Cycling Team Friuli profeta in patria: inizia così il Giro di casa

01.09.2022
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Siamo a Lavariano, nel cuore del Friuli Venezia Giulia, dove oggi i 150 partenti hanno corso la prima tappa del Giro regionale. Siamo in un piccolo paese, con poco meno di mille abitanti, attorniati, da una parte, dalle montagne, dall’altra, dal mare, e sullo sfondo, la festa del paese. Un clima festoso, allegro, come nella migliore delle storie del ciclismo. Una crono a squadre di 20,1 chilometri, essenza del ciclismo, con il lavoro di squadra al centro degli obiettivi. Sono trenta le squadre che ogni due minuti hanno preso il via: ultimi a sfilare maestosamente tra le vie cittadine, la squadra di casa, il Cycling Team Friuli, di Roberto Bressan.

Al via anche la Maloja Pushbikers, la squadra in cui corre anche Liam Bertazzo
Al via anche la Maloja Pushbikers, la squadra in cui corre anche Liam Bertazzo

Colpo di coda

Un inizio tranquillo: squadre che partono, altre che arrivano e le prime classifiche provvisorie che si iniziano a stilare. Tifosi che si spostano da un lato all’altro della strada per seguire sia le partenze, che gli arrivi. Il primo miglior tempo è quello della WAS KTM Graz p/b Leomo, che ferma il cronometro a 22’43”37. Nemmeno il tempo di segnare qualche altro risultato, che arriva un nuovo  miglior cronometraggio: è la Biesse-Carrera, che forte di quattro atleti, chiude la crono in 22’25”63.

Una vittoria che la squadra di Marco Milesi, con Belleri, Foldager, Garosio, Giordani e Villa, si vede in pugno fino alla fine, quando arrivano però i ragazzi del CTF al traguardo di Lavariano: un tempo semplicemente incredibile. Con una media di 55,543 km/h e un tempo di 21’42”98, il Cycling Team Friuli è l’unico a scendere sotto la soglia dei 22’. Seguono la Biesse-Carrera, appunto, con un ritardo di 42” e la Zalf Euromobil Fior, con un distacco di 47”.

Così il Cycling Team Friuli è piombato sul traguardo alla media di 55,543 (foto Bolgan)
Così il Cycling Team Friuli è piombato sul traguardo alla media di 55,543 (foto Bolgan)

Friuli, tutto studiato

Un successo in casa, acclamato da grandi e piccini che assistono alla corsa. Al loro arrivo le richieste di foto e autografi si moltiplicano, mentre lo staff della squadra friulana esplode in un abbraccio di gioia. Continua insomma il grande momento del CTF, che forte delle tre vittorie di Nicolò Buratti del mese scorso, archivia ora anche questa cronometro a squadre, dal valore, anche, simbolico.

«L’abbiamo provata – commenta il DS Andrea Fusaz – conoscevamo ogni singola curva e sapevamo di poter far bene. L’unica incognita era il meteo, temevamo potesse alzarsi il vento, cosa che per fortuna non è successa, permettendoci di correre tutti nelle stesse condizioni. Sono molto soddisfatto del risultato e anche dei secondi di vantaggio che siamo riusciti a prendere rispetto ai secondi classificati».

La prima maglia di leader del Cycling Team Friuli la veste Buratti, l’uomo del momento
La prima maglia di leader del Cycling Team Friuli la veste Buratti, l’uomo del momento

Orgoglio Buratti

Orgogliosissimo invece Nicolò Buratti, che passando per primo sulla linea del traguardo, è la prima maglia gialla del Giro della Regione Friuli Venezia Giulia.

«E’ stato un grande gioco di squadra – racconta – e vestire la maglia da leader qui a casa è una grande emozione. Al Giro del Friuli voglio fare bene: corro sulle strade dove mi alleno tutti i giorni, sono davvero contento. Tra qualche settimana andrò in Australia e questi giorni di corsa saranno sicuramente utili in ottica mondiale».

Domani non si scherza

Doppia maglia per il CTF che oltre a quella del leader della classifica generale, conquista anche la leadership nella classifica riservata ai giovani, con la maglia bianca sulle spalle di Bryan Olivo. E’ di Anders Foldager, in forza alla Biesse-Carrera, la maglia azzurra della classifica a punti; Matteo Zurlo, (Zalf Euromobil Fior), è il re dei GPM con la maglia verde, mentre Davide Dapporto (inEmiliaRomagna Cycling Team) veste la maglia rossa riservata ai traguardi volanti. 

Foldager della Biesse-Carrera ha conquistato la maglia della classifica a punti
Foldager della Biesse-Carrera ha conquistato la maglia della classifica a punti

Domani sarà la volta di una tappa molto interessante, e a raccontarcela è proprio Andrea Fusaz, DS del Cycling Team Friuli, che i posti li conosce bene.

«Domani – dice – sarà una tappa divertente. Tutti guarderanno l’altimetria, credendo che sarà una tappa facile, quando in realtà i vari strappetti potrebbero trasformarsi in insidie non indifferenti».

Un Giro del Friuli Venezia Giulia iniziato nel migliore dei modi, che sembra promettere quattro giorni di grande divertimento.

Skerl: cresciuto tra Colombia, Italia e Slovenia

17.08.2022
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Al Tour of Szeklerland, in Romania, nella prima delle cinque tappe previste, alle spalle di Dalla Valle, si è piazzato Daniel Skerl. Si tratta di uno dei ragazzi del Cycling Team Friuli, la squadra gestita da Renzo Boscolo fucina di tanti giovani molto promettenti. Daniel è al suo primo anno da under 23, ma è al CTF da ormai tantissimi anni. Nato in territorio di confine, a soli 3 chilometri dalla Slovenia, è un mix di tante culture, a partire dalla sua famiglia: madre colombiana e padre «austro ungarico», come lo definisce lui

Al Tour of Szeklerland Skerl ha indossato la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Al Tour of Szeklerland Skerl ha indossato la maglia di miglior giovane al termine della prima tappa
Daniel, già nella tua famiglia c’è un bel mix di tante culture!

Già – dice con una risata – con mia mamma colombiana e mio papà italiano per pochi chilometri ho avuto a che fare con diverse culture. Anche se devo ammettere che non è una cosa a cui ho fatto particolarmente caso, anche perché dove vivo io è normale. Certo, con mia mamma colombiana qualche differenza rispetto agli altri c’è, la più grande è nel cibo: mangio tantissimo riso, nei piatti colombiani è ovunque!

Ci ha detto il tuo diesse Boscolo che parli quattro lingue…

Sì, italiano, inglese, spagnolo e sloveno. Lo spagnolo l’ho imparato da mia mamma, mentre l’italiano è la mia lingua madre. Lo sloveno, invece, lo parla la mia famiglia dalla parte di mio padre. Come potrete immaginare il mio cognome (Skerl, ndr) non è italiano, diciamo che dove abito io, a Opicina, è diventata Italia un po’ tardi e di conseguenza metà della mia famiglia è austro-ungarica

Maglia poi passata al compagno Andrea Debiasi che l’ha portata fino al termine della corsa
Maglia poi passata al compagno Andrea Debiasi che l’ha portata fino al termine della corsa
Com’è vivere così vicino ad un altro Paese?

Per me normale, mi alleno spesso in Slovenia, mi piacciono parecchio le strade e la loro pace e tranquillità. Sono molto meno trafficate e ricche di sali e scendi, molto utili per spingere tanto e migliorare nella resistenza. Non ci penso mai al discorso del confine, per me è come se non ci fosse, mi sembra di essere sempre all’interno della stessa Nazione. 

Che scuole hai frequentato?

Fino alle medie ho fatto scuole bilingue, Ora sto facendo l’istituto tecnico e meccatronico a Trieste.

Che città è Trieste?

Differisce dalle normali città italiane, è molto diversa anche rispetto alle altre città vicine come Verona per esempio. Nell’architettura ha lo stile del Nord-Est europeo, è davvero la definizione di multiculturalità, è la sua caratteristica più affascinante.

Ecco Daniel (a sinistra) sul podio della prima tappa
Ecco Daniel (a sinistra) sul podio della prima tappa
Da quanto tempo sei al CTF?

Ho iniziato a correre con loro da G5, poi ho fatto due anni (2014 e 2015, ndr) all’UC Pordenone. Dal 2016 sono fisso con loro e con il CTF Lab, mi hanno sempre seguito bene, sono davvero soddisfatto di come sono andate le cose. Alla fine, anche nei due anni all’UC Pordenone mi hanno sempre monitorato ed osservato

Come hai fatto ad arrivare così presto?

Dovete sapere che il Cycling Team Friuli ha tutte le categorie. Io correvo in una piccola squadra delle mie parti che poi ha chiuso. Renzo Boscolo conosceva il diesse di questo team e così mi ha portato da lui. 

Entrare così giovane in una squadra come il CTF ti aiuta a crescere meglio, magari ponendoti degli obiettivi?

Avere un riferimento è importante e molto bello. Posso dire di aver conosciuto ed aver pedalato con i ragazzi che sono usciti dal CTF e che ora sono tra i professionisti, come Aleotti e i fratelli Bais. Guardare a loro mi ha sempre spronato a fare meglio, ti alleni pensando che sei in una squadra che ti permette di poter entrare nel mondo dei professionisti, ne hai gli esempi concreti davanti ai tuoi occhi.

Che cosa pensi del tuo primo anno tra gli under 23?

Sono contento, pensavo di avere qualche difficoltà in più, invece sono riuscito ad ottenere buoni piazzamenti. Prima alla Vicenza-Bionde e poi anche in Romania, una corsa 2.2, quindi con un livello un po’ più alto.  

Hai corso anche alla Adriatica Ionica Race, che differenze hai trovato rispetto alla Romania?

L’AIR è dura, ma ho capito molto del ciclismo dei grandi e mi ha aiutato a capire cosa mi aspetta in futuro. Arrivavano corridori appena usciti dal Giro d’Italia e la differenza nelle gambe si vedeva eccome. Ecco, una corsa come l’AIR ti permette di crescere e capire il ciclismo dei grandi, invece, il Tour of Szeklerland è una gara perfetta per aumentare di consapevolezza.

Skerl è entrato in pianta stabile al CTF dal 2016, per lui un lungo percorso di crescita e maturazione
Skerl è entrato in pianta stabile al CTF dal 2016, per lui un lungo percorso di crescita e maturazione
Spiegaci bene…

Fare gare come questa in Romania ti permette di crescere e maturare dal punto di vista della gestione della corsa. Il livello non è troppo elevato, essendo una 2.2, di conseguenza squadre come la nostra riescono a prendere in mano la corsa ed impongono il proprio ritmo. Nelle gare come l’AIR sei in balia di quello che succede, sono due tipi di crescita differenti.

Che tipo di corridore sei?

Penso di essere un corridore abbastanza veloce, con una buona resistenza in salita. Ma su quest’ultimo punto devo e voglio migliorare, anche per ampliare il bacino di gare alle quali posso ambire. Sono alto un metro e 77 per  74 chili, quindi abbastanza piazzato, non ho paura di fare a spallate in volata. 

Il 53 dopo il muro e Buratti si prende (anche) Capodarco

16.08.2022
5 min
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Capodarco è sempre Capodarco. Il caldo, la gente, il “Maracanà” del muro, la bagarre… E tutto ciò non è mancato neanche oggi, cinquantesima edizione di questa super classica d’estate. Un po’ come la vecchia Amstel Gold Race, chi scollina in testa sul muro il più delle volte non ce la fa. Perché il rischio è quello di finirsi proprio lì. La differenza si fa dopo, sul falsopiano. E anche oggi, più o meno, è andata cosi con Nicolò Buratti.

Dal momento in cui spiana alla linea d’arrivo ci sono 300 metri, ma con l’acido lattico persino sulle dita della mano per cambiare rapporto, quelle poche centinaia di metri diventano infinite. Vince chi ha nel taschino quel briciolo di energia, quel margine che si è riusciti a tenersi sul muro.

Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)
Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)

Doppietta e sicurezza…

Buratti, classe 2001, del Cycling Team Friuli è in uno stato di grazia. La corsa è nervosa. Scatti, controscatti, continui rimescolamenti. A volte stare davanti è anche questione di “fortuna”, o quanto meno di occasione e non solo di gambe. Nicolò ha avuto entrambe.

Ma per cogliere quell’occasione spesso non bastano neanche testa e gambe, serve un terzo elemento: la convinzione. E convinzione per Buratti fa rima con GP Sportivi di Poggiana. Solo 48 ore prima Buratti aveva trionfato nell’altra (importante) classica d’estate. Il successo che mancava.

«Sapevamo che Nicolò stesse bene – dice con il fiatone il suo diesse Alessio Mattiussi, mentre risale in bici verso il podio – La vittoria a Poggiana gli ha dato quella sicurezza che gli mancava. Non che Buratti sia un timido, ma si sa, il corridore è una persona particolare che ha bisogno anche di queste conferme. 

«Nicolò ci ha messo un po’ a sbloccarsi. Il Giro under 23 era l’obiettivo, ma a parte qualche piazzamento nei dieci non è andato benissimo. E anche all’italiano, era presente nella fuga buona ma non ha finalizzato. A quel punto abbiamo deciso di risposarci un po’ e di arrivare al meglio per questo finale di stagione».

Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)
Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)

Testa e gambe

Mattiussi ci parla di un corridore sempre sul pezzo. Sempre nelle azioni importanti e soprattutto in quella decisiva. 

«Una grande fetta di merito – riprende Mattiussi – è anche di Fran Miholjevic, che ha fatto un lavorone, e di tutta la squadra direi… anche dello staff! Perché il ciclismo è così: vince uno, ma lavora una squadra. In ammiraglia mi sono venuti i capelli bianchi».

«Come a Poggiana, c’erano i migliori al mondo e anche per questo siamo contenti. Abbiamo lavorato bene. Nicolò è un passista con un ottimo spunto veloce, ma ora che ha anche preso consapevolezza, con la sua gamba se la può giocare con i migliori al mondo».

Questa corsa è veramente difficile da controllare. Il suo percorso così irregolare è un invito a nozze per imboscate ed attacchi. Azzeccare le accelerazioni giuste non è facile. Il rischio è quello di sprecare molto. 

«Quest’anno la tattica mi ha favorito – dice Buratti – e non come l’anno scorso che la fuga era partita nei primi giri in basso. Stavolta si andava ad eliminazione nei giri finali.

«Il momento chiave c’è stato a sei giri dalla fine. Quando siamo andati via in 18. Inizialmente non ero dentro, ma poi collaborando con una decina di ragazzi siamo rientrati. Da lì in poi ad ogni passaggio sul muro si staccava qualcuno e per me andava bene così».

Buratti chirurgico

Nicolò non sta nella pelle. Ammette che vincere Capodarco, un’internazionale, è una bella emozione tanto più dopo Poggiana. Tutto è amplificato. «Una doppietta importante», dice.

«All’ultimo giro – racconta – siamo rimasti in sei. La corsa si poteva decidere sullo strappo o in volata. Io ho tenuto duro. Controllavo soprattutto De Pretto, che su un arrivo così esplosivo era molto pericoloso. Sì, lui forse ha scollinato sul muro mezza ruota davanti a me, ma poi io spinto a tutta. Ne avevo».

«Come la strada è spianata ho tirato su il 53 e ho dato il massimo. Mancavano 300 metri. Sono uscito all’ultima curva ai 200 metri credendo di essere partito un po’ troppo presto. Ma ho continuato a spingere. Ai 50 metri mi sono voltato e ho visto che avevo fatto il vuoto».

A quel punto Nicolò ha festeggiato, tanto da tagliare il traguardo a mani basse… come si dice in gergo.

Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)
Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)

Sogno azzurro

Non sta nella pelle Buratti. E fa bene. Non solo ha messo nel sacco due vittorie importanti, che di certo incideranno in positivo anche sul suo passaggio al professionismo, ma si è messo dietro fior fior di corridori. A partire dai temutissimi ragazzi della Groupama-Fdj.

«Direi – racconta Buratti – che è un ordine d’arrivo di tutto rispetto (anche Marcellusi terzo, ndr). La concorrenza era tanta e di qualità. I Groupama erano la squadra faro, ma noi del CFT abbiamo collaborato bene».

«Credo poi che un percorso come questo sia adatto a me. Sono d’accordo con Mattiussi: sono un passista veloce, ma salite di 3-4 chilometri come quelle di Capodarco sono nelle mie corde. E si è visto… Fare il muro di Capodarco con la gamba buona è davvero bello e tutto viene un po’ più facile. Anche se poi vincere non è mai banale».

«Adesso? Adesso – aggiunge il diesse Mattiussi – tiriamo avanti fino al Giro del Friuli e poi andiamo a caccia di una maglia azzurra per il mondiale».

Sergio Tu, da Taiwan in Friuli con le idee chiare

19.07.2022
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Qualche settimana fa, parlando con il britannico Oliver Stockwell, il corridore del Cycling Team Friuli aveva raccontato della sua coabitazione con Chih Hao Tu (in apertura, foto Cycling Shoots di Stefano Colombo), che per comodità i compagni (ma non solo, provate a digitare sui siti statistici specializzati…) chiamano Sergio. Proveniente da Taiwan, il 25enne si era messo in luce, più che per i suoi risultati (anche se vanta un argento continentale under 23 nella cronometro), per la sua volontà di mettersi alla prova in Europa, nel tempio del ciclismo.

Approdato in Danimarca nel 2016, ha poi viaggiato molto, militando per un anno anche nel Team Development della Sunweb, arrivando quest’anno in Italia. Una scelta a suo dire obbligata.

«Non avevo mai provato – dice – dopo tanto girovagare, mi aveva colpito per il suo clima, i suoi sistemi di allenamento legati molto ai percorsi locali, ma anche il calendario molto fitto. Era doveroso per me mettermi alla prova e provare a crescere ancora. Ho trovato un ambiente ideale per emergere, con ottimi programmi».

Tu Adriatica 2022
Per il taiwanese due gare a tappe con i pro’, il Giro di Sicilia e l’Adriatica Ionica Race
Tu Adriatica 2022
Per il taiwanese due gare a tappe con i pro’, il Giro di Sicilia e l’Adriatica Ionica Race
Come ti stai trovando in Italia?

Non è male, qui la gente è tranquilla, accogliente e disponibile, a parte la barriera linguistica. Mi piace allenarmi in Friuli, da questo punto di vista è il meglio che c’è. A pochi chilometri puoi sconfinare in Slovenia o trovarti sulle grandi salite che hanno fatto la storia, oppure pedalare in pianura andando a sud verso il mare. La gente ti mette a tuo agio, lo stesso dicasi per il team.

Soffri la lontananza da casa?

Non lo nego, ci sono momenti difficili, non capita spesso ma a volte la nostalgia prevale e allora è dura. Ma è giusto e normale che sia così, in famiglia sanno e capiscono la mia scelta e mi sostengono. Ci vediamo attraverso le piattaforme digitali, ma non è la stessa cosa…

Parlavi di barriere linguistiche: hai imparato qualche parola di italiano?

Diciamo che ho imparato proprio i termini di base per la vita di tutti i giorni, se mi parlano piano capisco e se devo andare a comprare al supermercato quattro etti di prosciutto crudo (ne vado matto!) non ho problemi. Poi con i compagni ci intendiamo tranquillamente in inglese.

Tu Crono 2019
Sergio Tu ha una propensione per le crono, ma vuole affinarla in Europa (foto Instagram)
Tu Crono 2019
Sergio Tu ha una propensione per le crono, ma vuole affinarla in Europa (foto Instagram)
Taiwan nel secolo scorso era un eccezionale mercato per il ciclismo. E’ ancora così?

Assolutamente sì, è un riferimento da questo punto di vista con tante aziende che continuano a investire e soprattutto a proporre innovazioni tecnologiche. Il mercato ciclistico è ancora trainante per la nostra economia.

Nel tuo Paese tutti vanno in bici. Com’è però il livello del ciclismo agonistico, anche in relazione agli altri Paesi asiatici?

Non è alto e le ragioni sono molteplici. Innanzitutto siamo un Paese territorialmente molto piccolo, dove la bicicletta è vista innanzitutto come strumento di locomozione quotidiana oppure come hobby. Questo si ripercuote anche dal punto di vista agonistico, abbiamo poche gare e le principali sono Granfondo perché il movimento amatoriale è più diffuso e forte di quello agonistico. La gara principale è il Tour di Taiwan, che si correrà dal 28 agosto al 1° settembre e fa parte dell’Uci Asia Tour (circuito a punti che raggruppa le principali corse asiatiche, nelle ultime quattro stagioni vinto dal kazako Aleksey Lutsenko, ndr).

Tu Podio 2019
Il maggior successo di Tu, l’argento ai campionati asiatici 2019 a cronometro dietro Fedorov (KAZ)
Tu Podio 2019
Il maggior successo di Tu, l’argento ai campionati asiatici 2019 a cronometro dietro Fedorov (KAZ)
Che cosa ti piace di più e di meno del ciclismo in Europa?

Le gare in Europa sono quasi tutte ben organizzate, molto competitive. In Asia si gareggia solo nei Paesi di appartenenza e c’è poca possibilità per crescere e maturare. Faccio un esempio: mi sono trovato a gareggiare nelle Marche e ho trovato gare davvero impegnative, tostissime… Quel che mi piace di meno è che certe volte le corse prendono una piega troppo tattica e comincia a serpeggiare nervosismo.

Che tipo di corridore sei, su quali percorsi vai meglio?

Dalle mie parti è difficile trovare salite così sono tutti passisti veloci e io non sfuggo alla media. Mi sono specializzato nelle cronometro proprio per privilegiare le mie caratteristiche. In Europa comunque non ho corso abbastanza per poter crescere anche su percorsi più vallonati.

Tu Sicilia 2022
Tu alla destra di Miholjevic, leader all’ultimo Giro di Sicilia prima dell’apoteosi di Caruso
Tu Sicilia 2022
Tu alla destra di Miholjevic, leader all’ultimo Giro di Sicilia prima dell’apoteosi di Caruso
Pensi di restare in Italia?

Non lo so ancora, mi sto guardando in giro, penso però che comunque resterò in Europa.

Chi è il campione che ti piace di più e la gara che vorresti un giorno correre e magari vincere?

E’ chiaro che ogni corridore vorrebbe un giorno disputare un grande Giro perché è l’essenza del nostro lavoro. Io non ho una gara precisa in mente, mi piacerebbe però un giorno mettere la firma su una gara, qualsiasi essa sia, perché vincere in Europa avrebbe un sapore particolare. Come corridore ho sempre ammirato Dumoulin, non solo per la sua storia e il suo coraggio nell’affrontare le difficoltà dopo le sue vittorie ma anche per il suo modo di stare in bici, il suo stile perché il ciclismo è anche questo.

Bryan Olivo, dategli una bici e sarà felice

05.07.2022
4 min
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Il Cycling Team Friuli lo abbiamo imparato a conoscere bene, la realtà friulana guidata da Renzo Boscolo si sta mettendo sempre più in luce. La realtà del CTF è giovane ed ambiziosa. Tra i tanti ragazzi che ci sono nel team uno si è messo in buona luce nell’ultimo periodo: si tratta di Bryan Olivo (in apertura, immagine Lucia e Stefano photo). Classe 2003, al primo anno nella categoria under 23, si è portato a casa il podio al campionato nazionale a cronometro. Vero che i partecipanti alla corsa erano solamente 14, ma in un ciclismo giovanile che perde costantemente di sostanza, è giusto premiare chi onora l’impegno.

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo ha corso nel ciclocross fino agli juniores, qui ai campionati europei di categoria del 2020
Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo ha corso nel ciclocross fino agli juniores, qui ai campionati europei di categoria del 2020

Adattamento non facile

Il passaggio dagli juniores all’under 23 non è mai scontato e banale. Adattarsi ad altri ritmi e ad avversari più grandi non è facile e Bryan ce lo racconta.

«Non è stata una prima parte di stagione semplice – ci dice il frizzante Bryan – un infortunio al ginocchio mi ha tenuto fermo per un mese proprio a ridosso dell’inizio della stagione. A causa di questo stop ho perso tutta la condizione ed il lavoro effettuato in preparazione. Il terzo posto nel campionato a cronometro ha un po’ rimesso a posto le cose, ora cercherò di fare meglio e vedremo dove riuscirò ad arrivare». 

L’attitudine per la crono sempre coltivata. Qui nel 2020 (foto Scanferla)
L’attitudine per la crono sempre coltivata. Qui nel 2020 (foto Scanferla)

Bici che passione

«Arrivo dall’Uc Pordenone – racconta Olivo – la squadra di casa mia (che all’inizio del 2022 ha chiuso i battenti, ndr). Con loro sono stato davvero molto bene e ho potuto fare tutte le esperienze che desideravo. Non sono uno che ama stare fermo, mi piace fare fatica. Grazie a mio fratello ho imparato ad amare ed apprezzare la bici in tutte le sue discipline. Ho corso sempre su strada ma ho fatto anche pista, cronometro e cross. Tutte queste attività mi hanno permesso di crescere e di imparare qualcosa».

Tutta questa voglia di fare e le numerose esperienze fatte nei vari campi del pedale hanno portato l’attenzione di Boscolo, e dell’intero Cycling Team Friuli, sul giovane Bryan.

«Cross l’ho praticato da esordiente primo anno fino agli juniores, sempre primo anno. L’anno scorso, invece, mentre ero ancora in forza al Pordenone, ho ottenuto la medaglia d’argento al mondiale di categoria, nella disciplina dell’inseguimento a squadre. Pratico anche quello individuale, ma è un pochino più complicato».

Tra le altre attività di Bryan c’è la pista, dove nel 2021 ha conquistato l’argento ai mondiali juniores nell’inseguimento a squadre (foto Jan Brychta)
Tra le altre attività di Bryan c’è la pista, dove nel 2021 ha conquistato l’argento ai mondiali juniores nell’inseguimento a squadre (foto Jan Brychta)

Tante discipline

Trovare un ragazzo così innamorato della bici in tutte le sue sfumature è difficile. A volte a tutta questa passione bisogna porre un freno, anche solo momentaneo, per permettere al ragazzo di crescere e maturare. 

«Con il cross mi sono fermato lo scorso anno e anche per quello in corso, vedremo se nel futuro riuscirò a rispolverarlo. E’ una disciplina che mi piace e che mi ha insegnato tanto sulla tecnica di base, sulla guida del mezzo, ecc. La cronometro e la pista, viste anche le discipline che pratico sul parquet, si assomigliano abbastanza e quindi è più semplice conciliarle. Anche se quest’anno non sono ancora andato a girare al velodromo, soprattutto a causa del problema al ginocchio che vi raccontavo prima».

Il CTF è una squadra giovane, ben 5 dei suoi atleti under 23 sono al primo anno nella categoria
Il CTF è una squadra giovane, ben 5 dei suoi atleti under 23 sono al primo anno nella categoria

Un team giovane

Il CTF è un team che punta molto sui ragazzi giovani, abbiamo avuto modo di parlarne anche con i loro direttori sportivi. In un ciclismo che viaggia sempre più veloce e dove i ragazzi entrano nel mondo dei professionisti sempre più presto è importante trovare subito il modo di lavorare corretto, senza perdere tempo.

«Siamo cinque ragazzi al primo anno da under 23 – ci dice sempre Olivo – con i direttori sportivi e tra di noi ci troviamo bene. Non è scontato trovarsi bene con i compagni e lo staff ma posso dirmi felice. Anche con i ragazzi più grandi il rapporto è ottimo, ci consigliano e ci stanno molto vicini. I prossimi anni, per la mia crescita saranno importanti, la squadra fa tante gare all’estero e so che arriverà anche il mio momento e mi farò trovare pronto. Mettersi alla prova al di fuori della propria “comfort zone” è importante per essere stimolati nella crescita e nell’apprendimento».

De Cassan, un volto nuovo per le corse a tappe?

11.06.2022
5 min
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La Corsa della Pace non avrà forse più quel sapore epico del secolo scorso, quand’era il terreno di confronto fra il dilettantismo di Stato dell’est europeo e i giovani occidentali pronti a passare professionisti, ma resta con il Giro Under 23 e il Tour de l’Avenir la prova principale per la categoria inferiore, quella chiamata a mettere in mostra i migliori talenti. Per questo un 11° posto ottenuto qui ha più valore di tanti altri piazzamenti.

Davide De Cassan è tornato a casa proprio con un 11° posto in quella che era la sua prima vera esperienza a tappe e questo piazzamento dice tanto. Amadori, il cittì della nazionale, aveva impostato la squadra su Piganzoli e su di lui ed entrambi si sono dimostrati all’altezza, con l’altro finito 8° in un consesso di assoluto livello. Se però di Piganzoli già si parla molto come di un prospetto per i grandi giri, De Cassan è una scoperta assoluta.

Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia
Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia

Parola a Boscolo

A presentarlo convenientemente è il suo diesse al Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo: «Ci è stato presentato da Raimondo Scimone che ha sotto contratto molti nostri atleti. Ci aveva detto che valeva davvero la pena d’investire su di lui, lo abbiamo sottoposto ai test e non abbiamo avuto più dubbi. Davide è uno che non solo va forte in salita, ma è intelligente e ha un modo innato di leggere la corsa. Deve imparare a osare di più, ma ci stiamo arrivando».

Lo trovi adatto per le corse a tappe?

Di base sì, anche se un corridore per grandi Giri lo costruisci solo con il tempo. Lui sta crescendo nei tempi giusti, non deve farsi ossessionare dalla rincorsa della vittoria perché ha dimostrato che sa correre per la squadra. Io gliel’ho già detto: se sai sacrificarti per gli altri, se contribuisci alle vittorie dei compagni, risalti in questo ciclismo, perché un team del WorldTour verrà a cercarti sapendo che può acquisire un corridore prezioso. Le vittorie non dicono tutto e soprattutto non danno il passaporto per la gloria. Guardate Aleotti: ne parlavo con il padre, nelle cronache magari non apparirà, ma ha fatto un Giro straordinario.

De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
Ora De Cassan si troverà a cercare un’altra prestazione di rilievo al Giro U23 di fronte ad autentiche corrazzate come l’FDJ di Gregoire e Martinez. Non temi che si parta con un po’ di soggezione?

Ma scherziamo? Noi siamo la succursale della Bahrain Victorious, una delle tre squadre più forti del WorldTour, la paura non deve esistere, sono gli altri che devono temerci. Quando si è trovato nei grandi eventi, De Cassan come i suoi compagni non si è mai tirato indietro. Guardate al Recioto, ha lottato con i più forti del mondo fino all’ultimo metro finendo 4°. Al Giro metterà la sua firma, ne sono certo.

Parola a De Cassan

E lui, De Cassan, che cosa dice? L’impressione è quella di un ragazzo che dietro l’educazione nasconde una forte determinazione a emergere e che ha preso l’esperienza in Repubblica Ceka per imparare.

«E’ stata un’opportunità – dice – per prendere le misure a molti avversari per il Giro che è il mio vero obiettivo. Ho visto che il mio livello è già alto e questo mi dà molta carica».

De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
Ti senti specialista per le corse a tappe?

E’ una bella domanda… Di sicuro mi trovo bene e non ho problemi a recuperare, per saperlo dovrei però anche capire se ho quel guizzo in più per centrare il successo pieno. Nelle gare di più giorni vado bene, più i percorsi sono duri e più mi si addicono. Per questo il Giro sarà un bel test.

Parlando con molti corridori della tua età, tecnicamente emerge quasi sempre la figura del passista in grado di reggere in salita, mentre latitano un po’ gli scalatori puri. Tu di quale categoria fai parte?

Fisicamente direi per quest’ultima, essendo altro 1,70 per 60 chili scarsi. Ciò non significa che in pianura vada piano, anzi se c’è da lavorare per la squadra, da tirare non mi tiro indietro. A cronometro ho più difficoltà sui tracciati brevi, quando la distanza è maggiore mi difendo meglio, per questo credo che nelle gare a tappe potrei dire la mia.

De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
Quali obiettivi ti poni a breve termine?

Io mio sogno è vestire la maglia rosa al Giro Under 23. So che ci sono grandi nomi, ho visto Van Eetveld ed è davvero forte, ma non dobbiamo porci ostacoli prima del tempo, dobbiamo giocare le nostre carte. Dopo il Giro vedremo che programma prendere per la seconda parte di stagione.

Come ti trovi nel team? Un fatto che spicca è che nel corso della stagione ogni suo componente ha modo di emergere…

Merito di una struttura tecnica ideale per noi, che ci mette in condizione di fare bene ogni volta che siamo chiamati in causa. Sappiamo che a turno verrà per ognuno di noi l’occasione per puntare al risultato, non ci sono capitani o gregari prestabiliti. Inoltre siamo un bel gruppo, molto unito e questo conta. Ma devo dire grazie anche al cittì Amadori per l’opportunità che mi ha dato: anche in quell’ambiente si lavora bene, ognuno sa bene che cosa fare. Spero di avere altre occasioni.

De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?
De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?

Intanto Davide va avanti anche nell’altra sua passione, quella della musica che nel 2019 l’ha portato a pubblicare il suo primo disco, “Something new”: «Sono sincero, probabilmente non è il genere che la maggior parte di voi ascolta quotidianamente – aveva scritto come presentazione nel suo profilo Instagram – però è quello che ho dentro io. Ascoltatela, magari può piacervi davvero tanto». Ora però è decisamente più concentrato sul ciclismo.

Oliver Stockwell: un britannico in terra friulana

06.06.2022
4 min
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Nel corso del nostro viaggio alla scoperta delle tante realtà giovanili del nostro Paese siamo spesso entrati in contatto con il Cycling Team Friuli. La squadra, guidata caparbiamente da Roberto Bressan e Renzo Boscolo, ci ha mostrato di saper pescare tra i giovani e di avere il merito di guidarli passo passo nella loro crescita personale e sportiva. Così, quando alla corte friulana, accompagnato da Maurizio Fondriest si è presentato un giovane inglese, Oliver Stockwell, la spia della curiosità si è accesa.

Oli” in questi giorni sta correndo l’Adriatica Ionica Race, ha chiuso la prima tappa al 19° posto e la seconda sul Grappa al 14°. Un bel risultato, se si pensa che domani (7 giugno, ndr) compirà 20 anni.

Oliver Stockwell è arrivato al CTF nello scorso mese di novembre
Oliver Stockwell è arrivato al CTF nello scorso mese di novembre
Ciao Oliver, innanzitutto da che parte dell’Inghilterra arrivi?

Da un paese poco fuori Londra. 

Quando sei arrivato per la prima volta in Italia?

La prima volta che sono venuto qui in Italia è stato lo scorso autunno, all’inizio di novembre, per conoscere il team ed i miei compagni. Poi ho fatto un po’ di volte avanti e indietro dall’Inghilterra per allenarmi con i ragazzi.

E quando ti sei stabilito definitivamente?

Mi sono trasferito in pianta stabile da febbraio.

Ecco la sua Merida con nome e cognome e la bandiera del Regno Unito
Ecco la sua Merida con nome e cognome e la bandiera del Regno Unito
Vivi da solo?

No, vivo insieme ad un mio compagno di squadra che viene da Taiwan, Sergio Tu. Mi ha aiutato molto ad ambientarmi, passiamo tanto tempo insieme. Nei giorni di riposo andiamo in città a fare un giro o prendiamo un caffè al bar.

Com’è vivere da solo, lontano da casa, ti manca?

Mi trovo bene, ovviamente a volte mi manca casa, ma tutto sommato sto bene. Mi piace molto l’Italia, specialmente il Friuli, è un bel posto, soprattutto per allenarsi in bici. C’è sempre un bel clima, caldo, a volte troppo – ride – ora che arriva l’estate le temperature si alzano tantissimo, a Londra è difficile che si superino i 30 gradi, anche in estate. La gente è fantastica, tutti sono gentili, è una cultura differente rispetto a quella inglese.

Come ti trovi con la nostra cultura?

Sono molto a mio agio, mi piacciono le persone, sono divertenti, a volte anche molto rilassate. Ci sono delle differenze, ma non saprei bene come definirle. Con il cibo, invece, mi trovo benissimo, è davvero molto buono. Anche quando vivevo in Inghilterra mangiavo spesso italiano, non ho un piatto preferito, mi piacciono tutti.

Oliver vive nella casa dedicata agli atleti del CTF alle porte di Udine, convive con l’altro corridore Sergio Tu
Oliver vive nella casa dedicata agli atleti del CTF alle porte di Udine, convive con l’altro corridore Sergio Tu
Qual è stata la cosa più difficile alla quale ti sei adattato?

Quando in questi mesi ha iniziato a fare davvero caldo, per me è stato uno shock. Anche le prime gare con certe temperature sono state complicate, poi dopo pochi giorni, direi una settimana, mi sono adattato.

E per quanto riguarda la squadra, i compagni, le gare, quali sono le tue sensazioni dopo un po’ di mesi qui?

La squadra è davvero buona, lavoriamo tanto insieme, le corse italiane sono difficili ed il livello di competizione è sempre molto alto. Però devo dire che mi sto adattando bene e questo sarà utile per il resto della stagione. Il livello dei miei compagni è alto, sono davvero molto forti, ma questo serve per crescere di condizione giorno dopo giorno. Per quanto riguarda le corse sono molto tattiche rispetto a quelle inglesi, è un modo differente di correre.

Qui dopo l’arrivo della seconda tappa dell’Adriatica Ionica Race conclusa al 14° posto a Cima Grappa
Qui dopo l’arrivo della 2ª tappa dell’Adriatica Ionica Race conclusa al 14° posto sul Grappa
Con l’italiano come te la cavi?

Sto imparando, ad ascoltare sono più facilitato, ma parlarlo è davvero difficile. Per fortuna i miei compagni sono davvero bravi a parlare inglese. 

Il tuo procuratore è Maurizio Fondriest, come lo hai conosciuto?

L’ho conosciuto la scorsa estate in Belgio, ai mondiali. Ho un amico che mi ha detto che è importante, quando vai in un team italiano, avere un procuratore che conosce la lingua e che ti possa aiutare a capire ed ambientarti. Poi Maurizio non ha bisogno di presentazioni, lui è bravissimo e mi fido pienamente di quel che mi dice.

Tu hai praticato sia ciclocross che strada quando eri in Inghilterra.

In Inghilterra praticamente tutti da piccoli facciamo più discipline: pista e strada, oppure strada e ciclocross, o anche ciclocross e Mtb. Per me era anche un qualcosa di divertente da fare durante l’inverno, per tenersi allenati ed attivi. Aiuta molto anche per quanto riguarda la guida della bici.

CTF sugli scudi: Buratti cresce e sogna il professionismo

06.05.2022
6 min
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Il Cycling Team Friuli ha fatto incetta di risultati nella sua trasferta oltre confine alla Carpathian Couriers Race. Fran Miholjevic si è portato a casa la classifica generale, quella di miglior giovane e la classifica a punti. Un altro nome che ha brillato in territorio slovacco, al confine con la Polonia, è quello di Nicolò Buratti.

Il giovane corridore friulano, classe 2001, non è mai uscito dalla top ten nelle quattro tappe disputate. Ha conquistato il prologo di apertura, il quinto posto nella seconda frazione, infine un secondo ed un decimo posto nelle ultime due tappe.

Potremmo dire che è stata una trasferta prolifica…

E’ stata una bella gara, nella quale abbiamo fatto bene come squadra e anche dal punto di vista personale mi ritengo molto soddisfatto. Non mi aspettavo di poter vincere il prologo iniziale, mi sentivo bene ma non credevo fino a questo punto. Per quanto riguarda il resto delle tappe, sapevo fossero adatte a me.

E’ la tua seconda vittoria stagionale dopo il GP La Torre a Fucecchio.

Sono, anzi, siamo partiti forte quest’anno. Il giorno prima della vittoria a Fucecchio avevo ottenuto il secondo posto alla Firenze-Empoli (vinta da Guzzo, ndr). Il mese di marzo è andato molto bene, sono arrivato terzo al Gp Slovenian Istria, gara 1.2. Aprile è stato un mese un po’ più sfortunato.

Sei al secondo anno con il CTF, come ti trovi?

E’ una squadra continental che fa molta attività anche in altre Nazioni: Croazia e Slovenia su tutte. Questo ci permette di lavorare bene e di confrontarci con corridori e squadre di alto livello. Il team è davvero giovane, abbiamo solamente un corridore elite (Sergio Tu, corridore taiwanese richiesto da Merida, classe 1997, ndr). Sono gare con un parterre di atleti con un livello più alto rispetto a quello nazionale. Ti scontri con continental straniere davvero attrezzate.

Nicolò Buratti ha ottenuto la sua seconda vittoria stagionale aggiudicandosi il prologo iniziale della Carpathian Couriers Race
Nicolò Buratti ha ottenuto la sua seconda vittoria stagionale aggiudicandosi il prologo iniziale della Carpathian Couriers Race
E’ un confronto positivo per crescere e maturare anche in ottica professionismo.

Sì, anche perché l’obiettivo di ognuno di noi è quello di passare professionista. Confrontarsi con atleti che hanno avuto esperienze tra i pro’ è giusto, anche perché il livello, una volta tra i grandi, è alto. Diciamo che ci si abitua da subito. La mia prima gara fuori confine è stato il GP Adria Mobil nel marzo del 2021. Una corsa molto rinomata alla quale hanno partecipato anche la Bardiani ed i team development della Jumbo e della Groupama.

Hai fatto il primo anno da under 23 al Pedale Scaligero, come sei arrivato al CTF?

Nei due anni da junior non ero andato molto bene, anzi direi che sono stati i miei due anni peggiori. Le cause sono un po’ psicologiche ed un po’ per la maturazione fisica tardiva. Il primo anno da under 23 con il Pedale Scaligero mi ha permesso di crescere e di mettermi in mostra, così è arrivata la chiamata del Cycling Team Friuli. Essendo io friulano un po’ ci speravo e quando mi hanno contattato non ci ho pensato due volte. 

Il Cycling Team Friuli è una realtà che lavora con ragazzi giovani per formarli e farli crescere (foto Scanferla)
Il Cycling Team Friuli è una realtà che lavora con ragazzi giovani per formarli e farli crescere (foto Scanferla)
Che differenze hai trovato nel cambiare squadra?

Il CTF è un ambiente molto professionale, sotto tutti gli aspetti: da quello atletico a quello mentale. Si ragiona da grande team ed è importante per far crescere dei corridori pronti al professionismo. In più anche a livello di struttura e di supporto all’atleta ci sono molte strutture, come il CTFLab, cui si si appoggiano anche alcuni atleti professionisti. Curano la preparazione e la biomeccanica per ottenere il meglio una volta che si sale in bici.

Come ti trovi con la squadra e con Renzo Boscolo?

Il gruppo di atleti è molto unito, essendo poi tutti vicini di età è facile andare d’accordo. Renzo, insieme a tutto lo staff e al presidente Roberto Bressan, è il motore della squadra. E’ sempre pieno di energia e di idee, ci sta molto dietro ed è un punto di riferimento per tutti noi. 

Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli
Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli
A proposito di pro’, hai corso anche con loro?

Sì, sempre l’anno scorso ho corso con il Cycling Team Friuli la Cro Race e poi con la nazionale la Per Sempre Alfredo. Devo ammettere che ho provato una particolare emozione, soprattutto in Croazia dove per la prima volta ho corso accanto a Landa e Yates. Sono emozioni che però poi bisogna metabolizzare, perché alla lunga deve diventare la normalità.

Tu sei al terzo anno, stai già pensando al professionismo, magari dall’anno prossimo?

Ci penso, come è giusto che sia. Il mio è stato un percorso abbastanza graduale, con il primo anno qui al CTF ho capito cosa vuol dire fare ciclismo e la vita da corridore. Dal 2022 ho avuto un miglioramento ulteriore delle mie qualità tecniche, sarebbe bello passare pro’, ce la metterò tutta e credo di essere abbastanza maturo.

Anche tra i ragazzi c’è una bella amicizia, qui De Cassan (a sinistra) e Buratti (a destra) che festeggiano la vittoria al GP La Torre
Anche tra i ragazzi c’è una bella amicizia, qui De Cassan (a sinistra) e Buratti (a destra) che festeggiano la vittoria al GP La Torre
Che tipo di corridore ti senti di essere?

Se dovessi mettermi in una categoria direi quella dei passisti-veloci, me la cavo molto bene sui percorsi mossi, come alla Carpathian Couriers Race. Non sono molto veloce, piuttosto preferisco le gare dure con arrivi in gruppi ristretti. Mi sento più un corridore da corse di un giorno.

Prossimi appuntamenti? Farai il Giro d’Italia Under 23?

Lo farò, sarà la mia seconda partecipazione, l’anno scorso ho ottenuto dei buoni piazzamenti, quest’anno punterò a migliorarmi. Tra poco andrò sul Pordoi insieme a due miei compagni proprio per preparare il Giro. E’ l’appuntamento più importante in Italia e l’atmosfera che si respira è davvero entusiasmante.

Di carattere come ti descriveresti?

Abbastanza tranquillo, riservato ed introverso. Vado d’accordo con le persone, in gruppo mi trovo bene.

Da un Miholjevic all’altro, la storia di Fran e suo padre Vladimir

04.05.2022
8 min
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Fran Miholjevic ha vinto la Carpathian Couriers Race, terzo successo di stagione dopo la tappa al Giro di Sicilia e il GP Vipava Valley di febbraio. Di lui si sa che indossa per il secondo anno la maglia del Cycling Team Friuli e che suo padre Vladimir è il team manager della Bahrain Victorious.

Finora vi abbiamo raccontato di Marta Cavalli attraverso gli occhi del padre Alberto. Ci siamo emozionati per l’esultanza di Elisa Balsamo e suo padre Sergio sul traguardo di Wevelgem. E giusto domenica abbiamo conosciuto Marco Fortunato, che continua a lavorare con i bambini alle porte di Bologna, mentre Lorenzo si prepara per il Giro. Ma cosa succede quando tuo padre è uno dell’ambiente e per giunta anche importante?

Ciclismo, no grazie

Lo abbiamo chiesto a Miholjevic senior, 48 anni, professionista dal 1997 al 2012 con 11 stagioni in squadre italiane: Alessio, Liquigas, Acqua & Sapone. Lo abbiamo pregato di parlare da padre e non da addetto ai lavori. Almeno finché è stato possibile tenere separati gli ambiti.

«Quando correvo – sorride – i bambini non volevano vedere le corse in televisione. Le odiavano. Così mia moglie le guardava da sola. Quando ho smesso, sono tornato a studiare Legge. Mi mancavano 10 esami. E intanto, una squadra di triathlon di Fiume, la mia città, mi chiamò per chiedermi di seguire i loro allenamenti. Ne parlai con mia moglie. Le dissi che senza un obbligo, non ce l’avrei fatta a risalire in bici. Così cominciai. E mentre mi stavo preparando per il primo allenamento, Fran mi chiese se poteva venire con me. Era il 2014, aveva 12 anni e una mountain bike di 20 chili che gli avevamo comprato qualche anno prima per la promozione».

Come andò a finire?

Erano ragazzi di 15 anni, quindi tre più di lui. Però Fran andava. Abbiamo la fortuna di vivere fuori città, vicino al bosco. Ancora oggi, ma a quel tempo di più, i bambini giocano in strada e lui era forte. Così tenne il ritmo.

L’orgoglio di papà?

Lo osservavo e credevo che gli sarebbe passata la voglia. In famiglia eravamo un po’ stufi dello sport, non vedevo i miei figli fare agonismo. Però, visto che mi chiese di riprovarci, gli diedi la Cannondale che la Liquigas ci aveva lasciato dopo la vittoria al Giro del 2007. Era una 56, lui ancora aveva bisogno di una 52. Però ci salì sopra e staccò tutti. Fu allora che pensai: «Forse qualcosa c’è!». Così chiamai l’Acqua & Sapone, che nel frattempo aveva chiuso, ma aveva ancora delle bici in magazzino. Chiesi se ne avessero una della sua taglia e mi mandarono quella di Betancur. E piano piano, si cominciò a capire che c’era del talento.

Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
Al Trofeo Ucka del 2019, primo di categoria. Eccolo con padre, madre e sorella minore (foto Novi List)
In che modo?

Lo portai a una gran fondo e la vinse. Poi si è iscritto al club dove avevo cominciato anche io. E da junior è andato alla Adria Mobil, che ai miei tempi si chiamava KRKA Telekom. Purtroppo anche lui è incappato nel lockdown. Nel 2020 aveva 18 anni, secondo anno junior. E come tutti i ragazzi della sua età ha perso la possibilità di dimostrare il suo valore. Mi faceva quasi compassione nel vedere quanta energia mettesse negli allenamenti senza poter correre. Il quarto posto agli europei di Plouay fu una grossa soddisfazione.

In che modo lo hai seguito?

Ho cercato di fargli capire le specifiche dello sport. Lo guardavo e cercavo di trasferire a lui la mia esperienza. Io non ero veloce, ma spesso riuscivo a fare selezione in salita e vincevo perché ero meno morto degli altri. Fran è sempre stato un bambino più intelligente di me. Io al confronto ero un… caprone forte. Mi chiedevo: a cosa mi serve l’astuzia, se li posso staccare tutti? E se poi rientravano e mi battevano in volata, ero contento lo stesso, perché comunque in salita ero stato più forte. Fran è più furbo. E’ veloce e va bene a crono.

Sei sempre stato presente?

Avere da junior il padre che sa di bici è un vantaggio. Da under 23 diventa un peso e così ho cercato di stare lontano. Ho chiamato per lui un agente, Mattia Galli, perché potesse seguirlo con una minima influenza da parte mia. Era strano che andassi a parlare io con le squadre. Sono venute offerte dalla Leopard in Lussemburgo. So che parlavano con la FDJ. Finché un giorno, ragionando con Pellizotti, il discorso è finito sui tanti corridori che venivano dal Cycling Team Friuli.

Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Dal 2021, Fran Miholjevic indossa la maglia del Cycling Team Friuli (foto Scanferla)
Non li conoscevi?

Li vedevo, ma non avevo mai approfondito. Parlando, ci siamo resi conto che vincevano, ma soprattutto avevano una buona riuscita nel professionismo. Ragazzi come De Marchi, Fabbro e Aleotti erano un bel biglietto da visita. “Pelli” diceva che lavorano bene, insistendo sull’educazione, senza pressioni, facendoli crescere. Così andai a parlare con Bressan.

Insomma, alla fine hai ceduto e ti sei fatto avanti tu…

Gli dissi di valutarlo come corridore (sorride, ndr), non come il figlio di Miholjevic. Se lo riteneva all’altezza, se ne poteva parlare. Roberto aveva già la lista piena, per non lasciare indietro i ragazzi che durante il Covid non si erano espressi, ma alla fine decise di dargli una possibilità. Così Fran ha iniziato a lavorare con Andrea Fusaz, ma anche con Alessio Mattiussi e Fabio Baronti. E poi ha trovato in Renzo Boscolo un diesse con grande visione di corsa e capacità di comunicazione. Se ci sono problemi, si chiariscono subito. Sanno dare anche delle sberle, ma in modo pedagogicamente giusto. Da padre, sono proprio contento.

Anche da manager, visto che nel frattempo è iniziata la collaborazione fra Bahrain e CTF…

Vero. Siamo sulla via giusta per farlo in modo davvero costruttivo. Costruire una continental richiede tanto entusiasmo e tanta energia, che poi viene ripagata quando i corridori li vedi crescere e vanno via. Abbiamo imparato reciprocamente. I nostri hanno visto la fame di arrivare dei ragazzi e anche a loro è scattata la molla di dimostrare quanto valgono. E tutti onorando gli stessi sponsor tecnici.

Che corridore può diventare Fran?

Non è uno scalatore puro, né un velocista. E’ alto 1,90 e pesa 72 chili. E anche se con questi numeri qualcuno ha vinto i Giri, sono tanti chili da portare. Ha le abilità per le corse di un giorno, ma non ha provato quelle del Belgio, perché la nazionale croata juniores non ha i numeri per certe trasferte. Per questo il prossimo anno con il CTF vorremmo fare le gare più importanti del Belgio. Vogliamo internazionalizzare la squadra. La base sarà italiana, la sua forza. Ma abbiamo tante richieste da U23 e juniores che vogliono venire al Bahrain passando per il CT Friuli. Ed è davvero una grande conferma del buon lavoro.

Vacanze di famiglia: con Vladimir e Fran, la mamma Irena e le sorelle Tara e Lana
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Fran vive a casa o sta più spesso in ritiro?

La sede del team è a 135 chilometri da casa, per cui sta spesso a Fiume dove ci sono percorsi ottimi per allenarsi. Però si ferma volentieri anche in ritiro. Là c’è Stockwell, un bel corridore. Vanno d’accordo, per cui Fran parte un giorno prima e torna sempre un giorno dopo.

Alla fine hai capito perché non volevano vedere le gare in tivù?

La figlia più grande, Lana che ha 23 anni, non voleva guardare perché era gelosa delle miss sul palco. A Fran invece non interessava, non era un bambino che mostrava affinità con lo sport. Ha fatto basket, poi pallamano che da noi è famosa e forte. Infine ciclismo. Mi faceva pensare a suo zio, il fratello di mia moglie, forte in qualunque sport, ma senza la mentalità per approfondire. Credevo che Fran fosse così, che facesse sport finché era comodo, invece mi sbagliavo di grosso. Del resto, l’ho sempre detto (ride, ndr) che non sono bravo a valutare le persone…