Con Belli il premonitore il bilancio della Vuelta

10.09.2024
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«Ben  O’Connor finirà tra i primi cinque. Vedrete». Wladimir Belli ha azzeccato in pieno il pronostico sul conto del corridore della Decathlon-AG2R. L’ex corridore lombardo, oggi commentatore per Eurosport, ha seguito la Vuelta molto da vicino e tra il suo occhio lungo e il fatto di stare sempre sul pezzo è la persona giusta per tracciare un bilancio del grande Giro spagnolo.

Sempre Belli aveva azzeccato anche la vittoria di Roglic, questa più pronosticabile, certo. L’unico dubbio circa lo sloveno era: arriverà a Madrid? O sarà bloccato, come spesso gli succede, da qualche caduta?

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Vuelta finita Wladimir, partiamo proprio dalla tua visione su O’Connor…

O’Connor è un buon corridore, magari non è un vincente, né un super campione, va bene in salita, si difende bene a crono e ha un grande livello di continuità. Ormai si sa gestire: si conosce. Conosce i suoi limiti e sa sfruttare bene le sue qualità. Non ha vinto chissà cosa, ma se andiamo a guardare il suo palmares è uno di quelli che non crolla mai. Quarto al Giro d’Italia, quarto al Tour de France.

Ha guadagnato un gruzzoletto di minuti nella sesta tappa, quella che ha vinto, ma davvero ti aspettavi un risultato simile?

Io sì, alla fine dopo quel giorno quanto ha perso nei confronti degli altri? Faccio un esempio. Prendiamo il Pozzovivo di qualche anno fa. Se gli lasciavi 10′ non so se il Roglic della situazione lo riprendeva. Semmai solo lui. Ma gli altri no. Pozzo si sarebbe staccato tutti i giorni, ma non avrebbe mollato mai. Sarebbe andato su al massimo delle sue possibilità e non avrebbe avuto un giorno di enorme crisi. E quindi sarebbe andato sul podio. 

E poi c’è Primoz Roglic: quarta Vuelta. Cosa ne pensi?

Sono gli altri che hanno perso una buona occasione, quella che lui, ancora una volta ha sfruttato bene. Ad un certo punto credo si sia anche spaventato un po’ con il vantaggio che aveva O’Connor e tutto sommato questo distacco ha tenuto viva la Vuelta stessa. Io avevo ipotizzato che Roglic avrebbe ripreso la maglia rossa ai Lagos de Covadonga: non ce l’ha fatta per 5”, ma ricordiamoci anche della sua penalizzazione di 20”.

O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
La sensazione, al netto dei nomi che erano anche buoni, è che sia stata una Vuelta un po’ in caduta in quanto a livello di forma. Tu come la vedi?

Roglic secondo me non è andato forte come i suoi standard. Non era il solito Roglic, ecco. Come ho detto prima gli altri hanno perso una buona occasione. Carapaz ha lottato, ha detto che voleva vincere la Vuelta, ma alla fine ha fatto il suo. O’Connor con quella fuga ha fatto molto e ha messo pepe all’intera corsa. La Vuelta è spesso un esame di riparazione, a parte per gli spagnoli che la sentono e la vivono in modo diverso. 

A tal proposito Enric Mas è andato forte….

Sì, molto. Però va anche ricordato che il livello era quello che era. Ho l’impressione che Mas non sia al pari di quei 3-4 corridori che difficilmente sbagliano. Magari un giorno potrebbe provare a vincere la Vuelta sfruttando quell’occasione di cui dicevo, ma è anche vero che il tempo passa e dietro c’è gente che spinge.

In generale chi ti è piaciuto?

Beh, questo Pablo Castrillo ha fatto dei bei numeri. E’ stato un corridore inaspettato. Un gran bel lottatore. Mi è piaciuto molto anche Kaden Groves. E’ vero che i velocisti veri non c’erano, però oltre che a fare bene in volata ha tenuto su percorsi mossi e difficili nonostante la sua stazza. Alla fine si è portato a casa tre tappe e la maglia verde. E bene anche Richard Carapaz, mi è piaciuta la sua solita tenacia. Alla fine non è andato lontano dal podio.

Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
E degli italiani cosa ci dici?

Non si sono visti moltissimo a dire il vero. Ma mi sono piaciuti Aleotti, Baroncini e Cattaneo. Baroncini ha delle qualità… quando non cade e si frattura, quindi è sfortunato. Anche quando Velasco vinse l’italiano ricordiamoci che forò nel finale e lui era nettamente il più veloce. Battè Girmay al mondiale under 23, e questo vuol dire molto, va forte a crono. Insomma è un bel corridore. Aleotti mi è piaciuto per quel che ha fatto. Ha svolto un ottimo lavoro, è stato sempre presente e secondo me ha trovato il suo posto in gruppo. Per fare classifica non ha ancora la forza necessaria a crono, in salita e nel recupero, ma ha il suo spazio ed è un corridore molto utile alla causa.

Non abbiamo ancora parlato di Van Aert. Fin quando è stato in corsa, sembrava in netta crescita…

Sì, ma per le sue caratteristiche vince poco. Era in lotta per gli sprint, per le tappe, per la maglia verde e tutto ciò a cosa lo ha portato? A precludergli il finale di stagione. Pensate a Van der Poel: quante volte lo abbiamo visto davvero attivo al Tour? Poche. E magari quando si vedeva provava a vincere. E’ vero che Wout è più duttile va forte su più terreni e si mette più in gioco, ma così no.

Dici che deve selezionare insomma?

Sì, e poi c’è un’altra cosa che penso al suo riguardo: uno come Van Aert non dovrebbe fare mai il gregario. Si fa in quattro per aiutare questo o quello. Lo portano al Tour per Vingegaard. Lo fanno andare in fuga, lo fermano per attenderlo, per farlo tirare, ci si aspetta che poi vinca lui stesso. Okay la sfortuna, ma quest’anno ha vinto cinque corse: poco per uno forte come lui. Vi faccio un esempio…

Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Vai…

Ripenso, e mi arrabbio, alla prima tappa del Tour di quest’anno, quella che ha vinto Bardet. Una tappa ideale per Van Aert. Bastava che su una di quelle salite finali, quando il gruppo era tornato ad aver la fuga a vista, Vingegaard facesse una tirata delle sue di 250 metri e Van Aert avrebbe chiuso o si sarebbero eliminati del tutto i velocisti. Cosa sarebbe costato a Vingegaard? Quanto avrebbero inciso 250 metri di tirata sul Tour del danese? Non è facile per Wout stare in quel team.

Torniamo alla Vuelta: c’è qualcuno che invece ti ha deluso?

Vlasov. Alex lo conosco bene, so delle sue doti. Lo allenavo io quando vinse il Giro Under 23. Ma dopo tanti grandi Giri quante tappe ha vinto? Nessuna. E ha sempre avuto una o più giornate no. E poi in generale non mi è parsa brillante la UAE Emirates. E’ vero che hanno perso Almeida (il leader, ndr) per covid ma poi Adam Yates non ha reso come ci si poteva attendere, evidentemente le fatiche del Tour si sono fatte sentire. Non è facile essere competitivi tanto a lungo. E poi avevano avuto già prima quel problema con Ayuso. Se fosse stato bene sarebbe di certo entrato nei primi cinque, perché lui è un corridore vero.

Nella gran festa di Madrid, brindano in due: Roglic e Kung

08.09.2024
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Gli assenti hanno sempre torto, ma chissà perché finiscono sempre nei discorsi. Primoz Roglic vince la quarta Vuelta Espana senza avere davanti chissà quali avversari. Il suo percorso fino al trono di Madrid è lo stesso delle prime tre volte: cadute o batoste al Tour e poi la redenzione in Spagna. Roglic ha avuto per anni il livello di Pogacar, almeno finché questi ha salito il gradino che Primoz non potrà mai raggiungere. Per questo, era abbastanza scritto che, se fosse tornato al suo meglio, avrebbe conquistato la maglia rossa.

Alle sue spalle si piazzano Ben O’Connor, il cui miglior risultato finora era stato il quarto posto nel Tour del 2021. E poi Enric Mas, che per tre anni è arrivato secondo alla Vuelta e ormai ci si dovrà chiedere se chi la dura la vince o questa sia la sua dimensione definitiva.

Cadute e redenzioni, la prima

La prima nel 2019. Aveva chiuso terzo il Giro d’Italia vinto da Carapaz su Nibali, cui era arrivato vincendo la Tirreno-Adriatico e il Romandia. Era partito conquistando la maglia rosa nella crono di Bologna, poi si perse nei battibecco con Nibali e chiuse terzo. Arrivò in Spagna correndo nel mezzo soltanto il campionato nazionale, conquistò la maglia rossa nella crono di Pau alla decima tappa e la portò sino in fondo, lasciandosi dietro Valverde e un giovane connazionale di cui si diceva un gran bene: Tadej Pogacar.

La seconda nel 2020

La seconda nel 2020, dopo che quello stesso ragazzino impertinente gli rovinò il sogno del Tour. Roglic tenne la maglia gialla per undici tappe e la perse nella famigerata cronoscalata a La Planche des Belles Filles. Quel giorno gli astri si disallinearono e lo scaraventarono nella polvere. Riprendersi fu dura, ma Primoz trovò la forza in qualche angolo sperduto della mente. Andò in Spagna, prese la maglia il primo giorno, la lasciò andare per quattro tappe e si prese la seconda maglia rossa, precedendo Carapaz e Carthy.

La terza nel 2021

La terza l’anno dopo, quando si ritirò dal Tour dopo la caduta nella tappa di Tignes. Ugualmente si rimboccò le maniche, andò in Spagna, prese la maglia il primo giorno. Trascorse la maggior parte della Vuelta in terza posizione, lasciando l’incombenza del controllo alla Intermarché. Infine se la riprese vincendo la tappa ai Lagos de Covadonga, a quattro tappe dalla fine e vincendo anche la crono finale di Santiago de Compostela.

La quarta giusto oggi

Il meccanismo perfetto si inceppò l’anno dopo. Si ritirò dal Tour per caduta dopo aver aiutato Vingegaard a battere Pogacar e cadde anche alla Vuelta. Si arrotò in una improbabile volata nella tappa di Tomares, quando era chiaro che avesse le gambe per rimontare Evenepoel, che così conquistò il suo primo Grande Giro. Lo scorso anno, infine, vinse il Giro d’Italia e quando arrivò in Spagna trovò sulla sua strada i suoi compagni di squadra. Dovette arrendersi alla scelta di far vincere Kuss, lasciando il secondo posto a Vingegaard.

Un affare fra sloveni

Quest’anno doveva essere quello dell’assalto deciso e decisivo al Tour. Il passaggio alla Bora-Hansgrohe, diventata nel frattempo Red Bull-Bora-Hansgrohe. La preparazione certosina e lo scampato pericolo al Giro dei Paesi Baschi. E quando al Tour sembrava che, pur essendo indietro, avrebbe potuto giocarsi al meno il podio, la caduta verso Villeneuve sul Lot, provocata da Lutsenko e da una posizione troppo arretrata nel gruppo, lo ha rilanciato ugualmente verso la Vuelta. A tre anni dall’ultima vittoria e con 35 candeline da spegnere a ottobre. Nella stessa stagione, per giunta, in cui Pogacar ha vinto Giro e Tour: la Slovenia continua a comandare.

«E’ bello – dice Roglic – avere il record per il maggior numero di vittorie alla Vuelta. Oggi volevo finirla. E’ stata dura, ma è andato tutto bene e sono felice. Ho visto la prestazione di Kung. Sappiamo tutti che è forte in questo tipo di cronometro pianeggiante. Tuttavia, ho cercato di motivarmi per provarci, altrimenti sarebbe stata ancora più dura. Ho spinto e non ce l’ho fatta, per cui voglio congratularmi con lui, perché ha fatto un ottimo lavoro. Kung è stato incredibilmente forte oggi. Non ho parole, è incredibile che la Slovenia abbia vinto tutti e tre i Grandi Giri nel 2024. Ci sono da fare molti sacrifici, non solo io. La mia famiglia, le persone che ho intorno, ci sacrifichiamo tutti. E io sono felice di avercela fatta, per dare un senso alle tante rinunce. Apprezzo molto il supporto che ho ricevuto. Mi hanno già chiesto se vincerò la quinta, ma diciamo che per adesso quattro possono bastare».

La vittoria di Kung è stata netta: era lo specialista più forte in gruppo
La vittoria di Kung è stata netta: era lo specialista più forte in gruppo

La prima di Kung

Stefan Kung ha trent’anni ed è professionista dal 2015. Eppure, nonostante abbia vinto europei e titoli nazionali, non aveva mai vinto crono nei Grandi Giri. Oggi quel gap è stato chiuso ed è per questo che il sorriso dello svizzero era secondo forse soltanto a quello di Roglic.

«E’ incredibile – dice Kung – ho lottato per vincere una tappa di un Grande Giro per molto tempo. Volevo davvero la vittoria oggi e sapevo che con questo percorso dovevi dare il massimo e tenere duro fino alla fine. E’ quello che ho fatto, ho sofferto molto, ma penso sia stato così per tutti. C’è voluto molto tempo, ma è sempre bello se vinci con più di mezzo minuto. Dimostra che sei stato assolutamente il migliore, non è stata una coincidenza. E’ davvero bello e ripaga tutto il lavoro che abbiamo fatto come squadra, anche per sviluppare la nuova bici con Wilier.

«Cerco sempre di essere professionista al 100 per cento. Cerco sempre di tirare fuori il massimo da me stesso. E quando si vince, è una bella sensazione. Ci sono molte grandi cronometro ancora e aver vinto oggi mi darà la sicurezza per restare sull’onda. Penso che la Vuelta sia stata per me la migliore preparazione possibile per gli europei e per i mondiali di Zurigo, che saranno molto duri».

Roglic vigila, Dunbar vince, fra Mas e O’Connor ballano 9 secondi

07.09.2024
5 min
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Doveva essere la tappa regina, ma con la sensazione che i giochi fossero già fatti, alla fine il poco che si è visto ha riguardato la lotta per il secondo posto. Con l’arrivo posto sulla settima salita di giornata, ad alzare le braccia al cielo è stato per la seconda volta in questa Vuelta Eddie Dunbar. L’irlandese del Team Jayco-AlUla è stato freddo ad aspettare il momento giusto, ha agganciato Sivakov a lungo in fuga e ha piazzato la zampata vincente. Alle sue spalle, dopo 7 secondi Enric Mas ha preceduto Roglic e altri 7 sono stati necessari per veder arrivare Ben O’Connor, che ha così mantenuto il secondo posto nella generale con 9 secondi sullo spagnolo. Si decide tutto domani nei 24,6 chilometri vallonati della crono di Madrid.

Eppure sull’arrivo irto di Picon Blanco a domani non si pensa ancora, tra la soddisfazione legittima del vincitore e della sua squadra, guidata in Spagna da un italiano – Valerio Piva partito per lasciare il segno.

«E’ fantastico – dice il tecnico mantovano – sapevamo che Eddie fosse in forma e super motivato per la tappa di oggi. La vittoria era un sogno e ora è realtà. Sono molto felice per lui. La squadra lo ha aiutato il più a lungo possibile e abbiamo capito che era il momento giusto quando tutti i leader si guardavano perché non aveano più gregari. Eddie è stato incredibilmente forte, perché rimanere davanti quando gli uomini di classifica si attaccano a vicenda non è facile. Ha mostrato una qualità e una forma fantastiche. Ha concluso questa Vuelta in ottima forma e questa è un’ottima notizia per lui e per noi».

L’astuzia e le gambe

Dunbar, che in classifica occupa l’undicesima posizione, è davvero al settimo cielo. La sua stagione era stata finora abbastanza sfortunata per non immaginare che prima o poi la sorte gli avrebbe sorriso. Il ritiro dal Giro d’Italia, in cui avrebbe fatto classifica, dopo appena due tappe meritava vendetta e le due tappe in questa Vuelta in qualche modo pareggiano i conti.

«Ho sempre saputo che sarebbe stata una tappa davvero difficile – dice – ma con il modo in cui sono state affrontate le ultime tre settimane, pensavo che molti sarebbero stati stanchi. Soprattutto i corridori della classifica generale, che hanno dato il massimo ogni giorno. Io sono un po’ indietro rispetto a loro e sapevo che se fossi rimasto agganciato, avrei potuto fare un bel risultato. Non mi avrebbero mai lasciato andare in fuga, per cui l’unico sistema sarebbe stato arrivare con loro. I compagni hanno fatto un lavoro fantastico negli ultimi giorni, tenendomi lontano dai guai. Mi hanno davvero sostenuto. Finiremo la Vuelta soltanto in cinque, ma hanno tutti corso in modo superbo.

«Quando ho attaccato, sapevo che avrei dovuto tenere il mio ritmo e pedalare alla soglia. Se qualcuno avesse voluto rientrare, avrebbe dovuto sostenere un grande sforzo. Però solo a 200 metri dall’arrivo ho pensato che avrei potuto vincere. Mi sono voltato e ho visto quanto spazio c’era e finalmente a 50 metri dall’arrivo ho iniziato a godermi la vittoria».

Roglic è salito sul podio con la mascherina: meglio evitare scherzi. Ma con i figli, difese abbassate…
Roglic è salito sul podio con la mascherina: meglio evitare scherzi. Ma con i figli, difese abbassate…

Un altro giorno di classifica

Roglic sta bene e si vede. Ha corso con la testa, mettendo a segno il colpo del kappaò proprio ieri. Con i 50 secondi rifilati a Mas e 1’49” a O’Connor sull’Alto de Moncalvillo, lo sloveno ha blindato la maglia e si avvia alla crono con leggerezza. Ben più di quando era leader al Tour del 2020 e Pogacar trovò le gambe per giustiziarlo. Ben più del Giro dello scorso anno quando a Monte Lussari toccò a lui giustiziare Thomas e prendersi la maglia rosa. Domani per Primoz non ci saranno altre preoccupazioni che quella di arrivare sano e salvo al traguardo, con 2’02” su O’Connor e 2’11” su Enric Mas.

«La squadra oggi non era al meglio – dice il leader nelle interviste post tappa – ma tutti hanno dato il massimo. Ho per loro grande rispetto, hanno dato tutto quello che avevano. Fortunatamente sto abbastanza bene, quindi è stata una bella giornata. Abbiamo fatto un bel lavoro in queste tre settimane e ora dobbiamo solo finirlo. Aspettiamo domani! Siamo un giorno più vicini alla meta, stiamo andando nella giusta direzione, ma domani sarà un’altra giornata importante. Dico sempre che non sono uno specialista delle cronometro. Dovrò nuovamente dare tutto sulla strada».

Anche oggi, O’Connor si è difeso alla grande, dimostrando di avere ancora forze
Anche oggi, O’Connor si è difeso alla grande, dimostrando di avere ancora forze

Metà delusione, metà speranza

I precedenti negli scontri diretti fra O’Connor e Mas non danno ragione all’uno né all’altro. Nella prima crono, Mas ha fatto 26 secondi meglio di O’Connor. Alla Tirreno-Adriatico, O’Connor fece 8 secondi meglio di Mas. Tuttavia osservando gli scontri diretti di questa Vuelta, la sensazione è che Mas abbia una marcia in più e anche una superiore attitudine in virtù dei progressi degli ultimi anni. Tanto che dopo l’arrivo O’Connor parla di giornata positiva, mentre lo spagnolo è deluso.

«Devo accontentarmi di quello che c’è – dice Enric Mas, leggermente abbacchiato – non posso chiedere di più. Mi sarebbe piaciuto prendere un po’ più di tempo su O’Connor, ma non è stato possibile. Mi è mancato qualcosa e per questo non sono del tutto contento. Pensavo che Carapaz avrebbe collaborato di più, ma adesso dobbiamo solo accettare la realtà e sperare domani di fare una super cronometro. Devo andare a dormire pensando a questo. Corro in Spagna, darò tutto e sono sicuro che andrà bene. Il podio è qualcosa di bello, ma siamo qui a parlare di guadagnare 9 secondi per salire un altro gradino del podio, mentre eravamo venuti per vincere. Perché ovviamente non credo di poter dare più di due minuti a Roglic».

Formolo votato alla causa di Mas. Ma la gamba sembra buona

14.06.2024
4 min
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Non si può dire che il Delfinato di Davide Formolo sia stato fortunato. O forse sì, vista la situazione. Il corridore della Movistar è stato coinvolto nella maxi caduta che ha poi portato alla neutralizzazione della terza tappa.

«Sono scivolato anche io quel giorno – racconta Davide – e per fortuna non ho riportato grossi danni, ma davvero non ci si capiva niente. Avete visto quel video che gira su internet? Lì si vedono solo gli ultimi che cadono, ma davanti ce n’erano già tantissimi. Si andava a 70 all’ora e come tocca i freni uno, giù tutti gli altri».

“Roccia” non perde però il suo classico buon umore e nonostante le botte resta positivo.

La grinta di Davide Formolo (classe 1992) alla 11ª stagione da pro’
La grinta di Davide Formolo (classe 1992) alla 11ª stagione da pro’
Quindi Davide cosa ti sei fatto?

Una bella grattata sul gluteo destro e un forte dolore al fianco e alla zona lombare. Quando vado in bici ancora si sente e sinceramente ad una settimana di distanza pensavo si facesse sentire meno.

E ora?

Mi sono allenato un po’ più piano, poi sono sceso a Roma un paio di giorni fa per le visite al Coni. Anche se prima bisogna iniziare a fare vedere qualcosa d’importante.  Scendo ogni 4 anni, dovrei farlo più spesso: Roma è bellissima. Magari dovrei venirci con la famiglia.

Al netto della caduta come stai?

Al Delfinato i primi due giorni devo dire molto bene. Il livello era alto e su quelle salite al 6 per cento si doveva spingere forte… Poi però se non sei al top, con il livello che c’è paghi. Ora l’italiano sarà un bel banco di prova. 

La Movistar in ritiro ad Andorra (foto Instagram)
La Movistar in ritiro ad Andorra (foto Instagram)
Quindi sarai al via in Toscana?

Normalmente sì, se non lo sarò è perché il dolore sarà così forte da non permettermi di pedalare. Ma non credo, dai. Anche perché a Roma ho approfittato anche per fare una tac, per scongiurare qualcosa di peggiore, e infatti sono emerse solo contusioni. Da parte mia sono contento di aver tenuto duro al Delfinato, perché comunque mi ha dato qualcosa in termini di condizione. Nonostante tutto, ne sono uscito più forte di come ci ero andato. E ho fatto bene a tenere duro e a non tornare a casa anzitempo.

E ora il Tour de France: come ci andrai?

Il mio compito sarà quello di aiutare Enric Mas e vado senza nessuna ambizione personale.

Mas è un leader, ma non dà le garanzie di un Pogacar…

Con Tadej se vogliamo era anche più facile, tanto era forte, per questo il mio compito sarà ancora più delicato ed importante. Stargli vicino, supportarlo sempre.

Come avete lavorato? E come sta Mas?

Bene, proprio prima del Delfinato siamo andati ad Andorra. E’ stato un bel ritiro. Utile per la gamba e per il gruppo. Ci siamo conosciuti meglio (Formolo e Mas quest’anno hanno corso insieme solo alla Tirreno, ndr) e abbiamo fatto un bel po’ di “acido” insieme. Non ci siamo tirati indietro.

Avete anche visto qualche tappa?

Sì, ne abbiamo approfittato per andare a vedere la tappa con l’arrivo in salita a Plateau de Beille.

Tirreno-Adriatico, si riconoscono appena (in basso a sinistra): una delle rare corse di Mas e Formolo insieme (foto Getty)
Tirreno-Adriatico, si riconoscono appena (in basso a sinistra): una delle rare corse di Mas e Formolo insieme (foto Getty)
Hai parlato di acido lattico e quindi di un certo tipo di lavori e hai detto che prima della caduta al Delfinato stavi bene: ma quindi la gamba per un colpaccio ce l’avresti?

Sì, certo che mi piacerebbe fare bene, se ci fosse la possibilità, ma non è la priorità. La priorità è Mas. Chiaro che se dovesse capitare l’occasione, non mi tirerò indietro… terreno permettendo.

A distanza di sei mesi, come è stato questo cambio di squadra?

Si ha sempre bisogno di un po’ di tempo per adattarsi, per ambientarsi ai nuovi metodi di lavoro. Ma io devo dire di aver trovato un gruppo molto ben organizzato, molto di più di quel che si possa immaginare. Sono precisi, presenti…

Cosa intendi per nuovi metodi?

Ogni squadra ha le sue modalità di lavoro, la sua filosofia… piccole variazioni. Qui per esempio la palestra, che io in passato avevo un po’ sottovalutato, è parte fondamentale della preparazione. Che poi sono queste cose che fanno la differenza: siamo tutti al limite, lottiamo per migliorare un 1-2 per cento e se sbagli qualcosa poi le differenze diventano grandi.

In Francia con Mas, poi briglia sciolta: nuovo Formolo in arrivo

16.11.2023
6 min
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Davide Formolo ha detto grazie al UAE Team Emirates e ha accettato un triennale al Movistar Team. Aiuterà Enric Mas, ma dato che lo spagnolo è meno… versatile di Pogacar, nel resto del tempo il veneto potrà avere il suo spazio. Le due vittorie di fine stagione (prima l’Agostoni e poi la Veneto Classic) hanno confermato la bontà della scelta. E quando gli dici che il suo mentore di un tempo – quel Daniele Tortoli che lo ha portato fino al professionismo e se ne è poi andato troppo presto – gli avrebbe suggerito di provarci prima, Roccia fa un sorriso grande e malinconico.

Per Formolo due vittorie nel 2023, come già nel 2019: la Coppa Agostoni (sopra) e la Veneto Classic
Per Formolo due vittorie nel 2023, come già nel 2019: la Coppa Agostoni (sopra) e la Veneto Classic

Lo zampino di Piepoli

Dietro l’offerta c’è lo zampino di Leonardo Piepoli, allenatore di Mas e da anni anche di Formolo. Il pugliese è per entrambi anche una sorta di consigliere e per il veronese il suo ruolo è ancora più prezioso, dopo la morte di Tortoli e quella di Mauro Battaglini, che era suo procuratore e anche consigliere.

«Il preparatore è qualcosa che va oltre la semplice tabella – riflette – dal mio punto di vista è l’unica persona con cui ti puoi confrontare quando hai dei dubbi. E’ un mondo che cambia velocemente e loro devono essere sempre pronti a supportarti o darti consigli».

Torneremo su questo punto, gli diciamo, meglio andare per gradi. Davide è tornato da poco dai circuiti del Tour de France a Singapore e Saitama. Dato che a causa della scuola, di vacanze esotiche non si parla, anche la famiglia è volata in Oriente. Dice che è stato divertente, che era già stato alla Japan Cup, però mai a queste kermesse piene di pubblico. Come pure Trentin, che ha lasciato la UAE per approdare alla Tudor Pro Cycling, anche Formolo che va alla Movistar fa pensare a una voglia di maggiore libertà.

Le vacanze di Formolo sono coincise con i Criterium in Oriente assieme a Pogacar
Le vacanze di Formolo sono coincise con i Criterium in Oriente assieme a Pogacar
Da quanto tempo avevi deciso di cambiare?

In realtà è una cosa non avevo mai considerato, perché alla UAE si sta bene. E’ un gruppo di ragazzi veramente forti e veramente affiatati. Invece a un certo punto si è creato questo spiraglio. Mi hanno cercato dalla Spagna e dopo un po’ mi sono autoconvinto e ho ceduto. Si è fatto tutto prima che vincessi le due corse, se ne parlava da un pezzo.

Qual è stato il vero ruolo di Piepoli?

Sicuramente avere lui è stato la spinta definitiva. In tutti gli sport, l’atleta deve avere un punto di riferimento e lui lo è per me sin dai primi anni da professionista. Mi ha seguito nell’allenamento e mi sa prendere meglio di tutti a livello psicologico. Andare alla Movistar mi fa pensare al figlio che torna dal padre, in un certo senso. Il suo continuo parlare della squadra come di un ambiente tranquillo mi ha convinto a valutare la proposta. Infine si è ragionato di vari scenari tattici legati al mio impiego.

Dal 2018 al 2023, Enric Mas è stato per tre volte secondo alla Vuelta. Formolo sarà al suo fianco al Tour
Dal 2018 al 2023, Enric Mas è stato per tre volte secondo alla Vuelta. Formolo sarà al suo fianco al Tour
Ti hanno già detto che, tolto il lavoro per Mas, avrai più spazio per te?

Sicuramente alla Movistar hanno meno leader che alla UAE Emirates, per cui qualche chance potrò ricavarmela. E poi sicuramente potrò essere la spalla per il capitano in un grande Giro e questo potrebbe chiudere il cerchio. Farò le mie corse di un giorno, dove comunque ho dimostrato di poter fare bene, e sarò importante per il leader nelle gare a tappe. Penso che questa sia la dimensione giusta per un corridore del mio profilo.

Perché non ti sei spostato prima, quando eri più giovane?

Non mi sono adagiato nel ruolo di gregario. Ho avuto le mie occasioni e qualche volta ho anche vinto. Vincere però porta la voglia di vincere, anche questo ha inciso nella scelta. Ma quando in squadra hai cinque fra i corridori più forti al mondo, gli spazi si restringono per forza.

Nel 2019, Formolo ha vinto il campionato italiano a Compiano, battendo Colbrelli, Bettiol e Ulissi
Nel 2019, Formolo ha vinto il campionato italiano a Compiano, battendo Colbrelli, Bettiol e Ulissi
Con Piepoli avete parlato di quale potrebbe essere il tuo ruolo?

Il fatto di lavorare per un corridore allenato da lui mi dà fiducia. Significa tornare a fare come una volta, quando il capitano aveva lo stesso preparatore e lo stesso direttore dei corridori che avrà attorno nell’appuntamento più importante. Faremo un avvicinamento simile alle gare, saremo un gruppo. Mas ha fatto tre secondi posti alla Vuelta e anche quest’anno, pur essendo arrivato sesto, era nel gruppetto dei quattro che si giocavano il podio alle spalle dei tre della Jumbo-Visma, che facevano un altro sport.

Trentin ha lasciato la squadra, attratto da un contratto di tre anni alla Tudor. Sono tre anche i tuoi anni alla Movistar: dopo i trenta, la lunghezza del contratto è un aspetto da considerare?

Passati i trenta, ogni anno è un po’ una guerra, tra virgolette. Siamo riusciti a firmare per tre anni, perché magari ho dimostrato che quando sono tranquillo, riesco a dare il meglio di me. In questo senso penso che la Movistar sia la squadra giusta per un corridore con la mia personalità. Ho conosciuto Unzue, ci siamo stretti la mano: è una persona super tranquilla. Avere per tre anni la fiducia di una squadra così non è cosa da tutti i giorni.

Giro delle Pesche Nettarine 2012, Formolo vince la classifica. Con lui Daniele Tortoli, scopritore ed estimatore
Giro delle Pesche Nettarine 2012, Formolo vince la classifica. Con lui Daniele Tortoli, scopritore ed estimatore
Sai già quale sarà il tuo programma?

Dovrei partire dal Saudi Tour e credo che farò il Tour, dovendo essere la spalla per Mas. Il Tour è più impegnativo del Giro, penso quindi che lui sceglierà di andare in Francia. L’ultima settimana è veramente durissima. In più il Tour che parte dall’Italia per un italiano è davvero un sogno. Anticipo la prossima domanda: so anche io che i primi 3-4 posti del Tour sono già quasi assegnati e forse venendo al Giro Mas potrebbe pensare di vincerlo. Ma lui è un capitale importante della squadra ed è prevedibile che ugualmente punterà tutto sul Tour.

Che cosa lasci nella vecchia squadra?

Il gruppo tra i corridoi è veramente affiatato. Nonostante sia la squadra più forte al mondo, resta comunque di matrice italiana e dobbiamo andarne orgogliosi.

A quale dei compagni hai detto per primo che saresti andato via?

Forse proprio a Pogacar. Un po’ si è sorpreso, poi ci ha ripensato e ha detto che tanto potremo ugualmente allenarci insieme. Magari più di adesso perché ci troveremo a fare un calendario simile.

Il disastroso Delfinato di Mas: Piepoli fa luce

14.06.2023
5 min
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Se punti a fare un grande Tour de France, non vai al Delfinato a prendere quasi nove minuti. Questo pensava Leonardo Piepoli leggendo i numeri di Enric Mas, che allena ormai da due anni al Movistar Team. Sapevano di aver lavorato bene. Dati alla mano, in nessuna situazione dal 2021 lo spagnolo era andato così male. E anche se la corsa francese non gli ha mai portato fortuna, le sue esibizioni al Tour sono sempre state di altro tenore. Allora come spiegarsi il passaggio a vuoto? C’è da preoccuparsi?

«All’inizio non ero tanto tranquillo – ammette il pugliese – poi abbiamo scoperto che è stato male. Ce l’ha detto lui e non lo aveva fatto prima per paura si pensasse che accampasse scuse. Ha avuto la dissenteria. Considerato il tanto lavoro fatto, almeno adesso abbiamo una spiegazione plausibile e possiamo lavorare nella giusta direzione. In più ha il vantaggio o la sfortuna che alla Movistar la pressione non sanno cosa sia e si capisce perché non ne abbia fatto un dramma».

Enric Mas è nato ad Arta (Isole Baleari) nel 1995. Scalatore, è alto 1,77 e pesa 61 chili
Enric Mas è nato ad Arta (Isole Baleari) nel 1995. Scalatore, è alto 1,77 e pesa 61 chili
Hai parlato di grande lavoro: ultima corsa la Liegi, poi cosa ha fatto Mas?

Un po’ di vacanza, quindi  è stato a casa a Mallorca, infine è andato in altura ad Andorra. Ha lavorato davvero bene.

Quali risposte cercavate dal Delfinato?

Quali che fossero le risposte che cercavamo, non cerchiamo scuse: è andato piano e basta. Adesso siamo tutti convinti che sia stato per la pancia, ma in ogni caso dobbiamo trarre delle cose positive. Il Delfinato serviva per fare un ulteriore passo di crescita verso il Tour. Se avesse pagato il ritorno dall’altura, poteva fare quinto o sesto. Magari c’era una tappa in cui sarebbe andato bene e le altre no. Invece, il Delfinato è stato disastroso, ma questo non ci farà cambiare la linea.

Non ci saranno correttivi?

La sua linea cambierà solo se, entro i prossimi tre giorni, non gli sarà passata e continuerà ad avere problemi. Ma se passa l’isteria e riprende ad allenarsi per bene, c’è poco da fare. In carriera ha sempre fatto malissimo al Delfinato e poi al Tour è andato meglio, per cui non l’ha presa troppo male. Personalmente invece volevo uscirne con altre idee. Ragionare sul fatto che ci manchi il cambiamento di ritmo piuttosto che la tenuta… A livello personale, la cosa mi spiazza un po’.

Quando anche la crono ha parlato di un anonimo 55° posto a 3′ da Bjerg, per Piepoli è scattato l’allarme
Quando anche la crono ha parlato di un anonimo 55° posto a 3′ da Bjerg, per Piepoli è scattato l’allarme
Cosa c’è da fare adesso?

Ci sto ragionando. Spero che la dissenteria sia passata. Di solito si fa fatica a guarire quando si è sotto sforzo, ma adesso che ha avuto il tempo per recuperare e fare qualche passeggiata, magari se l’è lasciata alle spalle. Lo vedremo al primo allenamento. Sarà la solita uscita lunga e tranquilla e da lì capiremo come sta e io avrò indicazioni su come comportarmi.

Mancano venti giorni scarsi al Tour, cosa si fa d’ora in avanti?

Come ci siamo detti, se il Delfinato fosse andato in modo normale, ora sapremmo che magari c’è da lavorare sulla cronometro o su altri aspetti, sui punti deboli. Quello che comunque andava fatto, è stato fatto. Ora ci sarà capire strada facendo. L’inizio del Tour non è semplice, ma se Enric è in salute, non c’è da preoccuparsi. E’ sempre andato fortissimo, tolto l’anno scorso che si è fermato per il Covid. Quindi non mi preoccupo di come possa arrivare alle prime tappe del Tour, anche se non abbiamo avuto la possibilità di lavorare di fino.

Cosa significa?

Che a cose normali, sarebbe uscito dal Delfinato avendo ancora dei margini. Enric non ha il motore di Pogacar o Vingegaard, quindi per essere al loro livello, deve fare le cose alla perfezione, continuando a crescere fino all’inizio del Tour. Quei due magari vincono le corse all’80 per cento della condizione, noi dobbiamo essere oltre il massimo.

Per un po’, le discese sono state un problema per Mas a causa di una serie di cadute
Per un po’, le discese sono state un problema per Mas a causa di una serie di cadute
Farà i campionati nazionali?

No, perché volendo poi fare la Vuelta e tirare fino al Lombardia, per il quale ha un debole, andare ai campionati nazionali a Madrid rischia di essere uno spreco. E’ una distanza bastarda: potresti andare in aereo, ma forse è troppo vicino. Però di certo è lontano per andarci in macchina, sono quasi cinque ore. Perciò se ne sta a casa e basta.

Quindi non si è valutata l’ipotesi di inserire un Giro di Slovenia oppure il Giro del Belgio?

La squadra non li fa, ma non credo che aggiungere una gara a tappe prima del Tour servirebbe a qualcosa. Quando uno arriva che ha fatto per mesi le cose nel modo giusto, come nel suo caso, se raggiungi una buona condizione, poi le capacità di recupero, di assimilazione e di gestione della gara, tornano a galla e ti proiettano al tuo posto.

E tu pensi che arriverà comunque bene?

Credo che arriverà in condizioni decenti, ma non sono in grado di dire che arriverà quarto a pochi secondi dal podio, oppure ottavo a un minuto. In quei casi potremo capire se e quanto il Delfinato fatto così ci abbia penalizzato. 

Mas non sembra particolarmente preoccupato: «Sa di aver lavorato bene» dice Piepoli
Mas non sembra particolarmente preoccupato: «Sa di aver lavorato bene» dice Piepoli
Lui come se la passa?

E’ tranquillo, come se niente fosse. Dopo la corsa, domenica m’ha chiamato ed era tranquillissimo. Ha la sua percezione, non è un matto. Sa di aver lavorato bene e non è una dissenteria che cambia i valori, quello è vero. E tutto sommato, meglio sia successo al Delfinato che al Tour. Poi i colpi sfortunati ci sono sempre e questo magari gli farà alzare ancora di più l’asticella. Invece se non hai lavorato bene e hai trascurato certi dettagli, ti senti molto vulnerabile. Anch’io ho saputo tardi che stava male. Quando è andata storta anche la crono, ho arricciato il naso. In montagna è stato evidente che qualcosa non andasse.

Andrai ad Andorra per seguirlo fino al Tour?

Confermo: vado nel fine settimana. Per cercare di capire, ascoltare, rimettere insieme tutti i pezzi. 

Mas, più forte in salita, ma deluso della sua Tirreno

20.03.2023
4 min
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«Non sono contento, né del quarto posto di Osimo, né del sesto in classifica», Enric Mas non le manda a dire circa la sua Tirreno-Adriatico. Lo spagnolo è ormai una vera realtà. Sempre più costante, sempre più forte e in prospettiva l’unico che può tentare di reggere le ruote di Vingegaard, Pogacar ed Evenepoel in salita.

Però chiaramente in cuor suo non è abbattuto. Conosce il valore espresso e quale fosse la sua condizione. Semmai il rammarico c’è proprio perché ha preso consapevolezza di chi sia, di quanto sia forte e di cosa avrebbe potuto ottenere nella corsa dei Due Mari.

Enric Mas (classe 1995) ha chiuso la Tirreno al 6° posto nella generale
Enric Mas (classe 1995) ha chiuso la Tirreno al 6° posto nella generale

Mas affamato

In fin dei conti è stato anche un po’ sfortunato. A Sassotetto se non ci fosse stato il vento contro, molto probabilmente avrebbe vinto lui. Il forcing con cui ha chiuso i 19” di vantaggio di Caruso è stato impressionante: un’altra velocità, un altro rapporto, un’altra gamba.

«Bueno, la verità è che non sono soddisfatto – ci ha detto il corridore della Movistar – perché vengo da un buon momento di condizione, tutto filava bene. 

«A Sassotetto abbiamo avuto un problema di meteorologia! Con quel vento contro, non si poteva fare davvero di più. E dispiace perché l’ambiente è buono, la squadra stava bene. E ad Osimo ci abbiamo provato. Dentro di me pensavo: “Immaginati di essere alla Liegi e godi, goditi la gara. Goditi la squadra che sta molto bene”.

«In Movistar abbiamo un ambiente molto buono, stiamo tutti abbastanza bene e sappiamo che possiamo raccogliere di più».

Il corridore delle Baleari sta migliorando di anno in anno. Per sua sfortuna ha incontrato astri nascenti come Pogacar ed Evenepoel
Il corridore delle Baleari sta migliorando di anno in anno. Per sua sfortuna ha incontrato astri nascenti come Pogacar ed Evenepoel

In crescita…

La sensazione in questa Tirreno – e non solo in quella  – è che Mas sia stato il più forte in salita. Dallo scorso anno ha davvero cambiato marcia. Lo si è visto alla Vuelta, al Giro dell’Emilia e al Lombardia. Quel giorno Pogacar non lo ha staccato…

«Non lo so se è davvero così – ha commentato Mas – Però la verità è che anche se fosse vero, non lo direi! E poi non l’ho dimostrato. Piuttosto per un futuro dobbiamo apprendere e saper affrontare anche le opportunità meno fortunate. Pensiamo di fare bene ai Paesi Baschi che è una gara bellissima e in casa».

Nel 2022 dopo essersi scontrato con Remco alla Vuelta, Mas si è ritrovato contro Pogacar all’Emilia (dove lo ha battuto) e al Lombardia
Nel 2022 dopo essersi scontrato con Remco alla Vuelta, Mas si è ritrovato contro Pogacar all’Emilia (dove lo ha battuto) e al Lombardia

Liegi e Tour

Enric Mas punta forte al Tour de France, ma forse mai come quest’anno, con la Vuelta dopo il mondiale, per lui potrebbe esserci la più ghiotta occasione della carriera. Il percorso infatti gli si addice, è più maturo, consapevole e ha una squadra votata alla sua causa. Una cosa è certa è: Mas è pronto per sfidare faccia a faccia i grandissimi.

«Speriamo – sorride Enric – speriamo di riuscirci al Tour de France. Anche lì possiamo fare lo stesso, correre come abbiamo fatto sin qui. Vingegaard, Roglic… ci sono molti corridori bravissimi e per questo dobbiamo sacrificarci molto e arrivare benissimo alle corse».

Il programma del majorchino passerà per i Paesi Baschi, quindi altura e le Ardenne.

«Freccia e Liegi sono due gare che mi piacciono molto. Negli ultimi tre anni ho sempre cercato di farle al meglio e per me è un po’ come se corressi in casa. Anche per il Lombardia è così».

Maturità, costanza, Tour: gli obiettivi 2023 di Mas

03.01.2023
4 min
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Ancora secondo alla Vuelta, al Giro di Lombardia e re indiscusso al Giro dell’Emilia. Enric Mas si è  consacrato tra i grandi. Lui è l’esempio dell’ottimo corridore, anzi del campione, che matura gradualmente e che si avvicina all’apice anno dopo anno. Peccato per lui che sia nell’era dei Pogacar, degli Evenepoel, dei Bernal e probabilmente anche degli Ayuso.

Ma lui c’è. Continua a battere il ferro. E fa bene. Non è detto che non possa crescere ancora e non è detto che i suoi rivali siano infallibili. Alla ruota di Evenepoel sulle salite della Spagna ha sviluppato dei wattaggi che mai aveva toccato in precedenza. Motivo di fiducia. Una fiducia che infatti aveva negli occhi sul San Luca poche settimane dopo.

Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata
Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata

Vila sponsorizza Mas

E uno dei suoi tecnici, Patxi Vila, sembra essere dello stesso parere. A 28 anni (li compirà fra quattro giorni), il corridore della Movistar è chiamato al definitivo salto di qualità. Più che la prestazione ciò che gli manca è forse la costanza.

«Enric – ha detto Vila qualche giorno fa a Marca – è salito tre volte sul podio di un grande Giro. Credo che a 28 anni sia arrivato il suo momento. Alla fine è stato l’unico a lottare ancora con Pogacar a fine stagione».

Questo è vero: Mas a fine stagione stava lottando con Pogacar al Lombardia, peccato solo che nel frattempo Tadej avesse vinto altre quattro corse WorldTour (tappe escluse) e “fallito”, con due virgolette grosse così, il Tour de France. 

«Però adesso – continua Vila – Enric è maturo ed è il suo momento. Ha già dimostrato di poter stare con i migliori. E non è qualcosa che pensiamo possa succedere, ma è qualcosa che è già successo. Noi ne siamo certi».

Le parole di Vila cozzano, e neanche poco, con quelle che questa estate aveva detto Unzue. Il patron assoluto della Movistar aveva detto che Mas non era in grado di essere un leader dopo il ritiro dal Tour, per Covid, e l’ennesima caduta. 

Però dopo qualche giorno di riposo e dopo aver serrato i ranghi, Unzue e Mas si sono risollevati alla grande proprio con il podio della Vuelta. E lo hanno fatto in un periodo di massimo stress con la Movistar messa malissimo per quel che concerneva la classifica UCI. Segno che l’atleta c’è anche dal punto di vista psicologico. Ha ormai acquisito delle certezze, un suo equilibrio.

Enric Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)
Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)

Enric convinto

E questa certezza deve essere anche nella testa di Mas stesso. Qualche giorno fa, durante la presentazione del team ha ribadito la sua voglia di fare bene, di sentirsi maturo e pronto a cogliere l’eredità di Valverde, ben sapendo che la strada per eguagliare Alejandro è pressoché infinita.

«Valverde – ha detto Mas – è stato un grande campione. Anche al di fuori della bici. Si vedeva da come trattava le persone e dal modo in cui si comportava con gli altri. Io ho provato ad imparare il più possibile da lui e spero di crescere come lui».

E per essere sulle orme di Valverde, Enric ha anche prolungato il contratto con la Movistar a lungo “casa” di Alejandro, fino al 2025. Le basi sembrano esserci tutte.

Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue
Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue

Rotta sul Tour

Unzue, Vila e Mas hanno gettato dunque le basi per la prossima stagione, ma il calendario di Enric sarà molto, molto simile a quello della stagione appena conclusa. Il 2023 di Enric infatti passerà dal Tour de France e dalla Vuelta e in primavera dalla Tirreno-Adriatico e dalla Liegi. 

«Il Tour è la corsa più importante – ha detto Mas – e bisogna esserci, mentre la Vuelta magari sarà la volta buona per vincerla. Io lavorerò per questo». 

Infine, non è mancata una battuta sul Giro d’Italia, al quale Mas non ha mai preso parte: «Da fuori, mi sembra una corsa splendida. I corridori che ci sono andati ne parlano benissimo. Quando vedo le immagini, mi dico che un giorno dovrò esserci. Ma ho ancora molti anni davanti».

Mas e i problemi in discesa. Savoldelli dice la sua

03.12.2022
5 min
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Nella sua ultima intervista rilasciata a Cyclingnews ripercorrendo il suo 2022, Enric Mas si è soffermato sui problemi riscontrati in discesa, soprattutto prima e durante il Tour: «Mi sono fatto prendere dal panico – ha confessato il corridore della Movistaravevo paura a ogni curva, così frenavo entrando in curve che puoi affrontare anche a 80 chilometri orari. E non importava quanto tempo e quanto terreno perdevo, perché in alcuni momenti faticavo anche a controllare la bici».

Mas è riuscito ad affrontare il problema con l’aiuto di uno psicologo e facendo esercizi mirati per un mese. Affrontando ripetutamente alcune discese riguardandosi poi al computer e lavorando dietro motori. Tanti spunti di discussione considerando anche che Mas non è certo il solo a soffrire le discese, c’è chi ha visto la propria carriera stoppata proprio dalla paura, con fughe vanificate curva dopo curva.

Abbiamo quindi pensato di rivedere le parole di Mas al vaglio di chi è da sempre considerato un maestro della discesa, Paolo Savoldelli che entra subito nel nocciolo della discussione parlando della “cura” adottata da Mas: «Se si tratta di affrontare discese e rivedersi può avere senso e utilità, ma seguire una moto in discesa proprio no. La moto piega in maniera differente a ogni curva, non ti dà assolutamente nulla».

Per Mas la discesa era diventata un problema. Ci ha lavorato un mese senza sosta
Per Mas la discesa era diventata un problema. Ci ha lavorato un mese senza sosta
Su che cosa bisogna lavorare allora?

Credo che il primo aspetto tecnico da affrontare sia la posizione in bici. Serve una posizione idonea e tutti, con i nuovi mezzi, hanno la tendenza a essere molto avanti sulla sella, cosa che non va assolutamente bene. Poi si può certamente lavorare sull’impostazione delle curve, su come usare tutta la strada per trovare la traiettoria migliore. L’intervista a Mas sottolinea però un aspetto: la paura.

Si può vincere?

Ecco, su questo ho qualche dubbio, ma sicuramente è l’aspetto maggiore sul quale lavorare. Se hai paura sbagli, è matematico, perché non sei freddo in bici, cambi traiettoria, alla fine rischi molto di più. La discesa è qualcosa che deve venire naturale.

Nibali è stato l’ultimo veramente in grado di fare la differenza in discesa (foto Getty Images)
Nibali è stato l’ultimo veramente in grado di fare la differenza in discesa (foto Getty Images)
E’ una dote, quella di saper andare in discesa, che si acquisisce da bambini, soprattutto con i giochi sulla bici, sull’equilibrio?

Sì, se si intende vincere la paura di cadere. Ma anche chi è arrivato subito alla bici da strada può riuscire, tenendo però presente un fattore importante: saper andare in discesa è innanzitutto una dote naturale, una di quelle cose che si fa anche fatica a spiegare. Io ho sempre saputo andare in discesa: ricordo che da bambini con gli amici io andavo e alla fine aspettavo sempre gli altri che finivano… Da junior, in una delle prime gare, la strada era bagnata: presi la discesa da primo della fila, pensavo di avere tutti dietro invece alla fine ero solo e con un vantaggio enorme.

Nell’affrontare la discesa bisogna avere un pizzico d’incoscienza?

No, neanche da bambini. Bisogna solo essere attenti e sapere che cosa fare. Anch’io ho avuto le mie cadute: una volta sono scivolato a 50 metri dal cancello di casa, non ho visto un sasso sulla mia traiettoria e sono volato via. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo. C’è poi anche un fattore legato alle bici, che rispetto a quando correvo io sono molto più rigide per essere performanti e questo porta a perdere aderenza con più facilità.

Evenepoel non ha mai negato i suoi problemi nelle discese, ma col tempo è migliorato davvero tanto
Evenepoel non ha mai negato i suoi problemi nelle discese, ma col tempo è migliorato davvero tanto
Si può migliorare?

Con l’esercizio, soprattutto se si affronta da giovani. E’ importante perché in discesa sei in fila indiana e devi stare a ruota. Quello davanti può andare più veloce e allora lo perdi, oppure va più piano e allora ti fa da tappo e devi saperlo superare. Ognuno ha un suo limite, bisogna esserne consapevoli e sfruttarlo al meglio.

C’è nel ciclismo attuale un altro Savoldelli?

Se si intende qualcuno che possa far la differenza, direi di no. Io recuperavo minuti. L’ultima vera impresa in discesa l’ha firmata Jasper Stuyven alla Sanremo 2021, scendendo dal Poggio rischiò davvero tantissimo. Gli è anche andata davvero bene in qualche tratto.

Stuyven in picchiata dalla cima del Poggio. Una scelta coraggiosa che nel 2021 gli ha dato una grande gioia
Stuyven in picchiata dalla cima del Poggio. Una scelta coraggiosa che nel 2021 gli ha dato una grande gioia
Si è sempre parlato della discesa come il tallone d’achille di Evenepoel: secondo te può migliorare?

Penso di sì perché ha iniziato molto tardi ad andare in bici, per certi versi è ancora grezzo e ci si può lavorare. In sella Remco è molto rigido. Un esempio in tal senso è Froome: anche lui aveva iniziato tardi e inizialmente in discesa proprio non sapeva andare, poi si è esercitato ed era migliorato al punto che qualche volta ha anche attaccato.

In conclusione, l’esercizio deve essere qualcosa di imprescindibile per ogni ciclista?

Assolutamente, prendendolo anche come un divertimento. Io ad esempio quando mi allenavo affrontavo la picchiata da Rosetta a Lovere. C’era un tornante a U dove era obbligatorio frenare, ma questa cosa non mi andava giù. Io smettevo di pedalare, andavo giù per forza di gravità, ma volevo fare quella curva senza toccare la leva. Prova oggi, prova domani, alla fine ci riuscii e da allora non frenai più…