Gasparotto cambia e torna a un antico amore

Gasparotto cambia e torna a un antico amore

07.11.2025
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Chiusa la sua esperienza alla Red Bull, Enrico Gasparotto approda alla Bahrain Victorious e per lui è quasi un ritorno alle origini. Nel team arabo ha infatti vissuto due stagioni da corridore, nel 2017 e l’anno successivo, quand’era quasi agli sgoccioli della sua fruttuosa carriera da corridore. L’ambiente giusto per ripartire dopo un’esperienza nel team tedesco durata un quadriennio nel quale ha imparato molto, ma sa che ora si riparte su nuove basi.

Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo

Tornare a casa dopo 7 anni non è mai semplice. L’Odissea di Ulisse insegna che le cose cambiano nel frattempo: «Molta strada la Bahrain ha fatto da quell’epoca. E anche molte persone nuove sono arrivate all’interno del team. Conosco il management, conosco Milan Erzen perché c’era già, conosco Vladimir Miholjevic perché abbiamo anche corso assieme in Liquigas come con Pellizotti. O con Bozic per esempio, parlando di direttori sportivi, però il resto dello staff per me è tutto nuovo, ma è anche bello ogni tanto vedere facce nuove e cambiare ambienti per avere nuovi stimoli».

Tu hai militato con loro nel 2017 e 2018, che anni furono quelli per te lì?

Intanto porto con me i ricordi di aver fatto parte del Giro d’Italia dove Nibali colse il podio nel 2017. Era il primo podio in un grande giro perché era il primo che facevamo come team Bahrain e con lo Squalo cogliere quel risultato è stata una grande soddisfazione. Poi ho partecipato a diverse gare con Colbrelli, che ho aiutato a cogliere i suoi primi successi. Quando è esploso con vittorie importanti, io non c’ero più, ma sono contento di averlo visto sbocciare. All’epoca era la prima esperienza post Bardiani, nel WorldTour ed ero affiancato a lui in diverse gare, quindi sono stato partecipe dei suoi successi e abbiamo iniziato una grande amicizia ancora viva. E a tal proposito c’è qualcosa che vorrei chiarire…

Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Riguarda il vostro passaggio di consegne?

Non è stato tale. Leggere che sono il rimpiazzo di Sonny mi è dispiaciuto, sono due cose completamente disgiunte. Io con Sonny mi sento quasi quotidianamente, siamo amici veri, è come mettere zizzania fra noi e non è giusto. Ho bellissimi ricordi con lui e questo è quello che voglio portarmi con me in Bahrain.

Come risultati che cosa ricordi?

Innanzitutto che nel 2018 feci terzo all’Amstel in maglia Bahrain, il mio il mio ultimo podio in quella che per me era come una seconda casa. Poi sesto alla Liegi. La fine della carriera si avvicinava (si sarebbe ritirato due anni dopo, ndr) ma ero ancora competitivo ad alti livelli.

Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Quei due anni hanno avuto un influsso nel tuo futuro, nel fatto che sei diventato un direttore sportivo di grande successo?

Hanno contribuito, certamente. Quasi tutta la mia carriera è stata nel WorldTour, tranne un anno in Barloworld dove ho vinto tanto, ho fatto risultati importanti e poi due anni alla Wanty dove ho rivinto l’Amstel. Ma quando arrivai alla Bahrain fu uno “step back” nel WorldTour e credo che questo processo di riuscire a rivincere gare importanti con squadre piccole e poi portare questa esperienza nel WorldTour di nuovo e chiudere la mia carriera, questo sì, mi ha aiutato molto nella mia carriera da direttore sportivo.

In quale maniera?

Nell’ultima fase di carriera sono stato affiancato a corridori giovani, Sonny in Bahrain e il compianto Gino Mader in Dimension Data, per cercare di aiutarli a crescere e a capire quello che poi il World Tour significa e le squadre importanti richiedono come impegno. I ragazzi giovani devono anche imparare un po’ a gestire poi quello che è l’approccio della stampa, che all’epoca era molto diverso rispetto ad oggi perché l’influenza dei social media era inferiore, anche se parliamo di 7-8 anni fa.

Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Nella Bahrain c’è una forte componente slovena, non solo per il fatto che c’è Milan Erzen ai vertici. Era già così quando tu ci correvi?

Quando Bahrain ha iniziato nel WorldTour si è appoggiata al gruppo Nibali e quindi c’era un entourage italiano, molto più staff italiano. Oggi il baricentro è spostato in Slovenia, ho avuto occasione di visitare il loro magazzino a Novo Mesto. Hanno molte più persone dello staff slovene, ma credo che ci sia molta più internazionalità rispetto a prima. Abbiamo fatto un performance meeting con i vari direttori sportivi, allenatori, dottori, nutrizionisti e in realtà su 30 persone c’erano 16 nazionalità diverse…

Come la Red Bull?

Su quella strada, ma la Red Bull secondo me ha veramente un’incidenza internazionale a tutti i livelli soprattutto da quando la Red Bull stessa è entrata come proprietario e co-owner del team. C’è un’internazionalità incredibile e per questo secondo me il Bahrain sta andando in quella direzione lì. Poi i paragoni sono sempre difficili da fare perché i budget sono diversi nel team.

Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Che idea ti sei fatto come primo approccio?

L’età media è relativamente bassa. C’è un grande numero di giovani, promettenti e quindi faremo il primo ritiro a dicembre e avrò tempo di incontrarli, conoscerli, inquadrarli. Per questo prevedo che farò entrambi i team camp che ci saranno a dicembre e gennaio appunto per trascorrere tempo insieme e capire quel che ci sarà da fare.

Roglic verso il Giro: serenità e grinta. A tu per tu con Gasparotto

22.04.2025
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Non solo classiche. Al Giro d’Italia mancano ormai meno di tre settimane e la voglia della corsa rosa inizia a farsi sentire. Uno dei protagonisti sarà un corridore di cui in questi mesi si è parlato molto poco, ma che il Giro lo ha già vinto: Primoz Roglic.

Il leader della Red Bull-Bora Hansgrohe ha conquistato la Volta a Catalunya con una grande azione, battendo quello che sulla carta dovrebbe essere il suo rivale principale al Giro: Juan Ayuso. Di questo, ma anche dell’avvicinamento alla grande partenza da Durazzo, abbiamo parlato con Enrico Gasparotto, direttore sportivo del team di Roglic.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è alla quarta stagione sull’ammiraglia della Red Bull-Bora (foto Instagram)
Gasparotto (classe 1982) è alla quarta stagione sull’ammiraglia della Red Bull-Bora (foto Instagram)
Enrico, partiamo dal Catalunya. Un gran bel Roglic e immaginiamo belle risposte per voi…

Direi bellissimi segnali, di risposte uno come Primoz non ne ha bisogno. Non credo ci si sia mai fatti delle domande su di lui. Preferisco definire così quella sua prestazione. Primoz ha interpretato la corsa in modo spensierato. E’ famoso per essere attendista e sfruttare il suo spunto veloce nel finale, per attacchi brevi, invece a Barcellona, nella tappa finale, ci ha regalato un bello show.

Te lo aspettavi già in questa condizione?

Torno a dire che è stato un bel segnale. Credetemi quando vi dico che lui alle corse parte per vincere e mai per fare secondo. In Algarve, alla prima gara stagionale, sapeva di non essere al top e per questo è partito senza pressioni e con una certa consapevolezza e nonostante tutto ha finito in crescendo con una buona crono. Al Catalunya invece, che è anche più adatto alle sue caratteristiche, immaginavo volesse vincere.

In effetti la tappa finale con il circuito del Montjuic è stata spettacolare. Puoi dirci della vostra tattica?

Quella tappa così esplosiva è stata figlia della cancellazione per maltempo della frazione del giorno prima. Se ci fosse stata la tappa come previsto, che era dura e con arrivo in salita, sicuramente il Catalunya si sarebbe deciso lì e non sul Montjuic. E il fatto che Primoz si sia mosso in prima persona, abbia preso in mano la situazione, è un grandissimo segnale. La dice lunga sul suo stato anche mentale.

Ayuso e Roglic il preannunciato, grande, duello del prossimo Giro d’Italia
Ayuso e Roglic il preannunciato, grande, duello del prossimo Giro d’Italia
A proposito di stato mentale, Enrico, passiamo ad altri aspetti. E’ il secondo anno che ci lavori, che Roglic hai trovato? E’ cambiato qualcosa?

Forse bisogna fare un passo indietro. Io e Primoz ci eravamo visti tante volte al Teide quando ancora correvo. Lui magari veniva lì qualche giorno prima della sua squadra e stando da soli ci siamo conosciuti bene come persone e come atleti. Delle differenze ci sono. L’anno scorso era al primo anno e Primoz ha trovato un nuovo ambiente, cosa non facile o scontata per lui. Bisogna infatti considerare che Roglic sino ad allora era sempre stato nella stessa squadra, nello stesso gruppo. A prescindere dal nome, era sempre Visma. Pertanto qui da noi ha trovato un approccio diverso.

Chiaro…

Ma dopo 12 mesi anche lui si è inserito nei meccanismi, nella nostra mentalità, in quella dello staff. Ora conosce tutti. In più abbiamo aggiunto delle nuove figure: nutrizionista, ingegnere aerodinamico, mental performance coach. Insomma era come se Roglic fosse uscito dal guscio l’anno scorso. Bisognava conoscersi. E questo valeva da entrambe le parti: lui e noi, la squadra. Non sapevamo come prenderci e non è stato facile. Lui abituato a certi metodi e noi con un corridore così grande. All’inizio non è stato facile, ma già a fine stagione le cose erano diverse e adesso in questo 2025 è molto più rilassato, più a suo agio. Lo siamo tutti. Ed è più facile parlare.

E non è cosa da poco. Nelle poche apparizioni lo abbiamo visto più sereno, quindi confermi anche tu questa sensazione?

Primoz è sempre stato sereno. A parte quando si è dovuto ritirare dal Tour, lì era giù. Consideriamo anche che Roglic ha un palmares incredibile e non deve dimostrare niente a nessuno. La cosa bella è che lui si diverte, nonostante la sua esperienza. Prima vi ho detto che saliva prima sul Teide: ebbene, a lui piace andare lassù. E’ un posto speciale, gli piace correre, preparare gli obiettivi. Se ancora provi piacere in tutto questo, nel tuo mestiere, è normale che tu sia sereno.

Roglic scatenato sul Montjuic: 20 km di fuga solitaria e una vittoria di peso in casa di Auyso
Roglic scatenato sul Montjuic: 20 km di fuga solitaria e una vittoria di peso in casa di Auyso
Spostiamoci un po’ sul Giro: al Catalunya Roglic batte Ayuso. Ne avete parlato di questo duello?

Decisamente se ne parla. Ma attenzione, il Catalunya non è il Giro. Il Giro dura tre settimane ed è una corsa che storicamente ha mille insidie, anche più del Tour. Ha tante tappe medio-dure in cui non puoi mai mollare… e questo è il bello del Giro. Noi rispettiamo tutti, Ayuso e non solo, ma come squadra e con un corridore del calibro di Roglic pensiamo solo a fare bene i “compiti per casa” per arrivare all’appuntamento nel miglior modo possibile. Stiamo ovviamente studiando le variabili nelle varie tappe, facciamo analisi sugli avversari, sul meteo…

Enrico, alla fine Primoz arriva al Giro con sole due gare: Algarve e Catalunya, per un totale di dieci giorni di corsa. Non avete mai pensato d’inserire la Liegi?

No, questo è quello che era stato deciso ad inizio stagione e questo è quello che si fa. Ricordo che dopo il Giro Primoz ha il Tour de France. Non è la prima volta che fa delle doppiette. Quando abbiamo analizzato questo doppio impegno sulle tre settimane, Roglic ha sempre vinto la seconda gara, in pratica la Vuelta. Solo che in quel caso eravamo a fine stagione, dopo il Tour invece è ancora lunga. E a fine stagione c’è un mondiale molto duro, adatto agli scalatori.

Insomma, non finisce a luglio la sua stagione…

No, e poi è vero che gli piace allenarsi, stare all’altitudine come dicevo, ma consideriamo che ha anche una famiglia e deve stare fuori casa una marea di giorni l’anno… E poi, ripensando alla domanda: la Liegi l’ha vinta!

Ultima domanda Enrico, hai detto del Tour dopo il Giro. Ma in Italia viene per la maglia rosa o per “allenarsi”?

Ve l’ho detto prima, Roglic parte per vincere e non per fare secondo!

Nuovo mondo Red Bull, 170 in ritiro. Aleotti racconta

02.11.2024
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Diceva l’altro giorno Enrico Gasparotto che al primo ritiro della Red Bull-Bora-Hansgrohe c’erano 170 persone. Curiosando sul web, ci siamo resi conto che si tratta del doppio esatto degli abitanti di Castellania, paese di origine di Fausto Coppi. Qualcosa di immenso che ben spiega lo stupore. E così, per averne un altro assaggio, abbiamo chiesto a Giovanni Aleotti di raccontarci questo primo incontro. Proprio lui che arrivava diretto dalla Cina e si è trovato catapultato nella nuova dimensione.

«Il numero di persone è notevole – racconta – soprattutto tante facce nuove. C’era anche la squadra under 23, quindi lo staff è aumentato e ci sono tanti nuovi corridori. Non bastava un albergo, ne hanno presi più d’uno. Eravamo in un paesino piccolo: Fuschl Am See, quello in cui è nata la Red Bull. Si trova sul lago ed è molto vicino sia al quartiere generale della Red Bull e anche al Red Bull APC, il centro di performance degli atleti, dove tutti abbiamo trascorso una giornata di test ed esami vari… (in apertura Aleotti durante un test, foto Facebook/Red Bull-Bora, ndr)».

Aleotti ha concluso il 2024 al Tour of Guangxi, qui sull’arrivo di Nongla. Poi è volato in Austria
Aleotti ha concluso il 2024 al Tour of Guangxi, qui sull’arrivo di Nongla. Poi è volato in Austria
Un altro cambiamento rispetto allo scorso anno?

Sì, assolutamente. Fino allo scorso anno facevamo i soliti test, gli esami del cuore, che invece questa volta sono stati veramente approfonditi. Sono partito dall’hotel con uno shuttle della Red Bull alle 6,30 del mattino e sono tornato alle sette di sera. 

Che test ti hanno fatto?

Del cuore, degli occhi, test di mobilità, per vedere dove migliorare alcuni distretti muscolari, un po’ di tutto. Soprattutto cose nuove e anche un test da sforzo sulla bici.

Durante la scorsa stagione il passaggio a Red Bull è stato discreto, quest’anno si sono visti i nuovi manager?

Finora io non ne avevo mai visto nessuno. Sono venuti a stagione in corso e secondo me sono stati molto bravi a gestire questo cambiamento. Era un momento delicato, piena vigilia del Tour de France. Non che adesso ci sia stata una rivoluzione, ma sono stati bravi a non portare troppi cambiamenti a stagione già iniziata.

Tu arrivavi dal Tour of Guangxi?

Esatto. La prima mattinata siamo stati nella sede di Bora, vicino a Monaco di Baviera. Abbiamo fatto il solito incontro con il capo Willi Bruckbauer, poi a metà mattinata ci siamo spostati in Austria e siamo stati accolti nella sede di Red Bull da uno dei capi che ci ha fatto un discorso di introduzione. Diciamo che la prima giornata l’abbiamo passata lì. Mi è piaciuto vedere da vicino quell’ambiente veramente molto bello. Non mi aspettavo che fosse così grande.

Le visite presso il Red Bull APC anche per Roglic (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Le visite presso il Red Bull APC anche per Roglic (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Per voi come corridori cambia qualcosa?

No, anche se chiaramente è arrivato qualcuno di nuovo anche nello staff. Non è stata una rivoluzione, i riferimenti per me sono più o meno gli stessi. L’unica cosa sarà che ogni atleta, oltre al coach e il suo nutrizionista, ha un diesse di riferimento. E’ una figura con cui si può discutere del calendario nel caso in cui ci siano problemi e quindi bisogna fare una modifica. Io dal 2022 ho sempre avuto Gasparotto, ma lui adesso ha cambiato ruolo e passerò con Roger Hammond, l’inglese arrivato dalla Ineos. Con Enrico ho costruito un rapporto di fiducia, rispetto e stima e so che e lui sarà sempre disponibile per una chiamata.

Red Bull è fortissima sul fronte della comunicazione, vi hanno già tirato dentro a qualche iniziativa mediatica?

Non ancora, ma se me lo chiedessero, mi piacerebbe essere coinvolto in progetti, dato che loro comunque hanno sempre idee fuori dal normale. Penso che sia anche il loro punto di forza, no? Fare comunicazione e marketing in questo modo è una cosa unica nel ciclismo, sarebbe bello esserne parte. 

In questo… paese di gente vestita allo stesso modo è appena arrivato Giulio Pellizzari.

In realtà non ho avuto tanto tempo di scambiare idee e pensieri con lui perché, come vi dicevo, avevamo un programma veramente pienissimo e concentrato. Però penso che sia un bravo ragazzo e troverà una squadra molto tranquilla. Non avrà problemi ad ambientarsi, in più so che lavorerà con Paolo Artuso che è una bellissima persona e sicuramente starà bene. Trova sicuramente un ambiente molto grande, ancora più grande di quando sono arrivato io. Nel 2021 forse c’era meno gente, però probabilmente era un ambiente diverso. Era sempre una squadra internazionale, però c’erano molti più tedeschi, sia nello staff, ma soprattutto fra direttori e corridori. Adesso invece i tedeschi sono sempre meno, non so se siamo più italiani che tedeschi in squadra. Come corridori siamo quattro, con Moscon, Giulio, Matteo Sobrero ed io. Quindi sicuramente non sarà un problema orientarci.

Una gara di carrozzini in discesa: team building e velocità (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Una gara di carrozzini in discesa: team building e velocità (foto Facebook/Red Bull-Bora)
Una squadra in cui comunque bisogna conquistarsi la partecipazione alle gare che contano?

Sicuramente il posto bisogna guadagnarselo, ma questo penso che sia anche giusto. Dal momento in cui io atleta inizio a pensare che ho il mio posto assicurato in una corsa, anche senza rendermene conto l’impegno può essere diverso. Cambia quando so che me lo devo guadagnare. Prendiamo come esempio l’avvicinamento al Giro di quest’anno. La squadra non aveva otto nomi sicuri, tranne l’idea di portare Martinez e Kamna come capitani. Dall’inizio ci è stato detto che gli altri sei posti ce li saremmo guadagnati strada facendo. Questo non deve essere uno stress, bensì lo stimolo a lavorare bene, dimostrare di essere all’altezza.

Eri comunque in una lista di corridori per il Giro, no?

Questo sì, soprattutto per impostare i training camp in altura e le corse, perché la preparazione per il Giro non si improvvisa ad aprile. Un po’ diverso invece è stato per la Vuelta. Non ero sicuro al 100 per cento, ma avevo ricevuto diverse conferme.

Come sarà il tuo inverno?

Adesso stacco, sinceramente voglio riposarmi e stare a casa. Ho fatto 85 giorni di corsa e tre ritiri in altura, più il training camp di Mallorca d’inizio anno. E anche nel finale, dopo la settimana di corse in Italia in cui sono stato una settimana con la squadra, sono andato per una settimana in Cina e da lì direttamente in Austria, quasi quanto un Grande Giro.

Dopo l’ottimo Giro, Aleotti ha scortato Roglic alla vittoria della Vuelta
Dopo l’ottimo Giro, Aleotti ha scortato Roglic alla vittoria della Vuelta
Sapete già le date del prossimo ritiro?

Non le hanno confermate, ma penso che andremo a Mallorca indicativamente dall’8 dicembre a prima di Natale. Per cui farò 15-20 giorni senza bici e poi riprenderò qualche uscita piano piano, anche per fare anche un po’ di movimento. Rientrare con calma, ma senza stress.

Ottantacinque giorni di corsa. La vittoria al Giro di Slovenia. Il Giro e la Vuelta: in entrambi i casi, pur tirando per i suoi capitani, Aleotti ha centrato il settimo posto nella classifica dei giovani. Venticinque anni compiuti a maggio, il gradimento sempre crescente e il senso di belle cose in arrivo. Anche per questo la Red Bull-Bora-Hangrohe lo ha fatto rifirmare fino al 2026. La sensazione è quella di un giovane che sta crescendo per gradi come si faceva un tempo e che il suo tempo potrebbe essere davvero molto vicino.

Gasparotto: «Su Pellizzari non ci poniamo limiti, ma serve tempo»

29.10.2024
5 min
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Il finale di stagione di Enrico Gasparotto e della Red Bull-Bora-Hansgrohe coincide con la programmazione del 2025. Nel quartier generale austriaco è andato in scena il primo raduno che proietta la squadra verso gli impegni del prossimo anno. Una settimana insieme per conoscere i membri dello staff, i preparatori, i direttori sportivi, il reparto manageriale. Insomma, per i nuovi una prima infarinatura su come funziona un team destinato a pensare in grande e che da poco ha annunciato la nascita della formazione development.

Gasparotto risponde al telefono da Lugano, domani (oggi per chi legge) volerà a Parigi per la presentazione del Tour de France.

«Questi due mesi, ottobre e novembre – dice il Gaspa – saranno i più importanti dell’anno per me. Da ora svolgo il ruolo di Head of Sport Directors e la programmazione è diventata il momento cruciale dell’anno. Andrò in vacanza a febbraio, quando le corse partiranno ufficialmente e il meccanismo sarà avviato. Ora ci sono da coordinare tante cose: dal team professionisti a quello under 23. Non opero direttamente in tutti e due, quello dei giovani ha il suo staff dirigenziale, ma un occhio di riguardo ci va. D’altronde qualche ragazzo verrà a correre con i grandi, per iniziare a fare esperienza».

Con il nuovo ruolo di Head of Sport Directors Gasparotto passerà meno tempo in ammiraglia rispetto alle scorse stagioni
Con il nuovo ruolo di Head of Sport Directors Gasparotto passerà meno tempo in ammiraglia rispetto alle scorse stagioni

Il giovane Pellizzari

Tanta curiosità gira intorno al nome di Giulio Pellizzari, il giovane corridore che ha salutato la Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ed è pronto a spiccare il volo con lo squadrone austriaco. Come entrerà nel progetto uno dei giovani più interessanti del nostro movimento? Riuscirà a preservare il suo cammino di crescita?

«Va detto, prima di tutto – ci spiega Gasparotto – che per Pellizzari questo è uno step importante, come lo è per noi della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Rispetto all’inverno 2023 tutto è più grande e fatto in maniera differente, più metodologica. Abbiamo tante figure esterne da inserire e imparare a conoscere: ingegneri, nutrizionisti, uno staff performance profondo. Quella di Pellizzari è un’esperienza fondamentale, rivedo il cammino fatto da me in Intermarché. Il rischio di uno “shock” è alto, da una realtà familiare passa a un team strutturato e con 170 persone che ci lavorano, se consideriamo anche le squadre U23 e U19».

Stimolo a imparare                              

Il passo in un team WorldTour può spaventare, ma in un certo modo lo stimolo a cui si è sottoposti è enorme. Serve la testa giusta per goderselo e per portare a casa un insegnamento nuovo ogni giorno. Arrivare qui a 21 anni per Pellizzari può essere importante, ma tutto va calibrato nel modo giusto.

«Lo stimolo nel correre accanto a campioni del calibro di Roglic, Hindley, Vlasov e Martinez non è da sottovalutare (continua Gasparotto, ndr). Gli investimenti negli anni sono stati importanti e vogliono portarci a vincere il Tour de France, perché no anche con ragazzi cresciuti, o comunque modellati, da noi. Pellizzari può essere tranquillamente questo profilo, ma l’inserimento va fatto in maniera graduale e logica. Ha tutto da scoprire: dalla ricerca dei materiali al loro sviluppo.

«Ci sono tanti dettagli che nella sua carriera non ha curato – prosegue – e quindi di lui non si conoscono i limiti di crescita perché è tutto da scoprire. Pellizzari ha fatto vedere tanto con i Reverberi e con lui si può fare molto, sicuramente non è un giovane “spremuto”.

Futuro da scrivere

La crescita di Pellizzari passerà tanto dalle sue qualità, vero, ma anche dalle occasioni che potrà avere con la Red Bull-Bora- Hansgrohe. Come si garantisce la maturazione di un giovane così promettente?

«Penso che sia talmente grande quello che lui può scoprire di se stesso e noi di lui – analizza Gasparotto – che dire cosa farà è fin troppo limitato. E’ ancora molto giovane, quindi penso che affiancare un corridore come Roglic o Vlasov in una grande corsa a tappe possa essere d’insegnamento per capire e imparare cosa serve per essere un capitano. Avere la percezione di cosa serve per diventare un grande corridore. Correre ancora in una professional non gli avrebbe dato questa dimensione, che invece penso sia importante avere.

«Sono situazioni – dice – che ho vissuto anche io per primo quando correvo. Affiancare un grande corridore in un Giro d’Italia e vincere ti dà sempre qualcosa. Noi Pellizzari lo aspettiamo, è anche vero che ha bisogno di step, con l’iniziare ad essere protagonista in corse di una settimana nel WorldTour. Poi il fatto che io ricoprirò questo ruolo può essere un fattore importante perché sarò la figura di riferimento e con me potrà parlare in italiano. Il suo preparatore invece sarà Paolo Artuso. La prima cosa da fare quando un corridore arriva in un contesto del genere è tutelarlo e mettergli accanto persone che possano comunicare facilmente con lui».  

Cinque saluti particolari (ma di cuore) a Pozzovivo

20.10.2024
7 min
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La settimana scorsa, tagliando il traguardo di Como al Lombardia, Domenico Pozzovivo ha chiuso la sua carriera. Dopo 20 stagioni da professionista lo scalatore lucano ha detto basta. Tredici vittorie, 42 anni, tante cadute, mille problemi, ma una grinta e un cuore grosso così lo hanno reso uno dei corridori più amati in assoluto. Splendido (e doveroso) l’omaggio che il gruppo gli ha riservato a Roma nel finale del Giro d’Italia.

Pozzovivo è da tutti giudicato come un esempio. Un esempio di abnegazione, perseveranza, educazione. E fino alla fine è rimasto a livelli altissimi, proprio per questa sua devozione verso la vita da corridore.

Riallacciandoci a quell’omaggio del Giro, vi proponiamo cinque saluti di cinque personaggi che “Pozzo” ha incrociato lungo la sua carriera.

Giro del 2013, Pozzovivo trionfa a Lago Laceno. È la sua vittoria più importante e l’ha ottenuta con la maglia di Reverberi
Giro del 2013, Pozzovivo trionfa a Lago Laceno. È la sua vittoria più importante e l’ha ottenuta con la maglia di Reverberi

Dall’inizio alla fine

Non possiamo non partire da Roberto Reverberi. Il manager e direttore sportivo della VF Group-Bardiani si ritrovò Domenico già nel 2005 quando iniziò la sua avventura tra i professionisti. All’epoca la sua squadra si chiamava Ceramica Panaria. Domenico vi restò otto anni e dopo 11 ci è ritornato per chiudere.

«Un ricordo del Pozzo? Tutti i rimproveri che si è preso in questi anni! All’inizio, quando era giovane, andava un po’ guidato, però professionalmente è stato il numero uno e potrebbe correre altri due anni, proprio perché si sa gestire benissimo. Vi dico questa: dopo l’ultimo Memorial Pantani è partito immediatamente per l’Etna. Voleva fare un po’ di altura per il Lombardia. Pensate che concentrazione fino alla fine».

Una volta noi stessi assistemmo ad un siparietto tra Reverberi e Pozzovivo. Si era al Cicalino, la tenuta toscana dove la squadra di Reverberi va abitualmente in ritiro. Nel pomeriggio, al termine di un allenamento, Roberto aprì il frigo e prese uno yogurt. Poco dopo arrivò Domenico. Andò al frigo e non trovò il suo yogurt. «Chi lo ha preso?». Nessuno rispondeva. Roberto rideva sotto i baffi. «Ma non fu l’unico caso. Una volta gli presi dei fiocchi di riso. Fiocchi particolari».

«La prima volta che incontrai Pozzovivo fu al Giro d’Abruzzo. Lui non era in gara. Aveva 18 anni e l’anno dopo sarebbe passato under 23. Era nella mitica Volvo di Olivano Locatelli. Pensavo fosse suo figlio. Invece Olivano mi disse: “Vedi questo ragazzino? Un giorno vincerà il Giro d’Italia”. Mi voltai ed era davvero un bambino. Sembrava avesse 13 anni. Qualche anno dopo me lo ritrovai in squadra».

Al Lombardia l’organizzazione ha regalato a Domenico e sua moglie Valentina un body-ricordo per il nascituro di casa Pozzovivo
Al Lombardia l’organizzazione ha regalato a Domenico e sua moglie Valentina un body-ricordo per il nascituro di casa Pozzovivo

Lo scalatore e il velocista

Un po’ come il diavolo e l’acqua santa. Uno alto e sprinter, l’altro basso e scalatore. Cosa c’entra Alessandro Petacchi con Domenico Pozzovivo? Probabilmente nulla, se non che spesso sono stati agli antipodi e protagonisti, in modo diverso, di molti Giri d’Italia e Tirreno-Adriatico.

«In effetti siamo stati due corridori completamente diversi, agli opposti direi: lui un piccolo scalatore, io un velocista alto. Però Pozzo mi è sempre piaciuto, spesso lo andavo a cercare e adesso mi è capitato di commentare le sue gare.

«Credo che Pozzovivo sia un esempio di grande professionalità e un ragazzo educatissimo. Ha dimostrato sempre di rialzarsi ad ogni difficoltà, non ha mai mollato… e ne ha avute di occasioni per dire basta. Negli ultimi anni l’abbiamo visto correre con un gomito in condizioni pessime, ma questo non lo ha scalfito. Me lo ricordo in una gara a tappe che non poteva alzarsi sui pedali proprio per il problema al gomito. Domenico è stato la personificazione della sofferenza del ciclista, di cosa vuol dire correre in bici. Credo non abbia mai avuto bisogno di un preparatore o di un nutrizionista, tanto era preparato e informato.

«Domenico deve essere l’esempio per i giovani. Magari per Pellizzari che si è ritrovato un compagno come lui: spero che Giulio ne faccia tesoro».

Gasparotto e Pozzovivo nell’arrivo della Liegi 2018. Il lucano precedette il compagno di squadra. Tra i due c’è grande rispetto
Gasparotto e Pozzovivo nell’arrivo della Liegi 2018. Il lucano precedette il compagno di squadra. Tra i due c’è grande rispetto

Rivale e compagno

C’è poi Enrico Gasparotto, oggi diesse della Red Bull-Bora Hansgrohe. I due sono stati compagni prima alla Bahrain e poi alla NTT. Si conoscevano da anni, da quando battagliavano tra gli under 23.

«Cosa dire su Pozzo? Siamo stati compagni di squadra, abbiamo condiviso allenamenti, camere e qualche volta i barbecue al lago a casa mia. All’inizio abbiamo avuto un rapporto di amicizia vera e profonda, poi un po’ questa si è incrinata per la storia del piazzamento alla Liegi del 2018. Lui fece quinto, io sesto passandomi sulla linea d’arrivo. Però c’è sempre stato mutuo rispetto e gli ho sempre voluto bene».

Gasparotto è stato anche un amico e confidente in qualche modo. Essendo entrambi di stanza a Lugano, Enrico è stato parecchio vicino a Domenico dopo l’ultimo grave incidente.

«Quando ha avuto l’incidente si stava allenando dalle sue parti. Lo abbiamo aiutato per farlo rientrare in Svizzera con l’eliambulanza. Passò diverse giornate in ospedale a Lugano, dove fu operato. Andavo a trovarlo e qualche volta, quando era solo, lo imboccavo in quanto non poteva muovere le braccia.

«Gli ho consigliato di non rischiare dopo il grave infortunio che ha avuto al braccio, di cercare di inventarsi qualcos’altro nella vita e di non insistere troppo col ciclismo, perché poteva essere pericoloso per lui in quelle condizioni. Magari queste cose dette in maniera brutale gli hanno fatto un po’ male, ma gliele ho dette perché non avrei mai voluto vivere un altro momento simile. Volevo fargli capire quanto era importante la vita anche dopo il ciclismo».

Il vecchio e il giovane: Fortunato Baliani ha accolto con amicizia Pozzovivo ai tempi della Panaria
Il vecchio e il giovane: Fortunato Baliani ha accolto con amicizia Pozzovivo ai tempi della Panaria

Il testimone di nozze

Ricordate Fortunato Baliani? Un “gregarione”, un attaccante che non mollava la presa. Lui ha qualche anno in più di Pozzovivo, ma tra i due ci fu subito un bel feeling. Oggi Baliani gestisce una pizzeria nei pressi di Spoleto e di “Pozzo” è ancora molto amico, tanto che è stato il suo testimone di nozze.

«Conoscendolo bene, per lui questo addio è una mezza morte. So quanto ama il ciclismo e il suo mestiere. Spero possa restare nell’ambiente a differenza di me. So che lui ci tiene. Come è nata la nostra amicizia? Io l’ho accolto quando arrivò in Panaria. Facemmo un primo ritiro insieme a Fuerteventura, poi un altro e un altro ancora. Eravamo sempre in stanza insieme. E anche quando ci ritrovammo in team diversi continuammo a sentirci e a prenderci in giro.

«Gli ricordo spesso quando lo battei sul Maniva al Brixia Tour… E sì che lui in salita era molto più forte di me! Io feci primo e lui secondo. Ma gli andò bene perché vinse la generale».

Una domenica, noi stessi, incontrammo Pozzovivo in una granfondo a Rieti, non lontano da Spoleto. Gli chiedemmo cosa ci facesse da quelle parti e ci disse che ne aveva approfittato in quanto era a casa di Baliani. 

«Domenico veniva spesso da me anche d’estate. Io avevo una casa a Castelluccio di Norcia e andavamo in ritiro lassù. La prima volta era il 2008. Gli piacque talmente tanto che ci tornò anche negli anni successivi».

Giro 2023: un selfie tra lucani. Verre con il suo mito…
Giro 2023: un selfie tra lucani. Verre con il suo mito…

L’erede

Chiudiamo con un saluto particolare, quello di Alessandro Verre. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels ha tanti punti in comune con Pozzovivo a partire dalla terra di provenienza e dall’essere scalatore. In qualche modo Alessandro è cresciuto nel mito di Pozzo.

«Ho conosciuto Domenico di persona abbastanza tardi, al Laigueglia del 2022 al mio primo anno da pro’. Eravamo appena partiti e mi sentii gridare: “Uè giovane”. Iniziammo a parlare. Siamo entrambi lucani, ma non abbiamo mai avuto tante occasioni per stare assieme».

I due si sono allenati insieme per la prima volta solo lo scorso gennaio: «Era maltempo a casa mia, in Val d’Agri. Così ho deciso di andare verso il mare con la macchina per poi partire in bici da Montalbano Ionico, il suo paese di origine. Domenico era in Calabria dalla moglie e mi ha raggiunto. Quel giorno abbiamo fatto 4 ore. Nonostante non sia più un neoprofessionista ammetto che ho ancora quell’emozione nel vederlo e nello stare con lui. Il rammarico di quel giorno è che non feci nemmeno una foto ricordo.

«Un’altra cosa che mi ha colpito riguarda la sua professionalità: un fatto avvenuto durante il Giro di quest’anno. La tappa arrivava a Napoli, dove il giorno dopo avremmo fatto il riposo. In gruppo, tutti desideravano mangiare la pizza quella sera, ma quando andai da Domenico per scambiare due chiacchiere mi disse che avrebbe digiunato fino al giorno successivo, che era una sua abitudine per “pulirsi” durante i grandi Giri».

«Ammetto che in tutti questi anni da quando sono pro’ ed ho corso contro di lui, ho sempre avuto quello spirito di competizione di dover fare meglio. In fondo è stato il punto di riferimento che cercavo di copiare. In pochi hanno la sua esperienza e la sua preparazione. Quest’anno ci siamo ritrovati in ritiro sullo Stelvio. Quando ci siamo allenati insieme ho cercato di fargli più domande possibili.

«Quella che vedete sopra, è l’unica volta che gli ho chiesto di fare una foto: eravamo alla presentazione del Giro 2023. Ora che realizzo davvero, penso proprio che mi mancherà il prossimo anno».

Il gregario dell’anno? Sentiamo tre direttori sportivi

14.09.2024
6 min
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«Oggi il vero gregario cioè il Panizza per De Vlaeminck, il Bernaudeau per Hinault o il Vanotti per Nibali, non c’è più. O se c’è, si vede solo in certi frangenti in corsa». Anche se quello che stiamo per proporvi è un articolo che riguarda la figura del gregario non potevamo esimerci da questa premessa fatta da Giuseppe Martinelli, uno direttori sportivi interpellati per questo “Oscar del gregario” appunto.

La premessa di “Martino” è importante perché ci dice molto anche sul perché dei giudizi su questo o quel gregario. Il fattore del tirare, di prendere aria in faccia, resta oggi centrale. Mentre si affievolisce, almeno vista da fuori, la parte oltre la gara. Vale a dire il gregario confidente, il gregario compagno di camera. Il discorso oggi è molto più tecnico.

Con i tre grandi Giri alle spalle e altre corse importanti nel sacco, cerchiamo di capire chi è, o chi sono, i gregari che si sono distinti maggiormente durante la stagione. E perché si sono distinti.

Oltre a tirare forte, Domen Novak è anche un buon confidente tanto più che è sloveno come Pogacar
Oltre a tirare forte, Domen Novak è anche un buon confidente tanto più che è sloveno come Pogacar

Parola a Gasparotto

«E’ un argomento ampio e di non facile scelta – dice Enrico Gasparotto, direttore sportivo in forza alla Red Bull-Bora – è difficile giudicare e stabilire chi sia stato il miglior gregario dell’anno. Si fa anche fatica a ricordare alcuni eventi di marzo, per esempio. Oppure non si conoscono le dinamiche interne dei vari team, i ruoli e i compiti assegnati ai corridori. E poi parliamo di gregari: ma ci sono team che hanno preso Adam Yates per fare il gregario. Noi stessi in Red Bull, abbiamo Vlasov e Hindley che sarebbero capitani altrove. Ormai si va nella direzione dei super team, in cui corridori molto importanti vengono messi a disposizione di quei 4-5 atleti più forti del mondo. 

«E questo vale non solo per la salita. Penso anche ad alcuni passisti che sono forti nelle classiche del Nord e delle pietre: Van Aert, Van Hooydonck fino all’anno scorso, o Politt: gente molto forte che dà tanto anche nei grandi Giri».

E con Politt Gasparotto apre ad un primo lotto di nomi. Il tedescone della UAE Emirates è piuttosto gettonato.

«Nils – va avanti Gasparotto – l’ho avuto fino allo scorso anno e conosco il suo potenziale è uno di quegli atleti molto importanti al servizio di profili altissimi. Oltre a lui, credo che in stagione si sia ben distinto Domen Novak. Conosco bene questo ragazzo, in quanto corremmo insieme alla Bahrain. Già all’epoca aveva un potenziale enorme e ha fatto uno step ulteriore. Alla Liegi ha svolto un lavoro eccezionale per Pogacar e ha fatto benissimo anche al Giro d’Italia. Un altro che ha fatto bene è Cattaneo».

Aleotti tira i suoi. Giovanni per prestazioni e costanza di rendimento sta diventando un vero uomo squadra
Aleotti tira i suoi. Giovanni per prestazioni e costanza di rendimento sta diventando un vero uomo squadra

Stando in Red Bull-Bora e vista la sua ottima stagione, avremmo pensato che Gasparotto facesse il nome di Giovanni Aleotti, ormai stabile nelle formazioni che contano.

«Certamente c’è anche lui – conclude Gasparotto – non l’ho citato prima perché prendo come punto di partenza il Tour per lo stress della corsa e l’importanza fondamentale che gioca il gregario in quella gara e Giovanni al Tour non c’era. Ma senza dubbio Giovanni è da chiamare in causa. Alla Vuelta ha lavorato quando alla tv ancora non si vedeva. Al Giro lavorava e poi era stabilmente nei primi 15, 20 al massimo: questo significa che ormai ha raggiunto una base solida. Lo vedo molto bene anche in ottica futura come gregario di un capitano importante. E’ un lavoro che svolge con naturalezza e poi c’è un aspetto molto importante: si è guadagnato la fiducia dei leader. Perché tu puoi andare forte quanto vuoi, ma se il capitano non si fida di te serve a poco.

«Se un corridore così, visto il mondiale duro che si profila e i nomi che se lo giocheranno Roglic, Pogacar, Remco… non fosse convocato, sarei alquanto stupito».

Alla Vuelta visto un Cattaneo splendido. Solo dei problemi di salute gli hanno impedito di essere al Tour con Evenepoel
Alla Vuelta visto un Cattaneo splendido. Solo dei problemi di salute gli hanno impedito di essere al Tour con Evenepoel

Tocca a Bramati

Dopo Gasparotto ascoltiamo il parere di Davide Bramati, diesse della  Soudal-Quick Step. Anche il tecnico lombardo sottolinea il fatto che l’argomento è ampio, che la scelta da fare non è facile e, aggiunge: «La stagione non è ancora finita!».

«Chi è il miglior gregario dell’anno? Se guardo in casa mia, ma non solo, dico Mattia Cattaneo. Specie dopo la medaglia alla crono degli europei mi viene in mente lui. Alla Vuelta ha fatto grandi cose. Abbiamo visto quando si è fermato ad attendere Landa. Quella è stata una decisione non facile, anche per l’ammiraglia. Da parte sua, significa devozione per la squadra e per il lavoro che sta facendo, pur avendo una grande condizione».

Bramati, tra gli altri, ha elogiato Ghebreigzabhier, attivo su molti fronti
Bramati, tra gli altri, ha elogiato Ghebreigzabhier, attivo su molti fronti

Cattaneo era stato già nominato da Gasparotto e non poteva essere diversamente. Oggettivamente Mattia è stato un grande interprete di questo ruolo. E non solo in questa stagione.

«Anche Novak della UAE Emirates mi è sembrato molto bravo in questo ruolo, almeno nelle corse che ho seguito io e anche ascoltando il parere dei ragazzi. I miei atleti mi dicono che fa numeri incredibili, che tira fortissimo e per molti chilometri. Novak svolge un grande lavoro anche quando si è lontani dal traguardo. 

«Poi sempre per quel che ho visto io in corsa, devo dire che mi ha colpito Amanuel Ghebreigzabhier della Lid-Trek. Al Giro l’ho visto tirare in salita, in pianura per Milan, andare in fuga. Davvero un bell’atleta».

Giro 2016: immagine simbolo di Scarponi in veste da gregario. Michele fu fermato da Martinelli e Slongo per attendere Nibali (immagine tv)
Giro 2016: immagine simbolo di Scarponi in veste da gregario. Michele fu fermato da Martinelli e Slongo per attendere Nibali (immagine tv)

Infine Martinelli

Chiudiamo con il più esperto dei direttori chiamati in causa, Giuseppe Martinelli, tecnico dell’Astana-Qazaqstan. Anche lui ribadisce la difficoltà di individuare un singolo nome. Scavando nel passato recente dei suoi atleti, Martino, nomina Kangert e Scarponi. Ma poi si chiede anche se un atleta come Van Aert, spesso al servizio del team, possa essere considerato un gregario o meno.

«Un gregario formidabile è Marc Soler, ma quando riesce a farlo veramente? Ha una testa quello lì… Cattaneo è molto bravo. Ma se devo scegliere il gregario di quest’anno dico Rafal Majka. Penso anche al Tour dell’anno scorso e ovviamente all’ultimo Giro. E’ stato fondamentale. Era uno dei pochi se non l’unico che doveva e poteva restare vicino a Pogacar e lo ha fatto al meglio. Anche Adam Yates o Almeida si sono messi a disposizione di Pogacar, ma Majka è votato per quel ruolo lì. E’ il gregario vero: tira in salita e si stacca. Probabilmente quei gregari così non ci sono più».

Per Martinelli è Majka il gregario dell’anno. Votato alla causa del leader e basta
Per Martinelli è Majka il gregario dell’anno. Votato alla causa del leader e basta

E su questa figura, Martinelli apre una parentesi: «Quando mio figlio Davide era in Quick Step mi diceva di De Clerq, ora alla Lidl-Trek. Un corridore che faceva paura, in grado di tirare dal terzo chilometro di gara fino ai meno 40, meno 30… anche nelle corse del Nord. E nel frattempo magari andava anche dietro a prendere l’acqua. Una forza della natura. Ma per i più, De Clerq è poco noto e magari porta anche pochi punti. E questo pochi team se lo possono permettere. Però è fondamentale per la squadra. Oggi con tutti gli extra feed che abbiamo i ragazzi neanche sono così capaci a prendere l’acqua all’ammiraglia».

Red Bull-Bora, dalla debacle del Tour al piano per ripartire

25.07.2024
6 min
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Il Tour de France, come tutti i grandi eventi, porta con sé un’onda lunga di considerazioni, bilanci, ricordi. E un bilancio, ma anche (e soprattutto) un discorso in prospettiva lo facciamo con Enrico Gasparotto, tecnico della  Red Bull-Bora-Hansgrohe, squadra che non ha avuto una Grande Boucle facile.

Il team tedesco, lo ricordiamo, ha perso il suo leader Primoz Roglic, il quale aveva fatto quasi all-in sul Tour. E ha perso anche il suo braccio destro, Alexander Vlasov. Da lì sono saltati un po’ tutti i piani e anche chi doveva aiutare, o già aveva aiutato, non poteva raccogliere all’improvviso un’eredità tanto importante. Neanche se ci si chiamava Jai Hindley o Bob Jungels.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Insomma, Enrico, dicevamo di un Tour non facile per voi…

Penso sia stato decisamente così. Partivamo con l’ambizione di lottare per vincere e in seconda battuta di lottare per il podio e invece ci siamo ritrovati come ultima squadra nella classifica dei guadagni, dei premi elargiti, il che la dice lunga su come sia andata.

Crolla un po’ il castello?

Quando punti un obiettivo e il tuo leader viene meno, cambia tutto. Se poi anche il leader in seconda battuta, Vlasov, va a casa è ancora peggio. Faccio un esempio: prendiamo la Soudal-Quick Step che aveva in Remco e Landa i suoi due corridori principali. Mettiamo che per un motivo o per un altro loro due si ritiravano, che Tour avrebbe fatto la Soudal?

Chiaro, rispecchia la vostra situazione…

Noi abbiamo perso Vlasov nella tappa degli sterrati, dove ha riportato la frattura della caviglia. E tre giorni dopo abbiamo perso Roglic per una caduta. Era la peggior situazione che ci potesse capitare. Poi Jai è stato bravo ad entrare nelle fughe che potevano portare a qualcosa. In questi attacchi loro c’erano, ma anche in questo caso, di reali possibilità che la fuga arrivasse ce ne sono state poche. Se pensiamo che tre uomini (Pogacar, Girmay e Philipsen, ndr) hanno vinto 11 tappe e una dodicesima, la prima crono, è andata a Remco, alla fine per tutti gli altri restava veramente poco. 

Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
E voi impostando la squadra in quel modo neanche avevate il velocista…

Ripeto, è stato un Tour difficile per tutti noi della Red Bull-Bora. Erano tre mesi che i ragazzi vivevano insieme praticamente tra gare, ritiri, altura… E quando il tuo leader viene meno anche mentalmente si fa dura. Ma si è fatta dura anche per i direttori sportivi, per lo staff: meccanici, massaggiatori… Noi abbiamo cercato di reagire e devo fare un plauso a Jai e a Nico Denz, che ci hanno provato nonostante anche loro in alcuni giorni non siano stati bene.

Come si fa ora? Come si riordinano le idee?

Come sempre, dopo i grandi eventi e i grandi Giri in particolare si fa il debriefing. Si analizza il tutto: preparazione, dinamiche di corsa, materiali, staff, logistica… In qualche cosa si poteva fare meglio, in altre si è fatto bene e si cerca di capire come migliorare ancora. Si fa un’analisi approfondita di tutto, specie dopo batoste così importanti, si va ancora di più nel dettaglio.

Come avviene questo debriefing: si fa con una call tutti insieme o ognuno invia il suo report?

Si riunisce il management e il responsabile di ogni reparto e si analizza il tutto. Per la nostra parte c’era Rolf Aldag, che era il responsabile Red Bull-Bora-Hansgrohe al Tour e quindi si sa già molto. Poi vengono coinvolti i coach, il responsabile dei materiali, della logistica, della nutrizione: si mette tutto sul tavolo. Credo che a fine settimana ci sarà un rapporto definitivo.

Se questo, Enrico, è quel che è successo, iniziamo a guardare avanti e la domanda diretta è: al netto del problema alla vertebra, vedremo Roglic alla Vuelta?

Dal primo giorno in cui un corridore torna a casa si pensa già al prossimo obiettivo. E questo vale anche per Vlasov. Entrambi erano già e sono nella lista lunga della Vuelta. Posso dire che Primoz è stato presso il centro Red Bull Athlete Performance Center vicino Salisburgo per i test e le analisi fisiche e può riprendere ad allenarsi bene. Attenzione però, con questo non dico che Primoz sarà alla Vuelta. Una decisione non sarà presa prima della prossima settimana.

Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Serve anche un certo tempo di riflessione, immaginiamo…

C’è un periodo di stand by, prima di dare la formazione della Vuelta, a prescindere dalle cadute o meno. Deve passare almeno una settimana dopo la fine del Tour de France, anche per vedere come recuperano i ragazzi. Quando si molla all’improvviso, dopo tanti giorni di adrenalina, spesso i corridori si ammalano, escono fuori dolori… servono alcuni giorni perciò per valutare il vero grado di stanchezza. Senza contare che ci sono stati anche casi di Covid, alcuni più seri e altri più lievi. In tutto ciò il lato positivo è che Roglic si può allenare bene e presto credo otterrà lo stesso via libera anche Vlasov.

Guardando oltre la Vuelta, per esempio tu, Enrico, direttore sportivo, cosa farai?

Ora un po’ di riposo. Ho fatto molte corse, tra cui Giro d’Italia e Tour. Rientrerò a Plouay e Renewi Tour, quindi farò la trasferta canadese e chiuderò con le gare italiane tra settembre e ottobre.

E per gli altri corridori come si programma questo post Tour?

Bisogna pensare che per otto atleti al Tour ce ne sono altri 22 a casa e lì si procede indipendentemente dal Tour. Su questo aspetto abbiamo lavorato prima della Grande Boucle: due settimane di programmi fatti nella seconda metà di giugno.

E cosa ne è emerso?

Che abbiamo una lista lunga di 12 nomi per la Vuelta e altri ragazzi assegnati a tutte le altre gare. Ma programmare non è facile. Perché spesso i programmi saltano. Penso per esempio a Buchmann che doveva fare un altro percorso e al Tour de Suisse si è fratturato la clavicola. O a Kamna che è  ancora fuori. Alcuni corridori sono impegnati alle Olimpiadi…

Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Daniel Martinez, secondo al Giro, dove lo vedremo?

Fa parte della lista lunga della Vuelta, ma non è detto che ci vada. Vista la su grande duttilità, Dani Martinez potrebbe essere anche dirottato sulle corse di un giorno come San Sebastian o brevi corse a tappe.

Come dicevi bisogna vedere anche come stanno gli altri e in tutto ciò di Sobrero cosa ci dici?

Matteo non farà la Vuelta. Ha fatto moltissimo quest’anno: tutta la parte del Tour e quindi gare e ritiri con Roglic, ma anche delle gare in Belgio nelle quali Primoz non era previsto. Rientrerà a Plouay.

Aleotti?

Giovanni invece è uno dei 12 della lista lunga per la corsa spagnola. Si sta allenando in altura e il suo ruolo alla Vuelta lui ce lo avrà. Dovrebbe riprendere a Burgos (i primi di agosto, ndr).

Insomma tutto è in divenire, ci si rialza continuando a lavorare. Al netto della Vuelta per un team come il vostro servono grandi obiettivi. Quindi si punta forte sul Lombardia?

Tutti puntano sul Lombardia e anche noi ovviamente. Abbiamo diversi corridori che possono vincerlo. Penso a Primoz e a Vlasov che hanno concluso tra i primi anche nella passata edizione e lo stesso vale per Martinez e Hindley o Higuita. Per ora il Lombardia è l’ultimo dei miei problemi! Lì in teoria dovremmo avere problemi di abbondanza. Poi è chiaro che è uno dei nostri obiettivi. I Monumenti sono cinque: in questo momento un corridore per vincere Sanremo, Fiandre o Roubaix non ce lo abbiamo, però abbiamo ottimi atleti per puntare ad una Liegi e ad un Lombardia.

Passo falso sul San Luca, ma Roglic getta acqua sul fuoco

01.07.2024
5 min
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BOLOGNA – Nonostante i tuoni sull’asfalto rovente del San Luca, il sorriso di Primoz Roglic cancella le nubi in casa Red Bull-Bora-Hansgrohe. E’ stata una delle giornate più difficili sui colli bolognesi per l’asso sloveno, abituato a sfrecciare a braccia alzate al Giro dell’Emilia con il suo tris regale (2019, 2021, 2023). Stavolta, invece, è stato costretto a limitare i danni dalla coppia terribile Pogacar-Vingegaard e da un altro tandem tenace composto da Carapaz ed Evenepoel.

Acqua sul fuoco

Se l’ecuadoregno e il belga hanno reagito, all’ex campione mondiale juniores di salto con gli sci è mancato il solito spunto sulle pendenze più arcigne. Al tempo stesso non è andato a picco e quei 21 secondi lasciati nella torrida giornata non lo spaventano. E’ lui il primo a calmare le acque, scendendo sorridente dal bus e concedendosi per qualche battuta coi giornalisti dopo aver schioccato un bacio alla moglie Lora.

«E’ stata dura. Volevo restare con i migliori – dice – ma non avevo le gambe e così devo accontentarmi di quello che è stato».

Al momento dell’attacco di Pogacar, “Rogla” non era nella posizione in cui avrebbe dovuto trovarsi, come conferma lui stesso: «Ovviamente non ero alla sua ruota, sono rimasto troppo indietro e così non ho potuto farci nulla». A chi pensa che la domenica emiliana possa destabilizzarlo, lui ribatte: «E’ stata una giornata a sé, preferisco vivere questo Tour giorno per giorno. E’ soltanto la seconda tappa e mancano ancora 19 giorni».

Roglic ha speso tanto per trovare la posizione sul San Luca, ma forse le gambe non erano le migliori
Roglic ha speso tanto per trovare la posizione sul San Luca, ma forse le gambe non erano le migliori

La voce del padrone

Ralph Denk, fondatore e manager del team, che a questo Tour ha festeggiato l’ingresso di Red Bull nel ciclismo, non si nasconde.

«Non era quello che ci aspettavamo – dice – ma alla fine sono soltanto una manciata di secondi, per cui dovremo analizzare nel dettaglio la tappa e parlare con più calma con Primoz. Non ho grandissime informazioni. Sicuramente l’intera squadra ha sbagliato posizionamento al primo imbocco del San Luca e questo ci è costato parecchie energie che poi abbiamo pagato. Cercherò di capire cosa è successo».

Accanto a sé nei momenti più concitati, Roglic aveva sia Aleksandr Vlasov sia Jai Hindley, che hanno tagliato il traguardo nel suo stesso gruppo. «Il caldo torrido ha reso davvero duro questo weekend, per noi così come per tutte le altre squadre. Sono convinto che queste alte temperature hanno reso meno emozionante la corsa perché con dieci gradi in meno magari avremmo visto qualcosa di più», commenta ancora Denk.

Ralph Denk ha da poco ceduto il 51% della società a Red Bull, ma resta a capo del team
Ralph Denk ha da poco ceduto il 51% della società a Red Bull, ma resta a capo del team

L’analisi di Gasparotto

Dal bus scende anche il direttore sportivo Enrico Gasparotto che prova ad analizzare la tappa. «In giornate con un finale come quello di Bologna – dice – di solito Primoz è sempre là. Però questa frazione è stata atipica perché non è stata una giornata tirata, ma tranquilla per la prima parte e poi esplosiva nel finale.

«Il Montecalvo e i due passaggi del San Luca sono stati fatti a velocità folle, mentre prima no. Magari questo ha influenzato un corridore di una certa esperienza e un po’ un diesel come lui, rispetto a ragazzi più giovani. Poi, l’entrata del San Luca era molto più tecnica rispetto a quando si affronta all’Emilia. C’era la chicane che sparigliava un po’ le carte. Ne parlerò con Primoz, ma sicuramente già dal suo arrivo al nostro pullman l’ho visto molto più tranquillo di quello che potessi immaginare».

Sceso dal pullman e prima di rivolgersi alla stampa, Roglic ha baciato la moglie Lora
Sceso dal pullman e prima di rivolgersi alla stampa, Roglic ha baciato la moglie Lora

Perplessità su Pogacar

La situazione di classifica non spaventa il diesse friulano: «Onestamente mi aspettavo molto di più da Tadej nella prima tappa, così nella seconda. Pensavo che la Uae tenesse maggiormente la corsa per poi provare a fare “malanni” nelle ultime due salitine prima dell’ultimo strappo del San Luca. Di sicuro se Tadej, come dice, sta meglio che al Giro, mi aspetto sempre fuoco e fiamme in questa prima settimana.

«Per ora, ha fatto meno di quello che aspettavo, ma credo che questo caldo abbia influenzato tutti, lui compreso. Chi è stato ad allenarsi a fare altura sulle Alpi ha trovato brutto tempo quasi ovunque, mentre chi è andato in Spagna magari aveva il corpo più abituato a queste temperature». Poi aggiunge sicuro: «Primoz ha esperienza da vendere e sa gestirsi come pochi».  

Prima del via del Giro, Roglic con il procuratore Mattia Galli, che condivide con Vingegaard
Prima del via del Giro, Roglic con il procuratore Mattia Galli, che condivide con Vingegaard

Il giorno di Sobrero

Oggi un po’ di relax nella prima occasione per velocisti con l’arrivo a Torino. Si passerà nelle terre dell’albese Matteo Sobrero, con il suo fans club disseminato sul percorso tra Barbaresco e dintorni per sospingerlo nel suo prezioso lavoro a supporto dello sloveno vincitore per tre volte della Vuelta di Spagna (2019, 2020, 2021) e re del Giro d’Italia 2023. Ieri Matteo ha tagliato il traguardo con un ritardo di 13’25” dal vincitore, nel gruppetto di cui faceva parte anche un acciaccato Wout Van Aert.

«Primoz non era al top in questa tappa, forse anche perché ha patito il caldo e non era abituato a questo clima. Anche lui arrivava direttamente dall’altura di Tignes», racconta Matteo riferendosi agli allenamenti del mese scorso. «In squadra siamo tutti tranquilli anche perché il Tour è appena iniziato e le salite lunghe devono ancora cominciare».

Il terzo uomo è ancora in piedi: stavolta però, tocca a lui rimontare se vuol cullare il sogno giallo mai sopito.

La Bora ne piazza due. Gasparotto si gode Martinez e Lipowitz

05.05.2024
4 min
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OROPA – Mentre tutti scappano verso il basso, Enrico Gasparotto cammina verso l’alto. Il tecnico della Bora-Hansgrohe risale il traffico di ammiraglie e ciclisti. Non appena il suo Florian Lipowitz lo ferma, gli mette le mani attorno le guance quasi come un papà. Qualche pacca sulla spalla e inizia a parlarci.

Inizia a parlarci ma qualche secondo dopo si ferma. Quasi di corsa, si volta e va in ammiraglia. Il corridore trema. Forse gli dice che ha ancora freddo. Lo fa spogliare, gli passa una maglia asciutta ancora più pesante di quella che in precedenza gli aveva dato il massaggiatore. I due riprendono a confabulare. Poi Lipowitz, sorridente, parte in bici per scendere a Biella.

Gasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieri
Gasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieri

Sorriso ritrovato

«Ho provato a seguirlo – replica il tedesco a chi gli aveva chiesto della sua scalata – ma Pogacar era nettamente più veloce. Da parte mia sono felice, mi sono sentito bene lungo la scalata. Avanti così».

«Sono venuto incontro a Florian – spiega Gasparotto – perché ieri ha avuto una giornata no, ma noi sappiamo che sta bene visto quello che ha fatto al Romandia. E anche oggi ha fatto un gran lavoro. E’ un ragazzo giovane, alla prima esperienza al Giro d’Italia e ci è rimasto male per ieri. Lui sperava di rimanere davanti con i migliori. Pertanto era un po’ giù, non dico demoralizzato, però iniziava ad avere dubbi sulla condizione, che magari era già sparita rispetto al Romandia. Vediamo come va giorno per giorno. Sia lui che noi dobbiamo scoprire il suo potenziale».

Gaspa ha consolato il suo atleta insomma. Un direttore sportivo è, e deve essere, anche psicologo.

In questo primo arrivo in salita del Giro d’Italia ha dominato, come ci si attendeva, Tadej Pogacar, ma ad oggi è chiaro che la seconda forza della corsa rosa è la Bora-Hansgrohe. Gaspa ne ha due lì davanti. Lipowitz, appunto, e Daniel Martinez.

Lipowitz (a sinistra) e Martinez (al centro) allo sprint al Santuario di Oropa

Martinez c’è

Gasparotto va di nuovo controcorrente. Stavolta la sua meta è Daniel Martinez. Lo trova mentre fa i rulli per il defaticamento. E’ nell’area dell’antidoping. Il colombiano è stato chiamato per il controllo. Stavolta lo sguardo è meno “da padre”, anche Martinez è più maturo e sa il fatto suo. Ma Gaspa ascolta e parla con la stessa attenzione.

«Con Daniel – riprende Gasparotto – ad un tratto c’è stato del nervosismo, perché proprio nel punto più duro della salita, tra i meno 5 e i meno 4, ha avuto un problema con la bici. Voleva sostituirla, ma noi eravamo dietro con l’ammiraglia e la giuria non ci ha fatto passare. Non abbiamo potuto fare niente, se non lasciargli vicino Lipowitz».

«Io credo che riuscire a stare là davanti e a sprintare per il secondo posto vuol dire che le gambe ci sono. Con Dani poi dovevamo essere un po’ conservativi perché è tanto tempo che non correva, dalla Tirreno. Pertanto in queste situazioni si cerca sempre di non esagerare all’inizio. E se in una giornata nella quale dovevamo essere conservativi Dani fa secondo penso che vada bene».

Dopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da Pogacar
Dopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da Pogacar

Sorprese possibili

Il diesse svizzero-friulano recrimina un po’ sul fatto che il suo atleta non si sia potuto esprimere al massimo, ma sottolinea anche come sprintare per un secondo posto vuol dire molto. Martinez, e lo scrivemmo in tempi non sospetti, punta forte sul Giro. E’ l’obiettivo della stagione.

Così obiettivo che lui e Gaspa avevano visionato diverse tappe di questa corsa rosa. Il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe non è nuovo a colpi di teatro e averne due davanti è stuzzicante. Qualcosa ci si può inventare?

«Eh domani è una tappa per velocisti – glissa e sorride Gasparotto – e ci punteremo con Van Poppel. Perché no: si può provare a fare qualcosa. La strada è ancora lunga, lunghissima. Ci sono tappe critiche e anche tappe interessanti, movimentate. L’importante però è che i ragazzi stiano bene… come hanno dimostrato oggi».