Lorenzo Rota torna sul luogo del… delitto: al mondiale che lo scorso anno avrebbe potuto cambiargli la carriera e invece lo lasciò con un pugno di mosche. Di parecchi si disse che avrebbero potuto contrastare Evenepoel, forse però il bergamasco è quello che c’è andato più vicino, ma sul più bello s’è distratto.
«Al mondiale – ci ha raccontato lo scorso inverno – ho commesso due errori: non rimanere appiccicato a Evenepoel quando è scattato, perché era un tratto interlocutorio e l’ho sottovalutato. Poi non attaccare ai piedi della salita in vista dell’arrivo, per non dovermela giocare in volata. Ho aspettato lo scollinamento, ma era tardi e tutti sappiamo come è andata a finire».
Lorenzo Rota, bergamasco, è pro’ dal 2016. E’ alto 1,73 per 62 chili. Nel 2023 ha già corso per 58 giorniLorenzo Rota, bergamasco, è pro’ dal 2016. E’ alto 1,73 per 62 chili. Nel 2023 ha già corso per 58 giorni
Le strade da Edimburgo a Glasgow su cui si correrà domenica sono diverse da quel su e giù australiano e anche il meteo inciderà in modo più netto, ma l’approccio di Lorenzo è lo stesso. Antenne basse, un’ottima condizione e tanta voglia di mettersi a disposizione della squadra. La stagione finora è stata quasi parallela a quella passata, è mancata la vittoria, ma i sette piazzamenti fra i primi cinque dicono che il livello è buono. Il ripetuto secondo posto al campionato italiano, lo scorso anno dietro Zana questa volta dietro Velasco, porta con sé la giusta punta di dente avvelenato.
Che cosa ti ha dato quest’anno in più?
Sicuramente arrivo un po’ più tranquillo e con una consapevolezza maggiore. Il lavoro che ho fatto fino a questo momento è buono. Sinceramente a San Sebastian mi aspettavo qualcosina in più (foto di apertura, è arrivato 30° a 7’12” da Evenepoel, ndr), però non ho avuto una buona giornata. Ogni tanto capita, appena tornati dall’altura. Al contrario al Tour de Wallonie ho avuto buone sensazioni.
Un buon avvicinamento, dunque?
Arrivo fiducioso e penso che la squadra sia competitiva, al pari dell’anno scorso. Quindi siamo tranquilli, negli ultimi giorni abbiamo cercato di lavorare al meglio, facendo tutto al 100 per cento, per presentarci al meglio possibile.
Questa la volata per il secondo posto ai tricolori di Comano Terme. Le tensioni con Trentin sono state subito sciolteQuesta la volata per il secondo posto ai tricolori di Comano Terme. Le tensioni con Trentin sono state subito sciolte
Aver già corso un mondiale in prima fila porta qualche consapevolezza in più?
Non partivo da leader l’anno scorso e sicuramente neanche questa volta. Sarò a supporto della squadra e ho un’idea su come si potrebbe sviluppare questo mondiale e quale potrebbe essere la mia gara, che poi vedremo anche con Daniele (Bennati, ndr). Sono tranquillo, per domenica spero solo di avere una giornata buona.
Ti è capitato ogni tanto di ripensare allo scorso anno?
E’ ovvio che ci ho pensato, anche perché dopo ho avuto un mese di fuoco. Però ormai è acqua passata. Per me è stata un’ottima esperienza, ma è normale che l’amaro in bocca per il risultato mancato rimanga. Anche perché non ti trovi tutti i giorni a giocarti una medaglia mondiale…
KATOWICE – Una freccia sul Tour de Pologne, una freccia che presto sarà azzurra.Mattia Cattaneo, atleta della Soudal-Quick Step, ha vinto la tiratissima crono in quel di Katowice. Tappa che poi dopo il nulla di fatto di ieri è diventata la frazione regina dell’intera gara. Quello del lombardo è un vero squillo mondiale.
La giornata non inizia nel migliore dei modi. Ci sono delle folate di vento, fa piuttosto fresco e soprattutto piove. Però lo stesso vento aiuta a spazzare via parte delle nuvole. E alla fine anche ad asciugare l’asfalto.
In mattinata Kwiatkowski era uscito in bici. Il polacco ha fatto una sgambata di 55′, nonostante la pioggiaScaroni (a sinistra) e Battistella invece hanno optato per 45′ di rulli. Intensità molto basse. “Scaro” per esempio girava sui 160-180 wattLa tensione di molti atleti, qui Moniquet che, una sfinge, si fa allacciare il casco…Mentre una volta arrivato Mohoric nel tendone dietro la rampa il clima si è disteso notevolmenteIn mattinata Kwiatkowski era uscito in bici. Il polacco ha fatto una sgambata di 55′, nonostante la pioggiaScaroni (a sinistra) e Battistella invece hanno optato per 45′ di rulli. Intensità molto basse. “Scaro” per esempio girava sui 160-180 wattLa tensione di molti atleti, qui Moniquet che, una sfinge, si fa allacciare il casco…Mentre una volta arrivato Mohoric nel tendone dietro la rampa il clima si è disteso notevolmente
Col sorriso
Cattaneo vince dunque la crono di Katowice. Precede di 13” Joao Almeida e di 14” Geraint Thomas. Anche loro saranno impegnati nella crono iridata di Glasgow.
«Squillo mondiale? Il mondiale è un’altra cosa – dice Cattaneo – ma sono contento perché questo dimostra che ci arrivo nel migliore dei modi. Ho lavorato tanto e da tanto tempo su questa specialità. La squadra ha creduto in me come cronoman. Questo per me è un risultato che vuol dire tantissimo».
Cattaneo ha superato molte difficoltà, sia in stagione che in carriera. A 30 anni suonati sembra aver trovato un certo equilibrio, una certa consapevolezza. Sa come affrontare gli stress, le difficoltà appunto.
Per fare un esempio, nel tendone appena dietro alla rampa del via, quasi tutti gli atleti che man mano aspettavano la chiamata erano tesi. Concentrati. Avevano lo sguardo basso o perso nel vuoto. Chi muoveva le gambe, chi toccava e ritoccava la bici, chi faceva stretching… Solo due corridori erano più sereni di altri: Cattaneo appunto e Mohoric, il quale è riuscito a mantenere la maglia per pochi decimi.
«E l’ultima curva – spiega ridendo lo sloveno – non l’ho fatta proprio bene».
Tornando a Cattaneo, la condizione psicofisica si valuta anche da questi aspetti marginali, come appunto il non essere teso prima di un momento importante. Elemento d’oro in vista dei mondiali.
«Ma questo sono io – riprende Mattia – vivo il ciclismo in modo “easy”. Anche se non rido in certi frangenti, o al contrario non ho il muso lungo, sono comunque concentrato, come tutti gli altri del resto. Ognuno ha il proprio modo di concentrarsi».
Cattaneo (classe 1990) era 18° nella generale prima della crono. Al termine era 5° (a 39″ da Mohoric)Cattaneo (classe 1990) era 18° nella generale prima della crono. Al termine era 5° (a 39″ da Mohoric)
Verso Glasgow
Cattaneo si prende dunque una vittoria importante, tra l’altro la prima nel WT per lui. Il Tour de Pologne è una corsa che brilla di luce propria ormai. Il livello è alto, la cornice di pubblico importante, la diffusione mediatica ancora di più. In questi giorni ne parlano i tg, i giornali e in televisione ci sono repliche a ripetizione sino a notte fonda.
«In questo Polonia – spiega Cattaneo – sapevo che potevo fare bene nella crono e ci ho creduto tanto. Sapevo di poter fare un buon risultato. Onestamente non mi aspettavo di vincere. Credevo più in un quinto, sesto posto. Una top 10… visto il parterre. E per questo sono contentissimo».
E il parterre in effetti è di quelli pesanti. Oltre a Thomas ed Almeida, Cattaneo ha messo dietro gente come, Foss, Bisseger… tutti corridori che troverà poi al mondiale contro il tempo.
Mohoric ha chiuso 11° a 25″ da Cattaneo. Ha tenuto il primato su Almeida per questioni di centesimi Dietro le quinte: patron Lang parla con Almeida, Mohoric e CattaneoMohoric ha chiuso 11° a 25″ da Cattaneo. Ha tenuto il primato su Almeida per questioni di centesimi Dietro le quinte: patron Lang parla con Almeida, Mohoric e Cattaneo
Un po’ di numeri
Nel finale di gara, Mattia e Mohoric, e poco dopo anche Almeida, si ritrovano dietro al palco. Almeida, nonostante abbia perso per pochi centesimi il confronto con il corridore della Bahrain-Victorious, scherza. Si parla anche di watt.
«La ricognizione fatta al mattino – va avanti Cattaneo – è sempre un momento delicato. Era una crono abbastanza tecnica, con tante curve in città. Ma anche tanto veloce se fosse stata asciutta. Col bagnato sarebbe cambiato tantissimo e ammetto che sarebbe stata anche la mia preoccupazione… A me infatti non piace molto rischiare quando piove. Ma per fortuna la gara è stata asciutta.
«Ho utilizzato una corona da 60 denti e davanti una ruota da 100. Il vento non si sentiva tanto. Poi devo dire che con questi nuovi caschi Specialized e quella fascia non si sente proprio. Si fa fatica a percepirlo, sia per una questione di rumore, che di aria dietro al collo. Davvero è incredibile.
«Sì, in un paio di occasioni ho sentito delle folate sul manubrio, ma niente di che. Nel finale poi il vento spingeva parecchio: era a favore».
Mohoric nella sua analisi post gara spiega come abbia guadagnato su tutti nella seconda parte della prova tranne che su Cattaneo. Mattia aveva spinto ottimamente sin dal primo metro. Ed è stato il migliore non solo col crono dunque, ma anche nella gestione dello sforzo.
«Non so – ha concluso Mattia – a quanto andassi: a crono guardo solo i watt… come tutti del resto. Però credo di aver fatto la differenza su un tratto a cinque chilometri e mezzo dalla fine. C’era un drittone di 900 metri che tirava e lì vedevo che i watt erano alti. Tanto alti… ».
Una lunga fuga uscendo dal gruppetto dei più forti. Così Alberto Bettiol ha provato a vincere il mondiale. Se ne va sfinito, ma con un guizzo nello sguardo
Abbiamo chiesto a Matej Mohoric di raccontarci la sua settimana da San Sebastian al via del Giro di Polonia. Un viaggio molto interessante nel recupero
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SCARPERIA – Il mondiale dello scorso anno ha lasciato in Australia il dubbio di cosa sarebbe successo se Bettiol fosse andato via con Evenepoel. Purtroppo l’anticipo del belga fu così eclatante che non se ne valutò subito la portata e quando invece fu chiaro che fosse destinato a vincere, era ormai troppo tardi. Certe immagini ti restano in testa al punto che lo stesso Bennati, al momento di presentare la nazionale, ha dovuto tenerne conto.
«Gli stessi favoriti – ha detto il tecnico azzurro – spesso e volentieri aprono la gara a 80-100 chilometri d’arrivo. Se noi pensiamo di anticiparli, dovremmo essere all’attacco già in partenza. Sappiamo benissimo che quella non sarebbe la tattica migliore, ma arriverà l’idea giusta, sono convinto che arriverà. Devo ancora ragionarci bene in questi due giorni, mi affiderò all’istinto che ho avuto lo scorso anno e spero averlo anche quest’anno. La cosa più difficile sarà trasmetterlo alla squadra, perché poi sulla bici ci sono i ragazzi e l’istinto devono averlo loro, non avendo la possibilità di comunicare in tempo reale. Però, insomma, ci attrezzeremo…».
Ai mondiali dello scorso anno, Bettiol ebbe le gambe per rispondere colpo su colpo a Van AertAi mondiali dello scorso anno, Bettiol ebbe le gambe per rispondere colpo su colpo a Van Aert
Giro e poi Tour
Bettiol al mondiale ci torna da punta azzurra, dopo tre mesi di… lavori forzati al Giro e poi al Tour, avendo dovuto saltare le classiche. E se sulle strade italiane la forma migliore era uno stato in fase di completamento, al Tour si sono messi di mezzo dei problemi di allergia a frenarne le ambizioni. Nonostante ciò, l’ottavo posto di Poligny e poi la bella prova di sabato scorso a San Sebastian dicono che i pianeti si stanno finalmente allineando.
«Mi manca tutto meno che il ritmo – sorride, appollaiato su uno sgabello – più che in allenamento, ne ho sentito i benefici sabato in gara. Sono stato bene, quindi in questi giorni prima del mondiale non ho bisogno di fare dietro moto, non ho questa esigenza. Spero che vada tutto bene. Andrà sicuramente tutto bene. Correremo di squadra, sicuramente ci aiuteremo gli uni con gli altri e poi al momento giusto spero di avere le gambe migliori. Spero di avere un po’ di fortuna, che vada tutto liscio e di prendere il treno giusto».
A San Sebastian ha tenuto in salita il gruppo dei migliori fino all’ultima accelerazione di EvenepoelA San Sebastian ha tenuto in salita il gruppo dei migliori fino all’ultima accelerazione di Evenepoel
Nel giro di due risposte, poco fa, hai parlato prima di tattica giusta e poi di saper seguire l’istinto.
Come tattica intendo avere un’idea da condividere tutti insieme. In primis quest’idea ci deve venire da Daniele Bennati, che poi avrà modo di raccontarci la sua visione della corsa. Però non possiamo prevedere quello che succederà, perché il circuito è molto tecnico e con molte curve. Soprattutto se pioverà, sarà molto più aperto. Quindi noi dovremo avere idee ben chiare, indipendentemente da quello che succederà in corsa.
Insomma, un’idea di tattica e l’istinto per gestire l’imprevisto?
Molto semplicemente, la nostra forza deve essere correre di squadra. Intendo essere sempre in superiorità numerica rispetto alle altre nazionali. Fare una prima parte molto conservativa e poi, appena si entra nel circuito, ognuno di noi, indipendentemente dai gradi di capitano che saranno dati, avrà un ruolo fondamentale. E’ quello che succede in tutte le gare monumento. Tutti i mondiali si vincono di squadra, a meno che non ti chiami Evenepoel oppure Van der Poel. Ma noi come Italia non possiamo permetterci di non correre di squadra.
Al Tour con Trentin: parlavano già dei mondiali? I due saranno le punte della nazionaleAl Tour con Trentin: parlavano già dei mondiali? I due saranno le punte della nazionale
Percorso ancora tutto da scoprire…
L’ho visto solo nei video di Bennati, quando andò con gli altri tecnici. Ci sono tante curve, tanti rilanci: servirà avere ritmo nelle gambe.
Tante curve, il rischio di pioggia: ci sarà da studiare anche il giusto setup della bici?
Sotto questo punto di vista, sono tranquillo. Avendo i tubeless li gonfierò un po’ meno e nella guida cambierà poco. La cosa importante quando piove è anche l’abbigliamento tecnico, ma insomma in nazionale mi sembra che siamo ben equipaggiati con Castelli. Abbiamo i migliori prodotti, i migliori meccanici, i migliori massaggiatori, i migliori direttori sportivi, la migliore organizzazione. Sicuramente non ci manca niente neanche questo punto di vista.
Fabrizio Guidi passa alla Uae Team Emirates e porta con sé anni di splendida esperienza. La sua storia di corridore e la sua cultura sono un valore aggiunto
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OPOLE –Si parla molto della condizione con la quale i corridori arriveranno al mondiale di Glasgow. Di solito la preparazione è molto più lineare e si sfrutta la Vuelta. Stavolta c’è il Tour de France, ma le due gare a quanto pare non sono proprio la stessa cosa. La prova francese è più snervante.
In più il percorso scozzese non è così duro. Sì, alla fine propone oltre 3.000 metri di dislivello, ma la disposizione dello stesso agevola i corridori più “pesanti”. E’ lecito dunque pensare se possa essere il viatico migliore per la prova iridata.
Qualche giorno fa Alessandro Ballan ci ha detto che chi esce dal Tour ha un’altra gamba – e questo è innegabile – ma poi ha aggiunto un aspetto che ci ha fatto riflettere: l’ultimo che ha vinto il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Mads Pedersen. E guarda caso il percorso era piuttosto simile. Questi dubbi li abbiamo “girati” a Sonny Colbrelli, il quale è con Valsir sulle strade del Tour de Pologne.
Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappeAl Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Sonny, ma dunque è davvero fondamentale passare dal grande Giro in vista del mondiale? O si può arrivare bene a Glasgow anche intraprendendo altre vie?
I corridori sono diversi l’uno dall’altro. Io, per esempio, riuscivo ad allenarmi bene in altura: ne uscivo con una gamba da Tour de France o quasi. Altri invece hanno bisogno di più gare. E’ indubbio che qui al Polonia chi è uscito dal Tour abbia un’altra gamba. Prendiamo Almeida, va forte, ma non è super brillante, come Majka, Mohoric o Kwiatkowski.
Chiaro…
Certo, il grande Giro ti dà una grande condizione: una condizione con la quale non dico che arrivi a fine stagione, ma quasi. Molto dipende però da come lo si è fatto.Vingegaard chiaramente ha speso tutte le cartucce, altri no. E se sei riuscito a risparmiare qualcosa, può darti molto.
Tu hai nominato tre corridori che qui al Polonia stanno brillando, ma dalla fine del Tour c’è stata una settimana di riposo, poi la settimana del Polonia, appunto, e domenica si corre il mondiale: la condizione non è infinita…
No, non è infinita, ma come ho detto conta molto come si è usciti dal Tour che è dispendioso sia di gambe che di testa. Io avrei fatto il grande Giro, finito quello di nuovo l’altura e poi il mondiale. Ma mi rendo conto che non è facile ripartire per l’altura dopo un grande Giro. Mi ricordo che nel 2021 ho finito il Tour de France, sono stato cinque giorni a casa e poi mi sono diretto a Livigno e ci sono rimasto un mese. Quella è stata la mia mossa vincente.
In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentaleIn vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
Stavolta non ci sarebbe stato neanche il tempo per andare in altura dopo il Tour. Semmai bisognava farlo dopo il Giro. Ma torniamo a cose più concrete: questo mondiale non è durissimo, magari anche arrivarci con più brillantezza, più forza esplosiva facendo altre gare può essere vantaggioso?
Una corsa come il Polonia può essere un ottimo viatico per Glasgow. Bene o male le tappe sono abbordabili. Le strade sono larghe, non c’è stress a parte nei finali, dove se vuoi ti puoi staccare. Puoi a fare il tuo lavoro senza appesantirti.
Prima hai detto che uno come Vingegaard, o comunque un corridore che punta alla classifica, ne esce sfinito, ma altri possono risparmiarsi. Ti riferivi a qualcuno in particolare?
A Van der Poel. Lui si è messo a disposizione del suo capitano, Philipsen, per le volate e, a parte due o tre tappe in cui si è mosso per dare un po’ di spettacolo, non ha speso troppo. La sua testa era al mondiale. Penso che VdP quest’anno ha una grandissima occasione, tra l’altro è già salito sul podio in quel circuito quando Trentin ha vinto l’europeo. Il mondiale per lui sarebbe la ciliegina sulla torta di una stagione d’oro. E poi la squadra è tutta per lui. I belgi invece sono due: c’è Remco e c’è Van Aert, che al Tour, anche se si è ritirato ha speso più di Van der Poel.
Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la VueltaHarrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Ballan ci ha fatto notare che l’ultimo a vincere il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Petersen. Il percorso di Glasgow non è troppo diverso: magari rispetto ad altre volte il grande Giro potrebbe essere meno importante?
In parte sì, specie dopo un Tour de France corso come negli ultimi anni: sempre a mille, resta nelle gambe. Ma se il corridore riesce a smaltirlo, può aiutarti per un altro paio di settimane. Quello che più conta però è un’altra cosa.
Quale?
La freschezza mentale. Il mondiale è anche una gara lunga e non conta solo essere veloci o arrivare con la gamba ancora buona. E’ importante la freschezza mentale con cui si arriva all’appuntamento clou, l’ho capito sulla mia pelle. Ed è’ quello che ho fatto nell’ultimo anno in cui ho corso. Prima mi sfinivo, mi mettevo delle pressioni addosso da solo, poi ho iniziato a pensare diversamente. «Sono alla Roubaix, all’Europeo, all’italiano – mi dicevo – ma alla fine sono corse come altre: come vanno, vanno… Il prossimo anno ce ne sarà un’altra».
Jasper Philipsen sembra fatto apposta per suscitare clamore. E così, dopo essersi inimicato una fetta di gruppo con alcuni atteggiamenti spregiudicati al Tour, la sua risposta a una domanda sui mondiali di Glasgow ha fatto insorgere l’orgoglio belga. E’ successo infatti che negli ultimi giorni francesi, gli abbiano chiesto come si comporterà con Mathieu Van der Poel che in quell’occasione sarà un avversario. E Philipsen, forse avendolo accanto e certo sbagliando, ha risposto che non farà nulla per mettergli i bastoni fra le ruote. Apriti cielo!
«Non è stata un’affermazione appropriata – ha spiegato il cittì Vanthourenhout – ma Jasper si è scusato. E’ stata una domanda improvvisa che ha ricevuto al Tour. In quel momento, avere Mathieu accanto ha influenzato la sua risposta».
Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)
Belgio a tre punte
Quel che però resta è il quesito che la conferenza stampa del Belgio non ha fugato del tutto: chi farà l’eventuale sprint al mondiale tra Van Aert e Philipsen?
«Dipende da chi si sentirà ancora meglio dopo una gara difficile – ha risposto Vanthourenhout – ma sono abbastanza sicuro che Wout e Jasper (in apertura l’immagine Photonews dal Criterium di Herentals) non seguiranno la stessa tattica di corsa. Con Remco e Wout possiamo correre in modo molto offensivo. Con Jasper siamo forti sulla difensiva. Abbiamo delle ottime possibilità con qualsiasi scenario di corsa. Andiamo a Glasgow con tre leader che possono vincere il titolo mondiale».
Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?
Poco riposo dopo il Tour
Philipsen dal canto suo ha ultimato il giro dei criterium del Belgio, dove ha monetizzato le fatiche del Tour e ha salutato i suoi tifosi.
«Diciamo che prima ho avuto bisogno di una breve fase di decompressione – dice – ma non troppo breve. Un bicchiere o forse anche due, non oltre. Domenica a Parigi abbiamo fatto una festa tranquilla con la squadra, non mi sono riposato molto dopo il Tour. Ho portato la maglia verde nei circuiti, a Herentals e ad Haast, in modo da restituire qualcosa ai miei tifosi. E anche per vendicare la mancata vittoria a Parigi contro Jordi Meeus».
Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)
La verde e quattro tappe
Aver perso l’ultima volata del Tour un po’ gli brucia. Ad attenuare il fastidio c’è il fatto che Jordi Meeus, vincitore dei Campi Elisi, è suo amico e compagno di allenamenti.
«Se dovevo perdere – ammette – meglio che sia stato per mano sua. E’ stato uno sprint diverso rispetto allo scorso anno. Ero già praticamente a ruota di Van der Poel e sicuramente avevo ancora le gambe, ma alla fine ho pagato il conto a un Tour difficile. Come tutti i velocisti, anche Jordi ha sofferto sulle montagne e la vittoria è stata una bella ricompensa.
«Io ho portato la maglia verde a Parigi e mentalmente è stata molto dura. Il Tour non è un giro di piacere. Ho sofferto parecchio e posso solo essere felice di esserci riuscito. Quattro vittorie di tappa sono un bel bottino, non credo che ci riuscirò tutti gli anni, quindi sono soddisfatto. Penso di poter dire che sono stato il velocista più forte del Tour».
La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarciLa sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci
Le minacce di morte
Quel che gli ha guastato parzialmente la festa sono state le minacce di morte ricevute dalla sua compagna Melanie nel momento in cui impazzavano le polemiche sulle sue presunte scorrettezze, allo stesso modo in cui fu minacciato di morte Groenewegen dopo la caduta di Jakobsen.
«E’ stato brutto – dice – ma mi rendo conto di averci pensato anche troppo. E quando inizi a pensare alle cose negative, metti da parte quelle positive. Perciò, finiti i criterium in Belgio, adesso mi concentro sul mondiale. Terrò le gambe ben salde per mostrare qualcosa anche a Glasgow».
Il Grande Slam si ottiene vincendo il mondiale e le 3 challenge. Una sfida iniziata nel '94. Ma finora, fra tanti giganti, c'è riuscito soltanto Van Aert
E’ più sorprendente che Demi Vollering abbia vinto il Tour Femmes o piuttosto che non ci sia riuscita Annemiek Van Vleuten? E’ la domanda che ci frulla nella testa da quando abbiamo visto la campionessa del mondo concludere la tappa del Tourmalet con una rassegnazione che non le appartiene.
Prima ha messo la squadra a tirare sull’Aspin, facendo presagire il grande attacco. Con lei sono rimaste soltanto Vollering, Niewiadoma e la sorprendente Kopecky, rientrata in un secondo momento. Quando poi si è trovata sotto le ruote la salita finale (versante di La Mongie), l’iridata ha scoperto di non avere gambe per fare la differenza. Malanno di giornata? Stanchezza inattesa? Strapotere delle rivali?
Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di piùPrima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più
Van Vleuten spuntata
Siamo propensi a escludere il malanno e puntiamo il dito sulla stanchezza inattesa al confronto di avversarie più fresche. Demi Vollering l’aveva battuta già nel testa a testa alla Vuelta, ma la classifica era rimasta appannaggio di Annemiek. Al Tour è successo qualcosa di diverso.
La cartina tornasole è Lotte Kopecky, fino a quel giorno in maglia gialla. Va bene la condizione straordinaria, ma è abbastanza chiaro che se un’atleta con le sue caratteristiche riesce a stare con le migliori fino a 5 chilometri dall’arrivo sul Tourmalet, qualcosa non va. Qualcuno non è andato forte come doveva.
Da quel punto, quello in cui la sua compagna ha attaccato, Kopecky ha preso infatti 3’32” di distacco, mentre 2’34” sono toccati a Van Vleuten. Per cui è chiaro che se la bagarre fosse iniziata ai 10 chilometri dall’arrivo, come lasciava intuire la tattica del Movistar Team, Kopecky sarebbe saltata in modo più netto. Perché Van Vleuten non è riuscita ad attaccare, come ad esempio aveva fatto al Giro d’Italia?
Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”
21 giorni sono pochi
Il motivo a nostro avviso è nel calendario e proprio nel fatto che l’olandese abbia corso e vinto il Giro, avendo poi appena tre settimane per andare al via del Tour de France. Mentre Vollering e la sua squadra, come pure molte altre, hanno lavorato soltanto per la sfida francese. E proprio la maglia gialla non ha corso per tutto il mese precedente.
Van Vleuten ha pagato pegno nelle ultime due tappe del Tour, le più dure, sicuramente scontando i suoi anni e la forza della vincitrice, ma anche e soprattutto il mancato recupero dopo il Giro, a fronte della freschezza delle rivali.
Si spacca da anni il capello, ragionando sul mese di giugno. Quei 30 giorni fra il Giro e il Tour degli uomini, che è troppo breve perché un grande campione provi a vincerli entrambi. L’ultimo, Marco Pantani, era diretto discendente dalle divinità dello sport e ci riuscì sfruttando anche alcune circostanze favorevoli nelle prime due settimane del Tour 1998. Trenta giorni non sono sufficienti per i più forti professionisti del gruppo e si ritiene che per le ragazze ne bastino ventuno? Va bene, non parliamo di corse di tre settimane (una parità più volte invocata proprio da Van Vleuten), ma in proporzione il livello dell’impegno richiesto alle atlete è pari a quello degli uomini. Chi compila i calendari queste cose le sa?
Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al GiroFroome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro
Chi scrive i calendari
Probabilmente no, perché alla fine il nodo che giunge al pettine ha la stessa sigla: UCI. Proprio in questi giorni, sono sotto gli occhi di tutti le lamentele dei tecnici delle nazionali per l’assurda disposizione delle gare ai mondialidi Glasgow: fiore all’occhiello e fonte di reddito per l’Unione Ciclistica Internazionale.
La sensazione è che non si possano conciliare qualità e quantità se alla base mancano competenza e attenzione verso le esigenze degli atleti. Concentrare nello stesso posto e negli stessi giorni atleti olimpici e paralimpici (nel velodromo si annuncia un traffico da ora di punta), sovrapporre le specialità e non curarsi delle difficoltà che così si creano a chi lavora per mesi ed è poi costretto a rinunciare a qualche obiettivo fa capire che esiste un punto in cui il marketing e lo spettacolo prendono il sopravvento sullo sport.
Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van VleutenMagnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten
Giro o Tour
Così, mentre aspettiamo di vedere come andranno le cose nei prossimi giorni a Glasgow, torniamo per un istante col pensiero al WorldTour delle donne e al calendario che cresce e offre occasioni e gare pari a quelle degli uomini.
Una riflessione occorre. In primis perché le squadre non hanno l’organico e il budget adatti per una simile mole di impegni: lo dimostra il fatto che la LIV Racing TechFind alla fine abbia dovuto fondersi con la Jayco-AlUla e altre fusioni probabilmente arriveranno. In secondo luogo, si va verso la riproduzione degli stessi difetti nel funzionamento del giocattolo.
Il WorldTour, nato per avere i migliori atleti nelle gare più importanti, ha iniziato a spaccare il gruppo anche fra le donne. Chi fa il Giro non può vincere il Tour. Tre settimane sono poche e se non si fa in modo di passare a 30 giorni fra l’uno e l’altro, presto l’esiguo gruppo delle donne si spezzerà in due tronconi. E anziché avere Giro e Tour col meglio possibile, dovremo rassegnarci al fatto che una delle due avrà al via le giovani o le seconde schiere. Con buona pace di RCS Sport che ha fatto il diavolo a quattro per prendersi il Giro d’Italia.
Jonathan Milan, l’uomo dai doppi impegni. La strada e la pista, poi il Tour de Pologne e la Clasica San Sebastian. Lo aspettavamo qui in Polonia, ma il campione olimpico del quartetto era nei Paesi Baschi ad aiutare Pello Bilbao. Mentre da ieri sera è già a Montichiari in pista.
Milan, maglia ciclamino all’ultimo Giro d’Italia, era l’oggetto del desiderio del cittì Daniele Bennati per i mondiali di Glasgow. Ma era anche l’oggetto del desiderio del cittì della pista, Marco Villa. Il corridore della Bahrain-Victorious si è così ritrovato tra due fuochi amici mica da ridere. Due passioni, due sogni, due squadre e due enormi possibilità e due enormi responsabilità. Ricostruiamo dunque il tutto con il talento friulano stesso.
Milan (classe 2000) giganteggia tra i suoi compagni al via della Clasica San SebastianMilan (classe 2000) giganteggia tra i suoi compagni al via della Clasica San Sebastian
Jonathan, prima di tutto: come stai?
Un po’ stanchino! A San Sebastian ho fatto un buon lavoro per la squadra e per Pello Bilbao. Chiaramente la classica basca è un po’ dura per me, ma ho cercato di prenderla come un allenamento, tra virgolette.Di andare più in là possibile.
San Sebastian, Polonia: eri annunciato da entrambe le parti. Come è andata?
In effetti avrei dovuto fare il Polonia, ma con le tempistiche che c’erano in vista degli impegni con la nazionale per i mondiali, non lo avrei finito. La squadra cercava qualcuno per completare la formazione di San Sebastian e, in accordo anche con i tecnici, ho chiesto di andare in Spagna.
Invece sul fronte della condizione come stai? Come hai lavorato?
Bene – risponde con un tono sicuro – ho lavorato tanto e bene. Ho fatto tanta pista, tanta forza e sono soddisfatto di quanto svolto. Adesso ci aspettano gli ultimi giorni per rifinire la gamba, fare le ultime prove…
Non che lo scorso anno sul quartetto siano state investite meno energie ed attenzioni, ma dalla mole del lavoro svolto in pista, dai ritiri di Villa, sembra che l’aria sia cambiata di nuovo. Un’altra determinazione. E’ così?
E’ così, le Olimpiadi sono più vicine. Il mondiale è sempre importante, ma un mondiale con l’Olimpiade a seguire lo è ancora di più. Vogliamo arrivarci bene per confrontarci con le altre nazionali, penso alla Nuova Zelanda o all’Australia… Anche loro si faranno trovare pronte. Siamo curiosi di vedere come hanno lavorato, a che livello sono, chi portano, che materiali useranno.
Primo Giro d’Italia, quanta fatica verso le Tre Cime, ma che esperienza per MilanPrimo Giro d’Italia, quanta fatica verso le Tre Cime, ma che esperienza per Milan
Ti vuole Villa, ti vuole Bennati…
Purtroppo, e ci tengo a dire che mi è dispiaciuto, ho dovuto scegliere. Quest’anno il programma iridato è complicato con le date. Non so chi lo abbia fatto, né che senso abbia un programma simile. Io subito dopo il Giro d’Italia ci pensavo al mondiale su strada, eccome… Avrei saltato anche l’individuale se fossi stato bene.
E invece cosa è successo?
Non sono stato male, ma ci ho messo un po’ a recuperare le fatiche del Giro. Ho avuto qualche problema intestinale la sera prima della tappa delle Tre Cime e ho faticato tantissimo fino a Roma. Non immaginate cosa abbia passato per concludere la frazione delle Tre Cime, quasi mi staccavo nel trasferimento su un falsopiano. Quindi sono uscito molto stanco. Sono stato fermo diversi giorni e quando sono ripartito sentivo che il mio corpo aveva ancora bisogno di riposo. A quel punto non era più fattibile preparare entrambi i mondiali, strada e pista.
Chiaro, però alla fine fa piacere essere desiderati da una parte e dall’altra. E’ anche motivo di orgoglio…
Sì, fa piacere, ma questa scelta come ho detto a me è dispiaciuta. Mai avrei pensato di arrivare a chiedermi: «Ah, che mondiale faccio quest’anno?». Se le due prove fossero state un pelo più distanziate le avrei fatte entrambe. La cosa sarebbe stata più fattibile. Ci sarebbe stato più recupero, ma così no (sabato sera finale dell’inseguimento a squadre, domenica la strada, domenica sera inseguimento individuale, ndr). Avrei rischiato di farle male tutte e due e a me non piace.
Jonathan (qui in ultima ruota agli europei di Plovdiv 2020) tiene molto al quartetto. Probabilmente dietro la sua scelta c’è anche una promessa fatta a questa “famiglia”Jonathan (qui in ultima ruota) tiene molto al quartetto. Probabilmente dietro la sua scelta c’è anche una promessa fatta a questa “famiglia”
Hai detto che sei stato male dopo il Giro, che sentivi il bisogno di recuperare: questo ha inciso un bel po’ nella scelta tra strada e pista il post Giro?
Sì, ha inciso. Se verso le Tre Cime non ci fossero stati i miei compagni a scortarmi e ad incitarmi per tutto il tempo, non ce l’avrei fatta. Poi sapete com’è: finché sei in corsa in qualche modo ti sostieni, ma appena è finito il Giro, è calata l’adrenalina e mi sono proprio sentito vuoto. Quindi ha inciso perché non me la sentivo più di provare a farle entrambe. Anzi, per un momento ho pensato che non sarei stato pronto neanche per la pista.
E i tecnici cosa ti hanno detto?
Siamo stati concordi. Loro mi hanno detto di decidere e dopo aver parlato tutti insieme ho scelto la pista.
Come mai la pista?
Perché siamo alla vigilia delle Olimpiadi. Vorrei fare il quartetto e l’inseguimento individuale e la scelta è stata fatta soprattutto in questa ottica. Poi c’è un’altra cosa (sappiamo che a Jonathan non piace improvvisare, ndr). All’inizio dell’anno sapevo che avrei dovuto fare i mondiali su pista, ma quelli su strada no. Mai mi sarei immaginato che Bennati mi chiedesse di andare con lui. La corsa su strada è di 270 chilometri, devi arrivarci bene. Non si può improvvisare.
Gli azzurri si sono mostrati uniti, ma con poche gambe e alla fine gli altri sono andati più forte. I crampi di Bettiol. E la scelta di non correre il Tour
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Si fa fatica a capire chi sia davvero contento dell’organizzazione degli imminenti mondiali di Glasgow. Anche nei giorni del Tour, lo stesso capo ufficio stampa dell’UCI – certamente scherzando – alla domanda su come andassero le cose, ha risposto che avrebbe preferito parlare dei prossimi. Di certo non è contento Bennati, che a causa della sovrapposizione fra strada e pista non ha potuto convocare Milan, Ganna e Consonni. E a sentirlo, neppure Marco Velo che sovraintende alle crono, è al settimo cielo. Questa volta, oltre all’indisponibilità degli atleti, il motivo è l’impossibilità di provare il percorso della gara a squadre. La città non può fermarsi, bisognerà che il ciclismo si adegui.
«Non condivido la gestione delle gare – sbotta il bresciano – perché si è penalizzata la multidisciplina. Non puoi fare un percorso su strada mediamente facile (anche se poi il mondiale non è mai facile), comunque adatto a passisti resistenti, compatibili con la pista e mettere le date concomitanti. E neppure la cronometro a squadre il giorno dopo la madison in pista. Ma questo non è il solo errore. Parliamo proprio del Mixed Team Relay, avete visto il percorso? Si corre in tre per volta, ma ha 42-43 curve in 20 chilometri. Si snaturano il gesto e lo stesso concetto di cronometro a squadre. Mi sembrano delle cose assurde, soprattutto fatte dall’UCI che dovrebbe dare indicazione su come andrebbero tracciati i percorsi».
Sia Velo (alla guida) che Bennati (dietro) pagano con assenze importanti il calendario di Glasgow 2023Sia Velo (alla guida) che Bennati (dietro) pagano con assenze importanti il calendario di Glasgow 2023
Una cronosquadre che come minimo andrà imparata curva dopo curva, giusto?
Invece si corre l’8 agosto, ma l’unico giorno in cui si potrà provare per un’ora e mezza è il 4, nel pieno delle prove su pista, con altri che magari sono al Tour de Pologne. Ci hanno risposto che è un percorso cittadino e non ci sono altri momenti. Oppure pare che si potrà vederlo il giorno stesso e nemmeno tutto, perché ci sono dei tratti che avranno il traffico aperto. Forse non capiscono che ci sono in ballo le medaglie e la sicurezza dei corridori?
Il calendario e i vari incroci penalizzano anche te nelle scelte?
Sono in difficoltà proprio con la cronometro a squadre, perché alcuni atleti hanno già detto che non la fanno. Ad esempio se Vittoria Guazzini fa la madison il 7 sera, non può correre la Mixed Relay il giorno dopo, considerato che poi deve fare anche quella individuale.
Il percorso del Mixed Team Relay è pieno di curve e non è prevista che una finestra di un’ora e mezza per provarloAl contrario, la crono dei professionisti è molto lineare e non prevede insidie legate al percorso e al trafficoIl percorso del Mixed Team Relay è pieno di curve e non è prevista che una finestra di un’ora e mezza per provarloAl contrario, la crono dei professionisti è molto lineare e non prevede insidie legate al percorso e al traffico
Quindi chiederai a qualcuno gli straordinari o dovrai convocarne altri?
Porterò altri atleti, che comunque sono altrettanto forti e adatti ad un percorso come quello. I nomi ho dovuto darli presto, altrimenti si finiva con l’andare fuori dai termini dell’UCI.
Le altre crono?
Quelle si fanno a Stirling, 35 chilometri da Glasgow. Percorsi bellissimi e in campagna, lineari. Puoi fare tutti i giri che vuoi. E’ bella anche quella delle donne, anche se su un tracciato diverso dai pro’. L’unico punto semmai è la distanza, perché comunque fare 36 chilometri per le ragazze è tanto, come pure 22 per gli juniores. Ma a parte questo, nulla da dire.
L’arrivo è sulla cima di uno strappo, al castello di Stirling, con la strada in pavé…
Non si farà di slancio, perché comunque sono 7-800 metri di salita, per cui ci sarà da spingere. Non si può pensare che l’arrivo sia lì sotto, bisogna arrivare in cima. Ai piedi di quell’ultimo settore, bisogna avere ancora da rilanciare perché altrimenti ti pianti e ci lasci 20 secondi.
Le crono arrivano al castello di Stirling, 35 chilometri a nord di Glasgow (foto Daily Record)Le crono arrivano al castello di Stirling, 35 chilometri a nord di Glasgow (foto Daily Record)
Per uno come Ganna è un vantaggio o uno svantaggio?
Per lui lo vedo anche a favore, perché comunque Filippo quando è in forma è capace di rilanciare e scattare. Basta vedere quello che ha fatto sul Poggio al termine della Sanremo. Se non fosse brillante sugli strappi, non sarebbe andato a chiudere a quel modo.
Oltre a Ganna, chi hai considerato? Affini, Sobrero, Cattaneo…
I nomi sono quelli. Su Sobrero ho ragionato a lungo, perché la prima parte è veramente veloce, 48 chilometri in cui non si toglierà mai la moltiplica grande, e forse non è proprio adattissima. Edoardo (Affini, ndr) forse in questo momento potrebbe risentire del lavoro che gli chiedono alla Jumbo-Visma e anche se non ha mollato il discorso crono, probabilmente è riuscito a seguirlo meno. Invece Cattaneo merita considerazione per quello che ha fatto al campionato italiano.
Cosa si può dire di quegli strappi lungo il percorso?
Sono leggeri, non sono salite. Sono dentelli da spingere, con il rapporto e le mani sulle protesi. Non c’è da alzarsi e rilanciare, insomma. Saranno al 3 per cento, non li chiamerei neanche strappi, semmai sono avvallamenti.
Distanza di 47,8 chilometri: si scende sotto l’ora di gara?
Spero proprio di sì, saranno crono a velocità alte.
Il 2° posto al tricolore crono (dietro Ganna) e prima il 7° allo Svizzera aprono le porte per Cattaneo?Il 2° posto al tricolore crono (dietro Ganna) e prima il 7° allo Svizzera aprono le porte per Cattaneo?
E il meteo?
Siamo in un campo aperto, forse passi in un paesino di 500 abitanti. Se c’è vento, lo becchi tutto da qualunque direzione arrivi. Dopo le gare su pista avremo tutto il tempo per provare e riprovare, ma sono strade talmente semplici che anche con le transenne non cambiano di molto. La vera rogna è la cronosquadre. In quel caso conoscere le curve serve per non farsi male. E anche noi dietro con la macchina, dopo un po’ non li vediamo più. Devo guidarli come sulla PlayStation?
L’anno scorso arrivammo secondi.
Ci crediamo e vogliamo farla bene. Quindi metteremo in campo le migliori donne e i migliori uomini possibili. L’anno scorso le ragazze furono bravissime e ci permisero di prendere un argento che però ancora mi brucia. Dobbiamo assolutamente migliorarlo.
Marco Velo parla di mondiali ed europei dal Tour de l'Avenir. Il cittì delle donne sa che il faro azzurro sarà Longo Borghini, chiamata al doppio impegno
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Tirato per la maglia per l’arrivo di Vingegaard alla Vuelta, torna a parlare Remco Evenepoel. Domani correrà a San Sebastian, sulle strade che ha conquistato per due volte. Poi andrà a Glasgow per difendere il titolo mondiale, infine alla Vuelta. Inutile negarlo: ci siamo chiesti tutti che cosa avrebbe potuto fare al Tour contro quei due.
«E’ una domanda molto difficile – risponde nel collegamento voluto dalla Soudal-Quick Step – probabilmente non lo sapremo mai. Forse l’anno prossimo. Per i numeri che ho visto giorno dopo giorno, penso che quest’anno abbiano raggiunto un livello incredibile. Quindi ho davanti un anno di lavoro per fare grandi passi avanti e avvicinarmi».
San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)San Sebastian è il ritorno alle corse dopo i campionati nazionali (foto Soudal-Quick Step)
Intanto si chiude in anticipo il tuo anno in maglia iridata…
L’ho vinta il 25 settembre, la rimetto in palio il 6 agosto. E’ un po’ triste perché è troppo presto. Penso però che domenica prossima ci sarà un bel mondiale. Farò del mio meglio e cercherò di divertirmi il più possibile. Prima però pensiamo a San Sebastian, una gara davvero importante per me. So che posso vincere e diventerei il detentore del record condiviso della gara (per ora l’ha vinta tre volte soltanto Marino Lejarreta, nel 1981, 1982, 1987, ndr). Anche questa è una grande motivazione. In più voglio provare a godermi le ultime ore di gara con la maglia iridata, anche se spero per la mia carriera che non sia l’ultima volta che la indosso.
Che stagione è stata finora?
Buona, con 8 vittorie, alcune delle quali molto belle. La Liegi, ma anche il campionato nazionale in maglia iridata è stato speciale (foto di apertura, ndr). Detto questo, non credo di essere arrivato abbastanza pronto al debutto in Argentina, perché l’inverno è stato molto lungo, fra i vari obblighi. Sono andato bene al Catalunya ed è stata molto bella l’atmosfera delle prime tappe del Giro con la maglia rosa.
Quante possibilità ci sono che tu rivinca il mondiale?
Il percorso è meno difficile di quanto si possa pensare, c’è meno dislivello del 2022, ma la distanza è notevole. Dovremo fare salite brevi, ma ormai penso di poter competere in qualsiasi gara di un giorno, quindi c’è sicuramente una possibilità.
Evenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agostoEvenepoel ha vinto il mondiale di Wollongong il 25 settembre del 2022: la maglia torna in palio il 6 agosto
Guardando i percorsi, hai più possibilità di giocarti la strada o la crono?
Penso entrambe. La crono è lunga e non super tecnica e la mia posizione aerodinamica mi sarà di aiuto contro Ganna, che resta il favorito numero uno. La gara su strada invece è piuttosto tecnica e lunghissima. Molte curve, molti saliscendi, saranno circa sette ore di gara. Questo metterà molta fatica nelle gambe, per cui di conseguenza anche andare in fuga potrebbe rivelarsi interessante. Noi abbiamo una nazionale molto forte, con diverse carte, come Philipsen e Van Aert. Speriamo solo di non dover adattare i nostri piani a causa di incidenti o sfortuna. E speriamo anche che non piova.
Che cosa hai pensato leggendo che Vingegaard verrà alla Vuelta?
Dovrebbero essere tutti contenti per questo, dato che ci sarà più spettacolo in una gara che si annuncia super difficile.
Pare infatti che la Vuelta sarà durissima da subito….
Quest’anno ogni tappa potrebbe essere teatro per qualcosa di spettacolare. Bisogna arrivare freschi all’ultima settimana, ma anche essere pronti in avvio, perché non puoi perdere 3-4-5 minuti nella prima tappa di montagna (l’arrivo ad Andorra ci sarà il terzo giorno, ndr). Non è questa l’intenzione, quindi si tratterà di sopravvivere ai momenti difficili.
Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)Se a Glasgow non si confermerà campione del mondo, vedremo Remco vestito così (foto Soudal-Quick Step)
Hai cambiato qualcosa nella tua preparazione per la Vuelta?
Ho fatto copia e incolla rispetto all’anno scorso. Oggi ho avuto buone sensazioni, ho provato a forzare ed è andato tutto bene. Ho un buon adattamento quando torno dall’altura, ma so anche che puoi avere la miglior condizione e qualcosa può andare storto.
Si vocifera che tu abbia avuto qualche problema durante le ricognizioni della Vuelta…
Sono andato a provare le tappe 16-17-18: Bejes, Angliru e Cruz de Linares, che ai miei occhi saranno i giorni decisivi dell’ultima settimana. Solo che è cominciata col piede sbagliato. Ad Amsterdam hanno pensato bene di non spedire la valigia, per cui sono arrivato in Spagna con lo zainetto. C’erano 30 gradi e sono dovuto andare in giro con una gabba, ma ugualmente ho fatto un’ottima ricognizione. Ho imparato molto.
Che cosa?
L’Angliru è davvero un mostro, ma quello cruciale è il Cruz de Linares, che non è certamente meno duro. Le percentuali non arrivano al 20 per cento, ma sono attorno al 15-16 e lo dobbiamo scalare per due volte. Non sottovaluterei neppure la tappa 16, dopo il riposo. E’ tutta piatta e con l’arrivo in salita. La tipica salita asturiana di 5-6 chilometri, ma per tutto il tempo al 10-13 per cento.
Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)Dopo la vittoria del campionato nazionale belga, Remco è l’anima della festa (foto Soudal-Quick Step)
Quali possibilità hai di vincere ancora?
Se pensassi di essere sconfitto, sarebbe meglio non partire. La Jumbo-Visma ha i due corridori più forti, ma con loro ci sono anche io. Credo che alla fine sarà favorito il vincitore del Tour e per me sarà un’utile esperienza per il prossimo anno.
Perché dici così?
Penso che tutto dipenda da come è uscito dal Tour e per me Jonas non era al limite, si vedeva dalla sua faccia nelle ultime tappe di montagna. Come per me l’anno scorso alla Vuelta: non ero affatto stanco, sono andato al mondiale e ha funzionato tutto al meglio. Quindi mi aspetto lo stesso da lui. Forse sarà il 2-3 per cento in meno, ma con una forma del genere, è comunque superiore a tutti gli altri.
E’ giusto dire che puntare ancora alla Vuelta non fosse il piano per quest’anno?
E’ vero, ma abbiamo cercato di adattarci dopo il ritiro dal Giro. Normalmente dopo il Giro avrei fatto il Wallonie e San Sebastian prima dei mondiali.
A Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta cadutaA Remco è andata male nel campionato belga a crono: 4° all’arrivo, ma con i postumi di una brutta caduta
In Belgio si parla del futuro della squadra, riesci a vivere la situazione serenamente?
Non è troppo difficile, in realtà è divertente perché dall’esterno ne sapete più di me. Leggo di cose che starebbero accadendo di cui non so nulla io, né il mio entourage e la mia famiglia. E’ piuttosto speciale. Penso di essere abbastanza forte per concentrarmi su quello che devo fare nell’estate che sta arrivando e non vedo ragioni per essere infelice. Se posso, le definirei delle piccole cavolate…
Cosa ha lasciato il dominio di Pogacar nella testa di Vingegaard? E cosa ci dice lo strapotere di Tadej? Lo abbiamo chiesto alla psicologa dei campioni