Sarà vero che Van Aert e Van der Poel sono imbattibili?

21.09.2021
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Se non fosse stato un cronoman, Adriano Malori avrebbe avuto un futuro da tennista. Ogni volta che gli mandi di là una palla o un’idea, lui te ne rispedisce due. E così alla fine il taccuino degli appunti esplode e ti ritrovi a gestire una bella abbondanza. Così, mentre nei giorni scorsi si parlava della crono iridata di Ganna, il discorso di colpo ha piegato verso Van Aert e Van der Poel. Perciò, avendo approfondito nelle scorse settimane le ragioni della superiorità di Pogacar e Roglic, sarebbe stato un peccato lasciarsi sfuggire l’occasione. Anche perché i due saranno gli annunciati protagonisti dei mondiali di domenica, su un percorso che strizza l’occhio alle loro qualità.

«Sono abbastanza inavvicinabili per due motivi. Il primo è che sono gli unici in grado di fare tutte le accelerazioni con la stessa potenza – Adriano ha pochi dubbi – il secondo è che sono in grado di tenere l’andatura molto a lungo, per cui se prendono vantaggio andare a riprenderli è piuttosto difficile».

Van Aert sa scattare a raffica e poi sa tenere l’andatura: un mix fra il ciclocross e la crono
Van Aert sa scattare a raffica e poi sa tenere l’andatura: un mix fra il ciclocross e la crono
Spiegati meglio, per favore.

Se un professionista in corsa deve fare dieci scatti, farà il primo a 900 watt e poi fatalmente comincerà a calare. Loro due sono abituati a farli sempre alla stessa intensità, perché nel cross fanno accelerazioni da 1.000 watt praticamente a ogni curva. Inoltre con il fatto che sono cresciuti uno accanto all’altro, confrontandosi ogni domenica d’estate e d’inverno, hanno da anni lo stimolo di superarsi. Si migliora solo lottando con i migliori, discorso valido per loro, per i nostri giovani, per chiunque…

Mentre il discorso delle fughe?

Nelle classiche spesso lo schema è lo stesso. Il corridore attacca, quelli dietro si organizzano e rientrano e si forma un gruppetto. Loro invece hanno la forza di mantenere la velocità. La prova è che Van Aert ha appena fatto secondo nel mondiale a cronometro e anche Van der Poel al Tour ha fatto una grande crono. E secondo me lui e Valgren saranno la sorpresa del mondiale…

Forcing di Van der Poel al Fiandre, un solo corridore riesce a chiudere: è Asgreen, non a caso anche lui forte a crono
Forcing di Van der Poel al Fiandre: chiude Asgreen, non a caso anche lui forte a crono
Si sta riprendendo dal mal di schiena, ma ha vinto ad Anversa.

Secondo me dopo la figuraccia che ha fatto alle Olimpiadi, si starà allenando in silenzio e quindi è ancora più pericoloso. La loro capacità di lavorare è quello che gli permette di diventare ancora più forti.

Ad esempio?

Sanno analizzare le eventuali lacune e correre ai ripari e questo probabilmente è dovuto al fatto che sanno che l’altro non perdona errori. Van Aert è migliorato in salita, Van der Poel ha imparato anche ad aspettare i finali e sicuramente durante l’inverno lavorerà sulla cronometro.

Alaphilippe può impensierirli sugli strappi più ripidi,ma ha vita dura
Alaphilippe può impensierirli sugli strappi più ripidi,ma ha vita dura
Sono davvero imbattibili?

Uno che può dargli fastidio e che in alcune occasioni può batterli è Alaphilippe. In una corsa con strappi secchi e molto ripidi, la sua struttura fisica e le sue qualità gli permettono di scappare alla loro marcatura. Ma deve esserci l’arrivo in cima, perché basta un tratto di falsopiano e quei due tornano sotto e poi lo battono in volata.

Ma questo pensando al prossimo mondiale potrebbe non essere uno scenario possibile…

Infatti a Leuven giocheranno sul loro terreno, a casa loro e sulle loro strade. Saranno davvero sue pessimi clienti per chiunque.

Oro per la Ivanchenko, per le nostre fatica ed esperienza

21.09.2021
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Quando Alena Ivanchenko piomba sul traguardo la differenza di velocità si vede ad occhio nudo. La sua bici scorre come un proiettile anche dopo la linea, tra massaggiatori e addetti stampa. Forse perché la russa non riesce neanche a trovare la forza per rialzarsi e frenare.

Le prime tre erano le favorite e così è andata. La cosa curiosa è che i distacchi, della quarta inclusa, ricalcano esattamente quelli delle donne elite di ieri. Dieci secondi tra la Ivanchenko e Zoe Backstedt. Quindici secondi tra l’inglese (figlia dell’ex pro, Magnus) e Antonia Niedermaier. E un minuto tondo, tondo tra la tedesca e l’olandese Anna Van der Meiden.

Ivanchenko d’oro

Alena viene da San Pietroburgo. Classe 2003 questo poteva essere il suo secondo mondiale, invece causa Covid è il primo. Per lei dunque la stessa esperienza della rivale inglese, che però è una 2004.

Perché Alena era la favorita? Perché lei predilige questi percorsi piatti, perché a Trento aveva dato una prova di forza davvero importante (prima a crono e quinta su strada) e perché è anche una pistard. E in tal senso le richieste fisiche del parquet l’hanno aiutata non poco. Oggi, infatti, contava molto riuscire a girare il rapporto con cadenze elevate, essere dei “martelli battenti” e il colpo di pedale della pista è stato probabilmente quel qualcosa in più della Ivanchenko.

«Sono molto felice – ha detto la russa – davvero soddisfatta. Ho lavorato tanto per questo obiettivo. Strada o pista? Preferisco la strada, soprattutto qui nelle Fiandre, dove c’è una gran bella atmosfera».

Partenza… “col botto”

Esperienza è la parola chiave delle nostre due azzurre impegnate nella crono iridata di Flanders 2021. Di certo la loro gara va interpretata così e non per i risultati: Carlotta Cipressi ha chiuso al 29° posto e Francesca Barale addirittura al 43°. Però hanno dato il massimo, pur sapendo di non essere sul loro terreno preferito. E soprattutto hanno avuto una vigilia alquanto complicata. In allenamento infatti sono cadute.

«Eravamo a fare una sgambata con le donne elite e gli juniores maschi – racconta la Cipressi – Io e Francesca siamo finite a terra. Mi è finita la ruota in un binario. Guarda che gamba che ho – e indica col mento un grande rigonfiamento nell’anca sinistra – purtroppo questo non mi ha fatto rendere come volevo. Non che sarebbe andata troppo diversamente, ma soprattutto ad un mondiale cerchi, e vorresti, fare di più».

Mentre parla, Carlotta accarezza la sua bici, una Pinarello Bolide con i colori Sky di qualche anno fa.

«Da dove arriva questa bici? Me l’ha passata la Federazione. E sì: bisogna accarezzarla! Mi piacciono molto questa specialità e questa bici, ci esco spesso in allenamento. Magari la cambio anche durante le uscite. Su una bici da crono più ci stai e più la senti tua».

Barale come Pogacar

E poi c’è la Barale, vera stellina del nostro ciclismo. Francesca è stata davvero chiamata per fare esperienza. E lei ne è ben consapevole. Nonostante ciò ha dato il tutto e per tutto. All’arrivo si getta a terra stremata (foto apertura). Il massaggiatore le passa i sali, ma lei impiega un po’ prima di dare il primo sorso.

«Non era questo il mio percorso – ha detto Francesca – Tuttavia è importante fare crono così lunghe. Sembrava non finire mai. Ed è importante, almeno per me, farle pesando alle corse a tappe e al futuro».

Un bella considerazione. Un qualcosa che, ha sottolineato qualche addetto ai lavori, ha fatto anche Pogacar domenica scorsa. Lo sloveno, che chiaramente in una crono secca e così piatta non avrebbe potuto vincere, ha fatto un’investimento su sé stesso. Si è impegnato in una maxicrono. Alla fine ha chiuso con un dignitosissimo decimo posto, ma quel che conta è il bagaglio col quale torna a casa. Ha raccolto dati preziosi, ha aggiunto un tassello nella gestione dello sforzo e se nel prossimo grande Giro si ritroverà ad affrontare una prova del genere sa cosa aspettarsi.

Il viaggio di Khalil Amjad, corridore con la barba

21.09.2021
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Quando Khalil Amjad è passato sul traguardo di Bruges, i migliori dovevano ancora partire. E mentre riprendeva fiato, lui sorrideva, dietro la sua barba crespa e scura. Lo avevamo visto riscaldarsi avanti e indietro sul lungomare di Knokke-Heist, con lo sguardo avido di dettagli. Ogni volta che passava davanti al pullman di una nazionale forte, guardava dentro come un bimbo davanti alla vetrina dei giocattoli. E intanto girava le gambe magre sulla sua Specialized da crono e il body verde del Pakistan. Non solo la barba ci aveva strappato il sorriso, anche i peli, rasati a filo dell’elastico del body, per chissà quale idea o concezione.

«Non vedevo l’ora di correre – sorride – sono stato selezionato per i mondiali per la prima volta, ero molto eccitato. Ho dato il mio meglio e spero che in futuro potrò migliorare nel mio allenamento per fare molto meglio di così».

Khalil Amjad si allena in Pakistan agli ordini di un tecnico britannico
Khalil Amjad si allena in Pakistan agli ordini di un tecnico britannico

Scalatore e inseguitore

Il cronometro non fa sconti e il tempo abbinato al suo nome è impietoso. Penultimo, in 54ª posizione, a 13’20” da Ganna. Avendo percorso i 43,3 chilometri della cronometro iridata alla media di 42,509. Però, al di là dell’ironia, rincorsi dall’attualità dei Paesi circostanti, abbiamo pensato di farlo raccontare un po’ di sé.

«Vivo a Karachi – dice – la più grande città del Pakistan, sul Mare Arabico. Mi alleno lì, ma ho un allenatore dalla Gran Bretagna. Ho un piano di allenamento strutturato come i professionisti. Faccio molta fatica ogni giorno per migliorare le mie prestazioni. Sulla bici da strada sono uno scalatore, visto il mio peso. Nel mio Paese sono anche un buon inseguitore. Il mio collega qui – e fa un cenno alla volta di Ali Jawaid che ha concluso la crono poco meglio di lui – è uno sprinter, così il mio lavoro è aiutarlo».

Sfinito al traguardo, Khalil ha chiuso i 43,3 chilometri a 42,509 di media
Sfinito al traguardo, Khalil ha chiuso i 43,3 chilometri a 42,509 di media

Corse a 5.000 metri

Diciamocelo chiaramente: non abbiamo idea di cosa significhi correre in quella parte del mondo, probabilmente facciamo anche fatica a immaginare che ci siano corse. Khalil se ne accorge e fa un sorriso, nel suo inglese fluente.

«Abbiamo diverse corse – spiega – alcune anche internazionali. Organizziamo corse alle alture più alte del mondo. La più bella è il Tour de Khunjerab, che si corre fino ai 5.000 metri di quota. L’ultima volta che si è fatto, c’erano 90 corridori, però lo scorso anno fu cancellato per il Covid. Ma se Dio vorrà, l’anno prossimo lo faremo di nuovo. Vengono corridori da diversi Paesi. Abbiamo molto corridori e buoni talenti. Mi piacerebbe, visto che siamo un Paese sottosviluppato, che l’Uci facesse qualche passo per venire nel nostro Paese. Per visionare quei talenti e provare a sviluppare il ciclismo anche in Pakistan. Ci sono tanti appassionati di ciclismo, guardiamo tutte le corse. Non conosco tutti i corridori, ma seguo tutti i più forti e in futuro mi piacerebbe correre in mezzo a loro».

Ecco il gruppo dei pakistani: due atelti uomini e le due ragazze
Ecco il gruppo dei pakistani: due atelti uomini e le due ragazze

La barba e il suo umorismo

E’ al settimo cielo, non se ne andrebbe mai dalla zona mista in cui i corridori possono incontrare i giornalisti, ma un paio di persone della delegazione del Pakistan continua a chiamarlo.

«Dopo questa esperienza, vorrei davvero diventare un professionista. Mi piacerebbe partecipare ad altre corse internazionali, con l’obiettivo di migliorare il mio livello, la mia classifica e anche il ranking del mio Paese. In questo modo magari nei prossimi anni potremo partecipare anche alla corsa su strada».

E poi quando si accorge che stiamo osservando la sua barba, scoppia a ridere anche lui. «E’ la mia religione – spiega – devo seguire anche quella. Ho rotto qualche convenzione, cercando di dimostrare che la barba è più aerodinamica, ma non è andata bene…».

Due le ragazze pakistane ai mondiali: Malik Kanza e Jan Asma
Due le ragazze pakistane ai mondiali: Malik Kanza e Jan Asma

Un esempio da seguire

Il resto sono poche parole spezzettate per allontanare argomenti scomodi su cui la sensazione è che non abbia il permesso e forse neppure la voglia di esprimersi. «Nel mio Paese – dice – non abbiamo più molti disordini e non mi occupo molto di politica. Non so bene quello che succede in Afghanistan. Sono concentrato solo sul ciclismo, per migliorare ancora».

Nella delegazione pakistana c’erano anche due ragazze – Malik Kanza e Jan Asma – classificate in penultima e ultima posizione nella crono vinta da Ellen van Dijk. Anche loro vestite di verde e con lo stesso sguardo entusiasta. Ora Khalil saluta e si allontana ciondolando verso il furgone che fa loro da ammiraglia. Ha 34 anni, chissà se lo rivedremo. Ma se il suo esempio servirà da spinta per i ragazzi del suo Paese, allora anche il suo piazzamento faticoso avrà avuto il gusto della vittoria.

Baroncini, la crono è il lancio perfetto per la strada

20.09.2021
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La legge del gigante danese si è abbattuta anche sulle strade che da Knokke-Heist portavano i cronoman under 23 verso Bruges. Johan Price-Pejtersen, già campione europeo a Trento, è piombato sul traguardo come un falco, precedendo di 10 secondi l’australiano Plapp e di 11 il belga Vermeersch. Miglior italiano, Filippo Baroncini, atleta del Team Colpack, nono a 57 secondi.

«Mi piacciono le crono lunghe – ha detto – non vado un granché con gli sforzi anaerobici dei prologhi. Stamattina abbiamo valutato le condizioni del vento e quando abbiamo capito che era contrario attorno al secondo intermedio, abbiamo valutato di arrivare a quel punto senza spendere troppo. E poi di aprire il gas, per guadagnare dove gli altri presumibilmente avrebbero perduto. Ed è andata bene».

Vigilia dolorosa

Un metro e 97 per 77 chili, il piano è riuscito alla perfezione, anche se nell’esultanza davanti al pullman della nazionale, si leggevano ancora i segni della sciagura dei giorni scorsi. Per i danesi, il mondiale è iniziato con la brutta notizia della morte di Chris Anker Sorensen, ex professionista e successivamente opinionista televisivo, investito proprio qui in Belgio mentre era in bici.

Riscaldamento sui rulli per Frigo, 33° all’arrivo
Riscaldamento sui rulli per Frigo, 33° all’arrivo

«Non lo conoscevo personalmente – dice il fresco iridato – ma in Danimarca era molto conosciuto. Un po’ per la sua carriera di atleta, ma anche per le interviste che era capace di fare nella sua carriera dopo le corse. E’ stato capace di ispirare tanti ragazzi, raccontando il bello della vita dei pro’. Per noi tutti si tratta di una grande perdita».

Passione crono

E mentre lui si racconta, al bus degli azzurri, c’è Filippo Baroncini appena salito sui rulli per smaltire la fatica e un pizzico di delusione.

Alla partenza Baroncini era molto fiducioso
Alla partenza Baroncini era molto fiducioso

«Speravo in una top 5 – dice – ma mi sono reso conto di quanto siano più forti di me al momento i migliori del mondo. E’ stato il primo confronto a un livello così alto. In Italia posso vincere delle crono, qui non ancora. Però posso lavorarci, curare i dettagli. Mi piace tutto quello che c’è attorno alla cronometro. Prepararla, la fatica che serve per raggiungere la condizione. Qui ho dato tutto, meglio di così non riuscivo a fare, ma la condizione è veramente ottima, mi sento meglio di quanto stessi alla Coppa Sabatini».

Quarto a Peccioli

Quel risultato forse è passato inosservato, ma non a tutti. Nel giorno in cui Valgren ha anticipato Colbrelli, costringendolo a rimandare al Memorial Pantani la prima vittoria in maglia di campione europeo, Baroncini si è piazzato al quarto posto, subito dietro Burgaudeau e a 9 secondi dal vincitore.

Price-Pejtersen ha bissato in Belgio la vittoria degli europei a Trento
Price-Pejtersen ha bissato in Belgio la vittoria degli europei a Trento

«Per questo – annuisce salendo sui rulli per defaticare un po’ – ho molta fiducia per la prova su strada. Nei prossimi giorni tirerò un po’ il fiato e poi penso che un allenamento un po’ tosto dovrò farlo. E visto che so come sono fatto, penso che mi converrà farlo giovedì, il giorno prima della corsa, quando vedremo il percorso. Non ci sono mai stato, me l’ha raccontato un po’ Frigo che corre in Olanda ed è andato a vederlo. Ma ho sensazioni bellissime, speriamo di riuscire a concretizzarle».

Morini: «Quando Pippo ha visto Van Aert prima del via…»

20.09.2021
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Ancora una vigilia di tensioni, di passioni, ma anche di gioie immense, per Federico “Fred” Morini. L’osteopata-fisioterapista umbro ormai è diventato una colonna portante della nazionale e di Filippo Ganna in particolare.

Anche ieri, a Knokke Heist, ha fatto con Pippo e per Pippo la spola tra l’hotel Nelson e la rampa di lancio iridata, che stava proprio sul Mare del Nord. E in questa mattina grigia e ben più fresca di ieri Fred racconta. Un divanetto all’esterno dell’hotel è il posto ideale per rivivere le emozioni. I ragazzi sono fuori per una sgambata e c’è un momento di tranquillità.

Fred Morini ex pro’, è oggi uno dei massaggiatori (fisioterapista) della nazionale
Fred Morini ex pro’, è oggi uno dei massaggiatori (fisioterapista) della nazionale
Fred, ormai hai più medaglie tu che tutti gli altri azzurri!

Sono un bel portafortuna e mi fanno anche divertire! Perché poi le medaglie le vincono e di conseguenza me le godo anche io.

Rispetto a quella olimpica che tipo di vigilia è stata? Meno tensione?

Mah, credo che ogni grande evento generi tensione. Ogni corsa è a sé stante. Ogni corsa ha un tipo di attesa, anche a di livello di nervosismo psicofisico. Tanto più quando c’è di mezzo un certo Filippo Ganna: l’obiettivo è sempre massimo.

Come ha fatto Pippo, secondo te, a trovare la concentrazione dopo la sbornia olimpica?

E’ stato facile ritrovarla, anche se alcuni dicono che sarebbe stato difficilissimo. Ganna sa di essere un grande atleta, sa di essere un vincente. Negli anni ha acquisito un grande livello di autostima e questa autostima fa sì che quando si mette in testa un obiettivo lo porta a casa. E dopo le Olimpiadi. sentendolo parlare, si è capito che il mondiale a crono sarebbe stato un altro suo grande obiettivo.

Non lo aveva dimenticato…

No, no… ce l’aveva in testa e il risultato ieri lo ha dimostrato ancora di più. Perché comunque per vincere ha avuto a che fare con un grande atleta. Ha vinto in casa sua e per riuscirci ha dovuto fare una super performance. Così come ha fatto a Tokyo in quella parte finale del quartetto.

Anche nei giorni prima del via Ganna è sempre rimasto rilassato. Eccolo scherzare con Sobrero
Anche nei giorni prima del via Ganna è sempre rimasto rilassato.
Vediamo le tue mani belle segnate dal lavoro: cosa sentivano nei suoi muscoli e nel fisico di Ganna alla Vigilia?

Quello che ho sentito la sera prima è stata la prontezza fisica, perché poi devo essere sincero sui suoi muscoli ci è passato prima Piero Baffi, il quale ha fatto un ottimo lavoro. Con me Pippo ha fatto più un trattamento osteopatico, forse anche per essere tranquillo. Quasi una sorta di rito scaramantico. Perché poi questo spesso accade. Però Pippo stava bene e non avrebbe avuto bisogno di me e degli altri per vincere. Si è presentato al Mondiale in grande condizione.

Non lo hai mai visto nervoso prima del via? Sai, quelle piccole incertezze che si hanno prima di partire…

Sempre tranquillo. Anche nel bus, prima della partenza, era molto rilassato (è arrivato in bici da solo, foto apertura, ndr). Poi ovviamente ha dei tempi e degli schemi da seguire: riscaldamento, indossare il body… A volte si denota un po’ di tensione, ma proprio negli ultimi minuti prima della partenza, come è stato anche a Tokyo. A quel punto comincia a chiudersi in sé stesso come è giusto che sia. In quelle fasi è sicuramente alla ricerca della concentrazione. Però Pippo ieri è stato scherzoso fino all’ultimo. E fino alla fine è stato lucido.

Cosa intendi?

Nella tensostruttura dietro la rampa di lancio, dove arrivavano gli atleti, è stato bello vedere come Pippo abbia studiato Van Aert con gli occhi. Si è proprio visto. Pippo lo ha osservato in tutto e questo mi ha affascinato. Era molto concentrato ma al tempo stesso ha seguito tutti i movimenti di Wout. Se glielo chiediamo oggi forse non se lo ricorda neanche…

Ganna e Van Aert gli ultimi a partire, eccoli in camera di chiamata (foto Morini)
Ganna e Van Aert gli ultimi a partire, eccoli in camera di chiamata (foto Morini)
Cosa è successo là sotto al tendone?

E’ arrivato prima Pippo di Van Aert, nonostante sarebbe partito dopo. Si è seduto e poco dopo è arrivato Van Aert. Si sono scambiati delle battute. Wout è andato subito a salutarlo, un bellissimo gesto. Poi c’è stato il check delle bici e la cosa ancora più bella è stata appunto vedere Pippo che lo ha ha spiato in tutto e per tutto. Per esempio è stato catturato da una sporgenza sul tallone delle scarpe di Van Aert, che poi abbiamo scoperto essere un “Boa” posteriore. Per dire quanto fosse lucido.

E poi ieri sera grande festa…

Nei limiti. Il nostro chef (Mirko Sut, ndr) ha preparato una torta e abbiamo stappato una bottiglia. Ma è finita lì, perché sappiamo che la settimana è ancora lunga e l’Italia è qui per per portare a casa dei risultati, a cominciare dal team relay di dopodomani.

Abbiamo iniziato scherzando dei tuoi tanti titoli, Fred. Ma davvero: quanti ne hai vinti?

Tanti, il merito non è mio, ma soprattutto dei ragazzi sulla strada o sulla pista. Da quando sono in Nazionale con Pippo siamo già al terzo Mondiale, due su strada e uno su pista, più un europeo. Poi un titolo europeo domenica scorsa con Colbrelli. L’Olimpiade e l’altra medaglia olimpica con Elia Viviani. Dai, sono diventato un po’ un talismano portafortuna!

L’iride di Ganna, più testa che gambe. E un pericolo schivato…

20.09.2021
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Lui non lo ammetterà mai, ma ogni volta che davanti allo schermo passano una crono e delle maglie azzurre, qualcosa gli scatta nella testa. E così ieri sera, ancora inebriati per la vittoria di Ganna, abbiamo chiesto ad Adriano Malori che cosa gli sia parso della vittoria di Pippo e della sconfitta davvero esigua di Van Aert. E l’emiliano, che non se ne perde una, è entrato presto nel vivo della conversazione.

Secondo Malori, Van Aert ha peccato di presunzione, partendo troppo forte e restando in testa fino a 3/4 di gara
Secondo Malori, Van Aert ha peccato di presunzione, partendo troppo forte e restando in testa fino a 3/4 di gara

«Sono particolamente contento per Pippo – dice – e insieme si potrebbe far notare che Van Aert ha peccato di presunzione. Pensava e sapeva di avere una gamba stratosferica ed è partito troppo forte. Quando si è visto che Pippo stava recuperando nel secondo intermedio, ho capito che avrebbe vinto lui. In queste crono così lunghe, c’è un trend che non si può invertire».

Ganna ha detto di aver capito di avere chance quando a metà gara non era entrato ancora in zona rossa. Potresti tradurre?

In una crono così, si stabilisce un wattaggio di riferimento da tenere, che nel caso di Pippo può essere di 460-470 watt. Se ti accorgi che durante la crono hai margine, allora capisci di poter aumentare. Magari riesci a spingere a 485 watt e a fare la differenza. La capacità del grande cronoman è capire se a parità di velocità, può consumare meno energie.

Verso il traguardo di Milano 2021 sulla Bolide nera: secondo Malori, Ganna ha vinto per la caduta di Cavagna
Verso il traguardo di Milano 2021: secondo Malori, Ganna ha vinto per la caduta di Cavagna
Un esempio, per favore…

Ai mondiali di Richmond avevamo pensato che per me il limite fosse a 440 watt. Solo che mi accorsi di avere margine. E pensai che avrei potuto continuare e arrivare fresco, oppure avrei potuto forzare per ottenere un risultato migliore. E così feci. Nelle crono non si deve arrivare freschi, si deve arrivare morti. La zona rossa è quando sei al limite e non hai più margine. E anche tenere il wattaggio che hai stabilito risulta difficile. Non hai più margini, inizi a grattare il fondo del barile.

Perché sei particolarmente contento per Ganna?

Perché ha rischiato di passare un brutto quarto d’ora, pensateci…

Spiega tu.

Ha vinto l’ultima crono del Giro perché Cavagna è caduto e in gruppo se ne sono accorti. Poi ha perso malamente l’italiano. Le Olimpiadi erano troppo dure, ma gli europei li ha persi lui. Se non avesse vinto oggi (ieri per chi legge, ndr), avrebbe imboccato una brutta strada.

Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Ai mondiali di Richmond 2015, Malori conquista l’argento andando oltre il limite che si era prefissato nella testa
Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Ai mondiali di Richmond 2015, Malori conquista l’argento andando oltre il limite che si era prefissato nella testa
Quale strada?

Avrebbero cominciato a dire che la vittoria di Imola era stata il frutto del lockdown e non era credibile, al pari di altre vittorie che abbiamo visto in giro. Invece a Bruges ha dato un’enorme dimostrazione di carattere. Non solo di gambe, ma anche di testa. Ha corso davvero una crono da campione, davanti ad avversari proprio forti. E’ andato bene anche Remco. Pippo non ha dominato come in altre occasioni, ma il livello si sta alzando tantissimo e ormai bisogna abituarsi a pensare che si vince anche per poco.

Villa racconta il Ganna che non si vede

19.09.2021
3 min
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Villa cammina dietro, come sempre. Il centro di Bruges brulica di tifosi fiamminghi, che puntano all’ultima birra e poi torneranno a casa o in hotel. Da questi stessi vicoli anni fa partiva il Giro delle Fiandre, così la presenza traboccante di tifosi non è una novità. Di diverso c’è che alla partenza si cullano speranze, mentre qui l’arrivo di Ganna ha gelato Van Aert ed Evenepoel. E mentre Pippo racconta a selve di microfoni la vittoria e le sue sensazioni, il suo tecnico della pista e anche della crono lo segue con lo sguardo e il sorriso.

Dopo l’oro olimpico del quartetto, per Villa un altro giorno speciale con il “suo” Filippo Ganna
Dopo l’oro olimpico del quartetto, per Villa un altro giorno speciale con il “suo” Filippo Ganna
Non sarà come la commozione di Tokyo, ma sembri felice…

E’ andata bene, dai. E’ partito nel modo giusto, ha giostrato bene lo sforzo di 47 minuti. Gli avevamo detto che sarebbe durata sui 48, lui diceva 49 invece ha fatto ancora meno (Ganna ha vinto la crono iridata in 47’47”, ndr). E’ andato forte. Arrivava da una stagione incredibile, ma difficile da gestire. Dopo le olimpiadi era giusto riposare, non arrivare qua con troppe gare perché aveva bisogno di recuperare sia di testa che di gambe, però…

Però diceva di essere nervoso e che ha avuto bisogno dei compagni, della nazionale…

Era nervoso come sempre, ma si sa aggrappare alle persone giuste. Avrà fatto le sue telefonate, mandato i suoi messaggini a tutto il gruppo di cui si fida… E alla fine parte sempre giusto. Questa volta è arrivato giustissimo!

Com’è stata l’attesa della partenza?

Stamattina non si svegliava più, si è alzato anche tardi. Siamo arrivati giusti, abbiamo preparato bene l’appuntamento, con Velo e Cioni. Cassani gli ha dato la tranquillità. Pippo ha voluto correre a Trento la prova su strada e Davide giel’ha fatta fare. Ha voluto togliersi dalla prova in linea qui in Belgio e abbiamo riprogrammato i due mondiali. Questo l’ha azzeccato, vediamo l’altro.

Prima di tornare in hotel, la rituale firma delle maglie
Prima di tornare in hotel, la rituale firma delle maglie
Che differenza fra Bruges e Imola?

Ci credo sempre in Pippo, ma l’anno scorso è stato una sorpresa per tutti. Intendiamoci, qualcosa ci aveva fatto vedere prima, al campionato italiano e alla Tirreno. Questa volte doveva rimontare. Le Olimpiadi ci avevano fatto vedere che i campioni olimpici erano altri. Ma qui Pippo ha dimostrato di avere testa. A Tokyo aveva detto in anticipo che il circuito non era per lui, ma che con uno più adatto poteva giocarsela. Oggi ha trovato il percorso giusto e ha vinto.

Van Aert vola, ma è ancora secondo. L’urlo strozzato di Bruges

19.09.2021
4 min
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L’urlo di Bruges viene smorzato da Filippo Ganna. Per carità, i fiamminghi sono sportivi, ma quando lo speaker annuncia il nostro eroe la risposta della piazza è molto più pacata. Come è normale del resto. Nella cronometro individuale che apriva i mondiali 2021, Pippo ha messo in riga due belgi, i due beniamini di casa: Remco Evenepoel e soprattutto Wout Van Aert.

Ganna strozza l’urlo della folla di Bruges. Tantissima gente anche lungo il percorso
Ganna strozza l’urlo della folla di Bruges

Finale thrilling a Bruges

Proprio Pippo e Wout sono riusciti a farci “mangiare le unghie” in una crono, cosa a dir poco rara. Per tre quarti d’ora abbondanti hanno viaggiato sul filo dei secondi. Avvio a favore di Van Aert, parte centrale in pareggio e finale a favore di Ganna. Il loro gap? Solo 5,37”, il resto del mondo lontano.

Van Aert è davvero amato dal suo popolo. Quando è arrivato al bus per il riscaldamento si è alzato un vero boato. Un boato che è stato ancora più grande quando a Bruges ha concluso la sua prova decisamente in testa. Lui a terra, contava i secondi mentre Ganna continuava a mangiarsi l’asfalto. E quel cronometro che prima scorreva velocissimo sembrava si fosse inchiodato all’improvviso. Il verdetto lo conosciamo.

Van Aert ha provato il percorso iridato per la prima volta (dopo i sopralluoghi precedenti) lo scorso venerdì
Van Aert ha provato il percorso iridato per la prima volta (dopo i sopralluoghi precedenti) lo scorso venerdì

Tanto lavoro… per la strada

«Van Aert ha preparato meglio la prova su strada – ci dicono subito dal suo staff della Jumbo – Ha fatto un enorme lavoro a Livigno. Ha dormito a 3.000 metri di quota. Era contentissimo di come è andata in Inghilterra, al Tour of Britain». Nella gara inglese Wout aveva trovato le risposte che voleva, come sempre accade dopo tanto lavoro. Era brillante. E la “sverniciata” ad Alaphilippe ne era stata la dimostrazione simbolo.

Poi ecco i mondiali e la pressione che man mano inevitabilmente cresce. Van Aert non ha neanche più provato troppo il percorso nella settimana finale. Ha girato solo a ridosso della gara. Ma aveva già fatto i suoi sopralluoghi mesi prima.

Van Aert (27 anni) in conferenza stampa
Van Aert (27 anni) in conferenza stampa

Van Aert deluso

A caldissimo Van Aert si chiara deluso della sua medaglia d’argento.

«Non è divertente – dice il belga – arrivare di nuovo secondo, tanto più che ho preso così poco distacco. Non è facile da accettare, ma non sono deluso della mia prestazione. Sto bene, credo di essere in forma. Alla fine mi ha battuto uno specialista. Sapevo che dopo gli europei sarebbe andato più forte».

«Su un percorso così piatto l’aerodinamica contava tantissimo e tutto era stato curato al massimo. I distacchi? Ho fatto la mia gara, sapevo che le informazioni erano corrette e che lui – indicando con la bottiglietta in mano Ganna durante la conferenza stampa – sarebbe andato veloce. No, nn sono partito troppo forte, ma ho cercato di spingere al massimo, di mantenere alta la velocità sempre e fino sull’arrivo di Bruges».

«Io resto super motivato. Siamo partiti bene ed è stato super pedalare nelle Fiandre con così tanto pubblico».

Quanta Jumbo! Affini mostra i dati della crono a Dumoulin che, infortunato, è ospite della tv locale
Quanta Jumbo! Affini mostra i dati della crono a Dumoulin che, infortunato, è ospite della tv locale

Affini doppio compagno

A godersi la sfida c’era anche Edoardo Affini, compagno di entrambi: di Ganna in nazionale e di Van Aert alla Jumbo-Visma.

«Li conosco tutti e due – dice il mantovano – certo Pippo lo conosco meglio perché siamo cresciuti insieme. Ha fatto una cosa spettacolare. Si è confermato campione del mondo e c’è solo da togliersi cappello. Tanta gente che gli ha dato conto nell’ultimo periodo. Secondo alcuni si dovrebbe vincere sempre ma non è così. Specialmente adesso che il livello è tanto alto come si è visto anche oggi. Van Aert pure è andato fortissimo».

Con Edoardo, proviamo a metterci nella testa di Va Aert, cosa passa nella mente di chi ha perso una gara così lunga e importante per appena 5,3”?

«Secondo me passano tante parole che non si possono dire! Penserà dove può averli persi quei secondi, se ha fatto male qualche curva… Ma c’è davvero poco da pensare. Se lo conosco bene ha dato tutto, come al solito del resto. Lui è veramente un animale da corsa. In certe situazioni si esalta. E poi correva in casa, ma non credo abbia accusato la pressione. Dopo diverse stagioni ai vertici penso si sia fatto le ossa. E’ sottoposto a queste pressioni tutto l’anno, specialmente qui in Belgio dove il ciclismo lo mangiano a colazione e lo spalmano sul pane! Dal mio punto di vista, quando abbiamo corso insieme, non fa percepire che sia sotto pressione.

«Se ha speso troppo in Inghilterra? Secondo me Wout ha fatto un ottimo avvicinamento… e io starei attento a lui domenica. E la chiudo qui…».

Zitti tutti, suona l’Inno di Mameli. Ganna, il sogno è realtà

19.09.2021
4 min
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«Ognuno di noi ha il suo stress personale. Io per confermare la maglia, gli altri per cercare di vincerla. Quando stamattina mi sono svegliato, ho capito che avevo il sogno di vincere e quando ho tagliato il traguardo, ho pensato che il sogno si era avverato. Ma non è stato facile. Non è mai facile…».

Ha impostato la crono prevedendo di crescere nel finale: tattica vincente
Ha impostato la crono prevedendo di crescere nel finale: tattica vincente

Sinfonia azzurra

Le sei di un pomeriggio che non dimenticheremo tanto presto. L’apertura dei mondiali di Flanders 2021 parla italiano e lo fa con la potenza del nostro gigante. Ganna ha vinto la maglia iridata della crono con una rimonta strepitosa ai danni di Van Aert. Quasi sette secondi di ritardo al primo intermedio. Meno di un secondo al secondo. Sei secondi di vantaggio sul traguardo. Raramente una sfida a crono ha avuto una tensione così alta, mentre Evenepoel friggeva sulla hot seat, avendo però capito che il suo miglior tempo avesse ormai i minuti contati.

Di colpo sul traguardo i tifosi belgi si sono spenti e adesso Van Aert ed Evenepoel masticano complimenti a denti stretti e raccontano la sconfitta. Ganna no, lui sorride e si fa largo col suo inglese in un mare di sensazioni bellissime. Quando nella grande piazza del podio è risuonato l’Inno di Mameli, il pubblico ha mantenuto il silenzio. E alla fine l’applauso per l’azzurro è stato ugualmente fragoroso: da queste parti i campioni di ciclismo non hanno passaporto. La sala stampa l’hanno ricavata dietro le quinte dell’auditorium cittadino, un enorme salone nel centro di Bruges. E Pippo stasera sembra più alto del solito.

E’ arrivato stremato, questa volta lo stress prima del via era tanto
E’ arrivato stremato, questa volta lo stress prima del via era tanto
Sembrava fossi partito piano…

Sono partito piano, come si fa in una crono di 44 chilometri. Volevo evitare di finire subito nella zona rossa. E quando a metà gara ho capito di non averla ancora raggiunta, ho pensato che si poteva combinare qualcosa di buono. Non ero nelle mie condizioni preferite. Non è facile rimanere calmi, non è facile tenermi calmo. Ho avuto nei miei compagni dei grandi motivatori. La squadra, la nazionale, gli allenatori. Vincere davanti a due di loro in questa regione del mondo, che è pazza per il ciclismo, vale doppio.

I tifosi intanto ti dicevano di rallentare…

E allora ho capito che forse stavo chiudendo il gap e mi sono messo a spingere più forte. Ringrazio Wout e Remco per avermi costretto a lavorare più forte. Quando le cose non vanno come vorresti, la motivazione viene dai rivali. Quando ho visto Evenepoel così forte nella corsa di Trento e ho letto delle vittorie di Van Aert in Gran Bretagna, ho pensato che di avere un altro buon motivo per fare una grande prestazione.

Sul podio, in Belgio, fra due belgi: il publbico è stato lo stesso molto sportivo
Sul podio, in Belgio, fra due belgi: il publbico è stato lo stesso molto sportivo
Si può dire che sia la tua vittoria più bella?

La vittoria dell’anno scorso a Imola è arrivata in modo strano. Dopo il Covid, dopo una stagione assurda. Quest’anno ho scritto su un foglio i miei obiettivi e fra loro c’era anche questa crono. Questo non significa che sia stato facile, non è facile realizzare un sogno. Ma nella mia testa adesso c’è la conferma che Imola non fu per caso e che ho saputo farlo ancora. Imola in qualche modo ha cambiato la storia…

In che senso?

Se non avessi vinto, non sarei mai andato a Tokyo con l’idea di puntare alla crono. Sarei andato solo per la pista, dove abbiamo davvero un bel gruppo. Ma i piani sono cambiati, è arrivato un altro sogno. Ogni corsa fa storia a sé.

Ti dispiace non correre domenica su strada?

Un po’ sì, avrei voluto aiutare Sonny e Matteo, ma non voglio precipitare le cose. Ho tanto da fare e voglio recuperare. C’è gente che dopo le Olimpiadi è andata in vacanza, io non mi sono mai fermato.

Le crono si vincono con i dettagli e nelle curve: 6″ dopo una prova di 43,3 chilometri sono pcohissimi
Le crono si vincono con i dettagli e nelle curve: 6″ dopo una prova di 43,3 chilometri sono pcohissimi
Che cosa pensi del fatto che hai vinto davanti a due belgi?

Un po’ mi dispiace per loro e un po’ per i loro tifosi. Oggi ho battuto uno che sa vincere nel cross, in salita, negli sprint e nelle crono, forse il miglior corridore degli ultimi 2-3 anni. Ma l’ho battuto per sei secondi. Vuol dire che sostanzialmente abbiamo fatto la stessa gara e che le crono davvero ormai si decidono per una curva.