Cosa c’è dietro le quinte del Cycling Stars Criterium?

13.05.2025
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Il prossimo 2 giugno si terrà a Pieve di Soligo la 10ª edizione del Cycling Stars Criterium, la kermesse di fine Giro d’Italia che porta i grandi campioni del ciclismo nelle piazze delle città venete. Ma come si organizza un evento del genere? Quando iniziano i preparativi, quali sono le difficoltà maggiori e quali le soddisfazioni?

Per andare a dare uno sguardo nel dietro le quinte abbiamo contattato Enrico Bonsembiante che, assieme ad Alessandro Ballan, è l’anima del Cycling Stars Criterium.

Bonsembiante, assieme ad Alessandro Ballan, organizza il CSC dal 2015 (qui con alle spalle Elisa Longo Borghini)
Bonsembiante, assieme ad Alessandro Ballan, organizza il CSC dal 2015 (qui con alle spalle Elisa Longo Borghini)
Enrico, quest’anno il Criterium compie dieci anni, un bel traguardo

Sicuramente. Le prime due edizioni le abbiamo fatte nel 2015 e nel 2016 a Valdobbiadene, con un format un po’ diverso, ma già facendo incontrare i bambini con i professionisti. Poi ci siamo spostati per due anni a Montebelluna e successivamente a Belluno – 2019 e 2021 -.  Nel 2022 siamo tornati a Valdobbiadene e, infine, dal 2023 siamo approdati a Pieve di Soligo.

Entriamo nel merito. Quando si inizia ad organizzare un evento simile? 

Presto, già l’inverno precedente. Come prima cosa bisogna trovare la località, anche se negli ultimi tre anni siamo stabilmente a Pieve di Soligo e questo certamente ci aiuta. Poi naturalmente occorre trovare le risorse economiche, cioè bussare a potenziali partner e sponsor. E poi c’è tutto un lavoro delicato con l’amministrazione per organizzare al meglio permessi, piano di sicurezza, hospitality, ambulanze e tutto il necessario a livello burocratico. Dietro c’è un lavoro davvero importante, la gente magari non se ne rende conto quanto arriva lì la sera, ma a monte ci sono ore e ore passate negli uffici e al telefono per fare in modo che il giorno del Criterium sia tutto perfetto. Quel giorno ci sono 100 persone che lavorano per noi, per fortuna negli anni io e Alessandro abbiamo creato un grande gruppo di lavoro che funziona molto bene.

La sera del Criterium c’è al lavoro un centinaio di persone, tra cui gli addetti all’hospitality
La sera del Criterium c’è al lavoro un centinaio di persone, tra cui gli addetti all’hospitality
Come funziona la fase del reclutamento degli atleti?

Quella è forse la più complicata. Con gli ex corridori e con le donne è un po’ più facile, infatti abbiamo già la conferma ufficiale della partecipazione di Elisa Longo Borghini, la campionessa europea Lorena Wiebes, Barbara Guarischi e Soraya Paladin. Con i professionisti è ovviamente più difficile, perché dobbiamo intercettare gli atleti a maggio, durante il Giro, cioè a pochi giorni dal Criterium, trovare il momento giusto per parlare con loro e con i manager è fondamentale. Il fatto che il Giro arrivi a Roma complica un po’ tutto a livello logistico, comunque la risposta è molto buona.

Immaginiamo che avere tra gli organizzatori un personaggio come Alessandro Ballan dia una bella mano per convincere anche i grandi nomi

Avere accanto un campione del mondo ti apre molte porte, non c’è dubbio. Come anche per lui è importante avere vicino un braccio operativo. Lui ha la capacità di avvicinarci agli sponsor e ai corridori, poi io mi occupo del resto. Ormai lavoriamo assieme da molti anni, durante i quali ci siamo creati un’immagine credibile, le persone ci stimano e questo, ovviamente, rende le cose più facili ogni giorno che passa. 

Da diverse edizioni è stata inserita la gara femminile, sempre più seguita: qui Paladin, Ragusa e Longo Borghini
Da diverse edizioni è stata inserita la gara femminile, sempre più seguita: qui Ragusa e Longo Borghini
Ai corridori viene dato anche un gettone di presenza, giusto? 

Certo perché si tratta di professionisti, è il loro lavoro ed è giusto che siano pagati per svolgerlo. Alla fine si tratta di logiche aziendali in cui si cerca di portare a casa i migliori nomi al miglior prezzo, spiegando anche il valore che il Criterium può avere per loro. Diversi corridori mi hanno già contattato spontaneamente, altri invece li cerchiamo noi. Ma gli facciamo sempre capire che partecipare a questo evento è importante per farsi vedere da vicino, per entrare ancora di più nel cuore dei tifosi

Restando ancora un attimo sulle questioni economiche. Quanto costa, in tutto, una serata del genere? 

In tutto siamo sui 200 mila euro. Sembra molto, ma in questo modo portiamo in una città un evento di altissimo livello che fa molto bene a tutto il territorio. Il giorno del Criterium, Pieve di Soligo si riempie di migliaia di persone, i locali finiscono le scorte del magazzino, tutti gli hotel nel raggio di 30 km sono pieni. Che è poi il motivo per cui le amministrazioni pubbliche ci supportano, in primis la Regione nella persona di Alberto Villanova e il Comune con il sindaco Stefano Soldan, che ci tengo a ringraziare pubblicamente.

L’evento è anche un’occasione per assaggiare le tipicità locali, come lo spiedo gigante di Pieve di Soligo
L’evento è anche un’occasione per assaggiare le tipicità locali, come lo spiedo gigante di Pieve di Soligo
In questi anni avrai molti aneddoti da raccontare… 

Il primo che mi viene in mente è personale. Più di una volta il Giro è arrivato a Roma e finite le premiazioni la sera sono partito in macchina e ho guidato quasi tutta la notte, per arrivare direttamente a Pieve di Soligo il giorno del Criterium. Ma ce ne sono molti che riguardano gli atleti. Per esempio nel 2022 a Valdobbiadene è venuto Cavendish e a fine serata mi ha detto che non si era mai divertito così tanto in una gara di bici. Questo perché i corridori arrivano da noi dopo un periodo di grande pressione e quella sera finalmente possono rilassarsi.

Con altri si fa più fatica?

L’anno scorso per avere Tiberi, la Maglia Bianca del Giro 2024, c’è stata una trattativa incredibile con il manager e la squadra, poi è venuto e alla fine non faceva che ringraziarmi. Un altra cosa che non si sa è che sempre l’anno scorso eravamo disposti a noleggiare un elicottero per portare gli atleti da Roma a Pieve di Soligo. Poi abbiamo fatto diversamente, ma noi siamo disposti a tutto per rendere la serata unica.

Lo scopo del Criterium è avvicinare i campioni ai tifosi, specialmente ai più piccoli. Qui sopra, nel 2024, Milan, Vendrame e Tiberi
Lo scopo del Criterium è avvicinare i campioni ai tifosi, specialmente ai più piccoli. Qui sopra, nel 2024, Milan, Vendrame e Tiberi
Tanto lavoro insomma, che poi però ripaga a vedere i numeri che crescono di anno in anno. Cosa ti resta più di tutto una volta finito l’evento?

Le facce delle persone, dei tifosi, soprattutto i più piccoli. Negli ultimi anni facciamo accompagnare i campioni alla partenza dai bambini, perché quel momento lasci a loro un ricordo indelebile. Ho visto mamme che piangevano dalla commozione, e questo per noi non ha prezzo.

Abbiamo detto che la prossima edizione del Criterium sarà la 10ª. Per festeggiare questo traguardo porterete a Pieve di Soligo la Maglia Rosa? 

Sì, l’obiettivo è quello, sicuramente. E se non dovessimo riuscirci stiamo già lavorando per un altro grande colpo a sorpresa. 

Velo cittì: le certezze delle veterane e i primi passi tra le giovani

13.05.2025
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Marco Velo in questo momento si trova al Giro d’Italia, che ieri ha goduto del giorno di riposo aggiuntivo derivato dalla partenza in Albania. La carovana è tornata nel nostro Paese e ognuno ha avuto il suo bel da fare. Il neo cittì della nazionale femminile si trova alla Corsa Rosa come regolatore di percorso. Da qualche anno svolge questo ruolo per RCS Sport & Events e nonostante il grosso incarico della Federazione i suoi impegni non sono cambiati. Sicuramente il bresciano saprà trovare il giusto equilibrio per dirigere la nazionale femminile, ruolo ereditato da Paolo Sangalli a sua volta passato nel WorldTour con la Lidl-Trek (i due sono insieme a Elisa Longo Borghini alle Olimpiadi di Parigi nella foto di apertura). 

I primi impegni di stagione hanno evidenziato come Elisa Longo Borghini sia ancora il faro del movimento azzurro
I primi impegni di stagione hanno evidenziato come Elisa Longo Borghini sia ancora il faro del movimento azzurro

Nuove misure

Il ruolo di tecnico si addice a Marco Velo, che fino al 2024 è stato il responsabile delle cronometro azzurre per ogni categoria. E’ chiaro che rispetto al precedente incarico la mole di lavoro sia maggiore, la gestione della nazionale femminile parte dalle juniores e arriva fino alle elite. Inoltre quest’anno sta prendendo sempre più piede la categoria U23, che prima non esisteva e piano piano è stata introdotta. 

«Il ruolo non è nuovo – racconta Velo ai margini del Giro – mentre l’ambiente un pochino lo è. Le ragazze elite le conosco meglio rispetto alle juniores per ragioni di visibilità. Gestivo le loro cronometro, vero, ma la supervisione di Sangalli e il suo parere erano fondamentali. Ora ho iniziato a seguire molto di più il movimento e sono partito proprio dalle piccole. Sono stato a qualche gara per gettare le basi di un rapporto sia con le atlete che con le squadre. Per quanto riguarda le elite sono stato a Sanremo e Strade Bianche, mentre ho seguito in televisione tutta la Campagna del Nord».

Un’altra conferma per il cittì Velo è arrivata da Elisa Balsamo, capace di vincere di correre da protagonista le Classiche
Un’altra conferma per il cittì Velo è arrivata da Elisa Balsamo, capace di vincere di correre da protagonista le Classiche
Come mai non seguire le Classiche sul posto?

Ho fatto una valutazione personale. Andare alle gare vuol dire avere dei costi di viaggio e soggiorno. Siamo nell’anno post olimpico e come accade spesso la Federazione deve stare attenta alle uscite. La cosa che ho notato anche a Sanremo e Strade Bianche è che comunque anche se sono in gara devo guardare la corsa dal tablet. Sei lì, ma non puoi vedere la fasi salienti e capire come si svolge la gara. 

La stessa cosa hai fatto in questi giorni in cui Vuelta Femenina e Giro corrispondevano?

Esattamente. Per fortuna il ciclismo femminile è cresciuto parecchio in ogni aspetto e in televisione si vedono tante gare. Mi ritengo un tecnico “vecchia scuola” che non ama andare alla partenza o dopo gli arrivi a parlare con le ragazze. Preferisco lasciarle concentrate e parlare a mente fredda. Inoltre c’è un altro aspetto…

Nonostante l’assenza di vittoria di tappa alla recente Vuelta Espana Femenina Letizia Paternoster ha vestito la maglia rossa
Nonostante l’assenza di vittoria di tappa alla recente Vuelta Espana Femenina Letizia Paternoster ha vestito la maglia rossa
Quale?

Abito vicino a Montichiari. Di conseguenza posso andare spesso al velodromo quando le ragazze si allenano e sappiamo tutti che le principali figure del ciclismo femminile gareggiano sia su strada che su pista. Con Bragato c’è un’ottima collaborazione e questo aspetto aiuta molto. 

Vero che le elite le conosci di più, ma serve comunque creare un gruppo?

A mondiali ed europei mi vedevo spesso con lo “zoccolo duro” del movimento: Silvia Persico, Elisa Longo Borghini, Elena Cecchini, Marta Cavalli. Per messaggio e via telefono sono in contatto continuo. Sicuramente il tutto andrà a intensificarsi quando ci avvicineremo a mondiali ed europei. 

Il ruolo con RCS Sport ha permesso negli anni a Velo di visionare i corridori sul campo, qui con Lorenzo Milesi al Giro 2024
Il ruolo con RCS Sport ha permesso negli anni a Velo di visionare i corridori sul campo, qui con Lorenzo Milesi al Giro 2024
Alla Vuelta mancavano le ragazze del cosiddetto blocco azzurro, cosa hai visto dalle altre?

Mi ha fatto piacere che Letizia Paternoster sia riuscita a indossare la maglia rossa. Anche Trinca Colonel e Borghesi si sono mosse bene. Avrò la fortuna di seguire dal vivo il Giro Women vista la mia collaborazione con RCS, quindi i prossimi mesi saranno fondamentali per avere un quadro d’insieme.

Quanto le senatrici ti hanno aiutato a entrare in questo mondo?

Molto. Cecchini, Longo Borghini, Guazzini e anche Silvia Persico mi hanno dato tante informazioni. Poi sta a me filtrarle e capire come muovermi in questa categoria. 

Qual è stata la difficoltà maggiore?

Con la categoria juniores è servito tanto l’essere sul campo. Anche alla riunioni pre gara mi sono presentato e ho detto ai tecnici di contattarmi per qualsiasi cosa. Del ciclismo femminile ho capito come le parole debbano essere pesate e che serve precisione. Sono molto attente ai dettagli e sono focalizzate su ciò che viene detto. 

Hai già programmato dei ritiri?

Con le elite non ne abbiamo in programma, sempre per la questione della gestione dei costi. Ho preferito cercare di fare qualcosa per le juniores, la volontà è quella di portarle in altura prima del mondiale in modo da dare maggiore continuità di lavoro.

Anche perché la categoria U23 cresce sempre più.

Esatto. Da quest’anno il Tour de l’Avenir Femmes aumenta i giorni di corsa che diventeranno gli stessi dei ragazzi. Inoltre il 2025 è il primo anno in cui ci sarà il mondiale riservato a questa categoria. Prima la categoria elite includeva tutte all’interno della corsa veniva premiata la migliore under 23. Anche da questo punto di vista ho un grande supporto dalla Federazione, specialmente nella figura di Amadio. 

Al Giro con Mosca, viaggio tecnico nel lavoro del gregario

13.05.2025
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E con la Alberobello-Lecce il Giro d’Italia riparte dalla sua terra. La frazione di oggi è la prima vera tappa per velocisti e tra questi c’è il favorito, la maglia rosa, Mads Pedersen. E per un Pedersen che vince (e riparte in maglia rosa), c’è uno Jacopo Mosca che tira. Di solito almeno è così.

L’immenso gregario della Lidl-Trek in queste prime tappe ha dato l’ennesima prova delle sue qualità: è un corridore solido e concreto, che svolge perfettamente il suo lavoro. E proprio con lui abbiamo parlato da un punto di vista tecnico di cosa significhi tirare per così tanto tempo. Quello di Mosca non è un lavoro “flash” come quello dell’apripista, Mathias Vacek nel caso della Lidl-Trek. No, il suo è un tirare lungo, da lontano.

Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo Mosca: si nota la testa già rasata per la scommessa persa con Pedersen dopo la crono di Tirana
Jacopo, hai tirato tanto, dovrai tirare tanto. Partiamo da questo presupposto: quando parte una tappa sai già quanto dovrai tirare?

Noi partiamo sempre con il nostro piano, con la nostra tattica e se tutto va bene, so esattamente quello che devo fare. A volte può essere un po’ di più, un po’ di meno, ma dipende anche dalla situazione di gara o dalla giornata sì o no. Se riavvolgo le prime due tappe, nella prima dovevo arrivare dopo il chilometro Red Bull, diciamo all’ingresso in Tirana, ed è quello che ho fatto. Quando hai una squadra così forte, sai che tu fai il tuo e poi c’è chi prende il tuo posto. Nella tappa di Valona invece eravamo partiti con l’idea che sarei dovuto arrivare fino allo strappo duro al chilometro 82, ma sono riuscito a passarlo e ho tirato ancora per altri 15-20 chilometri.

E questo cosa comporta?

Che sono riuscito a fare qualcosa in più, magari salvando energie a un mio compagno per il finale. Però generalmente si parte con un’idea. Verso Valona, volevamo arrivare con me sotto la salita lunga e alla fine ce l’abbiamo fatta anche lì. E’ chiaro però che non sempre tutto va come si vorrebbe.

Perché?

Ogni tanto cambiano le situazioni, specie nelle prime tappe dove c’è tanto stress per le posizioni. Magari dopo 50-60 chilometri arrivano altre squadre a lottare, quindi sei costretto a spingere un po’ di più, se vuoi stare ancora lì, quando invece potresti conservare qualche energia ulteriore.

Dopo che hai finito di lavorare cosa fai? Ti stacchi e vai regolare? Cerchi un gruppetto? Tieni duro?

Dipende dai momenti. Tipo l’altro ieri, quando ho finito di lavorare mi sono subito spostato, sapendo che c’era già un gruppetto dietro. Poi quando mi sono staccato io, si sono staccati anche altri 15 corridori circa e abbiamo fatto un gruppetto nostro. Nella tappa di Tirana invece ho provato a tenere duro perché a ruota si stava molto meglio di quel che sembrava. Sono quasi riuscito a passare la prima salita, ma mi sono staccato a un chilometro e mezzo dalla cima. L’idea era di provare a superarla una volta e tornare davanti.

La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
La tappa di oggi, la quarta di questo Giro, da Alberobello a Lecce: 187 km nei quali Mosca sicuramente sarà chiamato in causa
Avreste avuto un uomo in più per il finale e magari Vacek avrebbe lanciato più forte la volata…

In realtà non è tanto quello. Magari puoi salvare un uomo in più che può poi lavorare meglio o, per esempio, non usare per forza Ciccone. Anche se lui ha fatto una selezione che solo lui poteva fare, quindi l’avremmo usato comunque. Però soprattutto in pianura, anche solo 200 metri in più o in meno possono aiutare un compagno ad avvicinarsi al chilometro finale. Tenere di più non è mai fondamentale, ma può fare la differenza.

Parliamo del ritmo: come lo imposti? Guardi i watt? Te lo indica il capitano?

Siamo sempre diretti bene dalle ammiraglie, ma ci basiamo anche sul feeling nostro e su cosa fa la fuga. Se la fuga va a 40 all’ora, devi andare a 40 all’ora per mantenere il distacco o a 42-45 per chiudere. Se la fuga va forte, devi andare forte anche tu. Ma se va forte, si esaurisce anche prima.

Quindi comanda la fuga e il tempo che avete deciso di lasciargli?

Sì, esatto: comanda la fuga. Verso Valona per esempio avevamo detto che anche con quattro minuti potevamo stare tranquilli. Ma quando in fuga ci sono Tarling, Tonelli, De Bondt, Germani… è un problema. Era una fuga forte e la tappa era corta, il terzo giorno non puoi permetterti di lasciare troppo. E poi bisogna vedere se ci sono altre squadre a darti una mano: domenica eravamo noi e la Red Bull-Bora, quindi fattibile. Se fossi stato da solo, diventava dura tenere quei sei corridori a tre minuti.

Soprattutto per te!

Esatto, e con Gianni Moscon non è stato un tirare semplice ieri, ma ce l’abbiamo fatta. Posso dire che i dati a fine tappa erano alti.

La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
La disposizione degli uomini non è casuale. Prima entra in scena Mosca, poi a seconda del percorso gli scalatori e infine l’apripista per Pedersen
Ce ne puoi dire qualcuno?

Tirando là davanti, ho fatto due ore e mezza a più di 340 watt normalizzati e 305 di media. Circa 5,2 watt per chilo. Niente di impensabile, ma sono bei numeri. Soprattutto perché mantenuti a lungo. E il percorso non era semplice.

Un aspetto affascinante del vostro lavoro è stato il ritmo chirurgico in salita: forte per fare selezione, ma giusto per tenere dentro Pedersen. Come si imposta quel ritmo? E’ Pedersen che comanda?

Sì, è lui che detta il ritmo e ti dice se aumentare o calare in base a come si sente. In quei casi corridori come Verona o Konrad, che ha fatto top 10 nei grandi Giri, ti fanno capire quanto sia alto il livello del team. O Ciccone che fa un’azione simile… E’ chiaro che è Mads che decide. Poi in questo momento sta così bene che probabilmente rimarrebbe con i primi 30 anche in salita.

Cos’altro conta in quei momenti?

La gestione dalla macchina. Loro osservano da dietro e ci dicono: «Okay, ragazzi, si stanno staccando tot corridori», oppure: «A ruota si sta benissimo, non state staccando nessuno». Sono informazioni importanti. E sapere di tirare per uno come Mads, che sta bene e finalizza, dà fiducia.

Quando parte la fuga e mancano 130 chilometri e sai che dovrai tirare per due ore, a cosa pensi?

Dipende. In una tappa come quella di Valona non avevo tempo di pensare, non era facile. Alla Sanremo, che è più lunga e più controllabile, cerco sempre di focalizzarmi sulla gara. Poi magari qualche pensiero ti viene, ma appena arriva il mal di gambe smetti di pensare. Però c’è sempre una canzone che ti gira in testa, cambia ogni volta. Magari è un ritornello sentito il giorno prima.

La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
La messa a fuoco non è ideale, ma questa foto spiega bene quel che dice Mosca: «E’ Pedersen che in salita detta il ritmo» (foto Instagram)
Quando tiri devi prendere aria e sappiamo quanto sia importante l’aerodinamica: hai una posizione preferita alla tua velocità di crociera?

Sì, l’aerodinamica oggi conta tantissimo: si vede da abbigliamento, caschi, bici… A volte si vedono cose un po’ troppo estreme. Io non sono estremo. Non mi metto a guardare il calzino, perché i nostri capi di abbigliamento sono già il top. So che il nostro body è veloce, i nostri calzini aero sono veloci. Non ho mai esagerato con le leve girate, per dire…

Chiaro…

Nella mia velocità di crociera tengo le mani alte, ma molto raccolto, con i gomiti ben piegati e la schiena bassa. E ovviamente in discesa mani sotto, con la bici pronta a metterla dove voglio.

Come hai saputo che aveva vinto Pedersen?

Ero con un gruppetto a 7-8 chilometri dall’arrivo e ho sentito l’urlo per radio. In realtà ero già andato dietro alla seconda ammiraglia a chiedere. Poi, quando ho sentito l’urlo per radio e la macchina suonare il clacson per festeggiare, ho capito che avevamo vinto. E’ bello quando hai un capitano deciso e determinato, perché alla fine sai che fai un lavoro che porta a qualcosa.

EDITORIALE / Il bello e il brutto del Giro in Albania

12.05.2025
5 min
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Dopo cinque giorni in Albania, il Giro torna in Italia e finalmente il popolo del ciclismo potrà riabbracciare i campioni e vederli sulle sue strade. In qualche modo si tratta di un ritorno a casa che però non deve, a nostro avviso, screditare la partenza appena vissuta.

Nei giorni albanesi ne abbiamo viste, vissute e sentite di ogni forma e colore. La nota comune è che la gente non sembrasse troppo informata. Ai massaggiatori della UAE Emirates, entrati in un supermarket, è stato chiesto se appartenessero a una squadra di calcio. Altro punto rilevato è stata la scarsa presenza nelle città di cartelloni inneggianti alla grande corsa italiana. Vero anche questo. Le strade al di fuori dei percorsi di gara erano messe maluccio. Il traffico non è affatto abituato a gruppi in allenamento. E i cani randagi sono stati per tutto il tempo una presenza fissa e non sempre ammiccante. Che cosa ci ha dato dunque l’Albania oltre ai milioni di euro che ha versato nelle casse di RCS Sports & Events? E che cosa potrebbe aver lasciato il Giro d’Italia?

Il premier Edi Rama ha visitato il Giro sabato per la crono. Qui un selfie con Vegni (foto Giro d’Italia)
Il premier Edi Rama ha visitato il Giro sabato per la crono. Qui un selfie con Vegni (foto Giro d’Italia)

Parte della scena

E’ stato evidente che da quelle parti il ciclismo non sia lo sport più popolare, come supponiamo che i mondiali in Rwanda attireranno l’attenzione di pochi e saranno soltanto un rumore di fondo per gli altri. Il criterio con cui si individuano i luoghi delle grandi partenze sono sicuramente prima economici e poi forse anche tecnici. E’ quindi un fatto che se l’Albania ha ritenuto di investire per portarsi il Giro a casa, un motivo ce l’aveva ed è emerso dalle parole del premier, appena rieletto.

«Un tempo sarebbe stato impensabile – ha detto Edi Rama nella sua apparizione di sabato – oggi è realtà. Il Giro parla della nostra amicizia con l’Italia, dell’apertura del Paese, della crescita della nostra immagine nel mondo. Da terra dimenticata siamo diventati protagonisti sugli schermi di milioni di persone. Vogliamo essere parte della scena, non per guardare, ma per esserci. Siamo piccoli per superficie, ma non ci mancano il coraggio e la bellezza. Siamo uno Stato europeo a tutti gli effetti».

La promozione

Quasi nessuno fra noi presenti alla grande partenza era mai stato in Albania, mentre siamo piuttosto certi che qualcuno abbia pensato almeno una volta di tornarci. Si tratta di promozione e il grande evento sportivo è la migliore cassa di risonanza. Mentre per il Paese che vuole fortemente entrare in Europa, è importante iniziare a frequentare ciò che in Europa si dà quasi per scontato.

«L’Albania è molto più che spiagge – ha detto ancora Rama – è storia, montagne, vita autentica anche lontano dalla costa. Attraverso il Giro, milioni di telespettatori scopriranno un Paese spesso giudicato superficialmente. E credo che ne rimarranno sorpresi. Oggi abbiamo atleti che gareggiano con dignità in discipline che prima neanche si nominavano. Il successo non è più un’eccezione, ma sta diventando parte della nostra normalità».

E’ un fatto che l’Albania stia crescendo, punti ad entrare in Europa e abbia ancora strada da fare. Ha vissuto anni di chiusura al mondo e vi si sta affacciando dovendo offrire parallelamente la necessaria apertura mentale alla sua gente. Semmai c’è da capire in che modo gli albanesi siano stati affiancati nel grande lancio e se nel contratto fosse presente un capitolato con i necessari obblighi legati alla comunicazione e alla cartellonistica.

Oggi il Giro riposa in Puglia, da domani si riparte con Pedersen in rosa
Oggi il Giro riposa in Puglia, da domani si riparte con Pedersen in rosa

I pregiudizi

Il Giro d’Italia ha vissuto in Albania tre giorni di buonissima intensità. La prima vittoria di Pedersen. Poi la crono dei distacchi minimi. Quindi la rosa bis del danese. La corsa ha espresso ottimi standard, per quello che si può esprimere nelle prime tre tappe. Nonostante il traffico pazzesco, non si sono registrate intemperanze da parte degli automobilisti, perché per ogni piccolo incrocio era presente un agente di polizia. Le staffette in moto hanno detto di aver collaborato meglio con la Polizia albanese di quanto accada con quella italiana. Una capretta è entrata in gruppo e un cane ha attraversato la strada, lo abbiamo visto. Allo stesso modo in cui vedemmo il cavallo che corse assieme a Demi Vollering alla Strade Bianche del 2023. E come siamo certi che non tutti i romani fra due settimane sapranno che il traffico sia impazzito per la presenza del Giro d’Italia e se ne staranno buoni agli incroci per vederlo passare.

Insomma, siamo partiti per l’Albania con diversi interrogativi e ne siamo tornati con punti di vista diametralmente opposti. Le persone con cui ne abbiamo parlato nei giorni scorsi si sono dette stupite per la bellezza dei luoghi mostrati dalle dirette. A conferma che il pregiudizio sia soprattutto figlio dell’arroganza che poggia a sua volta sulla non conoscenza. Mentre a volte mostrare un po’ di curiosità sia un esercizio che rende più ricchi.

Sono otto le nuove colorazioni Project One Chroma di Trek

12.05.2025
3 min
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Molti ricorderanno quando, alla vigilia del Tour de France del 2023, Trek presentò un innovativo sistema di verniciatura chiamato Project One. Al cliente finale veniva data la possibilità di scegliere tra una infinita varietà di colorazioni differenti rispetto a quelle presenti fino ad allora a catalogo. Diventava così possibile realizzare una bici dalla livrea unica, totalmente personalizzata. A fare simbolicamente da testimonial al progetto la prima maglia rosa del Giro d’Italia 2025, scattato pochi giorni fa dall’Albania, il danese Mads Pedersen. La Trek Madone dell’ex campione del mondo venne infatti realizzata attraverso uno schema di verniciatura chiamato “Chroma Ultra-Iridescent”.

Queste sono le otto nuove colorazioni con le quali Trek ha arricchito al serie Project One Chroma
Queste sono le otto nuove colorazioni con le quali Trek ha arricchito al serie Project One Chroma

Otto nuovi colori

In occasione della partenza del Giro d’Italia 2025, Trek ha deciso di arricchire la serie Project One CHROMA con otto nuovi colori, che l’azienda di Waterloo ha definito “entusiasmanti”. Ecco i loro nomi: Mirror, Gold, Ivy, Pink, Root Beer, Ruby, Sapphire e Violet. Un tempo proposta solo ai ciclisti professionisti dell’attuale team Lidl-Trek, CHROMA è diventata rapidamente una delle verniciature più richieste nel programma di personalizzazione Project One.

I dettagli mostrano la particolarità della verniciatura e la cura nel processo di cromatura, rinnovato rispetto al passato
I dettagli mostrano la particolarità della verniciatura e la cura nel processo di cromatura, rinnovato rispetto al passato

Omaggio al passato

CHROMA rende omaggio alle colorazioni metalliche presenti sui telai delle biciclette degli anni ottanta e novanta. A differenza del processo di cromatura utilizzato decenni fa, gli artisti di Project One hanno impiegato quasi cinque anni per personalizzare questa tecnica davvero complessa. Non solo volevano ottenere questa finitura utilizzando un processo molto più pulito rispetto alle biciclette cromate del passato, ma avevano anche necessità di trovare un modo per far aderire il look brillante alla fibra di carbonio.
l team Project One ha dovuto infatti affrontare la sfida legata alla creazione di una finitura cromata in grado di aderire alla fibra di carbonio e sviluppata con processi molto più puliti rispetto a quelli delle bici cromate del passato, che spesso richiedevano il ricorso a materiali tossici.

Dopo anni di tentativi ed errori, CHROMA ha finalmente fatto il suo debutto al Tour de France, finendo subito sotto i riflettori dei media di settore e attirando l’attenzione degli appassionati del brand americano sparsi in tutto il mondo. Con l’aggiunta di otto nuovissimi colori alla famiglia CHROMA, i clienti hanno ora più opzioni tra le quali poter scegliere. Le nuove colorazioni sono attualmente disponibili in esclusiva sulla Madone SLR Gen.8 tramite Project One. Gli appassionati italiani di Trek possono ora personalizzare la bicicletta dei loro sogni presso i rivenditori del brand americano dislocati su tutto il territorio nazionale.

Trek

Il Giro dei giovani: la lotta per la maglia bianca e non solo

12.05.2025
5 min
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Il Giro d’Italia è ufficialmente iniziato e le prime tappe albanesi hanno assegnato le varie maglie ai rispettivi, anche se momentanei, padroni. La Corsa Rosa, con le sue ventuno tappe, è lunga e ogni giorno tutto può cambiare. Dobbiamo attenderci passaggi di mano ed eventuali ribaltamenti. Della lotta al simbolo del primato, la maglia rosa, abbiamo parlato tanto. Ma tra le varie classifiche ce n’è una che apre uno spiraglio sul futuro e il presente di questa corsa: quella del miglior giovane. Il simbolo del primato è la classica maglia bianca, quest’anno sponsorizzata da ConadLa classifica riservata ai giovani è aperta a tutti i corridori under 25, quindi nati dal 2000 in avanti.

Sono quarantasei gli atleti che rientrano in questo criterio, ma non tutti per caratteristiche tecniche e ruoli in squadra saranno alla caccia del simbolo del primato a loro riservato. 

Tiberi ha vinto la maglia bianca nel 2024, l’ha presa alla tappa numero 11 e l’ha portata fino a Roma
Tiberi ha vinto la maglia bianca nel 2024, l’ha presa alla tappa numero 11 e l’ha portata fino a Roma

Corsa a due?

Per provare a capire chi tra i giovani possa lottare per questa speciale maglia, indossata in passato da corridori come Aru, Quintana, Richie Porte e Bernal, abbiamo chiesto aiuto a Marino Amadori. Il cittì della nazionale under 23 ha visto in azione tutti i pretendenti alla maglia bianca 2025 e ha le idee chiare sui favoriti. 

«Intanto segnerei il nome di chi l’ha indossata a Roma lo scorso anno – dice Amadori – ovvero Antonio Tiberi. E’ stato il primo italiano, a distanza di nove anni da Fabio Aru, a trovare di nuovo la vetta di questa speciale classifica. Per il resto c’è tanta qualità, anche da parte dei corridori stranieri. Uno su tutti direi che è Juan Ayuso, lo spagnolo è venuto qui per vincere il Giro quindi rientra di diritto tra i pretendenti alla maglia bianca. In effetti, per forza di cose, la classifica dei giovani va di pari passo con quella generale».

Giovani e leader

Il ragionamento del cittì azzurro non fa una piega. La maglia bianca era stata inserita nei Grandi Giri per dare rilevanza e un segno distintivo ai giovani in grado di combattere insieme ai grandi. Nelle ultime stagioni però è successo che i giovani arrivano nel professionismo pronti a fare bene. Lo si è visto al Tour de France con Tadej Pogacar, capace di vincere la maglia bianca per quattro anni di fila abbinando in due occasioni la vittoria della classifica generale. Insieme allo sloveno hanno contribuito a riscrivere questa regola anche Remco Evenepoel e proprio lo stesso Juan Ayuso. Il belga e lo spagnolo hanno vinto la classifica riservata ai giovani alla Vuelta Espana rispettivamente nel 2022 e nel 2023. 

«E’ chiaro che la lotta per la maglia bianca – spiega il cittì Amadori – è riservata a quei ragazzi le cui squadre lasciano campo libero. In questo Giro d’Italia di leader dichiarati che hanno meno di venticinque anni sono pochi, oltre a Tiberi e Ayuso mi viene in mente Piganzoli. Questi sono i tre che metterei su un possibile podio riservato ai giovani, esattamente nell’ordine elencato. Ayuso lo vedo favorito addirittura per la maglia rosa finale, ha una squadra forte che sa come correre sulle tre settimane. Anche nel suo passaggio tra gli under 23, seppur breve, aveva mostrato qualità incredibili. Lo stesso ha fatto Tiberi quando era alla Colpack. In corsa si vedeva un divario netto con gli altri. Entrambi sono forti in ogni aspetto, Ayuso dalla sua ha anche una grande esplosività. Tiberi invece è un regolarista. Se dovessi fare un paragone lo accosterei a Indurain. 

La prima maglia bianca del Giro d’Italia 2025 è andata a Francesco Busatto, il veneto l’ha indossata al termine della tappa di Tirana
La prima maglia bianca del Giro d’Italia 2025 è andata a Francesco Busatto, il veneto l’ha indossata al termine della tappa di Tirana

Tanti talenti

Il vincitore della maglia bianca probabilmente uscirà da un duello a due tra Ayuso e Tiberi ma i giovani interessanti al via di questo Giro sono diversi e in gradi di fare bene, anche solo per una tappa o per mostrare le loro qualità accanto ai capitani. 

«Poi se allarghiamo il discorso ai giovani in grado di competere e fare bene nel corso dell’intero Giro d’Italia – conclude Amadori – me ne vengono in mente tanti. Uno su tutti è Pellizzari, un predestinato nelle corse a tappe. Il solo fatto di essersi conquistato un posto al Giro, che non era nei programmi iniziali, gli fa onore. Sarà al servizio di Roglic, vero, ma la sua forza non si discute. Tra gli altri giovani interessanti inserirei Garofoli e Marcellusi. La UAE ha elementi forti come Del Toro e Baroncini, ma correranno tutti in appoggio ad Ayuso, sarà difficile che trovino spazio per emergere».

Pedersen saluta l’Albania e sbarca con la rosa in Italia

11.05.2025
6 min
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VALONA (Albania) – Puoi studiare tutte le altimetrie che vuoi, ma quando poi devi portarci sopra il tuo peso e la tua fatica, non sempre i piani ben congegnati riescono alla perfezione, come invece è andata oggi alla Lidl-Trek. Ma se la prima tappa di questo Giro d’Italia era stata un’esecuzione persino elementare, vincere la terza e riprendere la maglia rosa con Pedersen è costato una fatica molto meno banale. Ammesso che la fatica lo sia mai.

«E’ stato un giorno molto duro sulla bici – ha detto il danese che dopo l’arrivo è parso commosso – ma per come hanno corso oggi i miei compagni, mi sono sentito obbligato a dare tutto me stesso per vincere la tappa e riprendere la maglia rosa. Ora voglio godermela per più tappe possibili, cercando semmai di vincerne altre».

Lanciato da Vacek, Pedersen ha vinto anche la terza tappa del Giro d’Italia e ripreso la maglia rosa
Lanciato da Vacek, Pedersen ha vinto anche la terza tappa del Giro d’Italia e ripreso la maglia rosa

La forma della vita?

Si conclude a Valona la tre giorni albanese del Giro. Era iniziata in salita, con quel contratto che non si firmava e il ritardo di una presentazione annunciata e poi cancellata. Siamo volati quaggiù con qualche riserva e qualche pregiudizio di troppo, invece abbiamo trovato un Paese che certamente ha tanta strada da fare, ma che vuole fortemente farla. E quando ieri dopo il lavoro ci siamo ritrovati a camminare nel cuore di Tirana per andare a riprendere l’auto parcheggiata a un chilometro dal Quartier Tappa, ci siamo sorpresi per le tante bici, le famiglie e i bambini nei viali del centro. Mentre oggi, su strade meno frequentate, a colpire è stata la natura selvaggia di un posto che meriterebbe di essere scoperto più a fondo. Basti pensare che per tracciare i sentieri sulle montagne alle spalle di Tirana sono stai chiamati gli uomini del CAI e hanno raccontato solo meraviglie.

«Le prime tre tappe del Giro in Albania – ha sottolineato Pedersen – erano perfette per me. E’ stato più facile mostrare quello che so fare. Vi sento dire che sono nella forma della vita, semplicemente penso di essere in una buona condizione, che siamo riusciti a mantenere dalle Classiche fino ad ora. Oggi avevo qualche dubbio, ma siamo riusciti a correre come volevamo. Vacek è stato straordinario, questo ragazzo ha un grande futuro. Farò tutto il possibile perché riesca a vincere una tappa. E’ una macchina, ha lavorato tantissimo per me durante le Classiche. Sono orgoglioso di avere un corridore così al mio fianco».

Il piano di Guercilena

Primoz Roglic ha onorato la maglia rosa. La Red Bull-Bora ha tirato per non lasciar andare la fuga oltre il limite di guardia e offerto un lancio molto gradito alla Lidl-Trek. Per più di metà tappa il team americano ha vivacchiato sulle spalle di Jacopo Mosca che li ha portati tutti a spasso fino alle ultime due salite. A quel punto, mentre davanti si notavano incoraggianti lampi di azzurro con Germani e Tonelli nella prima fuga, poi Fortunato e Garofoli nel contrattacco, la squadra di Luca Guercilena ha inserito il pilota automatico e gestito la salita di Oafa E Llogarase al ritmo migliore per Pedersen. E il danese, che è campione nella testa prima che nelle gambe, ha ceduto soltanto quando davanti hanno mostrato i muscoli Pidcock e pochi altri. Azioni di assaggio e nulla più, perché una salita così lunga e impegnativa a 40 chilometri dal traguardo non autorizza a dire che ci si potesse aspettare di più.

«Avevamo puntato sia la prima sia la terza tappa – racconta Luca Guercilena – ma in questa credevamo un po’ meno, perché la salita era veramente dura. I ragazzi però stanno andando forte e la squadra è molto coesa e questo vuol dire che stiamo lavorando bene. Con Ciccone, che oggi è stato ancora esemplare, continueremo a vivere questo Giro alla giornata e dopo la crono di Pisa faremo un primo punto».

Il solito immenso lavoro di Jacopo Mosco nella prima parte di tappa ha tenuto la Lidl-Trek al coperto
Il solito immenso lavoro di Jacopo Mosco nella prima parte di tappa ha tenuto la Lidl-Trek al coperto

La calma di Ciccone

Il diretto interessato dopo l’arrivo ha ricevuto l’abbraccio della maglia rosa (foto di apertura), poi ha ripreso fiato, ha bevuto e reintegrato i primi zuccheri e poi ha parlato con la solidità che lo contraddistingue da qualche tempo a questa parte. Merito, come dice Guercilena, di sua moglie, ma anche della maturazione atletica e del vivere le corse senza apparente pressione.

«Oggi il piano prevedeva quello che poi abbiamo fatto – ha detto – ma non è stato facile, perché non era una tappa semplice da gestire. Abbiamo fatto un altro grande lavoro, ma sapevamo che Mads avrebbe potuto reggere quella salita. Quando sta bene, in certe tappe si diverte. Ieri non mi è parso tanto dispiaciuto per aver perso la maglia, quanto piuttosto molto motivato a riprendersela».

Il simbolo del primato è stato consegnato a Pedersen da Enrico Della Casa, presidente della UEC
Il simbolo del primato è stato consegnato a Pedersen da Enrico Della Casa, presidente della UEC

Il nuovo ciclismo

Mentre la carovana sta per prendere la via dell’Italia e domani vivrà il primo riposo in Puglia, un’osservazione meritano le volate parallele di Marcellusi e Fiorelli, entrambi corridori del VF Group-Bardiani, finiti all’ottavo e nono posto (anche se il primo è stato poi retrocesso dall’ottava alla 85ª posizione e all’ottavo posto si è ritrovato il compagno). In altri tempi avremmo gridato all’errore e sostenuto che, se si fossero aiutati, avrebbero portato a casa qualcosa di meglio. Oggi probabilmente non è più così e lo diciamo dopo averne parlato a lungo alla partenza di Durazzo con Roberto Damiani.

Il tecnico della Cofidis ha dovuto ammettere che la necessità di fare punti e curare il ranking sta portando anche i direttori sportivi più vincenti, quelli che avrebbero ragionato come nella nostra premessa, a tapparsi il naso e chiedere ai corridori di fare la volata tutti insieme per fare più punti possibile. Al di là della retrocessione di Marcellusi, portare a casa due piazzamenti nei primi 10, essendo consapevoli di non poter vincere, sarebbe stato per la VF Group un bottino interessante.

Lidl-Trek con tubeless da 28 mm: le ragioni della scelta

11.05.2025
6 min
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TIRANA (Albania) – Lo avevamo notato sul camion dei meccanici mentre Ciccone metteva a posto le misure della sua bici, così dopo la prima tappa del Giro siamo tornati in casa Lidl-Trek per fare il punto sulle gomme. Ci aveva colpito la scelta di tenere per l’Albania e poi per le strade bianche di Siena le ruote delle classiche. Così abbiamo chiesto di parlarne con Glen Leven, che per la squadra americana è il responsabile dei materiali. E’ lui a trattare con gli sponsor e a fare il punto con i corridori sulle scelte tecniche. In che modo si scelgono le gomme in questo ciclismo così veloce? E perché corrono solo con tubeless da 28 mm? La sensazione ormai è che l’unica corsa che imponga di cambiare qualcosa sia la Roubaix, ma forse è sbagliato pensare che per il resto tutto rimanga uguale. Ad esempio si lavora sulle pressioni e le sezioni, da quando il tubeless ha riscritto le abitudini e le tecnologie.

«Se guardiamo a 10 anni fa – spiega il lussemburghese che è stato corridore – io usavo i tubolari. Avevo una misura unica, la gonfiavano la mattina prima di partire e tutti avevamo la stessa pressione. Il ciclismo moderno è cambiato. Non guardiamo solo al peso del corridore, guardiamo anche all’aerodinamica, alla resistenza al rotolamento e al peso. La sezione degli pneumatici ha un impatto importante in questo momento, sia in termini di aerodinamica che di resistenza al rotolamento. Gli pneumatici sono la prima parte della bici a colpire il vento. Quindi sono i primi a dover indirizzare il vento nella giusta direzione».

L’uso del tubeless e le pressioni più basse consentono una tenuta di strada superiore. Qui Ciccone nella 1ª tappa
L’uso del tubeless e le pressioni più basse consentono una tenuta di strada superiore. Qui Ciccone nella 1ª tappa
Questo orienta nella scelta degli pneumatici?

Sì, per questo usiamo pneumatici da 28 millimetri sulle nostre ruote. Sono il compromesso migliore fra 28 e 30. Sul piano del rotolamento non c’è una grande differenza, mentre è notevole in termini di aerodinamica. Per questo scegliamo quelli da 28.

Hai parlato di pressioni uguali per tutti 10 anni fa.

E’ chiaro che la direzione intrapresa in passato, con un corridore di 90 chili e uno di 45 “gonfiati” alla stessa pressione, fosse sbagliata e la realtà lo dimostra. Quindi insieme a Pirelli abbiamo fatto molti test negli ultimi anni per personalizzare la pressione in intervalli di 5 chili per ciascun punto di pressione. Questo è il valore ottimale per ottenere il miglior rotolamento e la miglior superficie di appoggio sulla strada per ogni corridore.

Gli atleti non hanno voce in capitolo in queste scelte?

Siamo una squadra aperta, ma ci piace istruire i nostri corridori. Per questo mostriamo loro i dati e tutto quello che ci ha spinto a fare le scelte e difficilmente chiedono cose diverse. Nelle classiche, studiamo il percorso e cerchiamo soluzioni che diano più resistenza alle forature, più comfort e quello che serve. Nelle corse su strada siamo convinti e anche tutti i nostri corridori sono convinti che il 28 sia la miglior opzione.

Le ruote delle classiche con tubeless da 30 mm portate al Giro in previsioni di strade dissestate e per la tappa sterrata di Siena
Le ruote delle classiche con tubeless da 30 mm portate al Giro in previsioni di strade dissestate e per la tappa sterrata di Siena
Il tubeless ha cambiato di tanto le cose?

E’ stato una rivoluzione. Il tubolare era la scelta dei corridori della vecchia generazione e per loro, soprattutto mentalmente, è stato un passaggio difficile passare dalle 8,5 atmosfere alle 5 del tubeless. Ci è voluto un po’ per convincerli ad accettare questa pressione così bassa, ma ora penso che tutti ne siano contenti.

E’ stato difficile convincerli?

E’ stata una sfida. Devi mostrargli i dati. Devi passare del tempo con loro in modo che possano provarlo e convincersene. Non importa cosa fai oggi, è importante cosa farai domani. I ciclisti di nuova generazione sono cresciuti con il tubeless e non torneranno mai al tubolare. Ma con i ciclisti della vecchia generazione, abbiamo avuto molti problemi. Inoltre il tubolare era completamente libero, poteva muoversi in tutte le direzioni, al punto che il copertoncino teneva di più. Tutto questo, messo insieme, ci ha permesso di convincerli.

Che tipo di collaborazione avete con gli sponsor alla luce di tutto questo?

Tra noi e Pirelli per questo c’è un rapporto molto stretto. Ascoltano le nostre esigenze e noi ascoltiamo la loro esperienza, perché ne hanno una notevole nel motociclismo. Sviluppiamo insieme gli pneumatici, in base alle esigenze dei corridori e in questo modo cresciamo entrambi.

Sul camion dei meccanici, oltre alle ruote montate, un cassetto contiene i tubeless di scorta
Sul camion dei meccanici, oltre alle ruote montate, un cassetto contiene i tubeless di scorta
Come è stata fatta la valutazione fra il 28 e il 30?

Li abbiamo testati in galleria del vento, per ottenere il dato più preciso. Li abbiamo testati in velodromo e poi all’aperto con il nostro Aerosensor, dove abbiamo potuto avere il riscontro per l’osservazione più scientifica. Nella galleria del vento, la resistenza ha una sola direzione. Nella vita reale ce ne sono almeno cinque. Da tutto questo, abbiamo concluso che il pneumatico da 28 è migliore di quello da 30 per una sola questione aerodinamica.

Nelle cronometro funziona allo stesso modo o il discorso è diverso?

Le cronometro sono un ciclismo completamente diverso, l’aerodinamica sta arrivando a livelli ancora più estremi. Abbiamo fatto molti test e concluso che anche lì il 28 è la scelta migliore, perché la forma del cerchio è la stessa. La vera differenza rispetto al ciclismo su strada è che, fatta questa valutazione, la bici da crono – il carro e la forcella – è stata sviluppata per pneumatici da 28.

La bici disegnata in base alla misura delle gomme?

Il discorso è davvero globale, non si tratta semplicemente di scegliere quale pneumatico montare. L’opzione più veloce sarebbe comprare un set di ruote standard e montarci uno pneumatico da 28 mm. Ma dipende anche dalla forma del telaio, dagli spazi tra ruota e pneumatico. Per questo serve ragionare sul pacchetto completo.

Nei giorni di Tirana, la Lidl-Trek ha alloggiato in un hotel accanto all’aeroporto, con Ineos e Team Polti
Nei giorni di Tirana, la Lidl-Trek ha alloggiato in un hotel accanto all’aeroporto, con Ineos e Team Polti
Parlavamo di 10 anni fa e quando pioveva, dovevi abbassare la pressione. E’ lo stesso anche adesso, nonostante queste sezioni così grandi?

Sì, è ancora così. Abbassando la pressione aumenta la superficie di contatto, che riduce le possibilità di scivolare. Anche se hai pneumatici più grandi.

Ultima cosa, avete valutato di usare cerchi e pneumatici hookless?

Ne abbiamo testati alcuni in galleria del vento e abbiamo fatto dei test di guida con i piloti. Ma la sicurezza è la prima cosa, soprattutto per noi che siamo un team americano. Quindi la discussione sull’hookless è sempre aperta, può essere un’apertura possibile, ma al momento per noi è fuori discussione.

Crono spaziale, inchino a Tarling e Roglic ritrova la rosa

10.05.2025
6 min
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TIRANA (Albania) – Il solo giorno in cui Primoz Roglic vestì la maglia rosa in corsa fu il 28 maggio del 2023, all’indomani della straordinaria cronoscalata del Monte Lussari, in una delle cornici più belle degli ultimi Giri d’Italia. La vestì nella tappa di Roma e oggi, a distanza di due anni, l’ha riconquistata.

«Ma quella fu una specie di grande festa – sorride – ora è un po’ diverso. Questa, voglio dire, me la godrò e basta. Se vogliono prenderla, va bene. Ma io me la godrò giorno dopo giorno, perché non si sa mai quando sarà l’ultima. E’ come con le vittorie o cose del genere. Quindì sì, voglio proprio godermela».

Il leader della Red Bull-Bora è sereno e sorridente. E non è solo per la conquista del primato, ma per una condizione mentale lontanissima dallo stress con cui viveva le corse prima dell’incidente del 2022. E così nel raccontare la giornata, sembra divertito e insieme contrariato per la conquista. Voleva fare bene la crono e questo avrebbe significato conquistare la maglia rosa, ma al contempo ne avrebbe fatto a meno. C’è un divertente controsenso nel suo raccontarsi e questo lo rende ancora più scompigliato e simpatico.

E’ tornata la maglia rosa.

Sono felice, decisamente. Non lo si pianifica mai davvero. Sogni di averla o di lottare per ottenerla, di averla a casa tua. Quindi sì, sono contento del risultato di oggi e ovviamente della maglia. Però sono venuto per averla a Roma, quindi il cammino è ancora lunghissimo.

Non ti aspettavi di guadagnare così tanto sui rivali diretti?

In realtà volevo semplicemente non perdere troppo, perché non era proprio la cronometro che avrei desiderato o che mi si addiceva di più. Alla fine ho dovuto fare con quello che c’era, per questo sono felice e mi sono divertito molto. Insomma, intendiamoci, correrla è stato piuttosto duro, ma il risultato è bello.

Sulla bici montavi un bel rapportone…

Era un 68×10. Il problema di certi rapporti non è sceglierli e montarli, il problema è la potenza che serve per girarli. E oggi in qualche modo ce l’ho fatta.

Ora ti diranno che è arrivata troppo presto…

Non mi interessa più tanto dei risultati parziali. Mi hanno suggerito di non stressarmi per questi dettagli. Per cui mi basta sapere che sono in salute e che sto bene. Ho fatto una bella cronometro e arrivare così davanti è stato semplicemente una grande sorpresa. Ora ho anche questa maglia rosa ed è più facile perderla che conquistarla, per questo sono contento di averla addosso.

Se dovesse capitare di lasciare la maglia a qualcun altro, eviterai di lasciargli sei minuti come a O’Connor lo scorso anno alla Vuelta?

In quel caso (ride, ndr), qualche minuto in meno sarebbe meglio, no? Vedremo.

Come immagini la tappa di domani con distacchi tanto piccoli?

Immagino una giornata come ieri. C’è una salita difficile, quindi dipende da quanto sarà alto il ritmo. Ovviamente Mads Pedersen è in ottima forma, quindi immagino che sicuramente cercheranno di rimetterlo in testa al Giro.

Tarling ha volato i 13,7 km in 16’07” a 51,003 di media
Tarling ha volato i 13,7 km in 16’07” a 51,003 di media

Il momento di Tarling

Il tempo di notare che Roglic se ne va in giro con due orologi e nel van delle interviste arriva Joshua Tarling, il vincitore di giornata. Per le cronometro lo allena Dario Cioni e alla Ineos Grenadiers quella sottile e mai confessata rivalità con Ganna si è trasformata col tempo in un pungolo reciproco. Solo che mentre Ganna quando vince ha il gusto di raccontare, si scopre che Tarling parla per monosillabi. Forse intimidito dalla giovane età, dato che comunque questo ragazzone che ha piegato i migliori specialisti del Giro ha soltanto 21 anni.

«Prima crono e vittoria – dice – è davvero speciale. Penso che ora abbiamo anche la fiducia necessaria e non vediamo l’ora che arrivi la prossima. E’ un buon modo per iniziare. Posso dire che era l’obiettivo dall’inizio della stagione. Il primo erano le classiche, poi abbiamo fatto uno switch e non vedevamo l’ora di arrivare qui, soprattutto perché il percorso con tutte quelle curve si adattava. Qualcuno l’ha ritenuto pericoloso, ma bastava non prendersi rischi. Invece è stato stressante essere seduto tanto tempo sulla hot seat. Pensavo che Roglic sarebbe stato veloce e ovviamente in cima alla salita lo è stato. Però ha guadagnato più di quanto avrei voluto e aspettare il suo arrivo mi ha logorato».

L’attesa a ben vedere è durata un’eternità. Andando via dal camion delle interviste incrociamo Mads Pedersen e non ha lo sguardo ridente di ieri. C’è da scommettere che domani tenterà di riprendersi la maglia. Al netto di tutto quel che si può dire, le prime due tappe albanesi hanno offerto degli splendidi squarci di ciclismo. Sul fronte della classifica, Ayuso ha guadagnato su Tiberi. Piganzoli ha fatto un’ottima crono e Storer ha ancora la gamba del Tour of the Alps. Van Aert se ne è andato con il morale a pezzi per un 34° posto che ha deluso proprio tutti. Il Giro è appena cominciato, non vediamo l’ora di raccontarvi il resto.