Cassani non ha dubbi: «Una sfida fra giganti»

06.03.2021
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«Una sfida tra giganti. I favoriti erano e i favoriti sono stati», Davide Cassani commenta la Strade Bianche che si è conclusa da poco. In Piazza del Campo le ombre si allungano e mentre parliamo con il cittì delle nazionali i corridori ancora passano alla spicciolata.

Julian Alaphilippe un po’ adombrato al termine della gara
Julian Alaphilippe un po’ adombrato al termine della gara

Il cross nelle gambe di Vdp

«Ho visto un Van der Poel impressionante – spiega Cassani – Ha mostrato brillantezza, cambio di ritmo, potenza… E ha corso sempre davanti. Sembrava inesauribile. Così come Alaphilippe intendiamoci».

Certo che nel finale a tre, con Bernal e quei due mostri sacri, la maggior parte di noi dieci euro li avrebbe scommessi sul francese. Che è un “gatto” in quanto ad agilità, velocità e anche scaltrezza tattica. Invece abbiamo visto come è andata. E Cassani non è poi così sorpreso.

«Questa Strade Bianche è stata una gran bella corsa – riprende – Una competizione in cui non puoi bluffare. Mi aspettavo una sfida tra loro due anche nel finale. Il fatto che Van der Poel abbia fatto quel numero non mi ha stupito. Lui esce dall’inverno del ciclocross. Ha una capacità di resistere all’acido lattico superiore. Era più avanti con la condizione. E’ vero che dopo il cross un po’ si è fermato, ma non è che abbia perso molto. Anzi, ha fatto della supercompensazione».

La tenacia di Van Aert, a tutta sullo strappo finale
La tenacia di Van Aert, a tutta sullo strappo finale

Dai Giri alle classiche

Un altro aspetto che sottolineiamo insieme al cittì è la presenza di due campioni delle grandi corse a tappe, in particolare i vincitori degli ultimi due Tour de France: Bernal e Pogacar. Corridori leggeri che si sono saputi adattare anche agli sterrati.

«Bernal viene dalla Mtb e Pogacar è un fenomeno. Vederli lì davanti credo sia una cosa bella. E’ un po’ come tornare indietro di tanti anni quando i vincitori della classiche erano gli stessi dei grandi Giri. E’ il ciclismo moderno…

«Anche lo stesso Van Aert mi ha colpito. E’ stato ripreso, si è staccato ma non è crollato. Anzi, nel finale ha anche rimontato ed è arrivato quarto. Segno che lui è uno che non molla mai. Ricordate quando proprio sull’ultimo strappo qualche anno fa cadde dalla fatica?».

Secondo noi, e Cassani è d’accordo, all’asso belga è mancata la brillantezza di chi era alla prima gara della stagione. Ha lavorato in altura, ha fatto la base. E il fatto che non sia crollato lo dimostra. Non aveva la risposta allo scatto.

«Tornando al ciclismo moderno noto che questi grandi campioni corrono meno frenati che in passato. Attaccano anche a 50-60 chilometri dall’arrivo, sono più arrembanti, più coraggiosi. Si controllano meno.

«Perché? Perché stanno bene, si sentono forti e quando trovano percorsi del genere perché aspettare? Ho come l’impressione che non vogliano solo vincere, ma vogliono dimostrarsi propositivi, mostrare la loro forza». Insomma amano dare spettacolo.

Davide Ballerini ha lavorato per la squadra
Davide Ballerini ha lavorato per la squadra

Cassani difende l’Italia 

E la mancanza d’italiani nel vivo della corsa è stata la nota dolente di questa splendida giornata di ciclismo. Purtroppo se non c’è Nibali c’è il vuoto o quasi.

«Ma lo sapevamo – dice Cassani – che oggi l’Italia non sarebbe stata competitiva. Moscon è infortunato. Ballerini ha lavorato per Almeida (gli ha anche dato la sua bici, ndr), Bettiol era indietro con la condizione. Bagioli non c’era».

Magari pensiamo ad un Brambilla. Non che potesse stravincere contro quei bestioni, ma Gianluca è uno che attacca, sui percorsi ondulati è molto bravo e poi era in buona condizione, aveva anche vinto…

«Ma bisogna vedere cosa gli è successo e cosa gli ha detto di fare la squadra», chiosa Cassani.

Giro, le dritte di Cassani per digerire l’esclusione

10.02.2021
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Il consiglio migliore ai ragazzi della Androni Giocattoli, storditi per l’esclusione dal Giro, lo dà Davide Cassani, commissario tecnico della nazionale.

«Se fossi Ellena o Spezialetti – dice – avrei una cosa sola da dire ai miei corridori, guardandoli negli occhi. Utilizziamo ogni corsa per fargli vedere che con questa esclusione si sono sbagliati. Con la rabbia delle grandi occasioni. E’ come quando una squadra di calcio si trova in zona retrocessione e non molla, ma anzi va a battere le grandi. Fossi in loro, la vivrei così. Mi rendo conto che non è facile, ma non ci sono altre cose da fare».

Cassani fra la delusione degli esclusi e la grinta dei debuttanti
Cassani fra la delusione degli esclusi e la grinta dei debuttanti

Dilemma wild card

Davide è nel mezzo di un giro di test in pista, programmando l’attività 2021 e osservando quello che accade nel professionismo. La scelta delle squadre per il Giro ha provocato ben più di un malumore, per giunta comprensibile. Si potrebbe parlare per ore dei criteri che hanno spinto Rcs Sport a operare le scelte delle wild card in favore della Eolo-Kometa, della Bardiani-Csf e della Vini Zabù. In realtà, la sola cosa da fare è aspettare le motivazioni di Mauro Vegni (nella foto di apertura). Perché alcuni passaggi della scelta, in assenza di un criterio oggettivo, destano davvero qualche perplessità.

Davide, che cosa ti sembra della seleziona fatta?

Quando si commenta l’esclusione di una squadra italiana, è sempre duro da spiegare. Soprattutto perché l’Androni ha dimostrato di onorare sempre il Giro d’Italia e ha lanciato davvero tanti ragazzi nel WorldTour. Se non altro, avranno ancora a disposizione un bel calendario per farsi valere. Ed è già buono che sia stata concessa la wild card in più, altrimenti saremmo qui a parlare di due esclusioni.

Non sarebbe meglio abbandonare il sistema degli inviti e affidarsi a criteri più oggettivi?

Il guaio è che sarebbe difficile stilare una graduatoria.

Francesco Gavazzi è fra coloro che, secondo Cassani, vogliono rilanciarsi
Gavazzi è fra coloro che, secondo Cassani, vogliono rilanciarsi
Il Giro d’Italia U23 è andato avanti per anni con il sistema delle qualificazioni, un po’ come si è fatto qua con la Coppa Italia o Ciclismo Cup che dir si voglia…

Vero, però alla fine l’anno scorso siamo passati anche là agli inviti, perché i direttori sportivi obiettavano che non si potevano sfinire i ragazzi nella rincorsa al posto. L’unico criterio potrebbe essere il ranking Uci dell’anno prima, perché altrimenti avresti squadre che corrono di più e vanno a fare punti in giro per il mondo e altre che non possono.

Ti aspettavi che Quintana sarebbe rimasto fuori dal Giro?

Onestamente preferisco ragionare da cittì della nazionale e sono contento che ci sia spazio per una squadra italiana in più.

Era già scritto che la squadra di Basso e Contador sarebbe entrata?

Scritto non so, ma è innegabile che il progetto sia valido. Hanno corridori giovani e altri più esperti che vogliono rilanciarsi.

Immagina di essere uno dei corridorini con poca esperienza della Vini Zabù, quale sarebbe stasera il tuo stato d’animo?

Avrei il morale a mille. A partire da Mareczko e giù a scendere, mi sentirei la responsabilità di far vedere che il posto ce lo siamo meritato. Mi ricordo che quando passai professionista a 21 anni non vedevo l’ora che il Giro cominciasse. Ecco, penso che loro dovrebbero viverla allo stesso modo.

Stefano Viganò AD di Garmin Italia

Con i Garmin Beat Yesterday Awards i sogni si avverano

18.12.2020
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Sei sogni e altrettanti traguardi da raggiungere. Storie e obiettivi diversi, ma accomunati da un unico spirito: quello dei “Beat Yesterday” di Garmin Italia. La subsidiary italiana ha svelato i vincitori dell’edizione 2020 di un progetto arrivato alla sua quinta edizione.

Sostenuti da Garmin

In un anno particolare dove tutto è stato congelato, il format del Beat Yesterday Award si è adeguato andando a premiare appassionati di sport, outdoor, motociclismo e nautica, che per molto tempo hanno cullato un sogno di avventura da realizzare nel corso dell’anno che si sta per concludere e che nel 2021 avranno la possibilità di realizzarlo.
Garmin fornirà loro strumentazione e know-how specifico grazie al supporto di ‘tutor’ ispiratori come Simone Moro, Davide Cassani, Daniel Fontana, Alessandro Botturi e Giovanni Soldini. Narratore dei premi Garmin Beat Yesterday 2020 è stato Daniele Piervincenzi.

Ad aprire la giornata ci ha pensato Stefano Viganò, Amministratore Delegato Garmin Italia: «Vogliamo essere compagni della passione sportiva di ogni atleta, qualsiasi sia il suo livello, e per fare questo, con i Beat Yesterday Award 2020 forniremo ai sei vincitori tutto il nostro supporto per vivere e, soprattutto, realizzare i loro sogni».

Stafano Viganò AD di Garmin Italia
Stefano Viganò Amministratore Delegato di Garmin Italia
Stefano Viganò AD di Garmin Italia
Stefano Viganò Amministratore Delegato di Garmin Italia

Sei vincitori

I progetti selezionati da sono frutto di un lavoro di scouting iniziato lo scorso luglio e che ha visto la candidatura di oltre 240 profili e progetti. Tra questi, sono stati selezionati i sei che più di altri hanno dimostrato di incarnare lo spirito del Beat Yesterday 2020.
I sei protagonisti che hanno ricevuto il riconoscimento Beat Yesterday Awards 2020 potranno contare sul supporto di Garmin. In tutte le fasi di avvicinamento e di preparazione della loro impresa: l’azienda offrirà loro strumenti e formazione tecnica, ma soprattutto la possibilità di potersi confrontare con grandi nomi dello sport e avere da loro preziosi consigli.
I vincitori di quest’anno sono stati Samuele Meucci, Paolo Cazzaro, Nicolò Pancini, Erica Frè, Alessio Alfier e Nicola Livadoti, ciascuno con un sogno da realizzare.

Cassani con Paolo Cazzaro

In occasione della consegna dei Beat Yesterday 2020 abbiamo avuto modo di incontrare Davide Cassani. Il commissario tecnico della nostra nazionale, Ambassador Garmin, ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione di Paolo Cazzaro, uno dei sei premiati, che ha come obiettivo per il 2021 il record dell’ora di paraciclismo.
Abbiamo chiesto a Paolo di raccontarci la sua storia di sport e di rinascita. «Mi chiamo Paolo Cazzaro, ho cinquant’anni e da sei anni sono un paratleta. La mia seconda vita è iniziata nel 2004, nel giorno del mio compleanno, quando ho capito che lo sport, e in particolar modo il ciclismo, era la miglior medicina che potessi “assumere” per trovare sollievo ai problemi fisici riportati a seguito di un gravissimo incidente in moto. Ai tempi ero arrivato a pesare 100 kg e a fumare fino a 40 sigarette al giorno».

Cassani e Cazzaro ai Beat Yesterday awards
Davide Cassani con Paolo Cazzaro
Cassani e Cazzaro ai beat yesterday awards
Davide Cassani con Paolo Cazzaro

Obiettivo ambizioso

L’incontro con Zanardi ha avvicinato Paolo al paraciclismo. Dopo aver raggiunto già importanti riconoscimenti sportivi (nel 2019 ha conquistato l’argento ai campionati del mondo di Winter Triathlon), ha deciso di alzare l’asticella degli obiettivi da raggiungere: «E’ un anno che lavoro al superamento del record del mondo su pista categoria Mc4 di paraciclismo. Da tre mesi mi alleno due giorni a settimana al velodromo Rino Marcante di Bassano del Grappa. I dati sono molto buoni, il record lo porteremo a casa!». Attualmente il record è di 42,7 chilometri ed è detenuto dall’inglese Wayne Harrod.

Già battuto in allenamento

Paolo ci ha confessato due cose. La prima che in allenamento ha già battuto il record, anche se è consapevole che la vera prestazione sarà da ottenere il giorno del tentativo. La seconda è che il suo punto di riferimento è Francesco Moser, uno che di record dell’Ora se ne intende. Per Paolo rappresenta al meglio chi ha portato una svolta nel mondo del ciclismo grazie alla cura nella preparazione e ad una attenzione maniacale alle innovazioni tecnologiche.

Cassani è certo del successo

In occasione dei Garmin Beat Yesterday Awards 2020, Paolo ha avuto la possibilità di chiacchierare a lungo con un allenatore di tutto rispetto: il CT della nazionale italiana di ciclismo Davide Cassani.

«Paolo ha tutte le qualità che cerco in ogni atleta: determinazione, concentrazione e anche un tocco di sana ambizione. Sono certo che riuscirà a raggiungere anche questo grande traguardo».

Garmin.com/it-IT/beatyesterday/

David Arroyo, Plan de Corones, Giro d'Italia 2010

Giro gravel, tanti dubbi. Ma Selleri ci pensa…

29.11.2020
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In attesa che l’argomento gravel incuriosisca i grandi organizzatori (se mai accadrà) e dopo aver sentito corridori e costruttori, è stato interessante rendersi conto che qualcuno ci aveva già pensato: Marco Selleri. Il romagnolo, anima e motore del Giro d’Italia U23 e dei campionati del mondo di Imola, già un anno fa si era messo a fare domande. Poi il Covid e una serie di considerazioni tecniche molto pertinenti gli hanno fatto cambiare idea. Ma il fuoco sotto la cenere non è affatto spento.

Giro d'Italia U23 2019, tappa strade bianche
Giro d’Italia U23 del 2019, si corre con bici da strada su strade bianche
Giro d'Italia U23 2019, tappa strade bianche
Giro d’Italia U23 del 2019 su strade bianche
Che cosa ne pensa Marco Selleri?

Ho letto quello che avete scritto e devo dire che qualcosa del genere mi era già passato per la testa. Ma bisogna essere obiettivi e la prima cosa da valutare è l’omologazione della bicicletta, per capire se è una bici da strada o fuoristrada. In una corsa ci sono anche queste regole da osservare. Per cui la prima cosa che mi viene in mente è immaginare un Giro solo per bici gravel, su percorsi adatti. Altrimenti la corsa di un giorno.

E’ un’altra cosa…

Lo so, come so che non abbiamo mai avuto paura di sperimentare. Al Giro abbiamo fatto la crono Real Time in cui il distacco alle partenze era quello effettivo della classifica. Ma ad esempio parlando degli under 23 il problema è che non tutte le squadre avrebbero la bici gravel e non è pensabile che corrano con marchi diversi. Eppure al di là di tutto, l’anno scorso il mio giro di domande ai direttori sportivi l’ho fatto.

Raffaele Babini, Fabio Vegni, riunione tecnica alla partenza, Colico, Giro d'Italia U23, 2020
Babini e Fabio Vegni nella riunione del mattino: la tappa gravel sarebbe dura da gestire
Raffaele Babini, Fabio Vegni, riunione tecnica alla partenza, Colico, Giro d'Italia U23, 2020
La tappa gravel sarebbe impegnativa da gestire
Come mai?

Perché ad esempio la Strade Bianche di Romagna con gli opportuni adattamenti del percorso potrebbe benissimo essere una corsa U23 per gravel. Più che i professionisti, all’inizio vedo il mondo giovanile, è più facile sperimentare. Non mi dispiacerebbe la corsa di un giorno con corridori di valore. Non amatori, sia chiaro.

Interessante. Quindi escludi che sia fattibile in una corsa a tappe.

Una tappa intera mi sembra complicata. Se ne potrebbe immaginare una in cui gli ultimi chilometri in salita prevedono l’uso della gravel. E bisogna anche stabilire bene se non basterebbe una bici da strada con le gomme più larghe. Per cui si arriva al punto in cui comincia lo sterrato e per ogni squadra si predispone un gazebo. Cambio bici e arrivo in gravel.

Non lo vedi come un eccesso il cambio in stile triathlon?

Un po’ lo sarebbe, ma sarebbe anche una grande vetrina. Quando con il Giro dovevamo arrivare a Malga Dimaro, si poteva andare oltre su una strada bianca messa male. Con le bici da corsa non si poteva, perché c’erano dei sassi che affioravano. Quell’arrivo sarebbe stato adatto.

Quindi il Selleri organizzatore esclude la tappa intera?

Secondo me non si può fare. Non si possono dimenticare le ambulanze. E se fai un single track, l’ambulanza dove passa?

Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Ma uno come Pidcock, re del Giro U23, iridato di Mtb e cross, si divertirebbe…
Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Pidcock, re del Giro U23, e iridato di cross e Mtb si divertirebbe
Forse a questo punto funzionerebbe meglio una cronoscalata.

Ecco, sarebbe il compromesso ideale che risolve tanti problemi (in apertura Arroyo in maglia rosa nella cronoscalata di Plan de Corones al Giro del 2010. I meccanici salivano in moto con le bici in spalla, ndr). Trovi il percorso giusto su cui magari la bici da strada davvero non va bene. Con i diesse al Giro del 2019 parlai di questo, ma per ora resta un’idea nel cassetto.

E poi c’è Cassani

A corollario delle parole di Selleri, Davide Cassani (cui non dispiace sperimentare) rimette a fuoco la questione.

«Per adesso – e lo dice sottolineando l’avverbio – per adesso non è il caso. Non è opportuno aumentare i costi per le squadre dei dilettanti. Non in questo momento. Voler fare qualcosa di diverso mi piace, ma così non è più ciclismo su strada. Se non puoi usare la bici da strada. Mi piace il concetto di passare sulle strade bianche, ma senza che si trasformi in un circo».

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020

Cassani, il cross e un cambio di mentalità

10.11.2020
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Il ranking Uci aggiornato al 3 novembre, facciamo notare a Cassani, dietro gli sloveni Pogacar e Roglic, vede 4 corridori (Van Aert, Fuglsang, Van Der Poel, Alaphilippe) uniti da un comune denominatore. Hanno tutti un passato, che per alcuni è anche un presente, di campioni anche in altre specialità ciclistiche. Sono i leader di una nuova tipologia di ciclista, che non vede più la bici da strada come unico strumento per la propria attività e che ha nella multidisciplinarietà un caposaldo della propria evoluzione. Secondo Fausto Scotti qui da noi si tratta più di una chimera che di una prospettiva concreta. Ma è un concetto che nel ciclismo attuale è diventato fondamentale per capire la crescita di Paesi che non hanno una tradizione radicata come la nostra.

Il rilancio del ciclismo italiano deve passare obbligatoriamente attraverso questa nuova cultura e Davide Cassani, coordinatore delle attività nazionali oltre che cittì azzurro su strada (che nella foto di apertura è con Nizzolo fresco campione europeo), lo sa bene. Sin dall’inizio del suo mandato sta lavorando sulla base del movimento per rimodellarla su nuovi parametri.

«Il principio di base è che la bici è una – dice Cassani – ma può variare nel modello e nell’utilizzo. Per i bambini pedalare a lungo può essere noioso. L’attenzione ha un tempo limitato, hanno bisogno di cambiare spesso. Le caratteristiche specifiche emergeranno poi e chi continuerà potrà indirizzarsi verso la disciplina che più gli si adatta. E’ chiaro che poi bisogna scegliere, perché casi come Van der Poel o Van Aert sono più unici che rari. Ma sono molti i professionisti che d’estate fanno uscite in Mtb per cambiare e affinare la capacità di guida. Gli stessi Ganna e Viviani, attraverso la pista, sono cresciuti anche su strada.

Matteo Trentin, San Fior 2016
Trentin si è dedicato al cross, ma sempre meno con il passare degli anni (foto Billiani)
San Fior 2016, Trentin e il cross (foto Billiani)
Nazioni come la Francia hanno sempre basato lo sviluppo partendo dai bambini con le Bmx: sarebbe un primo passo attuabile anche in Italia?

Sarebbe sicuramente un grande passo avanti e si sta lavorando in tal senso. La Bmx si basa principalmente sul divertimento in spazi sicuri e ristretti. Il problema italiano è che mancano gli impianti, ma dall’inizio del mio incarico la situazione è migliorata, ora ne stanno costruendo due a Imola e Sant’Ermete, ultimamente ne ho visitato uno di 5.000 metri quadri, utilizzato anche per Mtb ed enduro, che ha richiamato oltre 80 bambini. E’ attraverso iniziative simili che si allarga la base di praticanti. Ne servirebbero sicuramente di più, ma è importante anche il lavoro dei volontari, tutto l’ambiente deve contribuire. E’ necessario però che siano i tecnici sul campo a mettere in pratica questo concetto, non indirizzando troppo presto i ragazzi verso la strada.

Elia Viviani 2019
La pista ha dato a Viviani armi infallibili su strada
Elia Viviani 2019
La pista ha dato tanto su strada a Viviani
Dall’ambiente del ciclocross arrivano spesso lamentele in questo senso e si citano esempi come Trentin e Aru…

Nel ciclocross, dopo l’uscita di scena di Pontoni e Bramati, abbiamo perso molti anni. Ora i numeri stanno crescendo, ma ci vorrà tempo per tornare a quei livelli. Intanto però ci sono molti giovani interessanti e alcuni di loro potrebbero trovare spazio anche su strada. Abbinare le due discipline ad alto livello è pressoché impossibile, la strada ormai va avanti da febbraio a ottobre, però il ciclocross può essere utile come forma di allenamento, permette di fare lavori diversi e molto utili. Lo stesso Alaphilippe non gareggia più sui prati da anni, ma non ha mai smesso di usare quella bici.

Quanto si dovrà attendere secondo Cassani per trovare un italiano capace di emergere su strada e in altre specialità?

Ci vorrà un intero quadriennio olimpico, poi qualcosa comincerà ad emergere. Ogni cosa ha i suoi tempi, molti giovani ad esempio passano al professionismo troppo presto, non avendo le basi per poi restare a quei livelli. Noi abbiamo perso un’intera generazione di scalatori perché per anni il calendario U23 prevedeva una sola corsa a tappe, il Giro della Val d’Aosta. Ora che da qualche anno è tornato il Giro d’Italia di categoria, cominciamo a vedere qualche nuovo talento, ma bisogna avere pazienza.