Ulissi: una stagione diversa con grandi soddisfazioni

19.05.2024
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La stagione di Diego Ulissi prosegue lontana dai Grandi Giri, il toscano del UAE Team Emirates continua a raccogliere risultati di tutto rispetto. Il ritorno dal Giro di Ungheria, dove ha colto un secondo posto e due piazzamenti in top 10, ha il sapore di casa. 

«Sto bene – racconta Ulissi – sono tornato dall’Ungheria e ora sto un po’ a casa fino alla prossima corsa, il GP Gippingen, del prossimo 7 giugno. Tutto sta andando secondo i piani, sto facendo il mio con tantissimi piazzamenti e già una vittoria all’attivo».

Alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali il primo successo di stagione
Alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali il primo successo di stagione

La richiesta della squadra

Il Giro d’Italia prosegue la sua rotta verso Roma e in gruppo la UAE Emirates la sta facendo da padrona. Ma chiaramente tra le sue fila manca Diego Ulissi, che dopo cinque partecipazioni consecutive non era al via della corsa rosa. 

«Già da dicembre – spiega – mi era stato comunicato che non avrei fatto grandi Giri. Il ciclismo moderno e le esigenze della squadra richiedono che si cerchi di fare punti anche in altre gare. Sono un corridore che ha dimostrato di essere in grado di raccogliere ancora risultati e piazzamenti. E’ una strategia della squadra che condivido e che ho appreso con la massima serenità. Matxin ha preso questo tipo di scelta e io mi sono messo a disposizione come sempre».

Al Giro d’Abruzzo un secondo posto nella tappa di Prati di Tivo, alle spalle di Lutsenko
Al Giro d’Abruzzo un secondo posto nella tappa di Prati di Tivo, alle spalle di Lutsenko
I risultati parlano chiaro.

La motivazione è che vado alle gare e posso vincere. Piuttosto che andare al Giro per tirare, hanno preferito mettermi a caccia di risultati. Io prendo le scelte del team e le accolgo in maniera serena, posto che sarei andato anche al Giro a tirare per Pogacar, come ho fatto negli ultimi due anni per Almeida. 

La stagione ti ha dato le giuste soddisfazioni fino ad ora?

In questi anni ho sempre mantenuto un livello molto alto e mantenerlo non è semplice. Non ci sono gare più o meno importanti, anche quelle che sono considerate di secondo livello richiedono di essere al 100 per cento. Sono contento di quanto fatto sin qui. 

Per competere con i giovani Ulissi ha alzato l’intensità dei sui allenamenti
Per competere con i giovani Ulissi ha alzato l’intensità dei sui allenamenti
Non facendo un grande Giro hai cambiato qualcosa nella preparazione?

I ritmi in allenamento sono più alti, così da arrivare alle gare pronto e in condizione. Nell’arco della stagione ho corso molto (33 giorni fino ad ora, ndr) quindi non ho avuto tanto tempo per fare allenamenti particolari. 

In generale non è cambiato nulla?

Negli ultimi anni sì, per rimanere competitivo contro i più giovani mi sono dovuto adattare anche io. Non correndo un grande Giro ho alzato i livelli di intensità a discapito della resistenza. Anche perché per il discorso dei punteggi il livello del gruppo alle corse si è alzato ulteriormente. Ad ogni gara si va per vincere. 

La preparazione di Ulissi è variata quel poco che serve per essere competitivo nelle brevi corse a tappe (foto UAE Emirates)
La preparazione di Ulissi è variata quel poco che serve per essere competitivo nelle brevi corse a tappe (foto UAE Emirates)
Cambiando calendario e disputando gare diverse, hai notato qualche differenza?

Come detto la competizione, che è sempre alta. Una volta alle gare di cosiddetta seconda fascia si arrivava meno preparati, ora non succede più. 

Il programma per la seconda parte di stagione cosa prevede?

Adesso finisco la prima parte con il Giro di Slovenia e il campionato italiano. La seconda metà di stagione rimarrà uguale agli ultimi anni con Appennino, Giro di Polonia e tante gare di un giorno o di una settimana. L’unico appuntamento che ho saltato è stata la Tirreno per un malanno. 

Lutsenko dominatore a Prati di Tivo: prossimo stop la Liegi

11.04.2024
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PRATI DI TIVO – Il Gran Sasso c’è, non si vede, ma si intuisce per l’aria che scende dalle piste senza neve. La signora del bar dice che quest’inverno non si è sciato quasi per niente e che per i gestori degli impianti il periodo è pesante. Lutsenko ha appena conquistato l’arrivo in salita del Giro d’Abruzzo, sullo stesso traguardo su cui a maggio si assegnerà l’ottava tappa del Giro.

Il kazako voleva vincere e l’ha fatto. Prima ha messo la squadra a tirare dalla discesa del Passo delle Capannelle, poi si è ben destreggiato nella morsa dei corridori del UAE Team Emirates. Dopo aver vinto ieri con Christen, questa volta sono stati loro a rimanere con un palmo di naso. Nonostante nel finale fossero in tre, non sono bastati per arginare lo sprint del vincitore.

Beffa per la UAE Emirates

Ulissi manda giù ancora un po’ d’aria di montagna e poi batte la mano sulla spalla di Adam Yates, che si è avvicinato quasi per scusarsi di non aver vinto. Sono fermi sulla destra della strada accanto alla transenna, con un massaggiatore che porge loro da bere e gli chiede se abbiano bisogno di altro.

Sivakov osserva in silenzio, lui che da U23 vinse il Giro d’Italia a Campo Imperatore, sull’altro versante del gigante d’Abruzzo. A guardarla nello schermo, è evidente che in questa corsa ci siano tre livelli sin troppo distinti e che i corridori WorldTour finiti davanti abbiano un livello persino imbarazzante pensando a quello degli altri.

«Sono rientrato sui primi perché ne avevo – dice Ulissi mentre si copre – ma soprattutto quanto ho tirato?».

Il secondo posto è un sapore amaro con cui si fatica a fare di conto, restano l’ultima tappa e poi le Ardenne, dove però tornerà in gioco capitan Pogacar. Meglio riprovarci domani…

Yates, gioia strozzata

Adam Yates è al rientro dalla caduta che lo fece ritirare dal UAE Tour. Recuperare dalla commozione cerebrale ha richiesto più tempo del previsto e il Giro d’Abruzzo come gara del rientro va più che bene per ritrovare la condizione. Si scusa davvero e allarga le braccia, ma nessuno se la sente di dirgli qualcosa: cosa vuoi pretendere dopo quasi due mesi che non corre?

«Ho impiegato tanto per tornare – dice il britannico, terzo nell’ultimo Tour – più di quanto avrei voluto, quindi essere qui a lottare per la vittoria è un grande orgoglio. Ovviamente mi sarebbe piaciuto vincere, ma dopo circa 25 minuti di salita ero vuoto e senza energie. Ho provato un paio di volte ad attaccare, ma Lutsenko è sempre parso a suo agio. Alla fine Diego è tornato sotto e ha fatto un bel lavoro, ma penso che oggi abbia vinto il più forte.

«Siamo venuti qui senza un vero obiettivo, senza alcuna ambizione. Solo per correre e scoprire a che punto siano le gambe. Sicuramente da inizio anno ho perso un po’ di condizione, ma quella tornerà con un po’ più di allenamento. E dalla prossima corsa, che sarà il Romandia, conto di essere un Adam Yates migliore di questo».

Il gatto e i tre topolini

Lutsenko ha lo sguardo sornione del gatto che ha giocato con i tre topolini e alla fine li ha messi in trappola. Sull’arrivo lo ha accolto Michele Pallini, che qui accolse anche la vittoria di Nibali nel 2012, anno in cui lo stesso Lutsenko avrebbe vinto il mondiale degli U23. Oggi ha risposto ai ripetuti allunghi di Yates poi di Sivakov, infine ha preso la ruota di Ulissi ed è uscito di forza vincendo lo sprint in salita quasi per distacco. Rispetto agli agguerriti rivali, il kazako è in corsa con un gruppo di giovani del devo team e per loro e il lavoro che hanno svolto avrà parole di elogio.

«Questi due chilometri finali sono stati duri – racconta – perché ho sempre dovuto seguire la UAE. Si può dire che oggi sia stato UAE contro Lutsenko e sono contento di aver vinto. Ieri avevo fatto secondo e ci ero rimasto male, come se non fossi più capace di vincere. La salita è stata dura per tutti. La mia squadra ha fatto un bel lavoro: prima la discesa veloce e poi la prima parte della salita a tutto gas. Secondo me questo ha un po’ cambiato il ritmo della gara e consideriamo che io sono qui con un gruppo di giovani, mentre la UAE ha solo capitani, se pensiamo a Ulissi, Adam Yates e Sivakov»

Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali
Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali

E adesso la Liegi

Dina Ibrayeva, che segue l’Astana Qazaqstan Team come Marketing Communication Manager, ha vissuto il finale in religioso silenzio. Appena un sorriso dai suoi occhi orientali e l’ammissione che Lutsenko stamattina avesse detto di voler vincere. Nel frattempo sul busto del kazako sono arrivate anche la maglia di leader e quelle dei punti e della montagna.

«Ho aspettato lo sprint – spiega – perché ho visto che riuscivo a rispondere bene agli allunghi di Adam Yates, quindi evidentemente ho una buona gamba. Era davvero una bella salita, credo di non averla mai fatta, ma il nostro direttore sportivo (Martinelli, ndr) me l’aveva descritta molto bene. Sono contento. Sto seguendo lo stesso programma che lo scorso anno mi fece passare dall’altura al Giro di Sicilia e vincere in avvicinamento alle classiche (nel 2023 Alexey fu quinto all’Amstel, ndr).

«Sono venuto qui direttamente dal Teide e il prossimo obiettivo saranno la Liegi e poi il Giro di Romandia. Domani resta l’ultima tappa, che ha più di 3.000 metri di dislivello, poco meno di oggi. Sarà una giornata dura, sempre su e giù come una classica. E’ importante aver vinto oggi, domani sarò qui e proveremo a tenere la maglia, ma chi può dire come finirà?».

Sul traguardo la processione dei ritardatari prosegue costante. Il fine gara è ancora lungi dall’essere segnalato. Quando sulla riga passano Edoardo Cipollini, Samuel Quaranta e Stefano Baffi, dall’arrivo di Lutsenko è passata quasi mezz’ora.

Coppi e Bartali, sul taccuino i nomi di Ulissi e De Pretto

24.03.2024
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FORLì – Le curve ripide in cemento del velodromo Glauco Servadei fanno da eco alle urla del giovane Jenno Berckmoes. Sul prato gli atleti iniziano a scrollarsi le fatiche di oggi e di questa Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Dopo cinque giorni di corse due nomi ci hanno colpito per costanza e permanenza nelle prime posizioni, Ulissi e De Pretto. Esperienza e gioventù che oggi si sono incrociate ancora una volta sull’ultima salita all’epilogo di questa settimana. Per Diego un’ulteriore conferma di competitività, avendo conquistato la sua 46ª vittoria da pro’. Per Davide una presa di coscienza per nulla scontata da neoprofessionista. Non a caso i due nel retropodio a distanza di pochi secondi si sono scambiati parole di stima reciproca.

De Pretto, 21 anni, è al suo primo anno tra i pro’
De Pretto, 21 anni, è al suo primo anno tra i pro’

Soddisfatto

Per De Pretto è la prima stagione tra i pro’. In Jayco-AlUla sembra aver trovato il giusto contesto per essere competitivo fin da subito. L’ambizione di vittoria è già lì a rendere l’atteggiamento di Davide agguerrito senza timori reverenziali. «Sono soddisfatto – afferma De Pretto – di questa Coppi e Bartali. Non mi aspettavo di essere a livelli così alti. Ho già finito quarto nella generale, quindi per un neoprofessionista penso sia una buona cosa. Ho fatto tutti i piazzamenti nella top 6, quindi sono abbastanza soddisfatto. Sperare in una vittoria è sempre difficile. Oggi ho preso troppo dietro l’entrata del velodromo, che era molto insidiosa. Poi il ragazzo della Lotto è molto forte e veloce, quindi mi sono accontentanto del terzo posto.

«Sapevamo che non era una corsa così semplice da gestire, perché c’era la Visma che aveva poco vantaggio, quindi ci sono stati molti attacchi. Sull’ultima salita nessuno attaccava, quindi ho provato ad accelerare io. Poi l’esperienza di Ulissi si è fatta sentire, ha guidato il gruppo e in cima mi ha rispreso. Da solo era difficile andare via, a poco dal GPM mi sono girato e ho visto il gruppo e ho smesso di insistere nell’azione. In volata ho provato a sprintare, sono sempre lì e spero di arrivare a questa vittoria».

Dopo il podio è tempo di sorridere e pensare ai prossimi appuntamenti
Dopo il podio è tempo di sorridere e pensare ai prossimi appuntamenti

Consapevolezza

Al termine di questi cinque giorni di gara il veneto si porta a casa la consapevolezza di aver già un buon ritmo gara e un primo accenno positivo di risposta dal proprio fisico in più giorni di corsa. Come detto da lui le sue top sei nelle cinque tappe ne sono la conferma.  «A Inizio stagione – spiega De Pretto – sono partito forte, non pensavo di tenere la condizione così tanto e adesso avrò un altro blocco di gara in Spagna e poi in Belgio, quindi è ancora lunga prima di riposare, però anche negli scorsi anni ho notato questa capacità di tenere la condizione alta gran parte della stagione, quindi speriamo di continuare così.

«Ritmo gara? Mi sento pronto. Il ritmo è più alto dell’anno scorso, però nel finale sono sempre lì davanti. Esco consapevole di avere un buon recupero tra una gara e l’altra, di tenere le salite, di essere veloce nel sprint».

Per Diego Ulissi la 46ª vittoria è arrivata nella seconda tappa a Sogliano al Rubicone
Per Diego Ulissi la 46ª vittoria è arrivata nella seconda tappa a Sogliano al Rubicone

Contento e vittorioso

L’Ulissi che abbiamo incontrato è sembrato davvero pieno di energie e rilassato. Pienamente cosciente di aver raggiunto egregiamente i suoi obiettivi. E’ stato la guida per una UAE Team Emirates giovane e vogliosa. «Sto bene – dice sorridente Ulissi – sono contentissimo della vittoria di tappa e ho chiuso sul podio. Bisogna essere felici perché per l’ennesima stagione ho trovato la vittoria e ho lottato tutta la settimana. Questi ragazzi stanno venendo fuori veramente bene. Io sono contento di essere lì. La Coppi e Bartali era una gara dove ero libero e di cercare il mio risultato nonostante avessimo comunque una squadra giovanissima. Sono contento che i ragazzi sono andati veramente bene e spero di avergli trasmesso qualcosa di buono

«Ero un po’ anche preoccupato per il fatto che non ero stato bene dopo l’Oman, ero stato quasi una settimana senza bici, però dopo mi sono allenato bene ed era venuto fuori un bel piazzamento alla Milano-Torino. Qua sono riuscito a conquistare un buon podio. Adesso andiamo avanti, faremo il Giro d’Abruzzo che sarà uno step importante perché poi andremo a fare l’Ardenne con Tadej e cercheremo di essere in condizione per far bene».

Una Coppi e Bartali soddisfacente per Ulissi
Una Coppi e Bartali soddisfacente per Ulissi

Tra i giovani

Per Diego è la 14ª stagione tra i pro’. In ognuna di queste ha vinto e quest’anno il primo sigillo è arrivato nella seconda tappa a Sogliano sul Rubicone. Tanta esperienza che si è incontrata con un ricambio generazionale importante qui alla Coppi e Bartali. Così gli abbiamo chiesto cosa ne pensasse di questi giovani promettenti.

«Ci sono ragazzi – spiega Ulissi – molto interessanti come De Pretto, perché è sempre lì, ha costanza e spero per lui che prima o poi arrivi la vittoria per sbloccarsi e per far sì che ne arrivino altre. Non voglio elencare nomi, ma di giovani italiani ce ne sono tanti che vanno forte. L’unica cosa, spero per loro che non gli venga messa pressione e che riescano con calma a tirare fuori tutta quella potenzialità che sono sicuro hanno. 

«Esco da questa Coppi e Bartali felice perché comunque quest’anno compio 35 anni. Io l’unica cosa che cerco ogni stagione è di dare il cento per cento e penso di aver fatto una buonissima carriera, e sono sempre qui a farmi valere anche se ci sono questi ragazzi davvero forti».

Rivoluzione Covi: niente Giri, più classiche e occasioni per sé

08.02.2024
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«Vengo da una stagione difficile e il primo obiettivo era recuperare. Recuperare la salute». Alessandro Covi ci porta subito nel cuore dell’intervista. Come sta lavorando il Puma di Taino? Cosa possiamo attenderci alla sua quinta stagione da professionista? Una stagione molto importante.

Covi ha iniziato il suo anno agonistico in Australia. Tanta fatica, ma di certo meglio dei tre “DNF” delle ultime gare a cui aveva preso parte nel 2023. Era solo la prima parte di settembre e da allora lo stacco è stato lungo per il corridore della Uae Emirates.

Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico della sua Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico di Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Adesso come stai?

Dopo la scorsa stagione ho staccato un mese e mezzo. Ma ci voleva. Mi è servito per recuperare bene (mononucleosi, ndr) e ho visto gli effetti. Ho passato un gran bell’inverno. Senza intoppi. Certo, non ho lavorato sull’intensità e infatti sono partito un po’ più piano rispetto agli altri anni, ma ad ogni giorno di gara sento di fare uno step. Nelle ultime corse sono tornato ad avere sensazioni che non provavo da un po’.

Voi corridori spesso parlate di queste sensazioni, prova a farcele capire anche a noi…

Era quasi un anno, dal Laigueglia scorso, che non provavo certe sensazioni, poi appunto mi sono ammalato: influenze varie e mononucleosi. Le sensazioni: in gruppo c’è sempre qualcuno che come inizia la vera corsa, è il primo a staccarsi. Ebbene, io ero tra quelli. Ero lì che spingevo, ma niente. Mentalmente era dura da accettare. In queste ultime gare invece vedo che non sono più tra loro. Vedo che quando esplode la corsa e gli altri iniziano a faticare, io sono ancora pimpante, fresco. E questo mi fa dire: «Inizio a stare bene allora». E mi consente di aiutare la squadra, cosa che comunque facevo anche quando stavo male, ma in un altro modo.

Qual è il menù della tua stagione?

E’ un programma stravolto rispetto agli anni, in cui lavoravo per essere al top al Giro d’Italia, in supporto ai capitani e per qualche mia occasione. Quest’anno sarà una stagione fortemente improntata sulle classiche. Farò la Sanremo, il Fiandre, l’Amstel, la Liegi. Più in là: Giro d’Ungheria, di Slovenia, di Austria. Poi ancora, nel finale di stagione, le classiche italiane, Plouay… Niente grandi Giri.

Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Ti dispiace di non fare un grande Giro? Come vivi questa cosa?

Non è una bocciatura da parte del team, anzi… Non mi fanno fare il Giro perché con Tadej (Pogacar, ndr) avrei dovuto tirare 21 tappe su 21, mentre mi danno la possibilità di andare forte in altre occasioni, molte delle quali proprio durante i grandi Giri. Penso all’Ungheria durante il Giro d’Italia. Al Giro d’Austria nel periodo estivo. A Plouay quando c’è la Vuelta. Io mi sarei anche messo volentieri a disposizione di Tadej, tanto più al Giro che sappiamo cosa rappresenti per un italiano, ma ho accettato di buon grado il programma della squadra.

Messa così in effetti le occasioni per te non mancano…

Guardate, proprio parlando con Matxin, abbiamo visto come oltre la Sanremo non avessi fatto classiche importanti di primavera, che tra l’altro sarebbero le corse per me. Che fai, dopo la Sanremo se punti a fare un buon Giro, non vai in altura? In questo modo la squadra mi lascia il mese di aprile per correre. E anche maggio. E ciò mi consente di preparare bene corse come il Giro di Slovenia o il campionato italiano.

Punti alle classiche, ma sei partito più lentamente: come farai a trovare la condizione top? Dopo queste prime corse prevedi uno stop per fare intensità a casa?

In realtà ho un calendario talmente intenso che forse da qui in poi non farò neanche un giorno di allenamento (intenso o di carico s’intende, ndr). Farò la gamba con le gare e vedendo l’andamento credo di essere sulla strada giusta. No, non sono preoccupato della forma. L’importante è che non ci siano intoppi. Il ritmo gara non te lo dà nessun allenamento. Ho già corso in Australia e alla Valenciana. Ora mi aspettano quelle in Portogallo, poi Murcia, Andalucia, Tirreno. Poi ancora le classiche.

Tanti giorni di corsa. Alla fine ne farai di più che se avessi fatto un grande Giro!

Più o meno siamo lì. Di certo farò più gare e per questo sarà importante il recupero tra una corsa e l’altra. Parlavate di allenamento, qui l’importante è non andare in over training piuttosto.

Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
E’ anche in virtù di queste tante gare che hai fatto tanta base e non l’intensità, come dicevi all’inizio?

No, quello era legato al recupero dopo la scorsa stagione con la mononucleosi. Dopo la malattia non bisognava mettere stress al fisico. Vero, in Australia ho fatto parecchia fatica, ma sentivo che era una fatica buona, giusta.

Alessandro, sei giovane, ma non sei più il ragazzino del gruppo visto i nuovi arrivi. Che ne pensi?

Eh, lo vedo, lo vedo! Ormai quasi mi guardano come un esempio e non più come il giovane. Ma mi piace. Mi reputo un uomo squadra e se loro fanno con me come io ho fatto con Diego (Ulissi, ndr), va benissimo. Anche se sono giovane, anch’io posso trasmettere quel che ho imparato.

Sei più tu che chiedi ad Ulissi, o comunque agli esperti, o i ragazzi che chiedono a te? Insomma come sei messo in questa bilancia?

Io ascolto sempre i consigli di Diego e dei più esperti, ma s’impara da tutti, anche dallo staff e dai più giovani. Specialmente oggi. Vedi questi ragazzini che passano e sanno tutto. Parlano solo di alimentazione e allenamenti, quindi capisci che non ci sono margini di errore e che ogni cosa può esserti utile.

Campioni e debuttanti, non è sempre facile. Nibali racconta

30.01.2024
6 min
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Qualche giorno fa Nibali è uscito in bici assieme a Ulissi sulle strade di Lugano. Sapendo che ci saremmo sentiti, lo Squalo ha approfondito il tema anche con l’amico. Lo spunto è quello dell’editoriale di ieri: i corridori giovani crescono prima se nella loro squadra ci sono campioni con cui confrontarsi? Il discorso si può prestare a una doppia interpretazione. Si può entrare nello spinoso terreno dei giovani che non ascoltano i consigli dei più esperti. Oppure si può restare nell’ambito descritto da Pellizzari ed Ellena, sugli stimoli derivanti dal semplice allenarsi assieme a loro.

«Quando passai alla Liquigas – racconta Nibali – il capitano era Di Luca e io anche in allenamento volevo staccarlo sempre e questo certamente mi ha fatto crescere. La mia svolta più grande c’è stata però dal 2008-2009 in poi. Danilo era andato via e noi del gruppo giovani abbiamo iniziato a fare i ritiri di squadra sul Teide. Il mio riferimento da quel momento in poi è diventato Pellizotti e solo dopo è arrivato Basso. Franco lo copiavo per come lavorava, come si preparava, per come strutturava l’allenamento. Guardavo quello che faceva lui, anche per lo stile di gara. Mi dava delle indicazioni perché io ero molto impulsivo e sbagliavo i tempi».

Sin dai primi mesi nella Liquigas, Nibali si è sempre voluto confrontare con capitan Di Luca
Sin dai primi mesi nella Liquigas, Nibali si è sempre voluto confrontare con capitan Di Luca
Che cosa vi siete detti con Ulissi a proposito di questo?

Che oggi lavorare con i giovani è molto più difficile, perché hanno le loro idee. A volte, anche quando gli spieghi delle cose, sembra che gli dici chissà cosa. Hanno già i numeri e vincono, quindi alla fine, tra virgolette, hanno ragione loro. Io ho vissuto un ciclismo diverso, in cui era bello che accanto al giovane ci fosse un uomo di esperienza. Oggi sembra sempre meno utile. Quello che una volta insegnavano gli anziani, oggi in base al budget delle squadre lo imparano dai preparatori e dai nutrizionisti.

Infatti il punto non è tanto quello che il campione può insegnare a parole, ma quello che si impara su se stessi allenandosi al suo fianco.

Ci può stare, comunque credo che andando alla VF Group-Bardiani, Pellizzari abbia scelto di crescere tranquillamente. Per cui in questo momento magari si può rimanere male perché quelli che hanno la stessa età e fino a ieri erano sullo stesso livello hanno già vinto, ma non è detto che questi exploit diventino la regola e che le differenze ci saranno per sempre. A fare le cose di fretta, si rischia che l’exploit duri 2-3-4 anni e poi però che la discesa sia rapida quanto la salita.

Prova a metterti nei panni di uno di questi ragazzi: non pensi che allenarsi con Pogacar gli dia maggior consapevolezza?

Sì, è così. Se nella tua squadra complessivamente hai atleti di un certo valore, chiaramente anche il tuo livello si porterà su un gradino leggermente più alto. Sai che stai competendo con della gente che è il gotha del ciclismo, perché nel UAE Team Emirates metti dentro Ayuso, Pogacar e tutti quelli che ci sono, uno si misura subito. Se però provi a parlargli, non funziona. Diego mi faceva l’esempio di corridori giovani che potrebbero anche avere vantaggio dal ricevere qualche consiglio e invece lo guardano come fosse di un altro pianeta. Eppure è serissimo, sa lavorare bene, tutti gli anni ha sempre vinto. E’ un professionista esemplare, quindi qualcosa da insegnare ce l’ha. In una squadra è sempre bene affiancare un uomo di esperienza ai più giovani. Ad esempio, nella Q36.5 di cui sono ambassador, Brambilla ricopre esattamente questo ruolo.

Ulissi è uno dei grandi corridori con cui i giovani del team si confrontano ogni giorno in allenamento (foto UAE Emirates)
Ulissi è uno dei grandi corridori con cui i giovani del team si confrontano ogni giorno in allenamento (foto UAE Emirates)
E’ sempre stato così?

Quando sono passato io, gli anziani non ti dicevano molto. Ricordo che alla Fassa Bortolo arrivai giovanissimo. Trovai dei corridori come Flecha oppure Kirchen e Codol che davano i consigli veri, quelli giusti. Se li ascoltavi, bene. Se non li ascoltavi, si voltavano dall’altra parte e continuavano la loro vita. Lo stesso negli anni successivi ho fatto io, provando a correggere chi eventualmente stava commettendo un errore.

Aru può aver guadagnato sicurezza in se stesso prendendo le misure su di te in allenamento?

Probabilmente sì, ma in quel periodo l’Astana era una squadra forte. C’era Fuglsang, poi è arrivato Scarponi. Andavamo a giocarci il Giro, il Tour e la Vuelta. Ci eravamo posizionati ai vertici delle classifiche, non solo con due atleti, ma con tutta la squadra (Nibali e Aru sono insieme nella foto di apertura al Giro del Trentino del 2013, ndr). Se un giovane si trova a vivere in certe squadre, per forza assorbe qualcosa in più. Sicuramente avere un veterano oppure un corridore con un bel palmares e che continua ad andar forte, può essere un bel riferimento. Se invece nella squadra il riferimento non c’è, chiaramente si fa più fatica perché a quel punto l’esperienza devi farla in gara. Ma Pellizzari potrebbe dire: l’ho staccato una volta, lo posso staccare ancora.

Al momento il confronto lo fanno su Strava, guardando i tempi di Evenepoel in allenamento…

Sì, ma certe osservazioni lasciano il tempo che trovano. Ero anche io a Calpe e si parlava di questo tempo stellare fatto da Remco sul Coll de Rates. Ho sentito Bramati, mi ha detto che sembravano non poggiasse le ruote per come andava. I suoi compagni dicono che bastava che la strada si alzasse leggermente e li lasciava lì. Quindi sta già andando forte, non ha ancora fatto grandi cose e ha battuto il KOM di Poels. Aver fatto dieci secondi di più a inizio stagione rispetto a uno che neanche è a tutta non è tanto indicativo.

Papà per la seconda volta a ottobre, ecco Nibali con Emma e la piccolissima Miriam (foto Instagram)
Papà per la seconda volta a ottobre, ecco Nibali con Emma e la piccolissima Miriam (foto Instagram)
E questo conferma che sarebbe stato meglio per lui, se fossero stati in squadra insieme, salire alla sua ruota e mettersi alla prova.

Sarebbe stato diverso, certo. Quando facevo dei test, non ero mai tra i migliori. Però poi in gara di fatto ero sempre davanti. Da dilettante, da junior, riuscivo a vincere 10-12 gare ed era normale, mentre ora si esaltano se ne vincono la metà. I confronti veri si fanno in gara, come Bettini che attaccava il numero e diventava un altro. I giovani forti ci sono sempre stati. Giorni fa mi sono scritto con Cunego su Instagram e anche lui parlava di questi ragazzi prodigiosi. E mi è toccato ricordargli che lui a 23 anni ha vinto il Giro e il Lombardia. Non è che andasse poi così piano. Rispetto ad allora, sono cambiati gli strumenti.

Certamente sono più accessibili.

Io sono passato professionista che quasi non sapevo usare il cardiofrequenzimetro. Adesso usano il powermeter da juniores, avendo pure i rapporti liberi. Hanno tutti i numeri disponibili, mentre una volta il direttore sportivo più bravo era quello che riusciva ad adattare le tabelle alla squadra. Ora è più scientifico, dalle ruote alle gomme, dalle bici al casco. Il casco col paraorecchie e anche il casco col paraocchi, visto che qualcuno ogni tanto sbatte (ridiamo di gusto, ndr). Vanno a cronometro e guardano la traccia sul computerino, tengono la testa giù e poi picchiano sulle transenne e si chiedono come mai.

Potere del computer…

Negli ultimi anni da professionista, c’erano quelli che facevano la discesa guardando il Garmin, perché avevano la traccia GPS. Io non l’ho mai fatto, io guardavo le curve e come dovevo prenderle per impostare la prima e, se c’era la seconda in sequenza, come impostare anche la seconda. La traccia la facevo io e non mi sembra che in discesa Nibali fosse scarso. Qualche errore di valutazione l’ho fatto, il più grave fu alle Olimpiadi di Rio, ma perché la strada era mezza asciutta e mezza bagnata. E questa comunque è un’altra storia. E le ruote, posso assicurarvelo, non c’entravano niente.

Ulissi, 46 vittorie e una vita con gli stessi colori

26.12.2023
5 min
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LA NUCIA (Spagna) – Nel giorno in cui Pogacar annunciava il suo piano e Matxin lo descriveva, Ulissi osservava la scena con il pizzico di ironia tipica dei livornesi (in apertura, foto Fizza/UAE Emirates). Far parte della squadra numero uno al mondo è coinvolgente, aver concorso al primato con vittorie e punti è motivo di orgoglio, resta da capire come sia ritrovarsi ai margini delle grandi manovre.

Forse quello che aiuta Ulissi è il realismo che lo ha sempre accompagnato e lo ha tenuto lontano da scelte affrettate, come quella di cambiare squadra all’indomani di un bel risultato, attratto dalle proposte che spesso si fanno sotto come sirene. Un corridore come lui, che ha vinto per due anni di seguito il mondiale juniores, oggi sarebbe stato al centro di un mercato serrato. Quel che traspare conoscendolo è che il suo centro sia la famiglia (abbiamo parlato giusto ieri del terzo figlio in arrivo) e che il ciclismo sia il modo di conquistarsi un posto migliore nel mondo. Il suo punto di vista è venuto fuori parlando di Matteo Trentin, che ha la stessa età.

«Devi capire in che squadra sei – dice – devi anche capire che gli anni passano e in che squadra sei. Diventa sempre più difficile, però anche la scelta di Matteo la posso capire. Negli ultimi anni ha dimostrato di essere ancora un corridore molto forte e ritrovarsi in una squadra di giovani, potendo anche levarsi delle belle soddisfazioni, è una bella motivazione».

Diego Ulissi, classe, 1989, è pro’ dal 2010. Un metro e 75 per 63 chili, ha vinto 46 corse
Diego Ulissi, classe, 1989, è pro’ dal 2010. Un metro e 75 per 63 chili, ha vinto 46 corse
Tu sei rimasto sempre nella stessa squadra, come mai?

Semplicemente perché alla UAE Emirates ho trovato il mio ambiente ideale. Ho sempre fatto bene, non mi hanno fatto mancare niente e mi hanno sempre premiato. Sono rimasto sempre volentieri. Nel mio percorso ho trovato persone veramente speciali a cui sarò sempre grato. Prima Saronni, poi Gianetti e Matxin. 

Prima era Lampre, poi è diventata UAE Emirates.

Quando c’è stato il passaggio, chiaramente ho dovuto prendere delle decisioni. Però ci conoscevamo e con Matxin avevo già lavorato quando era direttore sportivo alla Lampre. Insomma, non ho avuto alcun dubbio e la scelta mi ha premiato.

Ci sono state offerte che ti hanno fatto vacillare?

Certo che ci sono state, soprattutto quando ero più giovane. Però non ho mai vacillato, anche se venivano dalle squadre più forti che c’erano in quel momento. Però in questo ambiente ci stavo benissimo e a quel punto il mio sogno è diventato arrivare a fine carriera con gli stessi colori. Mi sono messo nelle condizioni di riuscirci. Ho sempre fatto tutto bene, sono venute vittorie e punti e la squadra me lo ha riconosciuto.

Nei primi anni da pro’, Ulissi ha avuto la fortuna di avere accanto un tecnico come Maini
Nei primi anni da pro’, Ulissi ha avuto la fortuna di avere accanto un tecnico come Maini
Nel frattempo la squadra si è riempita di giovanissimi: l’età media è molto bassa.

E’ vero. Majka, Laengen ed io siamo del 1989 e siamo i più vecchi. Però è un valore, è importante mettere la mia esperienza al servizio di questi giovani. Ci parlo molto durante gli allenamenti e nei momenti di riposo. Sono anche io a loro disposizione.

I corridori più maturi dicevano che più passa il tempo, più ci si deve allenare. E’ ancora vero?

Per fortuna un po’ è cambiato, perché con i nuovi allenamenti non c’è più l’esigenza di fare tante ore: si punta sulla qualità, ma è normale che devi stare più attento. Dallo stretching alla palestra, facendo tutti i lavori che ti mantengono vivo. Piuttosto è vero che non conviene fermarsi troppo a lungo a fine stagione, perché ritrovare il ritmo diventa più difficile. Ai primi anni da professionista, stavo anche un mese e mezzo senza bici, adesso non stacco mai per più di tre settimane. E ho la fortuna che non ingrasso più di tanto.

Quest’anno nel tuo calendario non ci sarà il Giro d’Italia.

Farò un calendario differente rispetto alle scorse stagioni. Nessun grande Giro, perché mi concentrerò sulle classiche Monumento a partire dalla Sanremo, poi la campagna delle Ardenne. E farò altre gare, alla ricerca di punteggi che dal prossimo anno tornano decisivi.

Con Pugacar al Giro, il programma di Ulissi è cambiato, spostandosi sulle grandi classiche
Con Pugacar al Giro, il programma di Ulissi è cambiato, spostandosi sulle grandi classiche
Quindi l’assenza dal Giro non dipende dalla presenza di Pogacar?

Il discorso non è questo, anche perché negli ultimi anni c’era Almeida e ho lavorato bene per lui. Matxin ha pensato a questo programma, dicendo che posso fare risultato e non avrebbe senso portarmi alle corse per tirare. Per me va benissimo, non ho alcun problema.

Quanto conta il discorso dei punti? 

Tantissimo, è molto importante, sia per le squadre di alta classifica sia per quelle di bassa. E’ un aspetto che nel corso degli anni è cambiato. Prima si puntava molto di più a determinate gare. Chi preparava i grandi Giri, chi le classiche e cercava di arrivare all’obiettivo al 100 per cento. Adesso invece devi cercare una condizione più continua, per essere ad alto livello tutto l’anno

Avete festeggiato la vittoria del ranking?

Abbiamo cominciato nel ritiro di Abu Dhabi e abbiamo proseguito qua. Abbiamo ripercorso la stagione. Siamo i primi al mondo ed è una grande soddisfazione per noi e per i nostri capi.

Nel 2023 per Ulissi è venuta la vittoria di tappa al Tour of Oman, sul traguardo di Yitti Hills. Ha chiuso il 2023 con 719 punti UCI
Nel 2023 per Ulissi è venuta la vittoria di tappa al Tour of Oman, sul traguardo di Yitti Hills. Ha chiuso il 2023 con 719 punti UCI
Per come lo conosci, che cosa c’è da aspettarsi da Pogacar al Giro?

Tadej è un corridore sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuovi stimoli. Negli ultimi anni correre in Italia gli è sempre piaciuto. L’ambiente italiano gli va a genio, ha vinto due volte la Tirreno, è stato protagonista alla Sanremo, ha vinto per tre volte il Lombardia. Penso che per come è disegnato il Giro d’Italia, proverà certamente a vincerlo.

E poi il Tour?

Intanto il Giro, poi si vede. Insomma, come si dice? L’appetito vien mangiando…

EDITORIALE / L’augurio di un Natale diverso

25.12.2023
4 min
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«Quest anno il Natale ci ha regalato qualcosa di stupendo, siamo felicissimi e non vediamo l’ora di averlo/a tra le nostre braccia!! Auguriamo a tutti voi buone feste in compagnia delle persone che amate!!».

Il post di Diego Ulissi su Instagram, accompagnato da una foto di famiglia, con cui annunciava il terzo figlio in arrivo, è stato il giusto modo per andare incontro al Natale e spegnere per un po’ il computer. Serviva una pausa. Serve a tutti rialzarsi per guardarsi intorno dopo aver tanto tirato. Si capiva dai discorsi dei corridori all’inizio della nuova stagione, già incapsulata in schemi perfetti di allenamenti e gare. Si capiva dalle sensazioni di ogni giorno, nell’immaginare programmi per sé e il proprio gruppo di lavoro.

In casa Ulissi il Natale ha portato la notizia di un nuovo figlio in arrivo. Qui Diego con Lia e Anita
Questa la foto Instagram con cui Diego Ulissi ha annunciato il nuovo bebè in arrivo

La bellezza della normalità

L’ultima riflessione di ieri nasce proprio da Diego, la cui intervista pubblicheremo domattina. Una delle domande che gli sono state fatte è come mai sia rimasto per tutta la carriera nella stessa squadra, senza cedere alle sirene che certamente lo avrebbero portato altrove e forse anche a guadagnare di più.

«Se mi trovo bene in un ambiente – questo più o meno il senso della sua risposta – perché avrei dovuto cambiare?».

Lui rispondeva e a noi venivano in mente i recenti scossoni del mercato e a ragazzi che evidentemente non si trovavano bene nelle squadre in cui militavano. Verrebbe anche da chiedersi perché le abbiano scelte, se è bastato un solo anno per staccarsene. Si cerca il preparatore buono, il giusto programma, il nutrizionista di vertice, la residenza per pagare meno tasse, si reclamano giustamente i soldi che si pensa di valere, ma l’ambiente e la persona vengono tenuti nella giusta considerazione?

Con un altro corridore affrontammo lo stesso discorso, all’inizio della stagione in Argentina: Pablo Lastras. Lui è rimasto per tutta la vita nella Movistar e ora ne è uno dei direttori sportivi. Quando qualche giorno fa Cimolai (ne leggerete stasera) ci raccontava di aver trovato nel team spagnolo il giusto clima per «riallacciare i fili della passione per il ciclismo», il cerchio si è idealmente chiuso.

Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana
Papa Francesco ha spesso parlato di sport. Qui con Valerio Agnoli e l’Atletica Vaticana

Lo sport moderno

Buon Natale a tutti, con la stessa semplicità di quel post di Ulissi. E mentre intorno a breve impazzirà la consegna dei doni che tanto spesso fa dimenticare l’origine del Natale, ecco la voglia di fare qualcosa di inconsueto, andando ad attingere a una lettura di qualche tempo fa: il discorso del 2014 di Papa Francesco al Centro Sportivo Italiano, da cui nel 2018 nacque il Documento sulla Prospettiva Cristiana dello Sport. Se ne può parlare nel giorno di Natale?

«Oggi lo sport sta profondamente cambiando – vi si legge – e sta subendo pressioni forti di cambiamento. La speranza è che lo sport sappia governare il cambiamento e non semplicemente subirlo, riscoprendo e tenendo saldi i principi tanto cari allo sport antico e moderno: essere esperienza di educazione e promozione dell’essere umano».

La Super Lega, nel calcio, ma anche nel ciclismo che la teorizza da anni, vuole arrivare a più soldi oltre ai tanti che già circolano. Sarà un caso, ma le due società che ne trarrebbero immediatamente il beneficio più immediato sono le spagnole più soffocate dai debiti. Non vi sembra che ci sia qualche nota stonata? A governare lo sport non sono le istituzioni, ma i suoi attori. Come chiedere ai proprietari della auto più veloci di stabilire i limiti di velocità. Se le stesse organizzazioni preposte al governo sono preda di avidità e debiti, come fanno a essere credibili?

Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)
Nessuna guerra si ferma per le Olimpiadi: si gareggerà e si combatterà… (foto CELESTINO ARCE LAVIN/AVALON/SINT)

La tregua olimpica

Ci sono stati casi in cui le guerre si fermavano per lasciare spazio alle Olimpiadi, oggi invece le Olimpiadi rischiano di fermarsi per le guerre. Perché lo sport è ormai solo un grande business, sempre più lontano dalla nobiltà per cui si poteva pensare di fermare la guerra.

«E proprio perché siete sportivi – si legge ancora nel discorso di Papa Francesco – vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di se stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre».

Chi propone, prospetta e offre grandi carriere da adulti a ragazzi di 16-17 anni avrà presente questa scala di valori, che prescinde dalla fede, ma affonda le radici nella complessità dell’uomo?

Ulissi e il suo record: sempre vincente da 14 anni

07.12.2023
6 min
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La notizia lo ha colto abbastanza di sorpresa. Diego Ulissi è il ciclista in attività con la maggior costanza di successi nel corso degli anni: il toscano vince almeno una gara da ben 14 stagioni. Alle sue spalle in questa speciale classifica, due mammasantissima dello sprint come il norvegese Kristoff (13) e il francese Démare (12). Un titolo di merito non da poco per il corridore del UAE Team Emirates, che ha da poco ripreso la preparazione per presentarsi già tirato a lucido per il primo ritiro prestagionale.

Proprio sul ruolo dei suoi “contendenti” al record, Ulissi mette l’accento: «Sapevo lo scorso anno che io e Sagan condividevamo questo piccolo privilegio, ma poi sinceramente non ci ho più pensato. Fa piacere, soprattutto precedendo due campioni dello sprint che indubbiamente hanno più occasioni di me per vincere. Io, per le mie caratteristiche, devo sempre costruirmi i successi e non è mai facile».

Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Ulissi davanti a Kristoff. Compagni alla Uae dal 2018 al 2021, ora rivali per un primato statistico
Che cosa rappresenta questo record?

Credo che sia la miglior dimostrazione della mia costanza di rendimento, cosa non semplice se spalmata su 14 anni nei quali il ciclismo è molto cambiato. Vale ancor di più considerando che io sono un passista-scalatore, che riesce a vincere quando la corsa si mette in un certo modo. Se si fa selezione, si rimane in pochi a lottare per la vittoria. Inoltre non sono un capitano unico, spesso devo anche lavorare per gli altri e questo significa che bisogna sfruttare le occasioni che la stagione ti pone davanti.

Proviamo a ripercorrere alcune tappe di questo record, iniziando naturalmente dalla prima vittoria: il Gran Premio Industria e Commercio a Prato del 2010.

La prima vittoria non si può certamente scordare, nella mia mente è come se la gara si fosse corsa ieri. Anche perché alla fine rimanemmo in tre a giocarci il successo e battei un uomo che ha segnato la prima parte della mia carriera: Michele Scarponi. A fine stagione diventammo compagni di team e fra noi si instaurò subito un profondo feeling, che dalla vita quotidiana si trasferì ben presto anche nelle corse. Infatti mi volle con lui al Giro nonostante la mia giovane età e lo ripagai vincendo per la prima volta alla corsa rosa.

Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Il primo successo dei 46 di Ulissi, a Prato battendo Scarponi e Proni
Quella vittoria, nella tappa di Tirano, arrivò per il declassamento di Giovanni Visconti. Quel successo ha un sapore diverso per questo motivo?

No, perché dovrebbe? Intanto fui bravo ad essere lì a giocarmi la vittoria, in una frazione dove era praticamente scritto che la fuga sarebbe arrivata al traguardo. Era la tappa più lunga di quel Giro e i big pensavano alla classifica, volevano rifiatare un giorno in vista di quelli che sarebbero stati decisivi. La selezione fu continua, rimanemmo io, Visconti e Lastras, ossia ero con due corridori sulla carta più veloci. Giovanni sbagliò a impostare lo sprint, tutto qui…

E’ stata la prima ma non l’unica…

In totale ne ho portate a casa ben 8, un bel bottino. Ricordo in particolare quelle del 2014, quando vinsi a Viggiano battendo un gruppo abbastanza folto con Evans che mi arrivò a 1” e ripetendomi tre giorni più tardi a Montecopiolo superando in uno sprint a due il croato Kiserlovski. Erano vere battaglie quelle, diciamo che nell’ideale classifica delle mie vittorie, quelle sono entrambe piuttosto in alto.

La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
La vittoria di Viggiano al Giro, particolarmente amata dal corridore di Donoratico
Non sei stato parimenti fortunato negli altri grandi Giri.

Non ho avuto molte occasioni, considerando che la Vuelta l’ho disputata solo nel 2013 e il Tour nel 2017. Curiosamente però entrambe le volte sono arrivato a un passo dal successo di tappa. In Spagna fui secondo alla frazione di Alto de Naranco, ma quel giorno c’era un Joaquim Rodriguez davvero indomabile, che vinse per 11”. In Francia avevo indovinato la fuga vincente, ma fu bravo Bauke Mollema ad anticipare tutti. Fu un’occasione persa. Se mi riguardo indietro non ho grandi rammarichi nella mia carriera, ma quella volta mi dispiacque un po’…

Pochi ci badano, eppure le gare che fungono da test generale per le Olimpiadi hanno sempre un valore particolare e tu ti aggiudicasti quella di Tokyo nel 2019. Eppure ai Giochi non ci sei andato…

Lo so, ma non posso dire nulla di negativo sulle scelte che fece Cassani. Partiamo dal 2019, da quella bellissima trasferta, dove corremmo davvero bene tanto è vero che vinsi battendo Formolo. L’anno dopo doveva essere l’anno olimpico, è chiaro che nella convocazione ci speravo tanto e anche con ambizioni, ma fu l’anno del Covid, con tutta l’attività rivoluzionata. Per me fu un anno davvero eccezionale, con 5 vittorie tra cui la classifica del Giro del Lussemburgo e altre due tappe al Giro. A fine stagione ero numero 8 del ranking Uci.

Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
Con Cassani il toscano ha sempre avuto un rapporto franco e sincero. Con il cittì vinse la preolimpica 2019
E poi?

Poi d’inverno mi scoprirono la miocardite, fui costretto a fermarmi a lungo e quando ripresi, ritrovai la forma molto tardi. Cassani fu onesto con me, non poteva aspettarmi. D’altronde abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, non per niente ho potuto correre ben 5 mondiali.

In totale le vittorie sono 46, spalmate su 14 anni di attività. Quanto è cambiato il ciclismo nel frattempo?

Moltissimo e per certi versi aggiungere nuove “perle” è sempre più difficile. Intanto perché se da una parte il calendario si è gonfiato, dall’altro anche le squadre sono più numerose e più ricche internamente. I giorni di gara non sono poi tantissimi e fra questi emergono poche occasioni per puntare al risultato pieno. Bisogna essere bravi a farsi trovare pronti per sfruttare l’opportunità. Se devo guardarmi indietro, diciamo che ho saputo ragionare bene.

La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
La tappa della Vuelta 2013: Ulissi vince lo sprint per il secondo posto, Rodriguez ormai è già arrivato… (foto Wikipedia)
Ora ti aspetta un’altra stagione, proverai ad allungare la serie?

Se l’occasione capita, spero di esserci, si lavora per quello ma certamente non è un’idea fissa. A me interessa onorare l’impegno che ho con il mio team, ormai sono alla soglia dei 35 anni e voglio dimostrare che sono ancora competitivo, utile alla squadra sia come supporto che come leader quando toccherà a me. Ci proverò, questo è certo…

In Lussemburgo un grande Ulissi, “bandiera” del team UAE

30.09.2023
4 min
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Nel Giro del Lussemburgo vinto da Marc Hirschi, il Uae Team Emirates ha fatto davvero la voce grossa, con McNulty appena dietro lo svizzero e nel complesso ben 5 atleti tra i primi 10. Fra loro anche Diego Ulissi, apparso davvero in ottime condizioni di forma e perfettamente a suo agio in quel ruolo misto nel quale si contraddistingue: uomo al servizio degli altri ma pronto anche a prendersi le sue responsabilità e soddisfazioni. Un quinto posto finale in classifica che ha un suo peso specifico.

Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner
Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner

In Lussemburgo il corridore di Donoratico ha sempre fatto piuttosto bene: «Nel 2020 l’ho anche vinto, ma aveva una conformazione diversa – dice – non c’era la tappa a cronometro. Conosco però bene quelle strade, alcune tappe non erano diverse da quelle che avevo affrontato e questo mi ha aiutato. Sto bene e ho raggiunto un buon stato di forma per questo finale di stagione, anche se continuo a convivere con un problema al naso che dovrò risolvere quanto prima. Infatti chiuderò con la prima corsa in Veneto per poi operarmi».

Il quinto posto finale, al di là della classifica particolare con il dominio del tuo team, conferma comunque che nelle brevi corse a tappe, fino a una settimana, riesci sempre a emergere…

E’ sempre stata la mia caratteristica e negli anni sono andato migliorando sotto questo specifico profilo, ma ormai ne ho 34 e credo che il mio massimo l’ho già raggiunto. Correre in uno dei team più forti al mondo è una continua sfida, nella quale cerco di ritagliarmi i miei spazi. Ad esempio, in questo Tour of Luxembourg sono contento di com’è andata la cronometro, un terzo posto finale che non è di poco conto, significa che sto bene e l’ho dimostrato in una corsa di alto livello.

Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Tu hai già la conferma per il prossimo anno…

Per me è un titolo di vanto aver sempre militato nello stesso team, sin dal 2010. In questa fase della mia carriera aiuto gli altri, cerco di fare un po’ il regista in corsa, ma ci sono anche occasioni, nelle quali sono chiamato io a fare da capitano e finalizzatore, a mettere a frutto quello spunto vincente che mi è rimasto. Mi si chiede di portare punti alla causa, a me come a tutti, infatti era questo l’obiettivo nella corsa lussemburghese e credo che alla fine abbiamo portato a casa un bel bottino…

Pensi che sia il frutto anche di una squadra dove sono tutti capitani che lavorano insieme, quindi senza più ruoli ben definiti e i classici gregari di una volta?

Sì, ma non siamo i soli, un po’ tutte le grandi squadre sono ormai costruite in questa maniera, bisogna essere duttili. Guardate quel che è successo alla Vuelta con Vingegaard e Roglic. E’ il ciclismo attuale che lo richiede e le squadre si stanno man mano adeguando.

Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Tu sei arrivato a 34 anni: cos’altro è cambiato rispetto a quando sei approdato al ciclismo professionistico?

Oggi i corridori che passano professionisti sono molto più pronti rispetto ad allora. Non c’è più gavetta, non c’è più attesa, passano e sono già pronti per vincere. Non devi più insegnargli niente, hanno già appreso quello che serviva. Ci sarà un rovescio della medaglia? Avranno una carriera più corta? Solo il tempo potrà dirlo.

Ti è pesato vivere il giorno dell’europeo da un’altra parte?

Non era una corsa per me, servivano corridori esplosivi, pronti a rilanciare di continuo. Il sogno europeo non l’ho mai avuto, tra l’altro gareggiando non ho neanche visto la corsa, ho saputo tutto dopo.

Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
A proposito di sogni, te ne è rimasto qualcuno per la prossima stagione?

Non ho sogni, ormai sono vicino alla conclusione e quello che dovevo fare l’ho fatto. Voglio solo dare il meglio per la mia squadra e stare bene, avere la condizione giusta per farlo. Vorrei però concludere la carriera qui dove ho iniziato, sarebbe nel suo piccolo un record al giorno d’oggi. Se nel calcio le “bandiere” non ci sono più, qui lo sono stato e voglio esserlo ancora.