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Bramati: ad Alaphilippe serve ancora un inverno, poi tornerà

18.08.2023
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Puoi chiamarti anche Julian Alaphilippe, ma se in questo ciclismo hai qualche problemino diventa dura anche per te. Il due volte campione del mondo è uscito così così dal Tour de France e ancora peggio dal mondiale di Glasgow.

Di fatto sono mesi che ci prova, ma poi quando il gioco si fa davvero duro, trova sempre chi lo batte. E allora cosa succede ad Alaphilippe?

Bramati e Alaphilippe parlano. I due lavorano insieme dal 2014
Bramati e Alaphilippe parlano. I due lavorano insieme dal 2014

Parla Bramati

Ciò nonostante quest’anno il corridore della Soudal-Quick Step ha messo nel sacco due vittorie: Faun-Ardèche Classic e la seconda tappa del Delfinato. E quest’ultimo successo lasciava davvero ben sperare. 

Davide Bramati è forse il direttore sportivo che meglio lo conosce. C’era spesso lui in ammiraglia in occasione dei grandi successi del francese. Sostanzialmente al “Brama” abbiamo chiesto perché Alaphilippe continua a fare fatica.

«Io – spiega Bramati – penso che Julian sia stato molto sfortunato. Dopo la brutta caduta dell’anno scorso (il riferimento è alla Liegi, ndr) non è stato facile ripartire. Oggi quando perdi dei mesi, non lasci indietro solo delle corse, ma un’intera base di solidità, di costanza… rispetto agli anni precedenti. Però è un ragazzo che ha vinto tanto e mi aspetto che torni a vincere tanto».

Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?

Ancora un anno

Bramati esalta il recente Tour de France di Alaphilippe: è soprattutto da lì che bisogna ripartire. Non dai risultati, ma dal modo di correre.

«Si è visto come Julian abbia affrontato il Tour – riprende il “Brama” – ci ha provato quasi tutti i giorni, dopo la vittoria al Delfinato forse si aspettava qualcosina in più anche lui, ma il livello è davvero altissimo. Oggi se perdi una settimana sembra tu abbia perso un mese. E il Tour è stato corso in modo folle sempre, a parte una tappa e le crono».

Costanza, continuità: se questa è la formula vincente per tornare in auge, Bramati spiega tutto con questa frase: «Dopo quello che ha passato in seguito all’incidente dell’anno scorso, sono convinto che Alaphilippe tornerà dopo questa stagione. Deve fare prima una stagione senza grandi intoppi. Gli serve ancora l’inverno per poter lavorare su questa base e vedrete il prossimo anno…».

Alaphilippe al mondiale, un tentativo lontano dal traguardo poi si è fermato
Alaphilippe al mondiale, un tentativo lontano dal traguardo poi si è fermato

La motivazione c’è

Alaphilippe fa fatica, ma non demorde ed è concentrato. Bramati ci tende a sottolineare questo aspetto, anche perché altrimenti secondo lui non avrebbe interpretato il Tour in quel modo.

«Ma quante fughe ha preso?», incalza Bramati. «Si vede che ha voglia. Spesso è anche partito per primo, proprio per paura di non prenderle o di farsi cogliere in castagna. Per me si lascia alle spalle un buon Tour per le sue condizioni.

«Poi bisogna considerare che per un campione come lui non è facile accettare di non riuscire a vincere. Ci prova giorno e notte».

Tanti si aspettano moltissimo da lui. Ricordiamoci che fino a un paio di anni fa era lì a giocarsela con Van der Poel e Van Aert nelle classiche e adesso fa fatica ad arrivare davanti. In queste situazioni anche le critiche mediatiche montano. Per fortuna che Alaphilippe sembra non curarsene.

Due anni fa tra le stradine di Leuven, Julian firmò il suo ultimo capolavoro, portandosi a casa il secondo mondiale. Quest’anno il “labirinto” iridato scozzese poteva essere perfetto per lui, ma il francese ha pagato sia le fatiche del Tour, sia un acciacco proprio in quei giorni.

«Il mondiale in effetti poteva essere per lui – spiega Bramati – ma ci è arrivato un po’ scarico. Nei giorni precedenti non era al 100 per cento per un piccolo intoppo (sembra avesse preso un raffreddore un paio di giorni prima della gara iridata, ndr). Ma ora si guarda avanti. Come ho già detto è importante chiudere questa stagione con costanza».

E avanti significa Bretagne Classic e non facendo la Vuelta è quasi scontato che lo vedremo in Canada, ma sarà poi la squadra ad annunciare con precisione i suoi impegni. Magari potrebbe essere al top per il Lombardia.

Damiani: «Prepariamoci a una sfida fra grandi tecnici»

03.05.2023
6 min
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«Non so come sarà scritto l’articolo – dice subito Damiani, direttore sportivo della Cofidis – ma mi piacerebbe che non venisse visto come un giudizio nei confronti dei miei colleghi, ma proprio un mio pensiero sul fatto che va bene parlare dei campioni, ma anche i direttori sportivi hanno la loro importanza. Non mi va di fare quello che giudica o si permette di farlo, però quando mi hai mandato i nomi, la prima cosa che mi è saltata all’occhio è che, tranne due, gli altri sono stati miei corridori…».

Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza
Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza

Il ruolo del direttore

Tre giorni al via del Giro d’Italia. Si fa un gran parlare di capitani e gregari, ma poco dei loro tecnici. Eppure nell’elenco dei partenti ci sono anche loro e non sarà una presenza banale. Per questo ci siamo chiesti se sia giusto non considerarli oppure andarli a cercare solo dopo, a cose fatte, per farsi dire quanto sono stati bravi o per metterli sulla croce.

Sfogliando la rosa, abbiamo individuato i tecnici dei pretendenti più accreditati alla rosa e abbiamo proposto a Damiani di parlarci di loro. Anche lui farà parte della sfida e avrà degli obiettivi da raggiungere: la sua presenza in questo articolo serve a sottolineare una volta di più che in questo ciclismo tutto watt, grammi e angoli, c’è bisogno anche di una bella parte di cervello. E quello, nei momenti di massimo sforzo e stress estremo, si va a cercarlo sull’ammiraglia.

Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Partiamo dall’estero. La Jumbo-Visma avrà Engels e Van Dongen, sono esperti di Tour, hanno vinto la Vuelta ma non il Giro.

La Jumbo mi sembra che abbia una gestione di gambe. Quando fanno la corsa, la fanno in maniera molto dritta. Sicuramente ci saranno degli input precisi a livello di ammiraglia, ma il grosso del lavoro viene incentrato sulla forza.

Viene in mente il Giro del 2016, quando Nibali attaccò sul Colle dell’Agnello e Kruijswijk in rosa, anziché ragionare e rimanere freddo, buttò via la vittoria.

Il fatto di saper gestire o meno il momento di difficoltà può essere uno dei punti deboli. Molto spesso nel calcio si dice che la miglior difesa è l’attacco. In questo caso, quando le cose non vanno come ti aspetti, il miglior attacco è la difesa. Difenderti bene ti mette in condizione di non farti mai trovare con il lato scoperto.

Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Bramati, Tosatto e Gasparotto: tre direttori sportivi diversi, come furono anche tre atleti diversi…

Sono personalità completamente differenti, non a caso Tosatto e Bramati sono stati due ottimi gregari, mentre Gasparotto era un po’ più individualista e vincente. “Brama” e ormai anche “Toso” hanno un’ottima quantità di esperienza e mi sembra che tutti e due abbiano la qualità di prendersi le loro responsabilità quando c’è da decidere. E questo è importante nel gestire atleti di altissimo livello come quelli che hanno. Perché se non hai la stima e la loro fiducia, puoi avere tutte le radioline del mondo, ma il lavoro che hai fatto non viene fuori. Gasparotto si è trovato sull’ammiraglia di una squadra molto forte e ha vinto un ottimo Giro. Però ha una quantità di esperienza molto minore in termini, permettete il paragone, di ore di volo rispetto agli altri due.

Però è anche quello più capace di inventare, forse perché a sua volta sapeva farlo in bici?

Esatto, secondo me ha la grande capacità di uscire dagli schemi, come per esempio nella tappa di Torino dello scorso anno. Hanno fatto una cosa davvero importante, uscendo dallo schema che magari per tutti gli altri prevedeva di attendere l’ultimo giro. Hanno spaccato la corsa molto prima e devo dire che hanno avuto ragione, sfruttando la giusta percezione degli atleti che avevano in mano. Perché i tecnici hanno chiesto una tattica del genere, ma gli atleti l’hanno attuata molto bene. Hanno avuto anche tante gambe per fare un lavoro del genere, quindi in questo senso “Gaspa” ha più estro.

Enrico Gasparotto ha debuttato lo scorso anno sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro d’Italia
Gasparotto ha debuttato nel 2022 sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro
Negli ultimi anni Tosatto ha vinto il Giro per tre volte. Bramati non ancora, ma ha centrato per due volte il podio con Uran , Gasparotto ne ha vinto uno: secondo Damiani sono differenze che si sentono?

Sicuramente sono esperienze importanti. Come per i piloti sull’aereo, nei momenti in cui è dentro o fuori, quelli in cui devi decidere, sono esperienze che contano. Non si vive solo di quello che si è già fatto, mi rompe la retorica dell’esperienza degli anziani, però esserci passato ti aiuta a farlo ancora e meglio. Sai che per fare classifica in un grande Giro, non devi mollare un attimo per tre settimane. Ma proprio niente, nella gestione umana, se c’è una foratura, quando gli dai la borraccia, a che ora arrivi alla partenza… Tutto questo conta e Tosatto, pur nei meccanismi che hanno alla Ineos, ha dimostrato di essere bravo nella direzione sportiva.

Si parte battuti quando ci sono certi campioni e certe squadre al via?

Se devo partire rassegnato, sto a casa. Noi con la nostra piccola squadra abbiamo i nostri obiettivi e molto chiari. Chiaramente non di classifica generale, però abbiamo degli obiettivi intermedi. Diventa pesantissimo fare un Giro d’Italia senza un obiettivo. Mi successe con la Lotto nel 2009, l’anno di Menchov. Feci tre settimane a spaccarmi il fegato, finché alla fine scoppiò il bubbone, alzammo la voce e venne fuori a tappa vinta da Gilbert ad Anagni. Ma fu dura. Se vieni in un Giro d’Italia senza l’idea di avere degli obiettivi reali – Damiani su questo è netto – meglio che stai a casa.

Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Credi che sia un Giro già scritto oppure si può uscire dalla morsa di Evenepoel e Roglic? 

Può succedere di tutto, lo abbiamo già visto. Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step sono dedicate a un uomo solo, che cosa succederebbe se il leader avesse un grosso problema? Si troverebbero senza il vero obiettivo, come è successo alla Uae al Liegi. Il numero uno può essere il più forte in assoluto, ma può anche incappare nel Giro peggiore della sua carriera, può avere un inconveniente di qualunque tipo, anche per un solo giorno. Niente è già scritto. E il lotto dei partenti è più ampio di quello che sembra. Almeida, per esempio. Finora ha mostrato delle fragilità psicologiche, ma è forte e lo guida Baldato, un altro grande tecnico italiano. Ripeto: niente è già scritto.

Almeida e quelle vecchie (preziose) doti da finisseur

05.04.2023
4 min
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Joao Almeida è lanciato verso il Giro d’Italia. Il talento portoghese è ormai un habitué della corsa rosa e forse anche per questo motivo il pubblico italiano lo osserva sempre con affetto.

E proprio perché lo si osserva con occhio anche tecnico, è immediato rendersi conto di alcune differenze tra il Joao di oggi e quello del famoso “Giro d’autunno” del 2020.

Giro 2020: a San Daniele del Friuli Almeida guadagna piccoli preziosi secondi… L’immagine del finisseur
Giro 2020: a San Daniele del Friuli Almeida guadagna piccoli, preziosi secondi… L’immagine del finisseur

Almeida finisseur

L’atleta della UAE Emirates sembra trasformarsi sempre di più in un corridore da corse a tappe. Non che non lo fosse già, ma alcune sue caratteristiche tecniche si stanno modificando. 

Ai tempi della Quick Step, Almeida era più scattista. Quasi un finisseur. Pensiamo solo a quel Giro 2020: terzo a Tortoreto dietro Sagan. Faceva le volate al colpo di reni con Ulissi dopo una tappa di collina. Staccava gli altri big sullo strappo di San Daniele del Friuli.

Adesso invece sembra essere molto più passista. Il che è anche la sua forza. Joao non reagisce mai ad uno scatto. Centellina e “attutisce” ogni minimo cambio di ritmo e fa delle costanza una sua arma in salita. Arma che però solitamente usa per difendersi. Lui infatti è molto bravo contro il tempo e, una volta, anche nei finali nervosi.

«Quando arrivò da noi – ricorda Davide Bramati, suo ex direttore sportivo alla Quick Step – proveniva dal team di Axel Merckx ed era un po’ tutto da scoprire. Ci siamo ritrovati questo corridore forte. Ma né lui, né noi potevamo sapere che fosse da corse a tappe e già così forte.

«Quelle sue doti di scattista le intuimmo e ci lavorammo anche, se vogliamo, ma più che altro io penso fossero doti sue. Alla base non c’era un lavoro specifico. Anche perché, ripeto, era tutto da scoprire».

Lo scorso anno più che mai, Almeida è stato un metronomo in salita. Quasi sempre tra i primi a staccarsi… e a rientrare dopo le accelerazioni
Lo scorso anno più che mai, Almeida è stato un metronomo in salita: tra i primi a staccarsi e poi a rientrare

Almeida scalatore

In qualche modo Bramati ci riporta ad un corridore che era veloce di suo, con uno spunto legato anche alla giovane età. E’ noto che i corridori giovani sono più esplosivi di quelli più maturi. 

Magari, avendo valutato il suo potenziale per i grandi Giri e puntando non poco su di lui, la UAE Emirates sta facendo lavorare Almeida in direzione delle grandi salite e delle corse a tappe, preferendo migliorare sull’endurance a scapito della velocità di punta. Magari in Quick Step, squadra storicamente votata alle corse di un giorno, si era preferito l’aspetto della brillantezza.

«Doveste parlare con il suo coach di allora (Koen Pelgrim, ndr) – riprende Bramati – ma anche con noi prestò grande attenzione alle salite e ai grandi Giri. Alla fine perse il Giro staccandosi a soli 6 chilometri dalla vetta di una scalata come lo Stelvio. E anche a Sestriere andò forte. Lo scorso anno era terzo prima di lasciare la corsa rosa per il Covid e poi è stato quinto alla Vuelta. E anche nell’ultimo Catalunya è arrivato terzo. Andava forte allora, va forte oggi».

Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad, Monselice, Giro d'Italia 2020
Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad: volata ristretta a Monselice, al Giro d’Italia 2020
Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad, Monselice, Giro d'Italia 2020
Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad: volata ristretta a Monselice, al Giro d’Italia 2020

Abbuoni preziosi

In questa analisi tecnica, soprattutto pensando ai due big che si ritroverà al Giro d’Italia, magari la sua dote di finissseur potrebbe tornargli utile per incamerare secondi qua e là, tra piccoli distacchi, abbuoni… e una buona dose di fiducia. Magari certi sforzi nelle sue gambe hanno un prezzo inferiore.

Ma Brama su questo punto non è totalmente d’accordo: «Quel giorno a San Daniele col senno del poi, quello scatto non fu la cosa migliore. Sono sforzi che comunque restano nelle gambe, specie se il giorno dopo c’è un tappone che prevede tanta salita. Ma noi all’epoca avevamo un corridore giovane, un corridore da scoprire.

«Io però non posso giudicare per l’attualità. Almeida non è più con noi da due anni e non so in UAE come lavora. Di certo, e lo ripeto, è un  atleta molto forte, anche oggi che è in un’altra squadra».

Le parole di Bramati sono vere, al Catalunya Almeida è sì arrivato terzo, ma con un bel distacco (2’11”) da Evenepoel e Roglic. Entrambi sono assi sia contro il tempo che in salita e di spazio per attaccarli ce n’è poco… non solo per Almeida. E quei secondi da finisseur potrebbero costituire un buon “tesoretto”.

Bettini e gli altri, compagni di ieri e diesse di oggi

28.03.2023
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Per tanti anni compagni di avventura lungo le strade di tutto il mondo e non importava se vestissero la sua stessa maglia a o quella di qualche strada rivale. Poi referenti durante la sua avventura alla guida della nazionale, per capire condizioni e stati d’animo dei corridori da convocare. La lunga parabola di Paolo Bettini nel mondo delle due ruote ha sempre avuto a che fare con gente come Gasparotto, Pellizotti, Bramati, Tosatto. Rivali? Qualche volta. Amici? Sempre.

Oggi l’olimpionico toscano li guarda dall’esterno, protagonisti sulle loro ammiraglie del WorldTour, impegnati senza sosta in un calendario frenetico e rivede in tanti loro comportamenti i compagni di mille corse, quelle che hanno insegnato loro il mestiere. Perché in fin dei conti non sono mai cambiati.

Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…
Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…

Gasparotto, schivo ma serissimo

Gasparotto oggi è una colonna portante della Bora Hansgrohe, una delle squadre che più sono progredite nel corso delle ultimissime stagioni e il due volte vincitore dell’Amstel ci ha messo del suo: «Con Enrico mi lega una lunga amicizia. Non abbiamo mai corso nella stessa squadra, ma quando finivamo la stagione andavamo in vacanza insieme. Di lui posso dire che è sempre stato un professionista a 360 gradi. Apparentemente, quando correva, poteva sembrare poco uomo squadra, uno che se ne stava sulle sue ma era carattere, perché quando serviva lui c’era, sempre».

Quell’amicizia non è venuta mai meno: «Ci siamo visti prima dell’ultima Sanremo e l’ho trovato divertito. E’ un lavoro stressante il suo, lo so bene, ma anche appagante soprattutto per come è fatto lui, per come lo interpreta cercando con tutto il cuore di trasmettere il suo sapere ai ragazzi, di invogliarli a vivere questo mestiere. Non posso dimenticare le sue lacrime al Giro dello scorso anno, il senso di appagamento che gli aveva dato vedere il risultato maturare nelle sue mani. Certamente gli serve ancora esperienza, ma sta davvero crescendo nel ruolo».

Conoscendo il suo carattere così schivo, si sarebbe aspettato un suo presente da diesse? «Sì, perché ha sempre avuto una visione di gara superiore e quando hai quella, puoi gestire tutto. In corsa aveva un occhio eccezionale, capiva nel gruppo chi poteva essere protagonista quel giorno, riusciva anche a prevedere come sarebbe andata la gara. Basta parlarci per sentire la passione che traspare in ogni suo gesto».

Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo
Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo

Pellizotti, il regista in corsa

«Con Pellizotti ci siamo incontrati spesso, una volta affittò anche un appartamento vicino casa per allenarci insieme. Avversari in corsa, ma sempre molto legati, una chiacchierata in gruppo ci scappava sempre. Rispetto a Gaspa era molto diverso: in gruppo si faceva sempre sentire. In certi tipi di corse era eccezionale, un vero riferimento, il classico “regista in corsa” che distribuiva i compiti in seno alla squadra. Si vedeva quale sarebbe stato il suo futuro».

Un conto però è gestire la squadra dall’interno, un altro è salire sull’ammiraglia… «Certo, il lavoro cambia tanto. E’ importante che poi quando sei in auto ti ricordi com’era. Faccio un esempio legato alla Liegi, che conosco bene: devi ricordarti i punti dove mangiare e bere perché la corsa non si muove, dove invece è il punto adatto a scattare, dove tenere gli occhi aperti e soprattutto tutto ciò devi trasmetterlo ai ragazzi, farglielo capire, E’ quello che sta facendo alla Bahrain Victorious».

Una volta hai detto che il campione difficilmente riesce a essere un buon diesse, il gregario sì. Perché? «Perché il lavoro del gregario non è solo fare il “lavoro sporco”, come ritirare le borracce o prendere le fughe. E’ un lavoro psicologico, vivere davvero la vita del gruppo, capire sempre la situazione, magari anche andare a parlare con tizio o caio dell’altra squadra e mettersi d’accordo per gestire la corsa finché non entreranno in scena i capitani. Acquisisci una sensibilità che sarà fondamentale».

Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie
Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie

Bramati, compagno di mille avventure

In questo Davide Bramati (in apertura è quello a sinistra, era il 2010) è sempre stato un campione: «Per questo è considerato uno dei diesse più carismatici. Ricordo ad esempio quando c’eravamo io e Valverde. Davide andava da quelli della Movistar e si metteva d’accordo per tirare il gruppo, prendere le fughe e poi toccava a me e Alejandro, ma eravamo stati tranquilli fino alle battute decisive. Si è intessuto una rete di rapporto importante, ora spesso fa lo stesso, solo che usa il telefono e chiama dall’ammiraglia all’altra ammiraglia, ma in soldoni il lavoro è simile».

Con Bramati il rapporto è sempre stato stretto: «Abbiamo corso anni insieme, eravamo compagni di camera, posso dire tranquillamente che certe vittorie come il mondiale di Salisburgo hanno molto di lui dentro, in corsa ma anche e anzi soprattutto fuori, nelle nostre chiacchierate, nella nostra ricerca di tranquillità e concentrazione. E’ sempre stato uno molto carismatico».

Oltretutto lavora nella Soudal QuickStep, fianco a fianco con un “padrone” difficile come Lefevere: «Non è semplice, ma è anche un stimolo. Io non potrò mai parlar male di Patrick per tutto quello che mi ha dato. Certo, è esigente, ma nessuno tiene vivo lo spirito del gruppo come lui. Senza stimoli un corridore si adagia e da lì a buttare via una stagione è un attimo. Porta a essere sempre sul pezzo, sempre un professionista. Io dico che per Davide è la dimensione ideale e i risultati sono lì a dimostrarlo».

Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997
Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997

Tosatto, vecchia scuola nell’ipertecnologia

«Quante cose ha risolto il Toso negli anni… – esclama Bettini a proposito di Matteo Tosatto, oggi diesse all’Ineos – Siamo passati insieme fra i pro’ nel ’97, ma mi ricordo un episodio al Giro da me vissuto da spettatore: caduta di gruppo, Contador è a terra. Tosatto prende la bici e comincia a correre sopra le bici degli altri, per dargli la sua e farlo ripartire subito. Chi avrebbe avuto quella prontezza di spirito così immediata? Quello è mestiere, significa avere sempre la lucidità e una visione completa della corsa».

Tosatto ha trasposto queste sue qualità in un team difficile come la Ineos Grenadiers: «Credo che per lui sia la soluzione migliore, perché ama lavorare con i più giovani e la Ineos è un team in transizione. E’ uno che sta imparando, nel mezzo di una strada che chissà dove lo porterà. Io penso che dia quel pizzico di esperienza in più in un team ipertecnologico: mi sembra di vederlo, nelle riunioni dove snocciolano dati come se piovesse, lui a un certo punto uscirsene con l’accento veneto “Ragazzi, qui c’è solo da menare…”. Tiene tutti con i piedi per terra, uno così è fondamentale».

Parlando di tanti colleghi, a Bettini non viene un po’ di nostalgia per tornare in ammiraglia? «Ributtarmi nella mischia? Dovrei pensarci bene, sulla base di un progetto ben definito e invogliante, perché dopo l’esperienza azzurra che, non posso negarlo, mi ha un po’ bruciato ho raggiunto il mio equilibrio tra famiglia e le mie attività. Vivo di ciclismo 80 giorni l’anno, salire in ammiraglia significa quanto meno triplicarli e la cosa mi fa un po’ paura».

Cavagna e Schmid. Dominio Wolfpack alla Coppi e Bartali

25.03.2023
5 min
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CARPI – Apre Cavagna e chiude Cavagna, ma Schmid conquista la generale facendo fruttare al massimo tre secondi posti. La Soudal Quick-Step domina e vince per la prima volta la Settimana Internazionale Coppi e Bartali, che sta diventando sempre di più un banco di prova significativo per chi ambisce a prendersi i gradi di capitano in corse di uno status maggiore.

La crono di Carpi ha espresso il verdetto che in tanti si aspettavano fin dall’inizio della gara. Fra i tanti c’era anche Davide Bramati, diesse del “Wolfpack”, che conosce bene le qualità di Cavagna e Schmid su percorsi del genere, ma che tuttavia restava cauto prima della partenza della crono dello svizzero. Alla fine il pericolo sarà scampato.

Cavagna ha vinto la crono di Carpi in 22’12” alla media oraria di 50,270 km/h
Cavagna ha vinto la crono di Carpi in 22’12” alla media oraria di 50,270 km/h

«Dopo la vittoria di Remi ed il secondo posto di Mauro a Riccione – spiega mentre scende dall’auto dopo aver accompagnato i suoi atleti nella ricognizione – ero certo che fosse più il secondo a fare la corsa che il primo. Remi è in condizione, ma è pesante per tracciati come questo. Quando davanti aprono il gas lui fatica. Poteva salvarsi se avessero fatto strappi e salite ad un passo regolare o più basso. Mauro invece è molto più adatto e sa andare forte in tappe come quelle che abbiamo fatto finora. A crono va bene, ma non ha un margine troppo alto e dovrà difendersi andando a tutta perché dietro c’è qualcuno che va più di lui».

Italia portafortuna

Nel nostro Paese, Mauro Schmid si trova a proprio agio, grazie anche alle sue abilità maturate su Mtb e nel ciclocross. La vittoria più bella è quella della tappa degli sterrati a Montalcino al Giro del 2021. L’anno scorso alla Coppi e Bartali aveva vinto la prima frazione a Riccione e oggi ha conquistato la generale. In teoria potremmo rivederlo al Giro in supporto a Evenepoel, ma intanto ci parla della prova contro il tempo di Carpi in cui ha chiuso all’ottavo posto.

«La cronometro è stata molto difficile a causa del vento – racconta il 23enne di Bulach mentre scende dal podio con due mortadelle da cinque chili l’una come premio – e la mia prestazione ha risentito del fatto che non riuscivo a fare il passo che volevo. Ho cercato di non strafare nella prima parte del tracciato per tenermi delle energie nella seconda che prevedeva tante curve e rilanci. Mi basavo anche sui tempi degli avversari più diretti per avere dei riferimenti. Ho cercato di controllare al meglio la situazione ma alla fine ho sofferto.

«La mia stagione – prosegue Schmid – è stata molto buona finora. In Australia sono andato bene (quinto al Tour Down Under, ndr) poi abbiamo vinto la cronosquadre al UAE Tour. Adesso qua ho vinto la generale e già dall’anno scorso pensavo che un giorno avrei potuto farlo. Naturalmente devo ringraziare la squadra che in questi giorni mi ha permesso di stare davanti proteggendomi nei momenti più delicati. Sono molto contento anche delle due vittorie di Remi (il compagno Cavagna, ndr) e penso che questa sia stata una settimana perfetta».

Sorride Davide Bramati. Con Schmid e Cavagna la sua Soudal-Quick Step ha dominato la Coppi e Bartali
Sorride Davide Bramati. Con Schmid e Cavagna la sua Soudal-Quick Step ha dominato la Coppi e Bartali

Il podio e Pozzo

Nella generale a ruota del team belga è arrivato un blocco della EF Education-EasyPost. La formazione statunitense, che si porta a casa la tappa del mix “gravel-pista” di Forlì con Healy, alla vigilia della crono sperava di ribaltare tutto negli ultimi 18,6 chilometri. Invece ci è riuscita a metà completando podio finale con Shaw ed Healy (che ha spodestato il combattivo Calzoni della Q36,5 che doveva testarsi su un esercizio del genere) piazzando Padun quarto.

Il giovane Leo Hayter della Ineos Grenadiers riesce ad entrare nella top five proprio grazie alla crono finale scalzando l’eterno Pozzovivo. Lo scalatore della Israel Premier Tech non era convinto di poter salire sul podio o mantenere la quinta piazza, ma era comunque certo che non avrebbe perso troppo terreno da altri rivali. Rivedere “Pozzo” così pimpante è stato un segnale incoraggiante per lui e per i suoi tifosi. Ci aveva detto pochi giorni fa che puntava a centrare un piazzamento nei dieci e lui ha fatto meglio. La sua condizione psico-fisica è in crescita e al Tour of the Alps siamo sicuri che lo vedremo ancora protagonista.

Evenepoel in Costiera: scatta l’operazione Giro

01.12.2022
5 min
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Evenepoel in giro per il Sud a provare le tappe del Giro. Il viaggio che doveva rimanere segreto è stato invece sfruttato per annunciare che nel 2023 il campione del mondo correrà per la maglia rosa, con un video da Amalfi. Da quelle parti il ciclismo è soprattutto Raffaele Illiano, ex corridore e animatore di mille attività, che ringraziamo per il racconto e per le foto, cui qualche settimana fa si rivolse Bramati che già aveva in mente di portare Remco in ricognizione su alcuni percorsi in Campania. E a lui ci siamo rivolti per scoprire uno spicchio del viaggio di Evenepoel lungo le strade della Costiera Amalfitana e alla vigilia del probabile sopralluogo di oggi sugli arrivi di Lago Laceno e di Salerno.

Foto ricordo con Illiano dopo una ventina di chilometri insieme
Foto ricordo con Illiano dopo una ventina di chilometri insieme
Racconta, Lello…

Bramati mi aveva chiamato un po’ di tempo fa, dicendo che voleva portare un corridore a vedere le tappe di qua. Ma io tra il lavoro e il resto avevo quasi dimenticato. Mi richiama martedì e dice che è al negozio, io però ero a Caserta a fare delle posizioni e da lì ho quasi 50 chilometri per andare a casa. Così ci accordiamo che ci si trova all’aeroporto e poi che semmai ci mangiamo una pizza, visto che comunque quel corridore avrebbe dovuto comunque cenare…

Poi cosa è successo?

Mi richiama e mi dice che l’aereo ha un’ora di ritardo. Dice di lasciar stare la pizza e che ci saremmo sentiti ieri mattina. Io gli sarei andato incontro in bici, perché prima lui avrebbe dovuto fare un video e poi avrei potuto fare qualche chilometro con quel corridore.

Il Giro 2023 percorrerà la Costiera Amalfitana e il Chiunzi nella 6ª tappa
Il Giro 2023 percorrerà la Costiera Amalfitana e il Chiunzi nella 6ª tappa
Tutto rimandato?

In teoria sì, ma mi era venuta curiosità di sapere chi fosse. Così ho chiamato Belli, per sapere chi potesse essere secondo lui. «Chi vuoi che sia, è Remco!». E allora mi sono fermato. Ho chiesto a Wladimir da dove arrivasse e lui mi ha detto che si stava allenando a Calpe. Così ho pensato che il volo arrivasse per forza da Valencia. Sono entrato in aeroporto, ho controllato e il volo arrivava a Napoli alle 9,10. Anzi, era già atterrato.

Bramati non c’era ancora?

No, così aspetto e dopo 20 minuti arriva questo ragazzo, prende la bicicletta e mi passa davanti. Io mi faccio la foto, lo saluto e gli dico chi sono. E poi gli dico: «Guarda che il Brama ancora deve arrivare, aspetta che arriva». Lui non si aspettava che qualcuno lo riconoscesse, così lo sento che chiama Bramati e gli dice che un ex corridore ha fatto la foto con lui e gli ha detto di aspettare. E così Bramati mi chiama.

Remco ha pedalato sulle strade della Costiera Amalfitana, forzando solo sul Chiunzi
Remco ha pedalato sulle strade della Costiera Amalfitana, forzando solo sul Chiunzi
Cosa ti dice?

Mi fa: «Illi, ma tu sei l’aeroporto?». Io gli dico di sì e lui dice che aveva sbagliato con l’orario. Gli dico che se me lo diceva, ci organizzavamo e glielo portavo io in hotel, ma comunque alla fine è arrivato.

Quindi era davvero Remco, venuto giù a provare i percorsi del Giro…

Esatto, ma Bramati mi dice che non si deve sapere niente finché non esce il video che faranno. «Ma cosa pensi – gli dico – che se mi chiedi di stare zitto, io lo vado a raccontare in giro?». Comunque ieri mattina si sono fatti la tappa di Napoli. Io li ho presi sulla Costiera e ho fatto un pezzo con loro, perché giustamente questo cammina, non è che gli puoi stare dietro se non sei allenato.

Illiano ha pedalato con Evenepoel per una ventina di chilometri in Costiera
Illiano ha pedalato con Evenepoel per una ventina di chilometri in Costiera
Quanto sei stato con loro?

Mi sono fatto una ventina di chilometri con lui, ho fatto qualche altra foto e poi mi ha chiesto se potevo seguirli anche oggi a vedere un altro paio di tappe. Purtroppo è morto il padre del meccanico che era con loro ed è dovuto rientrare. Per cui siamo rimasti di sentirci per organizzarci.

Come l’hai visto Remco?

Sul Chiunzi, ha provato anche a spingere. Poi è sceso dall’altro lato, ha fatto tutta la Costiera dentro Sorrento. Dietro c’era Brama con il GPS che guardava i watt, il percorso e tutte queste cose qui.

Per Remco e Illiano, breve sosta ad Amalfi che il Giro attraverserà al 60° chilometro, scendendo dal Chiunzi
Per Remco e Illiano, breve sosta ad Amalfi che il Giro attraverserà al 60° chilometro, scendendo dal Chiunzi
Ti è parsa una ricognizione o una vera prova?

Andava a spasso, guardava il misuratore di potenza. Comunque per quello che ho visto, viaggiava in scioltezza su un rapporto di 4 watt/kg, proprio sciolto, sciolto. Si vede che ha un motore eccezionale, queste cose ormai le riconosco. In cima alla salita del Chiunzi ha spinto forte e andava sul serio. In più secondo me è già magro, potrà essere due chili sopra il peso forma. Piuttosto mi ha stupito in discesa…

Cioè?

Andava giù fortissimo, nonostante il bagnato. Non sapeva che qua è Sorrento e non il Belgio e che rischiava troppo? E poi vai a raccontare che sei caduto per provare una discesa? E’ sceso come se fosse in corsa. Forse le fa forte in allenamento. In un tratto, ha fatto passare davanti un amico che era con noi e si è messo a 10 metri. Una cosa che notavo è che guida con il computerino che segnala il percorso. Io quella funzione l’ho disattivata, perché se il gps arriva in ritardo, finisci contro un muro.

Dopo aver provato i tratti di Costiera, Bramati ed Evenepoel hanno visionato il finale di Melfi
Dopo aver provato i tratti di Costiera, Bramati ed Evenepoel hanno visionato il finale di Melfi
Quali programmi hanno oggi?

Ieri sono andati a vedere gli ultimi 30 chilometri della tappa di Melfi. Oggi vanno a Lago Laceno, poi tornano indietro e vanno a vederne un’altra. Forse la tappa di Salerno. Alla fine, vanno a fare la doccia e a mangiare in hotel. A gennaio porto un gruppo di cicloturisti a Calpe nello stesso hotel e negli stessi giorni della Quick Step-Alpha Vinyl, ma Remco non ci sarà. Mi ha detto Bramati che lui comincia da San Juan…

Dieci anni dopo, Oppici torna da Bramati e Lefevere

12.11.2022
5 min
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Fausto Oppici, che fu un buon dilettante e negli ultimi 10 anni è stato il capo dei meccanici al Team Bike Exchange-Jayco, lavorerà dal prossimo alla Quick Step, da cui era uscito nel 2012 per aiutare a creare il team australiano.

Il mercato degli uomini dello staff è meno frizzante di quello dei corridori e probabilmente fa meno notizia, però i direttori sportivi e i team manager sanno che gli uomini giusti nelle posizioni chiave permettono alla squadra di girare meglio. Perciò se con la chiusura della Drone Hopper-Androni la Bardiani si è presa tutto il suo staff della performance, il ritorno di Oppici sull’ammiraglia italiana di Bramati darà al tecnico bergamasco una sicurezza in più. Soprattutto alla vigilia di un anno in cui in Italia potrebbe arrivare in modo più massiccio baby Evenepoel.

E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno
E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno

Costruire un team

Fausto Oppici, classe 1970, vincitore di una Coppa Caduti Nervianesi e secondo alla Coppa San Geo del 1992, è stato una delle colonne portanti della Quick Step di Boonen. Per cui pensare al team belga ha sempre portato ottimi ricordi.

«Era un po’ che Bramati e Lefevere mi chiedevano di tornare – sorride –  e alla fine ho detto: ci provo. Volevo trovare altri stimoli dopo 10 anni qui alla Bike Exchange. Torno in un posto che conosco già. La struttura è rimasta quella, una parte del personale è la stessa. Ero venuto via per seguire il progetto di Alvaro Crespi e Shayne Bannan. Mi avevano offerto il posto di responsabile di tutta la parte legata alla meccanica e ho accettato, per provare anche la nuova sfida. Però adesso, dopo 10 anni, sono cambiate tante cose. Ci sono tante più incombenze e mi sono detto che forse è tornato il momento di fare nuovamente il meccanico. Quando torno da una corsa, ho bisogno di stare a casa…».

Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Invece negli ultimi anni?

Rientravo da una corsa e andavo in magazzino a lavorare. Non ci sono solo le biciclette. C’è da fare il programma, ci sono le macchine, i camion, ci sono tante cose da vedere e da fare. Magari vai per pensare solo alle biciclette, poi arrivi e trovi il tuo collega che lavora quasi solo in magazzino. Magari è lì che guarda i mezzi, quindi lo aiuti. Lo accompagni, perché sai che deve portarli in officina. Ogni volta che ci sono dei cambiamenti di programma, se per esempio arriva una nuova corsa da fare, devi organizzare gli spostamenti di tutti gli altri. Non sei da solo, ma ti metti lì col direttore sportivo. Erano le cose che di solito facevo con Vittorio Algeri o con Gene Bates. Ci mettevamo lì a vedere se c’era la possibilità di incastrare tutto.

E’ stata un’esperienza positiva?

Mi sono sempre trovato bene, mi è piaciuto, mi sono divertito. Mi sono tolto delle belle soddisfazioni. Non ho niente da recriminare. Ho voluto provare la nuova esperienza di una squadra nuova che nasceva completamente da zero. Ma erano già diversi anni che “Brama” mi chiamava e con Lefevere sono sempre rimasto in contatto. Non ho mai avuto problemi con lui. Quando mi vedeva, ci siamo sempre salutati, abbiamo sempre parlato. Anche solo per gli auguri di Natale o cose del genere. E così quest’anno ho detto di sì ed è stato come tornare a casa.

Cosa ricordi di quella Quick Step?

L’ultimo anno con loro fu il 2011. C’era Boonen e c’era Chavanel. Quell’anno arrivò Trentin, che venne a fare il Tour of Beijing da stagista. Poi l’anno dopo passò professionista con loro, ma io ero già andato. Però me lo sono ritrovato nel 2018 alla Mitchelton. Avevamo bici Specialized. Negli anni abbiamo cambiato un po’. All’inizio avevamo Time. Poi siamo passati a Merckx e dopo a Specialized.

Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Com’è fare il meccanico in una squadra così?

Fare il meccanico alla Quick Step, per quello che il ciclismo rappresenta in Belgio, è come essere alla Juventus. Nel mio piccolo, essere ancora ricercato da una squadra così importante vuol dire che, a parte l’amicizia, qualcosa posso dargli. Sennò certamente non avrebbero avuto bisogno di me. Con tutte le virgolette, forse qualcosa valgo anch’io.

Tanto onore e tanta responsabilità?

Non piccola. Più si alzano gli obiettivi, più si alza il valore dei corridori e più ce l’hai sulle spalle. Perché se poi qualcosa non funziona, tocca sempre a te. Durante la corsa hai sempre il timore che possa succedere qualcosa alla bicicletta che hai preparato. E poi quando magari qualcosa succede davvero, anche la più piccola, cominci a pensare a cosa possa essere successo. Ti fai venire mille paturnie.

Sai già che programma farai?

Bene o male, so il numero dei giorni. Se ne discute, nel senso che c’è il responsabile che farà il calendario. Però al momento di farlo, ti chiede se Ie corse che ha pensato vanno bene. Se hai qualche problema in un giorno particolare, in cui hai bisogno di stare a casa o cose del genere. Io ovviamente sarò orientato sulle corse in Italia. L’orientamento delle squadre è non far viaggiare troppo lo staff, se non è necessario. Sarebbe stupido che io andassi a fare le corse in Belgio, se lassù ci sono i meccanici belgi.

Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Solo Italia, dunque, per Oppici?

Magari capiterà di andare al Nord o altrove. Ad esempio Bramati in Belgio ci va di sicuro, ma è altrettanto sicuro che le corse italiane toccano a lui. Si cerca di dividere i compiti, anche se di italiani nella squadra non ce ne sono tanti. Siamo in quattro. Bramati, Tegner che però è un dirigente, un massaggiatore (Yankee Germano, ndr) ed io.

Sei già andato in magazzino?

Non sono ancora stato su, anche perché fino al 31 dicembre sono stipendiato dalla Bike Exchange. In realtà ho parlato con Copeland e loro mi hanno dato la disponibilità, qualora ne avessi bisogno, di dare una mano di là. Allo stesso modo in cui gli ho detto che posso ancora aiutarli. Però al momento non sono ancora andato. Se posso dire la mia opinione, aspettare il 31 dicembre è una gran stupidata. A dicembre le squadre vanno già in ritiro e i corridori iniziano a usare i nuovi materiali. I contratti dovrebbero finire il 31 ottobre. 

Quanto è dura per i giovani italiani? Discorsi con Bramati

14.10.2022
5 min
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Nell’ultimo editoriale avevamo fatto una riflessione secondo la quale molti giovani stando spesso al servizio dei capitani non hanno attitudine con i finali di corsa. Non hanno quello spunto tattico che gli consente di vincere o semplicemente di non sbagliare. Per fare un esempio, Pogacar al Fiandre commette un pasticcio in volata, al Lombardia si ritrova in una situazione simile, ma grazie anche a quell’esperienza non si fa cogliere in castagna.

Ma in generale, i giovani che militano nel WorldTour sono spesso adombrati dai campioni e poiché non ci sono squadre totalmente italiane tutto ciò riguarda di più i “nostri” ragazzi. 

Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia
Davide Bramati (classe 1968) ha corso fino al 2006 ed è subito salito in ammiraglia

Parla Bramati

Ne abbiamo parlato con Davide Bramati, direttore sportivo di stampo moderno, che è alla guida di uno dei team più titolati, la Quick Step-Alpha Vinyl. Nella sua squadra per esempio ci sono due dei talenti italiani più forti, vale a dire Davide Ballerini e ancora di più , vista la sua età, Andrea Bagioli. 

«Io – spiega Bramati – credo che le opportunità alla fine ci siano per tutti. Poi bisogna analizzare stagione per stagione. Parlando di Ballerini e Bagioli quest’anno non sono mai stati al 100%, hanno avuto parecchia sfortuna tra cadute, Covid e quest’ultima influenza che li ha debilitati non poco. Per esempio Ballerini aveva vinto ad inizio stagione, poi aveva ritrovato il successo in estate e quando iniziava a stare bene è caduto a Burgos non arrivando al meglio al mondiale. Ha iniziato a stare bene quando la stagione era finita.

«Facendo un discorso generale, nelle squadre più grosse ci sono grandi campioni e chiaramente c’è più possibilità che i giovani debbano mettersi a disposizione. Un giovane che passa deve sapere che può fare il gregario, ma deve mantenere quello spirito, quella voglia di vincere che aveva da dilettante. Poi ripeto, alla fine le possibilità vengono date a tutti».

Bramati insiste molto sul fatto che negli ultimi anni il Covid abbia condizionato moltissimo la situazione. Racconta che loro, che sono una squadra votata alle classiche, specie quelle del Nord, spesso hanno avuto difficoltà a mettere insieme sei corridori anche per il pavé. Una situazione simile non avvantaggia nessuno, men che meno i giovani.

Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto
Giro 2021: Ganna tira per Bernal… Molti reclamarono: la maglia rosa avrebbe meritato più rispetto

Come Ganna

In apertura abbia parlato del fatto che i ragazzi italiani possano pagare più dazio rispetto ad altri. Facciamo un discorso generale, non relativo solo alla Quick Step-Alpha Vinyl. Oltre a Bagioli e Ballerini, pensiamo a Oldani, Conca (in apertura mentre tira per la Lotto Soudal), Aleotti, Tiberi, Covi… Ecco, Alessandro nonostante abbia già ottenuto buoni risultati, quando ci sono Pogacar o Almeida, deve mettersi a disposizione.

Rota e Pasqualon si sono salvati un po’ meglio perché corrono in un team in cui il loro peso specifico è maggiore.

Ma in generale tutti questi corridori (e altri) quanta fatica hanno fatto per trovare il loro turno? Di certo in un team del tutto italiano avrebbero qualche difficoltà in meno. Quantomeno sarebbero più tutelati. Ricordiamoci quando Ganna in maglia rosa e campione mondiale a crono dovette mettersi a disposizione di Bernal.

E’ anche vero che il ciclismo è cambiato e spesso anche i super campioni lavorano per i compagni, però da lì a fermare una maglia rosa italiana al Giro… ce ne vuole.

E quanti giovani che magari non hanno il “mega motore” di Ganna, o non sono cronoman che possono mostrare il loro valore individualmente, rischiano di restare nascosti? Passa una stagione, ne passano due ed ecco che un potenziale campione rischia di non fiorire del tutto.

Andrea Bagioli, al lavoro per Alaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo
Andrea Bagioli, al lavoro per iAlaphilippe. Andrea è tra i giovani più promettenti del nostro ciclismo

Se fatica Bettini…

Lo stesso Paolo Bettini, per esempio, forte di due mondiali e correndo alla Quick Step, non potè mai del tutto puntare al Giro delle Fiandre in quanto chiuso dell’enfant du pays, Tom Boonen. C’era sì, ma non con tutta la fiducia del team. Bramati all’epoca era un corridore di quella corazzata.

«Però – racconta Bramati – se è vero che c’era gente come Boonen, è anche vero che Bettini viste anche le sue caratteristiche puntava forte sulle Ardenne. E arrivare al top dalle classiche del pavé alle Ardenne è lunga. E comunque l’anno che vinse la Sanremo ci ha provato.

«E poi c’è un’altra cosa da dire. Se vuoi provare a vincere un Fiandre, prima devi fare altre corse sul pavé. E fare quelle corse significa per forza di cose rinunciare ad altre gare. Magari se punti alle Ardenne vai al Paesi Baschi: strappi, salite, ritmo, maltempo…».

A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità
A inizio stagione Covi ha avuto spazio. Al Giro fino quando c’è stato Almeida ha aiutato. Poi ha sfruttato al massimo le sue possibilità

Ragazzi pronti

Prima Bramati ha detto una cosa importante: mantenere lo spirito vincente che si ha da U23.

«Bisogna mantenerlo – ripete – perché come ho detto la tua occasione arriva. Noi qualche anno fa vincemmo con ben 19 corridori. Lo spirito non lo devi perdere perché può capitare che ti ritrovi davanti in un finale di corsa, perché puoi ritrovarti in una situazione favorevole».

Vero, ci si può ritrovare davanti, ma se hai poca esperienza perché hai sempre aiutato cosa ti inventi? È normale che non si abbia la freddezza necessaria, che ci sia il batticuore.

«Un campione è campione perché sa quando e come muoversi – dice Bramati – è anche una questione di carattere. Poi certo l’esperienza serve in certi casi, ma se su dieci finali di corsa ne perdi la metà, l’altra la devi azzeccare. E se non lo fai c’è qualcosa che non funziona. E ugualmente non è detto che non sia un campione. Se si ritrovano in un finale Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel, chi vince? E chi perde non è un campione?

«E’ difficile dire se sia più facile o difficile affermarsi oggi per un ragazzo. Il ciclismo è diverso, il calendario è diverso, il gruppo è diverso. Prima oltre agli europei c’erano un colombiano e un australiano. Adesso ce ne sono dieci di colombiani. E oltre a loro tanti altri. Adesso il giovane che passa, passa perché è pronto. Può e vuole vincere subito… E anche in questo caso non è detto che se non vince subito non possa essere un campione».

Raccani, la Quick Step e lo stage finito all’ospedale

21.08.2022
5 min
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Lo stage di Simone Raccani con la Quick Step-Alpha Vinyl, la Vuelta a Burgos (foto Instagram in apertura), si è concluso durante la terza tappa contro una parete rocciosa e poi all’ospedale della città della Castilla y Leon. Da lì il vicentino è volato a Herentals per un intervento al polso e ora è a casa in attesa di poter ripartire. Il malumore, dice, è durato anche poco. A fargli compagnia resta la consapevolezza delle buone cose fatte vedere e l’interessamento della squadra belga. Simone alla Quick Step non c’è arrivato per la magia di qualche procuratore, ma per una chiamata di Bramati e del loro talent scout. E questo a 21 anni è un bel pensiero da coltivare.

«Sto guarendo – dice con voce serena – inizio a muovere la mano. Poteva andarmi peggio. La settimana prossima comincerò a fare qualcosa, sperando di poter riprendere ad allenarmi per settembre. Mi piacerebbe fare una corsa per ottobre, giusto per non dover rincorrere tutto l’inverno e rientrare a febbraio dopo sei mesi senza gare».

Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio
Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio

Dopo i due successi del 2021, fra cui il Gp Capodarco, la sua stagione, in sintesi, parla di due vittorie (Trofeo MP Filtri a Pessano con Bornago e Memorial Trocchianesi a Monte Urano), un Giro d’Italia sotto le attese e due terzi di tappa al Giro della Valle d’Aosta che hanno portato anche al terzo in classifica finale.

Torniamo a momenti più felici, come è nato lo stage con la Quick Step?

E’ successo che Bramati si è messo in contatto con il mio direttore sportivo Gianni Faresin e poi su Instagram mi ha scritto Johan Molly, un loro talent scout, e hanno curato tutta l’organizzazione. Quando l’ho saputo è stata una notizia bellissima. E’ una delle squadre che ho sempre seguito, ero molto contento. Al momento non so se passerò con loro, ma c’è interesse.

Peccato che lo stage sia durato poco…

Troppo poco. Il terzo giorno sono caduto ed è finita la stagione.

Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Che effetto fa andare alle corse sul pullman della Quick Step?

E’ bello. C’è un ambiente molto professionale, la sensazione di essere in una grande squadra. Mi hanno dato tutto tranne le scarpe. Ho portato la Pinarello e hanno fatto il copia e incolla delle misure sulla loro Specialized. Ho tenuto la mia bici come scorta, casomai ci fossero dei problemi, ma non ce ne sono stati.

Hai cominciato subito in una corsa WorldTour.

Ho scoperto che almeno nelle prime fasi era molto controllata, non c’era la confusione delle nostre corse U23, che sono ingestibili. Poi nel finale si andava veramente a tutta.

Che voto possiamo dare a questa stagione?

Avevo l’obiettivo di portare in alto la maglia della Zalf Desirée Fior. L’avvicinamento al Giro d’Italia U23 è andato bene fino a due settimane prima. Terzo alla Strade Bianche di Romagna. Sesto al Recioto e al De Gasperi, ero sulla strada giusta. Invece appena è partito il Giro, non sono riuscito a trovare la condizione e l’ho finito 15° senza mai aver dato un segnale. Così sono andato al Val d’Aosta per puntare a qualche tappa ed è venuto fuori un terzo posto inaspettato. Ma è anche vero che se punti alle tappe di salita, di solito viene anche la classifica.

Ricordi la caduta?

C’era una curva che in uscita stringeva. Davanti c’è stato uno sbandamento. Io ero tutto all’esterno, mi sono toccato con un altro e sono finito su una parete rocciosa. Mi sono rialzato, ero pieno di abrasioni. Poi ho guardato il polso e ho visto che era gonfio e storto.

Così sei finito all’ospedale.

Prima quello di Burgos, dove mi hanno dato 15 punti per le ferite aperte, al braccio sinistro e al palmo della mano destra. Poi sono andato in Belgio, nella clinica di Herentals cui fa riferimento la squadra. E lì mi hanno operato, perché la frattura era pluriframmentaria e molto instabile. C’era l’osso aperto e così hanno riattaccato le parti inserendo una placca che resterà lì. E’ ancora un po’ gonfio, ma almeno ora muovo le dita.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha continuato a seguirti?

Fino all’ospedale e poi nei giorni successivi, Bramati ha continuato a chiamarmi tutti i giorni. Di qui a qualche settimana parleremo, pare che mi faranno una proposta. Credo e spero di aver fatto una buona impressione.

Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Com’era il tuo umore dopo l’incidente?

Ero tranquillo. L’unico pensiero era di andare in mano a persone esperte per l’intervento. Ma quando ho saputo che era lo stesso chiururgo che ha operato Alaphilippe alla mano e Remco (Evenepoel, ndr) dopo il Lombardia, mi sono tranquillizzato. La mano è perfetta.

Hai un tutore?

Un tutore che tolgo per fare magnetoterapia. Sono fermo da 15 giorni in attesa che l’osso si saldi e che si chiudano bene tutti i tagli. E poi ci vorrebbe davvero una corsetta. Questo sarebbe il mio prossimo obiettivo.