Il bilancio di Lang, che lavora già al Tour de Pologne di domani

15.08.2025
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WIELICZKA (Polonia) – Terminato uno, ne ha iniziato subito un altro con in mezzo solo un giorno di apparente riposo. A ruota dell’82° Tour de Pologne maschile è scattato subito quello femminile, conclusosi ieri con la vittoria nella generale (e di due delle tre tappe) di Chiara Consonni. Per Czeslaw “Cesare” Lang questa prima metà di agosto è stata dedicata alle sue “creature” (in apertura foto Szymon Gruchalski).

Non è solo il presidente della sua società organizzatrice e il direttore della corsa, Lang è letteralmente un’icona nazionale. Quando si parla con l’ex argento olimpico di Mosca 1980 si viene travolti dalla sua passione per il ciclismo ed il suo Paese, che ha aiutato a far crescere in modo esponenziale negli ultimi decenni. E lui, di conseguenza, è acclamato dagli appassionati.

Quelli del Tour de Pologne diventano innanzitutto giorni di festa, oltre che una gara quasi sempre aperta fino in fondo. Rispetto al passato “Cesare” non pedala più prima delle tappe, ma si tiene in forma come nonno correndo appresso a Carolina, l’ultima nipotina arrivata e figlia di Agata e John Lelangue. Tuttavia fare un bilancio con lui è un passaggio irrinunciabile, perché non ha mai problemi e paure nel parlare.

Chiara Consonni ha conquistato 2 tappe e la generale del recente Tour de Pologne Women davanti a Zanetti e Schweinberger
Chiara Consonni ha conquistato 2 tappe e la generale del recente Tour de Pologne Women davanti a Zanetti e Schweinberger
E’ stato un Tour de Pologne incerto che si è deciso all’ultima tappa.

E’ stato molto interessante. La nostra gara ha questa caratteristica che va a scoprire tanti nuovi talenti. La gara resta aperta per tanti corridori che arrivano da noi con una bella condizione. Le grandi corse a tappe sono dedicate principalmente agli scalatori con squadre che lavorano solo per loro. Da noi invece c’è più libertà, ogni formazione ha più di una soluzione, più di un leader. E si finisce per lavorare per chi sta meglio nelle tappe finali. Grandi corridori come Kwiatkowski, Majka, Vingegaard, Almeida, Sagan, Evenepoel sono passati da noi che non erano ancora i campioni che sono poi diventati.

Bisogna essere bravi quindi a prevedere un certo tipo di corsa?

Avete visto che quest’anno abbiamo disegnato un percorso abbastanza duro in quasi tutte le tappe. Questo è dovuto anche al livello dei corridori che è molto alto. Pertanto devi inserire una cronometro individuale all’ultima tappa per definire la classifica. Però mi ha colpito in particolare un altro aspetto.

Quale?

La cosa che mi è piaciuta di più di questo Tour de Pologne è stato vedere ancora più pubblico sulle strade e nelle piazze di partenza o arrivo. Il doppio rispetto alle ultime edizioni. Al traguardo di Zakopane ad esempio c’è stata davvero tantissima affluenza. Si vede che in Polonia il ciclismo sta crescendo sempre di più.

Quanto di tutto questo è merito di Czeslaw “Cesare” Lang?

Non saprei (sorride, ndr). Quando negli anni ‘80 sono passato pro’ in Italia, qua in Polonia correvano solo contadini che portavano il latte sulla canna della bici per venderlo. Quando ho smesso di correre, sono stato il primo a portare la Mtb nel mio Paese aprendo un negozio in cui vendevo le bici di Ernesto Colnago. Nessuno conosceva quel tipo di bici, ma si sono subito appassionati e hanno iniziato a partecipare a gare di Mtb.

Czeslaw Lang abbraccia Rafal Majka che ha disputato il suo ultimo Tour de Pologne. L’atleta della UAE si ritirerà a fine stagione
Czeslaw Lang abbraccia Rafal Majka che ha disputato il suo ultimo Tour de Pologne. L’atleta della UAE si ritirerà a fine stagione
Senti di essere stato un riferimento anche a livello organizzativo?

Alcuni hanno preso spunto da me per organizzarle e si è creata una bella rete di eventi e organizzatori. Il ciclismo cresce se si fanno gare, anche le più piccole. Penso che questo ora sia un po’ il problema in Italia. Da dilettante ricordo che da voi c’era una corsa in ogni paese per qualsiasi categoria. Adesso le regole per gli organizzatori sono più dure e rigide: farle è un rischio, quindi nessuno vuole impegnarsi più. Una nazione come l’Italia che ama il ciclismo, credo che in generale stia iniziando a soffrire più del dovuto questa situazione di mancanza di gare. E’ come la mancanza di teatro per gli attori, ad iniziare da piccoli per far crescere altri.

Anche il Tour de Pologne Women ci è sembrato che sia cresciuto tanto già rispetto all’anno scorso?

Assolutamente sì. Ci siamo concessi solo un giorno di pausa per i trasferimenti tra la fine della gara maschile e l’inizio della femminile. Tutta la scenografia che si è vista per gli uomini l’abbiamo allestita anche per le donne. Abbiamo avuto due ore di diretta su Eurosport e su un altro canale sportivo polacco. Non poco, senza contare il buon livello qualitativo dei team al via. Quest’anno è stato senza dubbio un grosso sforzo fare i due Tour de Pologne attaccati, però così facendo abbiamo già avuto la conferma della crescita della corsa femminile.

Negli ultimi giorni è stato vostro ospite Francesco Moser. Rivedremo a breve le montagne trentine al Tour de Pologne come nelle prime due frazioni del 2013?

Fra tre anni faremo il centenario della nostra gara, nata appunto nel 1928. Fra tre anni però sarà anche anno olimpico e ne stiamo già parlando anche con la regione Trentino. Sapete che la promozione del territorio attraverso lo sport è molto valida. Prima di fare quelle due tappe dodici anni fa, i turisti polacchi erano al decimo posto in Trentino, ma solo dall’anno successivo i nostri viaggiatori avevano scalato moltissime posizioni. Ora il turismo polacco conosce bene Madonna di Campiglio o Lago di Garda e quei posti sono pieni di nostri connazionali. Conviene a tutti…

Cosa intendi?

Non solo alla regione, ma anche a noi organizzatori che porteremmo così nel disegno della corsa quelle montagne mitiche che in Polonia non abbiamo per la diversa morfologia del territorio. Daremmo qualcosa in più. Le grandi montagne che tutti si aspettano in una gara importante.

Sappiamo che sei sempre stato attento e meticoloso nello scegliere i percorsi delle tappe. Per l’anno prossimo hai già un’idea del tracciato?

Abbiamo l’intenzione di partire dal Mar Baltico, dobbiamo capire se Danzica o Gdynia (ultime apparizioni rispettivamente nel 2014 e 2004). Poi ad esempio ho visto che attorno a Bukowina c’è la possibilità di fare un circuito nuovo di una ventina di chilometri da ripetere 7/8 volte, con un arrivo inedito, quasi da campionato del mondo. Ho già visto le strade e ho tutto in testa. Aspetto ora le richieste delle città che vogliono essere sedi del Pologne poi vedremo. Abbiamo tanto da fare. Mentre gli altri riposeranno, io inizierò a girare per il Paese e trovare il nuovo percorso.

EDITORIALE / Moser, la fatica e i corridori con la valigia

23.06.2025
4 min
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Pare che Robbert De Groot, responsabile tecnico del Visma Lease a Bike Development Team abbia detto chiaramente che se i suoi voti a scuola non saranno sufficienti, Segatta potrà fare a meno di presentarsi al ritiro di dicembre. E così il trentino, che con i libri ha un rapporto faticoso e niente affatto amichevole, dovrà mettersi sotto anche a scuola, rinunciando al suo proposito di abbandonarla.

Un altro italiano finisce all’estero e questa volta senza che sia uno del giro della nazionale. Il reclutamento sta diventando sempre più capillare e profondo e va da sé che quando ti convocano in quel quartier generale così importante, serva tanta follia per dire di no. Segatta è trentino come Moser e un’intervista pubblicata ieri sul Corriere della Sera ha raccontato benissimo quale fosse la molla che in quegli anni spingeva i ragazzi a cercare altre strade. Da quello che diventava prete per non faticare in vigna, a Francesco che riusciva a soffrire sulla bicicletta perché abituato alla ben più dura fatica dei campi. Qual è oggi la molla che spinge i ragazzi a cercare la fortuna su una bici?

Francesco Moser, qui nel suo Maso Villa Warth, è passato dalla fatica dei campi a quella del ciclismo
Francesco Moser, qui nel suo Maso Villa Warth, è passato dalla fatica dei campi a quella del ciclismo

Tutto troppo facile

Ci sono i valori fisici pazzeschi, che fanno dire ai fisiologi che hai un futuro già scritto. C’è l’esuberanza. Ma quando il gioco diventa veramente duro e intorno hai soltanto ragazzi con valori fisici altrettanto pazzeschi, a cosa attingi se dietro non ci sono fame, rabbia, amore, cultura? Immaginare di lasciare la scuola per dedicarsi allo sport, sia pure con il supporto di doti atletiche non indifferenti, è tipico degli adolescenti che scansano gli impegni noiosi per dedicarsi a quelli più eccitanti. Eppure la chiave della maturazione sta anche nella capacità di gestire gli impegni meno stimolanti. Prima il dovere, poi il piacere.

Forse il problema di tanti ragazzi italiani che negli ultimi anni si sono affacciati al professionismo sta proprio nella base che manca, nelle motivazioni e nel fatto che paradossalmente sia diventato tutto troppo facile. Ti misurano il cuore e i polmoni, il trasporto d’ossigeno e la qualità muscolare e decidono che sei pronto. Se madre natura ti ha dato tanto, vai avanti e poi si vedrà. Se madre natura ti ha fatto normale, però magari hai il carattere di un leone, non ti guardano neppure.

Sin dal primo anno da U23, Pellizzari è passato alla VF Group, approdando poi nel WorldTour (foto Filippo Mazzullo)
Sin dal primo anno da U23, Pellizzari è passato alla VF Group, approdando poi nel WorldTour (foto Filippo Mazzullo)

Le scelte e la fretta

Segatta ha accanto dei manager capaci di stilare il giusto elenco delle priorità. E pure la nuova squadra ha fatto capire che dell’istruzione non si possa fare a meno. Altri invece hanno rinunciato agli studi, puntando sul ciclismo senza considerare che un giorno saranno grandi e non avranno necessariamente messo da parte una fortuna. In qualche modo si sta tornando indietro a quando i ragazzi non andavano a scuola per aiutare le famiglie e vedevano nel ciclismo un modo più redditizio di farsi strada, rispetto ai mestieri più umili cui erano dediti.

Oggi la società è ovviamente diversa e pur essendoci tutti i presupposti per finire gli studi e poi dedicarsi allo sport, nel nome della fretta, dei consigli sbagliati e della paura che qualcuno prenda il tuo posto, ci sono ragazzi che mettono da parte il resto. In alcuni casi lo sport resta emancipazione rispetto a un quadro sociale difficile e in quel caso la scelta di investire sull’attività più redditizia resta ingiustificata, ma se non altro è più comprensibile.

Garofoli è stato uno dei primi a battere la via olandese, ma dopo un anno di vita all’estero, ha preferito tornare in Italia
Garofoli è stato uno dei primi a battere la via olandese, ma dopo un anno di vita all’estero, ha preferito tornare in Italia

La contabilità da tenere

Tuttavia quale sarebbe l’alternativa al partire? Quali squadre italiane si erano accorte di Segatta, ad esempio, proponendogli di correre in Italia per il 2026? Quante hanno accolto la proposta di valutarlo? Nella stessa scuderia ci sono stati due casi precedenti di grandi talenti fatti passare per piccole squadre e che poi hanno ottenuto i risultati migliori. Uno è Bernal, passato con Savio. L’altro è Pellizzari, che prima di arrivare nel WorldTour ha fatto un importante… scalo tecnico con Reverberi.

Forse tra le valutazioni da fare dovrebbe essercene una sul quadro d’insieme, che tenga conto della maturità dell’atleta, per scongiurare il rischio che un domani torni indietro, e delle sue necessità di vita. Non tutti sono pronti per partire. E anche se nei fatti non si tratta di vivere all’estero, ma di restare a casa, studiare, allenarsi e raggiungere il team per le gare, quel che si perde è la familiarità con i compagni e la possibilità di allenarsi quotidianamente con loro. La tovaglia è corta. Nel frattempo sarà opportuno tenere la contabilità di quelli che partono e di quelli che tornano, affinché la loro esperienza possa guidare nelle scelte future.

EDITORIALE / La storia del ciclismo e i record che cadranno

14.04.2025
5 min
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BRUXELLES (Belgio) – Si torna a casa dopo la prima parte del Nord ragionando sulla terza Roubaix consecutiva di Van der Poel, 45 anni dopo il record di Moser. E’ passato davvero un tempo lunghissimo e questo dà la misura della eccezionalità del trentino e di come i record del passato non siano soltanto bersagli da luna park. Alle nostre spalle abbiamo campioni eccezionali e sarebbe sbagliato pensare che il nuovo corso così spettacolare li farà dimenticare. E’ vero, ci sono stati passaggi di cui il ciclismo avrebbe fatto a meno, ma prima di quelli c’è stata una storia così ricca ed emozionante con cui Pogacar e Van der Poel dovranno fare a lungo i conti e non è detto che riusciranno a uguagliarla.

Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice
Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice

I record che non cadono

Sembrava scontato che Van der Poel avrebbe vinto il quarto Fiandre, ma ha trovato sulla sua strada il solito Pogacar pazzesco che glielo ha ricacciato in gola. Probabilmente ci riuscirà nei prossimi anni, ma potrebbe anche non accadere mai. Anche Boonen sembrava lanciato verso il poker, ma dopo la terza vittoria trovò sulla sua strada un Cancellara altrettanto pazzesco che in un modo o nell’altro spense la sua voglia di record. E lo stesso Cancellara, giunto al tris, avrebbe potuto fare poker nel 2016, il suo ultimo anno da corridore, ma dovette inchinarsi a Sagan.

Ancora Boonen si è fermato a quota quattro Roubaix, agganciando il fantastico record di Roger De Vlaeminck. Sembrava che sarebbe riuscito a passarlo, in un modo o nell’altro, ma dovette inchinarsi a sua volta a Terpstra, Hayman e Van Avermaet: chi avrebbe potuto immaginarlo? Eppure accadde.

Resiste e resisterà chissà per quanto il record dei cinque Tour, vinti da Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain. Contro quel muro si è fermato Froome e chissà se l’aggancio riuscirà a Pogacar o a Vingegaard. Ci riuscì Armstrong, che arrivò addirittura a quota sette, ma qui il discorso merita un distinguo. Se si accetta che in quegli anni dal 1999 al 2005 tutto il gruppo viveva al pari dell’americano, allora il record resta. Se invece ci fu disparità anche nei confronti dei colleghi, allora il record dei 5 Tour è ancora saldamente al suo posto. I sette successi di Lance esistono di fatto solo nella memoria di chi li ha vissuti. Probabilmente quelli sono gli anni di cui avremmo fatto a meno, ma è inutile piangere sul latte versato. Bene fa il ciclismo ad andare avanti nel segno di altri valori.

Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024
Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024

La saggezza di Pogacar

I record sono fatti per essere battuti, alcuni infatti sono caduti e altri cadranno. Nel 2003 Cipollini ha vinto la 42ª tappa al Giro d’Italia, battendo un primato stabilito da Alfredo Binda nel 1933: giusto 70 anni prima. Lo scorso anno, Cavendish ha battuto con 35 tappe vinte al Tour il record di Merckx stabilito nel 1975: 49 anni prima. I record sono fatti per essere battuti, ma non si deve cadere nella faciloneria di pensare che con essi si cancelli lo spessore di chi li deteneva. Perché Binda nel frattempo, restando nell’ambito del Giro, vinse per 5 volte la classifica generale. E ugualmente limitandoci all’ambito del Tour, Merckx conquistò per 5 volte la maglia gialla.

In questi giorni di prodigiose imprese, che sembrano stratosferiche a noi più… giovani che non abbiamo vissuto gli anni di Merckx e Gimondi, si sente spesso accostare il nome di Pogacar a quello del Cannibale belga. E’ chiaro che nell’era dei facili social, il paragone è ritenuto accettabile, ma siamo certi che lo sia? Tadej potrà anche ricordare la fame di Merckx, ma per raggiungerlo, dovrebbe vincere per 7 volte la Sanremo, altre 4 volte il Giro, altre 2 volte il Tour, altre 2 volte il mondiale. Pogacar è probabilmente più intelligente dei tanti che cercando di appuntargli la stella sul petto e ha sempre rifiutato ogni confronto. Fa bene ed è proprio questa sua modestia a renderlo così amato. Anche perché basta uno starnuto della dea bendata perché le vittorie sfuggano, in anni che non sono mai uguali fra loro.

Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore
Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore

Uno sport di giganti

Vengono in mente anche le parole di Elisa Longo Borghini alla vigilia del Fiandre. Parlando della Milano-Sanremo dedicò un tributo sacrosanto alle ragazze di ieri. Sembra che il ciclismo femminile sia nato con il WorldTour, dimenticando grandi atlete come Jeannie Longo e Fabiana Luperini. Donne capaci di vincere a ripetizione il Tour de France e il Giro d’Italia quando i giorni di corsa erano più di adesso.

Si tende a cadere anche nell’errore di dirsi che le performance di oggi siano così superiori, da annichilire i campioni del passato. Come dire che i soldati di oggi siano più valorosi di quelli che scendevano sul campo di battaglia con il moschetto e la baionetta. In realtà ogni periodo storico ha avuto le sue armi, i suoi valori e le sue tecnologie. I campioni hanno sempre avuto accesso al meglio del loro tempo, anche quando correvano con bici da 15 chili su strade di fango. E grazie a quello che avevano, hanno inscenato i duelli pazzeschi che hanno fatto innamorare generazioni di tifosi, rendendo il ciclismo uno sport di giganti. Ma davvero crediamo che le sfide fra Coppi, Bartali, Anquetil, Magni, Koblet, Gimondi, Merckx, Poulidor, Hinault, Lemond, Fignon, Moser e i campioni che si sono succeduti negli anni fossero meno emozionanti delle attuali?

FMoser, più anime accomunate dall’ibrido

23.10.2023
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Più anime raccolte in una sola bici. La FMoser rappresenta il concetto di ibrido che si divide tra bici tradizionale ed elettrica, tra strada e gravel. Spinta dal Dual Mode System di FSA, il cambio ruota è facile e veloce per poter scegliere ogni giorno la propria strada. L'abbiamo vista all'Italian Bike Festival nelle due versioni, attraverso le parole della Product Manager Ilaria Chiodi

MISANO ADRIATICO – All’Italian Bike Festival i visitatori si sono fermati a scrutarla e dopo uno sguardo attento, ecco che si accorgevano dell’anima nascosta di questa FMoser. Una bici dal doppio utilizzo che si sviluppa sia per il gravel sia per la strada. La bici, nata dalla visione di Francesco Moser e dalla sua esperienza, è infatti un mezzo che in pochi semplici passaggi passa dalla propulsione elettrica all’utilizzo tradizionale. Dietro a questo progetto c’è la solida convinzione che ogni utente che decide di cavalcare una FMoser ha la possibilità di scegliere oltre che la propria strada anche come affrontarla. 

La road è selezionabili in due colorazioni
La road è selezionabili in due colorazioni

Per la strada

Le versioni sul mercato sono due, una stradale e una gravel. Per quanto riguarda quella che ama l’asfalto l’assetto è endurance e il comfort è assicurato anche sulle lunghe distanze. Una bici rigida e reattiva pronta a sfidare salite e discese in qualunque condizione con la possibilità di interpretarle con o senza motore.  

Questo è frutto di geometrie che prevedono un angolo sterzo più aperto e un interasse maggiore, abbinati ad un carro compatto che non ne sacrifica la reattività. Il telaio, ovviamente realizzato in carbonio, si presenta con sezioni ampie e profili che richiamano sapientemente l’aerodinamica. Una scelta intelligente per mascherare gli ingombri della batteria che vengono uniti al beneficio dell’estetica. I colori disponibili in questa versione sono due: iridescente e silver grey.

La versione gravel viene proposta in verde
La versione gravel viene proposta in verde

Per il gravel

Per le FMoser il compromesso non esiste. Così per la versione gravel che dispone delle medesime geometrie della versione road, è stata però aumentata la possibilità del passaggio ruote che arriva fino a 35 mm.  Sostenute ovviamente da ruote adatte al fuoristrada. Le FSA AGX sono infatti, un set di ruote molto affidabili e disponibili per diversi usi, dalle semplici escursioni off-road alle competizioni di ciclocross. Convertibili tubeless ready, coi numerosi vantaggi che ne conseguono: velocità, comfort, aderenza e protezione dalle forature.

Per chi vuole avventurarsi e pedalare senza porsi limiti, la FMoser offre infatti una vasta predisposizione agli accessori per il bikepacking. Dalle viti sul tubo centrale, alla possibilità di mettere borse sotto sella e sul manubrio. Una bici versatile e adatta per immergersi nella natura accompagnati dal verde del telaio che la versione dispone per quanto riguarda questa gamma.

Anima ibrida

Il cuore di questa bici è sicuramente il Dual Mode System.  La doppia ruota viene infatti inclusa in tutti gli allestimenti, permette di passare da muscolare ad assistito in meno di tre minuti. Un’altra peculiarità di questo progetto è il disegno del tubo obliquo a sezione chiusa, con estrazione della batteria appena sopra il movimento centrale. Le sensazioni di guida con la bici senza batteria sono infatti da bici tradizionale, senza nessun tipo di rimpianto o mancanza di ciclistica. Questo è permesso anche dal fantastico peso di 7,5 chilogrammi senza batteria. 

Il motore è FSA HM1 Hub Motor con 42 Nm di coppia. La batteria da 250 Wh è formata da venti celle Samsung, le migliori in commercio con queste caratteristiche. Il torque sensor si trova all’interno della ruota libera. Questo consente in primis di avere linearità nell’assistenza e, in secondo, luogo l’aiuto è bilanciato in base alla forza impressa sui pedali. Affidabilità e durabilità infatti sono garantite anche da questa scelta tecnica. Il tutto con un peso complessivo che rimane sotto i 4 chili

Allestimenti

La FMoser rappresenta una bici con due differenti utilizzi al prezzo di una sola. La gamma gravel si suddivide in due modelli. Gravel Force, con movimento centrale Sram, corona 40T, cambio Sram Force AXS 12 speed XPLR, leve Sram Force eTap, guarnitura Sram Force e cassetta Sram XG 1271 XPLR 10-44T. 

La seconda versione è la Gravel Rival che si differenzia solo per l’allestimento con gruppo Sram Rival AXS 12 speed XPLR. Entrambi i modelli montano cockpit FSA A-Wing Pro AGX. Ruote FSA AGX e pneumatici Vittoria Terreno Dry 700x35c. I prezzi partono da 5.500 euro, consultabili presso la rete di rivenditori autorizzati presente sul sito. 

FMoser

FMoser Gravel, la rivoluzione ibrida non si ferma

04.11.2022
5 min
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Sentieri, avventure, mete inesplorate… FMoser con la sua Gravel è pronta ad abbattere ogni limite per dirigersi verso nuovi orizzonti, fuoristrada e non solo. La bici “2 in 1” che abbiamo già visto e provato in versione road, ora si rifà il vestito e si spinge anche off-road.

Ogni sua caratteristica è conservata, a partire dal motore affidabile e performante firmato FSA, fino alle linee sinuose derivate da accurati studi e dai prestigiosi consigli di Francesco Moser. Proprio così, perché il nome che avvolge i tubi in carbonio è quello dello “Sceriffo” trentino che ha partecipato alle fasi di sviluppo anche di questa versione gravel. 

Muscolare o elettrica

Il suo pregio, derivante dall’incredibile versatilità, rimane l’asso della manica anche in versione gravel. La possibilità infatti di utilizzare la bici come una normale muscolare oppure in versione e-bike determina la sua essenza. 

La vera rivoluzione che fa di questa FMoser un’ibrida on-off, è la modalità muscolare. Partendo da questo assetto si estrae la ruota posteriore. Si inserisce la batteria, nel canale ad “H” che facilita lo scorrimento dei cavi senza impedimenti. Si collegano i cavi in gomma, unendo i connettori. Infine si innesta la ruota con motore nel mozzo in sede e si allaccia il connettore sul carro posteriore che dispone di un click per mantenerlo fisso. Un sistema che nel suo complesso regala sensazioni di affidabilità ed ergonomia nel montaggio. 

L’estrazione della batteria avviene direttamente dal tuo obliquo una volta smontata la ruota
L’estrazione della batteria avviene direttamente dal tuo obliquo una volta smontata la ruota

Propulsione FSA

L’anima di questa bici è sicuramente il Dual Mode System.  La doppia ruota viene infatti inclusa in tutti gli allestimenti, permette di passare da muscolare ad assistito in meno di due minuti. Un’altra peculiarità di questo progetto è il disegno del tubo obliquo a sezione chiusa, con estrazione della batteria appena sopra il movimento centrale. Le sensazioni di guida con la bici senza batteria sono infatti da bici tradizionale, senza nessun tipo di rimpianto o mancanza di ciclistica. Questo è permesso anche dal fantastico peso di 7,5 chilogrammi

Il motore è FSA HM1 Hub Motor con 42 Nm di coppia. La batteria da 250 Wh è formata da venti celle Samsung, le migliori in commercio con queste caratteristiche. Il torque sensor si trova all’interno della ruota libera. Questo consente in primis di avere linearità nell’assistenza e, in secondo, luogo l’aiuto è bilanciato in base alla forza impressa sui pedali. Affidabilità e durabilità infatti sono garantite anche da questa scelta tecnica. Il tutto con un peso complessivo che rimane sotto i 4 chili. 

Per ogni avventura

Il telaio, ovviamente realizzato in carbonio, si presenta con sezioni ampie e profili che richiamano sapientemente l’aerodinamica. Una scelta intelligente per mascherare gli ingombri della batteria che vengono uniti al beneficio dell’estetica. 

L’assetto è endurance, il comfort è assicurato anche sulle lunghe distanze. Una bici rigida e reattiva pronta a sfidare l’offroad del gravel in qualunque condizione con la possibilità di interpretarlo con o senza motore. Questo è frutto di geometrie che prevedono un angolo sterzo più aperto e un interasse maggiore, abbinati ad un carro compatto che non ne sacrifica la reattività. 

Allestimenti e prezzi

L’impressione coincide con la realtà: la FMoser rappresenta una bici con due differenti utilizzi al prezzo di una sola. La gamma gravel si suddivide in due modelli. Gravel Force, con movimento centrale Sram, corona 40T, cambio Sram Force AXS 12 speed XPLR, leve Sram Force eTap, guarnitura Sram Force e cassetta Sram XG 1271 XPLR 10-44T. 

La seconda versione è la Gravel Rival che si differenzia solo per l’allestimento con gruppo Sram Rival AXS 12 speed XPLR. Entrambi i modelli montano cockpit FSA A-Wing Pro AGX. Ruote FSA AGX e pneumatici Vittoria Terreno Dry 700x35c. I prezzi partono da 5.500 euro, consultabili presso la rete di rivenditori autorizzati presente sul sito. 

FMoser

FMoser: la bici, il brand e i test qui all’IBF

11.09.2022
5 min
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Un marchio pronto a uscire dagli standard del mercato. FMoser con la sua bici rivoluziona il modo di intendere le ebike e le bici tradizionali. Francesco Gorghetto, Resp. Com. Fantic Bike e FMoser ci spiega l'anima del marchio e il legame con Moser. Enrico Fidelfatti Responsabile di ricerche e sviluppo FMoser ci porta alla scoperta del progetto e delle caratteristiche tecniche della bici tra innovazioni e unicità

Innovazione, multi utilizzo e soprattutto il cognome Moser che torna ad essere scritto sul telaio di una bici. Qui a Misano Adriatico, FMoser ha portato al cospetto delle migliaia di persone accorse per il festival, il suo prodotto pronto a rivoluzionare il modo di intendere la bicicletta elettrica

Francesco Moser è il simbolo dell’innovazione delle due ruote, per lui la concezione del normale non è mai esistita. Il mezzo era ciò che gli permetteva di arrivare a risultati e record e il suo palmares ne è la dimostrazione. Questa FMoser è la reincarnazione di quella sfrontatezza rivolta ad abbattere ogni standard. E’ infatti una bici due in uno che non scende a compromessi. Alcuni mesi fa l’abbiamo provata al Maso Warth ospiti dello “Sceriffo” tra le colline del Trentino e oggi la ritroviamo a pochi passi dal mare in tutta la sua unicità e perfettamente a suo agio. 

La versione gravel si differenzia per colore, pneumatici, gruppi di trasmissione, impianto frenante e manubrio
La versione gravel si differenzia per colore, pneumatici, gruppi di trasmissione, impianto frenante e manubrio

La bici e le sue caratteristiche

La possibilità di avere una bici che si adatta a quello che più ci ispira. Che sia una giornata da passare all’insegna dell’ebike o che si esca con le bici tradizionali, questa FMoser dispone di una capacità camaleontica di adattamento ad ogni condizione senza rinunciare mai alla performance. 

L’anima di questa bici è sicuramente il Dual Mode System.  La doppia ruota, viene infatti inclusa in tutti gli allestimenti, permette di passare da muscolare ad assistito in meno di due minuti. Il montaggio può essere effettuato in autonomia seguendo pochi semplici passi. Un’altra peculiarità di questo progetto è il disegno del tubo obliquo a sezione chiusa con estrazione della batteria appena sopra il movimento centrale. Le sensazioni di guida con la bici senza batteria sono infatti da bici muscolare senza nessun tipo di rimpianto o mancanza di ciclistica. Questo è permesso anche dal fantastico peso di 7,5 chili

Il motore è FSA HM1 Hub Motor con 42 Nm di coppia. La batteria da 250 Wh è formata da venti celle Samsung, le migliori in commercio con queste caratteristiche. Affidabilità e durabilità infatti sono garantite anche da questa scelta tecnica. Il tutto con un peso complessivo che rimane sotto i 4 chili.

Il motore FSA è situato nella ruota posteriore, risulta piccolo e leggero
Il motore FSA è situato nella ruota posteriore, risulta piccolo e leggero

FMoser tra la gente

Per capire come FMoser stia lanciando il marchio ci siamo affidati a Francesco Gorghetto, Responsabile della Comunicazione di Fantic Bike e FMoser. «Il progetto è interessante ma soprattutto innovativo, pensando anche a quello che è il messaggio manifesto del brand Moser. Il fatto di aver già ricevuto uno dei premi più importanti dai media francesi come Top Vélo ne è la dimostrazione. Il pubblico sta scoprendo finalmente con mano il nostro prodotto. Fino ad ora ci stiamo dedicati a lanci del prodotto e contenuti di presentazione nonostante la bici sia presente sul mercato da qualche mese, questi tre giorni sono finalmente l’occasione di farla provare al grande pubblico».

I modelli da corsa sono quattro: FSA, Force, Red e Rival. Le colorazioni sono due, argento e iridescente. Mentre per quanto riguarda la linea gravel ci sono Gravel Force e Gravel Rival entrambe monocorona in colorazione nera/verde salvia.

I prezzi variano in base all’allestimento che ne determina il nome del modello, e partono da 5.500 euro a 11.500 euro.

Durante il test fatto in Trentino lo Moser ci ha accompagnati tra le montagne
Durante il test fatto in Trentino Moser ci ha accompagnati tra le montagne

Lo sceriffo in circuito

Oltre a metterci il nome e la faccia, Francesco Moser è ambasciatore in prima linea del brand, dalla progettazione allo sviluppo fino ai test su strada.  «In queste tre giornate qui all’IBF – racconta Gorghetto – abbiamo avuto la possibilità di far provare la bici con i test all’interno del circuito.

Ieri era presente Francesco qui al festival e ha pedalato insieme a noi. E’ stato ovviamente un’ospite molto gradito. Nonostante i suoi settant’anni risulta essere molto competitivo. Per i più giovani e per i più allenati è stata un’esperienza anche solo stargli dietro. E’ una persona brillante ancora oggi, tanto che non voleva più uscire dalle curve del circuito».

Lo stand si presenta con tutte le versioni della FMoser e le bici da testare nel circuito
Lo stand si presenta con tutte le versioni della FMoser e le bici da testare nel circuito

Una dimensione che funziona

L’impressione è quella che questo fine settimana all’insegna delle bici sia un’occasione che le aziende stanno apprezzando davvero tanto. 

«L’Italian Bike Festival – conclude Gorghetto – finalmente ha trovato la sua destinazione ideale. Misano con quello che è il circuito e il paddock rappresenta la dimensione naturale dove fare questo tipo di festival. Qui l’organizzazione ha potuto esprimere al meglio il potenziale. In quello che si è potuto vedere non dico che possa diventare il miglior festival europeo fin da subito ma c’è molto vicino. La risposta del pubblico è ovviamente stata pronta e con numeri importanti. Siamo molto contenti come afflusso complessivo e come espositori».

FMoser

Val di Sole BikeFest, tre giorni di adrenalina fra bici e territorio

31.05.2022
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La Val di Sole è un territorio che vive in simbiosi con la bicicletta e un evento come il BikeFest consente di viverla in mille diverse sfaccettature (in apertura, uno scorcio dell’Epic Tour Grande Guerra, foto Podetti). Dal 3 al 5 giugno a Daolasa di Commezzadura (Trento) in occasione dell’apertura stagionale del Bike Park Val di Sole andrà in scena un weekend ricco di esperienze e opportunità.

Tre giorni dedicati al Val di Sole BIkeFest, un nuovo evento dedicato al mondo della bicicletta, e primo dei tre weekend degli “Outdoor Days FestiVal di Sole”. Sarà un’occasione per gli appassionati di ciclismo di provare esperienze in un ricchissimo programma di eventi e iniziative per vivere questo sport in un territorio unico come la Val di Sole. 

Val di Sole BikeFest, in una cornice a metà tra la natura del Trentino e le sue strutture
Val di Sole BikeFest, in una cornice a metà tra la natura del Trentino e le sue strutture

L’evento 

Dai tour guidati alla Black Snake, fino alla nuova Moserissima. Sarà una festa delle due ruote in tutte le direzioni. Organizzata da APT Val di Sole e Grandi Eventi Val di Sole. Si collegherà chiaramente anche con il mondo Mtb, vista la sua collocazione al termine della settimana che porterà in Val di Sole anche IMBA Europe Summit.

Val di Sole BikeFest è una tre giorni unica e speciale, nella quale ogni tipologia di biker troverà la proposta perfetta per immergersi in un territorio dalle infinite ricchezze e ideale per essere scoperto in bicicletta. Dai bike test alle escursioni guidate, dalle aree food&drink agli eventi dedicati ai più giovani e molto altro. 

Nella giornata di sabato 4 giugno sarà possibile pedalare sui sentieri del Trail Lago dei Caprioli (foto di Matteo Cappé)
Nella giornata di sabato 4 giugno sarà possibile pedalare sui sentieri del Trail Lago dei Caprioli (foto di Matteo Cappé)

Venerdì 3 giugno

Si comincia nel primo pomeriggio di venerdì 3 giugno con l’apertura dell’Area Expo e dello Skill Park targato Dolomeet, dalle 14 alle 17, e con i bike test di Giant, official partner di Val di Sole Bikeland, che accompagneranno l’intero weekend. Nella giornata inaugurale si terranno anche le prime attività esperienziali. Il Tour Van Meledrio in collaborazione con Val di Sole Bike Rent & Tour e il Tour Malé in collaborazione con Andreis Cicli Specialized. Nella serata ci sarà lo spazio dedicato allo street food e all’intrattenimento musicale.

I bike test di Giant caratterizzeranno la tre giorni del “BikeFest” (foto di Giacomo Podetti)
I bike test di Giant caratterizzeranno la tre giorni del “BikeFest” (foto di Giacomo Podetti)

Sabato 4 giugno

Nella giornata di sabato 4 giugno, l’Area Expo e lo Skill Park apriranno alle ore 09.00, mentre per vivere la prima esperienza bisognerà puntare la sveglia al mattino presto per l’alba in e-bike con colazione in malga, in collaborazione con Promescaiol

I bike tour proseguiranno dalle 6 del mattino con il più iconico itinerario della Val di Sole Bikeland, l’Epic Tour Grande Guerra. E molti altri sentieri come il Trail La Preda (in collaborazione col Centro Bike Val di Sole), il Tour dei Forti (in collaborazione con Ursus Adventures), il Trail Almazzago (in collaborazione con Skiarea Sport Shop), il Tour Lago dei Caprioli (in collaborazione con Val di Sole Bike Rent & Tour) e infine il Tour Val di Sole (in collaborazione con Trek&Bike Trentino Wild). A seguire intrattenimento musicale e street food.

Per i più adrenalinici saranno aperti i percorsi Downhill, con la Gravity School di Luca Masserini. Offrirà l’opportunità esclusiva di cimentarsi guidati dai migliori insegnanti, grazie ai mini-corsi per adulti e bambini in programma sabato 4 e domenica 5 giugno.

Il Bike Park Val di Sole di Commezzadura aprirà in occasione dell’evento (foto di Giacomo Podetti)
Il Bike Park Val di Sole di Commezzadura aprirà in occasione dell’evento (foto di Giacomo Podetti)

Domenica 5 giugno

La giornata conclusiva vedrà l’apertura dell’Area Expo e lo Skill Park alle 9. Domenica che verrà resa speciale da La Moserissima “Val di Sole Edition”. Una ciclopedalata ecologica in compagnia di Francesco Moser che si terrà per la prima volta in Val di Sole. Sarà aperta ad ogni tipologia di bici (da quelle d’epoca alle e-bike) e su un percorso che strizza l’occhio agli amanti del gravel.

Oltre ai test Giant si proseguirà con le escursioni attraverso gli itinerari: Tour Monte Peller (in collaborazione con Andreis Cicli Specialized), il Trail Folgarida (in collaborazione col Centro Bike Val di Sole), il Tour Larici Secolari (in collaborazione con Skiarea Sport Shop) e l’elettrizzante Enduro Tour-Discesa delle Aquile (in collaborazione con Trek & Bike Trentino Wild). 

Per prenotare esperienze e informazioni cliccare qui

FMoser, la rivoluzione ibrida è iniziata

26.05.2022
7 min
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Il filo conduttore della carriera di Francesco Moser, oltre alle vittorie, è sicuramente l’innovazione. Dai record dell’ora, alle cronometro, alla preparazione fisica. Dopo tre anni di sviluppo è nata la nuova bici di FMoser. Un modello che rilancia il nuovo brand e lo proietta nel futuro con caratteristiche esclusive ed originali. 

Siamo andati a provarla, proprio a casa dello “Sceriffo”, al Maso Warth in Trentino Alto-Adige. Abbiamo trovato una bici che si distacca dal concetto tradizionale, ma allo stesso tempo non si posiziona solo nel segmento elettrico stradale. L’unione dei due mondi ha portato ad un modello in grado di utilizzare la bici come si vuole.  

“Your road, your choice”. Questo è il payoff con cui si presenta il brand. Completa libertà di scelta all’utente, che ha la possibilità di passare da elettrico a muscolare in meno di due minuti, solo sostituendo la ruota posteriore. Andiamola a scoprire in ogni suo particolare…

A te la scelta

Il concetto di base che determina l’anima di questa FMoser è sicuramente il Dual Mode System.  La doppia ruota, che viene inclusa in tutti gli allestimenti, permette di passare da muscolare ad assistito in meno di due minuti. Il montaggio può essere effettuato in autonomia seguendo pochi semplici passi.  

Partendo dall’assetto muscolare si estrae la ruota posteriore. Si inserisce la batteria, nel canale ad “H” che facilita lo scorrimento dei cavi senza impedimenti. Si collegano i cavi in gomma unendo i connettori. Infine si innesta la ruota con motore nel mozzo in sede e si allaccia il connettore sul carro posteriore che dispone di un click per mantenerlo fisso. Un sistema che nel suo complesso regala sensazioni di affidabilità ed ergonomia nel montaggio. 

Reattiva e leggera

Veniamo a una delle caratteristiche che più ci ha stupito durante il test. Il telaio, ovviamente realizzato in carbonio, si presenta con sezioni ampie e profili che richiamano sapientemente l’aerodinamica. Una scelta intelligente per mascherare gli ingombri della batteria che vengono uniti al beneficio dell’estetica. 

Non solo bella da vedere, ma anche concreta nella performance. L’assetto è endurance, quindi il comfort è assicurato anche sulle lunghe distanze. Tuttavia abbiamo provato a stressarla con cambi di direzione e flessioni sotto sforzo massimo. La FMoser ha risposto in maniera sorprendente. Si è infatti dimostrata rigida e reattiva. Questo è frutto di geometrie che prevedono un angolo sterzo più aperto e un interasse maggiore, abbinati ad un carro compatto che non ne sacrifica la reattività. 

Durante il test, lo “Sceriffo” ci ha accompagnati tra le montagne trentine
Durante il test, lo “Sceriffo” ci ha accompagnati tra le montagne trentine

Con o senza batteria

La bici ha due indoli: con e senza batteria. Quando la si utilizza con il motore, risponde bene ed è facile da guidare. I pesi sono distribuiti in maniera omogenea e l’aumento di peso si sente soprattutto al posteriore, con un leggero ritardo nel cambio di direzione. 

La vera rivoluzione che fa di questa FMoser un’ibrida on-off, è la modalità muscolare. I progettisti della casa italiana hanno infatti trovato una soluzione tecnica rivoluzionaria. Normalmente la sezione del tubo obliquo sulle e-bike tradizionali vede sempre una “C” rivolta verso il basso. Questo implica una propensione alla torsione e alla flessione quando la batteria non è installata. 

Per questo progetto è stato disegnato un tubo obliquo a sezione chiusa con estrazione della batteria appena sopra il movimento centrale, sfilandolo verso il basso. Le sensazioni di guida con la bici senza batteria sono infatti da bici muscolare senza nessun tipo di rimpianto o mancanza di ciclistica. Questo è permesso anche dal fantastico peso di 7,5 chili. 

Lo sportellino per la ricarica è posizionato nell’incrocio tra tubo obliquo e verticale
Lo sportellino per la ricarica è posizionato nell’incrocio tra tubo obliquo e verticale

Il cuore della FMoser

A dare linfa a questa FMoser c’è il motore FSA HM1 Hub Motor con 42 Nm di coppia e batteria da 250 Wh. Un aiuto performante che supporta il ciclista nelle uscite più impegnative. I livelli di assistenza sono cinque e coprono in maniera omogenea ogni tipo di esigenza durante il percorso che si decide di affrontare.

L’autonomia non permette di fare chilometraggi eccessivamente lunghi, ma con una gestione sapiente si possono fare giri di qualunque tipo. Per chi invece si vuole spingere più in là con i chilometri è possibile acquistare una batteria aggiuntiva da 250 Wh che viene posizionata nel portaborracce e lavora in serie con la primaria condividendo tutte le peculiarità. 

Analizzando il motore FSA si nota il torque sensor all’interno della ruota libera. Questo consente in primis di avere linearità nell’assistenza, e in secondo luogo l’assistenza bilanciata in base alla forza impressa sui pedali. Una notevole differenza rispetto alla concorrenza che spesso non ne dispone. 

La batteria è formata da 20 celle Samsung, le migliori in commercio con queste caratteristiche. Affidabilità e durabilità infatti sono garantite anche da questa scelta tecnica. Il tutto con un peso complessivo che rimane sotto i 4 chili.

Il canale interno della forcella permette di montare copertoni da gravel in totale semplicità
Il canale interno della forcella permette di montare copertoni da gravel in totale semplicità

Comandi e cambio

Nelle due top di gamma sono compresi nel prezzo il range extender e il display Garmin per un monitoraggio ottimale. Inoltre in tutte le versioni è presente il remote Garmin che permette di salire e scendere con le assistenze del motore senza staccare le mani dal manubrio. 

La batteria è anche il cervello della bici e gestisce le connessioni grazie alla sua connettività Bluetooth e ANT+. I colori del led sul tubo orizzontale determinano gli aiuti: verde per il neutrale poi a seguire, blu, rosa, giallo e rosso per la massima spinta. Dal led si capisce anche in base al colore quanta batteria si ha a disposizione.

A supporto dell’esperienza c’è l’app che permette di avere un supporto per gli allenamenti e per la gestione dei dati. Con anche una funzione di diagnostica per monitorare lo stato delle componenti e la loro vita. Compatibile con Android e IOS e i wearables in commercio.

Il cambio elettronico wireless presente su tutte le versioni con diversi allestiementi, permette una cambiata più fluida, ma soprattutto più rapida e precisa rispetto al tradizionale cambio meccanico. 

Versioni e prezzi

Tutte le versioni della FMoser vengono fornite con le due ruote complete di cassetta, disco e coperture comprese nel prezzo. I modelli da corsa sono quattro: FSA, Force, Red e Rival. Le colorazioni sono due, argento e iridescente. Mentre per quanto riguarda la linea gravel ci sono Gravel Force e Gravel Rival entrambe monocorona in colorazione nera/verde salvia.

I prezzi variano in base all’allestimento che ne determina il nome del modello, e partono da 5.500 euro a 11.500 euro.

La colorazione iridescente cambia le sue tonalità a seconda di come viene colpita dalla luce del sole
La colorazione iridescente cambia le sue tonalità a seconda di come viene colpita dalla luce del sole

Le nostre considerazioni

Questa FMoser si può considerare un manifesto per il concetto di ibrido. Il vantaggio che si percepisce dalla doppia ruota è che questo concetto non venga ammorbidito ma bensì rinforzato. Con o senza motore, permette di scegliere come se si avessero due bici differenti al prezzo di una

L’autonomia forse rappresenta l’unico neo, se la si vuole utilizzare esclusivamente come bici elettrica. Discorso che decade se si acquista la seconda batteria che ne raddoppia la portata. In conclusione, questa bici stupisce e rispecchia i valori di innovazione e audacia che quel nome scritto sul telaio conserva in maniera indelebile da sempre nella sua storia. 

FMoser

Viaggio nel tempo con Moser, fra invenzioni, bici e trofei

29.04.2022
6 min
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Maso Villa Warth, è questa la fantastica cornice in cui vive Francesco Moser, dove ci sono il cuore del suggestivo podere e la cantina di famiglia. Nel piccolo paese trentino di Gardolo, “Lo Sceriffo” produce vini insieme ai suoi figli e nipoti. Oltre alle pregiate vigne, tuttavia, è presente un museo che ripercorre tutta la carriera del campione, fra trofei, maglie e bici.

Moser è considerato da molti un “innovatore” che ha segnato un prima e un dopo nell’evoluzione del ciclismo. Dalle vittorie sulle proprie bici, alle trovate tecniche originali per le cronometro e i Record dell’Ora. Un uomo che ha scritto pagine di storia di questo sport e che ancora oggi è un riferimento per i suoi tentativi di innovare sotto il punto di vista atletico e tecnico. Per l’occasione gli abbiamo rivolto domande e provocazioni tra il ciclismo di oggi e quello passato. Riprendendo il filo di un discorso che la settimana scorsa ha acceso gli animi, in tema di Roubaix, gambe e materiali.

Il museo si trova all’interno del Maso Villa Warth a Gardolo (TN)
Il museo si trova all’interno del Maso Villa Warth a Gardolo (TN)

L’innovazione su strada

Seppure le sue scoperte tecniche abbiano rivoluzionato un modo di interpretare questo sport, per quanto riguarda il ciclismo su strada nelle corse in linea lo sviluppo era in linea con i tempi.

«Quando correvo io – racconta Moser – non c’erano studi mirati per le corse da un giorno o le classiche. Sì certo, si facevano modifiche specifiche per alcune gare. Per esempio per la Parigi-Roubaix, montavamo delle forcelle specifiche rinforzate e uno strato di gomma piuma sul manubrio, aumentandone la sezione. Le pressioni delle gomme venivano adeguate. Oggi vengono fatti studi anche per singole corse». 

Passato e presente

L’albo d’oro della Roubaix vede il nome di Francesco Moser per tre volte di fila, dal 1978 al 1980. Oltre ad alcuni accorgimenti tecnici c’era una talento naturale che andava oltre ogni innovazione possibile. 

Il modo di correre di oggi è così distante da modo di correre di una volta in una corsa come la Parigi-Roubaix?

No. La Roubaix è una corsa senza tempo, ci vogliono gambe e talento sempre. I cambi di ritmo dovuti agli allenamenti che ci sono oggi sono sicuramente differenti, ma nel complesso no. 

Oggi vediamo corridori fare tutti i tratti del pavè a bordo strada…

E’ normale. Si è sempre fatto, anche quando correvo io con l’asciutto si cercava la lingua di terra sul lato per guadagnare scorrevolezza. La vera Roubaix è bagnata. Come quella che ha vinto Sonny Colbrelli. In quel caso devi stare a centro strada per ottimizzare il più possibile la scorrevolezza delle pietre. Nel suo caso poi avevano corso prima le donne quindi si era creata anche un’ulteriore patina che di certo peggiorò le condizioni del manto stradale. 

Moser ha vinto tre Parigi-Roubaix consecutive dal 1978 al 1980
Moser ha vinto tre Parigi-Roubaix consecutive dal 1978 al 1980
Che bici utilizzavi quando hai vinto le tre Roubaix consecutive?

Dopo la prima Roubaix vinta con la Benotto, iniziai ad usare le mie bici. Il telaio era realizzato da De Rosa con tubi Columbus appositamente più robusti per affrontare il pavè. Il cambio era il Campagnolo Super Record, mentre le ruote erano Mavic. Il peso oscillava tra i 9 e i 10 chili.

Se i corridori di oggi corressero con le bici di una volta cambierebbe qualcosa?

I tempi cambiano, ma l’atto fisico rimane lo stesso. In certi ambiti come la cronometro e i Record dell’Ora i materiali facevano la differenza, ma nelle corse di un giorno ancora adesso le differenze sono minime. 

Anche la preparazione è molto differente da quella di una volta. Pensi si stia arrivando ad un limite?

Oggi si corre e ci si allena tutto l’anno. Ci sono corridori belgi che non smettono mai di correre. Fanno anche il ciclocross. Vincono e quindi hanno anche un ritorno. Ho dei dubbi per quanto tempo possano andare avanti a farlo. Noi l’inverno nemmeno ci allenavamo. 

Hai visto la vittoria di Evenepoel alla Liegi?

Sì, mi ha stupito il modo in cui è scattato. Sembrava dovesse vincere il gran premio della montagna. Gli è slittata la ruota due volte. Mi è piaciuto e mi ha impressionato. 

La bici utilizzata per il doppio Record dell’Ora di Messico 1984
La bici utilizzata per il doppio Record dell’Ora di Messico 1984

Contro il tempo

Passeggiando nel fantastico museo dedicato alla sua carriera, spiccano tra le bici marchiate Moser, i prototipi utilizzati per le prove contro il tempo. E’ già, perché oggi a volte si polemizza e si fanno dibattiti su trovate tecniche come reggisella telescopici, tubeless e per anni sui freni a disco. Ma negli anni ’70 e ’80 “Lo Sceriffo” ha vinto corse e conquistato record anche grazie alle sue intuizioni tecniche (i racconti di Francesco sulle soluzioni tecnologiche di quegli anni sono raccolti in “Francesco Moser. Un uomo, una bicicletta”, libro a cura di Beppe Conti).

Oggi i regolamenti sono sicuramente più stringenti e vedere test di quel tipo è impensabile. Ma guardandosi indietro e vedendole a pochi centimetri, si assapora un ciclismo che non si poneva limiti e che non aveva paura di spingersi oltre ogni barriera fisica

Le due bici innovative usate per Stoccarda ’87 (con la ruotona) e Messico ’94 (in primo piano)
Le due bici innovative usate per Stoccarda ’87 (con la ruotona) e Messico ’94 (in primo piano)

La bici per il Record dell’Ora 51,151, che dà il nome anche al suo spumante più pregiato, è quella che spicca in mezzo alle altre. Forse per la sua vernice lucida e le curve futuristiche. Fatto sta che anche Francesco, quando ne parla, prova un trasporto che fa capire l’importanza di quell’opera d’arte a due ruote

Infine le altre due famosissime bici utilizzate per gli altri due record. Quella di Stoccarda 87’, caratterizzata dalla “ruotona”. Per chiudere con la bici utilizzata per Messico 94’, nella posizione lanciata dallo scozzese Graeme Obree e poi replicata con telaio Moser, caratterizzata dalla “Superman Position”.