A Treviso l’UCI Region Bike Label, un lavoro di squadra

01.02.2025
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La Provincia di Treviso si è fregiata dell’UCI Bike Region Label, un riconoscimento consegnato dal presidente UCI Lappartient al presidente provinciale della FCI di Treviso, Giorgio Dal Bò. La cerimonia si è svolta ad Abu Dhabi lo scorso dicembre ed ha riconosciuto alla Marca Trevigiana una sorta di qualifica “bike-friendly di eccellenza” in virtù degli sforzi che sono stati profusi in ambito cicloturistico, sportivo e di sicurezza stradale. Eccellenza, perché solo 28 località nel mondo possono vantare tale riconoscimento: 15 città (UCI Bike City Label) e 13 regioni (in Italia, prima di Treviso, solo la Val di Sole).

«E’ un traguardo frutto di un grande lavoro di squadra – spiega Giorgio Dal Bò, presidente provinciale della FCI di Treviso – raggiunto anche grazie all’organizzazione, nel 2023, del Campionato del mondo Gravel. Il nostro prossimo obiettivo sarà invitare il presidente David Lappartient per fargli vivere qualche giorno nei nostri luoghi incantevoli».

La delegazione veneta presente ad Abu Dhabi, guidata dal Presidente provinciale FCI, Giorgio Dal Bò (al centro)
La delegazione veneta presente ad Abu Dhabi, guidata dal Presidente provinciale FCI, Giorgio Dal Bò (al centro)

Il ruolo di Daniela Isetti

Un ruolo di primo piano l’ha avuto Daniela Isetti che, oltre a far parte del Consiglio dell’Unione Ciclistica Internazionale, è esponente della Commissione “Ciclismo per tutti e ciclismo sostenibile”, sempre in seno all’UCI.

«Questa Commissione di cui faccio parte – spiega – lavora su argomenti legati alla sostenibilità, alla mobilità alternativa, al turismo sportivo, all’educazione dei bambini. Insomma, a tutti quegli argomenti che oggi rappresentano per il mondo del ciclismo un valore aggiunto. Qualche anno fa è stata istituita questa etichetta che viene assegnata dopo la presentazione di un progetto».

Qual è la prassi che porta a riconoscere l’UCI Bike Region Label a chi presenta tale progetto? 

Il percorso di approvazione e quindi di assegnazione di questa etichetta nasce all’interno della Commissione. Essa analizza i progetti presentati, segnala al Consiglio Direttivo dell’UCI le città meritevoli ad essere premiate con essa e il Consiglio Direttivo dell’UCI poi approva o meno le varie proposte. 

Daniela Isetti
Daniela Isetti è un membro del Consiglio dell’Unione Ciclistica Internazionale
Daniela Isetti
Daniela Isetti è un membro del Consiglio dell’Unione Ciclistica Internazionale
Come si è arrivati a Treviso?

Conoscendo la realtà di Treviso, molto legata a dinamiche che fanno riferimento al turismo sportivo, era stato proposto loro di iniziare questo tipo di percorso. Al Comitato Provinciale di Treviso della Federazione. Quindi a Giorgio Dal Bò. Si è poi creato un gruppo di lavoro con Nicolò Valentini e Antonella Stellitano, assieme ad altri componenti.

Qual è stato il suo ruolo?

Ho supervisionato il loro operato, anche in virtù del mio collegamento con la Commissione  che poi ha valutato il progetto. Tra l’altro Treviso è stata insignita del riconoscimento assieme a Tokyo, per cui parliamo di un livello qualitativo estremamente importante. 

Quali sono i criteri che occorre rispettare per ottenere il Label?

La progettualità deve mettere in luce gli investimenti che vengono fatti per la mobilità alternativa. Piste ciclabili. Investimenti sul turismo sportivo. Su politiche che tendono a far aumentare l’uso della bicicletta tra i giovani, tra la popolazione… Quindi sono diverse progettualità che devono dimostrare come la bicicletta rappresenti per un territorio un elemento di sviluppo. Uno degli elementi che comunque l’UCI chiede è anche di avere organizzato degli eventi a carattere internazionale. Nel caso di Treviso, l’elemento che ha sancito la perfetta presentazione di tutto il dossier è stata l’organizzazione del Campionato Mondiale Gravel UCI nel 2023.

David Lappartient, a capo dell’UCI dal 2017, ha consegnato il Bike Region Label alla Provincia di Treviso
David Lappartient, a capo dell’UCI dal 2017, ha consegnato il Bike Region Label alla Provincia di Treviso
Ci sono altri elementi di merito che la Provincia di Treviso ha potuto giocarsi?

Uno dei punti di forza è stato il mettere in evidenza come la storia del ciclismo si ripercuote con un progresso che vede il ciclismo non più solo come elemento agonistico, ma anche come elemento territoriale. Inoltre è stato messo in evidenza come il ciclismo e la bicicletta rappresentano per il territorio un elemento economico importante, un volano per tutta l’economia, basti pensare all’esempio di Pinarello. 

Da qui in avanti cosa si può prospettare?

Per il futuro la Commissione “Ciclismo per tutti”, come sempre fa, organizzerà dei webinar riservati alle città che costituiscono questo network importantissimo, mettendole nelle condizioni di crescere e di fare scambio di esperienze. Quindi ci sarà prossimamente un webinar che interesserà sia Treviso che Tokyo, ma ovviamente aperto a tutte le realtà, per iniziare un percorso di condivisione. Con il Comitato Provinciale di Treviso si ragionava anche della possibilità di ospitare in futuro il forum delle città ciclabili che si è tenuto a fine 2024 ad Abu Dhabi e che quest’anno si svolgerà a Copenhagen.

L’occasione del premio è stata un’opportunità per far conoscere il territorio trevigiano negli Emirati Arabi
L’occasione del premio è stata un’opportunità per far conoscere il territorio trevigiano negli Emirati Arabi

Una Provincia su due ruote

La provincia di Treviso vanta ben 2.715 km di piste ciclabili, con l’obiettivo di aumentarle del 7% all’anno, puntando a 2.904 km entro il 2025. Oltre a potenziare la sua rete ciclabile urbana, Treviso sta promuovendo attivamente il ciclismo per il tempo libero con 11 percorsi dedicati al cicloturismo e 20 sentieri per fuoristradisti.

E poi non si può non ricordare la presenza sul territorio di marchi che hanno fatto la storia del ciclismo come Pinarello, Sidi e Selle Italia radicati nella forte tradizione manifatturiera della regione. Questa tradizione è un aspetto fondamentale della cultura locale che può vantare oltre 130 anni di storia ciclistica. L’industria stessa contribuisce in modo significativo all’economia, con quasi 130 aziende del settore, sparse nella provincia trevigiana.

E, per concludere, si attende da anni il completamento del velodromo di Spresiano, previsto nel 2026, capace di ospitare eventi su pista di primissimo livello…

Dagnoni presidente con 138 voti. La Federazione riparte da qui

19.01.2025
7 min
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FIUMICINO – Cordiano Dagnoni sarà per altri quattro anni il presidente della Federazione ciclistica italiana. Così ha stabilito il ballottaggio. Al lombardo sono andati 138 voti, pari al 59,74 per cento. Lo sfidante Martinello si è fermato a quota 99, il 39,83 per cento. Gli elettori di Daniela Isetti, che al primo turno aveva raccolto 43 voti, sono stati l’ago della bilancia.

«Speravo di avere già la maggioranza al primo turno – dice Dagnoni – invece per usare un termine calcistico, ho preso il palo e non ho fatto goal. Tutto sommato però è ancora più gratificante vincere al secondo turno con un consenso ancora maggiore. Significa che chi aveva sposato una candidata, poi si è rivolto a me. Per cui va bene così, è durata solo un pochino di più.

«E’ stata una campagna meno velenosa della volta precedente, soprattutto da parte di Martinello. Quattro anni fa probabilmente sul piano della comuncazione era assistito da qualcuno che aveva toni più aggressivi. Questa volta, pur manifestando sempre la sua parte critica nei confronti dell’operato della Federazione, è stato molto più soft. Daniela Isetti invece si è mantenuta sempre sobria, come nel suo stile».

L’Assemblea si svolge all’Hilton di Fiumicino. La stampa segue da una stanza a parte
L’Assemblea si svolge all’Hilton di Fiumicino. La stampa segue da una stanza a parte

Apertura alle 7,30

La sveglia all’alba. Le operazioni di accredito sono state anticipate alle 7,30, la hall dell’Hotel Hilton a due passi dall’aeroporto è silenziosa. Un sottile brusio di sottofondo proviene dai capannelli di addetti ai lavori che aspettano la giornata campale. Un grosso display scandisce la registrazione dei delegati che voteranno il presidente della Federazione ciclistica italiana. I candidati sono tre, con Daniela Isetti e Silvio Martinello a sfidare Cordiano Dagnoni, che ha guidato il ciclismo nelle ultime tre stagioni.

Le considerazioni si susseguono, ma sono tutti concordi nel dire che il prossimo quadriennio dovrà segnare una svolta: il ciclismo italiano non ha più bonus da giocare. Quel che colpisce, nel frattempo, è rendersi conto che l’assemblea è popolata da anni dalle stesse facce. Oltre questo non ci è dato di vedere: la stampa ha a sua disposizione una stanza con una connessione internet e un monitor che mostra – quando funziona – le operazioni preliminari e poi quelle di voto.

Botte e risposte

Gli interventi dei tre candidati durano dieci minuti ciascuno e fra le righe si coglie la tensione che neppure si cerca di stemperare. Il debutto spetta per sorteggio a Martinello. Dice di aver posto subito la sua candidatura: nonostante una carriera passata spesso a ruota, dice, questa volta ha preferito prendere un po’ di vento. Fa un cenno alla vicenda delle provvigioni irlandesi che ha portato alle dimissioni Norma Gimondi, non invitata all’assemblea. Poi aggiunge che i numeri dimostrano la sofferenza dell’attività di base e che per questo bisognerebbe stare accanto alle società e fare in modo che i Comitati regionali siano soggetti più efficienti.

Dagnoni risponde punto su punto. Dice che per la storia dell’Irlanda sono stati indagati e prosciolti in ogni sede giudicante. Dice che Norma Gimondi non è stata invitata perché non aveva il titolo per esserci. Il presidente uscente ha già raccontato il suo programma nel fare la relazione di fine mandato e mostra grande sicurezza. La perfetta introduzione per Daniela Isetti, che invoca una Federazione più vicina alla base e parla di storia e pari opportunità, rievocando i nomi di Alfredo Martini e Alfonsina Strada.

Dagnoni presidente

Il tempo per tre interventi – da parte di Salvatore Bianco, Claudio Santi e Marco Toni – e poi si può votare. La spiegazione è chiara: avviene tutto in digitale e la votazione comincia. Il risultato del primo turno vede Dagnoni con 110 voti, Martinello con 77, Isetti con 43. C’è circa mezz’ora per l’avvio del ballottaggio, come annuncia Silvia Salis: la presidente dell’assemblea. E’ da poco passato mezzogiorno quando lo spoglio del ballottaggio proclama la vittoria di Dagnoni.

«Sono stati quattro anni molto impegnativi – prosegue Dagnoni – ma quando si vuole cambiare, bisogna anche rischiare. Per cui si è sbagliato anche qualcosa, si è fatto qualche passo falso, ma restare nella zona di comfort e non fare nulla era troppo facile. La Federazione non aveva bisogno di questo, per cui sono veramente grato per la fiducia che mi è stata rinnovata. Credo che la continuità sia la strada migliore per raccogliere i migliori frutti nei prossimi quattro anni. Su due piedi direi che per la parte tecnica, bisogna continuare sulla strada che abbiamo intrapreso. I risultati si sono visti da subito per cui non si abbassa l’asticella e si continua in quel senso.

«Per il resto, ci sono da affrontare altri settori più delicati, come quella della sicurezza che è legata all’impiantistica. Per cui il mio grido di allarme è sempre rivolto alle Amministrazioni che devono investire in infrastrutture e impiantistica, per fare sì che il nostro sport possa essere praticato in ambienti protetti e sicuri».

Il nuovo Consiglio federale. Da sinistra: Saia, Ragosta, Acquasanta, Checchin, Metti, Vietri, Puccetti, Confalonieri. Sotto, Dagnoni e Cornegliani (foto FCI)

Il nodo dei cittì

I temi sul tavolo sono tanti, ma è evidente che Dagnoni non voglia entrare troppo nello specifico, non sapendo ancora quale sarà la composizione del prossimo Consiglio federale.

«Le cose che vanno bene – prosegue – bisogna lasciarle stare e credo siano state tante. Ci sono stati passi falsi. Come mi hanno sempre insegnato, un leader deve fare tanti errori, l’importante è che non faccia gli stessi. Per cui cercherò di fare tesoro dell’esperienza di questi quattro anni e le metterò a frutto. Non ho mai pensato di non ricandidarmi. Ha prevalso lo spirito dell’atleta, per cui la grinta c’è sempre stata. Ci sono stati invece dei momenti di tensione, dovuti anche a un Consiglio federale molto disomogeneo, in quanto rappresentanza di tre fazioni diverse. Molto spesso ci siamo trovati in posizioni di disequilibrio. Spero e auspico di avere un Consiglio più coeso e omogeneo, per lavorare in modo più sereno.

«Proprio per questo è ancora presto per parlare dei nomi dei commissari tecnici. Ho incontrato Bennati pochi giorni fa. Si mantiene un buon rapporto, ma ovviamente vediamo come saranno distribuite le varie deleghe all’interno del Consiglio. E poi ci saranno caselle da sistemare, come quella del CT dei professionisti, quello delle donne e quello della pista disabile. Ho detto a Silvano Perusini, come a Bennati, che le porte non sono chiuse».

Dagnoni presidente della Federazione: la proclamazione è appena avvenuta (foto FCI)
Dagnoni presidente della Federazione: la proclamazione è appena avvenuta (foto FCI)

La Federazione che verrà

Per parlare del resto ci sarà tempo, così come ci sarà da parlare con Martinello per capire che cosa a suo avviso non abbia funzionato. Il rischio c’era. Il padovano ha incontrato le società, Dagnoni intanto incontrava i delegati che poi avrebbero votato. Questo ci ha ricordato una battuta di Giancarlo Ceruti, che sfidato da Francesco Moser nel 2001, vinse e fece un commento di grande realismo politico: «Moser si è fatto fotografare con tante gente, ma tutta gente che non votava».

«In questo quadriennio – chiude il neo presidente della Federazionemi sento più sicuro anche nell’aver imparato tante dinamiche gestionali all’interno di una Federazione che credo sia una veramente delle più complesse per il numero di discipline e specialità. Comunque una Federazione che ha bisogno davvero di essere riportata a livello che merita».

La FCI di Isetti: «Si riparte puntando su base e sicurezza»

28.12.2024
7 min
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Se all’elezione del prossimo presidente federale si procedesse per titoli, Daniela Isetti partirebbe con una dotazione di primissimo piano. E’ stata per due mandati vicepresidente della Federciclismo. Oggi è consigliere Uci, ma anche assessore alla Promozione del benessere della persona con deleghe al Welfare, allo Sport e agli Eventi del Comune di Salsomaggiore Terme. Ha fatto parte del Consiglio Nazionale del CONI e ne è vicepresidente in Emilia Romagna. E’ stata lei, con il Centro Studi, a gettare le basi dell’attuale Team Performance della Federazione. Fa parte della UCI Woman’s Commission. E’ stata Assessore allo Sport, cultura, eventi, politiche giovanili del Comune di Salsomaggiore Terme, la sua città. Il suo punto debole, che tale non dovrebbe essere, è il fatto di essere donna, nello sport italiano che professa la parità eppure ha eletto due sole donne ai vertici di federazioni nazionali.

Sembrava che le elezioni del 2021 avrebbero fatto della Federciclismo il pilota del cambiamento: si disse che il presidente uscente Di Rocco la avesse individuata come suo successore. Invece quei voti si spostarono verso l’attuale presidente Dagnoni. Si disse nella confusione di quei giorni che pur di non far vincere Martinello, Di Rocco avesse preferito sostenere il dirigente lombardo, che poi lo tagliò fuori dalla Federazione. Comunque sia, dopo il primo tentativo del 2021, Isetti si candida nuovamente e nuovamente ha le idee molto chiare. Il suo programma, estremamente dettagliato, ha una visione sferica del ciclismo. Lo analizza infatti a 360 gradi e con grande profondità.

Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)
Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)
Come già chiesto a Silvio Martinello, qual è la fotografia del ciclismo italiano secondo Daniela Isetti?

C’è bisogno di una riflessione profonda per arrivare a una modalità che finora non abbiamo ancora esplorato, nel rispetto della nostra storia e delle società. Abbiamo bisogno di recuperare il contatto con la base, perché il ciclismo ha perso terreno. In Italia è diverso rispetto ad altre Nazioni. Si parla tanto della Slovenia che ha così poche società e sforna quei campioni. Io credo che averne tante come da noi sia invece un patrimonio. Intorno alla bicicletta sta nascendo un movimento sociale fortissimo, le nostre società devono interagire maggiormente con le Amministrazioni, non solo per l’aspetto agonistico che pure resta centrale. Conosco l’attività delle società di base. Vedo quali difficoltà ci sono e anche quali sono le ricette che in alcune zone le rendono vincenti.

Perché il ciclismo ha perso terreno?

Le società soffrono per la riforma che le riguarda direttamente. Non tutti erano e sono ancora pronti per affrontare la riforma del primo luglio 2023. E trovo che già in questo la Federazione, attraverso i comitati provinciali e regionali, dovrebbe attivare dei servizi di appoggio e consulenza per chi fa attività e ha problematiche di tipo amministrativo. Detto questo, si vede una certa spaccatura fra l’attività giovanile e quella agonistica. La prima si fa bene sfruttando la possibilità di parchi chiusi e un ambiente sicuro. In quest’ottica, vedo davvero di buon occhio il progetto Bici in Comune, lanciato da ANCI, Ministero dello Sport e Sport e Salute.

Bici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute
Bici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute
Perché?

Perché dà la possibilità di incentivare la mobilità ciclabile e l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sostenibile. Riqualificare e garantire la sicurezza delle piste ciclabili esistenti. Finanziare progetti relativi all’organizzazione di eventi aggregativo-sportivi ciclistici e di attività cicloturistiche (le candidature per i Comuni saranno aperte fino alle 12 del prossimo 13 gennaio, ndr). E’ uno strumento che spero possano abbracciare in tanti.

Mentre le categorie agonistiche?

Salendo di livello si assiste al depauperamento dovuto alle difficoltà di reclutamento dei ragazzi da parte delle società, per non parlare di tutta la discussione in atto su juniores e under 23. Serve riattivare un discorso di filiera per recuperare numeri e attività. Viste le recenti sentenze in tema sicurezza, le società che organizzano hanno ben più di una preoccupazione e la Federazione deve stargli acanto per evitare che cessino l’attività.

Il Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela Isetti
Il Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela Isetti
Idee molto chiare sulla base: riparte tutto da lì?

Sono anche molto legata all’alto livello. Il Centro Studi che adesso si chiama Team Performance nasce dal mio incarico precedente in Federazione, ma è chiaro che la ricostruzione deve partire dal basso. E’ stato fatto tanto, ma è evidente che non sia sufficiente, perché siamo di fronte a una riforma epocale. Le società sportive hanno un valore sociale riconosciuto da Sport e Salute (la società dello Stato che si occupa dello sviluppo dello Sport in Italia, ndr). L’attività sportiva è stata inserita nella Costituzione, per cui abbiamo davanti una prateria di iniziative possibili. Serve che la FCI sia più capillare per dare modo a tutti di lavorare in serenità. Se perdiamo il presidio del territorio, non lo recuperiamo più. Per questo dico che una Federazione ambiziosa deve saper coltivare i rapporti con le Istituzioni.

Tutto questo potrebbe infrangersi contro lo statuto federale che per molti aspetti è limitativo.

Lo statuto e la sua riforma sono forse fra i pochi punti che nel mio programma sono stati messi in grassetto. Abbiamo regolamenti da riscrivere, non sono più attuali: sono troppo complicati e poco chiari, fatti in modo che per ogni decisione sia possibile un’alternativa di segno opposto. E’ fondamentale riscriverli e farlo con un lavoro corale, ma anche con una buona dose di professionismo, per non scrivere nuovamente un documento che lasci spazio a interpretazioni. La democrazia deve essere accessibile per tutti e ogni determinazione che sarà presa dovrà essere chiara e leggibile.

Isetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona May
Isetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona May
Sta reclamando maggiore trasparenza?

La trasparenza è parte del mio programma. Se tutti hanno accesso alle informazioni e alle decisioni, si può avere una vera crescita.

Servirà trasparenza anche nella prossima Assemblea federale?

Me lo auguro, visto che io per prima sono stata vittima di una serie di giochi non proprio chiarissimi. Spero che il 19 gennaio ci siano rapporti diversi, perché certe manovre si riflettono direttamente sul movimento. Spero ci sia maggiore maturità da parte dei candidati e degli elettori, perché la scelta sia basata su motivazioni oggettive e non su conveniente personali. E spero anche che le scelte non avvengano per le promesse ricevute, ma sulla base degli obiettivi. Le promesse non portano lontano e un Consiglio federale composto da troppe anime non consentirà di lavorare in modo costante. Si finirebbe col perdere la maggior parte del tempo e delle risorse in dinamiche di politica interna, perdendo efficacia nella propria azione.

Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018
Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018
Ci sono fronti di vera urgenza?

Ci sono situazioni su cui bisogna intervenire rapidamente. Una su tutte è la sicurezza stradale di tutti i giorni e subito dopo ci sono le problematiche legate alla sicurezza in gara. Vanno affrontate entrambe in maniera urgente, per evitare che le strade siano sempre meno sicure e che le società, a fronte delle ultime sentenze (il riferimento è alla sentenza per la morte di Michael Antonelli, sulla quale la corte ha stabililto che si poteva evitare segnalando la pericolosità della curva in cui cadde, ndr), preferiscano tirare i remi in barca. Poi ci sarà da capire dall’interno le dinamiche del bilancio federale e capire quali siano davvero i margini di manovra.

Si lamenta da più parti l’assenza dell’Italia dai tavoli internazionali su cui le riforme vengono scritte.

Non è una riflessione sbagliata. L’Italia ha Enrico Della Casa che molto probabilmente verrà rieletto alla guida del ciclismo europeo. Io sono in UCI, ma senza il supporto della Federazione. Se avessi dietro una Federazione forte, anche i rapporti in seno all’UCI potrebbero cambiare, ma così finora non è stato. Ci sarebbe la possibilità di fare di più. Per ora un motivo di soddisfazione è aver accompagnato Treviso al riconoscimento di UCI Bike City Label, assegnato in occasione dei mondiali di Zurigo alla città veneta come pure a Tokyo. Prima in Italia c’era solo la Val di Sole. Le città inserite in questo speciale elenco sono ora 29 e sono state inserite per la loro determinazione nel puntare sulla bicicletta come modalità di trasporto e mobilità alternativi. Dimostra che se vogliamo, possiamo lavorare bene anche all’interno dell’UCI. Ma serve la presenza di una FCI forte che ci creda e finora non c’è stata.

In tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla guida della UEC
In tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla UEC
Ci interessa molto la sua visione di insieme, che parte dalla base, include il legame con il territorio e sale fino al vertice.

Dobbiamo rimettere in moto questo tipo di volano, per essere proattivi rispetto alle politiche locali, che possono dare una spinta diversa e creare condizioni favorevoli per le società di base. Nel mio programma si lavora per questo, creando però anche un ponte fra il vertice e la base, coinvolgendo lo sport dei grandi con quello dei piccoli in modo che anche loro si sentano parte della stessa grande famiglia. Come ciclismo abbiamo una storia meravigliosa, che è la storia del Paese, di cui non dobbiamo dimenticarci. Tuttavia dobbiamo fortemente attualizzarla.

LEGGI QUI IL PROGRAMMA ELETTORALE DI DANIELA ISETTI

Martinello e Isetti, analisi e sassolini nelle scarpe

22.02.2021
4 min
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Gli sconfitti della contesa elettorale, Silvio Martinello e Daniela Isetti, hanno diversi stati d’animo, legati alle diverse aspettative e alla possibilità di vincere che ciascuno a suo modo si era in qualche modo attribuito.

Rischio ballottaggio

Martinello è arrivato secondo a 22 voti da Dagnoni. Sapeva che la sua unica chance sarebbe stata vincere al primo turno. Il ballottaggio sarebbe stato fatale contro Dagnoni, mentre sarebbe stato giocabile contro Isetti. Se da un lato era evidente che gli elettori di Isetti avrebbero dato sostegno a Dagnoni, il contrario non sarebbe stato così scontato.

«In questo momento – dice – c’è la delusione per non aver centrato l’obiettivo, ma insieme la serenità di aver lavorato per il meglio. Abbiamo fatto un gran lavoro, abbiamo parlato di ciclismo e criticità. Sono felicissimo che Norma Gimondi sia diventata vicepresidente, perché non era una cosa scontata. E’ molto preparata e appassionata, chissà che questa esperienza non sia utile per un altro futuro».

Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)
Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)

L’impronta di Renato

Il dubbio che ti assale, dopo le tante… forchettate fra lo sfidante e il presidente uscente Di Rocco, è che lo stesso Renato a un certo punto abbia manovrato lo spostamento dei voti verso Dagnoni, pur di tagliar fuori Martinello. Le parole di Di Rocco, per cui si può essere soddisfatti per l’elezione di un uomo con un cammino importante in federazione, sono in qualche modo una conferma.

«E’ stata sicuramente un’elezione – conferma Martinello – con l’impronta di Di Rocco. Nel mio intervento ugualmente mi sono sentito di riconoscere il suo spessore e i suoi trascorsi. In ogni caso ora c’è un Consiglio Federale nel pieno dei suoi poteri, che non potrà certo negare le criticità che gli abbiamo mostrato».

Silvio non scappa

E adesso cosa sarà di Martinello, che in una conversazione ha sottolineato come il grande lavoro fatto non debba essere disperso?

«Non so cosa mi riserverà il futuro – dice – di certo non ho intenzione di uscire dal ciclismo, perché credo in questi mesi di aver parlato proprio di ciclismo. Sapevo che non sarebbe stato facile, soprattutto perché non ho mai fatto parte dell’establishment. E’ come alla fine di una corsa, cui hai partecipato sapendo di esserti preparato al massimo. Ho la serenità di aver fatto tutto bene. Ci sono anche gli avversari che fanno la loro corsa e se si viene battuti, occorre riconoscergliene merito».

Eccesso di onestà

Daniela Isetti mostra lo stesso distacco, ma basta guardarla negli occhi per capire che il distacco è davvero relativo.

«Quello che mi scoccia – risponde – è che non sono state mantenute le parole date. Sono stata convinta fino all’esito del voto che avrei potuto farcela, anche se per scaramanzia stavo zitta, dato che tutti mi avevano già attribuito la vittoria. L’unica cosa di cui forse potrei pentirmi è l’essere stata troppo sincera e trasparente, ma rifarei tutto, perché non posso cambiare la mia natura. Così come non posso non rivendicare le mie competenze. Non sono una persona che cova la delusione, ma devo ancora metabolizzare quello che è successo. Mi dispiace solo che la Fci perda un dirigente capace. E comunque l’Assemblea è sovrana e così ha deciso».

Ecco il nuovo Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)
Il Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)

Voto incoerente

Il prossimo nodo da sciogliere per quanto la riguarda è la sua candidatura, proposta da Di Rocco prima di farsi da parte, come rappresentante italiana in seno all’Uci. Proprio questa nomina è stata oggetto di una vibrante obiezione da parte di Dagnoni.

«E’ un po’ presto per dire cosa farò – dice – ma non mi accanisco per avere una carica, come abbiamo visto invece alcuni in questa Assemblea. Unica cosa che ci terrei a sottolineare è che non credo che il risultato della prima votazione sia stata coerente con i valori e il lavoro fatto fin qui. E a chi mi chiede se non fosse possibile confluire sin da subito nel progetto di Dagnoni, risponde che l’ho escluso per una richiesta di riconoscimento dei valori in campo».

Borgna: l’Acsi potrebbe collaborare, ma Fci vuole?

26.01.2021
4 min
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C’è da capire, usando il linguaggio crudo della strada, se la grande attenzione dei 4 candidati alla Presidenza Fci verso cicloturisti e amatori nasca da un nobile fine o non sia piuttosto il modo di arrivare alle loro quote associative. In ciascuna delle interviste pubblicate nei giorni scorsi a Dagnoni, Isetti, Martinello e Perego (in ordine alfabetico) la battuta comune di ognuno era: «Vanno proposte attività vere e non considerarli dei bancomat».

Dato che continua a sembrarci insolito, se non per ambiti ristretti, che una Federazione affiliata al Comitato Olimpico debba destinare risorse agli amatori, ci siamo rivolti a chi con loro lavora da anni e lo fa anche bene, per capire se ci siano margini di manovra. E così abbiamo suonato nuovamente alla porta di Emiliano Borgna, responsabile nazionale di Acsi Ciclismo (in apertura sulla sinistra, alla presentazione della Marcialonga). Nel 2019, l’Acsi aveva 53.000 tesserati, 1.900 società affiliate, 1.200 eventi organizzati, 80 Gran Fondo. Abbiamo parlato con lui per capire se ci siano margini di collaborazione con la Fci, lasciando a ciascuno il proprio ruolo e ottimizzando le risorse.

Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Buongiorno Emiliano, ci dicesti di aver parlato con Martinello durante l’estate, ci sono stati altri contatti?

Con nessuno, nulla. Probabilmente si sentono di un’altra dimensione, che poi da un punto di vista normativo è vero. Vediamo quando entrerà in vigore la riforma dell’ordinamento sportivo, se ci saranno compiti più definiti. Sul fronte degli amatori, la situazione degli ultimi anni è a favore nostro e di altri Enti, perché loro hanno poca attività.

Perché siete così forti e perché per la Fci sembra tutto così difficile?

Abbiamo snellito molto la macchina organizzativa, cerchiamo di aiutare le società ad organizzare i loro eventi. Di là questo non c’è e per contro hai delle tasse gara parecchio elevate, anche perché per tanti anni non c’è stata attenzione verso il mondo amatoriale e sono rimasti indietro, avendo però probabilmente degli altri obiettivi. Ci sono stati anni ibridi, in cui si poteva credere all’agonismo amatoriale, quando si erano raggiunti degli estremi di esasperazione. Ma ora, anche grazie al Covid, le cose si sono normalizzate. Gli eventi sono fermi oppure parteciparvi è difficilissimo. La gente però ha continuato a fare sport, lo dicono anche i dati sui sinistri. E qui è nata la nostra idea di Kom You.

Che cos’è?

Lo spunto per dare un obiettivo alle persone, perché la situazione sarà ancora questa per alcuni mesi, speriamo pochi, e poi la ripresa avrà comunque incertezze e criticità. Così abbiamo ideato una challenge che dia ai praticanti lo stimolo per allenarsi, anche perché gli ultimi eventi virtuali, potendo comunque uscire in strada, hanno avuto un bel calo di partecipanti. Si affrontano le più belle salite italiane, seguendo due filoni. Puoi farne il maggior numero oppure ricercare la prestazione, con la classifica che viene stilata tramite condivisione della propria attività su Strava. Possono partecipare tutti, non solo i nostri tesserati. C’è tanta gente che ha cominciato, vestiti come capita, con bici inizialmente improvvisate. Sono nuovi tesserati per allargare il bacino e non restringerlo ai Veterani over 40, che hanno la stabilità economica per comprare le bici e pagare le iscrizioni.

Partenza Nove Colli 2018
Migliaia alla partenza della Nove Colli, perché non abbinare gare di giovanissimi ed esordienti?
Partenza Nove Colli 2018
Perché non abbinare gare giovanili alla GF?
La caccia ai neofiti è anche nei programmi dei quattro candidati…

Quando nacque il discorso delle convenzioni, per cui lo sport si faceva tramite gli Enti di promozione in collaborazione con le Federazioni, noi fummo i primi a firmare, non per soggezione, ma perché credevamo in una possibile collaborazione e ci crediamo ancora. Poi hanno raffrontato i numeri dei tesserati e i discorsi sono finiti. Non vedo nella Fci un competitor, lo sono semmai gli Enti che non organizzano eventi e non hanno costi che fanno campagna di tesseramento fra le mie società a prezzi stracciati. Con Fci siamo mondi diversi, si potrebbe trovare benissimo un punto di incontro.

Si parla di gare di giovanissimi legate alle Gran Fondo.

Si potrebbe sfruttare la logistica dell’evento amatoriale e abbattere i costi per gli organizzatori che da quando le gare regionali sono diventate nazionali, sono aumentati. Ma potremmo collaborare anche al di fuori delle gare.

In cosa?

La realizzazione di ciclodromi in cui fare tutti attività. Gestire l’attività di base, ad esempio nelle scuole o con i disabili. Queste cose le fanno gli Enti, non le Federazioni. Loro hanno tutto codificato con i riferimenti normativi del Coni, specialità per specialità, ma un modo per portare le persone in bici si trova. Se fai attività di giovanissimi ed esordienti alle Gran Fondo, eviti anche di far andare i ragazzini sui furgoni malmessi di certe società. Vanno alle gare con la famiglia, il papà fa la sua Gran Fondo e i bambini la loro corsa. E’ anche il modo di condividere lo sport in famiglia.

Lo fate già?

In alcuni eventi come la Marcialonga, il sabato si fa l’evento dei bambini ed ha una partecipazione eccezionale. La Gran Fondo dovrebbe essere l’atto finale di una festa di famiglia. 

E se la Fci viene a prendersi i bambini, proponendo loro la tessera?

Benvenga. Noi non possiamo fare agonismo con i bambini fino ai 13 anni, prima si fanno attività ludico-promozionali. E’ giusto che i piccoli facciano attività federali. Se diventano Nibali, siamo tutti contenti. Se non lo diventano, magari vengono da noi come amatori.

Verso il voto: il programma del candidato Isetti

18.01.2021
6 min
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Fra i programmi elettorali dei quattro candidati al trono del Presidente Di Rocco, quello di Daniela Isetti (in apertura con Salvato, Cappellotto e Faustino Coppi) è senza ombra di dubbio il più articolato e probabilmente quello che nasce dalla miglior conoscenza della macchina federale. E proprio leggendolo e leggendo della volontà di semplificarne i meccanismi, ci si rende conto di quanto la Federazione sia diventata con gli anni una matrioska di organi sulla cui utilità si potrebbe aprire una riflessione a parte, dato che le lamentele di chiunque provi a organizzare qualcosa vertono sull’eccesso di burocrazia.

I punti sono 18 e coprono ogni angolo della vita federale e dell’attività ciclistica in Italia, a non lasciare fuori nulla, cercando di rendere solido ciò che con l’incuria è ormai scivolato nello sfacelo, come ad esempio il settore della velocità in cui è bastato mettere appena il naso, per suscitare già il dibattito fra Ivan Quaranta, Chiappa, Guardini, Ceci e Marco Villa.

Cominciamo da qui. E speriamo che quando i delegati si ritroveranno in assemblea per il voto che deciderà il futuro del ciclismo italiano, scelgano su basi tecniche e di buon senso e non come spesso è accaduto per il proprio tornaconto.

Paolo Simion
Paolo Simion corre alla Vittoria Giotti, ma è laureato in Scienze Motorie e ha l’abilitazione come tecnico federale
Paolo Simion
Simion, corridore laureato e tecnico abilitato

Semplificare

Nell’Isetti programma si parla di una Federazione di servizio, per affrontare il quotidiano avendo dietro il supporto della struttura federale per la gestione ordinaria e straordinaria. Sarà necessario avviare un piano di semplificazione che riguardi la revisione dei regolamenti e delle normative oltre ad incidere sulle pratiche burocratiche laddove possibile, rendendole più accessibili.

«Semplificare – dice Isetti – è necessario perché la Federazione sia di servizio e supporto per tutte le attività. Non cito mai una specialità o l’altra, perché a meno che non si debba entrare nello specifico, si parla della stessa grande casa del ciclismo. Bisogna abbattere i muri. Ma siccome mi hanno fatto notare che parlo poco del fuoristrada, diciamo che allo stesso modo in cui la pista ha in Montichiari la sua base tecnica, bisognerà creare un Centro Federale del fuoristrada, che poi sia ramificato sul territorio e agganciato alle realtà locali. Ci sarà un’attenzione rinnovata per tutte le specialità. Finora si è fatto tanto, ora va proposto un restyling del modo con cui ci proponiamo all’esterno, nel solco del buono che abbiamo già».

Bambini, Bormio, scuola MTB
Le scuole di ciclismo saranno al centro di un lavoro di restyling e potenziamento
Bambini, Bormio, scuola MTB
Le scuole di ciclismo saranno al centro di un lavoro di potenziamento

Sicurezza

Agganciata alla semplificazione viaggia la sicurezza. Anche attraverso lo sviluppo della Commissione Impianti Nazionale tramite referenti regionali, con budget dedicato, in cui la Federazione seguirà lo sviluppo dell’impiantistica, dalla progettazione alla messa in opera, per tutte le strutture in grado di favorire la promozione e la pratica sicura, curando anche la consulenza per finanziamenti pubblici e bandi. 

«La sicurezza – spiega Isetti – va affrontata trasversalmente, attraverso le necessarie ramificazioni sul territorio. In questo momento, con il moltiplicarsi delle biciclette in giro, dobbiamo andare in supporto alle Amministrazioni per organizzare il ciclismo in modo sicuro. Dalla pista di pump track nel parco cittadino, fino alla realizzazione e alla gestione dei velodromi».

Atleti e tecnici

Tra i punti di forza del programma, il Centro Studi da lei diretto negli ultimi anni può diventare il passe-partout per accedere trasversalmente a svariati contesti. Sarà effettuata ad esempio una valutazione delle varie Commissioni, anche per capire in che modo siano sinergiche con i territori. Ne verrà istituita una degli Atleti e dei Tecnici, con parere consultivo, e una delle categorie giovanili, che si riunirà esclusivamente online, per intercettare pareri ed idee.

«E’ importante – spiega – creare la Commissione Atleti e Tecnici perché ci sono argomenti che riguardano tutti. Abbiamo visto, nei corsi online che abbiamo svolto con il Centro Studi durante il lockdown, che gli atleti possono fornire spunti derivanti dalla loro esperienza e questo sarà fondamentale per interagire al meglio nel ciclismo giovanile. Quello che altri dicono di voler fare, noi lo abbiamo già fatto. Il giorno in cui ci fosse davvero da partire, avremmo una schiera di tecnici ex atleti e ora laureati in Scienze Motorie, come Paolo Simion, che hanno già la formazione che serve».

Miriam Vece, bronzo 500 mt, europei pista 2020
Il progetto velocità potrebbe riportare Miriam Vece in Italia
Miriam Vece, bronzo 500 mt, europei pista 2020
Il progetto velocità potrebbe riportare Vece in Italia

Velocità e nazionale

La velocità, che come disse Chiappa assegna 18 medaglie olimpiche, è al centro di un grosso lavoro di revisione, cercando di incrementare la collaborazione con i gruppi sportivi dei Corpi Militari, come già avviene con le ragazze.

«L’abbandono del settore – spiega Isetti – è coinciso con il declino della pista. Quando siamo ripartiti, ci siamo dedicati maggiormente alle specialità più affini alla strada, avendo un tecnico come Marco Villa che tutto il mondo ci invidia e due motori come Viviani e Ganna, che Madre Natura ha fatto nascere in Italia. Ma sono convinta che l’esperienza e l’organizzazione del settore endurance possa essere esteso anche ad altre situazioni. Fermo restando che i velodromi vanno tutti messi nelle condizioni di lavorare meglio».

Sarà lo schema stesso delle nazionali ad essere rivisto dal punto di vista organizzativo, con l’istituzione del Coordinatore Sport Science, che collaborerà con i tecnici nazionali e sarà il responsabile della parte scientifica ed atletica del team.

«Cambia l’approccio organizzativo gestionale – aggiunge – mentre non entro nel discorso dei nomi dei tecnici. Hanno il contratto fino a settembre e non vedo perché chi ha lavorato bene non possa essere confermato. Ma di certo si può fare tanto per aiutarli a lavorare meglio».

Alessandro Greco, Team Nibali
Alessandro Greco, corridore del Team Nibali: per il Sud c’è tanto da lavorare
Alessandro Greco, Team Nibali
Greco, corridore del Team Nibali: a Sud c’è tanto da fare

E a Sud cosa si fa?

Restano due punti, il Sud e gli amatori, con spinosità diverse ma a dir poco velenose. Come tante volte in passato, per il Meridione si è ideato il nome di un progetto – Progetto del Sole – che va però riempito di contenuti per evitare che finisca come il Progetto Sud e altre amenità che negli anni hanno sprofondato il ciclismo più a Sud di Arezzo nella desolazione.

Chi dice che le cose vanno bene e si sta lavorando nella giusta direzione ha evidentemente qualche interesse da difendere.

Nel programma si legge che saranno premiate le società virtuose e sarà garantita la partecipazione a gare, attraverso la calendarizzazione e organizzazione di manifestazioni che offrano momenti di confronto agonistico, con la speranza di eliminare le gare in cui le categorie giovanili corrono in mezzo agli adulti.

«Conosco il Sud abbastanza bene – dice Isetti – sono vicina ai meccanismi e credo di aver individuato le necessità. Lo ritengo un progetto che possa dare la giusta valorizzazione a territori che ci hanno sempre dato grandi campioni. Anche con la creazione di una rappresentativa che porterà i ragazzi più meritevoli a correre in tutta Italia, coprendo le spese».

Amatori e turisti

Infine gli amatori e i cicloturisti, che da una parte rappresentano una bella fonte di entrata, dall’altra potrebbero sposare un certo modo di fare promozione sportiva sul territorio, ma che nulla c’entrano con la finalità agonistica di una Federazione affiliata al Comitato Olimpico: una visione che nel programma del candidato Isetti trova un’interessante integrazione.

«Ho tenuto tanto – dice – alla formazione delle Guide Cicloturistiche, perché non possiamo restare fuori dalle dinamiche con cui il ciclismo si diffonde nella società. Tutto quello che succede attorno alla bici può servire a dare maggiore consapevolezza della dimensione olimpica. Abbiamo corridori che sono diventati guide. Altri che sono diventati allenatori. Con queste figure di fatto le due dimensioni si avvicinano. Il fatto di esserci porta ad esempio alla promozione delle categorie giovanili, ad entrare nelle scuole e alla ricerca dei talenti. Inoltre saranno valorizzate le manifestazioni che sapranno creare eventi collaterali dedicati al ciclismo giovanile. La mia idea è ridurre gli attriti fra i settori e la parte amatoriale può essere proattiva rispetto all’agonismo vero». 

Carlos Betancur, Palmiro Masciarelli, Giro dell'Emilia 2011

Qualche punto in sospeso fra Masciarelli e Rapone

22.12.2020
3 min
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Masciarelli dice che lui dalla contesa federale abruzzese è rimasto fuori. Per cui quando gli hanno fatto leggere il passaggio “sulla chiamata alle armi” da parte dei senatori di cui ha parlato Virginio Rapone, si è sentito di chiarire un paio di passaggi.

«Non mi sono esposto – dice Masciarelli – nessuno mi ha chiamato e non ho ricevuto messaggi. E di conseguenza non ho proprio votato. Se però lo avessi fatto, avrei sostenuto l’altro candidato. Perché mi ha dato una mano per il trasferimento di mio nipote Lorenzo in Belgio e perché con il cittì Scotti ho un ottimo rapporto per il grande lavoro che sta facendo nel ciclocross».

Testa bassa e pedalare

Masciarelli va avanti. «Ho avuto anche io la squadra juniores – dice – e ho sempre dovuto fare tutto da me, andavo con le mie gambe. Partecipavamo alle corse e, quando ho potuto, ho portato i ragazzi in pista. Ma adesso sono fuori, per cui se questa federazione faccia poco oppure tanto dovrebbero dirlo quelli che svolgono attività adesso. Ma andando a memoria, il ciclismo, qua e altrove, è sempre stato testa bassa e pedalare. Io presi la maglia azzurra alla Settimana Bergamasca e dovetti cavarmela da solo. Andai su in treno. Dormivo in un convento di frati in cui mi davano anche da mangiare. Mi preparavo da solo i rifornimenti. E andavo e venivo in bici dalle corse. Senza l’appoggio di nessuno».

Virginio Rapone
Virginio Rapone, candidato sconfitto nelle elezioni regionali abruzzesi
Virginio Rapone
Rapone, sconfitto nelle elezioni abruzzesi

Il nodo ciclocross

Però qualche nota vagamente stonata emerge quando Palmiro, grande gregario di Moser, dopo aver detto di non aver avuto contatti, racconta di aver parlato con Rapone.

«Mi è parso di assistere a quei duelli politici che si vedono in tivù – dice – con uno che critica e non propone alternative. Se mi avessero chiamato prima e mi avessero coinvolto nel programma, magari avrei potuto valutare. L’unica cosa che ho chiesto a Rapone è che cosa pensano di fare a livello di ciclocross? E lui mi ha fatto capire che se ci sarà un cambio ai vertici federali, l’attuale gestione potrebbe essere messa in discussione. Siccome io con Scotti ho un ottimo rapporto, gli ho detto che non ero d’accordo».

Il punto di Rapone

A questo punto abbiamo incrociato i dati e chiamato Rapone, come si conviene in simili dispute.

«Che Palmiro non sapesse niente – dice – lo trovo strano, visto che l’anno scorso fu organizzato un pranzo proprio per questo. E poi di recente sono stato a trovarlo in azienda. Non posso avergli detto certe cose sulla gestione del cross, perché io ero candidato alla presidenza regionale e non so che cosa pensino al riguardo la Isetti e Martinello. Non so che cosa succederà dopo, ma di certo ricordo di avergli detto che un commissario tecnico dovrebbe essere al di sopra dalle campagne elettorali. E aggiungo che questo è un vecchio problema della nostra federazione».

Il punto finale

E Masciarelli cosa dice? «Ricordo quel pranzo. Mi invitarono senza dirmi molto, vidi solo che c’erano tanti ex corridori, compreso Onesti che aveva corso per me. Avevo da fare, vidi che c’era anche Rapone, ma a un certo punto andai via e tornai per il caffè».

E’ l’eterna storia del ciclismo italiano, spaccato per mille motivi e interessi diversi. Un sistema che si è stratificato negli anni, mandato dopo mandato. Pescando in una memoria neppure troppo lontana, la frase giusta sulla situazione la disse a novembre Moreno Di Biase, parlando del calo del ciclismo abruzzese: «Danno la colpa alla federazione – disse – ma la federazione non ci dava niente neanche prima, quando correvo io. Le cose devi fartele da solo».

E’ il sistema per cui è sempre andato tutto allo stesso modo e che va scardinato. In attesa degli ultimi verdetti regionali, la parola passa ai tre candidati alla presidenza. Prima che l’abitudine e la politica probabilmente priva di prospettive finiscano di mangiarsi lo sport per il semplice gusto di farlo.

Enrico Zanoncello (Zalf Fior), Memorial Pederzolli 2020 (foto Di Lullo)

Pederzolli, angelo d’agosto nel Monferrato

08.12.2020
5 min
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Continuando a tirare il filo, questa volta siamo arrivati a Gianni Pederzolli. Il suo nome ci è stato fatto da Beppe Damilano, nel parlare di qualcuno che nel cuore della scorsa estate, davanti all’assenza di attività, ha organizzato cinque corse nel Monferrato (nell’immagine di apertura Zanoncello della Zalf vince il Memorial Pederzolli, foto Di Lullo). Tanti hanno preferito fermarsi e semmai aspettare il pranzo in tavola. Alcuni si sono assunti l’onere di preparare per tutti, senza per questo aspettarsi troppo.

Come è andata, Pederzolli?

Dopo il fermo dell’attività, Beppe Damilano ha convocato una conferenza su Zoom con tutte le società. Si pensava a un modo per autofinanziare l’attività e al posto giusto in cui farla. Il Dpcm dava indicazioni che portavano dritte a un autodromo. Extra Giro a Imola è nato così. E mentre eravamo lì a correre, verso fine luglio, Daniela Isetti è venuta a parlarmi. E mi ha chiesto: «Visto che hai quell’amico onorevole (Lino Pettazzi, ndr) che è anche sindaco di Fubine, perché non provi a chiedergli se ci dà una mano per far proseguire questa attività?».

Flavio Baruto, Gianni Pederzolli, Daniela Isetti, Claudio Sigismondi, Casale Monferrato, agosto 2020
Baruto, Pederzolli, Isetti, Sigismondi, al via della prima gara d’agosto nel Monferrato
Flavio Baruto, Gianni Pederzolli, Daniela Isetti, Claudio Sigismondi, Casale Monferrato, agosto 2020
Baruto, Pederzolli, Isetti, Sigismondi: 1ª gara nel Monferrato
E lei lo ha fatto?

Certo. Mi dispiaceva vanificare lo sforzo di tutti. Così abbiamo trovato il modo di correre senza uscire dai confini dei Comuni di Fubine e Casale Monferrato. Abbiamo fatto 5 gare in 19 giorni. Un lavoro importante, che ha visto la chiusura totale delle strade e ha portato alla ripresa dell’attività.

E’ vero che ha pagato tutto lei?

Non mi va che si parli di questo. C’era qualche piccolo sponsor. Si era risparmiato qualcosa non portando la squadra a correre. E quello che mancava l’ho messo io. La situazione lo richiedeva. Non ricordo quale società venne a dirmi: «Facci correre, fosse anche in un campo sportivo».

Con la collaborazione di tutti, insomma…

Le prima quattro gare erano nazionali e la Struttura Tecnica Federale ci ha dato il nulla osta. Per quella regionale, abbiamo chiesto la data di venerdì per correre il sabato successivo. L’incaricato della Struttura Tecnica Regionale però non è potuto venire e si è presentato il martedì in ritardo di due ore. Per me a quel punto la gara era saltata.

Lan Service Zheroquadro, Beppe Da Milano, Giro d'Italia U23 2020
La Lan Service Zheroquadro di Pederzolli con Beppe Da Milano, al Giro d’Italia U23
Lan Service Zheroquadro, Beppe Da Milano, Giro d'Italia U23 2020
La Lan Service Zheroquadro al Giro U23
Che cosa doveva verificare?

Per dare il via libera, le istituzioni devono avere il responso favorevole della Federazione. Un timbro e una firma. Non succede mai che i percorsi vengano verificati, ma questa volta sono voluti venire. E nel volerci vedere chiaro, non si sono neppure accorti di due cartelli messi su uno spartitraffico a centro strada, alla fine di una discesa, con il bordo di lamiera verso il senso marcia dei corridori. Ce li abbiamo messi noi i materassi, ci mancherebbe. Insomma, l’unico ostacolo lo abbiamo avuto proprio dalla Struttura Tecnica Regionale. Per fortuna la Provincia poi è stata celere a sbrigare tutte le formalità.

Siete riusciti nel vostro intento?

Il calendario era abbastanza scarso e ci abbiamo messo una toppa. E lo stesso sarà per il 2021. Non ho vincoli di calendario, mi muoverò ancora per chiudere i buchi. Ho un gruppo di amici con cui condividiamo le strutture e questo ci agevola il compito, però mi piacerebbe che anche altre società partecipassero. Magari si organizza meglio. Eviterei decisamente che le squadre paghino per correre, perché poi diventerebbe un’abitudine dura da togliere.

Luca Colnaghi, Fubine 2020, Trofeo Luigi e Davide Guerci (foto DI Lullo)
Luca Colnaghi vince a Fubine il Trofeo Luigi e Davide Guerci (foto Di Lullo)
Luca Colnaghi, Fubine 2020, Trofeo Luigi e Davide GuerciLuca Colnaghi, Fubine 2020, Trofeo Luigi e Davide Guerci (foto DI Lullo)
Colnaghi vince a Fubine (foto Di Lullo)
Riesce a gestirsi bene fra squadra e organizzazione?

La squadra, la Lan Service Zheroquadro, è un bell’impegno. Per l’organizzazione ho accanto la Uc Novarese, che formalmente ha organizzato tutta l’attività. Flavio Baruto e Mario Giaccone erano dirigenti quando correvo io e ancora oggi li coinvolgo in tutte le mie follie.

Cosa pensa della… rivolta toscana?

La situazione è complicata. Siamo vicini alle elezioni, quindi è anche difficile lanciare proposte. Trasformare le corse in nazionali ha una logica, se si pensa che peri vari Dpcm gli eventi nazionali si possono svolgere. Però ho anche detto a Daniela Isetti è che il regolamento va rivisto. Lasciamo ad esempio che siano le Prefetture a stabilire quanti metri di transenne sono necessari. In un paesino di 1.000 abitanti, forse 300 metri sono troppi. Mentre in centro a Milano, ce ne vorrebbero 3 chilometri. Servirebbe istituire una commissione composta da organizzatori e altri attori del ciclismo che possa rimettere mano a un regolamento ormai è vecchio. Ho preso una multa di 100 euro, che mi bruciano da morire, per inefficienza della segreteria.

Gara Casale Monferrato, agosto 2020
Grazie a Pederzolli e la sua squadra, dopo Extra Giro si è corso anche in Piemonte
Gara Casale Monferrato, agosto 2020
Dopo Extra Giro in Romagna, si è corso in Piemonte
Perché?

Perché in pieno periodo Covid, a fronte di gare in cui si partiva in 6, il Fattore K (la procedura informatica della Fci per registrare le iscrizioni, ndr) permetteva di iscriverne 11. E noi dovevamo stare dietro a tutte le variazioni richieste dalle società. Avete presente? Bisogna semplificare. Perché certe cose non le fa più la Giuria il giorno prima? Secondo me la Fci dovrebbe rispondere agli organizzatori e trovare un punto di incontro.

Ha parlato di elezioni.

La mentalità è cambiata. Adesso vieni eletto se hai portato dei risultati, non come prima quando c’erano i presidenti regionali che davano le indicazioni o quando c’erano regioni che spostavano gli equilibri. In Sicilia non funziona più come un tempo. E la Lombardia, che una volta votava compatta, adesso è divisa in blocchi.

Sui candidati?

Su Martinello voglio vedere. L’ho sentito parlare bene in televisione, ma non l’ho mai visto con le mani nei problemi veri. La Isetti ci è molto vicina, quando abbiamo fatto la prima gara era lì a sincerarsi che tutto funzionasse. Io sono per lei. E’ molto preparata e non molla mai. Lo fa per passione e credo che farà davvero quella commissione. Cipollini dice che Cassani fa le cose per interesse. Io faccio notare che senza Cassani e Selleri non avremmo ricominciato a correre. Mentre Cipollini alle nostre corse non l’ho mai visto.

Renato Di Rocco, Thomas Bach, Imola 2020

Di Rocco, passo indietro e avanti Isetti?

05.12.2020
4 min
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Di Rocco aveva deciso che non si sarebbe ricandidato alla presidenza già ai mondiali di Imola (in apertura è con Bach, Presidente del Cio). Però dice che avrebbe aspettato volentieri il 6 dicembre per annunciarlo, in occasione del 135° compleanno della Federazione Ciclistica Italiana. Stamattina pare non sia riuscito a fare colazione dalle telefonate che ha ricevuto. Tutto sommato era prevedibile, dato che la sua presenza copre più di un terzo di quei 135 anni.

A questo punto, dunque, la contesa elettorale di febbraio vedrà tre candidati di cui abbiamo già esposto le idee: Daniela Isetti, Silvio Martinello e Cordiano Dagnoni

Presentazione DDL salva ciclista - Camera dei deputati - da sx: Marco Benedetti, il senatore Michelino Davico, e Renato Di Rocco presidente Federazione Ciclistica Italiana (foto Scanferla=
Alla Camera con Benedetti e il senatore Davico, per il DDL Salva i Ciclisti (foto Scanferla)
Presentazione DDL salva ciclista - Camera dei deputati - da sx: Marco Benedetti, il senatore Michelino Davico, e Renato Di Rocco presidente Federazione Ciclistica Italiana (foto Scanferla=
Alla Camera, presentando il DDL Salva i Ciclisti (foto Scanferla)

Al fianco di Isetti

Siccome è prassi che il presidente uscente conceda una sorta di investitura, la prima cosa da chiedere a Renato è se abbia intenzione di schierarsi al fianco di uno dei tre.

«Di sicuro non con Silvio – dice senza esitare – perché ha portato il discorso su polemiche che non si vedevano da tempo. Non entro nel merito della sua squadra, mi limito a dire che al momento quello che più mi preme è che venga ultimata la palestra del centro di Bmx a Verona, in cui proprio oggi stanno scaricando gli attrezzi. E che Montichiari torni al massimo delle sue potenzialità. Mentre una parola voglio spenderla per Daniela Isetti. Sarebbe potuta salire già quattro anni fa, se a me non avessero concesso un altro mandato. Ha ottime competenze e le donne spesso hanno più determinazione degli uomini. L’attività del Centro Studi durante il lockdown e tutti quei corsi che i ragazzi hanno apprezzato sono stati farina del suo sacco ed è giusto che se ne goda il merito».

Mondiali juniores su pista, Montichiari 2017, Renato Di Rocco, Letizia Paternoster
Mondiali juniores su pista, Montichiari 2017, con Letizia Paternoster (foto Scanferla)
Mondiali juniores su pista, Montichiari 2017, Renato Di Rocco, Letizia Paternoster
Mondiali juniores Montichiari 2017, con Paternoster (foto Scanferla)

Una scelta astuta?

Chiaramente ogni mossa in politica ha la doppia lettura e così c’è già chi agita il più classico dei “te l’avevo detto” ragionando sul fatto che Di Rocco, dirigente super esperto, avendo capito la difficoltà di essere rieletto, abbia preferito fare un passo indietro che incassare la sconfitta.

«Quello che ho sempre detto agli atleti – dice Di Rocco sornione – è ritirarsi quando sono ancora in buona forma e per me è arrivato questo momento. Voglio prendermi cura di me stesso e della mia salute. Lo stress dei primi quattro anni non li auguro a nessuno. E forse, se avessi saputo di trovare quella situazione, non avrei accettato di tornare. Ma grazie al ciclismo ho vissuto una carriera che mi ha divertito, per la quale devo essere grato. Sono entrato negli anni peggiori del doping, con Petrucci che dalla presidenza del Coni proponeva di fermare il ciclismo. Invece ci abbiamo messo la faccia e ne siamo usciti meglio di prima. Nei cassetti di Roma c’erano anche 28 vertenze legali, appalti assegnati senza criteri trasparenti. Una situazione che abbiamo risanato e di questo vado fiero. Certo non sarò a Tokyo, ma fino a settembre sarò presente tramite la Commissione dei giudici di gara a vegliare sulle nostre squadre».

Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Alla presentazione del Giro U23, nel 2017, assieme all’organizzatore Selleri (foto Scanferla)
Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Con Selleri alla presentazione del Giro U23 nel 2017 (foto Scanferla)

Futuro Direttore?

L’ultima domanda riguarda un’altra delle voci o leggende che circolavano, secondo cui Di Rocco stesse cercando di ricavarsi un posto di Direttore Generale della Fci e avesse bisogno di un candidato presidente che glielo permettesse.

«Quello che mi preme dire adesso – prosegue Di Rocco – è che ai candidati lascio strada bianca. E’ giusto che facciano la loro campagna in autonomia, senza che io mi metta di mezzo. Un ruolo dopo l’elezione? Di certo non è un mistero che io abbia delle conoscenze a Roma, in sede sportiva e politica. Come è vero che rispetto ad altri presidenti di federazioni, che hanno costanza di rapporti con certe strutture, io sia stato parecchio lontano dalla Capitale. Se può servire una figura di raccordo fra il palazzo e i nostri uffici, sono ovviamente a disposizione. Direttore Generale? Non l’ho mai fatto, mi manca. Ma non mi dispiacerebbe».