La storia di Agua, ossessionata dal peso

25.05.2022
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Dai racconti delle cicliste italiane intervistate sul tema dei problemi alimentari e del controllo del peso è emersa la “teoria italiana”, come l’ha definita Marta Bastianelli, ma la realtà estera è davvero così rosa e fiori? Abbiamo ascoltato la paraguayana Agua Marina Espinola della Canyon//SRAM Generation che, grazie all’opportunità data dal team UCI, è riuscita nel 2018 a debuttare a livello internazionale con gare in Europa.  

Agua Marina Espinola ha lasciato il Paraguay per andare nel centro UCI di Aigle (foto Instagram)
Agua Marina Espinola ha lasciato il Paraguay per andare nel centro UCI di Aigle (foto Instagram)

Il principio

Agua a poco più di vent’anni, lasciava la sua casa in Paraguay e si trasferiva in Svizzera ad Aigle, per seguire il suo sogno, quello di correre le più importanti gare nel calendario internazionale.

«Ho sempre creduto che facendo ciclismo potessi mangiare senza ingrassare, ma dal 2014 – racconta Agua – per migliorarmi, mi sono rivolta ad una nutrizionista sportiva. Fino al 2016, vivevo in Paraguay, dove il clima è decisamente più caldo. Non avendo particolarmente fame e disidratandomi facilmente, riuscivo a mantenere il peso basso. Dall’inverno del 2017 però, col mio trasferimento in Svizzera, ad Aigle, è cambiato tutto. Le gare e gli allenamenti avevano incrementato la mia massa muscolare ma io, nonostante i consigli della nutrizionista, non riuscivo ad accettare che il mio peso salisse». 

Agua Marina Espinola ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, ma si è ritirata (foto Instagram)
Agua Marina Espinola ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, ma si è ritirata (foto Instagram)

I commenti dello staff

Talvolta Agua si rivolgeva alla nutrizionista per sottoporsi a misurazioni della massa corporea. «Lei insisteva perché io mangiassi di più in allenamento – racconta – ma io non volevo. E’ assurdo, ogni giorno toglievo qualcosa in più dalla mia dieta con l’intento di perdere muscolo. Non facevo neanche più palestra e il risultato era totalmente opposto a ciò che mi aspettavo. Certi giorni andavo forte, grazie alla mia mente, perché sapevo di allenarmi bene e di fare tanti sacrifici. In quelle poche occasioni, i commenti sulla mia forma fisica, come ad esempio “che bella gamba magra”, mi davano ancor più morale e determinata continuavo a restringere la dieta».

Agua persisteva così, motivata anche dai commenti che spesso lo staff del team faceva alle sue compagne:  «Nonostante stessi soffrendo, ricordo che ogni osservazione sul peso o sulla dieta mi stimolava a continuare. Una sera una persona dello staff disse alle mie compagne che stavano mangiando un dolce: “Voglio vedervi domani sulla salita”. In quel momento mi sono sentita fiera di tutte le mie rinunce, convinta che così facendo, il giorno dopo io non potevo che andare più forte di loro».

Parlando con Annemiek Van Vleuten alla partenza del Fiandre (foto Instagram)
Parlando con Annemiek Van Vleuten alla partenza del Fiandre (foto Instagram)

Toccando il fondo

Come abbiamo visto nel ciclismo, abbagliati dall’idea del migliore rapporto tra peso e potenza, corridori e staff spesso sottovalutano le conseguenze dell’estrema magrezza. Agua peggiorava, finché per fortuna qualcuno a lei vicino se n’è accorto. 

«Le continue delusioni mi avevano fatto crollare psicologicamente -ricorda adesso – soffrivo e piangevo ogni giorno, ma cercavo sempre di nasconderlo. Alcuni momenti perdevo il controllo, mi abbuffavo e poi vomitavo. Ho avuto addirittura dei veri e propri attacchi di panico. Solo grazie al mio fidanzato, ancora oltreoceano, ho capito che avevo effettivamente bisogno di aiuto, e così mi sono rivolta ad una psicologa. Il recupero è stato molto difficile, abbiamo lavorato in squadra, io, la psicologa e la nutrizionista, ma ce l’abbiamo fatta».

Agua Marina Espinola corre su strada con la Canyon//SRAM (foto Instagram)
Agua Marina Espinola corre su strada con la Canyon//SRAM (foto Instagram)

Richiesta di sensibilità

Agua, come molte cicliste italiane che abbiamo intervistato, è cresciuta con la convinzione che fosse necessario essere magrissimi per ottenere risultati

«Ho sentito molte storie – ammette – sul controllo del peso nel ciclismo italiano, ma anche da noi è così. In Colombia poi, è terribile. C’è una vera e propria generazione con l’ossessione del peso, ovunque, anche in Europa».

La storia di Agua deve farci riflettere sull’effetto che possono avere le nostre parole, anche indirettamente sulle altre persone.

«Il problema fu mio – riconosce – non biasimo nessuno, ma bisogna cambiare l’interazione tra staff e atlete. Ho sentito lo staff fare commenti positivi alla magrezza della mia compagna, che sapevo avere grossi problemi alimentari. Bisogna cambiare ed essere più sensibili e attenti a questo problema».

Gennaio 2022, si parte da casa per raggiungere la squadra (foto Instagram)
Gennaio 2022, si parte da casa per raggiungere la squadra (foto Instagram)

Il peso non è tutto

Agua ha voluto raccontare la sua dura esperienza prima con un post su Instagram, poi con questa intervista. Ha voluto sensibilizzare il mondo del ciclismo, compresi i ciclisti stessi che, come è successo a lei, soffrono ma continuano ad ignorare i segnali del proprio fisico nell’errata convinzione che il peso sia tutto.

«Prima ero molto critica ed arrabbiata con me stessa – conclude – mentalmente distrutta, fisicamente fragile e debole. Auguro a tutti quelli che vivono con queste difficoltà di ritrovare la serenità, la salute e la forza di corpo e mente».

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Cattaneo, storia di una dura risalita

13.01.2022
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«Il Tour mi ha portato a un livello altissimo – dice Cattaneo nel pomeriggio spagnolo – ho passato i dieci giorni successivi a rispondere al telefono. Se avessi fatto 12° al Giro, mi avreste chiamato forse voi. Per questo, quando me l’hanno chiesto, ho detto che avrei preferito tornare in Francia. E poi in Danimarca si comincia con una crono, un piazzamento nei primi 10 ci starebbe. Sognare non costa nulla, anche se ci saranno tutti i migliori del mondo».

Un anno importante

Lui l’ultima crono della stagione l’ha vinta, al Tour of Luxembourg. E al Tour de France ha aiutato la squadra, favorendo le vittorie di Cavendish e Alaphilippe e ritagliandosi però anche un bello spazio, nella forma di fughe che l’hanno portato al secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e due top 10 nelle crono. Alla Quick Step-Alpha Vinyl se ne sono accorti e hanno deciso di investire su di lui. 

«E’ stato un anno importante – conferma – e nel 2022 vorrei fare uno step ulteriore nelle crono, prendendo poi tutto quello che verrà nelle corse a tappe. La parte più difficile di questa risalita è stata ritrovare la testa per pensare di essere all’altezza. Nei primi anni da professionista ho commesso i miei errori e anche la squadra non è stata in grado di aiutarmi. Quando però sono arrivato all’Androni, sono riuscito a riprendere il controllo e devo a quegli anni il fatto di essere qui».

Cade il velo

Ci sono cose che si sanno. Guai scriverle, perché attengono alla sfera privata e i corridori meritano rispetto. A parte qualche caduta di troppo, si diceva che fra i problemi di Mattia ci fosse un rapporto complicato con l’alimentazione. Ne abbiamo scritto tanto, altri corridori da Aru a Cimolai ci hanno raccontato la loro storia, e ora per la prima volta affrontiamo con lui il delicato argomento.

«E’ vero – ammette – ed erano problemi che venivano da lontano. Li avevo anche da junior. Cominciarono a dirmi che per vincere dovevo essere magro. Leggevo sulle riviste articoli che parlavano della magrezza e alla fine mi convinsi che fosse l’unico modo per diventare professionista. Ti alleni e mangi poco, me lo portai dietro anche da dilettante.

«Facevo fatica, arrivavo già stanco alle salite. Da pro’ lo step successivo. Vedevo quelli che mangiavano di tutto ed erano sempre tirati. Non pensavo che magari avessero 10 anni più di me e fossero semplicemente più definiti. Io non mangiavo e loro andavano più forte. Entri in un circolo e non capisci più se il segreto sia nell’allenamento o nell’alimentazione, così mi focalizzai sull’essere sempre più magro.

«Poi passai all’opposto e mi ritrovai a correre con 3-4 chili di più. Era cambiata la prospettiva, ma il problema era lo stesso. In Androni finalmente ho trovato l’equilibrio. L’alimentazione non è più un problema, ma in certi giorni mi viene ancora da pensare a come andrei in salita se pesassi 2 chili di meno. La risposta l’ho avuta al Tour. Ci sono arrivato al peso forma e nell’ultima settimana mi mancava un po’ di forza. Quello è il mio peso limite, so che mi avrebbe fatto comodo mezzo chilo di più».

Operazione crono

La pagina è voltata. La maturità nell’affrontare il discorso fa capire tanto e aiuterà i ragazzi alle prese con gli stessi ragionamenti. Il nuovo Mattia, il ragazzo che da U23 vinse nello stesso 2011 il Giro delle Pesche Nettarine e poi quello d’Italia, è rinato nei due anni alla Androni, grazie al consiglio di Massimiliano Mori e all’umanità di Giovanni Ellena.

«Quello che c’è adesso – sorride – il riconoscimento da parte della squadra è davvero gratificante. Ho passato un bell’inverno, tranne una settimana di vacanza ho lavorato tantissimo sulla bici da crono e sul vestiario. Quando vedi che ti portano in America e ti fanno le protesi in carbonio su misura, capisci che ci credono e ti dà fiducia. Quando ti metti a sviluppare il nuovo abbigliamento, è lo stesso. Con Castelli abbiamo fatto un grosso step in avanti. Lo vedo soprattutto con i body da crono con cui avevamo qualche problemino e con i capi per quando piove. Stiamo parlando di una delle aziende più evolute al mondo, non voglio fare confronti con quello che c’era prima. Ma se devo andare da Calpe all’aeroporto di Valencia, posso farlo su una Panda o su una Ferrari. Sono entrambe auto, ma non sono uguali…».

Programma importante

Il riconoscimento della squadra porta anche a un calendario che Mattia definisce con modestia abbastanza importante.

«Partirò alla Valenciana – spiega – poi Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, due corse nelle Ardenne e poi vediamo come proseguire. Non mi posso sbilanciare, ma sono nella lista lunga per il Tour e poi della Vuelta. Quello che mi dicono, io lo faccio. Mi conoscete da anni, non ho grosse pretese. L’obiettivo è tornare a vincere, ma ho il mio spazio e il mio ruolo. Sono consapevole che in squadra c’è chi va più forte e sono pronto a mettere il mio potenziale a sua disposizione.

La stagione di Cattaneo inizierà ugualmente dalla Spagna, con la Valenciana (foto Wout Beel)
La sua stagione inizierà con la Valenciana (foto Wout Beel)

«L’ultimo Tour è stato emblematico. Prima gli altri e poi me stesso. Qualcuno mi ha detto che se avessi fatto classifica dall’inizio, sarei arrivato più avanti, ma io non ci credo. Se fossi stato già davanti, non mi avrebbero permesso di andare in fuga e magari alla fine sarebbe venuto un decimo posto, che non avrebbe fatto troppa differenza.

«Mi piacerebbe vincere, ma bisogna essere onesti. E poi il mio sacrificio non è stato vano. Ho diviso la stanza con Mark (Cavendish, ndr) e l’ho aiutato a vincere. Stessa cosa con Julian (Alaphilippe, ndr). I direttori si sono resi conto che ho esperienza e che in certi momenti posso essere utile per trovare la posizione giusta. Già essere negli 8 della Deceunick-Quick Step per il Tour era una gran cosa, quello che è venuto dopo è stato ancora più grande. E alla fine davvero, il telefono non la smetteva più di squillare…».

Quando il focus diventa il peso e non la vittoria

01.12.2021
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«L’atleta in generale, è sempre in perenne insicurezza. Convive con la paura di non raggiungere il peso e la forma fisica. E anche se li raggiunge, non si accontenta e cerca ancora di fare un sacrificio o uno sforzo in più».

Erica Lombardi, dietista di molte punte del ciclismo italiano, sia uomini che donne ed ex atleta mezzofondista, non fa alcuna distinzione tra l’attitudine dei ciclisti e degli atleti in genere, e si definisce particolarmente sensibile al problema dei disturbi del comportamento alimentare.

«Ovviamente nel ciclismo – continua Erica – in quanto sport di endurance, è più facile ritrovarsi in situazioni riconducibili ai disturbi del comportamento alimentare, ma credo che sia un problema ancor più sentito in sport suddivisi in categorie di peso o nella danza per esempio. Negli anni ho imparato a cogliere anche i primi campanelli d’allarme abbastanza facilmente, ascoltando l’atleta ed osservando piccoli dettagli come il suo comportamento a tavola, la sua postura ed altri tratti antropometrici».

Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto
Brajkovic ha ammesso i suoi problemi. I comportamenti anomali erano visibili, ma nessuno è intervenuto

Oltre il limite

La settimana scorsa, Slongo ci ha spiegato che spesso gli atleti giocano sul limite, rischiando di oltrepassarlo da un momento all’altro, ma cosa significa a livello alimentare e cosa succede effettivamente?

«L’atleta è sempre sotto esame – prosegue Lombardi – e vuole avere il controllo su tutto, ma a volte si estremizza con l’iper-controllo. Il cibo potrebbe non essere più una necessità ma qualcosa da reprimere. Il problema è che siamo programmati per reagire allo stress con dei meccanismi di sopravvivenza che in principio potrebbero non comportare un calo prestativo per cui sembrano confermare la nostra convinzione. Stimolati dagli apparenti aspetti positivi, continueremmo con queste condotte restrittive errate, finché si potrebbe arrivare a dare più importanza alla fisionomia e al peso piuttosto che alla prestazione. L’importante ed unico vero focus per l’atleta con questi disturbi è spesso apparire magro, non più vincere.

«A questo punto bisogna intervenire collaborando in equipe, con psicologo, medico e nutrizionista, per ripristinare i normali livelli ormonali nell’atleta, recuperare una buona costituzione e resistenza fisica e migliorare il rapporto col cibo e con la propria immagine.  Dal punto di vista alimentare, sono fasi molto delicate perché la reintroduzione degli alimenti se effettuata in tempi e modalità sbagliate, potrebbe causare la cosiddetta sindrome della rialimentazione, davvero pericolosa anche dal punto di vista clinico».

«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela o un frutto, capisci che qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini
«Se dopo cinque ore di allenamento ti danno una mela, qualcosa non va»: così Cimolai sulle cattive abitudini

Cattive abitudini

Non esiste però solamente il problema dell’anoressia, si può soffrire anche di bulimia con o senza compensazione, o di binge eating disorder, che comporta delle grosse abbuffate principalmente in solitudine e in poco tempo.

«Io non ho avuto una casistica così grande di disordini alimentari – spiega Erica – soprattutto tra i professionisti, ma tendono a svilupparsi in realtà più piccole e non solamente sotto forma di anoressia. E’ fastidioso e sconsigliabile allenarsi per ore con lo stomaco vuoto così come partire troppo pieni. Gli atleti a un certo punto non riescono più a resistere. Il controllo eccessivo è difficile da sopportare, così capita che magari durante l’allenamento si fermano al bar e mangiano con foga 6-8 brioches, oppure capita spesso che si svegliano di notte, quando predomina la parte inconscia sulla ragione e si “attaccano” al vasetto di cioccolata o marmellata piuttosto che al pacchetto di biscotti.

«Esistono comunque diverse sfumature di questi disturbi per cui spesso non si può parlare di disturbi cronici, ma al più di forme acute, magari volte al raggiungimento di un obiettivo. Sono sempre da evitare e prevenire, ma sicuramente meno preoccupanti.»

Ilaria Cusinato, atleta di punta del nuoto, nel 2020 ha ammesso di essere uscita finalmente dalla bulimia
Ilara Cusinato, atleta di punta del nuoto, nel 2020 ha ammesso di essere uscita dalla bulimia

Le circostanze e l’ambiente

Abbiamo visto che spesso è l’atleta a oltrepassare il limite, ma non bisogna sottovalutare anche l’influenza dell’ambiente a lui vicino.

«Le figure che si preoccupano di qualsiasi cosa – annota Erica – tra cui la nutrizione, potrebbero non riuscire a dare indicazioni specifiche e personalizzate, inoltre nella comunicazione potrebbero usare termini non appropriati influenzando l’approccio alla dieta e al peso dell’atleta. A volte basta, infatti, cambiare l’ordine delle parole, o solamente una parola, per ottenere una reazione diversa.  Oggi, ci sono sempre più team che cercano di creare uno staff completo e molto specializzato, anche al femminile, per cui ognuno si impegna a rispettare il proprio ruolo e quello degli altri collaboratori, evitando qualsiasi commento non affine alla propria materia. È così che si possono raggiungere grandi risultati».

Educazione fra i giovani

Erica negli ultimi anni ha collaborato anche in progetti educativi in squadre giovanili e sottolinea l’importanza della famiglia.

«L’educazione nelle squadre giovanili è senz’altro utile, ma dovrebbe coinvolgere anche la famiglia, perché spesso è la mamma che cucina e permette così al figlio di seguire una corretta dieta. Alcuni atleti subiscono eccessive pressioni dai genitori o dai direttori sportivi sul peso durante lo sviluppo. Altre volte l’errore potrebbe essere anche del nutrizionista. Per assecondare le richieste del paziente o per promettere risultati rapidi, potrebbe consigliare diete non perfettamente bilanciate, efficaci, ma pericolose se prolungate nel tempo. Trascurando così l’importanza di insegnare un vero e proprio stile di vita per tutelare la salute del giovane. Dobbiamo ricordarci sempre che l’atleta è comunque un paziente, e come tale, bisogna prima di tutto tutelarne la salute».

Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli negli juniores e anche in famiglia
Affinché gli atleti giungano ben formati al professionismo è utile formarli da juniores e in famiglia

Facciamo un passo in più

L’ottimismo di Erica lancia con speranza un ulteriore invito al miglioramento nella gestione delle categorie giovanili e dei ritiri in nazionale.

«Sempre più squadre cercano il supporto di nutrizionisti – conclude – anche nel femminile, dove effettivamente tende ad esserci più necessità di intervento in quanto c’è un maggior pericolo di interferire con il delicato e complesso equilibrio ormonale. Credo che l’ideale sia impostare un programma di educazione alimentare a livello giovanile che coinvolga anche la famiglia. E avere al seguito del team nazionale un nutrizionista già dai ritiri, perché è quello il momento in cui gli atleti sono più ricettivi e in cui si può provare a variare qualcosa per ottimizzare la dieta».

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20.11.2021
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«Nella mia carriera di preparatore ho visto il ciclismo cambiare drasticamente. Si va sempre più all’esasperata ricerca del miglior rapporto Watt/Kg, che porta l’atleta ad essere maniacale. Sbagliare quando si è al limite è un attimo»

Abbiamo ascoltato le testimonianze di diversi professionisti e professioniste a proposito dei disturbi del comportamento alimentare e delle difficoltà che hanno dovuto superare al riguardo. Ora, iniziamo a vedere la problematica dal punto di vista della squadra con Paolo Slongo, preparatore di team professionisti, per anni al fianco di Nibali, nonché tecnico della nazionale femminile juniores nei primi anni del 2000 (in apertura Anna Zugno, iridata juniores nel 2002, fotografata ai mondiali di Varese) e attualmente preparatore della Trek-Segafredo

Dopo aver guidato la nazionale delle donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas
Dopo aver guidato le donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas

Pressioni crescenti o atleti più deboli?

Abbiamo visto diversi corridori scendere dalla bicicletta, chi per un periodo sabbatico, chi definitivamente, nonostante fossero ancora nel pieno della loro carriera. Considerati gli emergenti problemi con l’alimentazione, abbiamo chiesto a Paolo se trovasse a tutto ciò una possibile spiegazione. 

«Non credo che i corridori siano sottoposti a pressioni maggiori – dice – né ho avuto esperienze dirette con casi così gravi. Ma gli atleti ora raggiungono il top della forma per uno specifico appuntamento, quindi il livello delle gare si è alzato molto. Se un campione è all’80 per cento della condizione ottimale, non riesce più a vincere come 10 anni fa, quindi anche i dettagli fanno la differenza. I ciclisti lo sanno e per questo sono sempre più pignoli sul peso e negli allenamenti». 

L’evoluzione del ciclista

«Una volta si pedalava e si mangiava. Ora per limare ulteriormente peso, gli atleti fanno allenamenti mirati anche al dimagrimento e alla definizione della parte superiore del corpo, e questo influisce così sulla percentuale di grasso totale. Ho visto tante trasformazioni, quella di Wiggins ad esempio, che confermano l’importanza del peso in questo sport. Dal rapporto Watt/Kg non si scappa, la differenza tra i primi tre è spesso di 10 Watt, che in salita si traducono in circa un chilo, ma per la salute dell’atleta, non bisogna oltrepassare il limite».

Bisogna ricordare, tuttavia, che l’estrema ricerca della perfezione e il controllo maniacale del peso sono alcuni dei campanelli d’allarme proprio per i disturbi alimentari, che spesso sono nascosti e negati dagli atleti che ne soffrono. In casa Astana, Paolo ha lavorato con Aru e Brajkovic, che hanno raccontato di avere vissuto con l’ossessione del peso durante la loro carriera.

Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari
Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari

«Ho sempre collaborato col dottor Magni prima e con varie nutrizioniste successivamente, bilanciando le diete dei corridori a seconda dei periodi e degli obiettivi. Non ho mai percepito particolari disagi da parte dei miei atleti a riguardo. Nessuno esagerava negli allenamenti per compensare, né ha mai detto di subire determinate situazioni a tavola. Ricordo solo che durante un ritiro al Teide avevo mandato una mail al team per segnalare che il peso di Brajkovic era fin troppo basso. Lui è sempre stato un autodidatta, sia per gli allenamenti che per l’alimentazione, ma probabilmente il limite per la sua salute era già stato superato. In lui era scattato qualcosa per cui negava il problema e a quel punto è stato difficile aiutarlo».

Pressioni e commenti 

«Spesso è l’atleta che da solo si pone il problema del peso in modo ossessivo e, per ignoranza o cattiva informazione, gestisce male la sua dieta. Io ho lavorato sempre in equipe col dottore, cercando di analizzare le performance in modo più obiettivo possibile. Puoi dire a un atleta professionista che gli manca un chilo al peso forma con cui l’anno precedente ha vinto, sulla base dei dati reali e senza generare frustrazione. Invece è sbagliato pretendere che un atleta perda peso a prescindere dalle sue caratteristiche fisiche e dall’andamento storico del suo peso». 

Donne e fai da te

Dalla recente esperienza al fianco della Trek al Giro Rosa, Paolo ha notato con piacere che anche i team femminili ora si stanno affidando a figure sempre più professionali e le atlete, come i colleghi maschili, sono molto più attente al peso rispetto ad anni fa.

Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo
Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo

«Anche le donne sono più magre rispetto a una volta. Il problema credo esista, anche se non ho mai avuto esperienze dirette. Le donne sono più sensibili e psicologicamente subiscono di più questo esasperato controllo del peso. Inoltre c’è quella deformazione culturale per cui la donna deve essere per forza magra e longilinea. D’altra parte per essere competitiva devi adeguarti a come fanno le avversarie, ma restando alla soglia tra la salute e l’ottimizzazione della performance. Non si può sbagliare né essere approssimativi con il fai da te».

La soluzione

Infine la domanda d’obbligo, perché se c’è un problema bisogna cercare di risolverlo e non nasconderlo. Paolo ci ha offerto un punto di vista differente, forse meno focalizzato sull’oramai esasperato ciclismo giovanile, ma ugualmente valido e che dovrebbe far riflettere soprattutto i genitori.

«Sono realista – dice – e non si può chiedere ai team giovanili di impegnarsi ulteriormente fornendo anche la figura del nutrizionista. Per evitare la mala informazione, in particolare dal web, si dovrebbe agire a livello scolastico, perché l’educazione alimentare non serve solo agli atleti. Con la dieta si prevengono tante malattie, le cui cure impattano molto sulle tasche dello Stato. Iniziare da juniores con il nutrizionista ed il preparatore è ancor più esasperante. Bisogna ritornare a far divertire i ragazzi in bici e trattarli come professionisti solo quando lo diventano effettivamente».

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«Nel tempo il mio rapporto col cibo è cambiato molto. Anni fa durante i ritiri in altura, ricordo che facevamo distanze a digiuno e al ritorno mangiavamo un’insalata, mentre alcune ragazze anche solo un frutto. Ci hanno sempre detto che per dimagrire bisogna togliere i carboidrati».

E’ un’altra maglia azzurra a parlare: Soraya Paladin, classe 93’, che negli ultimi anni è riuscita a distinguersi in gare importantissime ed ha rappresentato l’Italia alle Olimpiadi di Tokyo. Le vincenti carriere delle azzurre del ciclismo italiano hanno celato per anni grosse lacune in materia di nutrizione, che hanno costretto le nostre atlete a superare grossi ostacoli per potersi giocare la maglia azzurra. Soraya è cresciuta senza un’educazione alimentare e confessa che ora, pur capendo l’importanza dei carboidrati, fatica ad accettarli.

«Dal 2019 – racconta – con l’aiuto del nutrizionista che collaborava col preparatore del mio team, al tempo correvo per l’Alé Cipollini, ho capito che per avere energia avevo bisogno dei carboidrati. Tuttavia, mi rendo conto che ancora adesso alcune volte diffido dal suo consiglio. Temo di ingrassare mangiando tutti i carboidrati che ho nella dieta. Essendo cresciuta con questa convinzione, seppur segua le sue indicazioni, mi accorgo che ho difficoltà nel mangiare il carboidrato senza avere rimorsi».

Come tanti corridori, anche Soraya Paladin aveva la credenza sballata che i carboidrati facciano solo ingrassare
Come tanti corridori, anche Soraya Paladin aveva la credenza sballata che i carboidrati facciano solo ingrassare

Dal digiuno al ristorante

Quando si parla di disturbi alimentari, non bisogna stupirsi se un atleta migliora o peggiora tanto in poco tempo. Al passaggio tra le elite, Soraya aveva preso un anno sabbatico dal ciclismo, proprio per il carico di stress a causa degli eccessivi sacrifici della vita dell’atleta-studente. Ritornata col numero sulla schiena, senza alcun consiglio nutrizionale professionale, per anni ha trascurato la dieta. La svolta è arrivata proprio dal 2019.

«Sono sempre stata una buona forchetta – sorride – e mi è sempre piaciuto mangiare. Dovendo però mantenere il peso più basso possibile, credevo di dover rinunciare a quasi tutto, come facevano le altre. La svolta è stata il consiglio del nutrizionista nel 2019 e il confronto con le atlete straniere. Ho imparato ad accettare ed apprezzare il carboidrato e ho capito che potevo concedermi molto di più, anche piatti sfiziosi. Ho preso l’abitudine, qualche volta all’anno, di mangiare in ristoranti di qualità (foto di apertura tratta dal suo profilo Instagram, ndr). E’ davvero appagante. E’ un piacere assaporare le prelibatezze dei menù e il giorno dopo non ho alcun senso di colpa».

Soraya Paladin ha iniziato a lavorare con un nutrizionista nel 2019 quando era alla Alé Cycling
Soraya Paladin ha iniziato a lavorare con un nutrizionista nel 2019 quando era alla Alé Cycling

Mangiare con consapevolezza

Nell’intervista di qualche settimana fa, Elisabetta Borgia ci aveva parlato del mindful eating, una pratica molto efficace nella rieducazione alimentare in soggetti anoressici o bulimici e non solo. Concentrandosi sul qui ed ora, questa tecnica insegna al soggetto a mangiare con consapevolezza. Ad ascoltare il senso di fame e sazietà. Ad assaporare il cibo, concentrandosi sull’identificazione dei gusti, degli aromi e delle consistenze, riuscendo così a trarre piacere anche da piccole quantità. Un allenamento che può fare ciascuno di noi e che porta a rivalutare il proprio rapporto col cibo. Soraya, seppur ignara di tutto ciò, grazie ai suoi incontri e alla ricerca di piatti di qualità al ristorante ha fatto un percorso simile e ce l’ha riassunto con semplicità in una frase.

«Vedo che molti ciclisti, sia maschi che femmine, si allenano per mangiare. Anche io una volta lo facevo e mi sentivo in colpa se mangiavo un po’ di più. Spesso, quando segui una dieta troppo restrittiva o digiuni, arrivi al punto che non ce la fai più. Mangi qualsiasi cosa in quantità,  poi ti senti in colpa. In quei casi il cibo è uno sfogo. Ora, invece, provo davvero piacere nel degustare i piatti. Perché mi rendo conto che sono sazia e gratificata con le giuste quantità, senza inutili abbuffate».

Dopo le Olimpiadi di Tokyo, Soraya Paladin è stata azzurra agli europei di Trento
Dopo le Olimpiadi di Tokyo, Soraya Paladin è stata azzurra agli europei di Trento

A dieta con piatti sfiziosi

Soraya ci ha anche raccontato che ha imparato a concedersi il piacere di mangiare quotidianamente, mettendosi alla prova in cucina, così da scegliere il cibo più sano per le sue ricette sfiziose. Effettivamente, non c’è motivo per privarsi di una buona pasta al ragù o col pesce, siano sarde o vongole. O una vellutata di zucca coi crostini di pane, soprattutto dopo le fredde pedalate d’inverno. Se si segue lo standard della dieta mediterranea, rispettando le frequenze degli alimenti che troviamo nella piramide ed adattiamo le porzioni al fabbisogno energetico, riusciamo a concederci diversi piatti della tradizione. E recuperiamo il piacere del mangiare e della convivialità a tavola.

«Tanti ancora credono – sorride – che si debba per forza mangiare pasta in bianco e petto di pollo. Io che amo mangiare, non sopporterei mai tutto ciò. E’ anche inutile, perché ho imparato col nutrizionista, che ci sono diverse ricette sfiziose che rispettano i canoni per il bilanciamento della dieta. Oltre a vari primi, mi piace anche preparare delle torte, che poi mangio in allenamento al posto delle barrette. Quelle altrimenti mi annoiano e comunque non mi soddisfano».

Giro d’Italia Donne 2021, Soraya con la madre Carmen, il padre Lucio e il cane Blue
Giro d’Italia Donne 2021, Soraya con la madre Carmen, il padre Lucio e il cane Blue

Confronto e consapevolezza

Soraya ha una sorella di nome Asja, anche lei ciclista fino allo scorso anno, ma completamente diversa fisicamente.

«Asja è la classica scalatrice – dice – mangia per due e non mette su un etto. Io sono l’opposto e quando eravamo più giovani entrambe subivamo il confronto. Per i motivi opposti, ognuna invidiava l’altra. Io non sopportavo di ingrassare mangiando come lei. Asja invece, nonostante gli sforzi, non riusciva invece a mettere su massa. Con gli anni abbiamo imparato ad accettarci per come siamo e ad adattare la nostra dieta al nostro fisico. Bisogna stare bene con se stessi prima di pretendere una performance di livello».

La passione per le torte viene da lontano. Qui quella del primo anno, pubblicata su Instagram per festeggiare i 28
La passione per le torte viene da lontano. Qui quella del primo anno, pubblicata su Instagram per festeggiare i 28

Educazione alimentare

Infine, abbiamo chiesto a Soraya che cosa consiglierebbe per aiutare il movimento a colmare queste lacune.

«Il problema – dice – è che manca un’educazione alimentare nelle categorie giovanili. In Italia, alle junior difficilmente viene data una barretta per allenamento. All’estero invece contano quello che mangi e, se non hai usato tutte le barrette che avresti dovuto, il giorno dopo ne devi mangiare una in più. La Fci ha inserito la figura dello psicologo in nazionale. Sinceramente sono stupita dal fatto che ancora non abbia pensato ad introdurre quella del nutrizionista (il coinvolgimento è allo studio, ndr). Queste figure sono le uniche che possono davvero aiutarti se ti seguono costantemente. La dieta deve essere adattata ai vari cambiamenti del fisico e ai diversi carichi di allenamento. Per i professionisti invece l’ideale sarebbe il cuoco-nutrizionista, così si riuscirebbe a mangiare qualcosa di appagante e adatto alla dieta anche alle gare».

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«La teoria italiana»: esperienza e consigli di Marta Bastianelli

02.11.2021
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«Inutile girarci intorno – dice Marta Bastianelli – è una teoria italiana quella secondo cui bisogna sentirsi in colpa, dopo le vacanze per uno o due chili in più, o se per costituzione non si è longilinee come le altre».

Col suo solito tono brillante, decisa, grazie agli anni di esperienza, la laziale del G.S Fiamme Azzurre, in due parole riassume quella credenza che sta consumando fisicamente e mentalmente la primavera ciclistica italiana.

«Il rapporto Watt/Kg è fondamentale – spiega – però ogni corridore ha il suo peso ideale, che prescinde dalla sua fisionomia. Io sin da piccola sono sempre stata piuttosto robusta, ma ho imparato che perdere troppo peso non mi rende più forte. Inutile confrontarsi con le altre. Io se perdo troppo non sono più né carne né pesce. La maggior parte dei risultati importanti sono arrivati grazie alla mia potenza e non alla magrezza».

Proprio in questi giorni Marta è in ferie a Santo Domingo, ricaricando le batterie (foto Instagram)
Proprio in questi giorni Marta è in ferie a Santo Domingo, ricaricando le batterie (foto Instagram)

Dal nutrizionista

Marta ci racconta che sebbene in passato si sia già fatta aiutare per gestire il peso, ora con Erica Lombardi è ripartita dall’ABC dell’alimentazione, ottenendo ottimi risultati.

«Avendo iniziato a lavorare sulla mia dieta molto tardi nella stagione, Erica mi ha aiutata adeguando la dieta al mio fisico e alla mia attività, perché con l’età il corpo cambia. E seppure le indicazioni generali siano uguali, ci sono altri dettagli che è bene curare. Mi ha guidata anche nella scelta degli alimenti a me più adatti. Alcuni li ha tolti, altri ne ha inseriti. Non pensavo che avessero così tanta influenza sul mio benessere fisico».

Le vacanze, l’inverno e l’effetto yo-yo

Dopo stagioni sempre più estenuanti e ricche di appuntamenti, la vacanza di fine stagione diventa un sogno, che non deve essere rovinato dalla paura di ingrassare.

«La dieta è un po’ come l’allenamento – spiega Marta che proprio in questi giorni sta trascorrendo le sospirate ferie – un impegno quotidiano che costa sacrificio. Quando si va in vacanza non bisogna pensarci. Essendo seguita dalla nutrizionista, ora sono anche più tranquilla. Perché so che al ritorno quando mi rimetterò al lavoro per la prossima stagione, non avrò problemi a buttar giù quel chilo o due in più».

Durante l’inverno, il trucco sta proprio nel limitare l’incremento di peso a quel paio di chili, senza esasperazione, evitando cioè che la dieta comporti un sacrificio mentale eccessivo e uno stress inutile al corpo che comunque deve rigenerarsi.

Marta Bastianelli si fa seguire per la preparazione da Pino Toni (foto Francesco Lasca)
Marta Bastianelli si fa seguire per la preparazione da Pino Toni (foto Francesco Lasca)

Tuttavia, molti atleti tendono a guadagnare parecchi chili in inverno che poi non perdono fino a metà stagione. Oppure fino ai ritiri, quando con diete estreme ritornano al loro peso ideale, ma bisogna stare attenti. Rapide o ripetute variazioni di peso consistenti, possono alterare il corretto funzionamento metabolico.

Generalmente a favorire il rapido aumento di peso, sono diete troppo restrittive che né il corpo né la mente riescono a sopportare. La successiva perdita di peso sarà ogni volta più difficile e si tende a ridurre ulteriormente l’apporto calorico della dieta, determinando cosi la perdita di muscolo, in quanto in assenza di nutrienti il corpo attiva il catabolismo, meccanismo alternativo di emergenza, con cui riesce a trarre energia. 

Il difficile passaggio al professionismo

Il passaggio al professionismo che nelle donne avviene subito dopo la categoria junior, a 18 anni, è un momento molto delicato per le atlete. Oltre agli impegni scolastici, in pochi mesi si ritrovano a dover affrontare gare di quasi il doppio del chilometraggio. In questo delicato passaggio, Marta, come altre ragazze, ha avuto difficoltà nella gestione del peso, che l’hanno anche costretta ad affrontare problemi gravi a poco più di 20 anni.

Per sua stessa ammissione, i suoi primi anni da elite furono difficili da gestire sul piano dell’alimentazione
Per sua stessa ammissione, i suoi primi anni da elite furono difficili da gestire sul piano dell’alimentazione

«I primi anni da professionista, volevo fare qualcosa in più, così mi sono messa in testa il peso. Sentivo che dovevo sempre dimagrire e non mi offendevo se mi dicevano che ero un chilo di troppo, perché io già lo sapevo. Per 2 o 3 anni da under 23, se non ero anoressica, ci è mancato davvero poco. In inverno a tavola non riuscivo a controllarmi e prendevo rapidamente diversi chili, che in un modo o nell’altro perdevo poi in stagione. Ho pagato questi errori per anni, sentivo che il mio fisico si comportava in maniera diversa. Non perdevo più peso come prima e per molto tempo sono rimasta senza ciclo mestruale». 

Il consiglio

Se nel professionismo nutrizionisti e cuochi sono sempre più frequenti anche nel femminile, come abbiamo visto nell’intervista ad Elena Cecchini, nella categoria giovanile, quella più predisposta a sviluppare problemi di tipo alimentare, i ragazzi sono ancora lasciati a se stessi. A tal proposito, Marta confessa di essere abbastanza scettica sull’efficacia della semplice informazione che si potrebbe fare nelle squadre giovanili.

Nel 2018 per Bastianelli arriva il titolo europeo a Glasgow: il biennio 2018-19 è ancora il suo periodo migliore
Nel 2018 arriva il titolo europeo a Glasgow: il biennio 2018-19 è ancora il suo periodo migliore

«L’ho vissuto in prima persona – spiega – e se penso al futuro, credo che non sarò mai magra come vorrei essere. E’ qualcosa che si è predisposti a pensare e di cui non si capiscono le conseguenze, finché non si sbatte la testa. Per questo sarebbe opportuno che le squadre prevedessero nello staff dei nutrizionisti, o comunque si predispongano ad una collaborazione.

«Solo una figura qualificata può aiutare veramente chi ha difficoltà nella gestione del peso, inoltre una dieta adeguata migliora anche lo sviluppo fisico e la performance. Nel professionismo, invece, si dovrebbe valutare l’aggiunta del cuoco a seguito perché è un grande vantaggio. Spesso negli hotel all’estero, non si trovano che schifezze. E siamo costrette a mangiare il meno peggio per limitare i danni».

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Cecchini: all’estero senza pressioni e con il cuoco al seguito

25.10.2021
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«Dal 2016, il mio primo anno in un team straniero – racconta Elena Cecchini – non ho più avuto pressioni sul peso, nessun commento sulla mia forma fisica, nessuno che controllasse più cosa e quanto mangiassi. Grazie alle persone al mio fianco, come Elia Viviani (il suo compagno, con lei nella foto di apertura ai tricolori vinti nel 2016, ndr), ho capito che potevo migliorare la mia salute e la mia performance affidandomi ad un nutrizionista e così ho fatto».

A raccontarci la sua esperienza questa volta è la friulana, del G.S. Fiamme Azzurre. Negli ultimi anni, anche lei come Valentina Scandolara, ha militato in team stranieri, prima la Canyon Sram e ora la SD Worx in cui ha conosciuto una realtà completamente diversa. Nel team attuale, primo nel ranking mondiale, c’è addirittura una cuoca al seguito, Shara Gillow, ex ciclista australiana di ottimo livello.

Alla Sd Worx con la presenza del cuoco in squadra, tutto va molto meglio
Alla Sd Worx con la presenza del cuoco in squadra, tutto va molto meglio

Dal nutrizionista

«Quando andai per la prima volta dalla nutrizionista, attraversavo un periodo in cui non riuscivo a raggiungere il peso forma, ero sempre piuttosto gonfia e sentivo che mi mancava qualcosa in gara. Scoprii che la mia dieta era iperproteica, perché in fondo anche io ero spaventata dal carboidrato. Fino a quel momento credevo che fosse concesso solo prima delle gare». 

Visto che i carboidrati sono stati demonizzati per anni, non si ripete mai abbastanza che in realtà sono alleati e non nemici. Vengono immagazzinati nel fegato e nei muscoli sotto forma di glicogeno e devono essere reintegrati ogni giorno, in quanto sono il carburante per l’esercizio. Una dieta povera di carboidrati tende a far perdere molto peso nei primi giorni, ma in realtà ciò è dovuto al consumo delle riserve di glicogeno. Più massa muscolare avete e più attività fate, più dovrete mangiarne.

Nel 2011 a causa dello stress per la maturità, per Cecchini un dimagrimento eccessivo
Nel 2011 a causa dello stress per la maturità, per Cecchini un dimagrimento eccessivo

La dieta mediterranea

In genere secondo la dieta mediterranea, il cui equilibrio tra carboidrati, proteine e grassi è indiscusso, i carboidrati dovrebbero costituire tra il 55-60% dell’apporto calorico totale giornaliero. Inoltre a seconda dell’allenamento, l’atleta può aver bisogno di consumare tra 7 e 12 grammi di carboidrati per chilo di peso corporeo al giorno. Tuttavia tutti questi dati sono inutili, se non si sa distinguere tra le diverse tipologie di carboidrati, non si conoscono le tempistiche per assumerli, né le effettive esigenze di ciascuno di noi. Per questo motivo è fondamentale affidarsi ad un professionista della nutrizione.

Il cuoco al seguito

«La cuoca, Shara, è australiana – continua Cecchini – ed il team straniero. Raramente, se non su mia richiesta, mangio il classico riso o pasta in bianco prima della gara. Shara è molto brava, sa perfettamente quanto sia importante il controllo della dieta, così ci prepara spesso dei piatti stuzzicanti, molto vari. Per me sono fuori dalla quotidianità, proprio per la differente tradizione culinaria, ma sempre salutari. Come ad esempio un buonissimo banana-bread, torte a base di patata dolce, pollo al curry, tofu e molto altro. Da quando c’è lei, sono più tranquilla. Alle gare so che mangio cibo di qualità, condito in modo leggero e nella quantità di cui ne ho bisogno».

Il dispendio energetico del ciclismo non ammette che si lesini nel reintegro
Il dispendio energetico del ciclismo non ammette che si lesini nel reintegro

Lo sgarro e il senso di colpa

Oggi, grazie alla dieta meno restrittiva e alla possibilità di mangiare piatti sani e al contempo appetitosi, Elena cede meno agli sgarri, ma confessa che in passato capitava più spesso di sentirsi in colpa per aver mangiato qualcosa di troppo.

«Alcune volte avevo una voglia incontrollabile di carboidrati o di dolci – ricorda – a cui non potevo che cedere. Ora non mi succede quasi più, forse anche perché so che me li posso concedere ogni tanto. Prima dell’ultima tappa al Giro Rosa quest’anno, per esempio, eravamo nelle mie zone vicino ad Udine, così ho portato tutte a mangiare un gelato. Penso che in questo caso l’effetto sul fisico sia stato limitato, ma mentalmente ci ha dato sollievo e forza. In fondo questa è la cosa più importante».

L’esperienza

Elena oramai ha esperienza sufficiente per capire ciò di cui il suo fisico e la sua mente hanno bisogno per andare forte e non si fa più intimorire da qualche avversaria particolarmente magra e definita.

«Mi è capitato spesso ad inizio stagione – dice – di sentirmi in difetto perché rispetto ad altre ragazze avevo quel chiletto in più. Ma dopo essere arrivata in condizione alla prima gara dell’anno in Belgio ed essermi ammalata dopo nemmeno due gare, ho capito che ogni fisico ha necessità diverse. E che dovremmo imparare a guardarci meno allo specchio e dare più ascolto alle sensazioni sui pedali».

La svolta per Cecchini al passaggio nella Canyon e poi alla Sd Worx
La svolta per Cecchini al passaggio nella Canyon e poi alla Sd Worx

Non siamo numeri

All’ultima domanda che le abbiamo posto, Elena ci ha toccato il cuore, con una risposta che deve far riflettere.

«Il mio rapporto col peso non è mai stato malvagio – racconta – però nel 2011 il carico di stress tra impegni scolastici e sportivi mi ha giocato un brutto scherzo, che mi ha lasciato il segno anche negli anni successivi. Mangiavo, ma probabilmente la tensione e la piena focalizzazione per il raggiungimento degli obiettivi, mi hanno portato a perdere 10 chili in 3 mesi. Arrivai a pesarne appena 48, poi subito dopo l’esame di maturità, in tre settimane, guadagnai di nuovo 4 chili, ma il mio metabolismo e la mia mente ne sono rimasti influenzati per anni. Consiglio vivamente alle giovani di impegnarsi nello studio, ma di non impuntarsi ad ottenere il 100 alla maturità. Non siamo un voto, ma molto di più. Inoltre nel primo anno di professionismo non bisogna porsi obiettivi troppo grandi, ma fare esperienza senza particolari aspettative. Rivolgersi ad un nutrizionista già da junior non significa essere “montati” ma semplicemente tenere alla propria salute e volersi bene».

Interviene Dalia Muccioli: la testa vince sempre

19.10.2021
5 min
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Questo pezzo segna un ampliamento della collaborazione di Dalia Muccioli con bici.PRO oltre l’aspetto delle video interviste, nelle quali ha iniziato a sperimentarsi sin dal Giro d’Italia Donne. Qui si parla della sua esperienza come atleta legata all’alimentazione, guarda caso dopo aver letto un pezzo scritto da Rossella Ratto, di cui è stata anche compagna di nazionale (foto di apertura).

Leggendo l’intervista di Rossella Ratto con Elisabetta Borgia, psicologa e mental coach, riguardante lo stress mentale collegato alle pressioni sull’alimentazione, inevitabilmente mi sono tornati in mente alcuni episodi degli scorsi anni, quando ero ancora un’atleta. Sicuramente un tasto dolente per molti ragazzi e ragazze che praticano sport ad alto livello.

Molte volte ci convinciamo che pesare meno significhi andare più forte e di conseguenza ottenere un risultato migliore nella competizione. In parte può essere vero, perché è inutile negare che il peso dell’atleta possa influenzare la prestazione finale. Ma bisogna anche ammettere che c’è un filo sottilissimo che delinea proprio quel limite: quello dell’anoressia o della bulimia.

Elena Cecchini conquista il titolo italiano nel giorno di cui parla Dalia Muccioli in questo pezzo
Elena Cecchini conquista il titolo italiano nel giorno di cui parla Dalia Muccioli in questo pezzo

Personalmente amo follemente mangiare e probabilmente questo è stata da sempre la mia fortuna. Non ho mai sofferto di disturbi alimentari, ma al tempo stesso posso ammettere che il peso sia stato un pensiero costante durante la mia carriera. Ero quasi “ossessionata” dal raggiungere quel numero sulla bilancia. Era come se nella mia testa si fosse innescato un meccanismo per cui solo così, con quel peso e con quella forma fisica, potessi andare forte sulla bicicletta.

Quel giorno a Varese

Ritorno al 2013, di preciso al 23 giugno. Quel giorno vinsi il campionato Italiano su strada donne elite a Rancio Valcuvia, vicino Varese. Vinsi con il cuore, con le gambe, ma soprattutto con la testa! 

Proprio quel giorno Dalia partì convinta e consapevole di poter vincere. Già dai giorni prima studiava, pensava a un modo per sorprendere le sue avversarie e cosi fu. 

Riuscii così a portare a casa quella bellissima maglia tricolore, in una giornata emozionante a dir poco. Avevo appena vent’anni, un bene o un male? Giovane promettente, nella mia testa tanto caos!

Gli anni seguenti continuai ad ottenere buoni risultati, ma non riuscivo a rispettare le mie aspettative e così ogni volta perdevo un pochino di fiducia in me stessa. Come detto sopra, il peso era un pensiero fisso nella mia vita.  

E quel giorno a Superga

Nel 2015, arrivai alla vigilia del campionato Italiano con l’arrivo sul Colle di Superga con 2 chili in più rispetto al peso forma

Così mi convinsi che seppur potesse essere un arrivo adatto alle mie caratteristiche, quel giorno non avrei mai potuto vincere.

Decisi in accordo con il team di anticipare la salita finale con un attacco da lontano, pensando ovviamente che la fuga sarebbe stata ripresa prima dell’inizio del Superga. Centrando la fuga giusta, arrivammo all’attacco dell’ascesa con 40” di vantaggio, ma nella mia testa era impensabile poter vincere con quel peso.

Decisi ugualmente di provarci fino in fondo e arrivai terza al traguardo assieme ad Elisa Longo Borghini, con vittoria finale di una grande Elena Cecchini, con la maglia delle Fiamme Azzurre, in fuga con me dall’inizio della corsa.

Sul podio di Superga, alle spalle della friulana sale Elisa Longo Borghini. Terza Dalia Muccioli
Sul podio di Superga, alle spalle della friulana sale Elisa Longo Borghini. Terza Dalia Muccioli

Due chili di troppo

Già dai giorni precedenti avevo pensato a una soluzione per rimediare ai quei dannati chili in più, ma ormai era troppo tardi: non c’era più nulla da fare. Così la mia testa si convinse che ero lì per partecipare, per fare il mio lavoro come gregaria e niente di più

Partii in parte arrabbiata con me stessa. Venivo da mesi in cui avevo anche altri pensieri per la testa e probabilmente in quel periodo ero stata un pochino distratta sul fronte dell’alimentazione e ne pagai le conseguenze. Pensieri, stress mentale, pressioni che mi auto imponevo sicuramente non aiutarono ad avere un’ottima forma fisica e mentale .

Quei 2 chili in più mi sembravano 10. Se ci penso ora mi sembra assurdo, ma a volte la testa quando parte per la “tangente” è irrecuperabile in alcune occasioni!

Dopo l’arrivo

Dopo l’arrivo provai un mix di emozioni: felicità mista ad arrabbiatura e delusione. Ho sempre pensato che se fossi partita più decisa e con una mentalità diversa, quel giorno magari avrei potuto giocarmela diversamente

Molte volte da fuori è facile criticare: «Avevi un rapporto troppo duro mentre scalavi il Superga, eri troppo pesante».

Ovviamente tanta gente non sa cosa ci sia dietro alla preparazione di un appuntamento o soprattutto di una stagione. A volte si pensa che la vita del ciclista sia una vita privilegiata: «Pedali, fai quello che ti piace». Sì, è vero, ma dietro c’è un lavoro duro per ogni giorno, ogni ora, ogni minuto dell’anno

Dalia Muccioli aveva già vinto il tricolore del 2013 a Rancio Valcuvia, davanti a Bronzini e… Rossella Ratto
Dalia Muccioli aveva già vinto il tricolore del 2013 a Rancio Valcuvia, davanti a Bronzini e… Rossella Ratto

Veri professionisti

Ad oggi penso sia fondamentale per uno sportivo essere accompagnato sia da un nutrizionista sia da un mental coach per ampliare la visione del mondo in cui si ritrova. E’ fondamentale capire che la testa vince sempre su tutto: puoi avere le gambe del campione del mondo, ma se non hai la testa in modalità ON, non vincerai mai! 

E’ una vita all’insegna di sacrifici e rinunce, questo meraviglioso sport: il ciclismo. Può toglierti tanto, ma al tempo stesso può darti e regalarti tanto.

Scandolara: «Per imparare a mangiare sono finita in Australia»

17.10.2021
5 min
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«In Australia durante uno degli allenamenti prestagionali con il team Orica AIS – racconta Scandolara – alla mia prima esperienza in un team straniero, ci fermammo in un ristorantino dopo poco più di metà allenamento. Quel giorno avevamo in programma tra le cinque e le sei ore. Subito pensai fosse una trappola. Forse era un modo per capire se, cosa e quanto mangiassi, oppure mi avrebbero detto di allungare se avessi mangiato troppo. Scelsi di ordinare lo stesso delle compagne più esperte e aspettai di vedere come si comportassero.  Ad un tratto si avvicinò il tecnico che, invitandomi a mangiare, mi disse: “Forte è meglio di magro, so come ragionano in Italia».

Ecco cosa ci racconta Valentina Scandolara, veronese classe 1990, del suo battesimo australiano in casa Orica. Dopo l’oro al campionato europeo da junior nel 2007, Valentina ha ottenuto ottimi risultati già nei primi anni di professionismo, che le hanno permesso di correre nel 2014 e nel 2015 per uno dei team più professionali del ciclismo femminile di quegli anni, l’Orica AIS

Quest’anno ha corso con la Aromitalia-Basso-Vaiano: cartolina ricordo dai tricolori in Puglia (foto Instagram)
Quest’anno ha corso con la Aromitalia-Basso-Vaiano: cartolina ricordo dai tricolori in Puglia (foto Instagram)

Lo sconvolgimento

Quello stesso anno, in primavera, la squadra aveva programmato per Valentina una visita dal nutrizionista con l’idea di perfezionare la dieta ed ottimizzare la performance. 

«Mi ricordo che il nutrizionista col taccuino prendeva appunti sulle mie abitudini alimentari – ricorda – poi mi chiese cosa mangiassi durante l’allenamento. La mia risposta lo sconvolse tanto che chiuse il taccuino prima di poter trovare le parole per cominciare a spiegarmi i principi fondamentali della nutrizione».

Valentina è cresciuta, come la maggior parte d’altronde, seguendo l’esempio delle “grandi” ed era solita mangiare al massimo una banana o una barretta negli allenamenti più lunghi. 

«Ho imparato a mangiare in gara grazie all’Orica. La fiducia e il supporto di un team di professionisti, capace di rispondere a tutti i miei quesiti – ricorda – ha reso più facile il cambiamento e ben presto gli sforzi sono stati ripagati dai risultati. Inizialmente non pensavo fosse possibile mangiare tanto durante una gara, poi mi resi conto che il mio fisico aveva più energia anche nel finale. Stavo benissimo!».

Nel 2012 ha corso i mondiali di cross: Scandolara ha sempre fatto attività polivalenti
Nel 2012 ha corso i mondiali di cross: Scandolara ha sempre fatto attività polivalenti

Le pressioni sul peso

«Io sono sempre stata testarda – sorride – e per questo motivo non ho mai subito in modo particolare le pressioni che mi venivano fatte sulla perdita del peso. Ma so di essere stata fortunata sotto questo punto di vista. Ogni qualvolta che, specialmente nelle categorie giovanili, ero un po’ più sensibile all’opinione e ai commenti degli altri sul mio peso, trovavo subito la forza per reagire ed oppormi a diete drastiche ingiustificate. Ricordando due preziose verità che mi ripeteva di continuo mio padre: l’uomo è meglio di una macchina, perché invece che consumarsi, più lo alleni più va forte. Inoltre l’uomo, come la macchina, ha bisogno della benzina e quindi del cibo per stare in piedi».

Quale pensi sia l’errore commesso più spesso nelle diete dai ciclisti?

Mangiare meno di quanto si dovrebbe, demonizzando i carboidrati ed ignorando l’importanza della qualità delle calorie assunte e dell’origine degli alimenti. In Orica non riuscivo a capire come fosse possibile che mangiando di più, dimagrivo. Sembrava contro ogni logica.

Ai mondiali di Firenze 2013 con la Alé, il quinto posto nella cronosquadre
Ai mondiali di Firenze 2013 con la Alé, il quinto posto nella cronosquadre

Poco e spesso

Effettivamente quello che può sembrare un controsenso, si può ben spiegare a livello metabolico. In caso di una dieta ipocalorica, in cui non si mangia abbastanza, il fisico va in allarme e si innesca un principio di sopravvivenza. Il corpo cerca di limitare il dispendio energetico e di immagazzinare più energia possibile appena si mangia qualcosa. Al contrario piccoli spuntini, specialmente durante l’esercizio fisico prolungato, favoriscono sia la prestazione che il dimagrimento.

Per bruciare i grassi infatti il fisico ha bisogno di una piccola dose di carboidrati e poi dopo un allenamento in cui abbiamo mangiato adeguatamente, saremo meno affamati ed eviteremo un’abbuffata eccessiva. Durante un allenamento superiore all’ora bisognerebbe assumere 30 grammi di carboidrati a medio-alto indice glicemico. Invece per sforzi prolungati oltre le 3 ore si può arrivare addirittura a 90 g/h. Ovviamente questa è un’indicazione generica a cui deve seguire un’attenta valutazione da parte di un professionista della nutrizione che terrà conto anche dello stato di salute generale dell’atleta.

Scandolara correrà anche nel 2022, ma è anche direttore sportivo (foto Instagram)
Scandolara correrà anche nel 2022, ma è anche direttore sportivo (foto Instagram)

Il consiglio

Oggi Valentina oltre ad essere atleta è anche direttore sportivo, così le abbiamo chiesto un consiglio per una giovane ciclista. 

«Bisogna imparare a chiedere il perché delle cose. Solo i veri professionisti – dice – siano preparatori, nutrizionisti o psicologi dello sport, riusciranno a dare delle risposte plausibili nel loro campo specifico. Inoltre così facendo, si impara ad essere almeno parzialmente autonomi. Bisogna stare particolarmente attenti a non affidarsi ai sempre più frequenti “finti professionisti”, che sottovalutano le conseguenze del loro operare approssimativo e promettono risultati straordinari. Ho sentito addirittura dire che l’interruzione del ciclo mestruale è una fortuna, ma in realtà è un grave campanello di allarme. Bisogna affidarsi a professionisti qualificati ed abilitati, capaci di personalizzare la dieta a seconda delle proprie necessità fisiche».