Il ciclismo delle donne, fatica e alimentazione (seconda parte)

20.07.2023
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Torniamo al ciclismo delle donne, con gli occhi della dietista che fino allo scorso anno aveva maturato la maggior parte della sua esperienza tra gli uomini. Prosegue il nostro incontro con Erica Lombardi, responsabile dell’alimentazione al UAE Team ADQ.

Nell’articolo precedente, l’attenzione è caduta sulla lunghezza delle gare, il consumo calorico e la rapida evoluzione del ciclismo femminile. Ora si va più a fondo nelle specificità dell’ambiente nuovo anche per Erica, che ne sta approfittando per raccogliere conoscenze.

Erica Lombardi da quest’anno lavora al UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
Erica Lombardi da quest’anno lavora al UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
Dicevamo che le gare sono forse brevi, ma corse a ritmo sempre molto alto.

Le andature sono aumentate, parecchie corse sono arrivate in anticipo anche di 40 minuti. Quindi è vero che le corse sono più brevi, però sono anche molto intense. Come in parecchie tappe al Tour degli uomini o come succede nelle categorie giovanili. A ciò bisogna aggiungere qualcosa sul calendario. Rispetto agli uomini, Giro e Tour delle donne sono molto ravvicinati: ci sono 14 giorni.

Questo incide sulla nutrizione?

Nella settimana di scarico dopo il Giro, il corpo continua a recuperare tutto quello che ha speso, quindi è un lavoro metabolico immenso. Si avverte più fame, però bisogna stare attenti a recuperare senza lasciarsi andare, perché c’è da ripartire per il Tour. Anche nelle donne il timing dei due grandi Giri è difficile da gestire a livello alimentare.

Cosa succede in quelle due settimane?

Spesso tornano in altura. E’ molto utile, ma nella gestione alimentare c’è da considerare che hanno ancora il debito metabolico del Giro. In altura aumenta il fabbisogno energetico e idrico, quindi bisogna stare in equilibrio fra il senso della fame e l’esigenza di dare il giusto supporto. Sono dei meccanismi nutrizionali che vanno controllati per recuperare bene, ma anche per arrivare alla giusta composizione corporea.

Nelle musette delle ragazze ci sono di solito soltanto borracce: le gare sono brevi per dare cibi solidi
Nelle musette delle ragazze ci sono di solito soltanto borracce: le gare sono brevi per dare cibi solidi
Cosa si intende?

Dico sempre che il rapporto watt/kg è importante fra gli uomini, ma anche nel femminile. A differenza del ciclismo maschile però, quando si deve limare il peso, fra le donne bisogna fare più attenzione. Se si va sotto una certa quantità di massa grassa, si può incorrere anche nell’amenorrea, la scomparsa del ciclo mestruale, che dobbiamo sicuramente scongiurare per il benessere della ragazza.

Questo è un aspetto di cui tenere conto anche nell’allenamento e nella supplementazione?

Certo, gli allenamenti vengono stabiliti anche calcolando le fasi del ciclo, perché c’è una serie di cose che vanno considerate rispetto all’uomo, come ad esempio l’integrazione del ferro. Immaginate che cosa significa correre con il caldo, avendo il ciclo mestruale. A volte le ragazze possono avere improvvisamente delle prestazioni al di sotto del loro standard. Da fuori non si riescono a capire, in realtà hanno spiegazioni ben precise.

Bisogna avere delle attenzioni particolari con le ragazze o si possono proporre le diete degli uomini?

Bisogna evitare ancora di più le diete sbilanciate, perché l’equilibrio ormonale della donna è molto delicato. A voler fare un discorso generale, secondo me a volte i corridori mangiano troppe proteine, anche se meno rispetto ai tempi eroici dello zabaione e delle bistecche al sangue. Ormai è tutto improntato sul conteggio dei carboidrati, soprattutto nelle corse a tappe. E’ un mondo un po’ più sottile dal punto di vista dei particolari, bisogna fare attenzione a tutto.

Nei giorni più caldi in Sardegna, tutte le squadre hanno fatto ricorso a protocolli appositi (foto Instagram)
Nei giorni più caldi in Sardegna, tutte le squadre hanno fatto ricorso a protocolli appositi (foto Instagram)
Viste le tappe più corte, in cosa consiste la colazione delle ragazze?

Questo è un tema su cui insisto tantissimo. Quando non c’erano in giro dietisti e nutrizionisti, le ragazze generalmente tendevano a fare una colazione “all’italiana”, non rinforzata con riso e pasta come fanno gli uomini. Sto cercando di far capire anche a loro l’importanza che mangino il riso. Altrimenti per arrivare all’apporto desiderato di carboidrati, devi mangiare un sacco di muesli o tanto pane e finisci col gonfiarti. Invece con 100 grammi di riso, arriviamo a una quantità di carboidrati di 80 grammi. Per questo il lavoro che stiamo facendo è avvicinare la colazione delle ragazze a quella degli uomini, ovviamente rivista nelle quantità.

E il protocollo di nutrizione per le crono?

Su quello siamo molto vicini e molto dipende anche dall’orario di gara. La crono parte più tardi delle tappe in linea, quindi anche le ragazze fanno la seconda colazione rinforzata con il riso e come i maschi c’è chi ama aggiungere l’agave, la banana e il burro di cocco. Diciamo che per molti aspetti ci stiamo avvicinando, siamo sulla buonissima strada.

Come avete fronteggiato il grande caldo in Sardegna?

Quelle temperature così alte hanno stupito tutti. Abbiamo tendenzialmente previsto una quantità maggiore di acqua ai rifornimenti. Poi abbiamo attuato un protocollo, fatto dal medico, che prevede anche l’uso di ghiaccio. Il problema è che quando è così caldo, anche l’appetito va giù e in questo caso si possono utilizzare anche le gelatine di frutta che si chiamano Carbo Jelly C2:1PRO. Sono una via di mezzo tra il solido e il gel classico. Da questo punto di vista, Enervit ha la linea 2:1 che con la sua formulazione tra glucosio e fruttosio permette di assorbire quei famosi 90 grammi all’ora in maniera più facile. E poi, sempre contro il caldo…

Che cosa si è fatto?

Abbiamo aumentato un po’ la quantità di sale nei cibi, utilizzando anche il sale rosa, e fatto maggior attenzione a quella che dice “razione liquida”. Non è andata così male, visto che Chiara Consonni ha vinto l’ultima tappa, mentre Magnaldi ha fatto una bella classifica. Mi pare che siamo state l’unica squadra con due ragazze nelle prime 10 e questo risponde alle esigenze del nostro team di avere le ragazze in primis tutte in salute e performanti. 

La morale è che va bene avvicinarsi alla nutrizione degli uomini, ma ci sono anche specifiche totalmente diverse?

Riportare tutto agli schemi degli uomini non è così funzionale. Non voglio essere presuntuosa, ma stiamo costruendo la storia della nutrizione del ciclismo moderno nelle donne. Se negli uomini è già abbastanza collaudata, nelle donne sta affinandosi tutto adesso. Ci sono dei punti effettivamente diversi rispetto agli uomini, anche se per altri aspetti il sistema si sta molto omologando.

Chiara Consonni e la sua torta di compleanno: il rapporto col cibo deve essere inserito in una strategia (foto Instagram)
Chiara Consonni e la sua torta di compleanno: il rapporto col cibo deve essere inserito in una strategia (foto Instagram)
Ultima domanda: Erica Lombardi dietista è vista come amica o come controllore?

In generale dietisti e nutrizionisti sono sempre visti, almeno inizialmente, come quelli che controllano. In realtà il mio compito è quello di aiutare le ragazze nel loro percorso di educazione alimentare senza creare stress, rappresentare un supporto nel contesto di un lavoro di salute e performance sempre condotto in team. Il cibo deve diventare un gregario e non un avversario utile a bypassare il timore di non raggiungere la forma fisica e poi di riperderla. In questo la nutrizione gioca un ruolo fondamentale.

Giro Donne, a tavola con Erica Lombardi (prima parte)

19.07.2023
6 min
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Una chiamata per sapere in che modo abbia gestito la nutrizione del UAE Team Adq durante il Giro d’Italia Donne e la conversazione con Erica Lombardi si trasforma in un approfondimento pazzesco. Il tutto con una premessa importante: contrariamente rispetto alle squadre che dividono lo staff fra uomini e donne, in casa UAE la dietista è a servizio esclusivo del team femminile. Questo consente di dedicarsi alle singole atlete e alla loro salute con tutto il tempo necessario.

«Sono stata per anni all’Astana – inizia Erica – una famiglia che ho nel cuore. Ho avuto direttori di grande esperienza come Martinelli e preparatori come Mazzoleni. Ho appreso tantissimo, ma nel lavoro bisogna anche evolvere. Il ciclismo femminile è un mondo che sta crescendo. C’è una letteratura scientifica minore e soprattutto è tutto più complesso. Ci sono altre componenti, metaboliche e ormonali, che cambiano le dinamiche di approccio alla nutrizione e all’allenamento. In questo senso, essere qui è un progetto che mi ha incuriosito, per questo ho accettato».

Erica Lombardi, toscana, è da quest’anno la dietista del UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
Erica Lombardi, toscana, è da quest’anno la dietista del UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
L’approccio con l’atleta è sempre lo stesso?

Io parto sempre da un coaching nutrizionale, che consiste nel seguire l’atleta e fare un lavoro di educazione. Si può anche mandare un piano di nutrizione periodico, però è un metodo diverso. Io credo che l’atleta, uomo o donna senza differenze, debba essere educato e reso più autonomo possibile. Il ciclismo è uno sport di situazione, se al corridore non abbiamo dato tutti gli strumenti per gestirsi in maniera autonoma, quando non ha il cuoco o quando non ha vicino l’ammiraglia, la nostra strategia nutrizionale non sarà davvero funzionale. Detto questo, le ragazze con cui lavoro sono tutte informate a vari livelli.

Domanda successiva, appunto: che livello di conoscenza hai trovato?

Le sento esprimersi come farei io. Parlano di protocollo, in base al percorso. Una volta, neanche tanti anni fa, l’atleta non aveva tutta questa proprietà. Ma paradossalmente, devono affinare queste conoscenze. Sono molto informate, anche perché le informazioni sono molto più fruibili rispetto a un tempo e questo potrebbe creare confusione. E’ bene che abbiano le informazioni che servono, non quelle in eccesso che si trovano sul web. Il ciclismo femminile è esploso negli ultimi due anni ed è arrivato tutto in fretta. In squadra abbiamo una chef bravissima, Alessandra Rubini, che viene dalla Scuola Alma e ha lavorato in ristoranti stellati. Fa dei piatti che, oltre a essere strutturati a livello di macronutrienti per percorso, sono buonissimi. Ogni menù viene strutturato per tipologia di tappa, viene proporzionato sulle esigenze personali, i gusti e i vari ruoli

Per tipologia di tappa e in base ai ruoli?    

Se un corridore deve andare in fuga, avrà un tipo di alimentazione. Se deve fare il finale, ne avrà un’altra (questo soprattutto per la colazione e la strategia in gara). Gradualmente la situazione si sta uniformando al mondo maschile. Diamo più scelte a livello nutrizionale, dei piatti personalizzati. Io faccio un menu funzionale per la data tappa, la chef permette loro di mangiare nel modo giusto con più scelte. Quindi la sera si siedono a tavola con il sorriso. Il nostro motto è «Eat healthy and with a smile». E questo forse è più rispetto a quello che si aspettavano le ragazze stesse.

Le ragazze hanno capito che curando a dovere l’alimentazione, le prestazioni in salita crescono a vista d’occhio
Le ragazze hanno capito che curando a dovere l’alimentazione, le prestazioni in salita crescono a vista d’occhio
Fra le novità c’è anche la presenza fissa della dietista?

Si devono abituare alla mia presenza, ma in questa squadra c’è un un’organizzazione molto strutturata. Per ogni corsa ho tantissime informazioni da parte proprio dei direttori sportivi e dei preparatori atletici. Addirittura, si possono avere delle previsioni abbastanza affidabili delle chilocalorie e dei watt che saranno necessari. Avendo tutte queste informazioni, si può fare una strategia nutrizionale veramente ad hoc

Che rapporto c’è fra l’atleta donna e il peso?

Fra gli uomini, il fatto di pesarsi è più sistematico. La donna tende ad essere più attenta al proprio corpo e alle sue variazioni, influenzate anche dai cambiamenti ormonali. Anche gli uomini ci tengono sempre di più, però ci sono sicuramente delle differenze. Innanzitutto per la quantità di cibo, perché le corse delle donne sono più brevi. La logistica stessa è diversa: anche noi abbiamo i rifornimenti, però nel ciclismo maschile all’interno del sacchetto ci sono anche alimenti solidi, da noi si mettono borracce. La ragazza parte con panini, rice cakes, barrette e gel già nella tasca.

Altre differenze?

I grammi di carboidrati per ora sono inferiori, perché è tutto proporzionato al peso corporeo e ai watt che si sviluppano. I ragazzi adesso sono arrivati a fare anche più di 120 grammi, di recente ho sentito parlare anche di 140. Nel ciclismo femminile siamo intorno a 90, c’è qualche eccezione che arriva a 100, ma la il range di fabbisogno è sempre 60-90 grammi per ora. Anche il “recovery”, il pasto dopo la tappa è diverso, ma della sfera degli integratori si occupa esclusivamente la dottoressa. Nella donna dobbiamo stare più attenti ad alcune carenze, come ad esempio il ferro durante il ciclo.

Erica racconta che in Sardegna al Giro era così caldo che è stata aumentata la quota d’acqua e di ghiaccio
In Sardegna era così caldo che è stata aumentata la quota d’acqua e di ghiaccio
Come avete preparato il Giro? Ci sono stati dei meeting in ritiro?

In questo team, la comunicazione è veramente costante, ci si confronta tutti i giorni. Sono stata in ritiro con il gruppo delle ragazze che avrebbe fatto il Giro. Sappiamo benissimo che i grandi Giri non si costruiscono durante la corsa, cioè quando i giochi sono fatti. Quindi l’alimentazione è una delle basi che abbiamo posto in ritiro. Quando simuliamo una distanza o lavoriamo su alcuni meccanismi, anche l’alimentazione deve essere collaudata. Non si può provare niente durante il Giro che non si sia provato in ritiro. Il vantaggio di essere presente sul campo è che certi giorni ti basta guardarle in faccia per capire come stanno e adattare la loro alimentazione.

Dal punto di vista del consumo, le 9 tappe del Giro donne sono paragonabili alle 21 del Giro uomini?

Il dispendio calorico medio è inferiore rispetto a quello cui vanno incontro i ragazzi, perché per esempio loro arrivano anche sopra a 5.000 calorie, mentre qui più di 2.500 non le ho mai viste. I chilometraggi stanno aumentando, come pure la presenza delle crono, per le quali si struttura un protocollo nutrizionale ad hoc.

Una crono, Laura Tomasi in azione. Secondo Erica, la colazione prima di certe tappe si avvicina a quella degli uomini
Una crono, Laura Tomasi in azione. La colazione prima di certe tappe si avvicina a quella degli uomini

Nel prossimo articolo, che pubblicheremo domani, entreremo più nello specifico della gestione alimentare delle ragazze in base alle loro esigenze. Il dato del minore consumo energetico in relazione alle minori distanze di gara ci riallaccia alle parole dette pochi giorni fa da Paolo Slongo. Le ragazze avrebbero i mezzi per correre su distanze superiori, ma la confusione che regna fra le categorie, lo rende ancora impossibile.

Alimentazione invernale e i rimedi di una volta

22.11.2022
6 min
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Una volta quando arrivava l’inverno i vecchi adagi suggerivano di prendere una spremuta d’arancia. O mangiare verdure di stagione. O ancora di mandare giù un cucchiaino di pappa reale. Erano i “rimedi della nonna”, soluzioni empiriche, soluzioni di chi non aveva altro, mettiamola come ci pare, ma che un fondamento lo avevano eccome. Ci si chiede se nel ciclismo tecnologico attuale tutto ciò ha ancora senso?

Erica Lombardi, dietista dell’Astana Qazaqstan e di molti altri atleti, ci accompagna in questo viaggio che come vedremo è molto meno scontato di quel che possa sembrare. Dietro i rimedi della nonna c’è una sapienza enorme ancora molto valida.

L’Astana in allenamento. D’inverno i corridori bruciano di più. Un po’ di carboidrati non dovrebbero mai mancare nei loro muscoli
L’Astana in allenamento. D’inverno i corridori bruciano di più. Un po’ di carboidrati non dovrebbero mai mancare nei loro muscoli

Costruire la base

«Prima di dire se la spremuta d’arancio sia ancora valida – inizia la Lombardi – è necessario fare un preambolo. E cioè che siamo in inverno e l’inverno è la fase della costruzione, della base.

«Dopo l’off-season c’è chi ha mollato anche a tavola e sente il bisogno di tornare ad avere un’alimentazione funzionale. Magari è anche ingrassato un po’ e vuole dimagrire e farlo velocemente. Così pensa a chissà quali diete particolari, vuol bruciare le tappe».

Sono molti i corridori, di tutte le età, che fanno richieste particolari. Ecco dunque delle diete sbilanciate, diete che in primis vanno a ridurre drasticamente i carboidrati.

«Io spesso faccio fare dei diari alimentari in cui si annota tutto, ma proprio tutto, ciò che si mangia durante il giorno, comprese la calorie vuote (bevande gasate, lo zucchero in quei due-tre caffè…), e noto che in tanti pensano: “Non corro, non mi servono i carboidrati”. Non è così.

«Adesso quando in bici 3 ore è come se ne facessero 5 d’estate, sono meno allenati e hanno anche un’altra capacità lipidica e glicolitica. Il fisico brucia di più. Sì, si può anche prendere energia dai grassi e dalle proteine, ma è un processo lungo e non sempre fruttuoso. In questo caso soprattutto i carboidrati hanno una funzione anche anabolica naturale».

«Quindi okay alle diete, ma fatte con intelligenza e nel rispetto dei tempi. Ricordandoci, come ho detto all’inizio, che questo è il periodo della costruzione».

Bresaola e limone: il connubio perfetto per assumere ferro in modo naturale
Bresaola e limone: il connubio perfetto per assumere ferro in modo naturale

Semplicità della natura

I rimedi della nonna in tal senso sono utili per più motivi: primo perché si rifanno a cibi semplici e in teoria più sani e poi perché sono facili da reperire ed eventualmente da preparare.

«Ripetibili, semplici ed efficaci: queste sono le direttrici degli alimenti per l’inverno. La spremuta d’arancio contiene vitamina C. Questa in formato sintetico (l’integratore) potrebbe anche essere più assorbibile, però anche in un periodo tranquillo ci si ritrova ad ingerire cose industrialmente elaborate. E si contribuisce alla cultura della pastiglia».

 

«Idem per l’assunzione del ferro. C’è una dieta, la “Tredici-Jacoponi-Arcelli”, che per l’assunzione del ferro punta molto sui cibi che ne contengono in quantità come la bresaola, il polpo… associati agli agrumi. Anche a delle spremute. In questo modo se ne assume molto di più e in modo del tutto naturale. Ed è una dieta scientificamente dimostrata».

La frutta secca è preziosa in inverno. Una volta addirittura veniva usata per le farine, su tutte quella di castagna
La frutta secca è preziosa in inverno. Una volta addirittura veniva usata per le farine, su tutte quella di castagna

Prevenzione

Alimentarsi in questo modo, assicura la Lombardi è anche un ottimo viatico nel segno della prevenzione dai malanni di stagione. «La natura – afferma la dietista – ci dà ciò che ci serve in quel momento. 

«La frutta contiene enzimi che agiscono a livello metabolico e aiutano il sistema immunitario. Cibi come gli agrumi, la melagrana ad esempio sono antiossidanti eccezionali e contengono molta vitamina C».

C’è poi tutta la parte relativa alla frutta di stagione. Anche questi erano alimenti preziosi in passato.

«Le castagne o i kaki per esempio li definisco carboidrati dall’albero – dice la Lombardi – analizzando la loro composizione, soprattutto le castagne ne contengono moltissimi. Varia molto come vengono mangiate: bollite, fresche, sul fuoco… più si asciugano e più la quantità di carboidrati aumenta in percentuale. Cento grammi di castagne fresche contengono circa 35 grammi di carbo, se invece sono secche ne contengono 62. In pratica come un piatto di pasta. Pertanto bisogna stare attenti.

«E qui torna il discorso del diario, su cui annotare tutto. Questo strumento che dà consapevolezza di ciò che si mangia».

La melagrana fornisce tanta vitamina C ed è un super antiossidante
La melagrana fornisce tanta vitamina C ed è un super antiossidante

Proteine e grassi

Ma d’inverno non servono solo vitamine o carboidrati. Magari è il periodo della palestra e quindi anche la parte proteica ha il suo peso. Come detto siamo in costruzione e per costruire le fondamenta servono un po’ tutti i “materiali”.

«Un altro dei rimedi vecchio stile è lo zabaione – va avanti la dietista – L’uovo fa parte delle proteine nobili. Magari anziché fare lo zabaione con lo zucchero meglio metterci della stevia o del succo d’agave.

«Le proteine possono essere assunte anche con lo yogurt o con del kefir che contribuiscono all’equilibrio gastrico e immunitario».

«Se si fa la pasta va bene anche un piatto con la ricotta e la noce moscata (le spezie, vedi noce moscata e curcuma sono ideali per il sistema immunitario). Con la ricotta si va a sostituire il Parmigiano che viene mangiato tutto l’anno».

Per quanto riguarda i grassi (ma non solo quelli) ci sono poi le noci, uno dei frutti simbolo della stagione autunnale-invernale.

«Contengono grassi, ma sono sempre “dall’albero”. Tuttavia bisogna stare attenti. Fanno bene perché hanno tanti nutrienti preziosi come gli omega-3, per esempio, ma hanno anche parecchie calorie».

Prepararsi le barrette in casa con cereali e frutta secca può essere un sano passatempo
Prepararsi le barrette in casa con cereali e frutta secca può essere un sano passatempo

Fai da te

Erica Lombardi da sempre ci ha parlato di equilibrio e di un’alimentazione il più naturale possibile. E anche in questo caso mantiene la sua linea. I vecchi rimedi pertanto in questa fase vanno benissimo anche per i corridori, purché ben calibrati nelle quantità e nell’arco della giornata. Puntare su cibi facilmente reperibili è importante, per la qualità della propria alimentazione. 

Prepararsi i cibi da soli (biscotti per la colazione, barrette…) è un ottimo rimedio per prendere consapevolezza di ciò che si mangia e anche per ammazzare il tempo che spesso è il primo traditore. Stando a casa si ha più tempo libero ed è più facile cadere in tentazione. Cucinare il più possibile consente di mangiare cibi più genuini, scevri da trattamenti industriali-sintetici.

Tra sgarri e bilancia, l’alimentazione durante lo stacco

15.10.2022
4 min
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Manca ancora all’appello la Veneto Classic di domani, ma già di parla di stacco invernale. Michele Bartoli ci ha detto di come ci si dovrebbe comportare con l’allenamento, Erica Lombardi dietista dell’Astana Qazaqstan, ci dice invece cosa bisogna fare con l’alimentazione.

Quanto si può ingrassare? Ci si può lasciare andare del tutto? Quantità e qualità dei cibi possono (o devono) variare? Per molti corridori, specie quelli quelli over 30, cresciuti con altre teorie alimentari, questa porzione dello stacco è forse quella più delicata.

Per limitare la fame e aumentare il senso di sazietà bisogna mangiare bene e spesso invertendo l’ordine canonico dei macronutrienti
Per limitare la fame e aumentare il senso di sazietà bisogna mangiare bene e spesso invertendo l’ordine canonico dei macronutrienti
Erica, Bartoli dice che un paio di chili in più fanno bene per lo stacco invernale. E’ così?

Di base di direi di sì, ma non c’è una regola univoca. Il pilastro fondamentale è: come finisco la stagione? Se l’ho finita bene, con un ottimo peso forma, allora imposto lo stacco in un certo modo. Se invece ho corso poco magari per il covid e non sono nel peso forma dovrò regolarmi in altro modo. Il tutto pensando che cambieranno le nostre abitudini.

Certo, non si corre, non ci si allena e ci sono tutti altri ritmi…

La TID – termogenesi indotta dalla dieta – va a diminuire. Correndo è più “facile” gestire un atleta dal punto di vista alimentare. Hai un timing serrato, tra corsa e riposo nel quale mangi cibi più semplici. Mangi di più e più spesso. A casa senza attività non puoi farlo.

Quindi come si fa?

I cibi per essere digeriti richiedono uno sforzo, per esempio per bruciare i grassi consumo più calorie. E questo è un aiuto. Di contro non bisogna fare l’errore di assumere cibi molto digeribili perché si ha paura d’ingrassare e poi non essere sazi. Un esempio classico: lo yogurt scremato. Dopo 10 minuti hai di nuovo fame. Quindi ci si può togliere qualche sfizio, qualche peccato di gola. Carne rossa, qualche cibo più grasso… cose che sono anche più lente da digerire e allontanano il senso di fame.

Durante lo stacco invernale, anche se si esce poco, l’obiettivo è saziarsi senza ingerire troppe calorie. Qui Andrea Bagioli
Durante lo stacco invernale, anche se si esce poco, l’obiettivo è saziarsi senza ingerire troppe calorie. Qui Andrea Bagioli
Se abbiamo ben capito meglio un piatto di pasta all’amatriciana, che è ben condito e delizia il palato, piuttosto che mangiare cibi sani ma in più quantità?

Sì, purché non diventi la regola. Bisogna invece sfruttare al meglio la ripartizione del pasto e magari invertire l’ordine dei cibi. Iniziare quindi con la verdura, passare poi alle proteine e infine ai carboidrati. Carbo che è preferibile siano grani antichi, farro, pasta integrale, tanto più che nel pieno della stagione assumere molte fibre non è indicato. 

Perché bisogna invertire l’ordine dei cibi?

Perché cambi il risultato metabolico: le calorie sono quelle ma con altri effetti. In pratica “fai meno glicogeno”. E mangiando prima le fibre (verdure) e poi le proteine si ha più senso di sazietà e si mangiano anche meno carboidrati. E la digestione è più lenta. 

Una buon piatto di amatriciana accontenta stomaco, palato… e occhi
Una buon piatto di amatriciana accontenta stomaco, palato… e occhi
Il limite dei due chili di Bartoli quindi è attendibile?

Andare troppo oltre non fa bene, ma bisogna valutare caso per caso e anche la struttura dell’atleta (2 chili su un corridore di 60 chili sono una cosa, su uno di 80 ne sono un’altra, ndr). E poi tutti i cambiamenti in eccesso e in difetto portano scompensi. Bisogna essere equilibrati.

Equilibrio, parola chiave nella tua “filosofia”…

Soprattutto in questo periodo. L’inverno serve per costruire. E per costruire bene servono mattoni solidi, altrimenti a febbraio, alla prima tempesta crolla tutto. Quei 2-3 chili in più sono importanti per le riserve, sono la base. La base per poter incamerare poi bene il glicogeno e quindi fare delle buone prestazioni. Servono per le difese immunitarie.

Come cambia l’alimentazione tra dilettanti e professionisti

26.02.2022
5 min
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Quando da under 23 si passa tra i professionisti le cose cambiano e non poco. Nella nostra intervista, Michele Gazzoli ci ha detto che oltre ad essere aumentata la distanza delle gare è cambiata anche la sua alimentazione per affrontarle. Queste le sue parole: «Per la seconda volta facevo una distanza del genere (200 chilometri, ndr). C’è una tipologia di alimentazione più sostanziosa, soprattutto per chilometraggi di questo genere».

Abbiamo così chiesto a Erica Lombardi, dietista che segue l’Astana Qazaqstan, proprio dove milita Gazzoli, come cambia l’alimentazione quando si entra nel mondo dei pro’.

Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche under 23 ed alcuni team juniores
Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche under 23 ed alcuni team juniores

Organizzazione differente

«La differenza di organizzazione logistica e nutrizionale tra i team under 23 ed i professionisti è abissale – inizia la Lombardi – le squadre WorldTour sono organizzate con un team di cuochi, nutrizionisti, camion cucina… Tuttavia bisogna ammettere che tra i dilettanti ci sono dei grandi miglioramenti e l’impegno, nei limiti del possibile, è davvero ampio».

«Dal mandare un menù via mail all’avere un cuoco c’è una bella differenza. Sono dettagli che aiutano ad avere il controllo, altra parola chiave nella nutrizione sportiva. E si deve sempre controllare tutto: qualità, quantità, condimenti… Attenzione però, la bilancia non deve diventare un’ossessione ma uno strumento che aiuta a migliorare».

I team WorldTour hanno a disposizione un cuoco il che rende più facile il controllo di qualità e quantità del cibo rispetto ai team U23
I team WorldTour hanno a disposizione un cuoco il che rende più facile il controllo di qualità e quantità del cibo rispetto ai team U23

Alimentazione ed esperienza

«Il mio lavoro in un team WorldTour è più organizzato e se vogliamo più “semplice” perché ho, appunto, più controllo. Anche se la parola d’ordine, in tutte le categorie, è educazione. Non devo imporre un metodo, ma devo educare i corridori a far capire loro come si lavora. Il ciclismo è uno sport situazionale, non è tutto programmabile. Può succedere che cambino le cose in corsa ed il corridore deve sapere cosa fare».

E in tal senso proprio Gazzoli ci aveva riportato l’esempio dei ventagli in corsa. Un imprevisto che ha scombussolato le carte in tavola sia sul piano tattico che su quello del dispendio energetico.

«Questo è un esempio – afferma la Lombardi – Prima della gara puoi programmare delle grammature di carboidrati o un regime di alimentazione pensato appositamente per quella tappa. Ma se poi ci sono delle situazioni (ambientali, di intensità…) che variano il corridore deve sapere come cambiare la sua alimentazione per ottenere il medesimo risultato». E farlo da under 23 in cui si è meno esperti e meno seguiti è più complicato.

I gel sono un’ottima alternativa alle barrette per quanto riguarda l’apporto rapido di energia (foto Drone Hopper)
I gel sono un’ottima alternativa alle barrette per quanto riguarda l’apporto rapido di energia (foto Drone Hopper)

Questione di grammi

L’alimentazione in corsa per un pro’ rispetto ad un under 23 è più sostanziosa quindi. Più chilometri e anche sforzi maggiori. Erica spiega le differenze

«La grande differenza è nelle tipologie di corse che si affrontano. Un under 23 difficilmente fa delle gare a tappe. Quindi la sua alimentazione è improntata sulla massima prestazione nelle ore di corsa. Un professionista, invece, fa molti più giorni di corsa consecutivi quindi ogni singolo alimento ingerito ha l’obiettivo di reintegrare gli sforzi anche in vista delle tappe successive».

«A livello pratico, pertanto, la grande differenza si fa nelle quantità di carboidrati assunti nelle ore di gara. Un under 23, in proporzione allo sforzo ed alla tipologia di gara, ha una grammatura di carboidrati che varia tra i 60 e di 90 grammi per ora. Per un professionista questo valore cambia moltissimo, si va ben oltre i 100 grammi. Molto oltre».

«Ed è un valore elevato da soddisfare. Le barrette pesano 40 grammi, al loro interno hanno 25 grammi di carboidrati. Un under 23 ricopre bene tutte le esigenze nutrizionali, più che altro perché le sue gare non sono così lunghe.

«Per un professionista, invece, è difficile raggiungere l’apporto richiesto, per questo oltre al cibo solido si usano anche i liquidi, una borraccia può apportare fino a 100 grammi di carboidrati, chiaramente ben miscelati. Tutto è più estremizzato». Senza contare che tutto è molto più personalizzato.

Tra i pro’ le rice cake sono molto più utilizzate (foto Facebook)
Tra i pro’ le rice cake sono molto più utilizzate. Qui il massaggiatore Umberto Inselvini mentre le prepara (foto Facebook)

Recupero, differenza maggiore

Subentra poi una questione che forse è ancora più centrale: quella del recupero. Probabilmente la differenza più grossa non è tanto nell’alimentazione durante lo sforzo, che comunque come abbiamo visto è maggiore e più curata, ma nelle esigenze del recupero.

Correndo di più, per chilometri e numero di giorni, il pro’ deve essere più attento a questo aspetto. Un dilettante può anche essere meno capillare, pesare meno il cibo o sceglierne uno magari “meno indicato”. Per esempio, un piatto di pasta al posto del riso.

Il fabbisogno energetico in gara cambia molto tra le due categorie, per questo tra i pro’ l’integrazione liquida è più curata
Il fabbisogno energetico in gara cambia molto tra le due categorie, per questo tra i pro’ l’integrazione liquida è più curata

La vicinanza col nutrizionista

Riprendendo infine il discorso sul controllo e l’educazione, che incide non poco in questa differenza tra U23 e pro’, c’è anche il rapporto con il nutrizionista, dietista nel caso di Erica Lombardi.

«Ogni quanto mi confronti con gli under 23 e quanto con i pro’? Nelle squadre WorldTour cerco di mantenere il contatto ogni giorno, anche con messaggi o brevi chiamate. Una dieta diventa efficace se diventa cronica e quindi ripetuta nel tempo. C’è anche da dire che ora la strumentazione è talmente avanzata che da PC o App si può monitorare tutto».

«Il dialogo con i dilettanti invece è più discontinuo, gli staff non sono numerosi e quindi una figura come la mia viene esternalizzata. Io faccio delle riunioni e fornisco dei metodi di lavoro cercando di educare i ragazzi, ma poi ognuno di loro si appoggia al suo nutrizionista. Questo rende più difficile trovare una linea guida comune di lavoro all’interno della squadra».

Ciclocross e cronometro: così diversi, così simili

21.12.2021
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Scodate con la bici, fango, spalle che si muovono e spinte violente, da una parte. Gesto fluido, posizione aerodinamica e totale armonia tra uomo e macchina, dall’altra. Ciclocross e cronometro a confronto, può sembrare un paradosso ma a quanto pare non lo è.

Le due discipline hanno molto in comune, a cominciare dalla tipologia di sforzo. E spesso in comune ci sono anche gli atleti. Come sempre, e ancora una volta, l’esempio si chiama Wout Van Aert.

Riscaldamento simile

Un’ora di sforzo o giù di lì, in entrambi i casi molto intenso, cross e crono hanno grosse analogie anche per quel che riguarda la preparazione e l’approccio. 

«Sono due sforzi molto simili – dice coach Pino Toni – un lavoro altamente specifico che soprattutto i crossisti fanno durante la gara. Le analogie partono già dal riscaldamento. Per entrambi normalmente questo dura 20′. La differenza maggiore è che chi fa cross si scalda su rullo libero.

«Così facendo non riesce a raggiungere determinate intensità. E infatti il riscaldamento del crossista è molto improntato sull’agilità. Poi c’è anche chi si scalda in maniera diversa e, oltre al rullo, ricorre ad esercizi di ginnastica tipo core zone, flessioni, balzi e persino corsa a piedi. Solo così questo riscaldamento diventa molto profondo».

«Nella crono invece si utilizza il ciclomulino o il rullo normale dove si possono raggiungere determinate potenze e cadenze. Al posto degli esercizi si fanno delle variazioni 30”-30”, un minuto a soglia… Si resta comunque nell’arco dei 20′, massimo 25′, altrimenti subentra la stanchezza».

Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)
Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)

Parola d’ordine fuorisoglia

Ma un atleta impegnato in queste due attività cosa deve curare principalmente durante i suoi allenamenti? Di certo non potranno essere gli stessi che esegue un “normale” stradista.

«La prima cosa che si cura – dice Toni – è la resistenza lattacida. Al di là che entrambi lavorano alle massime potenze, devono essere abituati a produrre e consumare l’acido lattico e questa caratteristica la alleni andando a tutta». 

Chi va forte nel cross dunque può andare forte a cronometro e viceversa. Anche se il cronoman potrebbe avere qualche difficoltà in più dettata dalla tecnica di guida richiesta dal cross stesso.

«Se è ben messo in posizione, e appunto possiede queste capacità atletiche, il crossista può andare forte anche a crono. Entrambi come abbiamo visto eseguono dei lavori anaerobici, dei lavori molto importanti da un punto di vista della forza massimale, specie il crossista. Per lui l’impegno muscolare è molto importante. Penso al salire e scendere dalla bici, che è davvero un lavoro esplosivo e dispendioso».

«Nella cronometro invece si è portati ad essere molto più economici nel gesto, subentra l’aerodinamica, si è più regolari. In questo caso in allenamento quando si parla di lavori massimali parliamo di intensità ma un po’ più lunghe, tipo 10′-15′ “a blocco”, magari intervallati».

Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio
Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio

Cross più dispendioso

«Il consumo energetico tra le due discipline si può tranquillamente paragonare – riprende Toni – Durante la gara, lo sforzo è abbastanza simile, forse il cross è anche un po’ più dispendioso, proprio per la questione del salire e scendere dalla bici, del correre a piedi, dei salti.

«Quanto è il consumo calorico? Difficile da dire, dipende molto dal soggetto, piuttosto parlerei della potenza media nel tempo, del lavoro insomma. E allora potrei dire che si potrebbe arrivare anche ai 2.000 chilojoule l’ora.

Ma quindi Van Aert va forte a crono perché è un crossista o va forte nel ciclocross perché è un cronoman?

«Van Aert va forte perché è tutto! Diciamo che lui è nato crossista e le capacità che possiede le ha sviluppate nel cross. Poi con il motore che si ritrova è diventato vincente anche a cronometro… e su strada. Mi verrebbe da dire che ha fatto lo sport giusto (cross, ndr) al momento giusto».

L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito
L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito

Alimentazione (quasi) identica

E da un punto di vista alimentare, energetico e metabolico che differenze ci sono nell’approcciare un cross e una crono? Di questo ne parliamo con Erica Lombardi, dietista dell’Astana. 

«Sono sforzi metabolici molto simili – spiega la Lombardi – Si va ad interessare il sistema glicolitico, cioè il consumo di zuccheri… Di certo non non è lo sforzo aerobico-lipidico delle 4-6 ore di sella.

«Come per la crono, anche nel ciclocross bisognerebbe ridurre l’apporto di fibre prima del via. Parlo di verdure, alimenti integrali… Che rallentano la digestione e l’assorbimento di zuccheri. Oggi si tende a demonizzare la glicemia alta, ma in certi casi non è un male. Non è un male prima di uno sforzo intenso e relativamente breve come crono e cross».

«Le differenze maggiori semmai sono relative al periodo in cui si disputano queste discipline. Solitamente il cross avviene con temperature più basse, visto che si fa di inverno. Pertanto direi che nel cross potrebbe esserci un leggero apporto lipidico in più.

«I grassi infatti aiutano al mantenimento della temperatura corporea. Per questo si potrebbe ingerire qualcosa di più “grasso”, ma senza appesantirsi, come un avocado o della crema di mandorle».

Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross
Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross

I 50′ prima del via

«Se per esempio si ha un ciclocross o una cronometro alle 13 – conclude la Lombardi – ipotizzo una colazione con del pane tostato, fette biscottate, dei savoiardi o biscotti secchi e della frutta disidratata. Se addirittura si fa colazione abbastanza presto anche un po’ di riso non ci sta male. Mentre eviterei il porridge.

«Ma soprattutto visto che sono due discipline che non prevedono grandi rifornimenti in corsa, sono molto importanti i 50′ prima del via. In quelle fasi va tenuta in particolare considerazione l’idratazione. Bisogna bere acqua a piccoli sorsi, magari anche con delle maltodestrine. Senza poi dimenticare i sali minerali. Noi pensiamo che questi servano solo d’estate e siano legati solo ad una questione d’idratazione. Sono importanti per le funzioni muscolari anche d’inverno.

«Chi non prende i sali potrebbe prendere un multivitaminico a colazione e poi bere solo acqua in questa fase che precede la partenza. Infine un gel 15′-20′ prima di partire non è male». 

Quando il focus diventa il peso e non la vittoria

01.12.2021
6 min
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«L’atleta in generale, è sempre in perenne insicurezza. Convive con la paura di non raggiungere il peso e la forma fisica. E anche se li raggiunge, non si accontenta e cerca ancora di fare un sacrificio o uno sforzo in più».

Erica Lombardi, dietista di molte punte del ciclismo italiano, sia uomini che donne ed ex atleta mezzofondista, non fa alcuna distinzione tra l’attitudine dei ciclisti e degli atleti in genere, e si definisce particolarmente sensibile al problema dei disturbi del comportamento alimentare.

«Ovviamente nel ciclismo – continua Erica – in quanto sport di endurance, è più facile ritrovarsi in situazioni riconducibili ai disturbi del comportamento alimentare, ma credo che sia un problema ancor più sentito in sport suddivisi in categorie di peso o nella danza per esempio. Negli anni ho imparato a cogliere anche i primi campanelli d’allarme abbastanza facilmente, ascoltando l’atleta ed osservando piccoli dettagli come il suo comportamento a tavola, la sua postura ed altri tratti antropometrici».

Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto
Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto

Oltre il limite

La settimana scorsa, Slongo ci ha spiegato che spesso gli atleti giocano sul limite, rischiando di oltrepassarlo da un momento all’altro, ma cosa significa a livello alimentare e cosa succede effettivamente?

«L’atleta è sempre sotto esame – prosegue Lombardi – e vuole avere il controllo su tutto, ma a volte si estremizza con l’iper-controllo. Il cibo potrebbe non essere più una necessità ma qualcosa da reprimere. Il problema è che siamo programmati per reagire allo stress con dei meccanismi di sopravvivenza che in principio potrebbero non comportare un calo prestativo per cui sembrano confermare la nostra convinzione. Stimolati dagli apparenti aspetti positivi, continueremmo con queste condotte restrittive errate, finché si potrebbe arrivare a dare più importanza alla fisionomia e al peso piuttosto che alla prestazione. L’importante ed unico vero focus per l’atleta con questi disturbi è spesso apparire magro, non più vincere.

«A questo punto bisogna intervenire collaborando in equipe, con psicologo, medico e nutrizionista, per ripristinare i normali livelli ormonali nell’atleta, recuperare una buona costituzione e resistenza fisica e migliorare il rapporto col cibo e con la propria immagine.  Dal punto di vista alimentare, sono fasi molto delicate perché la reintroduzione degli alimenti se effettuata in tempi e modalità sbagliate, potrebbe causare la cosiddetta sindrome della rialimentazione, davvero pericolosa anche dal punto di vista clinico».

«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela o un frutto, capisci che qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini
«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela, qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini

Cattive abitudini

Non esiste però solamente il problema dell’anoressia, si può soffrire anche di bulimia con o senza compensazione, o di binge eating disorder, che comporta delle grosse abbuffate principalmente in solitudine e in poco tempo.

«Io non ho avuto una casistica così grande di disordini alimentari – spiega Erica – soprattutto tra i professionisti, ma tendono a svilupparsi in realtà più piccole e non solamente sotto forma di anoressia. E’ fastidioso e sconsigliabile allenarsi per ore con lo stomaco vuoto così come partire troppo pieni. Gli atleti a un certo punto non riescono più a resistere. Il controllo eccessivo è difficile da sopportare, così capita che magari durante l’allenamento si fermano al bar e mangiano con foga 6-8 brioches, oppure capita spesso che si svegliano di notte, quando predomina la parte inconscia sulla ragione e si “attaccano” al vasetto di cioccolata o marmellata piuttosto che al pacchetto di biscotti.

«Esistono comunque diverse sfumature di questi disturbi per cui spesso non si può parlare di disturbi cronici, ma al più di forme acute, magari volte al raggiungimento di un obiettivo. Sono sempre da evitare e prevenire, ma sicuramente meno preoccupanti.»

Ilaria Cusinato, atleta di punta del nuoto, nel 2020 ha ammesso di essere uscita finalmente dalla bulimia
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Le circostanze e l’ambiente

Abbiamo visto che spesso è l’atleta a oltrepassare il limite, ma non bisogna sottovalutare anche l’influenza dell’ambiente a lui vicino.

«Le figure che si preoccupano di qualsiasi cosa – annota Erica – tra cui la nutrizione, potrebbero non riuscire a dare indicazioni specifiche e personalizzate, inoltre nella comunicazione potrebbero usare termini non appropriati influenzando l’approccio alla dieta e al peso dell’atleta. A volte basta, infatti, cambiare l’ordine delle parole, o solamente una parola, per ottenere una reazione diversa.  Oggi, ci sono sempre più team che cercano di creare uno staff completo e molto specializzato, anche al femminile, per cui ognuno si impegna a rispettare il proprio ruolo e quello degli altri collaboratori, evitando qualsiasi commento non affine alla propria materia. È così che si possono raggiungere grandi risultati».

Educazione fra i giovani

Erica negli ultimi anni ha collaborato anche in progetti educativi in squadre giovanili e sottolinea l’importanza della famiglia.

«L’educazione nelle squadre giovanili è senz’altro utile, ma dovrebbe coinvolgere anche la famiglia, perché spesso è la mamma che cucina e permette così al figlio di seguire una corretta dieta. Alcuni atleti subiscono eccessive pressioni dai genitori o dai direttori sportivi sul peso durante lo sviluppo. Altre volte l’errore potrebbe essere anche del nutrizionista. Per assecondare le richieste del paziente o per promettere risultati rapidi, potrebbe consigliare diete non perfettamente bilanciate, efficaci, ma pericolose se prolungate nel tempo. Trascurando così l’importanza di insegnare un vero e proprio stile di vita per tutelare la salute del giovane. Dobbiamo ricordarci sempre che l’atleta è comunque un paziente, e come tale, bisogna prima di tutto tutelarne la salute».

Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli negli juniores e anche in famiglia
Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli da juniores e in famiglia

Facciamo un passo in più

L’ottimismo di Erica lancia con speranza un ulteriore invito al miglioramento nella gestione delle categorie giovanili e dei ritiri in nazionale.

«Sempre più squadre cercano il supporto di nutrizionisti – conclude – anche nel femminile, dove effettivamente tende ad esserci più necessità di intervento in quanto c’è un maggior pericolo di interferire con il delicato e complesso equilibrio ormonale. Credo che l’ideale sia impostare un programma di educazione alimentare a livello giovanile che coinvolga anche la famiglia. E avere al seguito del team nazionale un nutrizionista già dai ritiri, perché è quello il momento in cui gli atleti sono più ricettivi e in cui si può provare a variare qualcosa per ottimizzare la dieta».

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Juniores ed alimentazione: ce ne parla Erica Lombardi

24.10.2021
4 min
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L’alimentazione è fondamentale per gli atleti, l’abbiamo analizzata in diversi modi e sfumature per quanto riguarda i pro’. Ora tocca agli juniores, continua il nostro viaggio in questa categoria, che come disse Malori, è quella della scoperta e dell’apprendimento. Con Erica Lombardi, dietista tra i tanti team dell’Astana Premier Tech, che ci guida come Virgilio con Dante nella selva dell’alimentazione negli Juniores. Scopriamo cosa devono sapere i ragazzi e quale percorso si fa con loro, nessuna dieta: come dice Erica, ormai di casa qui a Bici.PRO.

«La grande differenza tra juniores e professionisti è che tra i ragazzi c’è di mezzo la scuola. Diventa quindi fondamentale educare i ragazzi ad una corretta alimentazione. Non parlo di una dieta, ma di un’educazione alimentare, in cui si vanno a correggere gli errori che i ragazzi fanno».

Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina, diventa un problema soprattutto se fatto a stomaco vuoto
Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina
Quali sono gli errori di cui parli?

Saltare la colazione, bere bibite gasate già di prima mattina, oppure mangiare merendine all’intervallo sono i più comuni.

Quale di questi è il più grave?

Saltare la colazione, sicuramente, è il pasto più importante della giornata. Spesso i ragazzi per pigrizia non la fanno. Il rischio è di arrivare digiuni a metà mattina, orario dell’intervallo o ancora peggio a pranzo e poi prendere la bici con i livelli glicemici al minimo. Così non rendono in allenamento ma soprattutto lavorano al di sotto dell’integrazione minima che il nostro corpo richiede.

Qual è la parte più complicata?

La cosa più difficile è organizzare logisticamente la giornata, un ragazzo passa molte ore a scuola, dalle 5 alle 6 ore al giorno. Spesso durante la lezione non possono bere o mangiare, invece per un corridore è fondamentale integrare costantemente cibo e liquidi. Rispetto ad un professionista i tempi sono più brevi nell’organizzazione alimentare della giornata.

Dal punto di vista dei pasti?

Dal punto di vista dei pasti quello più importanti è il pranzo. Appena tornano da scuola mangiano e dopo mezz’ora sono già in bici, di conseguenza devono mangiare cibi altamente digeribili per non appesantirsi. Bisogna mangiare alimenti con un basso contenuto di fibre e grassi, se si impegna troppo la digestione rischiano di stare male.

Come si lavora con le squadre?

Con i team juniores, prima del Covid, si organizzavano laboratori nutrizionali in cui si faceva apprendere ai ragazzi come abbinare i cibi o come un alimento va dal supermercato alla tavola. E’ un’attività fondamentale che spero torneremo a fare già dalla prossima stagione. Un’altra attività importantissima, che si faceva anche questa pre Covid, era l’allestimento di un buffet ed i ragazzi dovevano prendere il cibo autonomamente. Questa attività aveva lo scopo di far capire come abbinare il cibo e come suddividere le macro-categorie di alimenti.

I genitori vengono coinvolti?

Assolutamente, i genitori devono essere informati anche perché poi sono parte attiva nell’alimentazione dei ragazzi. Questi laboratori prevedono la partecipazione di tutti: corridori, team tecnico, genitori e soprattutto il medico sociale. Quest’ultimo è davvero importante perché i ragazzi devono essere seguiti e tutelati da una figura di riferimento.

Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Quali sono i rischi più grandi per un ragazzo?

Dal punto di vista dell’alimentazione il rischio di prendere integratori non adatti a loro o che possono fargli male o ancora peggio vietati, ricordiamo che anche loro hanno delle regole da seguire.

«Nell’alimentazione si ragiona per macro-obiettivi, per esempio: in inverno fa un’alimentazione che coadiuvi la difesa del sistema immunitario e muscolare. Si va a lavorare sulla parte proteica come zuppe e cereali alternativi alla pasta o riso come farro e legumi. Anche per diversificare i cibi che si ingeriscono. All’interno dei macro-obiettivi si ragiona per micro, ovvero se faccio un allenamento dedicato alla forza integrerò con il giusto carico di proteine. La cosa fondamentale che i ragazzi devono capire è che devono nutrirsi e non mangiare, le differenze sono enormi, soprattutto ne risente il metabolismo

In età adolescenziale quanto è delicato il metabolismo?

Molto delicato, i ragazzi hanno dei fabbisogni energetici differenti, cosa che abbiamo già detto, a questa età si forma l’imprinting metabolico. Se un ragazzo tende ad essere in sovrappeso da adulto sarà più facilmente soggetto a problemi legati al peso.

Intolleranze e mode: viaggio nelle trappole della nutrizione

20.10.2021
5 min
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L’idea c’è venuta due giorni fa, parlando con Battistella dopo la vittoria alla Veneto Classic. In piena euforia per il primo successo da professionista, Samuele ci disse di aver risolto la gastrite che lo aveva tormentato al Giro d’Italia (in paertura nella tappa di Canale, la peggiore per lui) e che essa derivava da intolleranze alimentari finalmente rintracciate. Ma davvero un’intolleranza alimentare può essere così invalidante?

Lo abbiamo chiesto a Erica Lombardi, dietista dell’Astana-Premier Tech che assieme agli allenatori del team ha contribuito a rimettere in sesto Battistella fino alla sospirata vittoria.

«Il caso di Samuele – spiega la toscana – è solo uno degli esempi di quello che succede nel ciclismo e nello sport in generale. C’è una grande confusione fra le allergie e le intolleranze. Le prime provocano una reazione del sistema immunitario fino anche allo shock anafilattico, le seconde danno reazioni di altro tipo e meno violente. Le prime sono legate alla semplice assunzione, le seconde al superamento di una quantità critica».

Togliere il glutine è una moda: può essere necessario, ma non tutti hanno la stessa risposta
Togliere il glutine è una moda: può essere necessario, ma non tutti hanno la stessa risposta

Il discorso è noto e insieme complesso. Le due grandi allergie sono quelle alle proteine del frumento (grano) e del latte (che sono immunomediate). Le due più grandi intolleranze sono quelle al glutine (celiachia) e al lattosio che si ricercano rispettivamente con biopsia in ultimo e breath test (test del respiro). Per le altre intolleranze la situazione è più complessa, ma si passa comunque per l’intervento del medico.

Si potrebbe anche procedere per tentativi, come spesso accade. Ma se si ha a che fare con un atleta professionista e il problema viene fuori durante la stagione, c’è poco tempo da perdere e non si può prescindere, come accaduto per Battistella, da una diagnosi che quelle intolleranze le ha effettivamente individuate.

Sganciandoci dal caso specifico, sono discorsi che si sentono sempre più spesso. Perché di colpo salta fuori l’intolleranza?

Perché ci sono le mode. E una di queste è quella che più fuorvia i corridori che iniziano a seguire diete con prodotti artificiali e non specifici. Adesso si tende a togliere il glutine e poi magari ne parliamo. Ma tutti i prodotti senza glutine e anche quelli senza lattosio sono arricchiti con altri ingredienti. Le bevande di avena o di riso con cui viene sostituito il latte contengono sale, olio e altri ingredienti che le rendano appetibili. Quali conseguenze hanno questi ingredienti sull’organismo dell’atleta? In alimentazione bisogna cercare di costruire, l’atleta deve essere nutrito. Togliere e basta porta spesso problemi.

Nelle bevande alternative al latte vengono usati ingredienti per renderle appetibili
Nelle bevande alternative al latte vengono usati ingredienti per renderle appetibili
Si tende a togliere il glutine…

Il glutine è la parte proteica del cereale, magari può servire. Si tolgono cose che magari non sono contemplate nella tua nutrigenomica e…

Aspetta, scusa, definisci nutrigenomica per favore?

In parole semplici, ci sono due tipi di studio di cui tener conto: la nutrigenetica e la nutrigenomica. La prima è la branca scientifica che indaga su quanto la costituzione di un individuo possa influire sulla sua dieta. La nutrigenomica, invece, fa il percorso opposto. Cioè indaga su come la dieta influenzi le predisposizioni genetiche dell’individuo. Ogni persona ha risposte diverse rispetto a quello che mangia. Togliere a tutti lo stesso nutriente non ha lo stesso effetto.

Come l’allenamento?

Esatto, si deve personalizzare. Non è che se tutti vanno in altura hanno la stessa risposta, no? Il dietista serio è quello che parlando con l’atleta individua la giusta combinazione in base alle sue caratteristiche. Si devono guardare gli orari in cui mangia, il ritmo circadiano degli ormoni… Bisogna guardare cosa mangia, con cosa viene abbinato. Se mangi sempre uguale e salta fuori una reazione anomala, allora c’è un problema.

Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche altri atleti (foto Instagram)
Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche altri atleti (foto Instagram)
Ci sono dietisti meno seri?

Il corridore per tanti è un cliente e non un paziente, cui cercano di vendere qualsiasi cosa. Tolgono il latte e per compensare mettono due volte il pesce, che però potrebbe contenere mercurio. Non esiste il cibo buono che fa bene in assoluto, dipende da come viene usato. Fanno diete senza glutine e basso contenuto di carboidrati, perché così impone la moda, poi appena assumono un minimo di carboidrati si riempiono d’acqua. L’alimentazione del corridore va definita e deve essere ripetibile, perché non sempre hanno dietro il dietista e il cuoco.

Battistella si era… inceppato per un’intolleranza?

E anche per altri fattori. Le intolleranze c’erano e un medico le ha diagnosticate, si è trattato poi di verificare la quantità soglia. Non si trattava di eliminare, ma di dosare. Per un corridore, l’equilibrio gastrico è fondamentale. Il fegato e lo stomaco devono essere in perfetto ordine. Bevono tanto. Mangiano tanto. Subiscono sbalzi termici e scossoni di strade irregolari, come sul pavé. Poi c’è il fattore emotivo, perché ci sono studi anche sulle emozioni legate al cibo. Lo sfogo per un’intolleranza in questi casi sono reazioni gastro-intestinali. Infiammazioni intestinali, che rischiano di diventare croniche e sono invalidanti.

Come ci si accorge se un corridore ha questi problemi?

Serve il medico, superficialmente si può fare un’anamnesi nutrizionale, ma non arrivi alla causa esatta. Ce ne possiamo accorgere durante una corsa a tappe perché siamo sempre lì, ma poi si deve passare sempre dal medico per escludere i vari fattori e capire se le cause siano organiche o psicologiche. Purtroppo combattiamo quotidianamente con questi miti e falsi miti che nel ciclismo dilagano.

Perché?

Perché i corridori sono sempre in cerca di qualcosa che li faccia andare più forte, senza rendersi conto che la soluzione il più delle volte passa dalle cose più semplici. Vi faccio l’esempio di Marta Bastianelli. Ha solo dovuto mettere ordine nella dieta e nella distribuzione dei pasti e ha ricominciato ad andare fortissimo. Senza chissà quali accorgimenti cervellotici. La semplicità è la chiave di tutto.