In ammiraglia Decathlon: adrenalina, tattiche e un sogno svanito

16.05.2025
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TAGLIACOZZO – Ed eccoci qui, un anno dopo: prima tappa appenninica e di nuovo sull’ammiraglia della Decathlon AG2R. Ed è sempre una bellissima esperienza, perché essere dentro al Giro d’Italia è una cosa grandissima. A farci da Cicerone stavolta c’era il direttore sportivo, uno dei più esperti del team francese Didier Jannel.

Con il tecnico francese si è parlato molto di tattiche. E tutto sommato, vivendo la corsa da dentro, qualche domanda ce la siamo posta. Perché, ad esempio, la BORA-hansgrohe ha tirato così tanto? Con collegamenti via telefono da e con altre televisioni, il diesse francese aveva saputo che la squadra di Roglic non era interessata alla tappa. «Ma allora perché tira?», obiettava Jannel.

Tattiche in primis

Jens Voigt, ex corridore oggi inviato di Eurosport, è venuto ad intervistare il diesse chiedendogli un parere sulla corsa. E anche al tedesco, Jannel esprimeva i suoi dubbi sull’andamento tattico della corsa. Ovviamente con il suo Nicolas Prodhomme nella fuga sperava in un vantaggio più corposo.

E ancora tattiche e domande: perché Pedersen e compagni hanno aumentato il ritmo al punto da generare anche qualche caduta in discesa?

Forse dalla TV non si è visto, ma nella planata finale il gruppo si era allungato e frastagliato notevolmente. Tra l’altro è al termine della planata stessa che c’è stato un momento spettacolare, che solo stando nella corsa si può vivere.

In quel frangente è stato adrenalinico assistere al rientro in massa dei ragazzi della Groupama-FDJ, tutti in fila per capitan Gaudu. Otto corridori, un treno. Volavano via a 65 all’ora tra ammiraglie, curve, rotatorie, moto… La giuria era piombata su di loro come un falco. L’ultimo vacone ad attendere il treno è stato Lorenzo Germani. Il laziale spianato sulla bici filava che era un bellezza.

Nicolas Prodhomme in fuga con altri 6 atleti. E’ stato tra gli ultimi ad arrendersi a 5 chilometri dal traguardo
Nicolas Prodhomme in fuga con altri 6 atleti. E’ stato tra gli ultimi ad arrendersi a 5 chilometri dal traguardo

Prodhomme in fuga

Appena arrivati questa mattina nel clan della Decathlon-AG2R a Castel di Sangro abbiamo notato subito 14 bici. Loro sono rimasti in sette: perché portarne così tante? Perché sette erano per la corsa e altre sette pronte sui rulli. La partenza infatti era in salita e l’intento della squadra francese era duplice: non far staccare Sam Bennett, il velocista e capitano, e mettere nella fuga Prodhomme. Il ragazzo è stato bravissimo centrando l’obiettivo.

Così, eccoci sul percorso. Siamo partiti una ventina di minuti prima della tappa. Dopo qualche chilometro abbiamo mangiato un gustoso panino preparato da uno chef locale e quando finalmente è partita la fuga siamo entrati anche noi ufficialmente in gara. In questo modo ci siamo ritrovati subito dietro alla fuga, senza dover effettuare manovre pericolose per sorpassare il gruppo. Una pratica ormai consueta.

A quel punto il direttore sportivo ha preso in mano la situazione… e la radio. Indicava con attenzione i punti salienti del percorso: tratti duri, tecnici, insidiosi.

Radio alla mano

Dopo la salita più impegnativa di giornata, cioè Monte Urano (era cattivissima), Jannel ha detto al ragazzo: «Adesso c’è una salita facile, cerca di mangiare, pensa ad alimentarti». Poco dopo, ecco radiocorsa chiamare la nostra ammiraglia. Prodhomme ha chiesto dei gel e una borraccia con 80 grammi di carboidrati.

Il direttore sportivo però restava un po’ sulle spine. Il distacco massimo era arrivato a quattro minuti, ma dietro c’era sempre la BORA a tenere un ritmo sostenuto. Jannel aggiornava costantemente Prodhomme sui distacchi, ma restava incerto sull’andamento tattico.

Tuttavia per un momento, mancavano circa 65 chilometri, è sembrato persino che la fuga potesse riuscire nel suo intento. Il vantaggio tutto sommato era buono, la corsa dietro si era leggermente “addormentata” e il percorso e il vento erano favorevoli.

Jannel voleva tenere alto il morale del suo ragazzo e gli diceva: «Stai attento a Scaroni. Perché Scaroni, lo conosciamo, quest’anno ha vinto il Tour des Alpes-Maritimes, è in forma. Però è anche vero che ieri è caduto». Come a dire, “curalo” ma non spaventarti.

Altro uomo da tenere sott’occhio era Paul Double: «Lui è uno scalatore molto importante. Sai come va e quest’anno ha vinto una tappa alla Coppi e Bartali». E poi ha aggiunto qualcosa che tirava in ballo anche Buitrago ma che non siamo riusciti a capire nel bailamme della corsa.

Il direttore sportivo Didier Jannel, un veterano del gruppo Decathlon-Ag2R
Il direttore sportivo Didier Jannel, un veterano del gruppo Decathlon-Ag2R

La dura realtà…

Lungo l’ultima discesa di giornata, il distacco inizia a crollare. La Lidl-Trek di Ciccione ci mette lo zampino. Tira persino con Pedersen in persona, la maglia rosa. E così, a circa 25 chilometri dall’arrivo, ecco che la giuria, quando il vantaggio era appena superiore al minuto, ferma le ammiraglie che seguivano la fuga. E quindi anche la nostra.

Dobbiamo ammetterlo: un po’ di tristezza è calata in ammiraglia in quel momento. E’ vero, si sapeva che a quel punto i sette ragazzi davanti non sarebbero più arrivati, però la speranza, come si dice, è l’ultima a morire. «Nicò sta bene – aveva detto Jannel – la vittoria al Tour of the Alps gli ha dato convinzione che poteva fare bene qui al Giro e che poteva vincere una tappa. Perché vincere una tappa era e resta il nostro obiettivo».

Una volta finiti dietro al gruppo, i discorsi alla radio sono cambiati radicalmente. Si è tornati a parlare di logistica: come riprendere gli atleti, dove parcheggiare, come radunarsi ai bus che erano a 15 chilometri dall’arrivo. Insomma, come organizzare il rientro in vista della prossima tappa. Che sarà di nuovo molto, molto dura.

Andrea Garosio ancora in gruppo. Da corridore a regolatore…

16.05.2025
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E’ successo tutto molto in fretta, quasi senza volerlo. Quando lo scorso novembre Andrea Garosio ha deciso di smettere con il ciclismo, la stagione era appena finita. L’idea di lasciare c’era da tempo, ma la conferma è arrivata dopo pochi giorni: «Avevo ancora una proposta da una squadra, ma poi non è andata. E ho deciso che era finita».

Dopo un inverno passato con il padre nell’impresa di famiglia e un po’ di indecisione su cosa fare da grande, Garosio è stato chiamato dalla RCS Sport: lo volevano al Giro d’Italia come regolatore. Era un pomeriggio di gennaio e il telefono ha squillato.

Una figura ibrida, a metà fra la direzione e la giuria, che si muove con la moto per garantire sicurezza e fluidità alla corsa. Lo abbiamo intercettato per capire meglio cosa significhi questo nuovo ruolo e cosa si nasconde dietro le quinte della corsa rosa.

Andrea Garosio è stato pro’ per 9 stagioni. Ha chiuso la carriera nel 2024 alla Polti-Kometa
Andrea Garosio è stato pro’ per 9 stagioni. Ha chiuso la carriera nel 2024 alla Polti-Kometa
Andrea, come sei arrivato a fare il regolatore?

Mi hanno chiamato da RCS Sport. Ero a lavoro con mio papà. In quel periodo andavo un po’ con lui perché volevo tenermi la possibilità di restare legato al ciclismo, quindi non mi ero ancora impegnato con nessuno. A casa abbiamo una piccola azienda edilizia. Avevo ricevuto alcune proposte, anche per lavori d’ufficio, ma non avevo deciso. Mi ha chiamato Barbin e mi ha detto che avrebbero voluto parlarmi. Quasi non ci credevo all’inizio. Poi mi hanno convocato, ho parlato direttamente con Mauro Vegni e Luca Papini. Mi hanno spiegato tutto e ho colto al volo l’occasione. In più avevo anche il corso da direttore sportivo di terzo livello. Insomma avevo i requisiti anche per l’UCI.

Quanto il to passato da corridore, fresco ex corridore, ti ha aiutato per fare il regolatore?

Molto. Aver corso tanti anni aiuta: conosci le dinamiche, capisci la corsa. Quando vedi il profilo della tappa sai già che tipo di giornata sarà. Poi durante la corsa, essendo vicino al gruppo, sai se stanno accelerando, se c’è vento, se è un momento di stress. In discesa, per esempio, sai se conviene allungare un attimo per dare spazio, oppure se puoi stare più vicino. Insomma, sei in mezzo alla corsa. Ti muovi come un corridore, anche se sei in moto. Capisci le intenzioni del gruppo e ti adatti.

Ma concretamente, cosa fa un regolatore?

Regola tutto quello che riguarda i mezzi in corsa. Dalla gestione dei fotografi, che devono sapere quando possono avvicinarsi ai corridori, alla sicurezza degli atleti che si staccano, posizionando le staffette o la polizia per ogni gruppetto. Poi se c’è un ostacolo a terra che non è stato segnalato, puoi metterti davanti al gruppo e indicare la direzione. Quando c’è una caduta, devi far defluire il traffico, assicurarti che arrivino i medici e l’ambulanza. Se c’è un rientro dopo una foratura o un incidente meccanico, devi gestirlo. Sono tante piccole cose che non si vedono, ma fanno parte del lavoro quotidiano.

Ieri un bel da fare per Garosio e colleghi nelle fasi della neutralizzazione…
Ieri un bel da fare per Garosio e colleghi nelle fasi della neutralizzazione…
A livello tecnico, con quante radio sei collegato?

Due. Una è quella nostra, interna alla direzione. L’altra è il radiocorsa, quella di tutti: ammiraglie, direzione, giuria. Noi della direzione abbiamo un canale nostro in cui ci coordiniamo su tutto: eventuali pericoli, decisioni da prendere, posizionamenti.

C’è stato un momento difficile, oltre alla maxi caduta di ieri che però con la neutralizzazione tutto sommato è stata poi “facile”?

Il circuito di Lecce per esempio. C’erano due strettoie e l’ho segnalato subito, ero davanti e ho sentito anche le lamentele. Se fossi stato ancora un corridore, avrei pensato che fosse un punto pericoloso, invece da regolatore lo valuti diversamente. Per me il circuito era bello. Le strettoie c’erano, ma non erano impossibili da affrontare.

E’ più complicato stare davanti o dietro al gruppo?

Davanti è più complicato per l’attenzione. Devi essere preciso, non intralciare, leggere bene la discesa. C’è un lavoro più attivo. Chi scatta e chi chiude. Dietro invece c’è più da fare in generale, perché se qualcuno si stacca lo devi seguire, mettere in sicurezza. Ma se non ci sono corridori staccati, dietro è più tranquillo. Davanti hai più responsabilità, soprattutto nei momenti chiave.

Quando sei dietro però, i corridori non ci sono più…

Solo se non si staccano. Se invece ci sono corridori in difficoltà, devi seguirli, assicurarti che ci siano le staffette, vedere se rientrano. Però è più semplice da gestire: sono pochi, li conosci, sanno come muoversi. Davanti invece hai la responsabilità di non intralciare nessuno, di vedere tutto prima che accada.

Dalla tv non si vede ma in corsa c’è sempre un bel caos di mezzi al seguito. Il regolatore come Garosio ha il compito di gestire questo traffico
Dalla tv non si vede ma in corsa c’è sempre un bel caos di mezzi al seguito. Il regolatore come Garosio ha il compito di gestire questo traffico
Andrea da ex corridore: chi ti ha impressionato sin qui?

Sicuramente Pedersen. E’ fortissimo e mi ha stupito soprattutto nella crono di Tirana. Incredibile davvero. Poi vedo molto bene Roglic: mi sembra in forma. Ayuso invece si sta nascondendo tanto. Entrambi però hanno squadre fortissime. Sarà una bella sfida fino alla fine.

Il tuo ex compagno Piganzoli?

Ci ho parlato in questi giorni con “Piga”, lo vedo tranquillo. Secondo me ha preso tanta fiducia lo scorso anno dopo il Giro dell’Emilia dell’anno scorso. Ha valori buoni, va forte, gli auguro davvero di fare un bel Giro. Siamo amici, siamo stati compagni di camera tante volte, lo conosco bene. Anche Pellizzari mi ha sorpreso, soprattutto nella crono. Non era una prova semplice: strade larghe, ritmi alti, eppure è andato forte. Lui però ha un capitano importante (Roglic, ndr)… vedremo. Ma se va forte a crono, vuol dire che sta bene.

Speriamo bene per entrambi: due italiani davanti fanno bene a tutto il movimento…

Assolutamente. E io tifo per loro. Li conosco entrambi, anche se con Piga ho più confidenza visto che spesso è stato anche mio compagno di stanza. Sono ragazzi giovani, motivati, stanno bene. Spero vivamente che riescano a lasciare il segno.

Il Giro sul Mortirolo senza Recta Contador, ma la salita ci aspetta

16.05.2025
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Alla fine si è deciso di non farla. Il Giro d’Italia avrebbe dovuto scalare un Mortirolo inedito, quello che in Valtellina e fra gli organizzatori è stato ribattezzato come la “Recta Contador”. Era tutto pronto. Le autorità hanno lavorato nei tempi prestabiliti, sistemando il fondo stradale. Quando abbiamo parlato alla vigilia del Giro, Garzelli lo aveva appena provato, stupito per la sede stradale molto stretta, che avrebbe previsto il divieto al pubblico. Invece c’è stato appena il tempo di rientrare in Italia e Mauro Vegni ha deciso di non correre rischi. Nessuna squadra conosce quel tratto e il Giro d’Italia scalerà il Mortirolo senza deviazioni.

Gigi Negri è il motore del turismo in Valtellina: il cicloturismo è il cuore dell’estate
Gigi Negri è il motore del turismo in Valtellina: il cicloturismo è il cuore dell’estate

Un altro Mortirolo

Lo racconta Gigi Negri, riferimento del ciclismo in Valtellina, che ha aspettato il Giro nei giorni pugliesi ed ha avuto modo di confrontarsi sul tema con il patron della corsa. Nella sua voce c’è un po’ di rammarico, ma anche la soddisfazione perché nella prossima estate i cicloturisti potranno scalare il Mortirolo da un versante inedito. Soprattutto nei giorni di Enjoy Stelvio Valtellina in cui a rotazione i grandi passi di lassù saranno riservati alle bici. E questo stimola la curiosità e la competizione che anima i conquistatori delle grandi salite.

«Ho parlato con Mauro – spiega – e la conferma è che per quest’anno non si fa la Recta Contador. Bisogna dirlo chiaramente. I lavori sono stati ultimati a fine aprile, perché lì in alto c’era la neve. Il fatto che le squadre non abbiano potuto provare una salita molto impegnativa che cambierebbe la storia della tappa lo ha spinto a decidere per il no. Ha pensato che se poi ci fosse un problema, verrebbe fuori un putiferio. Avrebbe dovuto fare una riunione, oltre che con le squadre, anche con l’UCI e alla fine ha preferito non rischiare. In ogni caso, in quel tornante a destra, metteremo una gigantografia di Contador con tanto di indicazione per la variante».

Al bivio del Mortirolo, una gigantografia indicherà la Recta Contador
Al bivio del Mortirolo, una gigantografia indicherà la Recta Contador

Lo sbaglio di Alberto

Il Giro volterà a destra, Contador andò dritto. La storia è ghiotta da conoscere ed è proprio Negri a ricordarla. Il suo racconto ci aveva incuriosito già qualche tempo fa, ma lo avevamo tenuto in caldo aspettando il Giro.

«Era l’anno 2014 – racconta – e facevamo il Contador Day. Si scalavano Gavia e Mortirolo, che l’anno prima si era affrontato da Mazzo. Quell’anno, per dargli la giusta visibilità, si era deciso di salire dal lato della Valcamonica, quindi da Monno. Io sono un valtellinese convinto che i nostri passi uniscono e non dividono, per cui ogni anno si cercava di fare un versante diverso. Nel 2014 partimmo da Aprica e Alberto si mise in movimento con il gruppo alle spalle. Si scendeva verso Edolo, fino al bivio per Monno. Cominciò la salita. Solo che a un certo punto, appena usciti dall’abitato di Monno, dove c’è il mega tornante, lui cosa fa? Mette giù la testa e parte, ma non fa il tornante e va dritto in una stradina stretta».

Alberto Contador nel 2014 tracciò la linea della Recta Contador: quell’anno vinse la Vuelta
Alberto Contador nel 2014 tracciò la linea della Recta Contador: quell’anno vinse la Vuelta

La Recta Contador

Negri è alle spalle nell’auto con Angelo Zomegnan, che in quegli anni era il direttore del Giro d’Italia, dopo essere stato il vicedirettore della Gazzetta dello Sport. I due si accorgono dello sbaglio di percorso, ma non c’è modo di fermare lo spagnolo.

«Chiaramente in quel periodo Contador era ancora professionista – prosegue Negri – e faceva quel giro anche per allenamento. Quindi non fece il tornante e si infilò in questa strada che tagliava dritta. Saliva a testa bassa sull’asfalto che non era perfetto. E così, non potendo fare altro, decidemmo di andare in cima, salendo dal versante… ufficiale. Lo trovammo in cima al Mortirolo. Si era fermato al rifugio per cambiarsi e io gli dissi: “Ma Alberto, hai sbagliato!”. Invece lui era molto soddisfatto e disse: “Nessuno sbaglio, d’ora in poi questa sarà la Recta Contador”. Era soddisfatto di aver fatto una cosa inedita. E da lì quel tratto ha preso il suo nome».

Una sfida per l’estate

La Recta Contador probabilmente verrà inquadrata dalle telecamere nella 17ª tappa che il 28 maggio porterà il gruppo da San Michele all’Adige a Bormio. E in attesa che un domani anche i professionisti ne accettino la sfida, rimarrà terreno di conquista per i cicloturisti che dall’estate inizieranno a sfidare i giganti della Valtellina.

«E io – sottolinea Luigi Negri – devo ringraziare il sindaco di Monno e tutte le Istituzioni perché hanno speso veramente tanti soldi per metterla a posto. Sicuramente è un percorso nuovo per raggiungere il Mortirolo. Sono 2,9 chilometri che arricchiscono la nostra offerta turistica. Poi abbiamo saputo che Contador non sarebbe potuto venire per altri impegni con Eurosport, per cui ce ne siamo fatti una ragione. Soprattutto perché non sarebbe giusto giocare con la sicurezza dei corridori».

Il ragionamento è giustissimo. Gli stringiamo la mano chiedendoci come facessero negli anni in cui non esisteva VeloViewer e la pratica delle ricognizioni sui percorsi era sconosciuta o poco frequentata. E quando ai direttori sportivi, quelli più bravi, bastava una buona altimetria per guidare i corridori. Ma i tempi cambiano, giusto così. La Recta Contador noi l’abbiamo fatta casualmente in auto una volta che scalando il Mortirolo ci rendemmo conto che così avremmo guadagnato qualche chilometro. Ma in bicicletta state attenti: la pendenza è davvero degna del miglior Alberto Contador.

Il caos di Napoli, ma da domani si sale. Vero “Martino”?

15.05.2025
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«Oggi la parola simbolo è solo una: sfortuna. Già che piove a Napoli è sfortuna. Ma ancora di più perché quando piove da quelle parti le strade diventano impraticabili». Giuseppe Martinelli va dritto al sodo, come sempre, come nel suo DNA. Il tecnico bresciano è al suo primo non-Giro, ma le tappe le guarda con la solita passione, ogni giorno.

La cronaca di oggi è breve. Inizia a piovere quando il gruppo entra nella zona della pianura prima di affacciarsi sulla costa tirrenica. Una pinzata, una mezza “svirgolata”, e va giù mezzo gruppo. Corsa neutralizzata… come da regolamento.

Le ambulanze, oltre a non poter passare, non possono assistere tutti. Si riparte, ma senza classifica: in palio solo la vittoria di tappa. E la tappa è andata a Kaden Groves della Alpecin-Deceuninck, uno dei migliori sprinter di questo Giro d’Italia finora.

Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
Giuseppe Martinelli, per 15 anni è stato il direttore sportivo dell’Astana
E quindi Martino, la tappa di oggi è stata decisa da pioggia e buonsenso…

Credetemi, giusto ieri sera avevo parlato con Shefer, perché ho ancora buoni rapporti con un po’ tutti, e la prima cosa che mi ha detto è stata: «Guarda Martino, se domani piove è il solito casino di Napoli. Le strade sono queste qua: piove poco e come viene giù un po’ d’acqua diventano sdrucciolevoli». Ed è successo. E succederà ancora.

E infatti tutto sommato non ci sono state neanche polemiche. Team, giuria, organizzatori, corridori erano allineati…

In questi casi, qualunque decisione tu prenda, a qualcuno non va bene e a qualcuno sì. Però era la soluzione migliore. Si è visto pure con Landa: guarda che è successo, si è fatto male subito un big al primo giorno. Rischiare così di rovinare uno spettacolo come il Giro quando mancano tre settimane non ha senso. E comunque la volata c’è stata, e non sarebbe stata molto diversa da quella che abbiamo visto.

E allora, Martino, è già tempo di guardare a domani, alla Castel di Sangro-Marsia, e alle prime vere salite: si va sopra i 1.000 metri di quota: tre GPM e arrivo in salita. Come si diceva una volta: “Domani inizia il Giro”. E’ così?

Diciamo che domani è il primo giorno in cui si può capire qualcosa di più di questo Giro. Okay, Pedersen ha dimostrato di essere il più forte da un po’ di tempo. Non dimentichiamoci che è andato fortissimo nelle classiche, fortissimo a inizio stagione, e tutto quello che ha fatto se l’è meritato. Devo dire che mi aspettavo un po’ di più in generale dall’Albania. C’erano due tappe dove si poteva fare qualcosa di più. Però probabilmente, sai, anche i corridori ogni tanto usano la testa.

La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
La direzione di gara ferma la corsa. Neutralizzazione e ripartenza verso Napoli (ma senza tempo)
Cioè?

Sanno che il Giro è lungo, che si deciderà nell’ultima settimana. Domani vediamo chi ha veramente le gambe per fare qualcosa e chi invece non le ha.

Da chi ti aspetti qualche movimento? Ci dicono di un Ayuso taciturno, che si nasconde… Magari domani vorrà farsi vedere per recuperare quei secondi persi a crono?

Io credo di no. Se è bravo, sta ancora lì, perché Roglic in questo momento va forte e tra gli uomini di classifica mi sembra quello più in palla. Ayuso l’ho visto bene, ma non benissimo come pensavo. In quella cronometro non è andato come mi aspettavo. Ed era una crono adatta a lui: c’era salita, c’era discesa, e lui sa guidare. Perciò credevo arrivasse un po’ più avanti. Io credo che domani si difenderà. E poi speriamo bene per i nostri italiani!

Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Paleni e Van der Hoorn: i due fuggitivi di giornata sono entrati in testa a Napoli, ma poi il gruppo li ha ripresi a -2,5 km
Ti riferisci a Tiberi?

Secondo me, Tiberi ha una squadra a completa disposizione, e spero che domani, anche se non succederanno grandi cose, alla fine vedrai che qualche indicazione ci sarà. Non credo ci saranno distacchi grandi, ma si capirà chi il Giro lo può anche non vincere. Ci potrebbe essere, non so, un Carapaz che ha voglia di rischiare. Un Bernal che, se sta bene, ci prova. Ecco, mi aspetto più qualcosa dalle seconde linee.

Noi invece abbiamo due nomi sulla bocca. Il primo è Ciccone: sta bene, corre in Abruzzo e sappiamo che è uno focoso. Se si trova lì davanti, una stoccata la prova?

All’inizio del Giro, nelle mie considerazioni, pensavo che lui non puntasse alla classifica. Pensavo che Giulio provasse a vincere un paio di tappe fatte bene. E una di queste poteva essere quella di domani. Ciccone la gamba ce l’ha, perché quello che ha fatto in Albania e in questi giorni, anche ieri in finale, lo dimostra. Ha però la maglia rosa in casa. Anche se dovrebbe lasciarla. Pedersen gli darà via libera, suppongo.

L’altro nome è quello di Lorenzo Fortunato, che tra l’altro hai diretto fino a pochi mesi fa. Lui sta bene, ha la maglia blu, esce da un ottimo Romandia. Magari con l’anticipo giusto può veramente arrivare a Marsia…

Lorenzo però è caduto oggi e mi dispiace. Se Fortunato non fosse caduto, poteva essere sicuramente un uomo da giocarsi domani. Bisogna vedere cosa si è fatto, perché dopo l’arrivo l’ho visto incerottato. Però ha la maglia del GPM, ci tiene, e la maglia blu tante volte dà quella spinta in più.

Giuseppe, domani è prevista pioggia per le ultime due ore (abbondanti) di corsa. Questo incide sul risultato e sulla tattica?

Se la pioggia arriva nel finale incide un pochino meno. In quel momento i corridori sono entrati in modalità corsa. Perciò non stanno a pensare a mantelline o no. Non è come se piove dal via. Tuttavia, per qualcuno la pioggia incide comunque. C’è chi la paga e chi invece ci si trova bene. Roglic, per esempio, ci è abbastanza abituato. E anche Ciccone col maltempo potrebbe approfittarne. Se la cava. E’ uno che è capace anche di buttarsi nella mischia e magari ribaltare un po’ lo schema della corsa. Sarà una bella tappa… Perché i corridori, che se ne dica, hanno corso abbastanza bene sin qui. Voglio dire, è una settimana che sono in corsa e sono pronti per darsi battaglia nel vero senso della parola.

La tappa di Tagliacozzo apre una quadripletta (al netto del giorno di riposo) insidiosa: coi muri di Castelraimondo, gli sterrati e gli strappi di Siena, e la crono di Lucca…

Non è la fine del mondo, però c’è da stare attenti. In questi tre-quattro giorni qualcuno potrebbe anche pagare qualcosa… a partire da domani, ma anche sui muri marchigiani. E lo stesso vale per Siena. Quell’arrivo non è per tutti: qualche secondo a destra o a sinistra lo puoi lasciare se non sei in giornata. Dai, ci aspetta un bel finale di settimana.

Pinarello torna bicicletta ufficiale della corsa rosa

15.05.2025
3 min
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Pinarello segna il suo ritorno al Giro d’Italia come bicicletta ufficiale della Corsa Rosa, riaffermando il proprio ruolo centrale nella storia e nell’evoluzione del ciclismo. L’edizione in corso del Giro, la numero 108, ha preso il via da Durazzo, in Albania, venerdì 9 maggio, per concludersi tra gli applausi di Roma domenica 1 giugno. Ma sarà la tappa 14, in programma sabato 24 maggio, a rappresentare un momento simbolico e profondamente emozionante. La partenza avverrà da Treviso, città natale del brand, con il Km 0 posizionato davanti alla sede storica di Pinarello.

Questo ritorno sulle strade del Giro non è soltanto un’operazione di visibilità, ma un autentico tributo alla storia e alla passione che animano il marchio fondato da Giovanni Pinarello. Un marchio che ha scritto pagine indelebili del ciclismo mondiale e che, nel 2025, celebra anche il 50° anniversario della prima vittoria in un Grande Giro. Era il 1975 quando Fausto Bertoglio conquistava la maglia rosa proprio in sella a una Pinarello, dando inizio a un’epopea costellata di trionfi.

Nel corso dei decenni, Pinarello ha collezionato 30 vittorie nei Grandi Giri, diventando il produttore di biciclette più vincente della storia. Tra i successi più iconici al Giro d’Italia figurano quelli di Chris Froome (2018), Tao Geoghegan Hart (2020) ed Egan Bernal (2021). Senza dimenticare le due affermazioni consecutive di Miguel Indurain, ambasciatore del brand, nel biennio 1992-1993, e Chioccioli l’anno precedente.

Design e ricerca

Il legame tra Pinarello e il Giro d’Italia va oltre il risultato sportivo: è un vero e proprio patto culturale e identitario con il territorio, con le squadre, con i tifosi. Ogni singola bicicletta firmata Pinarello nasce difatti da una fusione di design all’avanguardia, ingegneria di precisione e una ricerca costante della massima performance, elementi che si riflettono in ogni curva, ogni salita, ogni sprint affrontato lungo il percorso della Corsa Rosa.

«Siamo profondamente orgogliosi di essere di nuovo al fianco del Giro d’Italia come fornitore ufficiale – ha commentato Fausto Pinarello, Presidente dell’azienda – questa corsa è parte del nostro DNA. Abbiamo sempre creduto nell’innovazione al servizio della bellezza, e il Giro rappresenta il palcoscenico perfetto per esprimere questa filosofia. Tornare significa onorare il nostro passato, ma soprattutto guardare al futuro con ambizione».

Con la partecipazione ufficiale al Giro d’Italia 2025, Pinarello rinnova la propria vocazione: essere non solo un produttore di biciclette, ma un autentico simbolo vivente della cultura ciclistica italiana, capace di ispirare atleti, appassionati e nuove generazioni.

Pinarello

Pedersen tris a Matera, ma Zambanini lo ha fatto tremare

14.05.2025
5 min
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Cosa c’è in quell’urlo che lo scuote fino a farlo tremare? Quando Edoardo Zambanini taglia il traguardo di Matera e si accorge di non avercela fatta a passare Pedersen, sente come un terremoto dentro. Gli altri soffiano via quel refolo di vita che gli è rimasto, lui ruggisce contro il vento. C’è il rammarico per essere stato toccato al momento di partire. C’è che se avesse potuto sprintare al centro e non sulle transenne, magari si sarebbe lanciato meglio. E c’è la vittoria che ogni volta sembra vicina e invece all’ultimo istante di nuovo si allontana. Era già arrivato quinto a Valona, in una tappa tutto sommato simile. Di quelle in cui i velocisti normali affondano e restano a galla solo quelli con il motore oversize. Come oggi, a ben vedere.

La Puglia ha accolto il Giro e ora lo vede partire. Ceglie Messapica è un abbraccio immenso. E alle 13,35 il gruppo se ne va
La Puglia ha accolto il Giro e ora lo vede partire. Ceglie Messapica è un abbraccio immenso. E alle 13,35 il gruppo se ne va

Un soffio da Pedersen

Matera è dura come le sue pietre e come ogni stradello che dal fondovalle si arrampica in alto. I velocisti se ne rendono conto salendo Montescaglioso e soltanto un Pedersen formato imperiale poteva resistere a certe strappate. Con le gambe e con il cervello, riuscendo a dosare il fuorigiri della salita per trovarne uno superiore in volata. Eppure Zambanini era lì e per un soffio non lo infilava.

«Oggi ho avuto bellissime sensazioni per tutto il giorno – dice il trentino quando il cuore ha smesso di fargli male – ma in generale questo è un periodo che sto molto bene! Abbiamo lavorato tanto anche con la squadra nei ritiri e piano piano si vedono i risultati. L’obiettivo era di non perdere tempo nella generale, così mi sono messo a disposizione della squadra durante la tappa».

Tre italiani in fuga verso Matera. Sono Davide Bais, Lorenzo Milesi e dietro c’è Giosuè Epis, in maglia Arkea, che si staccherà
Tre italiani in fuga verso Matera. Sono Davide Bais, Lorenzo Milesi e dietro c’è Giosuè Epis, in maglia Arkea, che si staccherà

Tiberi-Caruso, luci diverse

Su quello strappo più duro, giurano di aver visto Tiberi in leggero affanno. Antonio si è un po’ sfilato e probabilmente per un diesel come lui, il finale così esplosivo non era il massimo. Tanto che nella volata, il nono posto se l’è preso Caruso, mentre il capitano è rimasto a centro gruppo.

«Una volta finito il mio lavoro – dice ancora Zambanini – ho tenuto duro sullo strappo. Mi sono trovato un po’ indietro all’ultimo chilometro, proprio perché in precedenza avevo aiutato. Ma siccome stavo bene fisicamente, ho dato tutto fino all’arrivo. Forse sarebbero forse bastati 5-10 metri in più, perché ero davvero vicino. Sono davvero contento di queste sensazioni. Ringrazio il team per la fiducia che mi sta dando, stiamo crescendo insieme!».

Matera offre sempre un colpo d’occhio unico, l’Italia è il solito splendido affresco
Matera offre sempre un colpo d’occhio unico, l’Italia è il solito splendido affresco

Venti chilometri infernali

Questa volta Pedersen ha dovuto stringere i denti più che nei giorni scorsi. Se la tappa di Valona l’avevano scandita tutta loro della Lidl-Trek, questa volta le accelerazioni del UAE Team Emirates e poi quella di Roglic hanno costretto la maglia rosa e i suoi scudieri a correre di rimessa. Vacek lo ha preso per mano, aspettandolo quando Mads si è sfilato e poi lanciandolo in volata con il solito rapportone che ha piegato le gambe di tanti.

«Non ero affatto sicuro di aver vinto – dice la maglia rosa – gli ultimi 20 chilometri sono stati incredibilmente duri. Ho sofferto tantissimo. Dopo l’ultima salita ero un po’ indietro e ho dovuto spendere tante energie per rientrare sulla ruota di Vacek. Per fortuna ne avevo ancora abbastanza per lo sprint finale. Vincere con la maglia rosa è pazzesco. E’ molto più di quanto abbia mai sognato. Che Giro e che squadra ho attorno a me… Domani si va a Napoli, lì ho già vinto (nel 2023, battendo Milan oggi suo compagno, ndr), ma adesso penso a godermi questo successo».

Questa volta Pedersen ha lasciato un pezzetto di vita sul manubrio. Ha vinto, ma è piegato e allo stremo delle forze
Questa volta Pedersen ha lasciato un pezzetto di vita sul manubrio. Ha vinto, ma è piegato e allo stremo delle forze

Onore a Vacek

Dopo l’arrivo si è fermato sulla destra con la testa bassa e il sudore che impregnava la maglia. Ha preso da bere dal frigo del massaggiatore. C’è da scommettere che non abbia neppure guardato il computerino, pensando piuttosto a ritrovare il fiato. Quando è arrivato Ciccone, i due si sono abbracciati. Il copione si ripete, ma forse siamo agli ultimi atti e da venerdì a Tagliacozzo le parti si invertiranno. Sperando che il danese a un certo punto non scelga di andarsene a casa.

«Tre vittorie su cinque tappe – dice ancora Pedersen – è un traguardo incredibile. Volevamo partire forte per prendere la maglia rosa in Albania e accumulare successi oltre a punti utili per la ciclamino. Nel finale, quando Roglic ha accelerato, ho detto a Vacek di seguirlo. E’ in grande condizione e aveva diritto di giocarsi le sue carte nel caso mi fossi staccato. Ha dimostrato di essere forte e intelligente, perché ha abbassato il ritmo permettendomi di rientrare. Il suo lavoro è stato fondamentale e spero che possa avere una chance da qui a fine Giro. Quando mi hanno detto che sarei venuto al Giro, ho accettato, perché è la squadra che decide e la squadra che paga gli stipendi. Ma devo dire che sto davvero vivendo un momento eccezionale».

Manifattura Falomo: il riposo ottimale agli Internazionali di Roma

14.05.2025
4 min
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Mentre è al seguito del Giro d’Italia con la Soudal-Quick Step, Manifattura Falomo, punto di riferimento italiano nel settore del benessere e del sonno di qualità, conferma la sua vocazione allo sport e alla performance partecipando in qualità di “Official Supplier” agli Internazionali BNL d’Italia 2025, il celebre torneo di tennis attualmente in pieno svolgimento che ogni anno richiama a Roma i più grandi nomi del panorama mondiale.

Questa prestigiosa partnership rafforza la presenza del brand nel mondo dello sport professionistico internazionale, sottolineando un impegno che va ben oltre la semplice sponsorizzazione: supportare il recupero fisico degli atleti attraverso soluzioni all’avanguardia pensate per migliorare le performance, notte dopo notte.

In occasione del torneo, Manifattura Falomo ha allestito una Lounge Area esclusiva destinata ai top player maschili e femminili, un’oasi di benessere progettata per favorire il rilassamento muscolare e il riposo tra un match e l’altro. Gli atleti avranno l’opportunità di rigenerarsi su letti dotati di reti motorizzate di ultima generazione e materassi ergonomici, primo fra tutti il rivoluzionario Body Trainer.

Questa iniziativa rappresenta un perfetto connubio tra ricerca tecnologica, design Made in Italy e attenzione alla salute, offrendo ai campioni un’esperienza di comfort superiore, studiata per ottimizzare i tempi di recupero e migliorare il benessere psicofisico.

Manifattura Falomo è partner degli Internazionali di Roma (immagine Facebook Internazionali BNL)
Manifattura Falomo è partner degli Internazionali di Roma (immagine Facebook Internazionali BNL)

Body Trainer: il materasso per gli sportivi

Cuore dell’area di riposo è Body Trainer, un materasso pensato come un vero e proprio Personal Wellness Assistant. Progettato in collaborazione con l’Istituto di Ergonomia di Monaco, Body Trainer integra una struttura innovativa a rulli contrapposti in schiume di nuova generazione, che accompagna naturalmente i movimenti orizzontali del corpo durante il sonno.

Questa tecnologia consente una distribuzione ottimale della pressione, promuove lo stretching notturno della colonna vertebrale e garantisce un risveglio attivo, senza tensioni o rigidità. Lo strato superiore in Feel HD accoglie dolcemente il corpo, riducendo i punti di compressione e favorendo un sonno profondo, rigenerante e completamente privo di interruzioni.

Manifattura Falomo lavora anche con il team Soudal QuickStep e li segue nell’arco di tutto il Giro d’Italia
Manifattura Falomo lavora anche con il team Soudal QuickStep e li segue nell’arco di tutto il Giro d’Italia

Dal tennis al ciclismo

Sebbene la partnership con gli Internazionali di tennis abbia offerto un palcoscenico d’eccezione, la mission di Manifattura Falomo si rivolge anche ad altri ambiti sportivi di alto livello, ciclismo compreso. L’esperienza di chi pratica ciclismo, soprattutto a livello agonistico, impone elevati carichi fisici e una necessità costante di recupero muscolare e posturale.

Proprio per questo, Manifattura Falomo propone soluzioni pensate per chi, come i ciclisti, ha bisogno di un riposo intelligente e calibrato sulle esigenze biomeccaniche del corpo. I materassi e supporti ergonomici della linea sportiva aiutano a prevenire affaticamenti, favoriscono il rilassamento della muscolatura profonda e supportano l’allineamento fisiologico durante le ore notturne.

Il sistema dei materassi di Manifattura Falomo favorisce una corretta posizione della colonna vertebrale
Il sistema dei materassi di Manifattura Falomo favorisce una corretta posizione della colonna vertebrale

Una visione orientata al futuro del benessere

La partecipazione agli Internazionali BNL d’Italia 2025 rappresenta per Manifattura Falomo un nuovo capitolo in un percorso evolutivo orientato alla promozione di una cultura del riposo consapevole. L’obiettivo è ambizioso: trasformare il concetto di dormire in una parte attiva del percorso sportivo e di benessere personale.

Attraverso tecnologie avanzate, materiali innovativi e una visione olistica del recupero fisico, l’azienda friulana continua a sviluppare soluzioni su misura per chi vive lo sport in modo professionale o semplicemente per chi desidera migliorare la propria qualità della vita attraverso un sonno migliore.

Con passione, ricerca e artigianalità 100% italiana, Manifattura Falomo si conferma un partner d’eccellenza per chi punta in alto: nello sport, nel ciclismo e nella vita di ogni giorno.

Manifattura Falomo

Lidl-Trek, arriva Sangalli: debutto in ammiraglia al Giro

14.05.2025
5 min
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In questi giorni Paolo Sangalli è a casa e morde il freno. Da lunedì sarà al Giro d’Italia, il suo primo Giro d’Italia, sull’ammiraglia della Lidl-Trek e a sentirlo parlarne si coglie l’emozione del debutto. Potrebbe sembrare singolare per un tecnico che ha guidato la nazionale per quattro Olimpiadi e quindici mondiali, ma il Giro è speciale e tutto nelle sue parole lo lascia trasparire.

«Quando mi hanno detto che avrei fatto il Giro – racconta – è stato emozionante, perché comunque per un italiano il Giro d’Italia è il Giro d’Italia. Se ci fosse stato in ballo il Tour, avrei scelto comunque il Giro. Poi è stato tutto un avvicinamento. Dopo la Tirreno, ho fatto il Catalunya, poi il Tour of the Alps e il Romandia. In queste gare trovi quelli che faranno la corsa rosa e cominci a vedere le dinamiche delle squadre, che non conoscevo perché arrivo da un ambiente diverso. E questo mi è stato davvero utile per capire, visto che c’è ancora tanto da imparare».

Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek
Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek

Fino agli ultimi mondiali, Paolo Sangalli è stato il cittì delle donne junior ed elite. E’ subentrato all’amico Dino Salvoldi, quando alla fine del 2021 il bergamasco fu spostato agli juniores, mentre alla fine dello scorso anno, si è trovato d’accordo con Luca Guercilena e ha accettato l’ammiraglia della Lidl-Trek. Tutti si aspettavano che lo avessero preso per guidare le donne, invece è stato assegnato alla squadra WorldTour, pur con qualche apparizione nel devo team e con le donne. E ora arriva il Giro d’Italia: se ci fosse la maglia bianca per i tecnici, Sangalli sarebbe pienamente in lotta.

Coma sta andando questo debutto?

Sono molto, molto contento. Sapevo dal di fuori com’era la squadra, ma posso confermare che non c’è nulla lasciato il caso. Ognuno ha un compito preciso e le cose vengono fatte in modo davvero ultra professionale, sono davvero contento.

In che modo cambia il rapporto con gli atleti?

Dal mio punto di vista, che siano uomini o donne, il rapporto è identico. Chiaramente fra uomini e donne ci sono delle sfumature diverse. In nazionale con le junior ero quasi il papà, mentre con le grandi c’era un altro rapporto. Con i professionisti è ancora un’altra cosa. Ho fatto anche la Roubaix con il devo team e si capisce che sono ancora dei ragazzi. In assoluto il bello in questa squadra è la percezione in tutte le situazioni, che si parli di donne, uomini o under 23, che siamo un solo gruppo.

I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
Secondo te hai provato tante situazioni per prendere le misure e fare esperienza?

Secondo me per farmi entrare nella squadra, in modo da avere una visione complessiva. Tanti di questi direttori sportivi e tanti dello staff ci sono dal 2012, da quando è nata la squadra. Si respira un’atmosfera di squadra vera, consolidata. Quindi il fatto di farmi girare in ogni ambito probabilmente serve per farmi entrare in tutte le dinamiche. E vi assicuro che è una buona scelta, perché adesso ho chiaro come funziona tutto.

Serve anche per legare con i vari membri dello staff?

Certamente, anche se in certe situazioni, vedendo Archetti, Adobati e Cerea, mi sembra di essere ancora in nazionale.

Per il tuo passaggio è stato decisivo il buon rapporto con Luca Guercilena?

E’ stata una cosa nata negli anni. La conoscenza reciproca, anche la frequentazione col capo delle performance Josu Larrazabal. E’ stato un insieme di cose, non è che ci siamo trovati un giorno e l’abbiamo deciso. Ci siamo avvicinati piano piano. In più, io avevo nella testa che dopo quattro Olimpiadi e quindici mondiali, fosse arrivato il momento di cambiare. Non perché stessi male, ma perché probabilmente avevo bisogno di stimoli nuovi. Penso di aver dato tanto in nazionale e tanto ho ricevuto. Sapete come lavoravo, tutta la mia giornata era dedicata a quello. Andavo a vedere le gare delle junior, andavo all’estero a vedere le gare delle grandi. Avevo gli stessi rapporti con le squadre delle piccole e le WorldTour. Avevano la stessa importanza.

La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
Ti capita più di sentire le ragazze della nazionale?

Non come prima, ma le seguo. Domenica c’è stata anche una gara delle junior in Francia, che abbiamo sempre corso anche noi, e ho saputo i risultati in tempo reale. Per le donne ho anche un compito di scouting. Quindi sono molto attento e ci tengo un occhio di riguardo.

Come stai vivendo questa prima settimana di Giro vista in televisione? Stai mordendo il freno?

Non vedo l’ora che venga lunedì e sono contento di cosa hanno fatto sinora. C’è un grande campione che è Pedersen, ma finora c’è stata una grande squadra, non c’è ombra di dubbio. Era un obiettivo chiaro per tutti, ci siamo arrivati pronti e lo abbiamo conseguito. Chiaramente Pedersen non porterà la maglia rosa fino a Roma, ma la terrà il più possibile. Abbiamo visto Ciccone aiutare tutti e Mosca davanti dai primi chilometri. Vedere che c’è la squadra è la cosa più bella (purtroppo ieri la Lidl-Trek ha perso Kragh Andersen per frattura nel polso, ndr). Un po’ mordo il freno, darò il cambio a Kim Andersen e ci presenteremo alla seconda settimana belli freschi anche sull’ammiraglia.

A Lecce è tris olandese. Van Uden vince, Bennati commenta

13.05.2025
6 min
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Tre orange ai primi tre posti: Casper Van Uden, Olav Kooij e Maikel Zijlaard. Uno sprint convulso, atipico e nervoso, come il circuito cittadino che lo precedeva. Strettoie (forse sin troppo pronunciate e brusche), curve, rotatorie, curve ancora nel chilometro finale: davvero uno sprint tosto. E tecnico.

Uno sprint che abbiamo voluto commentare con l’aiuto dell’ex cittì, Daniele Bennati: «Io non sono così d’accordo sul fatto che fosse un circuito pericoloso. Sì, c’erano un paio di strettoie importanti, ma siamo in città. Il fatto è che la prima volata di gruppo è sempre molto concitata, c’è molto stress. A vederla da fuori si fa fatica a giudicare».

«Piuttosto -riprende Bennati – penso che sia i corridori che, soprattutto, le ammiraglie non sapessero di quella strettoia decisa, prima del sottopassaggio. Di conseguenza i diesse non l’hanno comunicato. Si è visto proprio da come ci sono arrivati. Tanto è vero che al secondo giro tutto è filato liscio.
E’ un circuito che ho fatto anch’io. Posso dire che c’erano 12 chilometri di asfalto nuovo, perfetto. No, non me la sento di criticare per la pericolosità».

Che bella l’Italia… Oggi la partenza da Alberobello
Che bella l’Italia… Oggi la partenza da Alberobello

Big in allerta

La Alberobello-Lecce scorre più o meno secondo copione. Magari ci si sarebbe aspettati qualche uomo in più a far compagnia a Francisco Muñoz della Polti-VisitMalta e invece il gruppo lo lascia andare al suo destino.

Sono le squadre degli uomini di classifica ad accendere la miccia. Non per vincere, chiaramente, ma per togliersi dai guai. Ci riescono bene i Red Bull-Bora-Hansgrohe, benissimo gli EF Education-EasyPost di Carapaz e in modo sontuoso gli Ineos Grenadiers di Bernal: quanto ci piace vederlo lì davanti. Sarà un protagonista in più per la generale?

Altro momento inatteso: al traguardo volante la giovane UAE Team Emirates con Del Toro e Ayuso cerca di prendere qualche secondo di abbuono, ma incassa il “colpo in contropiede” di Roglic. Lo sloveno, attento, passa terzo e allunga, seppur di soli 2”, sullo spagnolo. Dettagli che però ci dicono quanto ci tengano a questo Giro. Un Giro d’Italia che secondo molti tecnici si deciderà sul filo dei secondi.

Mads Pedersen ha mantenuto la maglia rosa (ora ha a 7″ di vantaggio su Roglic) e anche la maglia ciclamino
Pedersen ha mantenuto la maglia rosa (ora ha a 7″ di vantaggio su Roglic) e anche la maglia ciclamino

Pedersen, ancora un numero

Si decide tutto nel finale e a Lecce succede di tutto. Stavolta la Lidl-Trek non è fortunata. Mads Pedersen resta coinvolto in una caduta e poco dopo Giulio Ciccone ha una noia meccanica. La squadra si divide fra i due capitani. Cicco rientra con l’aiuto dell’immenso Jacopo Mosca, e Pedersen con Houle fa un numero.

Risale con il sangue freddo tipico della gente del Nord. Resta glaciale, non si innervosisce, spreca poche energie. Houle fa a spallate con chiunque e Mads lo segue. Risalgono da dentro il gruppo: chi ha corso sa quanto è difficile. Solo per riprendere la testa si allargano un attimo sull’esterno.

E al chilometro finale la maglia rosa è piazzata in modo perfetto. A nostro avviso a rompergli le uova nel paniere è Kaden Groves. Lo sprint è partito. Siamo agli 800 metri. L’australiano non ha il suo gregario: smette di pedalare. In quel momento cala la velocità e Pedersen resta un filo dietro.

«Ho capito perfettamente a quale momento vi riferite – spiega Bennati – è il corridore della Alpecin-Deceuninck che smette di pedalare e Pedersen viene un po’ chiuso. Magari se la sarebbe potuta giocare meglio fino alla fine. Però è anche vero che sulla carta ci sono sprinter con uno spunto più veloce di lui… almeno in una tappa piatta e facile. Perché poi alla distanza e su percorsi più duri lui è uomo di fondo e automaticamente torna ad essere il più veloce».

Come a dire che questa, al netto dei problemi avuti nel circuito e allo sprint, non era la tappa migliore per l’ex iridato.

La solitudine di Munoz: per lui fuga solitaria di 131 km
La solitudine di Munoz: per lui fuga solitaria di 131 km

Recriminazioni Kooij

E veniamo allo sconfitto: Olav Kooij. Edoardo Affini aveva fatto un ottimo lavoro e, forse, vista la velocità con cui è piombato sull’arrivo, chi ha più da recriminare è proprio Kooij. Van Uden ha toccato i 69,2 chilometri orari. Di certo Kooij ha demolito il muro dei 70.

«L’ho detto anche al Processo alla Tappa – continua Bennati – Affini ha svolto un lavoro esemplare, e Kooij ha sbagliato a non seguirlo. Semmai alla Visma | Lease a Bike è mancato un uomo (Van Aert? ndr), così mi è sembrato. Kooij non è uno sprinter che fa le volate di testa: per me si è spostato e si è lasciato scivolare un filo dietro. Ma ha sbagliato a seguire quell’istinto, in questo caso».

E a proposito dell’uomo in meno: era decisamente Wout Van Aert. Bennati ci aveva visto giusto. Il team manager dei gialloneri, Marc Reef, a fine corsa ha dichiarato che Wout voleva fare l’ultimo uomo, anche per questioni di stress inferiore. Il che ci sta, visto il momento che sta passando il fuoriclasse belga. Ma non ci è riuscito.

«Ha provato più volte, ma poi si è sempre ritrovato indietro – ha detto Reef a Wielerflits – immagino sia frustrato per non essere riuscito a svolgere il suo lavoro, tanto più che lui è un vero uomo squadra e aveva insistito per essere il lead-out».

La tripletta olandese a Lecce: Van Uden, Kooij e Zijlaard
La tripletta olandese a Lecce: Van Uden, Kooij e Zijlaard

Festa Van Uden

I ragazzi della Picnic- PostNL invece non hanno sbagliato nulla. Un lancio esemplare: compatti, veloci.

«Ammetto – continua Bennati – che Van Uden non l’avrei messo tra i superfavoriti per gli sprint. Poi magari vincerà tre tappe e parleremo di un velocista emergente. E’ stato molto bravo. Ha fatto una volata di testa, lunga, e ha mantenuto sempre una velocità molto alta. Nulla da dire».

Ma chi è Casper Van Uden? E’ un giovane olandese del 2001, ex pistard (passato che gli è tornato utile su questo circuito tortuoso), un ragazzone potente.

Lo avevamo visto anche in Turchia. Lì, a dire il vero, non aveva brillato. Ma ci dicevano stesse preparando il Giro d’Italia. Che quelle prestazioni erano figlie di un percorso di avvicinamento ad hoc al suo primo grande Giro. Evidentemente avevano ragione.

E proprio dalla Turchia parte Van Uden: «Non ho vinto da solo – ha detto subito – ha vinto tutta la squadra: i ragazzi che sono qui e tutto lo staff, anche coloro che lavorano in sede. Abbiamo fatto un ottimo lavoro con il treno fin dall’inizio della stagione, così come in Turchia la settimana scorsa, gara che ci è stata utilissima».

Van Uden aveva corso molto fino alle classiche veloci del Nord, fino alla Gand, insomma. Poi aveva salutato tutti e si era allenato sodo, anche se non sempre tutto è filato liscio.

«Ho vinto la prima volata del mio primo grande Giro, ma non credo sia una sorpresa. A volte dovrei credere in me stesso quanto ci credono i miei compagni. Non ho dovuto prendere vento fino ai 200 metri dal traguardo. So di avere una buona volata lunga, quindi ho dato il massimo e ho dato tutto quello che avevo fino al traguardo. Non so cosa riserverà il futuro, ma per ora sono felice di questa vittoria».

Il futuro non si sa cosa dirà, ma certo quei 1.590 watt di picco massimo e 1.280 medi nei 13 secondi di sprint poca cosa non sono!