini di esperienza ma ho creato un bel gruppo e di questo ne sono orgoglioso. Ricordo che noi facciamo un’attività legata alla crescita. Ci manca qualcosa per essere alla pari degli altri ma ci si arriva con una cosa: lavoro, lavoro e ancora lavoro».

In effetti da questo gruppo sono andati via “senatori” come Tolio e Marcellusi e Martinelli fa la spola con i grandi.

«Loro non ci sono, ma non posso dire che manchino – va avanti Rossato – il salto degli altri è stato veloce, soprattutto da parte di Pinarello e Pellizzari. E non nascondo che anche gli altri siano cresciuti  parecchio. Scalco, Paletti e Conforti si sono integrati alla grande. Li ho sentiti subito presenti. Ho grande fiducia in loro».

Spesso i Green Project-Bardiani tirano compatti in testa al gruppo. Per Rossato è importante correre da squadra (foto @liisasphotoss)
Spesso i Green Project-Bardiani tirano compatti in testa al gruppo. Per Rossato è importante correre da squadra (foto @liisasphotoss)

Sul modo di correre 

Una squadra giovane, i ragazzi di Rossato sono per la maggior parte di primo e secondo anno. Eppure visti da fuori i Green Project corrono in modo molto più da pro’. Restano più compatti, aspettano “l’uno contro uno” nel finale. Si gestiscono come fossero una WorldTour. Il che può anche starci, visto che questo gruppo è mirato ad una formazione per il futuro, ad alimentare la prima squadra… Ma va bene per la categoria U23? Un’osservazione che poniamo a Rossato.

«Io – dice Mirko – cerco di mentalizzarli per vincere. Quando partono, partono con l’obiettivo della vittoria: questo è sicuro. Corriamo uniti, vero, ma questo è importante per il risultato. Nel ciclismo vince il singolo, ma è la squadra che fa la corsa. Poi okay, nell’uno contro uno, contro squadre importanti delle WorldTour come Jumbo-Visma, Groupama-Fdj, Ag2R… può anche starci che perdi e che emerga il più forte, ma l’impostazione della corsa è quella.

«E poi bisogna valutare anche le caratteristiche dei miei corridori, che sono quasi tutti scalatori. A noi servono le corse dure».

L’ultima frase ci riporta a questo inverno. Già in tempi non sospetti Rossato ci aveva detto che aveva voluto un certo tipo di corridori per il tipo di attività che avrebbero fatto. Un’attività di livello infatti imponeva quasi gioco-forza l’esigenza di atleti che tenessero benone in salita. Visto che ormai, come spesso diciamo, anche le corse più veloci prevedono un bel po’ di dislivello. In più voleva certi uomini proprio per poter correre all’attacco e non sulla difensiva.

Anche tra gli U23 spesso dominano le giovanili delle WT, ma i ragazzi di Rossato sono lì. Qui il podio del Recioto con: Graat, Pellizzari, Pinarello (e quarto Martinelli)
Anche tra gli U23 spesso dominano le giovanili delle WT. Qui il podio del Recioto con: Graat, Pellizzari, Pinarello (e quarto Martinelli)

Sbagliando s’impara

«Io dico che corriamo bene. Vedo che siamo presenti in tutti gli arrivi. Siamo under 23 e non possiamo correre come i pro’, ma appunto dobbiamo cercare di essere più aggressivi possibile».

«Sempre riguardo al modo di correre – va avanti con passione Rossato – Non avendo la radio ed essendo giovani ed inesperti i ragazzi sbagliano spesso. Ho trenta anni di esperienza e gli avrei potuto dare le indicazioni per non commettere certi errori… E avremmo vinto di più. Ma fa parte del gioco. E va bene così».

Va bene così perché Rossato stesso non è poi così favorevole alle radio in questa categoria. Se ai ragazzi si dice tutto, magari vincono, non commettono l’errore, ma non capiscono fino in fondo il perché di quella mossa. Non incamerano esperienza. 

«Non capiscono perché avrebbero sbagliato e di conseguenza non se lo ricordano. Invece se sbagliano, poi se ne discute tutti insieme.

«A questa età, i corridori devono fare anche di testa loro. Devono usare la fantasia… se poi perdono la corsa perché hanno osato nessuno li mette alla gogna. Ma resto del parere che bisogna correre aggressivi».

Huising, che mazzata a Stavelot! Ma Busatto c’è…

09.05.2023
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Italiani ancora protagonisti al Nord con Busatto, questa volta secondo nella Fleche Ardennaise, e i ragazzi della Green Project-Bardiani. Nello stesso giorno in cui i corridori del Team Colpack erano in Francia per la Roubaix, in Belgio si è corsa un’altra piccola Liegi. Partenza e arrivo a Stavelot, nella valle fra la Cote de Stockeu e la Cote de Haute Levée. Distanza di 175,3 chilometri con 16 cotes, ultimo scollinamento sullo Stockeu e arrivo sul pavé che i conoscitori della Liegi ben ricordano.

Questa volta la rappresentativa italiana era più consistente, al punto che il primo ad attaccare è stato Alessio Nieri della Green Project-Bardiani, che ha poi piazzato Pellizzari e Tolio al quarto e quinto posto, con Vergallito sesto in maglia Alpecin-Deceuninck Development ed Ermakov, che non è italiano ma russo e corre con il CT Friuli, al tredicesimo posto dopo essere stato in fuga con Nieri.

Ermakov e Nieri sono stati i primi attaccanti di giornata (foto Arnaud Guillaume)
Ermakov e Nieri sono stati i primi attaccanti di giornata (foto Arnaud Guillaume)

Il bilancio di Rossato

La vittoria è andata all’olandese Menno Huising, classe 2004 della Jumbo Visma Development, che si è lasciato dietro Busatto anche grazie a una migliore entrata nell’ultima curva. Ma prima di entrare nel vivo della corsa, vale la pena annotare le parole di Mirko Rossato, in Belgio con la Green Project-Bardiani, sulla durezza della corsa.

«Sono soddisfatto di questo risultato – ha detto il padovano – potevamo fare qualcosa di meglio, ma finire con due corridori nei primi cinque è quello che conta. La nostra strategia all’inizio della gara era quella di mettere un uomo davanti. Così abbiamo fatto con Alessio Nieri. Poi siamo stati tranquilli. Abbiamo potuto aspettare fino alla fine che la selezione avvenisse in modo naturale. Per un attimo Alessio è stato addirittura solo in testa con Ermakov, ma sospettavo che il gruppo sarebbe arrivato da dietro. Gli inseguitori erano ancora troppo numerosi».

La Circus-ReUz, squadra di Busatto ha fatto corsa parallela con la Green Project di Rossato (foto Arnaud Guillaume)
La Circus-ReUz, squadra di Busatto ha fatto corsa parallela con la Green Project di Rossato (foto Arnaud Guillaume)

Busatto un po’ deluso

L’azzurro cresce, si capisce dal piglio che mostra in corsa e dalle parole dopo l’arrivo, che seppure sconfitto lo mostrano sicuro di sé. 

«Sono arrivato quassù – ha detto Busatto – dopo tre settimane che non correvo, dalla Liegi praticamente, quindi non ero proprio sicuro della mia condizione. Vedevo che nei giorni precedenti stavo bene però essendo anche una corsa dura, se non si è al 100 per cento è difficile arrivare davanti. Quando a 50 chilometri dall’arrivo sulla Haute Levée si è spezzato il gruppo e siamo rimasti davanti in venti, ci ho creduto. Non volevo che ci prendessero, perché in 20 corridori è tutto molto più facile, ma sono arrivati e la corsa alla fine si è fatta sullo Stockeu. Ho subito cercato di tenere il ritmo degli scalatori più forti, ma ho visto che era troppo alto e sarei saltato presto, così ho cercato di andare su del mio passo e alla fine sono rientrato proprio sul Gpm».

Pellizzari e Tolio hanno chiuso in 4ª e 5ª posizione: un ottimo risultato per la Green Project-Bardiani
Pellizzari e Tolio hanno chiuso in 4ª e 5ª posizione: un ottimo risultato per la Green Project-Bardiani

Attacco in discesa

La vittoria nella Liegi gli ha dato le conferme che cercava, perciò quando è scattato in salita ed è stato ripreso, ha trovato comunque lo smalto e la fiducia per giocarsi la corsa in discesa e poi in volata.

«Quella discesa l’avevo fatta anche alla Liegi – ha spiegato – l’avevamo provata alla vigilia e l’avevo anche rivista su su Veloviewer, quindi la conoscevo e ho provato ad anticipare. Mi hanno ripreso in tre, poi si è rimischiato tutto. Sapevo di poter contare sulla mia velocità, ma quando siamo entrati nel centro del paese sul pavé, si è fatto il buco in curva davanti a me e sono rientrato all’ultima curva, ma era tardi ormai per passare il corridore della Jumbo

«La condizione è buona, sto lavorando bene e il morale è alto in vista del Giro U23. Adesso avrò due corse con i professionisti che sono il Circuit de Wallonie e la Rund um Koln e vedremo che ruolo mi verrà assegnato, ma se la gamba è buona, cercherò comunque di fare una bella corsa. E poi avrò la Orlene Nations Cup U23 che sarà un bell’obiettivo».

Sul podio dopo la corsa, Busatto non è riuscito a nascondere una punta di delusione (foto Arnaud Guillaume)
Sul podio dopo la corsa, Busatto non è riuscito a nascondere una punta di delusione (foto Arnaud Guillaume)

Una vittoria inattesa

E adesso il vincitore, Menno Huising di 19 anni, un metro e 86 per 75 chili, che sul traguardo di Stavelot (foto Arnaud Guillaume in apertura) ha ricordato nelle movenze e nella grinta il compagno di colori Wout Van Aert. Nella sua sagoma Busatto quasi spariva, tanta era la differenza di stazza.

« Dallo Stockeu – ha raccontato – un corridore della Quick Step e altri due fuggitivi erano scomparsi. Avevo paura di non vederli più, ma mi sentivo benissimo. Me ne sono reso conto quando uno dei corridori della Bardiani ha accelerato e ho colmato il distacco senza essere ancora al mio limite. Non me lo aspettavo, credo di aver corso alla perfezione e di aver fatto un bell’attacco in cima allo Stockeu. Sfortunatamente, il gruppo degli inseguitori si è organizzato bene con il vento contrario e mi hanno ripreso. Alla fine però è andato tutto bene, serve anche fortuna, ma penso di aver fatto uno sprint da manuale».

Sul podio, accanto al vincitore Menno Huising, l’azzurro Busatto e il francese Lecerf (foto Arnaud Guillaume)
Sul podio, accanto al vincitore Menno Huising, l’azzurro Busatto e il francese Lecerf (foto Arnaud Guillaume)

Più forte della iella

Come Busatto corre nel “devo team” della Intermarché, Menno indossa la maglia del vivaio della Jumbo-Visma, in cui sente di crescere un po’ ogni anno.

«Già durante l’inverno – ha spiegato – avevo notato che stavo molto bene, ma poi con qualche malanno e qualche caduta, ho avuto una battuta d’arresto e ho dovuto riabituarmi alle gare più lunghe. Sono migliorato ogni settimana e il team si fida di me, quindi ho buone opportunità e la strada aperta per crescere. Ho mostrato di migliorare ogni settimana e finalmente ho vinto.

«Sono stato sorpreso dalle mie stesse gambe, perché all’inizio non mi sembrava una giornata eccezionale, ma ho notato sullo Stockeu e nelle ultime due salite ripide che stavo davvero bene. In cuor mio spero che non sia stata una giornata super, così potrò farlo più spesso».

Selle SMP e Covili: la scelta cade sulla Composit

06.05.2023
4 min
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ROVERETO – La sella per un corridore professionista è una scelta fondamentale, soprattutto quando si sta sulla bici per tante ore tutti giorni. Non si deve escludere nulla, nemmeno un dettaglio, partendo dalla conformazione fisica, fino ad arrivare al comfort. Luca Covili, atleta della Green Project Bardiani CSF Faizanè utilizza, come tutta la squadra, le selle del marchio Selle SMP

Sella Composit

La scelta di Covili è ricaduta sul modello Composit, una decisione presa assieme ai tecnici di Selle SMP, i quali offrono un ottimo supporto agli atleti. Di modelli ce ne sono tanti, ma le caratteristiche fisiche del corridore della Green Project lo hanno portato verso la scelta di questo modello. La Composit, infatti, accoglie al meglio i bacini medio-stretti, con larghezza delle ossa ischiatiche che va da 9 centimetri a 11,5 centimetri.

«Sono già quattro anni che utilizzo questa sella – ci dice – mi sono sempre trovato bene. Io ho il bacino stretto e la sella Composit si è rivelata quella che si adattava meglio alle mie caratteristiche. Siamo riusciti anche a trovare la posizione giusta fin da subito, e per questo non mi sono mai stato costretto a cambiarla».

La lunghezza della sella Composit è di 263 millimetri, mentre la larghezza è di 129 millimetri, per questo si adatta ai bacini stretti. 

Al posto dell’imbottitura viene utilizzato uno speciale elastomero espanso

Leggera e performante

La sella Composit non ha l’imbottitura al suo interno, nonostante ciò rimane un prodotto estremamente comodo. Selle SMP utilizza uno speciale elastomero espanso, il quale ha una grande memoria elastica, portando all’atleta il giusto mix di morbidezza, resistenza e compressione

«Mi trovo molto bene anche a livello di comfort – prosegue Covili – questa sella ha il foro centrale che permette di scaricare il peso. E’ stato un fattore importante per me perché in passato, prima di usare questo modello, ho avuto parecchi problemi. Anche quando pedalo, in fase di massima spinta, mi permette di rimanere stabile e di concentrarmi solo sulla pedalata. In discesa, invece, questa stabilità va ad aiutarmi a trovare un punto centrale che mi permette di guidare la bici al meglio. In salita mi supporta molto, quando mi trovo a pedalare in punta sono sempre comodo e composto».

Il peso della sella Composit è molto contenuto, solamente 175 grammi
Il peso della sella Composit è molto contenuto, solamente 175 grammi

I dettagli tecnici

Il telaio è realizzato in fibra di carbonio unidirezionale “ad alto modulo”, ovale 7.1 x 9.0 mm. Una struttura che offre la massima leggerezza e resistenza. La durata nel tempo è importante, e se Covili per quattro anni ha deciso di usare il modello Composit vuol dire che questa sella ha superato tutti i test di resistenza e stabilità nel tempo. Offrendo al contempo la necessaria leggerezza, gli scafi, infatti, sono realizzati in Nylon 12 caricato con fibra di carbonio. Le esclusive geometrie sviluppate da Selle SMP proprio nella realizzazione degli scafi sono il risultato di anni di studi sulla morfologia del ciclista.

Il peso per un corridore professionista è importante, la sella Composit, con telaio in carbonio, è estremamente leggera: solo 175 grammi.

Selle SMP

Cicalino, la Toscana a colpi di pedali e buona tavola

04.05.2023
6 min
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MASSA MARITTIMA – Colline dolci, strappi duri, salite facili. Cipressi, vini eccellenti, poderi antichi. Piscina, centro benessere, piatti gustosi e verdure genuine… il tutto col filo conduttore della bici. Siamo in Toscana, tra l’Alta Maremma e le Colline Metallifere e più precisamente alla Tenuta Il Cicalino (in apertura foto Mirror Media).

Questa splendida tenuta col tempo è divenuta una vera roccaforte della Green Project-Bardiani, ma del ciclismo stesso, potremmo dire. E’ qui che tanti turisti scelgono di soggiornare per le loro vacanze a due ruote (e non solo ovviamente) e sempre qui le aziende di settore si danno appuntamento per delle fiere particolari, come è successo qualche settimana fa con BCA, Bike Connection Agency

Dal punto di vista turistico le potenzialità sono enormi. Oltre alla cucina, le strade sono davvero ottimali per pedalare. E la Toscana fa il resto con i suoi paesaggi e la sua offerta storica-culturale. E’ bastato salire di un paio di chilometri in quel terrazzo naturale che è Massa Marittima perché tutto ciò diventasse concreto.

Elisabetta Pasinato, è la direttrice del Cicalino ed è lei che ci parla di questo vero paradiso per i ciclisti.

Elisabetta Pasinato, direttrice del Cicalino
Elisabetta Pasinato, direttrice del Cicalino
Signora Pasinato: Cicalino e ciclismo un connubio sempre più stretto, come mai?

Un connubio sempre più stretto, un po’ per la nostra passione per la bici e un po’ per questo territorio meraviglioso. Un territorio sul quale abbiamo lavorato, non solo noi, per creare una sentieristica, soprattutto per la mountain bike, ma anche per la bici da strada e per il gravel. La nostra è chiaramente un’area vocata alla bici, sia per la bellezza dei suoi sentieri, sia per la bontà delle strade: l’asfalto è buono e il traffico è scarso. E poi non va trascurato l’aspetto della cucina che è sempre più importante per gli sportivi.

Voi avete uno stretto connubio anche con la famiglia Reverberi. Da anni ospitate le loro squadre, dalla Colnago-Csf alla Green Project-Bardiani. Come è nato questo rapporto?

Se non ricordo male, perché in effetti sono passati diversi anni, avevamo organizzato qui all’epoca, una corsa (il Giro della Provincia di Grosseto, ndr). Loro erano ospiti nostri, si trovarono molto bene ed è nata anche un’amicizia. 

Una bella storia…

E’ una squadra che a me piace molto perché è italiana, composta da tutti i ragazzi giovani ed anche la loro è un po’ una famiglia, come noi del Cicalino. Si lamentano sempre perché mangiano troppo e bene! Speriamo di non rallentarli per questo!

Chiaramente il cliente del Cicalino va oltre il professionista. Sappiamo che avete anche preso delle bici da dare ai clienti…

Esatto. Abbiamo firmato un contratto con Cannondale, anche per diventare centro Cannondale qui in Toscana. E’ un ‘azienda che ci piace molto. Ci siamo conosciuti un po’ casualmente durante un evento e abbiamo stretto questa collaborazione. La flotta di bici è composta sia da bici elettroassistite che tradizionali, per ora si tratta solo di mountain bike. Ma stiamo valutando di prendere anche qualche gravel visto il territorio e le numerose strade bianche che ci sono.

Il Cicalino è un “piccolo” villaggio. Ci sono questi poderi dislocati, le stradine che li collegano, le indicazioni all’interno, le piscine, la Spa… ci sono percorsi persino per correre a piedi. Ma quale può essere una giornata tipo del cliente ciclista?

Il nostro cliente è un po’ particolare. Volutamente il Cicalino non è un bike hotel classico: è un villaggio con tutti i servizi alberghieri. Ci sono le Spa, il centro benessere, la palestra, una ristorazione di alto livello, che però è attenta anche alle esigenze dell’atleta… La giornata tipo per questo cliente chiaramente si focalizza sulla bici e sul suo tour in bicicletta, che sia su strada o in mtb.

Chiaro…

Quando rientrano normalmente c’è un ottimo pranzo che li attende. E prima del tour c’è una colazione ad hoc. Per i pro’ ne abbiamo un tipo, per gli altri volendo c’è anche quella più ricca. Al pomeriggio vanno nelle Spa, oppure ci sono corsi di yoga… Solitamente il cliente appassionato di bicicletta vuole fare tante altre cose e qui al Cicalino può farle.

Elisabetta, prima ha parlato di sentieristica. Cosa offrite in tal senso?

Abbiamo le nostre piattaforme e i percorsi sono stati digitalizzati. Oggi sui Gps si scaricano tutti i percorsi possibili. Abbiamo anche una collaborazione molto stretta con un servizio guide della zona. Fanno anche “bike service” e sono molto bravi. Conoscono tutti i sentieri e lavorano con noi nella loro manutenzione. Quindi, chi vuole può affidarsi alle guide e può uscire in un tour guidato, altrimenti può scaricare le mappe.

C’è un periodo dell’anno che secondo lei è migliore per fare del cicloturismo al Cicalino?

Le stagioni sono cambiate moltissimo. Una volta si immaginava che febbraio fosse un mese impossibile, mentre negli ultimi dieci anni, febbraio e marzo sono delle stagioni ottimali. Marzo offre un clima meraviglioso. E le nostre piscine sono già aperte! Non c’è traffico sulle strade, soprattutto perché non è iniziato ancora il turismo sulla costa. Poi da aprile-maggio, inizia quella che io chiamo la stagione degli svizzeri. Ce ne sono moltissimi, ma è ancora un buon periodo. Sono molto belli anche i mesi di settembre, ottobre e novembre. Mentre sconsiglio – e lo devo dire sinceramente – luglio ed agosto. Sia per il caldo che per i flussi specie sulla costa.

Tenuta Il Cicalino

Marcellusi, valigia pronta, il sogno rosa può iniziare

03.05.2023
8 min
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CORCOLLE – Martin Marcellusi ci apre le porte di casa. Siamo nella periferia Est di Roma. Da una parte la città, dall’altra i primi Appennini, nel mezzo colline dolci e verdeggianti puntinate di paesini più o meno moderni. Dietro il portone c’è uno dei tanti trofei conquistati da Martin. E’ la coppa della Firenze-Empoli, quella a cui forse tiene di più.

«E’ stata la mia prima vittoria da under 23, anzi la mia prima corsa da under 23. Io non amo tenere troppi cimeli, maglie o ricordi. Alla fine i ricordi quelli veri restano. Le Coppe invecchiano, vanno spolverate».

Dopo essere stati a casa di Luca Covili, eccoci a bussare dal laziale. Il corridore della  Green Project-Bardiani è pronto per affrontare il suo primo Giro d’Italia. Martin è rientrato da poche ore dal Gp Francoforte che lo ha visto protagonista il primo maggio e sta rivedendo la corsa assieme a mamma Nunzia e papà Giulio.

Anche loro sono emozionati per la corsa rosa. «Una bella responsabilità», dice il papà. «Un’emozione grande», aggiunge la mamma.

Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin, partiamo da Francoforte. Una grande prestazione tanto più che scendevi dall’altura…

Eravamo rimasti in venti sulla salita lunga e mancavano ancora 100 chilometri più o meno. Dietro c’erano i velocisti e le loro squadre ci hanno chiuso. Però ci hanno messo parecchio perché noi avevamo un minuto. In quell’istante ho capito che era il momento giusto per fare un’azione. Io però pensavo di portar via un gruppetto di 3-4 corridori.

Invece sei andato via da solo.

A quel punto mi sono detto: «Anticipo lo strappo, perché comunque c’è gente come Hirschi che è difficile da tenere. Ho pensato: «Di schiaffi in faccia ne ho presi tanti, ne prenderò uno anche oggi». Però è andata bene. Quando ho visto che sotto lo strappo avevo 1’20” di vantaggio sapevo che avrei scollinato davanti. Così ho fatto a tutta il tratto più duro e poi ho rallentato un po’. Giusto quel tanto per mantenere un pizzico di gamba per quando fossero arrivati. E infatti mi hanno ripreso giusto dieci metri dopo il Gpm. 

Perfetto!

A quel punto ho detto: «Ora mi metto a ruota e non do più un cambio». Anche se ad un certo punto volevo tirare, però dall’ammiraglia mi hanno detto di restare a ruota e di fare la volata. Ma nel finale ero stanco, stanco.

Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Ora siamo qui. Tra poche ore partirai per il Giro d’Italia, ma ripercorriamo la tua storia. Come ti sei avvicinato al ciclismo? O meglio, perché il ciclismo e non il calcio, visto che siamo a Roma e regna il “Dio pallone”?

Beh, io dovevo cominciare col calcio in realtà. Ma ero troppo piccolo per fare l’iscrizione nella squadra locale, il Ponte di Nona. Mio fratello Daniel, più grande di me, fece una gara di mtb e portò a casa una coppa. Io ne rimasi affascinato. Ero anche un po’ geloso, se vogliamo. Allora ho detto: «Vabbè dai, corro anch’io». Alla prima gara ho fatto terzo. Ero G1 e da lì in poi non mi sono più fermato.

Ciclismo in tutto e per tutto. Eri di quelli che a scuola scriveva sul diario “Oggi comincia il Giro”?

In realtà no. Io il ciclismo in televisione ho cominciato a seguirlo tardi, da under 23. Prima semmai vedevo gli ultimi chilometri. Adesso invece le seguo tutte!

Cosa hai imparato, secondo te, nelle nelle categorie giovanili?

Una cosa importante: saper andare in bici. E’ da piccolo che impari a stare in gruppo, a stare davvero in sella. Se cominci tardi, ti mancherà sempre un minimo di dimestichezza.

Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
E da quel bambino G1 ne è passata di acqua sotto i ponti. Sei appena rientrato da una gara WorldTour e sei pronto a ripartire…

E’ tanta roba! Un po’ me lo aspettavo e un po’ no. Quest’anno ho avuto un po’ di sfortuna ad inizio stagione (Martin si è rotto la clavicola nelle primissime gare, ndr). Ma ho avuto la fiducia della squadra e anche io non sono andato piano. Vengo da questo decimo posto a Francoforte, e ora vado al Giro… con qualche aspettativa, ma senza pressione da parte della squadra. Anche loro sanno che è difficile.

Cosa metti in questa valigia per il Giro?

L’entusiasmo, l’emozione. Se me l’avessero detto qualche anno fa, non so se ci avrei creduto. Ma finché non sono lì, secondo me non mi renderò conto veramente di quanto grande sia. Un po’ come l’anno scorso ai mondiali. Ma in questa valigia ci metto anche un po’ di preoccupazione perché è vero che è una bella esperienza, però è dura. Saranno 21 giorni e chi ha mai fatto questi sforzi? Mi dicono che alla fine è una gara come le altre. Vedremo…

Insomma ci pensi prima di andare a dormire?

Per adesso no, almeno fino a due giorni prima della gara non ci penso. Ma la notte prima della corsa mi tormento! Non dormo, è impressionante.

Quando quando te l’hanno detto del Giro? E cosa hai provato in quel momento?

Già dallo scorso dicembre mi avevano accennato che facevo parte dei papabili del “gruppo Giro”, mentre la conferma è arrivata poche settimane fa. Mi avevano fatto intendere che se al rientro dall’infortunio avessi fatto qualcosa di buono, mi avrebbero portato.

Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
In una squadra come la vostra c’è una sorta di qualificazione…

Un po’ sì. Magari è brutto dirlo, però c’è una sorta di competizione interna per partecipare al Giro. Non abbiamo i campioni che ha una Jumbo-Visma, per esempio. Da noi chi va più forte in quel momento parte per il Giro. Ma chi resta fuori prende molto serenamente l’esclusione. Per dire, fino a ieri siamo stati con Colnaghi e lui di quella trasferta era l’unico che non faceva il Giro. Ci scherzavamo su e gli dicevamo: «Ohi ci vediamo in Abruzzo. Ah no, tu non ci sei». I classici sfottò.

Da una parte c’è la città, dall’altra le montagne: dove ti alleni? Che salite fai?

Faccio un mix, ma preferisco frequentare zone più trafficate. Sì, sembra strano, ma è così! Anche sul Maniva cercavo sempre di andare nei paesini. Forse è l’abitudine: è da quando sono piccolo che pedalo nel traffico. E infatti quando vado di là (e indica in direzione delle montagne, ndr) un po’ mi annoio. Ci vado quando devo fare salita vera.

E che salite fai?

Nella zona dei Castelli il Tuscolo, Rocca Priora, Rocca di Papa. Se invece vado verso gli Appennini Saracinesco, ma poco perché mi mette sempre in crisi! E lo stesso Monteflavio. Non mi vanno proprio giù! Da qualche anno ho “scoperto” Scalambra che è veramente dura e somiglia parecchio alle salite di un Giro o di un’importante corsa a tappe. Ma se devo fare dei lavori di forza vado a San Polo che è più pedalabile.

Come hai strutturato la preparazione? E’ cambiato qualcosa dopo che hai saputo della convocazione per la corsa rosa?

Ho chiamato Donati, il mio diesse di riferimento, e gli ho detto: «Io non so se mi porterete al Giro, però faccio una preparazione come se dovessi farlo». Anche per questo ho deciso di andare sul Maniva con Tonelli e Magli. Tonelli era sicuro di farlo, Magli invece l’ha saputo poche settimane fa come me.

Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Quali lavori hai fatto?

In altura ho fatto parecchio fondo. Lavori meno adatti alle mie caratteristiche, ma servivano quelli. Ho fatto salite più lunghe. Mentre prima magari le facevo da 15′, adesso lavoravo sui 24′-25′. Meno esplosività. Ma un po’ ho fatto anche quella perché nel momento in cui vai in fuga e magari c’è una tappa con l’arrivo su uno strappo, te la devi giocare. L’anno prossimo vorrei specializzarmi su questo tipo di terreni.

Parlando di tappe ce n’è qualcuna che pensi possa essere adatta a te? Che ti piace?

Quella di Napoli mi piace. Secondo me lì arriva la fuga e sarebbe bello esserci. Poi però non è facile. Magari quello è il giorno in cui il direttore ti dice: «Tu oggi stai tranquillo, provi domani». Ti ci devi anche un po’ trovare: sperare che il giorno in cui tocca a te, le gambe siano buone e che la tappa sia quella giusta. Lo scorso anno per esempio al Giro under 23 mi sono ritrovato in fuga nella tappa del Fauniera. Sapevo che non era adatta a me, ma a quel punto ci ho provato lo stesso.

Il Giro Under 23 è la corsa a tappe più lunga che hai fatto?

Sì e a fine Giro mi sono sentito bene. Ne parlavo coi compagni proprio in questi giorni e gli dicevo che avevo questa speranza. E cioè che più passavano le tappe e più la condizione migliorava. Speriamo sia così anche coi grandi! Anche perché io non devo far classifica e in qualche occasione potrò fare gruppetto e risparmiare qualche energia.

In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
Sei un millennial, cosa sai del Giro d’Italia?

Della storia qualcosa so, tipo qualche vincitore. Ma all’interno del gruppo non ho idea proprio. Ricordo che andammo a vedere una tappa a Civitavecchia. Feci la foto con con Bettini, in maglia di campione del mondo, e con Cassani.

Parlando della gara di ieri hai ragionato con lucidità. Tempo fa Roberto Reverberi ci ha detto che Marcellusi è uno sveglio, uno agonisticamente cattivo. E’ così?

Quello della grinta è l’unico pregio che mi sono sempre dato. E’ vero, in gara riesco a capire il momento buono. Lo azzecco. Poi bisogna avere la gamba e quella non c’è sempre… Anche a Francoforte sapevo che avrei rischiato. Sapevo che se il gruppo si fosse messo subito a tirare, sarebbe stata un’azione suicida. A volte serve fortuna, ma bisogna anche rischiare. Però è vero: quel momento l’ho valutato bene prima di scattare. Anche da junior o esordiente facevo così. Magari sbagliavo tattica, ne ero consapevole, ma a me piace attaccare. Nelle categorie giovanili puoi farlo. Non hai degli obblighi nei confronti della squadra.

E tutto questo s’impara da piccoli?

Non proprio, secondo me è qualcosa che hai dentro oppure no.

E riguardo alla grinta invece? C’è una gara, anche da ragazzino, che ti ricordi per la grinta?

La Firenze-Empoli – replica secco Marcellusi – io avevo 19 anni. Sull’ultimo strappo eravamo in quattro: Bagioli, Battistella e Covi. In cima mi staccano e perdo 5”. Al Gpm non mollo mezzo centimetro: metto subito il 53 e continuo a pedalare a tutta. Rientro subito e in volata vinco. Io un mal di gambe così non l’ho più provato. Quella è stata la gara in cui ho avuto più grinta in assoluto.

Ultime sgambate prima del Giro. Un giorno a casa Covili

30.04.2023
8 min
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S. ANTONIO DI PAVULLO – Gli incontri a casa dei corridori sono sempre un’occasione per scoprire le curiosità delle loro zone di allenamento. Perché il ciclista nasce per pedalare ma cresce diventando un esploratore. L’altopiano modenese di Pavullo nel Frignano è il territorio di Luca Covili, che possiamo anche considerarlo guida turistica di un’area ben più vasta. Quando non è in ritiro, lui sa che strade andare a cercare attorno a sé per preparare gli appuntamenti più importanti.

Fra meno di una settimana parte il Giro d’Italia e noi facciamo una visita a domicilio del 26enne della Green Project Bardiani CSF Faizanè. Quest’anno lui punta a curare un po’ di più la classifica, o quanto meno migliorare quella dello scorso anno. Ci incontriamo nel giorno in cui lui deve uscire con la bici da crono per alcuni lavori specifici. Ci condividiamo la posizione in tempo reale e intercettiamo Covili a pochi chilometri da casa su un tratto di strada celebre per un altro sport. Sta facendo ripetute sui falsopiani di Coscogno dove c’è uno degli undici impianti provinciali riconosciuti dalla federazione del lancio del ruzzolone. Modena è la capitale di questo antico gioco (che tutti in realtà conosciamo se ci riflettiamo bene) e quassù si sono svolti più volte i campionati nazionali con una partecipazione piuttosto sentita.

Compagno di allenamento

La giornata è calda, c’è bel tempo ma non il cielo non è nitido. Un vero peccato perché dalla porta di casa Covili si sarebbe visto ancora meglio il Cimone. Assieme a Luca c’è anche Stefano Masoni, classe 2002 della Technipes #inEmiliaRomagna, anche lui di Pavullo. Compatibilmente ai loro impegni, si trovano spesso per allenarsi pur rispettando le proprie tabelle di lavoro. Stefano, ormai alla fine del suo allenamento, abita vicino allo scalatore della Green Project e lo scorta fino davanti alla sua abitazione.

«Quest’anno ci stiamo allenando di più insieme – spiega Masoni – e ho notato fin da subito la crescita di Luca in tanti particolari. Anzi, spinge forte e in salita lo lascio andare anche perché per fortuna mia ho lavori diversi dai suoi da fare (sorride, ndr). Si è impegnato tanto in vista del Giro. Forse il suo punto debole resta la crono ma ha lavorato sodo anche sulla specialità e in quella finale della Coppi e Bartali non è andato così male. Luca quando ha la gamba può andare bene dappertutto».

Al Tour of the Alps, Covili ha centrato la fuga all’ultima tappa chiudendo sesto e traendo buone indicazioni
Luca prendiamo spunto dalla crono. Come hai curato questo esercizio?

Sto usando tanto la bici da crono e mi sono accorto immediatamente dei miglioramenti. Più la uso e meno mi fanno male quei muscoli che, vista la posizione più schiacciata, solitamente mi davano fastidio. Mi alleno sempre nella piana in cui eravamo prima. Alla fine qui ci sono posti in cui poter sviluppare certi lavori. Faccio sedute da un’ora e mezza e ogni tanto cambio bici finendo con un po’ di dietro motore. Adesso mi sento a mio agio su quel tipo di bici, anche dal punto di vista mentale cercando di restare sempre concentrato

Al Giro ci saranno tre prove contro il tempo, di cui l’ultima in salita più adatta a te. Ti spaventano?

Con la squadra partiremo il 3 maggio e nei giorni successivi faremo la ricognizione della crono inaugurale di Fossacesia Marina. Sono quasi 20 chilometri di pista ciclabile da fare a tutta su un tracciato molto veloce e ondulato nel finale. Avrò subito qualche indicazione su di me. Quella di Cesena sarà altrettanto veloce ma per specialisti. Saranno 35 chilometri e solo nel 2019 alla Riccione-San Marino avevo fatto una distanza simile, pagando tanto. Spero che quest’anno vada meglio (sorride, ndr) limitando di più i danni. Infine quella del Lussari, malgrado sia di poco più di 18 chilometri, durerà più di quella di Cesena. Sarà un altro tipo di sforzo e, sebbene sia molto dura, è forse quella che mi preoccupa di meno. In questi anni sono cresciuto. Solitamente io più vado avanti e meglio sto, perdendo poco in performance. Però si sarà sempre a fine Giro e si sa che bisognerà vedere quante energie uno avrà consumato, anche a livello mentale. Ci penseremo il giorno prima.

Nel 2022 hai chiuso 24° nella generale, quarto italiano, quinto nei giovani. Quest’anno punterai di più alla classifica?

Rispetto ad un anno fa mi basterebbe non prendere una crisi nera da 20 minuti come nella tappa dell’Etna al quarto giorno. Avevo pagato le frazioni in Ungheria, il trasferimento e la ripartenza a gas aperto. La mia intenzione sarebbe quella di perdere il meno possibile in ogni tappa, quanto meno all’inizio. Già nelle prime tappe ci sono arrivi in salita come a Lago Laceno e Campo Imperatore e l’idea è quella di cercare di restare con i migliori. Dovrò essere bravo a non voler strafare perché poi rischi di non averne più dopo. Mi metterò alla prova in qualcosa che ho iniziato a fare da poco. Ovvio che se perderò del tempo dovrò iniziare a recuperarlo.

Andando in fuga, giusto?

Esatto. Una cosa simile, con le dovute proporzioni, l’ho fatto al Tour of the Alps. All’ultima frazione ho cercato di anticipare i tempi con un gruppetto e alla fine sono riuscito a chiudere sesto a Brunico. Al Giro la volontà è di curare la generale ma vedremo dopo la famosa crono di Cesena cosa fare. Non voglio snaturare troppo il mio modo di correre. Se ci sarà l’occasione di andare in una fuga giusta, di quelle in cui ti giochi qualcosa, non me la lascerò scappare. Ad oggi questo tipo di tattica la lascerei per la seconda parte del Giro. Vedremo giorno per giorno.

L’avvicinamento al Giro com’è andato?

Intanto ho fatto l’ultima distanza con buone sensazioni. E’ andato tutto in crescendo, già dalla Coppi e Bartali in poi. Al Tour of the Alps guadagnavo sempre qualcosina ogni giorno in condizione nonostante fossi stato in altura al Teide fino ad una settimana prima. Infatti i primi giorni ero un po’ ingolfato però credo che al Giro dovrei stare abbastanza bene. Questo sarà il mio quarto Giro anche se lo considero il terzo perché quello del 2020 è durato solo un giorno. Mi sento molto maturato rispetto a quattro-cinque anni fa ed anche dal punto di vista della pressione sono riuscito a gestire tutto bene. Non mi sono creato aspettative ed anche l’eventuale cattivo risultato lo contestualizzerei alla fine. Ho sicuramente molti più stimoli che paure. Il Giro è sempre il Giro e ti dà sempre motivazioni forti.

Meglio vincere una tappa o fare un’ottima classifica? Qual è il vero obiettivo di Luca Covili nei giorni di maggio?

Nemmeno da chiedere. La tappa tutta la vita. Non la baratterei mai (risponde ridendo, ndr). Battute a parte, sono entrambi obiettivi legati fra loro ma che, come dicevo prima, valuteremo col passare del tempo. Sappiamo che nelle ultime tappe mosse o di montagna si aprono un po’ di più gli spazi per gli attaccanti. Ne ho parlato con la squadra, mi sento pronto a giocarmi le mie carte e perché no, provare a conquistare una tappa.

Covili è uno scalatore che predilige le salite lunghe. Sta migliorando la sua esplosività su quelle corte
Covili è uno scalatore che predilige le salite lunghe. Sta migliorando la sua esplosività su quelle corte
Nei giovani si parla tanto di ossessioni da risultati. Tra junior e U23 ti sei fatto tanta gavetta vincendo poco anche se non ti sono mancate le soddisfazioni. Che effetto ti fa adesso considerato una delle punte della tua squadra al Giro?

Sicuramente mi muovo meglio in gruppo in generale e so di essere tra i più esperti della Green Project. In realtà però non ci penso tanto perché non mi sento arrivato. Io stesso devo e voglio migliorare ancora perché l’ambizione è quella di arrivare nel WorldTour. Non credo ci sia un insegnamento giusto, posso solo dire però che bisogna continuare a lavorare sodo anche se non sei un fenomeno. So che ci sono momenti in cui ci si demoralizza perché le cose non vanno mai per il verso giusto magari a causa di una caduta o altro. E tuttavia non si deve mollare. Ognuno deve farlo col proprio metodo. Quando le cose mi andavano male, io mi allenavo ancor più costantemente. Lo sto facendo ancora adesso per altri obiettivi.

Green Project: avvicinamento mirato al Giro d’Italia

24.04.2023
4 min
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La Green Project Bardiani CSF Faizanè sarà chiamata ad attaccare al prossimo Giro d’Italia, l’obiettivo è quello di mettersi in mostra. Il ritmo e la competizione si alzano sempre di più e per le formazioni professional diventa più complicato mettersi in mostra.

«L’anno scorso – racconta Roberto Reverberi – lo abbiamo approcciato in un modo e ci sono state rivolte un sacco di critiche, perché non andavamo in fuga nelle tappe di pianura. Ci eravamo ripromessi di non spendere energie per niente nelle tappe pianeggianti, dare tutto nelle frazioni più mosse, dove c’era la possibilità di andare all’arrivo».

Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto
Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto

Le difficoltà del 2022

Nel 2022 i ragazzi di Reverberi si erano ritrovati dimezzati fin dall’inizio, nonostante ciò i risultati non sono mancati. Dobbiamo anche ricordarci che vincere non è così semplice, soprattutto per chi parte con il ruolo di cacciatore di tappe.

«Avevamo perso Zoccarato fin da subito – ricorda il team manager – e lo stesso Fiorelli lo perdemmo presto. Il primo si ritirò alla settima tappa, il secondo, invece addirittura prima, alla quinta. Non è stato facile rimettere le cose a posto. Nonostante ciò siamo riusciti a portare a casa tanti buoni piazzamenti: il secondo posto di Gabburo a Napoli e il quarto a Treviso. Poi Tonelli si è piazzato terzo al Santuario di Castelmonte. Questo per dire che nelle tappe di nostro interesse ci siamo sempre mossi bene.

«Tra l’altro Covili nel finale di Giro è riuscito ad entrare tra i primi 25 nella classifica generale ed a Cogne si è messo in luce con un buon sesto posto».

Luca Covili (classe 1997) proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più
Covili proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più

Più forti nel 2023?

Lo stesso Roberto Reverberi, nel proseguire il suo discorso, ci tiene a dire che, a suo modo di vedere, la squadra è migliorata tanto.

«Quest’anno – continua – abbiamo una squadra più forte rispetto all’anno scorso. Il percorso ci potrebbe anche dare una mano, non ci saranno molti arrivi in volata. Fiorelli, che è il nostro uomo veloce, non è tuttavia un velocista puro. Frazioni più miste e nervose danno una mano a squadre come le nostre. Ormai la tecnologia fornisce dati in tempo reale per tutto e si fa fatica a prendere di sorpresa il gruppo. E’ più semplice mirare a qualche tappa e cercare di massimizzare gli sforzi.

«L’idea è anche quella di provare a fare un po’ di classifica con Covili, cercando di entrare nei quindici, senza troppe pressioni. L’anno scorso in questo periodo non andava così forte, eppure fece un Giro discreto. Ora sta bene, quindi mi aspetto che possa fare qualcosa in più, poi lui è un diesel, migliora chilometro dopo chilometro».

Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente
Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente

Tutti all’attacco

Gli altri corridori in maglia Green Project non dovranno perdere lo spirito battagliero che li ha sempre contraddistinti. E’ vero che bisogna programmare bene gli sforzi, ma allo stesso tempo, quando si decide che bisogna andare in fuga ci devono provare tutti

«I restanti sette – spiega Reverberi – saranno votati all’attacco. Ho guardato in generale le frazioni, ma non sappiamo ancora quali scegliere. Vedremo di volta in volta in base alle caratteristiche dei ragazzi. La cosa certa è che non sarà uno solo a cercare la fuga, ma tre o quattro, è difficile rispondere a dieci, venti attacchi. Nella tappa che ha portato da Diamante a Potenza, ci furono tantissimi tentativi prima di che andasse via la fuga.

«Non dimentichiamoci anche che ci sono i giovani – aggiunge – Magli, che è arrivato sesto al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e Marcellusi. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei nomi che vedrete al Giro d’Italia. E’ stato un po’ sfortunato a inizio stagione, perché a Majorca stava bene, ma è caduto e si è rotto la clavicola. Ha ripreso e ha avuto altri problemi, al Giro di Sicilia è andato bene. Marcellusi è uno che combatte bene ed in più è in grado di interpretare la corsa, potrebbe essere molto utile».