Lo sfogo di Buda: la mia carriera è una salita senza fine

22.08.2023
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Simone Buda si era fatto notare questa primavera per due vittorie ravvicinate. Poi la stagione è andata avanti e di buoni risultati ne sono seguiti altri. Tanti altri a dire il vero. Tanto da essere il corridore della categoria Elite-U23 con più top cinque a questo punto della stagione.

Una costanza di rendimento importante, per un ragazzo che ha la “croce” – passate questo termine che forse è anche un po’ forte, ma rende l’idea – di essere nato nel 1999 e quindi è al quinto anno dei dilettanti. E il quinto anno nel ciclismo di oggi diventa un problema: tema che abbiamo ripreso più volte. Simone, lo ricordiamo, è un romagnolo dalle caratteristiche di sprinter o comunque passista veloce che veste i colori della Solme-Olmo.

Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone, come stai? Hai iniziato con un sacco di buoni propositi…

Io penso che quei propositi si siano realizzati. Anzi, ad un certo punto anche un po’ meglio di quello che pensavo.

Abbiamo visto un bel salto di qualità: vittorie, piazzamenti, una grande costanza di rendimento…

Un salto di qualità che ci voleva. Ho vinto due gare e mi sono confermato anche nei mesi dopo. E confermarsi non è facile. Sono seguite altre affermazioni importanti. E sono cose che mi dicono coloro che mi sono vicino.

In questo periodo come ti stai allenando? Abbiamo visto che non hai corso…

In effetti ho fatto un decina di giorni di stacco dopo una corsa a tappe in Romania, in cui sono caduto ad 80 all’ora. Per un attimo ho anche pensato che fosse tutto finito, in realtà poi sono state solo importanti abrasioni. Adesso però ho ripreso e giusto stamattina ho fatto palestra.

Palestra nel pieno della stagione: perché avevi staccato?

In realtà l’ho portata avanti per tutta la stagione in accordo con il mio preparatore, Giovanni Pedretti. In questo modo posso lavorare bene solo sulla forza, forza pura. Mi dà qualcosa di più a livello di forza e basta, sull’esplosività, sulla forza massimale. Quindi palestra e poi trasformazione in bici. Fare la forza su strada, le classiche Sfr, significa includere mille variabili: la tacchetta non perfettamente dritta, le buche, il vento… Così posso lavorare sulla forza senza intoppi.

La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
Quindi tu non fai le Sfr?

Le faccio, ma molto meno che in passato. Ieri per esempio dopo la parte in palestra, ho fatto un paio di richiami di SFR in bici, prima le SFR erano molte di più.

Torniamo al discorso del salto di qualità: come mai è arrivato tutto insieme? 

Credo sia stato un salto generale. Se devo essere sincero non vado così tanto più forte che in passato. Sì, in volata e in salita i watt sono un po’ di più, ma siamo sui valori dell’anno scorso. Purtroppo nel ciclismo deve girare tutto bene, non si tratta solo di valori. Quest’anno c’è l’atmosfera giusta… Io alla fine al primo e al secondo anno ho fatto tanta fatica e ho incontrato diverse difficoltà. Al terzo e quarto anno col Covid di mezzo ho corso pochissimo. Ora al quinto anno, sento di essere nella squadra giusta, certi meccanismi funzionano bene anche in corsa. E io sono più maturo.

Sei un classe 1999, oggi è un “problema” per passare professionista. Un discorso delicato, ma reale…

Parlo con i dati alla mano: i miei risultati. Da inizio anno sono tra i corridori più costanti. Ogni mese ho portato a casa 15-20 punti. Ho quattro vittorie, una decina di podi e sono colui che vanta più piazzamenti nei primi cinque. Mi dicevano che vincevo solo i “circuitini”, ho risposto con vittorie e piazzamenti internazionali. Ho vinto una corsa UCI in Ungheria, ho fatto terzo in una tappa in Romania nella quale c’erano anche le professional. Ho la sfortuna che non posso fare il Giro U23, alcune classiche internazionali… che danno più punti e visibilità. Nonostante tutto su 7-8 corse internazionali fatte, mi sono piazzato in cinque.

Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Quindi c’è qualche squadra che si è fatta sentire?

Solo chiacchiere. E questo mi dispiace.

E’ stata proprio la tua costanza di rendimento a colpirci e allora ti chiediamo: cosa mancava prima?

Qualcuno mi dice: «Potevi svegliarti prima». Prima non ero preparato io. Non ero pronto. Io nelle categorie giovanili davvero vincevo 20 corse l’anno quasi senza allenarmi. Uscivo in bici, ma se un giorno volevo, andavo a giocare a beach volley. Poi da under 23 è cambiato il mondo. Mi sono trovato il muro e ci ho messo un po’ ad adattarmi, specie nei primi due anni. Poi, al terzo anno, è arrivato il Covid e ho fatto 8 corse. L’anno successivo mi avevano promesso mille cose e ne ho fatte solo 25. Lo scorso settembre mi dicono che la squadra chiude. In quel momento ho anche pensato di smettere.

Ma sei ancora qua…

Poi le persone che mi sono state vicine mi hanno convinto a tenere duro. Ragazzi, io ho fatto 24 anni il 14 agosto e mi dicono che sono vecchio. Non guardo al futuro adesso. Se la sera ci penso e ho vicino i miei cari, non voglio pensare in modo negativo, ma non è facile. Quel che mi viene da dire è che a questo punto non dipende più da me. Se penso che Roglic è arrivato su strada a 27 anni. Van der Poel  e Vingegaard hanno esordito a 24 anni. Non dico di essere come loro, ma neanche di essere vecchio o non degno di alcuna attenzione. Specie quando vedo e sento che c’è gente che passa senza meritocrazia. 

Hai un procuratore?

Mi sto muovendo. Come ho detto mi hanno anche rimproverato di non averlo fatto prima, ma cosa andavo a proporre di me? Mi sembrava come voler correre su strada, ma avendo una Mtb. Qualche risultato, qualche piazzamento, ma non ero pronto. Passare eventualmente senza merito, senza la giusta crescita… no, non faceva per me. Quindi ho lavorato su me stesso. Ho trovato un ambiente sano che mi ha aiutato in tutto ciò e mi sono messo sotto.

Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro). A destra Favero e a sinistra Tabarin
Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro in seconda fila)
Non è facile Simone. E’ davvero una situazione complessa…

Sono migliorato tanto, anche a livello mentale. Mi impegno, mi hanno chiesto sempre risultati più importanti e li ho ottenuti. Non saprei davvero cosa fare. Non dico che sono disperato, ma quasi. Sembra una salita senza fine. Se dovessi chiudere con il ciclismo ci resterei male. Lo farei in malo modo. Ho fatto anche il corso da direttore sportivo di terzo livello. Spesso vado ad aiutare i ragazzi delle categorie giovanili, ma cosa gli dico in questa situazione? Sei vai così e nessuno si fa sentire. No, non capisco.

Ora cosa prevede il tuo programma?

Come detto ho ripreso ad allenarmi, ma sto smaltendo anche le botte della caduta in Romania. E tutto sommato è stata quasi un bene perché mi ha permesso di staccare veramente. Tanto più che mi chiedevano continuamente dei risultati. Rientrerò in gara il 24 a Rosa, poi il 26 c’è Carnago, che non conosco ma mi dicono essere veloce e quindi potrebbe già essere adatta a me, ma soprattutto miro a fare bene al Giro del Friuli, dove ci sono tappe veloci, e alla tre giorni in Puglia.

Pronta una certificazione di qualità per Elite

05.06.2023
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I prodotti Elite sono da sempre fedeli compagni di viaggio per chi ama praticare ciclismo, sia a livello outdoor che indoor. L’azienda veneta è conosciuta in tutto il mondo per i rulli, le borracce, i portaborracce e i tanti accessori ciclo prodotti presso la sua sede di Fontaniva, in provincia di Padova.

Nei giorni scorsi Elite ha ricevuto un importante riconoscimento che testimonia della cura e dell’attenzione che quotidianamente investe nel proprio lavoro. Stiamo parlando della certificazione ISO 9001:2015. Si tratta nello specifico di una certificazione riconosciuta globalmente per i sistemi di gestione della qualità (SGQ). E’ basata un forte orientamento al cliente, un approccio orientato alla coerenza dei processi e obiettivi di miglioramento continuo.

Elite fornisce le borracce a numerosi team WorldTour
Elite fornisce le borracce a numerosi team WorldTour

Un processo meticoloso

Per ottenere la certificazione ISO 9001:2015 Elite ha dovuto sottoporsi ad un processo meticoloso. Si è partiti da una valutazione preliminare alla quale ha fatto seguito la completa sensibilizzazione sul tema della qualità a ogni livello interno alla sua organizzazione. L’identificazione delle aree di miglioramento, la creazione di un piano d’azione per queste aree, l’attuazione del piano e le prove della sua esecuzione hanno completato con successo il procedimento.

Il lavoro è stato poi sottoposto ad una revisione esterna da parte di certificatori indipendenti approvati ISO. Nel caso specifico di Elite si è trattato ICIM e IQNET.

Il Justo è uno dei rulli più apprezzati dai clienti di Elite
Il Justo è uno dei rulli più apprezzati dai clienti di Elite

Cos’è la ISO 9001:2015?

Aver ottenuto la certificazione ISO 9001:2015 attesta che il sistema di gestione della qualità applicato da Elite aderisce ai principi fondamentali di ISO 9001. Tra questi rientrano: la promozione di una cultura di miglioramento continuo ed efficienza tramite il ciclo PDCA (Plan-Do-Check-Act); l’applicazione di un approccio di business basato sulla prevenzione di rischi e problematiche prima che si verifichino e sulla progettazione di qualità dal primo momento piuttosto che sull’azione correttiva; l’accento su una comunicazione più forte sia interna che esterna per migliorare interazione, comprensione e soddisfazione di clienti e collaboratori; la standardizzazione dei processi per garantire coerenza e costanza nelle operazioni, affiancata da continue valutazioni di miglioramento volte a soddisfare le mutevoli esigenze dei clienti.

Elite è stato partner del Giro d’Italia 2023
Elite è stato partner del Giro d’Italia 2023

Coinvolgimento totale

Il processo di certificazione ha interessato ogni area dell’azienda: dal controllo della qualità allo sviluppo prodotto, da logistica, ordini e spedizioni fino alle aree commerciale, marketing, customer care, HR e amministrazione. Nessun reparto è stato escluso.

Più in generale l’aver ottenuto la certificazione ISO 9001:2015 ha rappresentato per Elite il riconoscimento dell’impegno continuo dimostrato nel fornire servizi orientati al cliente e prodotti di alta qualità.

Nicoletta Sartore, COO (direttore operativo) di Elite, ha voluto sottolineare come la qualità sia il fondamento di ogni aspetto del business di Elite e la soddisfazione del cliente sia prioritaria.

«Ottenere la certificazione ISO 9001 – spiega – è la perfetta testimonianza di questo nostro impegno per la qualità. Il processo di certificazione è inoltre un’esperienza di apprendimento preziosa che consente a ciascuna azienda di identificare le proprie aree di miglioramento e rendere in questo modo il proprio business ancora più forte. E’ un’opportunità per rimanere concentrati sul continuo miglioramento delle nostre attività, mantenendo elevato il livello di tutto ciò che facciamo, obiettivi e processi. Lo scopo di tutto è essere preparati ad agire in ogni momento per venire incontro alle necessità non solo dei clienti, ma della stessa industria ciclistica in cui operiamo».

Elite

Team Bahrain Victorious, la livrea per il Tour de France

31.05.2023
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Il Team Bahrain Victorious ed i suoi partner presentano ufficialmente una nuova livrea cromatica che verrà utilizzata al prossimo Tour de France (1-23 Luglio 2023). Si chiama Pearl-Inspired e vuole celebrare la regione che viene anche definita la perla del golfo arabo.

Merida con le biciclette, Rudy Project con i caschi e gli occhiali, Alè Cycling per l’abbigliamento ed Elite che fornisce le borracce, hanno collaborato in modo attivo per disegnare e produrre i nuovi equipaggiamenti.

Mohoric posa per la presentazione ufficiale della nuova livrea (foto Team Bahrain Victorious)
Mohoric posa per la presentazione ufficiale della nuova livrea (foto Team Bahrain Victorious)

L’iniziativa del team

Forse non tutti sanno che lo sviluppo industriale e turistico del Regno del Bahrain, quello dei tempi moderni, pone le basi del successo in un’epoca passata, dove l’economia della regione araba si fondava sul mercato delle perle. Oggi il cuore pulsante della regione del Bahrain è molto diverso, grazie ad un’industria petrolifera e di produzione di risorse energetiche molto attiva, ma che al tempo stesso non dimentica le sue origini.

Ed ecco che The Oil and Gas Company-Bapco Energies, in capo alla Holding di cui fa parte integrante anche il team di ciclismo, vuole celebrare questa sorta di Brand Identity rivolto al futuro. Le sostenibilità e l’ambiente non possono più passare in secondo piano.

Il colore perlato

La colorazione con la finitura perlata è il punto di unione che ha coinvolto i diversi partner del Team Bahrain Victorious, così come l’azzurro e la colorazione oro. Per celebrare l’iniziativa Merida ha preparato i due modelli di bici usate dai corridori, Scultura e Reacto, con la livrea bianco-perla che adotta dei richiami azzurri ed il logo rappresentativo. Le scritte sono di colore oro e l’allestimento non prevede variazioni, con la trasmissione Shimano, le ruote ed il cockpit Vision, oltre alle selle Prologo. Allo stesso modo anche Elite ha prodotto le borracce che si intonano alle biciclette ed al kit di Alè Cycling.

L’abbigliamento Alè è della categoria PR.s, ovvero il massimo disponibile ad oggi, in termini applicazioni tecnologiche dei tessuti e vestibilità. Il nuovo logo prende il suo spazio al centro della maglia, con un chiaro richiamo ad un futuro più sostenibile. La stessa combinazione di colori richiama la natura più da vicino.

Rudy Project ha disegnato per l’occasione una serie di caschi ed occhiali che verrano utilizzati dagli atleti. I caschi con una livrea perlata mescolano l’azzurro ed il dorato, con le peculiarità tecniche dei materiali che rimangono invariate. Gli occhiali avranno le lenti con una “specchiatura gold”.

La storia di Lucca vista con gli occhi del fratello Simone

10.04.2023
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Sul podio del 72° GP Fiera della Possenta c’era un Lucca, ma questa volta non si trattava di Riccardo, bensì del fratello Simone. Classe 2000, corre per la Solme Olmo. Anche lui è entrato in quella categoria che tanto fa paura, gli elite, dalla quale si pensa di uscire difficilmente. La storia di suo fratello Riccardo però è a lieto fine, ed ha insegnato tanto ad entrambi

«Da quest’anno sono elite – racconta Simone Lucca – e devo ammettere che pensavo non cambiasse nulla rispetto agli anni precedenti. Invece, mi sento più esperto e anche con i miei compagni ho un rapporto diverso, riesco ad insegnare loro qualcosa, a dare una mano».

Simone Lucca conduce il terzetto che ha guidato per larga parte il GP Fiera della Possenta (photors.it)
Simone Lucca davanti a Matteo Zurlo i due si sono giocati il GP Fiera della Possenta fino all’ultimo (photors.it)
Quanta motivazione ti ha dato la storia di tuo fratello?

Tanta, davvero. Uno dei motivi che mi hanno spinto a provarci è stato quello che ha vissuto lui, vedere che alla fine si riesce a passare anche da elite.

Avete tre anni di differenza, che rapporto avete?

Quando ero junior era più difficile a causa della differenza di età, parlavamo meno. Dal mio primo anno under 23, complice il fatto di aver corso insieme in Work Service, è migliorato tanto. Abbiamo condiviso molti più momenti insieme e il legame si è rafforzato davvero tanto. 

I fratelli Lucca vanno spesso a camminare in montagna durante la pausa invernale
I fratelli Lucca vanno spesso a camminare in montagna durante la pausa invernale
Com’è avere il fratello maggiore in squadra?

Mi ha aiutato tanto, in corsa mi dava sempre dei consigli sul come e quando muovermi. Al primo anno sei un po’ spaesato, direi che mi ha aiutato a ritrovarmi (dice con una risata, ndr). Mi diceva quando si sarebbe formata la fuga oppure se insistere o aspettare una situazione migliore. 

Dopo aver corso insieme com’è cambiato il vostro rapporto?

Ci siamo legati molto, abbiamo iniziato ad allenarci insieme e quando siamo in bici parliamo tanto, ci confidiamo. A casa parliamo di altro, non possiamo parlare di bici tutto il giorno (dice ancora ridendo, ndr). 

Dopo lui è passato in General Store.

Sì, nel 2020, l’anno del Covid. Non è stato semplice, ma allo stesso tempo, aveva molta voglia di ripartire, perché voleva dimostrare il proprio valore. L’anno più difficile è stato sicuramente il 2021, ripartire ancora da una continental lo ha buttato giù. Alla fine quell’anno ha vinto sette corse tra cui il San Daniele

Il primo anno da under 23 Simone Lucca lo ha corso in Work Service, insieme a Riccardo (photors.it)
Il primo anno da under 23 Simone Lucca lo ha corso in Work Service, insieme a Riccardo (photors.it)
Che cosa vi dicevate?

Durante le nostre pedalate mi chiedeva se avesse davvero senso continuare. Io gli rispondevo che se fosse riuscito a trovare una continental di buon livello sarebbe passato. “Tutto torna” è il nostro motto, ce lo diciamo spesso. 

Alla fine è arrivata la Work Service

La squadra giusta, con Ilario (Contessa, ndr) ci aveva già lavorato la prima volta che era stato in Work. E’ stata una figura importante per lui, per dargli la giusta sicurezza.

Il momento più emozionante è stata la vittoria all’Adriatica Ionica Race?

Assolutamente! Io ero fuori in allenamento ed appena sono tornato a casa mi sono messo sul telefono per seguire la diretta. Mancavano tre chilometri, quando ha superato la linea del traguardo è stata una botta incredibile, da pelle d’oca. Quel giorno hanno pianto tutti, Contessa, Riccardo e ci è mancato poco che lo facessi anche io. 

La vittoria a Sirolo di Riccardo ha commosso tutti, anche il fratello piccolo Simone
La vittoria a Sirolo di Riccardo ha commosso tutti, anche il fratello piccolo Simone
Quando ha firmato con la Green Project che hai pensato?

Quando è uscita la notizia io correvo e lui era lì a vedermi. E’ cambiato tutto nella sua testa, io per primo l’ho visto, era sereno. Tutti i risultati che sono arrivati poi sono figli di una leggerezza che non aveva da tempo. Prima, molte volte, capitava di vederlo teso, ma è normale quando devi dimostrare tanto e le occasioni sono poche. E’ una cosa che capisco, io stesso ora vivo molte gare come se fosse l’ultima volta che le corro, per gli elite è così. 

Cosa ti ha insegnato la carriera di tuo fratello?

Tanto, per prima cosa che passare elite non è una condanna, le squadre se sei forte ti osservano. Un’altra cosa è il lavoro, non bisogna mai arrendersi e stare concentrati. E l’ultima, forse la più importante: il nostro motto “tutto torna” è vero. 

La prima pedalata con accanto Riccardo in maglia Green Project com’è stata?

Bella – esclama – ce la siamo goduta poco però, il primo pensiero di Riccardo è stato: «Bene, ce l’ho fatta, ma ora inizia una nuova sfida». Devi sempre porti nuovi obiettivi, lui ora ha cambiato corse e il livello si è alzato, si trova in gare WorldTour. 

Quest’inverno per loro una pausa di fine stagione diversa, qualche lavoro di edilizia a casa
Quest’inverno per loro una pausa di fine stagione diversa, qualche lavoro di edilizia a casa
Siete così simili tu e lui?

A livello di determinazione sì. Per il carattere meno, lui è metodico, sistematico. Io, invece, sono più alla mano ed estroverso, anche se Riccardo lo diventa, deve prima conoscerti, poi si apre. 

Non è stato un esempio solo per te però.

No, direi per tutti. Quest’anno vedo molti ragazzi della mia età che hanno continuato nonostante passassero elite. E’ una bella storia la sua, che insegna tanto, soprattutto ad essere determinati e crederci sempre.

Le 45 squadre di Elite: una miniera di idee e feedback

13.03.2023
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Come se fosse il roster di un team pronto al debutto stagionale, nelle scorse settimane Elite ha annunciato l’elenco completo delle squadre che nel 2023 potranno contare sul suo supporto tecnico (in apertura foto Facebook/Elite).

Limitandoci al solo ciclismo su strada, nel WorldTour maschile possiamo segnalare i seguenti team: UAE Emirates, Ineos Grenadier, Alpecin Deceuninck, Bahrain Victorious, Movistar Team, Groupama-FDJ, Team DSM, Jayco-AlUla, AG2r, Intermarché-Circus-Wanty, Cofidis, Arkea Samsic. Folta anche la presenza nel mondo del ciclismo femminile. Complessivamente nel 2023 saranno ben 45 i team strada sponsorizzati.

Non solo team maschili nell’universo del brand (foto Facebook/Elite)
Non solo team maschili nell’universo del brand (foto Facebook/Elite)

Prodotti per ogni esigenza

Sono davvero tanti e diversi fra loro i prodotti forniti anche quest’anno dall’azienda veneta ai team di cui è sponsor. Ciascuno di questi ricopre un ruolo ben preciso, a seconda che debba essere utilizzato prima, durante e dopo una gara o anche un allenamento.

Tra i tanti “strumenti di lavoro” forniti ai team possiamo segnalare i seguenti:

  • Justo, il rullo con il sensore di potenza integrato che permette la possibilità di fare da ponte con fascia cardio e i piedini Flex Feet, che aiutano a rispettare la biomeccanica della pedalata e a replicare le micro-oscillazioni della bici all’aperto.
  • Suito-T, il rullo più compatto e funzionale presente sul mercato. Perfetto per garantire grandi prestazioni e comodità con una struttura leggera e compatta e caratteristiche di alto livello che se ben sfruttate possono rendere fruttuoso ogni allenamento.
  • Fly Team, la borraccia più usata dalle squadre per la sua leggerezza, studiata per offrire un getto d’acqua veloce e abbondante con una minima pressione della mano.
  • I portaborraccia Vico, Leggero Carbon, Custom Race Plus.

Elite ha pensato anche alle situazioni fuori corsa attraverso la fornitura di Borson, una borsa da viaggio in grado di garantire protezione a telaio, ruote e deragliatore

Meccanici e massaggiatori potranno contare rispettivamente sul cavalletto per la manutenzione della bici Workstand Race FC e sulle creme e i gel Ozone.

L’importanza dei team

Per un’azienda come Elite è fondamentale poter collaborare con team di alto livello, come conferma Marco Cavallin, Sponsorship e Product Innovation Manager di Elite.

«Fornire i nostri prodotti – spiega – e aiutare le più grandi squadre al mondo a raggiungere i propri obiettivi, in gara e negli allenamenti, è una delle soddisfazioni più grandi per noi. Il rapporto con le squadre è strategico, per molte ragioni.  Prima fra tutte, l’opportunità di avere come osservatori alcuni dei più grandi atleti del ciclismo. Suggerimenti per una migliore performance, idee per un design innovativo o maggiori funzionalità sono la fonte di ispirazione numero uno per lo sviluppo e l’evoluzione dell’ecosistema».

Elite

Under 23 e Zalf, rivoluzione forzata: parla Faresin

19.11.2022
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L’intervista con Gianni Faresin nasce da una mail arrivata al nostro indirizzo di posta elettronica. Una comunicazione semplice riguardo la stagione che sta per iniziare. Qualche dichiarazione di Luciano Rui, dello stesso Faresin e la lista dei ragazzi che vestiranno la maglia della Zalf Euromobil Desirée Fior. La cosa che risalta subito è l’assenza di elite, la Zalf è sempre stata una grande affezionata alla categoria. Ora la rosa prevede quattro ragazzo dalla categoria juniores, molti under ed un solo elite: Edoardo Faresin.

I ragazzi e i dirigenti della Zalf durante il primo incontro stagionale (foto Scanferla)
I ragazzi e i dirigenti della Zalf durante il primo incontro stagionale (foto Scanferla)

Scelta obbligata

Il ciclismo sta virando, anzi, ha già iniziato a farlo da anni, sui giovani. E anche il concetto di questa parola è cambiato molto nel breve periodo. Ora i talenti, nel bene e nel male, si cercano dagli juniores (anche se su questa filosofia abbiamo già discusso con Bragato). 

«Il rinnovamento della squadra – spiega Gianni Faresin – è dovuto ai cambiamenti delle regole. Ora i ragazzi possono partecipare alle gare regionali fino al secondo anno degli under 23. E’ una regola che non condivido, ma che è stata fatta e va a discapito degli elite e dei terzi anni. Per non parlare dei problemi che avranno gli organizzatori delle corse, praticamente si troveranno a fare gare con la metà della gente rispetto agli anni passati. Ci saranno problemi ed il rischio che molti di loro decideranno di annullare le corse, anche perché non ha molto senso tenere in piedi tutto e far correre 50-60 ragazzi». 

Secondo Faresin l’attività all’estero va fatta solamente quando un corridore è maturo (foto Instagram)
Secondo Faresin l’attività all’estero va fatta solamente quando un corridore è maturo (foto Instagram)
Cambiare il vostro organico è stata una scelta obbligata quindi?

Noi vogliamo fare ancora un doppio calendario che ci permetta di far correre tutte le domeniche, o quasi, i nostri ragazzi. In questo modo potremo dividerli al meglio ed essere sicuri di non penalizzare nessuno. 

Si va incontro ai giovani, o così vogliono far credere, ma poi molti junior vanno via perché preferiscono i team development…

Tanti ragazzi vanno all’estero nelle development dei team WorldTour. Ovviamente se vai da uno junior e gli proponi di andare nella squadra che ha già un team WorldTour, lui non ti dirà mai di no. Però poi non è che tutti e 15-16 passano professionisti, arrivano sempre i soliti.

La Groupama quest’anno ne ha “promossi” otto di ragazzi.

Non è mai successo. E comunque una squadra italiana, se ci fosse, difficilmente potrebbe fare così. Loro hanno preso i migliori ragazzi francesi, più Germani. In Italia si possono prendere al massimo tre dei migliori junior. Capite che diventa difficile confrontarsi con queste squadre qui. Prima hanno spinto tutti per far fare le continental: dare esperienza ai ragazzi con corse internazionali e con i professionisti, adesso la spinta è al contrario. Ora vale la pena continuare? Non credo, perché se uno junior passa pro’ e gli altri vanno nelle squadre satellite noi chiudiamo o quasi.

Bruttomesso ha lasciato la Zalf per passare al CTF e dal 2024 sarà pro’ con la Bahrain Victorious (foto Isola Press)
Bruttomesso ha lasciato la Zalf per passare al CTF e dal 2024 sarà pro’ con la Bahrain Victorious (foto Isola Press)
Per risolvere il problema, la Colpack ha deciso di cercare attività all’estero e alcune squadre già lo fanno.

Se saremo invitati le faremo, ma secondo me quelle con i professionisti sono il giusto compromesso. Sono del parere che i ragazzi vanno portati a fare determinate corse quando sono maturi. Per le squadre italiane non è semplice, ci vogliono i mezzi, il nostro sponsor ci dà carta bianca, ma non è facile organizzarsi. E poi non è che in Italia non si faccia una buona attività. Io sono andato in Slovenia o poco più in là a fare qualche gara, non è che il livello sia migliore, ci sono più corse a tappe, questo sì.

In Italia ce ne sono poche…

Di corse a tappe ne abbiamo qualcuna, ma effettivamente sono mal distribuite, la prima è il Giro d’Italia under 23 che è a giugno. Il calendario in Italia è complicato nella prima metà di stagione e lo diventerà ancora di più dopo questa regola nuova.

Voi avete avuto Bruttomesso che per fare il salto tra i pro’ nel 2024 ha scelto un’altra strada.

Il motivo principale del suo addio è stato che il CTF è team satellite della Bahrain e loro hanno spinto perché andasse dai friulani. Farà più attività all’estero, vedremo se e come riuscirà a farla fruttare, io non penso avesse bisogno di questo. Ripeto: all’estero si va quando si sta bene. L’Italia grazie ad Amadori fa delle corse internazionali come l’Avenir o la Corsa della Pace.

Il cambio del regolamento per le gare regionali ha cambiato il modo di costruire i team (foto Scanferla)
Le nuove regole per le gare regionali ha cambiato il modo di costruire i team (foto Scanferla)
Un calendario più ampio non potrebbe dare più continuità e opportunità di crescita?

La crescita dei ragazzi deve essere l’obiettivo, ma Bruttomesso ha trovato da firmare perché ha vinto. Gli juniores che passano alle development vincono. Non dobbiamo star qua a pensare di far passare tutti professionisti con chilometraggi e livelli più alti, guardate quanti ne sono tornati indietro o in quanti hanno smesso. Attività da under 23 la si fa anche qui, se si vuole tutto e subito qualcosa si esaurirà prima.

Però qui si vincono le corse regionali che insegnano poco o nulla ad un ragazzo…

Ho corso anche io, per lavorare al meglio, per impegnarsi, serve vincere, se sei motivato ti alleni. Che senso ha portare un ragazzo a fare attività di livello superiore per 3 o 4 anni senza che abbia la possibilità di lottare? I ragazzi di oggi sono insicuri, hanno tante distrazioni: in tivù e sui social vedono tante cose e vogliono cercare di emularle. In pochi anni è cambiato tutto. 

Facci un esempio.

Cinque anni fa uno junior forte passava under, faceva i suoi anni di crescita e poi diventava professionista. Ora uno junior che va forte passa direttamente nel professionismo, così arriva il messaggio che devono andare forte da junior e vivono di rendita. Se si va avanti così tra altri cinque anni si arriveranno a prendere gli allievi. Il ciclismo è uno sport di fondo, che si costruisce con l’età e con il lavoro. Ci sono junior che si allenano più degli under 23 e la differenza la si vede al momento. E’ ovvio che se sopporti carichi di lavoro superiori alle gare vinci, ma poi la cosa finisce. Fidatevi, se si continua così la nostra categoria è destinata a sparire.

Michael Minali: la famiglia, il ciclismo e il futuro

03.10.2022
4 min
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La famiglia è quella che ci guida alla scoperta del mondo, ci fa conoscere tutto quello che per noi è ignoto. All’interno delle mura domestiche i nostri genitori, o fratelli maggiori, ci trasmettono le loro passioni e i loro valori. Quando il tuo cognome è Minali è chiaro che all’interno della tua famiglia si parli esclusivamente di ciclismo. Per Michael Minali è stato esattamente così (in apertura festeggia la vittoria al GP Ciclistico Sannazzaro de Burgondi, foto Facebook Campana Imballaggi). Figlio di Nicola, professionista tra gli anni ‘90 ed i primi 2000, vincitore di tappe alla Vuelta, al Tour de France ed al Giro d’Italia. Michael ha anche un fratello maggiore: Riccardo, classe 1995 e ritirato a fine 2021, che conta cinque anni nel ciclismo dei grandi.

«La passione, come è logico che sia – dice con un sorriso Michael – è nata vedendo mio papà e mio fratello. Mi hanno fatto provare ad andare in bici e me ne sono subito innamorato, così a 7 anni ho iniziato a fare le prime gare. Quello che mi ha subito affascinato del ciclismo è stato il contatto con l’aria aperta e avere degli amici con i quali condividere questa passione. Poi sono passati gli anni e questo sport ha iniziato a temprarmi ed insegnarmi molto, nel corso degli anni penso di essere diventato più uomo».

Minali Intermarché 2021
La famiglia Minali ha una grande tradizione nel ciclismo: prima il padre Nicola, poi il fratello Riccardo ed infine Michael
Minali Intermarché 2021
La famiglia Minali ha una tradizione nel ciclismo: prima il padre Nicola, poi il fratello Riccardo ed infine Michael
Michael, intanto arrivi da un buon periodo, con tre vittorie all’attivo…

E’ un periodo nel quale la gamba sta girando bene, ho dovuto sistemare qualcosa in preparazione ma ora ne vedo i frutti. Mi spiace solo che a inizio anno non è andata come mi aspettassi, ho avuto un periodo negativo dove non trovavo riscontro del lavoro fatto in allenamento. Quando ho visto che i risultati iniziavano ad arrivare ho seguito l’onda emotiva ed ora mi sento meglio.

Come hanno reagito in casa quando hai detto di voler fare ciclismo?

Mio papà era la persona più contenta del mondo, mi ha sempre chiesto se fossi sicuro di andare avanti, ogni anno me lo chiedeva. La mia risposta non è mai cambiata: voglio provare a diventare uno dei grandi.

Il veneto è passato under 23 nel 2018 con la Colpack, anche il fratello Riccardo ha corso nel team bergamasco (foto Scanferla)
Michael è passato U23 con la Colpack, anche il fratello Riccardo ha corso nel team bergamasco (foto Scanferla)
Hai mai visto tuo padre correre?

Direttamente no, ero troppo piccolo (Michael è nato nel 1999, il padre Nicola ha smesso di correre nel 2002, ndr). Ho tanti ricordi degli episodi che mi raccontava, poi negli anni mi sono incuriosito ed ho iniziato a cercare dei video su internet. Uno di quello che mi ha maggiormente colpito è quello della caduta alla Tirreno: si vede la bici che sbanda da una parte all’altra della carreggiata, mi sono spaventato. 

E con tuo fratello Riccardo che rapporto hai?

Con lui vado molto d’accordo, ci vediamo spesso anche al di fuori della bicicletta. Quando ero piccolo non mi interessava molto quello che faceva, pensavo a divertirmi, sia in bici che fuori. Diventando grande, più o meno da junior, il livello diventa quasi professionale ed in quel momento sia mio padre che mio fratello mi hanno dato tanti consigli. Nella nostra famiglia si è sempre parlato di ciclismo, anche nei momenti di vita quotidiana

Sei al primo anno da elite, che percorso è stato il tuo?

Ho sempre fatto fatica al passaggio di categoria, soprattutto da under 23, il primo anno l’ho proprio sofferto. Ero arrivato in una squadra come la Colpack ed avevo poco spazio per mettermi in luce. A metà del secondo anno, proprio per ritagliarmi più occasioni sono andato alla Work Service con Contessa e quei mesi sono stati decisamente più positivi. 

Michael nel 2021 ha corso alla Iseo Rime Carnovali prima di trasferirsi alla Campana Imballaggi (foto Scanferla)
Michael nel 2021 ha corso alla Iseo Rime Carnovali prima di trasferirsi alla Campana Imballaggi (foto Scanferla)
Poi però sei ritornato alla Colpack.

Volevo provare a tornare in una squadra “grande” tra continental, parlai con Bevilacqua e decisi di riprovarci. La sfortuna che nel mio tentativo di riprovarci si mise di mezzo la pandemia.

Hai cambiato molte squadre, pensi che questa cosa non ti abbia permesso di trovare la giusta continuità?

Alla Iseo Rime Carnovali mi sono trovato bene, soprattutto con lo staff che mi ha accolto a braccia aperte. Sono rimasto da loro solamente per una stagione perché hanno scelto di fare una squadra solamente di giovani e io quest’anno entravo nella categoria elite. Con la Campana Imballaggi, mi sono trovato subito bene, Alessandro Coden mi ha accolto come un figlio. Anche il gruppo squadra è molto unito. 

Ti appresti al tuo secondo anno da elite, pensi di avere ancora qualche chance di passare pro’?

E’ difficile passare da elite perché negli ultimi anni si prendono ragazzi sempre più giovani, alcuni direttamente dalla categoria juniores. E’ un problema per il sistema e di conseguenza lo diventa anche per me, perché ovviamente i posti per noi elite sono sempre meno. Fino a quando ho la forza e la motivazione proverò a ritagliarmi un posto nel professionismo.

Elite Justo, precisione massima e simulazione pura

25.08.2022
3 min
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Lo abbiamo visto nella prima tappa del Tour de France 2022, sotto le bici da crono degli atleti della UAE Emirates e della Groupama-FDJ. Justo è il nuovissimo trainer top-level del pack Elite di rulli interattivi. Un vero e proprio simulatore che gode di precisione massima, power meter integrato, pendenze fino al 24% e calibrazione automatica. 

Un compagno d’allenamento indoor, comodo da trasportare per sfidare ogni giorno se stessi in qualunque contesto, emulando qualsiasi condizione. Un coinvolgimento estremo voluto dagli ingegneri Elite che proietta l’utente con programmi mirati e gare virtuali elettrizzanti

Adatto ad ogni sfida per migliorare se stessi e affrontare gli altri virtualmente

Come in strada

Justo misura realmente la potenza erogata con un misuratore integrato, l’OTS (Optical Torque Sensor). Il trainer è infatti in grado di rilevare nell’immediato la forza che si imprime sui pedali con una precisione del ± 1%. Oltre a ciò, offre nuove opzioni, tra cui la funzione “Easy Start” che rende più pratico riprendere quando si smette di pedalare per un breve lasso di tempo. 

Elite si è spinta oltre ogni limite, infatti la simulazione di pendenza massima arriva ad un incredibile 24%. Per rendere ancora più realistico il proprio allenamento si può connettere il Rizer, un simulatore di pendenza con steering, capace di inclinare la bici in salita fino ad un +20% e in discesa fino ad un -10%. 

A completare le caratteristiche innovative c’è l’autocalibrazione. Una nuova funzione che rende gli allenamenti su rullo precisi e soprattutto immediati dal primo utilizzo proprio come all’aperto. 

Associato al Rizer la simulazione diventa a 360° con un’immersione totale nello sforzo
Associato al Rizer la simulazione diventa a 360° con un’immersione totale nello sforzo

Design intelligente

Questo nuovo trainer non è solo un concentrato di caratteristiche tecnologiche ma anche un gioiello sotto il punto di vista del design. Justo infatti include i nuovi piedini Flex Feet, che hanno lo scopo di rendere la sensazione di pedalata ancora più realistica. I supporti sono intercambiabili e permettono di replicare la pressione e le oscillazioni della bici, adattando il movimento allo stile di pedalata all’aperto rispettando la biomeccanica naturale. 

Il design solido e compatto nasce da una nuova collaborazione con Adriano Design per realizzare un ecosistema di prodotti di ciclismo indoor sempre più integrato. Estetica d’impatto e spirito racing si uniscono nel Justo insieme a innovazione e sostenibilità. Per la sua struttura utilizza infatti componenti in plastica proveniente da lavorazioni più sostenibili secondo un modello di produzione circolare mirato a ridurre l’utilizzo di materie prime dalla fase progettuale.

Connesso e compatibile

Il rullo è il miglior metodo per sfidare se stessi ma anche gli altri comodamente da casa. Justo rientra nella gamma di trainer interattivi con doppio protocollo di comunicazione ANT+™ FE-C e Bluetooth, il che si traduce in una totale interazione del rullo con app, software, computer, smartphone, tablet e Apple TV. Inoltre si hanno anche 12 mesi gratuiti di abbonamento all’app My E-Training di Elite. Nella confezione sono presenti anche altri coupon per usufruire di un periodo di prova sulle piattaforme di indoor cycling più popolari, come Zwift, TrainerRoad, Rouvy, Kinomap o Bkool.

La compatibilità è ampia a partire dalla bici da strada, gravel e anche mountain bike, aventi mozzi da 130-135 x 5 mm con bloccaggio rapido, e mozzi da 142 x 12 mm con perno passante (adattatori inclusi nella confezione).

Elite

Alfio Locatelli: «A 24 anni, troppo vecchio per passare»

04.06.2022
6 min
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Quanta dispersione di talenti c’è nel ciclismo italiano? Tanta, potremmo dire. Causata sia da U23 che vengono fatti passare troppo presto venendo poi bruciati, sia da ragazzi di 23 anni compiuti che vengono considerati già vecchi. Di Evenepoel ce n’è uno solo, così come di Ballan, che diventano pro’ al sesto anno da dilettante, non ne esistono più. Possibile che non ci sia una via di mezzo? Possibile che non ci sia la pazienza di aspettare la crescita fisiologica degli attuali giovani corridori?

«Si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità». Le parole per nulla banali sui giovani espresse la settimana scorsa da Jacopo Mosca ci hanno dato ulteriori spunti di riflessione, oltre che a suggerirci il nome di Alfio Locatelli (nella foto di apertura assieme a Mosca dopo la vittoria della Firenze-Mare del 2015). Uno che, secondo il piemontese della Trek-Segafredo, sarebbe potuto stare tranquillamente in gruppo.

Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino
Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino

Il bergamasco di Sotto il Monte, classe ’90, che ha trascorso otto stagioni nei dilettanti, ce lo ricordiamo bene e la chiacchierata con lui non solo è stata l’occasione per sentire la sua opinione, ma anche per rinverdire tante memorie.

Alfio innanzitutto come stai?

Dopo aver smesso nel 2016, l’anno successivo mi sono trasferito in Brianza per lavoro. Ora vivo a Giussano e sono dipendente di un’azienda che produce cartoni per imballaggi e tovaglioli di carta. Sto studiando per diventare massaggiatore e, compatibilmente con gli impegni di lavoro, sono stato a fare un po’ di pratica con la formazione di Matteo Provini (il diesse della Hopplà Petroli Firenze, ndr), con cui sono rimasto in contatto.

Com’è il tuo rapporto col ciclismo?

Sereno, direi. Mi manca l’agonismo e il gruppo degli ex compagni. Ero sul Fedaia alla penultima tappa del Giro, a 3 chilometri dal traguardo, dove avevamo preparato il campari per Formolo (ride, sono stati compagni di squadra nel 2013, ndr), ma è passato a ruota di Carapaz e non ha potuto gustarselo. E pensate che proprio dove ero io, ho trovato Dal Col e Collodel, altri due miei compagni alla Trevigiani. Incredibile dopo tanti anni. Non mi manca invece il modo di fare un po’ falso di alcune persone che ancora orbitano nel ciclismo.

Sei stato nominato da Mosca come uno di quelli che avrebbe meritato di passare pro’. Che effetto ti fanno le sue parole?

Jacopo è un grande amico, abbiamo fatto tanti anni assieme. Sono contento di vederlo come uno dei migliori uomini della sua formazione e del gruppo in generale. Non è lì per caso. Lo ringrazio per il pensiero, mi ha fatto piacere. Con un pizzico di presunzione posso dire che sarei stato un buon gregario. Non avevo paura di prendere il vento in faccia o di andare all’attacco.

Tra i dilettanti hai ottenuto 9 vittorie, alcune importanti. Come mai non sei riuscito a passare?

Una serie di cose, penso. Qualcuno mi rimproverava di non essere costante ma io, anche nelle mie annate migliori, più di così non riuscivo a fare. Qualcuno invece ha riconosciuto che ho avuto avuto anche un po’ di sfortuna. I primi due anni da U23 li ho fatti tra la scuola ed il capire la categoria, poi a 24 anni sono stato giudicato vecchio da un procuratore a cui avevo chiesto aiuto, visto che io non ce l’avevo mai avuto.

E poi com’è andata?

Non l’ho presa bene quella “etichettatura”, sebbene sapessi che quel procuratore stava dicendo una cavolata. Non si può dire così ad un ragazzo che fa sacrifici e risultati, senza sapere nulla e senza contestualizzare. Infatti volevo smettere perché avevo capito che per me non ci sarebbero state altre possibilità. Ho fatto altri due anni con la Viris Vigevano perché un po’ ci speravo ancora e perché mi piaceva fare da “chioccia” ai più giovani, come Ganna, Moschetti, Sobrero, Vlasov e tanti altri. Peccato, mi resta il rammarico di non aver provato a passare e vedere cosa avrei combinato.

La figura del procuratore secondo te quanto può incidere?

Tanto, anche quando fai pochi piazzamenti. Penso al mio ex compagno Enrico Barbin che non ce l’aveva e che nel 2012 con 7 vittorie tutte di altissimo livello pensava di trovare tante squadre, anche fuori Italia, grazie ai risultati. Invece lo cercò solo la Bardiani e dopo i primi anni a prendere mazzate in gara a causa di un calendario minore, divenne più rinunciatario. Noi lo vedevamo cambiato, anche se lui ci ha sempre detto di no. Anche questo aspetto influisce.

Situazioni come la tua continuano a verificarsi. Perché secondo te?

Troppa avidità di certi dirigenti e procuratori. Ed anche la mancanza di lungimiranza. Tutti vogliono prendere chi vince e basta. Ma poi chi è che tira? E credo che bisognerebbe dare un giusto peso alle vittorie. Poi c’è ancora gente che, si sa, porta sponsor e gli vengono spalancate le porte del professionismo. Per me mancano umanità e rispetto. Molti dirigenti, anche tra i pro’, ti promettono tante cose e poi cambiano idea improvvisamente. Non ti prendono oppure, come è successo a qualche mio amico senza fare nomi, ti lasciano a casa senza un reale motivo. Meno male che ci sono anche casi fortunati come quelli di Mosca o Masnada, perché anche lui abbiamo rischiato di perderlo. Ho notato un’altra cosa tra l’altro…

Quale?

Che i flop dei giovani ce li abbiamo solo noi in Italia, nelle nostre formazioni. Sembra che ogni giovane interessante debba raccogliere l’eredità dei grandi nostri corridori. Non si può fare continuamente la caccia al fenomeno. Siamo in balia di questa situazione. Abbiamo tanti buoni atleti, ma nessuno riesce ancora a capire che ogni ragazzo ha la propria maturazione. Ai ragazzi che passano adesso e che non riescono ad andare nel WorldTour consiglio di andare nelle professional estere. Là fanno ritiri come si deve, possono fare un calendario più completo e crescere meglio.

Una soluzione a tutto ciò esiste?

Non lo so. Credo che il dilettantismo italiano vada rivisto o trovato un modello diverso. Purtroppo c’è ancora tanta instabilità economica che condiziona. Alcune gare storiche non ci sono più o sono state ridimensionate. Però credo che alla base di tutto ci vorrebbero nuove figure dirigenziali. Serve un ricambio generazionale e culturale, prendendo spunto dall’estero o dai modelli aziendali. Infine tanta pazienza.