Pellizzari e lo scontro con l’amico e rivale Del Toro

30.08.2023
6 min
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Il Tour de l’Avenir ha riservato i fuochi d’artificio nella faticosa tappa finale, dove i ragazzi hanno dovuto scalare Col de la Madeleine e l’Iseran. Per poi scendere in picchiata fino a Ste-Foy-Tarentaise. Dove Giulio Pellizzari ha conquistato la tappa, regalando questa gioia alla nazionale di Amadori all’ultimo momento disponibile. Il giovane marchigiano si è anche preso il secondo posto in classifica generale.

«A questo Tour de l’Avenir – ci racconta da casa dove ora si gode un po’ di riposo – ci siamo divertiti e siamo andati forte. Divertiti 10, andati forte 9,5. Quando arrivi secondo e terzo (il riferimento è al compagno di nazionale Piganzoli, ndr) pensi sempre che avresti potuto vincere. Che si sarebbe potuto fare qualcosa in maniera differente, però “con i se e con i ma non si fa la storia”. 

La vittoria di Pellizzari all’ultima tappa gli ha permesso di salire sul podio finale dell’Avenir (foto Tour de l’Avenir)
La vittoria di Pellizzari all’ultima tappa gli ha permesso di salire sul podio finale dell’Avenir (foto Tour de l’Avenir)

La vittoria 

Pellizzari ha nella voce il timbro genuino di un ragazzo giovane che nel ciclismo vede tanta competizione, ma che prende nella maniera giusta, divertendosi. Quindi quando gli chiediamo se è contento per quanto fatto non può nasconderlo. 

«Certo che sono contento – esclama – vincere l’ultima tappa è stata una gioia immensa. Alla partenza ero quarto in classifica generale e sul traguardo mi sono ritrovato improvvisamente secondo. Durante la tappa non ci ho mai pensato concretamente, ero partito con l’intento di vincere e basta. Una volta rimasti io e Del Toro sono andato diretto sulla tappa, senza pensare ad altro. Vincere è stato veramente bello.

In contemporanea alla nazionale a Sestriere c’era in ritiro anche Del Toro, i tre amici ne hanno approfittato per salutarsi
In contemporanea alla nazionale a Sestriere c’era in ritiro anche Del Toro, i tre amici ne hanno approfittato per salutarsi
Cosa ne pensi di Del Toro?

Lui va molto forte, era in ritiro a Sestriere anche lui quando eravamo su con la nazionale. Lo conosco molto bene, siamo amici, corriamo contro da quando eravamo juniores. E’ del mio stesso anno, 2003, ci siamo sempre visti e scontrati. A inizio agosto la nazionale è scesa dal ritiro, mentre Piganzoli ed io siamo rimasti su. Una sera abbiamo invitato Del Toro a mangiare una pizza, pensate che gli abbiamo anche offerto il gelato, e lui ha avuto anche il coraggio di batterci (dice scoppiando in una risata fragorosa, ndr)!

E’ cambiato il palcoscenico ma non i protagonisti, da junior chi vinceva?

Io avevo qualcosina in più, ora direi quasi che è il contrario. Lui era più bravo in discesa, anche se devo dire che quando ci siamo buttati a testa bassa per le curve dell’Iseran sono riuscito a stargli dietro. Questo grazie anche a tutte le discese fatte in ritiro alla ruota di Busatto. Che poi, gli stavamo a ruota per poco, alla fine ci dava sempre un paio di minuti!

Appena Del Toro ha attaccato Pellizzari si è fiondato a ruota, per non perdere neanche un metro (foto Tour de l’Avenir)
Appena Del Toro ha attaccato Pellizzari si è fiondato a ruota, per non perdere neanche un metro (foto Tour de l’Avenir)
Alla prima esperienza all’Avenir ti aspettavi di fare così bene?

Non mi aspettavo così tanto bene. Con Piganzoli siamo stati insieme 24 giorni al Sestriere e abbiamo parlato tanto. Lui sapeva di andare forte, dai dati si vedeva, io, invece, non mi sentivo al top. Poi però in corsa, da quando sono iniziate le montagne, miglioravo giorno dopo giorno. Mentre gli altri calavano di prestazione, infatti Riccitello ha pagato più di 2 minuti nell’ultima frazione. Mi sarei aspettato una top 5, e invece eccomi qui, secondo. 

Era la prima corsa a tappe che correvi con l’obiettivo di essere tra i primi, visto il Giro Next Gen saltato per febbre.

Dopo che il Giro è sfumato ho messo tutto verso questo traguardo. I primi giorni dell’Avenir avevo qualche timore, non sapevo che aspettarmi, non avevo mai fatto otto giorni di gara sempre a tutta. Il Giro sarebbe stato un bel modo di testarsi per capire anche come gestirmi. Nelle altre gare a tappe con i pro’ mi concetravo su una prova, mente nelle altre stavo più tranquillo, anche di testa. 

In Francia la gara è stata intensa fin da subito?

Sì. Cadute, volate, stress in gruppo. Basti pensare che Staune Mittet è caduto nella prima tappa ed è andato a casa. Altri sono andati a terra, mentre io sono rimasto in piedi. Una volta passati quei momenti mi sono sentito più tranquillo. Quando la strada sale per uno scalatore diventa tutto più “semplice”. 

Dopo il traguardo i festeggiamenti: per Del Toro la classifica generale, a Pellizzari la tappa (foto Tour de l’Avenir)
Giulio Pellizzari, Isaac Del Toro, Tour de l’Avenir, vittoria, Italia (foto Tour de l’Avenir)
Hai qualche punto della corsa dove avresti preferito fare meglio?

Nella quinta tappa, dove ho pagato 40 secondi dai primi, quella vinta dallo spagnolo Romeo. La notte prima non avevo dormito bene, faceva un gran caldo e non avevamo l’aria condizionata. Ho sudato molto e non ho praticamente chiuso occhio. L’ho pagata una volta in corsa. 

Con quei 40 secondi in meno sarebbe stata un’altra storia?

Non possiamo saperlo, magari avremmo potuto attaccare in maniera differente la maglia. In quel momento il leader era Riccitello, con lui avremmo agito alla stessa maniera. Però Del Toro sarebbe stato più sotto pressione, perché al posto che essere a 2 minuti sarei stato più vicino in classifica. Gli avremmo potuto mettere un po’ di pressione in più. 

Pellizzari, a sinistra e Piganzoli, a destra, hanno condiviso tanti momenti nell’ultimo periodo, qui in ritiro a Sestriere con la nazionale
Pellizzari, a sinistra e Piganzoli, a destra, hanno condiviso tanti momenti nell’ultimo periodo, qui in ritiro a Sestriere con la nazionale
Con Piganzoli come ti sei trovato?

Benissimo. E’ stato davvero un grande compagno ed un appoggio super. Questa volta in camera ci hanno separato – dice con una risata – però in corsa eravamo sempre insieme. Mi ha guidato praticamente passo per passo, fin dalle prime tappe. Lui in gruppo si muove davvero molto bene, si vede che ha più esperienza. 

Nell’ultima tappa come avete deciso la tattica in gara?

L’obiettivo era vincere la tappa. Abbiamo fatto un bel gioco di squadra, appena Del Toro ha attaccato io gli sono andato dietro, più per istinto che per tattica. Ho pensato: «se questo va via non lo prendiamo più». Così Piganzoli è rimasto a ruota di Riccitello che non ci ha seguito, perché non ne aveva. Infatti “Piga” sull’ultima salita lo ha attaccato e lasciato lì. Come detto non pensavo alla classifica, anche se scoprire di essere salito sul podio è stato davvero fantastico. 

I sopralluoghi delle tappe sono stati fondamentali per capire e interpretare il percorso al meglio
I sopralluoghi delle tappe sono stati fondamentali per capire e interpretare il percorso al meglio
Avete festeggiato?

Sul pulmino nel viaggio di ritorno verso Montichiari. Il massaggiatore non so come ci abbia sopportato (dice ancora ridendo, ndr). Una volta arrivati al velodromo ho preso la macchina e a casa ci sono arrivato alle 4 di notte. 

Allora il prossimo anno torni per prenderti la rivincita su Del Toro?

Magari lui il prossimo anno non ci sarà nemmeno. Però l’Avenir è bello e stimolante e la voglia di provarci c’è. 

Ora che calendario farai?

Vado in Francia, a Plouay per correre l’ultima gara dell’anno con gli under 23. Poi gran parte del calendario italiano con i professionisti. Il bello inizia ora, la stagione non è finita!

Toccata e fuga in Francia, sulle tracce dell’Avenir

23.07.2023
7 min
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SAINT JEAN DE MAURIENNE – Le ultime tre tappe del Tour de l’Avenir si correranno sulle Alpi. E’ da queste parti che si deciderà la corsa a tappe under 23 più prestigiosa. La nazionale di Marino Amadori oggi approda in terra francese, approfittando della vicinanza con il ritiro di Sestriere, per ispezionare due tappe: 7a e 7b. La prima è una cronoscalata di 11 chilometri, la seconda è una semitappa che si correrà nel pomeriggio. 80 chilometri tutti movimentati con arrivo al lago del Mont Cenis, dove i volti e le fatiche degli atleti si specchieranno nelle acque gelide. 

Ore 9,30 prima della partenza per visionare le due tappe dell’Avenir una sistemata agli ultimi dettagli
Ore 9,30 prima della partenza per visionare le due tappe dell’Avenir una sistemata agli ultimi dettagli

La cronoscalata

L’ammiraglia con all’interno lo staff della nazionale parte alle 9,30 dal parcheggio di questo paesino francese, in cui vengono prodotti da sempre i celebri coltelli Opinel. Noi ci accomodiamo sul sedile posteriore ed entriamo nel clima del ritiro. Le casette color pastello contornano la strada fino all’attacco della salita: 11 chilometri verticali, tosti ma regolari. 

«La pendenza è costante – dice Piganzoli una volta ritornati in hotel – in 11 chilometri si sale di 900 metri. Sarà una mezz’ora importante di sforzo continuo, i tanti tornanti daranno una mano a respirare e tenere alta la velocità». 

«Saranno da gestire bene i wattaggi – gli fa eco Romele – sicuramente daremo il massimo per fare bene. Si potrà fare maggiore differenza nell’ultima metà, dove le pendenze, forse, diventano un po’ più impegnative e la fatica aumenterà. Il fatto che poi nel pomeriggio ci sarà una semitappa renderà tutto ancora più difficile».

Dalla macchina Amadori osserva e parla con i ragazzi, il primo ad affiancarsi alla macchina è De Pretto, che sembra soddisfatto della tappa. «E’ una bella salita – dice dopo il breve colloquio il cittì – non è per tutti. Nella linea della corsa potrebbe scombussolare la classifica»

Parola d’ordine: recupero

La mattina, quindi, gli atleti saranno impegnati nella cronoscalata, mentre nel pomeriggio partirà la semi-tappa. Il riposo ed il recupero saranno importanti, anzi, fondamentali. Soprattutto per chi dovrà curare la classifica generale, ed in breve tempo sarà chiamato a fare due sforzi importanti. 

«Saremo a fine Avenir – racconta Bruttomessonon sarà facile accumulare ancora tanta fatica nelle gambe. Recuperare dopo lo sforzo della cronoscalata sarà importante, in più bisognerà integrare, così da non arrivare scarichi alla fine. E’ un giorno da 91 chilometri totali con 3.000 metri di dislivello, non banale ecco».

Ore 11, seconda sosta, questa volta in valle, dove il vento è a favore
Ore 11, seconda sosta, questa volta in valle, dove il vento è a favore

Fattore vento

Poche ore dopo lo sforzo della cronoscalata quindi si torna in sella, direzione Mont Cenis. Arrivo in quota: 2.053 metri. Una tappa corta ma esplosiva, con tanta salita e il fattore vento pronto a mischiare le carte nel mazzo

Nel trasferimento verso il Mont Cenis, Amadori viene chiamato da Coden, diesse di Jacopo Venzo alla Campana Imballaggi, lo junior deceduto sulle strade del Giro dell’Austria. Dall’altra parte del telefono ci sono anche i genitori del ragazzo, il silenzio cala subito e le parole sono difficili da trovare in un momento così. Tornare concentrati sul lavoro è difficile, ma bisogna trovare le forze per farlo, davanti i ragazzi ignari continuano a pedalare.

«Questa mattina – spiega Pellizzari – in valle c’era vento a favore, una cosa che ci ha aiutato. E’ anche vero che le condizioni del vento potrebbero cambiare e rischiamo di averlo frontale».

«Bisogna capire da che parte gira il vento nella valle al pomeriggio – analizza Bruttomesso – non è detto che cambi. Anche qui ci è capitato di tornare a un orario ed avere il vento a sfavore. Mentre il pomeriggio successivo, alla stessa ora, era diventato favorevole. Se nella valle del Mont Cenis ci troveremo vento a favore, partiremo ancora più a blocco. Con il vento contro la corsa potrebbe essere più facile da controllare, perché appena esci rimbalzi indietro. A queste condizioni la fuga potrebbe far fatica a guadagnare minuti, mentre in gruppo si risparmiano energie». 

Due salite intermedie

Nella seconda semitappa le salite saranno tre, compresa la scalata finale al Mont Cenis. Le prime due salite si imboccano dalla statale. Nella prima la strada si restringe ed al termine c’è una discesa non facile da interpretare. 

«Discesa nervosa – parla Romele – strada stretta ed arrivi in fondo e la strada torna subito a salire. Il rischio è che il gruppo nella discesa si allunghi a causa della carreggiata stretta ed una volta tornati sulla statale si possa frazionare, soprattutto se il vento sarà contrario. Le posizioni saranno importanti, la salita si farà ad alta velocità ma a ruota si sta bene, difficile allungare il gruppo. Anzi la lotta per la testa del gruppo diventerà serratissima».

«Nella prima salita – replica Bruttomesso – si può fare velocità, è da rapporto. Anche la seconda non è difficile, e la strada sarà più larga. Una volta in cima si scende un po’ ma poi si risale subito. Parlavamo con Busatto, la carreggiata è larga, ma il fondo non è regolare, quindi non sarà semplice scendere bene, si dovranno tenere gli occhi aperti». 

Al secondo stop per riempire le tasche e le borracce Amadori fa notare il ritmo basso secondo lui. Piganzoli risponde con i dati, in tre ore media di 29 chilometri orari e 2.200 metri di dislivello. Un buon passo per essere una perlustrazione.

Il Mont Cenis

Una volta tornati sulla strada principale partirà la scalata al Mont Cenis. Non una salita dura, ma una volta arrivati all’inizio della scalata le fatiche nelle gambe saranno molte. 

«la scalata finale – dice Piganzoli – è difficile, non dura, ma sale tanto all’inizio e alla fine. Poi una volta scollinati, gli ultimi quattro chilometri sono un continuo su e giù accanto al lago. Se in quel punto non hai calcolato bene lo sforzo e ti trovi vento contrario, fai prima a girare la bici e tornare indietro. E’ un tratto dove comunque si deve spingere per fare velocità».

«La semi-tappa del pomeriggio – conclude Romele – non sarà troppo dura, ma arriva dopo una serie di sforzi non indifferenti. La differenza vera la farà il ritmo con la quale sarà corsa, se una squadra decide di andare forte fin da subito si possono fare tanti danni. La vedo più come una serie di fatiche che nel giorno successivo, dove scaleremo l’Iseran, si faranno sentire».

I ragazzi di Amadori scendono fino a valle e mettono insieme cinque ore di allenamento. Una volta cambiati e risaliti sul pulmino ridono e scherzano sulla giornata. Si apre Strava per controllare i segmenti e le prestazioni degli altri. Staune-Mittet, uno degli avversari più temuti per l’Avenir, ha messo insieme sei ore di allenamento con più di 4.000 metri di dislivello. La sfida si accende.

Pellizzari e il gusto della fatica: così ha conquistato Piepoli

14.07.2023
5 min
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Quando è arrivato il momento di passare dagli juniores alla Green Project-Bardiani, Pellizzari e Massimiliano “Max” Gentili che lo consiglia hanno pensato che fosse arrivato il momento di cambiare l’allenatore. Non più l’ex professionista umbro che l’ha portato in modo splendido fino alla maggiore età, ma qualcuno più esperto. Così la scelta è caduta su Leonardo Piepoli, la cui amicizia con Gentili nacque ben prima che Pellizzari venisse al mondo. Il pugliese è uno dei preparatori del Movistar Team, ma ha la facoltà di seguire altri atleti se non in conflitto col team spagnolo.

«Con Max – racconta Piepoli – ci conosciamo dal Giro della Luigiana quando eravamo juniores. Correvamo in due regioni diverse e ci siamo conosciuti mentre eravamo seduti sul marciapiede prima del prologo di Sarzana. Poi abbiamo continuato a parlare in gruppo. Da juniores ci si incrociava due volte all’anno, poi da dilettanti in poi, ci si vedeva più spesso. Max con Pellizzari è stato di una correttezza rara a vedersi. E quando è arrivato il cambio di categoria, ha deciso che Giulio avesse bisogno di un altro allenatore, sottovalutandosi. Anche lui ha abbondanti conoscenze e la giusta sensibilità, però il principio era giusto. E cercando me, disse che il ragazzo aveva bisogno di qualcuno di cui fidarsi, fermo restando che Massimiliano Gentili, con la sua umanità e la sua coscienza, resterà per sempre la persona di fiducia di Pellizzari».

Che idea ti sei fatto di Giulio?

Come ragazzo, a livello mentale ha le qualità giuste per fare il ciclista. Perché è sognatore. Gli piace quello che fa. Gli piace il ciclismo. E’ cattivo e soffre quando perde. Ha fretta di partire. Ci sono corridori che tentennano, cui pesa tutto quello che c’è dietro il loro lavoro. Giulio sa che fa tutto parte del pacchetto e lo prende senza troppe storie. Secondo me bisogna essere così, un corridore si deve allenare con il gusto di farlo.

Pellizzari la vive così?

Già dal principio ha capito quello che deve fare. A volte gli piacerà di più, a volte di meno, però sogna di vincere e lo dice. Negli ultimi anni invece hanno paura di esporsi. Il talento ci vuole, la voglia anche. E’ fondamentale per fare una bella carriera.

Quanto è stato impegnativo il passaggio da juniores a professionista?

Max lo ha rispettato moltissimo. Il bello di Giulio è che lui era uno junior assolutamente non spremuto, né mentalmente né fisicamente. Era ben lontano dai propri limiti. Lui ha allevato un ragazzo, non lo ha preparato. Poi certo, quando passi professionista, ti trovi a fare un salto importante. Ma la bravura di Gentili è la mentalità che gli ha passato. Lo preparava dicendogli che un giorno sarebbe arrivato il momento di salire quello scalino e quando è arrivato, Giulio se lo era immaginato così tante volte, che non gli è parso neppure tanto alto.

Campionati europei juniores, Trento 2021: il periodo di Pellizzari negli juniores è stato privo di stress
Campionati europei juniores, Trento 2021: il periodo di Pellizzari negli juniores è stato privo di stress
Il primo anno, il 2022, è stato dedicato all’adattamento alla nuova categoria?

Diciamo anche che l’anno scorso ha avuto qualche contrattempo di troppo, non è che il ragazzo sia fortunato. A volte ha degli intoppi che l’hanno un po’ bloccato. Sta male al momento sbagliato. Oddio, quando uno sta male è sempre il momento sbagliato, però a lui capita qualche intoppo di troppo. L’anno prima di passare, ha avuto problemi a un ginocchio che l’ha fermato e da junior ad esempio ha ottenuto risultati non coerenti con le sue qualità. E’ stato un po’ sfortunato, non è il tipo che va in giro d’inverno senza maglia oppure esca dalla discoteca sudato, voglio dire, capito? Da un certo punto di vista, va bene: è tutto un crescere…

Giulio dice di aver capito di essere cresciuto quando è riuscito a seguire gli U23 dei vari devo team…

Non voglio dire cose negative sul loro conto, ma per loro non è così difficile prendersi tutti i migliori. Guardano il mondiale e l’europeo e fanno firmare i primi tre. Un po’ come Locatelli o la Zalf ai nostri tempi. Non che voglio togliere meriti alle squadre, per carità, però le loro prestazioni vanno filtrate dalla qualità che sanno di avere.

E se non pescano gli squadroni, una mano gliela danno i procuratori…

E’ giusto, tra virgolette, è un gioco che crea vantaggi a catena. La Green Project ha cambiato politica, ha fatto arrivare questi giovani, alcuni molto forti, e i risultati vengono.

Si riesce a capire che tipo di corridore diventerà oppure è presto per mettergli un’etichetta?

E’ prestissimo, anche solo per un fatto di sviluppo fisico. In un anno, è già cresciuto abbastanza, ma è ancora molto piccolo. Recupera sicuramente bene, in più è un duraccio fisicamente e mentalmente. Se prendiamo due atleti con le stesse caratteristiche, quel che fa la differenza è avere o meno un buon feeling con la sofferenza. C’è chi è stanco e si siede e chi, come lui, insiste.

Peccato che non abbia finito il Giro d’Italia, sarebbe stato un’utile verifica…

Infatti. Quello di Cansiglio era tappone a tutti gli effetti e poi lo Stelvio, sarebbe stato bello vedere come andava. Sono curioso di vedere se andrà al Tour de l’Avenir e come andrà. Quando lavora a Livigno, c’è chi si lamenta perché le salite sono lunghe, lui no. Io sono convinto che al Giro d’Italia sarebbe stato forte, però è una mia convinzione e, tra virgolette, la tengo per me. 

Il mondo di Pellizzari e un’estate caldissima alle porte

06.07.2023
7 min
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Martedì nel primo pomeriggio, Giulio Pellizzari ha lasciato casa di sua nonna Clara a Casalgomberto in provincia di Vicenza per raggiungere la squadra a Bologna. Di lì è volato in Romania, in cui fra circa un’ora partirà il Sibiu Cycling Tour. Partire con il buon gusto della vittoria cambia le percezioni e la volata a due su Cretti che gli è valsa l’Astico-Brenta (foto Green Project-Bardiani in apertura) ha reso il viaggio più leggero.

La valigia pronta

Come per tanti corridori che vengono dal Centro Sud, la sua vita si divide fra vari appoggi, ma la base è a Camerino, in provincia di Macerata, con il centro storico ancora chiuso dopo il terremoto di sette anni fa e la ricostruzione che va a rilento.

«Stanno ricostruendo in altre zone – ammette Giulio con una punta di amarezza – al punto che casa mia una volta era a un chilometro dal centro, adesso invece è in periferia senza averla spostata, solo perché la città sta nascendo altrove. Me lo ricordo il terremoto, il 24 agosto 2016. Ho ancora la pelle d’oca, perché sicuramente non è stato un bel momento. Eravamo tutti insieme a casa, perché c’erano già state altre scosse. Avevo paura ad andare in camera da solo e quindi stavamo tutti in cucina. Anche se la scossa che ha dato il colpo di grazia alla città fu quella del 30 ottobre. Mi piace partecipare a tutte le manifestazioni che si fanno nelle Marche. Voglio essere presente, perché sono tanto legato alla mia terra…».

Le famiglie di Giulio

Casa sua è una villetta subito fuori dal centro e ha retto l’urto, il resto intorno si è sbriciolato. Giulio aveva 13 anni e già sognava di fare il corridore. Il padre Achille è poliziotto e dal Veneto si è spostato nelle Marche per raggiungere sua moglie Francesca. Un tempo correva anche lui e per questo la famiglia ha messo i ragazzi nelle condizioni di avere il meglio. Giulio infatti ha un fratello che si chiama Gabriele: correva anche lui, poi di colpo ha poggiato la bici al muro e non ha voluto più saperne.

Oggi attorno a Giulio Pellizzari, passato professionista lo scorso anno direttamente dagli juniores, c’è una gabbia dorata di affetto e supporto tecnico. Ci sono la sua famiglia, il primo mentore Massimiliano Gentili e il preparatore Leonardo Piepoli.

E poi da poco al suo fianco è saltata fuori una seconda famiglia che vive di pane e ciclismo: quella di Stefano Casagranda e Caterina Giurato, di Borgo Valsugana. Lui ex professionista e organizzatore della Coppa d’Oro, lei direttore sportivo e portatrice sana di entusiasmo. Il legame è la figlia Andrea, che corre alla BePink e da fine novembre è la sua ragazza. Quando gli chiediamo se si senta accerchiato, si mette a ridere con la leggerezza del bravo ragazzo.

Il 2° posto al Recioto ha dato a Pellizzari la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)
Il 2° posto al Recioto gli ha dato la consapevolezza di essere al livello dei devo team (photors.it)
Hai vinto l’Astico-Brenta con uno sprint a due, ma soprattutto… hai vinto!

Sugli sprint un po’ ci ho lavorato, però diciamo che me la sentivo buona perché stavo bene. Stavolta mi ero messo in testa di vincere, volevo vincere. Non volevo assolutamente tornare a casa da perdente, un altro secondo posto non mi sarebbe andato bene.

Ti sei ammalato e hai lasciato il Giro d’Italia, cui puntavi fortissimo. Ti è rimasto addosso il segno di quella delusione?

Sicuramente è stata una bella batosta, ci tenevo tanto. L’avevo preparato bene e prima del via andavo forte. Purtroppo è andata così, è stata dura ritornare in forma, sia fisicamente ma soprattutto mentalmente. Oltre alla febbre ho avuto dissenteria e quella ti svuota. La prima settimana, questa è la seconda, uscivo in bici, ma ero finito fisicamente e mentalmente. Avete presente come è fatta Camerino? Per arrivare a casa mia c’è salita e dovevano venirmi a prendere altrimenti non tornavo, su una strada che normalmente faccio a 30 all’ora…

Il Giro era l’obiettivo, adesso?

Era la gara più importante per quel periodo, adesso ce ne saranno altre. Ora c’è il Sibiu Tour, con delle belle salite. Poi andrò a Sestriere con la nazionale, dal 17 luglio al 6 agosto, e Amadori ha detto che conta su di me per il Tour de l’Avenir.

Quale sarà l’obiettivo di questo viaggio a Sestriere?

Visto che l’obiettivo è l’Avenir, andiamo con Marino e tutti gli altri che dovrebbero partecipare. Ci porta su per tre settimane al fresco, ci alleniamo bene, facciamo la vita giusta. Come nazionale, vogliamo sicuramente fare bene. Vedremo con Marino quali saranno i compiti, io però voglio farmi trovare al massimo a prescindere se dovrò aiutare un altro o fare classifica.

Come sta andando questo secondo anno da professionista?

All’inizio c’erano un po’ di dubbi che adesso se ne sono andati. A gennaio mi sembrava di essere ripartito bene, ma finché non cominci a correre, non lo sai. Al ritiro di dicembre e gennaio stavo bene, quindi ero molto fiducioso. E fino ad ora, a parte il Giro che è andato male, nelle gare sono sempre stato lì. Sto andando forte e per ora sono molto contento.

Sentivi che la vittoria era in arrivo?

Quando ho iniziato a fare le gare con le Devo Team della Jumbo e della Wanty, ho capito che ero in grado di stare al loro livello, quindi sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.

Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)
Orlen Nations Grand Prix, Piganzoli e Pellizzari festeggiano Busatto che ha vinto la 3ª tappa (foto PT photos)
Che cosa è cambiato fra lo scorso anno e questo?

La scuola. Essere diventato geometra e non dover più andare a scuola tutti i giorni mi ha permesso di allenarmi di mattina. Questo è stato fondamentale. Sul fronte della preparazione, è il secondo anno che lavoro con Leonardo Piepoli e fondamentalmente il lavoro è rimasto lo stesso. Sono solo maturato fisicamente, per cui reggo meglio il lavoro e recupero prima.

Piepoli è allenatore, ma anche un sottile psicologo…

Con lui parlo praticamente tutti i giorni. Ci sentiamo, ci confrontiamo spesso e mi aiuta con la sua esperienza. Segue dei grandi corridori, quindi conosce bene il mondo del ciclismo. Ci confrontiamo anche sulle gare. Come fare? Come non fare? Non parliamo solo di preparazione.

Invece come va con i… suoceri trentini?

Stefano mi racconta aneddoti e mi prende un po’ in giro (sorride, ndr), perché è il suo modo di essere. Lui ha vinto una tappa al Giro del Trentino, io ho fatto terzo… Non la smetteva più! Ma anche io sono uno che ride e scherza, quindi non mi faccio problemi.

Giulio Pellizzari e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della Valsugana
Giulio e Andrea Casagranda, che è del 2004 e corre alla BePink, sulle strade della Valsugana
Caterina dice che sua figlia sta iniziando a parlare in marchigiano…

Strano, perché sono più io da lei che lei da me, quindi dovrebbe essere il contrario. Andrea mi aiuta, mi sta vicino. Sapeva quanto tenessi al Giro ed è stata importante perché mi ha tenuto su di testa. Appena mi sono ripreso, sono andato subito da lei. A volte ci alleniamo insieme e adesso che lei sta facendo il Giro d’Italia, ci sentiamo tutti i giorni. Ci tengo a sapere come va, le sensazioni. E quando faccio io le gare importanti, lei mi chiede sempre. Ora però mi metto da parte, al centro c’è lei.

Bello allenarsi in Trentino, ma che effetto fa pedalare sui Monti Sibillini, dalle tue parti?

Sicuramente fa male passare in mezzo ai paesi rasi al suolo. Per certi versi, non essendoci traffico dato che non ci vive più nessuno, è più sicuro. Ma quando vado verso Visso, Ussita e Frontignano non è bello vedere in che condizioni sono ancora i nostri posti. I paesaggi però sono spettacolari, infatti vado spesso da quelle parti.

Due mesi di fuoco per Amadori, tra Glasgow e Avenir

27.06.2023
6 min
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«Per una volta la trasferta era vicino a casa – esordisce così il cittì Amadori in riferimento al campionato italiano under 23 – 30 minuti di macchina ed ero lì. Ho anche seguito la gara dalla moto, un modo per vivere la corsa da dentro. Il campionato italiano è uscito tecnicamente bello e impegnativo, tirato insomma. I ragazzi se le sono date per tutto l’arco della corsa, hanno gareggiato a viso aperto (in apertura il podio, foto Mario Zannoni). Come presumibile chi usciva dal Giro Next Gen aveva qualcosa in più, lo testimonia la vittoria di Busatto».

Alessio Martinelli è stato il miglio italiano al Giro Next Gen, sesto in classifica generale (foto Lisa Paletti)
Alessio Martinelli è stato il miglio italiano al Giro Next Gen, sesto in classifica generale (foto Lisa Paletti)

Un passo indietro

Il Giro Next Gen si è concluso da poco più di una settimana, Staune-Mittet ha vinto, e dopo la tappa dello Stelvio era già abbastanza chiaro il suo dominio. Il norvegese si è fatto carico degli oneri della maglia rosa custodendola fino alla fine. Gli italiani non hanno tuttavia sfigurato, il sesto posto di Martinelli ed i piazzamenti di tappa hanno dato al cittì del materiale su cui lavorare. 

«Ci siamo difesi bene – ammette – partendo dalla classifica direi che il sesto posto di Martinelli non è da buttare, anzi. La sfortuna ci ha privato di Pellizzari, il quale sulla carta era un ragazzo che poteva ambire al podio. Sarebbe stata la strada a parlare, ma una sua sfida con i grandi avrebbe fatto piacere.

«Se guardiamo tappa per tappa – continua – le cose sono andate molto meglio. I ragazzi hanno sofferto molto nella cronometro, l’unico buon risultato è stato quello di Busatto, sedicesimo. Per quanto riguarda le altre frazioni, non mi lamento. Sono andati molto bene con una vittoria di tappa e tanti piazzamenti. I due tapponi di montagna ci hanno visti in qualche modo protagonisti, con il quarto posto di Martinelli sullo Stelvio e di Cretti a Cansiglio. Non dobbiamo dimenticare che il parterre era di altissimo livello, questi atleti li vedremo anche al Tour de l’Avenir».

Due mesi di fuoco

Il tutto in vista degli impegni futuri, che saranno costruiti dal ritiro di Sestriere, per il quale si partirà il 9 luglio. Amadori passerà gran parte della sua estate in trasferta, il periodo si farà caldo non solo per il clima ma soprattutto per gli appuntamenti. 

«Dal 9 luglio – racconta Amadori – faremo un primo blocco di lavoro per il mondiale di Glasgow. Partiremo poi in direzione Francia per correre una breve gara a tappe e lì avrò le mie risposte. Il mondiale, che si correrà il 12 agosto, sarà il primo obiettivo. Senza dimenticare il Tour de l’Avenir, per il quale lavoreremo nella seconda parte del ritiro di Sestriere. Eccezionalmente questo evento è stato spostato al 20 agosto».

I giorni del Giro Next Gen hanno confermato al cittì della nazionale under 23 un fatto già noto: i devo team delle squadre WorldTour stanno scavando un solco

«Queste squadre giovanili – afferma – sono tanta roba. Programmano la stagione con obiettivi e allenamenti mirati. Hanno un modo di lavorare uguale a quello delle squadre superiori con l’obiettivo di far crescere i loro ragazzi con gare di un certo livello. Busatto ne è l’esempio più grande. Ma di ragazzi che si giovano di questo metodo ce ne sono altri, basti vedere come hanno corso il campionato italiano Belletta e Mattio, entrambi nel devo team della Jumbo-Visma».

Strade diverse

Mondiale e Tour de l’Avenir presentano tante differenze, difficile che corridori adatti come fisionomia al percorso di Glasgow possano essere protagonisti poi in Francia. Le strade da percorrere quindi sono divise, obiettivi diversi e quindi preparazioni differenti. Quello che si è notato nelle ultime gare, Giro Next Gen su tutti, visto anche il cambio di regolamento per i corridori da schierare, è che non ci sia più spazio per distinguere tra under 23 e professionisti

«Forse – dice Amadori – gli unici due che possono correre mondiale e Avenir sono Romele e Busatto. Il percorso di Glasgow si addice molto ai nostri ragazzi, su tutti loro due, ma penso anche a De Pretto o Bruttomesso. Poi c’è anche da fare un paragone su chi verrà a giocarsi la gara delle altre nazionali. Segaert è a tutti gli effetti un professionista, basta vedere cosa ha fatto ai campionati nazionali, sia a crono che in linea. Kooij è un altro corridore che potremmo avere come avversario. E’ chiaro che davanti a scelte simili noi ci adegueremo, il confine tra under 23 e professionisti è ufficialmente caduto. Noi abbiamo dei ragazzi under 23, che corrono già con i professionisti, che possono essere utili alla causa. Per il mondiale ho in mente Buratti e Milesi, per l’Avenir Piganzoli». 

Parentesi Stelvio

Sulle strade del Giro Next Gen il cittì Amadori era presente, ed ha assistito in prima persona al disastro dello Stelvio. Un suo parere è d’obbligo in situazioni delicate come questa. 

«La prima cosa che mi viene da dire – spiega – è che bisogna voltare pagina. E’ stata un’esperienza negativa che è servita a far capire a tutti che bisogna essere professionali a 360 gradi. Si è trattata di una concausa di errori e altre cose superficiali, reputo i ragazzi come ultimi nella fila delle persone che hanno sbagliato. Prima viene chi li ha messi in quelle condizioni».

Rossato: «I nostri ragazzi crescono a piccoli passi»

09.06.2023
4 min
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Intercettiamo Mirko Rossato mentre è intento a preparare le ultime cose in vista del Giro Next Gen. Con lui apriamo il capitolo dei giovani corridori, già visionato insieme a Zanatta qualche giorno fa. Il diesse della Green Project Bardiani CSF Faizanè si è ritrovato in un paio d’anni a lavorare con tanti giovani, alcuni di loro passati direttamente dalla categoria juniores. Si è ritrovato così a dover insegnare loro tante cose, soprattutto imparare a correre e vincere in una categoria nuova. 

Dopo un primo anno positivo, anche Pinarello sta raccogliendo buoni risultati: qui terzo al Liberazione
Dopo un primo anno positivo, anche Pinarello sta raccogliendo buoni risultati: qui terzo al Liberazione

Già vincenti

I corridori che arrivano direttamente dalla categoria juniores a vestire la maglia della Green-Project sono pochi. Nel 2022 è toccato a Pellizzari e Pinarello e quest’anno sono arrivati Scalco e Paletti.

«Abbiamo avuto la fortuna – racconta da casa Rossato – di aver preso ragazzi che vincevano tanto già da juniores. E’ chiaro che il salto da quella categoria agli under 23 o ai professionisti è diverso. Le cose si complicano e per loro non deve esserci la fretta di fare, per prima cosa serve maggiore esperienza. La nostra squadra propone solamente gare di qualità tra gli under 23, visto che facciamo solo corse internazionali. Nelle corse facili, non raccolgono, non maturano. Noi facciamo attività in Italia e all’estero, confrontandoci sempre con ragazzi preparati». 

Scalco fa parte della seconda tornata di ragazzi junior passati professionisti con la Green-Project
Scalco fa parte della seconda tornata di ragazzi junior passati professionisti con la Green-Project
E’ vero, i vostri junior sanno vincere, ma questo è un altro mondo…

Noi insegnamo a vincere ai nostri giovani tramite le giuste esperienze, sbagliare è possibile, anzi ben venga. Dopo ogni gara parliamo spesso e ci confrontiamo, le lacune ci sono e vanno affrontate e capite. 

Cosa vedi di più?

Tanta foga nel fare le cose, nell’entrare nella fuga, nel muoversi. Invece noi cerchiamo di trasmettergli che devono studiare l’avversario, guardare come pedala, così sì che imparano a leggere la corsa. 

Al Piva, ci aveva detto Pellizzari, che avevano sprecato una grande occasione.

Questo è un bell’esempio. Lì abbiamo fatto secondi con Martinelli ed i ragazzi hanno puntato tutto subito su di lui. Io avrei voluto che ognuno di loro avesse provato a vincere, devono giocarsi le loro carte. In corsa hanno carta bianca, nessuno è obbligato a lavorare per gli altri. 

Al Trofeo Piva i ragazzi di Rossato hanno imparato una lezione importante (foto Boldan)
Al Trofeo Piva i ragazzi di Rossato hanno imparato una lezione importante (foto Boldan)
In queste gare non ci sono le radio, devono gestirsi in autonomia.

Questo è un bene da un certo punto di vista. Perché, come detto prima, possono sbagliare, poi ne parliamo e capiamo come affrontare quelle situazioni. Se ci pensate poi al Recioto questa cosa non è più successa. Vero che Pellizzari ha perso la volata a due, ma ha trovato un corridore più forte, ci sta. 

Se affronti tante volte una situazione prima o poi impari

Chiaramente, alla terza o quarta volata ristretta capisci come muoverti. Impari a conoscerti, se sai che non hai uno spunto veloce provi ad anticipare o altro… Dico sempre ai nostri giovani e giovanissimi che sono professionisti solamente sulla carta, per diventarlo devono lavorare molto. 

Intanto un giovanissimo che ha vinto lo avete, Scalco. 

Lui ha vinto una corsa per under 23 di alto livello, quanti diciottenni sono riusciti a fare ciò? Pochi. La sua vittoria ci ha fatto capire che il modo di allenarsi e di programmare è funzionale. Scalco arrivava da una corsa a tappe in Francia di buon livello, che ha contribuito a farlo migliorare. 

Luca Paletti porta avanti la doppia attività: strada e ciclocross, anche questo insegna molto
Luca Paletti porta avanti la doppia attività: strada e ciclocross, anche questo insegna molto
Il progetto di crescita li porterà ad affrontare corse sempre più impegnative?

Non è da escludere che qualcuno tra Pellizzari, Pinarello e Martinelli il prossimo anno potrà partecipare al Giro d’Italia dei grandi. Saranno tutti e tre al terzo anno con noi ed è giusto che, qualora lo meritassero, potranno fare qualche gradino in più. Sempre valutando tutti insieme.

La nazionale a detta di Amadori può dare una grande mano, no?

Assolutamente. Vestire la maglia azzurra vuol dire affrontare i migliori corridori al mondo. Per coltivare i nostri talenti avere una mano dalla nazionale è fondamentale, siamo contenti di come sta andando questa collaborazione. 

In Slovenia si coccolano Glivar. E’ il nuovo Pogacar?

06.06.2023
5 min
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Gal Glivar, il campioncino sloveno che ha messo in fila i successi nella Carpathian Race e nell’Orlen Nations Cup Grand Prix, è uno di quei classici casi di corridore col destino segnato. Lo si capisce ascoltando la sua storia: «Mio padre Srecko era stato corridore di buon livello (arrivò secondo al Giro di Slovenia nel ’93, ndr), poi si è dedicato alla carriera di direttore sportivo in molte squadre e io ero tante volte con lui in auto a seguire le corse. Quando avevo 9 anni ho cominciato a correre sempre nella squadra di mio padre, l’Adria Mobil e sono ancora lì…».

Ora di anni Gal ne ha 21 e la passione per il ciclismo non l’ha più lasciato. Nell’ambiente il suo nome è fra i più sussurrati come uno dei campioni del futuro, d’altronde quel che ha fatto vedere quest’anno ha davvero stupito, per la maturità dimostrata nella conduzione delle corse a tappe. Per il ciclismo ha sacrificato tutto.

Un giovanissimo Gal già sul podio. Il ciclismo è da sempre la sua grande passione
Un giovanissimo Gal già sul podio. Il ciclismo è da sempre la sua grande passione

«Ho preso il diploma e ho finito di studiare, non faccio altri sport – racconta lo sloveno – mi dedico solo al ciclismo e d’inverno faccio palestra proprio per preparare la stagione successiva. L’unico mio diletto è la chitarra, che suono piuttosto bene a quanto mi dicono».

Quest’anno hai fatto un grande miglioramento come risultati, a che cosa pensi sia dovuto?

A dir la verità non lo so. Ho fatto la stessa preparazione dell’anno scorso, ma quest’anno sono cresciuto abbastanza per vincere, mi riesce tutto facile. I risultati vengono per questo, sento che in corsa sono un corridore diverso rispetto a prima.

Il podio della terza tappa della Carpathian Race, con lo sloveno primo su Pellizzari e Putz
Il podio della terza tappa della Carpathian Race, con lo sloveno primo su Pellizzari e Putz
Come corridore pensi di essere più forte in salita o nelle cronometro?

Non credo di essere il migliore in nessuna delle due cose, ma me la cavo bene in entrambe. Le salite lunghe e ripide le soffro, soprattutto quelle delle Alpi italiane, ma riesco comunque a disimpegnarmi bene, a gestire le energie e a sfruttare le occasioni. A cronometro ho vinto titoli nazionali di categoria, mi sono sempre disimpegnato bene.

All’Orlen Nations Cup hai battuto Piganzoli che parlando di te ha detto che la tua caratteristica è che non ti stacchi mai quando provano ad attaccarti. Quanto incide la caparbietà nelle tue prestazioni?

In Polonia l’Italia aveva una squadra di talenti davvero forti. Hanno provato a farmi cedere, mi hanno attaccato ma io ho solo seguito il migliore ed ero lì, sapevo che dovevo rimanere attaccato se volevo vincere. C’era una grande pressione da parte di italiani e spagnoli perché puntavano al successo, è stata una bella battaglia.

Il ventunenne sloveno ha una buona predisposizione per le crono, al suo attivo due titoli nazionali junior
Il ventunenne sloveno ha una buona predisposizione per le crono, al suo attivo due titoli nazionali junior
Dopo i tuoi successi, molti ti paragonano a Roglic e Pogacar. Quale dei due preferisci e a chi pensi di somigliare di più?

Non ho una preferenza, sono molto tifoso quando ci sono sloveni in gara e mi piace molto guardare tutti e tre i grandi tour perché ci sono loro. In ogni grande giro abbiamo uno sloveno lì, a lottare per la vittoria e questo è esaltante, anche se il Tour de France è qualcosa di speciale a prescindere. Al Giro mi sono esaltato per Roglic, al Tour sono impazzito quando nel 2020 erano entrambi sul podio.

Quanto contano per voi giovani sloveni i loro successi, ci sono ora più ragazzi che fanno ciclismo?

Sì, da quando hanno vinto le grandi corse a tappe, ci sono molti bambini che si sono dedicati al ciclismo, molti più di prima. Basti dire che nella nostra squadra ci sono 50 o 60 giovani corridori, seguiti proprio da mio padre. Quindi il futuro dopo di loro è assicurato, si è creato un grande movimento in questo sport.

Lo sloveno con Piganzoli. Rivali in gara che fuori si stimano molto
Gal con suo padre Srecko, corridore sul finire del secolo scorso e poi diesse all’Adria Mobil
Ora correrai la Corsa della Pace, con quali ambizioni parti?

So di essere in buona forma, quindi farò tutto il possibile per vincere di nuovo una gara a tappe che so avere un grandissimo prestigio ed essere il migliore. Per me è uno degli obiettivi della stagione.

Tra Tour de l’Avenir e Mondiali dove pensi di essere più competitivo?

Dappertutto, ma ci sono anche gli altri. Ho visto ad esempio quanto sono forti gli italiani, Piganzoli e Pellizzari in particolare, anche voi italiani avere una generazione molto qualificata, io penso che attualmente siano i migliori, i miei “peggiori” avversari.

Glivar, nato a Novo Mesto il 1° maggio 2002, con i suoi compagni dell’Adria Mobil, suo team da sempre
Glivar, nato a Novo Mesto il 1° maggio 2002, con i suoi compagni dell’Adria Mobil, suo team da sempre
A proposito, tu hai già corso in Italia, come ti sei trovato?

Mi piace molto l’Italia. Ci sono stato molte volte. L’Italia è un Paese di ciclismo, dove tutti amano questo bellissimo sport e tutte le persone che fanno il tifo per le strade, è qualcosa di speciale. Ho anche fatto per metà anno lezioni di italiano, ma ho ancora bisogno di visitare di più l’Italia per imparare la lingua ed esercitarmi.

C’è già qualche squadra del World Tour con cui sei in contatto?

Sì, ho molte opzioni in ballo soprattutto da quando ho vinto l’Orlen. Ma ora devo concentrarmi sulla Corsa della Pace e sul Giro di Slovenia, devo far bene lì e poi penserò al prossimo anno e alla scelta giusta da fare.

Amadori e l’Italia che cresce: mirino sull’Avenir

05.06.2023
5 min
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Marino Amadori, cittì della nazionale under 23, non ha fatto in tempo a svuotare la valigia dopo l’Orlen Nations Grand Prix che è già il momento di rifarla. L’11 giugno partirà il Giro Next Gen e Amadori lo seguirà con attenzione, visti anche i bei risultati ottenuti di recente dai suoi ragazzi (in apertura alla presentazione della corsa in Polonia – foto PT photos). 

La voce del cittì lascia trasparire tanta felicità, d’altronde la trasferta il Polonia ha lasciato molta soddisfazione, sia in lui che nei ragazzi. 

Il secondo posto finale di Piganzoli è una grande soddisfazione per lui e tutta la nazionale (foto PT photos)
Il secondo posto finale di Piganzoli è una grande soddisfazione per lui e tutta la nazionale (foto PT photos)

Competitivi

Con la maglia azzurra si sono esaltate le qualità di Piganzoli, secondo nella classifica finale, e di Busatto, vincitore di una tappa. Ma Amadori ci tiene a sottolineare la prestazione di tutti, con un occhio anche a chi non è riuscito a partecipare. 

«Ho avuto a mia disposizione sei ragazzi, tutti molto forti – attacca Amadorivolevamo giocarci il risultato pieno e così è stato. Peccato per De Pretto che a causa di un malanno (febbre, ndr) non è riuscito a correre. Con la sua presenza la squadra sarebbe stata davvero al top. Ripeto: la volontà era quella di andare in Polonia e correre da protagonisti e così è stato. Il secondo posto finale di Piganzoli e la vittoria di tappa di Busatto sono state solamente la ciliegina sulla torta».

Le due punte per l’Italia di Amadori erano Piganzoli (in primo piano) e Pellizzari (dietro di lui) (foto PT photos)
Le due punte per l’Italia di Amadori erano Piganzoli (in primo piano) e Pellizzari (dietro di lui) (foto PT photos)

Due punte

I ragazzi designati a curare la classifica erano due: Piganzoli e Pellizzari. Quando si corre per vincere è giusto avere due frecce nel proprio arco, nel caso una delle due si “spezzi”. 

«Purtroppo – racconta il cittì – Pellizzari ha avuto un piccolo problema durante la seconda tappa. Sulla salita finale, a sette chilometri dall’arrivo gli è andata giù la sella ed abbiamo dovuto fare il cambio bici. A quel punto però la corsa era già esplosa, lui ha cercato di riportarsi sotto, ma trovava piccoli gruppetti sulla strada. Che sia arrivato in cima con meno di un minuto di ritardo fa capire quanto sia andato forte. Piganzoli si è trovato con la classifica sulle spalle e non ha sfigurato, anzi. Sono convinto che corse del genere, per ragazzi così giovani che già sono professionisti, servano tanto. Insegnano loro a vincere e mettersi in gioco. Ne parlavo proprio con Rossato e Zanatta, diesse delle rispettive squadre di Pellizzari e Piganzoli».

La crescita di Busatto, e degli altri ragazzi, nel 2023 lascia ben sperare per il futuro (foto PT photos)
La crescita di Busatto, e degli altri ragazzi, nel 2023 lascia ben sperare per il futuro (foto PT photos)

Il passo in più

Oltre alle due punte nella nazionale di Amadori erano presenti anche altri tre corridori: Busatto, Romele e Crescioli. Rispetto alla stagione scorsa si vede un progresso non indifferente, anche il cittì lo nota ed è pronto a dare il suo contributo. 

«Busatto – racconta Amadori – è un esempio del “gradino” salito tra il 2022 ed il 2023. L’anno scorso faceva grandi corse, ma gli mancava qualcosa per vincere. Quest’anno ha fatto tutto bene, i risultati lo dimostrano: ha imparato a vincere e direi che lo ha fatto nel migliore dei modi. La Liegi under 23 è stata un capolavoro. 

«Piganzoli stesso – continua – ogni anno mette un mattoncino in più. Lui ha le caratteristiche ideali per affermarsi come corridore da corse a tappe: va forte a cronometro e tiene bene sulle salite lunghe. Pellizzari uguale, al Tour of the Alps ha fatto vedere grandi cose e al Giro potrà essere uno dei protagonisti.

«Romele – chiude Amadori – si è messo in mostra ed anche lui ha ottenuto grandi prestazioni, a partire dalla vittoria al Liberazione. All’Orlen Nations Grand Prix ha provato a vincere una tappa e quando si è accorto di non riuscirci ha dato una grande mano ai suoi compagni. La sua azione ha permesso di eliminare il primo ed il secondo della classifica generale».

L’esempio di Zana e l’Avenir

Uno dei prossimi appuntamenti della nazionale under 23 sarà il Tour de l’Avenir. Anche se prima Amadori porterà i ragazzi nel consueto ritiro di Sestriere, nel mese di luglio. 

«Tutti questi esempi – ci tiene a concludere il cittì – mi riportano alla mente Zana. Nel 2021, al suo secondo anno in Bardiani, è venuto con me a fare l’Avenir ed è arrivato terzo. Penso che una corsa del genere sia stata uno step importante per la sua crescita e la consapevolezza nei propri mezzi.

«A proposito di Avenir – dice – posso dire che diventa il nostro obiettivo futuro. Sono 50 anni che non lo vinciamo (l’ultimo fu Baronchelli nel 1973, ndr). Abbiamo ottenuto sempre ottime prestazioni, ma mai il bottino pieno. Proprio per preparare al meglio questo appuntamento, ed i mondiali, porterò i ragazzi in ritiro al Sestriere. Dal 9 luglio al 6 agosto, naturalmente li farò ruotare a seconda degli impegni, dovrei avere con me tra i sei ed i dieci ragazzi per volta. Un primo gruppo verrà con me a fare una corsa a tappe in Francia, dal 28 al 31 luglio. Gli altri ragazzi passeranno dal Tour de Pologne: tra questi ci dovrebbero essere Buratti e Milesi».

Radio e giovani corridori: come insegnare ad usarle?

28.04.2023
4 min
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Tiene banco il tema della sicurezza e delle comunicazioni tra diesse e corridori una volta in corsa. Abbiamo sentito il parere di Sagan, e quello di Gasparotto riguardo i nuovi strumenti ed i metodi con i quali vengono utilizzati. Ma per quanto riguarda le radio, i corridori che cosa ne pensano?

Il tre volte campione del mondo aveva sottolineato come troppe comunicazioni distraggano il corridore ed allo stesso tempo creino un enorme stress in gruppo. Soprattutto tra i giovani che si ritrovano bombardati di informazioni e vengono così sopraffatti dal momento.

Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo
Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo

L’esempio Pellizzari

Al Tour of the Alps Giulio Pellizzari, sulle rampe di Passo Pramadiccio, mentre si lanciava alla ricerca della vittoria, continuava a ricevere incitamenti via radio. Ci siamo chiesti allora in che modo venga inserito questo strumento nella vita di un giovane corridore. Ne parliamo con Alessandro Iacchi, classe 1999 in forza al Team Corratec

«Ho fatto in tempo ad utilizzare la radio sia con i professionisti che con gli under 23 – ci dice – la differenza si nota. Rispetto a quando non c’era, si è molto più sicuri in gruppo. Se viene unita alle nuove tecnologie (VeloViewer e ciclocomputer) facilita le comunicazioni. Il diesse ha modo di segnalare i pericoli nei punti cruciali e viceversa».

Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
In che modo si insegna ad un corridore giovane come utilizzare questo strumento?

Ti spiegano il funzionamento e come utilizzarlo per parlare. Dal punto di vista tecnico è estremamente facile, schiacci un bottone e sei in contatto con tutti: dai diesse ai tuoi compagni di squadra. 

Come ti spiegano il funzionamento una volta che sei in corsa?

Logicamente mi viene da dire che ti insegnano ad utilizzarla nei momenti importanti della gara. Per quanto riguarda noi corridori, la si usa quando fori, devi andare a prendere l’acqua o devi metterti in comunicazione con un compagno o un diesse. Mi è successo qualche volta di bucare, l’ammiraglia non ti vede a bordo strada e tira dritto. 

Tu hai corso anche senza radio, il modo di interpretare la gara cambia…

Assolutamente. La radio riduce i tempi di comunicazione, e di conseguenza aumenta la sicurezza. Non serve andare ogni volta alla macchina per avere un’informazione e in questo modo si riduce il via vai nel gruppo. 

Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Però aumenta il nervosismo. 

Questo succede perché alcuni diesse la utilizzano in modo sbagliato a mio modo di vedere. Con gli strumenti che abbiamo possiamo vedere tutto in tempo reale, i ciclomputer ci dicono quanto è lunga una salita e quale sia la pendenza media. Ci avvertono anche quando ci sono delle curve pericolose. 

I ciclocomputer di ora ti segnalano ogni minimo dettaglio del percorso…

Vero. Non servono comunicazioni tecniche, diciamo che è sufficiente ricordare che sta per iniziare una salita. Poi il resto lo vediamo da noi. 

Qual è il modo sbagliato di utilizzare la radio?

Quando la corsa diventa una radiocronaca, ogni minuto hai una voce in testa che ti dice qualcosa. Alla fine diventa fastidioso, soprattutto quando cerchi di concentrarti, che sia in volata o nel leggere il momento giusto della gara. Se il diesse mi parla tutto il tempo, si rischia che la sua voce diventi un brusio di sottofondo e, che tu voglia o meno, non lo ascolti più. 

Fanno eccezione gli eccessi di comunicazione quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Fanno eccezione gli eccessi quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Qual è secondo te il modo corretto?

Nei momenti concitati della corsa, come quando si forma la fuga, dall’ammiraglia ci dicono subito chi è nel gruppo davanti. In questo modo si possono aggiustare le tattiche in corsa, lì la comunicazione è fondamentale. Un altro esempio è quando il massaggiatore si trova al rifornimento ed inizia a piovere. Lui può avvisare che è cambiato il meteo e noi corridori ci regoliamo di conseguenza. 

Per i giovani allora la radio diventa quasi stressante?

Come detto, dipende da come la si usa dalla macchina. A me troppe comunicazioni non piacciono, altri invece le preferiscono. Però mi sento di dire che a volte è importante ascoltare il gruppo e i suoi rumori.