Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025

De Cassan: la strada per il rilancio passa dalla General Store

12.12.2025
4 min
Salva

Due stagioni con la Polti VisitMalta, assaporando e imparando a muoversi nel mondo dei professionisti. Al termine di questi due anni però per Davide De Cassan di spazio nel team di Ivan Basso non ce n’era più, allora tocca rimboccarsi le maniche e ripartire. I colori questa volta sono quelli della General Store-Essegibi-F.lli Curia di Daniele Calosso, che lavora insieme a Paolo Rosola e gli altri membri dello staff. 

«E’ da un mese o poco meno – racconta Davide De Cassan – che ho ripreso ad allenarmi in maniera seria. Dopo aver chiuso la stagione con la Veneto Classic, il 19 ottobre scorso, mi sono fermato per due settimane. Po ho ripreso con calma a fare movimento, ma nulla di che: camminate e un po’ di mountain bike. Dalle mie parti, a Cavaion Veronese, c’è il Monte Moscal che ha diversi percorsi adatti al fuoristrada o alle camminate. Niente di impegnativo, ma un’oretta o due di pedalata vengono sempre fuori».

Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)
Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)

Distarsi

Davide De Cassan racconta, i due anni con la Polti VisitMalta sono passati velocemente e la notizia del mancato rinnovo non è arrivata direttamente dal team. Il veneto, piano piano, ha capito di essere sempre più a margine dei progetti della formazione professional. L’ultima stagione, iniziata a fine gennaio scorso in Spagna, è stata lunga e impegnativa.  

«Fare qualcosa di diverso dal solito andare in bici – ci dice ancora De Cassan – mi ha aiutato a sgomberare la mente. Il 2025 è stato un anno impegnativo, con tante gare, e il dispendio di energie fisiche e mentali si è fatto sentire. Inoltre ho dovuto cercare un’altra squadra, diciamo che avevo bisogno di resettare tutto».

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Cosa ha reso questa stagione così impegnativa?

La caccia ai punti ha messo un’ansia collettiva a tutto il gruppo. E’ un aspetto che nel primo anno non avevo riscontrato, complice il fatto di essere partiti davvero bene. Mentre nel 2025 la frenesia è aumentata parecchio, questo si è tradotto in scelte più ponderate e pesate da parte del team una volta in corsa.

Pensi questo abbia condizionato il tuo percorso di crescita?

No. Penso sia stato un pensiero più legato ai diesse e allo scegliere i corridori giusti per ogni gara. 

Quando è arrivata l’accordo con la General Store-Essegibi-F.lli Curia?

Una volta appresa la notizia che non avrei proseguito con la Polti VisitMalta, ho iniziato a cercare una sistemazione per il nuovo anno. La voglia non è mai mancata, tanto che mi sono allenato anche nelle due settimane in cui non avevo un contratto in mano. E’ stato un fine stagione strano, perché molti team hanno chiuso, altri si sono trasformati o uniti, quindi di corridori senza certezze per il prossimo anno ce n’erano tanti. Nel cercare ho guardato anche alle continental e ho trovato la General Store, che tra l’altro è dietro casa.

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Hai detto di non aver perso la voglia, cosa ti spinge a ripartire?

Desidero fare un anno nel quale provare a rilanciarmi. Sono comunque giovane, a gennaio farò ventiquattro anni. Certo, non ho l’età dei fenomeni che escono ora dalla categoria under 23, ma a livello complessivo ho tanto da dare. La cosa bella è che in General Store mi hanno accolto benissimo, conosco già molta gente che fa parte dello staff. Lo stesso Paolo Rosola lo conosco da tanti anni. E’ una squadra che sta crescendo tanto, sia per struttura ma anche nel calendario. 

Essere al secondo anno elite ti spaventa?

No, ho fiducia che lavorando al meglio si possa arrivare a buoni livello. Certo tra una continental e una professional ci sono delle differenze, ma credo nel lavoro dei singoli e sono pronto a dimostrare che se un atleta lavora bene può fare tutto. E’ una scommessa mia ma anche del team. 

Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Cosa ti rimane dei due anni in Polti?

Tanta esperienza e una crescita importante, ho corso in gare come la Strade Bianche e Il Lombardia. Non ci sono solo le corse, ma anche un mondo che gira intorno alla prestazione: viaggi, organizzazione, logistica. L’obiettivo è tornare in quel mondo, da oggi fino al 22 dicembre sarò al primo ritiro con la General Store, in Spagna. Poi torneremo anche a gennaio per altre due settimane di lavoro. Mi aspetta un anno decisivo e voglio farmi trovare pronto.

Foto 1 - Vittoria Lorenzo Annibali al Memorial Vincenzo Mantovani : Foto facebook Sissio Team

Nalini vestirà la Solme Olmo nel suo debutto continental

18.11.2025
3 min
Salva

Solo pochi giorni fa Gian Pietro Forcolin, presidente della Solme Olmo, ci raccontava dei programmi e delle aspettative del suo team in vista della nuova stagione, soprattutto alla luce del passaggio alla categoria continental

Proprio in questi giorni la formazione trevigiana è tornata a incontrarsi. Un’occasione per far integrare al meglio volti vecchi e nuovi dei ragazzi che daranno vita al roster 2026.

In un certo senso possiamo tranquillamente affermare che la nuova stagione della formazione veneta sia già iniziata, grazie all’arrivo di un nuovo partner tecnico di assoluto prestigio. Stiamo parlando di Nalini. Sarà infatti il brand mantovano a vestire la Solme Olmo nel suo debutto ufficiale nella categoria continental.

Photors.it : Visita Solme Olmo alla sede Moa Sport
Visita del team Solme Olmo alla sede Moa Sport, azienda proprietaria del marchio Nalini (Photors.it)

A casa Nalini

Per conoscere meglio chi li vestirà il prossimo anno, nei giorni scorsi i ragazzi della Solme Olmo hanno fatto visita in quel di Castel d’Ario alla sede produttiva di Moa Sport, azienda proprietaria del marchio Nalini. Ad accoglierli hanno trovato Giuseppe Bovo, Direttore Generale dell’azienda mantovana. Si è trattato di un momento di conoscenza reciproca. Gli atleti della rosa 2026 hanno inoltre avuto l’opportunità di provare in anteprima i nuovi capi che indosseranno il prossimo anno e conoscere più a fondo i tessuti e le tecnologie applicate nella loro realizzazione. 

Ecco le prime parole del presidente della Solme Olmo Gian Pietro Forcolin in merito a questa nuova partnership tecnica: «Per noi sarà un onore poter vestire i capi griffati da Nalini che è una delle eccellenze italiane applicate al ciclismo. Il 2026 segnerà per la nostra società un ulteriore step di crescita e in questo contesto, poter contare su di un partner prestigioso e di grande esperienza come Nalini, sarà certamente un valore aggiunto».

Foto 2 - Vittoria Lorenzo Annibali al Memorial Vincenzo Mantovani : Foto facebook Sissio Team
La vittoria di Lorenzo Annibali al Memorial Vincenzo Mantovani
Foto 2 - Vittoria Lorenzo Annibali al Memorial Vincenzo Mantovani : Foto facebook Sissio Team
La vittoria di Lorenzo Annibali al Memorial Vincenzo Mantovani

Destino già scritto?

Che le strade della Some Olmo e di Nalini si dovessero presto incontrare era forse già scritto nel destino. Fra i successi ottenuti quest’anno dal team veneto spicca infatti il Memorial Vincenzo Mantovani, vinto da Lorenzo Annibali. Si tratta di una gara che ha un significato davvero speciale per Claudio Mantovani, oggi alla guida dell’azienda di famiglia. E’ stata infatti pensata per ricordare suo fratello Vincenzo, che negli anni sessanta, al termine della sua carriera da ciclista, aveva creato la Moa Sport.

A ricordare il successo della Solme Olmo nella gara di casa e in un certo senso a “benedire” il nuovo accordo è lo stesso Claudio Mantovani: «Seguo e conosco da anni la Solme Olmo che quest’anno, proprio qui, sulle strade di Castel d’Ario si è aggiudicata anche il Memorial Vincenzo Mantovani che la nostra azienda sostiene nel ricordo di mio fratello. Gian Pietro Forcolin ha fatto le cose per bene, facendo crescere gradualmente questo team e portandolo a livello internazionale in vista della prossima stagione. Siamo felici di essere al loro fianco, certi che sapranno regalarci grandi soddisfazioni».

La collaborazione tra Moa Sport e la Solme Olmo permetterà agli atleti del team trevigiano di avere a disposizione i capi d’abbigliamento più comodi e performanti tra quelli disponibili sul mercato. Allo stesso tempo gli stessi atleti potranno fornire i propri feedback al Nalini Lab per lo sviluppo di nuovi prodotti.

Nalini

Alla scoperta del miglior team Continental. E’ in Cechia…

Alla scoperta della miglior Continental. E’ in Repubblica Ceca

15.11.2025
5 min
Salva

Finita la stagione è tempo di consuntivi e analizzando il ranking Uci emerge un’autentica sorpresa. Si parla sempre delle squadre del WorldTour, ma qual è la continental più in alta nella classifica? La vetta va all’ATT Investments, capace di chiudere al 32° posto, appena dietro alle nostre Professional VF Group Bardiani e Solution Tech-Vini Fantini e beffando gli italo-giapponesi del Team Ukyo a dispetto delle loro tante vittorie.

Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell'ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell’ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell'ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell’ATT Investments

Un riferimento per l’Est europeo

Un successo che ha destato molta curiosità intorno al team di riferimento del ciclismo ceco, ma guardando il suo roster si scopre innanzitutto che la formazione fa un po’ da calamita per molti ciclisti di spessore di tutto l’Est europeo, quelli che per una ragione o per l’altra non sono riusciti a trovare spazio fra i professionisti o ne sono usciti. Un esempio? Barnabas Peak, l’ungherese che ha ritrovato l’attività nel finale di stagione grazie a loro e il prossimo anno rafforzerà la MBH Bank nel suo approdo fra le Professional.

Qual è la storia dell’ATT Investments? A raccontarla è il suo diesse Otakar Fiala: «La nostra squadra è stata fondata una decina di anni fa per supportare i giovani talenti della Repubblica Ceca e, nel tempo, anche dei Paesi limitrofi. A noi interessa riuscire a dare spazio ai giovani talenti per consentirgli di accumulare esperienza e approcciarsi nella maniera migliore alle categorie maggiori. Vogliamo lanciare la loro carriera, per questo li facciamo gareggiare in tutta Europa, per confrontarsi con quelli che un domani potranno essere i loro compagni di squadra».

La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è Continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è Continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è continental dal 2020
Vi aspettavate di diventare la migliore squadra continental della stagione? Era questo il vostro obiettivo?

Il nostro obiettivo principale era vincere lo Europe Tour. Il fatto che siamo riusciti a concludere la stagione come prima squadra Continental in assoluto è un grande riconoscimento del nostro lavoro in prospettiva. Noi siamo approdati a questa categoria nel 2020, è stato un passo importante che conferma come sin dall’inizio abbiamo sempre lavorato con obiettivi a lungo termine. Per noi questo primato è la conferma che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

Il vostro roster è composto esclusivamente da corridori dell’Europa orientale: è stata una decisione intenzionale?

Sì, fa proprio parte del DNA del nostro team. I nostri corridori provengono in principal modo dalla Repubblica Ceca e dai Paesi limitrofi, dove nel corso degli anni abbiamo costruito una solida rete di contatti e una profonda conoscenza del contesto locale. E’ importante per noi, come spiegato, essere un trampolino versi i grandi team, possibilmente del WorldTour. Diciamo che possiamo essere una valida alternativa ai devo team, a maggior ragione ora con il prestigio derivante dai nostri risultati.

Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Quanto è importante il vostro lavoro per lo sviluppo del ciclismo ceco e qual è il vostro rapporto con la federazione nazionale?

Siamo un importante ponte tra le categorie juniores ed élite. Un punto focale della nostra attività è dare ai giovani ciclisti l’opportunità di continuare a crescere rimanendo nel loro ambiente di origine pur uscendo dalla loro “comfort zone” attraverso un’attività internazionale di alto livello. Collaboriamo con la Federazione Ciclistica Ceca principalmente attraverso progetti per le squadre nazionali.

Quali sono stati i momenti salienti della vostra stagione?

E’ stata una stagione esaltante, nella quale abbiamo portato a casa qualcosa come 26 vittorie nel calendario UCI, non solo nell’Est europeo visto che abbiamo avuto due successi di Marcin Budzinsky in Grecia e due di Marceli Boguslawski al Tour du Loir et Cher. In generale il fiore all’occhiello è stato però il successo nello Europe Tour e la conquista del Campionato Nazionale Ceco nella gara a cronometro con Jan Bittner, erano due obiettivi che ci eravamo posti a inizio stagione.

Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Avete un team junior o di sviluppo a cui siete collegati?

Non ancora. Tuttavia, non escludiamo di crearne uno in futuro: un passo del genere però comporta dei cambiamenti e dei profondi investimenti. Noi lavoriamo sul lungo periodo, una scelta del genere dipenderebbe naturalmente da un potenziale passaggio del nostro team alla categoria Professional.

Quali dei vostri corridori ha il potenziale per raggiungere livelli più alti?

Abbiamo diversi corridori con i parametri giusti per raggiungere il livello superiore e mi tengo basso non citando il WT, ma bisogna sempre considerare che lo sviluppo di ogni atleta è individuale. Non vorrei nominare qualcuno in particolare. In generale, se un corridore lavora con sistematicità, il successo arriverà prima o poi, e qualcuno se ne accorgerà, questa è sempre stata una nostra convinzione.

Marcin Budzinski ha raccolto successi in Grecia, Slovenia (il GP Brda-Collio) e Austria
Marcin Budzinsky ha raccolto successi in Grecia, Slovenia e Austria. Nel 2026 sarà all’MBH Bank
Marcin Budzinski ha raccolto successi in Grecia, Slovenia (il GP Brda-Collio) e Austria
Marcin Budzinsky ha raccolto successi in Grecia, Slovenia e Austria. Nel 2026 sarà all’MBH Bank
State pianificando di salire di categoria con i vostri sponsor?

La possibilità di passare alla categoria ProTeam rimane aperta per il futuro, ma devono essere soddisfatte alcune condizioni, principalmente la stabilità finanziaria e un livello di qualità sportiva sufficiente tra i nostri corridori. Noi intanto ci strutturiamo per essere pronti, abbiamo uno staff con 4 diesse al mio fianco fra cui anche Juraj Sagan, che ha una grande esperienza diretta nel WorldTour, personale e tramite il fratello.

Quali obiettivi vi siete prefissati per il 2026?

A questo punto non possiamo tirarci indietro: confermarsi è sempre più difficile della prima volta, quindi vogliamo difendere il nostro titolo di miglior squadra Continental e vincere nuovamente il campionato nazionale ceco, magari nella corsa su strada. Ma vedere qualche nostro atleta approdare in un grande team sarebbe anch’esso una grande vittoria.

1174 grammi e raggi in carbonio. Le nuove DT Swiss da 38

1.174 grammi e raggi in carbonio. Le nuove DT Swiss da 38

13.11.2025
5 min
Salva

DT Swiss mostra i muscoli ancora una volta. Le nuove ARC 1100 Spline 38 CS (acronimo di Carbon Cpokes) diventano la coppia di ruote aero concept con il profilo medio più leggere del mercato.

Una coppia di ruote alte 38 millimetri con sviluppo aero? Sì, perché sono due i fattori da considerare. Il primo è legato alla collaborazione con Swiss Side, il secondo è l’appartenenza alla categoria Aero+ di DT Swiss. Entriamo nel dettaglio delle nuove ruote dell’azienda svizzera.

1174 grammi e raggi in carbonio. Le nuove DT Swiss da 38
Forme e soluzioni di design sviluppate a braccetto con Swiss Side
1174 grammi e raggi in carbonio. Le nuove DT Swiss da 38
Forme e soluzioni di design sviluppate a braccetto con Swiss Side

Le soluzioni tecniche

Partiamo dal cerchio. Le nuove ARC 1100 Spline 38 CS mutuano in toto il cerchio full carbon dell’attuale versione ARC 1100 Dicut 38. E’ un full carbon da 38 millimetri di altezza, con un canale interno da 20 e l’uncino per l’ingaggio degli pneumatici (tubeless ready e non hookless). Il canale prevede l’utilizzo del tape tubeless. Rispetto alla versione già esistente la prima grande differenza è legata alla presenza di una sorta di nipplo (uno per ogni raggio) che emerge dal cerchio. DT Swiss ci ha abituato nel corso degli anni a nascondere completamente i nipples ed il sistema di aggancio dei raggi all’interno del cerchio.

Si tratta di una variazione tecnica importante per DT Swiss, una via obbligata per dare maggiore forza alla testa dei raggi in carbonio, assecondare le differenti tensioni (rispetto ai profilati in acciaio) e facilitare eventuali operazioni di manutenzione. Ma è tutto il sistema raggio/mozzo ad essere diverso. I raggi in carbonio sono 18 per la ruota davanti, con una soluzione mista tra radiali ed incrocio in seconda. Per la ruota posteriore sono 24 totali e con incrocio in seconda da ambo i lati. Gli stessi raggi non sono un prodotto che esce dal quartier generale DT Swiss, ma sono realizzati da Vonoa su specifiche dell’azienda Svizzera. Tutti i nipples sono in alluminio.

Mozzo DT Swiss Spline 180

A dire la verità, il nuovo mozzo assomiglia molto più all’ultima versione del Dicut 180. Da quest’ultimo mutua la livrea nero lucida e le finiture cromate (specchiate) e le flange che sembrano fare parte in modo maggiore del disegno Dicut.

Il mozzo della ruota davanti è parecchio scaricato dal lato senza disco e presenta la flangia rialzata dalla parte della pinza. Quello posteriore è flangiato da entrambe le parti, con una lavorazione molto particolare che tende ad irrobustire, proteggere ed irrigidire i punti di ancoraggio dei raggi. La meccanica della ruota libera è di matrice DT Swiss Rachet System EXP con ruote dentate da 36 denti.

Cosa significa Aero+

Abbiamo davanti una ruota che nasce con un importante concetto aerodinamico alla base, che non ha senso esclusivamente ragionando di cerchi dai 50 millimetri di altezza in avanti. Anche un profilo da 38 millimetri può avere alle spalle un’analisi approfondita dei dati dell’aerodinamica e le ARC 38 ne sono un esempio.

Significa che il disegno, la forma ed il volume del sistema ruota/pneumatico sono sviluppati per ridurre al minimo la resistenza, sfruttare a proprio vantaggio l’effetto vela e non pesare sulla sezione dello sterzo. Una ARC 38 Aero+ di nuova generazione potrà non essere veloce come una 55 o una 65, ma presenterà una resistenza al rotolamento ridotta rispetto alla media della categoria.

Altri dettagli da considerare

Le nuove ARC 1100 Spline 38 CS sono dichiarate a 1.174 grammi di peso senza pneumatici, a 1.781 grammi con il sistema pneumatici Continental/Swiss Side. Davanti il modello Aero111 da 26, tubeless ready e montato con la camera in TPU, dietro un classico GP5000s TR da 28 millimetri, sempre tubeless ready e montato con camera in TPU. Il prezzo di listino è di 3.199 euro.

DT Swiss

Robert Carrara, Presidente Drali Milano, e Roy Hegreberg, general manager Drali-Repsol

Dall’Italia alla Norvegia, nasce il team Drali-Repsol

08.11.2025
3 min
Salva

La notizia è freschissima e merita di essere rilanciata, vista la sua importanza. Dal prossimo anno Drali Milano sarà title sponsor dell’attuale Team Coop-Repsol, formazione norvegese che dal 2026 assumerà il nome di Drali-Repsol. Il team, attivo dal 2004, milita nella categoria Continental (nella foto di apertura Robert Carrara, Presidente del brand, e Roy Hegreberg, general manager del team).

L’accordo appena sottoscritto permetterà a Drali Milano di rafforzare la propria presenza nel grande ciclismo, in particolare nel nord Europa dove la squadra norvegese è molto conosciuta.

Drali si è fatta un regalo per festeggiare i suoi 100 anni di attività
Drali si è fatta un regalo per festeggiare i suoi 100 anni di attività

Regalo per i 100 anni

A partire dal 2026 e per la durata di tre anni gli atleti della nuova Drali-Repsol correranno su bici Drali. Si tratta di un importante accordo che arriva a coronamento di un anno davvero speciale per il brand lombardo, anzi milanese. Nel 2025 Drali ha infatti festeggiato i suoi “primi” 100 anni di vita. Un anniversario celebrato con una serata speciale nel cuore della sua città, la Milano dove il marchio è nato e cresciuto. In questo primo secolo di vita sono stati tanti i campioni hanno trionfato su bici firmate Drali. Possiamo sicuramente citare i due più famosi: Costante Girardengo e Fausto Coppi. 

la firma che decreta la nascita del team Drali-Repsol, 2025
La firma che decreta la nascita del team Drali-Repsol
la firma che decreta la nascita del team Drali-Repsol, 2025
La firma che decreta la nascita del team Drali-Repsol

Un progetto ambizioso

La nuova Drali-Repsol rappresenta un nuovo step nel cammino di rilancio del marchio milanese avvenuto dopo l’ingresso della nuova proprietà formata da Andrea Camerana, Robert Carrara e Gianluca Pozzi. A confermarlo sono le parole dello stesso Robert Carrara, presidente di Drali Milano.

«Per noi rappresenta un’ottima opportunità di crescita – ha detto Carrara – sostenere un progetto ambizioso è l’occasione ideale per valorizzare entrambe le realtà. La squadra è ben strutturata e siamo orgogliosi di poter iniziare una collaborazione con un team innovativo, con cui condividiamo gli stessi valori e la stessa passione». 

La firma della partnership è arrivata dopo lunghi mesi incerti e difficili per il team norvegese che ora grazie a Drali Milano potrà finalmente continuare la sua avventura nel ciclismo professionistico con nuove certezze. A confermarlo è Roy Hegreberg, general manager del team norvegese.

«Nei prossimi tre anni – ha dichiarato Hegreberg – potremo continuare a supportare la crescita dei giovani corridori norvegesi ed aiutarli a trovare la loro strada nel mondo professionistico. Non vediamo l’ora di iniziare la stagione 2026 quando correremo su bici Drali».

Alexander Kristoff, Uno-X
Alexander Kristoff dopo aver chiuso la sua carriera su strada sarà una figura di riferimento del team
Alexander Kristoff, Uno-X
Alexander Kristoff dopo aver chiuso la sua carriera su strada sarà una figura di riferimento del team

C’è anche Kristoff

Il nuovo Team Drali-Repsol potrà contare sul supporto concreto di un grande campione del ciclismo che solo poche settimane fa ha concluso la sua carriera. Stiamo parlando di Alexander Kristoff che lo scorso ottobre in Malesia ha messo fine alla sua carriera come atleta professionista. Il campione europeo di Herning 2017, vincitore di una Milano Sanremo e di un Giro delle Fiandre, a partire dal 2026 sarà co-proprietario del team e diventerà un grande punto di riferimento per tutta la squadra.

Ecco le sue prime parole da dirigente: «Sono felice di continuare a far parte della comunità del ciclismo e credo che sia importante per la Norvegia avere una squadra come il Team Drali-Repsol che aiuta i giovani talenti. Con la mia esperienza spero di aiutare gli atleti e il team mettendo a frutto tutto ciò che ho imparato negli anni su allenamento, gare e attrezzatura». 

Drali Milano

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65

Swiss Side Hadron3 650 Classic, veloci e gratificanti

28.10.2025
7 min
Salva

Abbiamo provato le ruote Swiss Side Hadron3 650 nella versione Classic, ovvero quelle con il profilo da 65 millimetri e con i mozzi che si basano sulla meccanica dei DT Swiss 370.

Chi partiva con qualche remora (giustificata se contestualizzata in un’epoca passata) ora dovrebbe cambiare idea. Le ruote con profili altissimi offrono dei vantaggi non secondari e, prodotti ben congegnati come le Swiss Side, sono divertenti e anche piuttosto facili da guidare. Entriamo nelle specificità della nostra prova, eseguita con una doppia configurazione.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità

Hadron3 650 Classic: il dettaglio

La serie Classic di Swiss Side adotta la medesima tecnologia di sviluppo della Ultimate, ma è resa “più democratica” per scelte differenti di alcuni componenti. Ci sono i mozzi in alluminio con meccanica DT Swiss 370 (sempre con Rachet System interno al mozzo posteriore e cuscinetti sigillati con sfere in acciaio), raggi in acciaio (DT Swiss) Aero Comp con incrocio in seconda ed un cerchio full carbon da 65 millimetri di altezza. Il cerchio è quello di ultima generazione: è tubeless ready con uncino (non hookless) ed ha un canale largo 22 (la larghezza complessiva è di 29). Il canale prevede l’impiego del tubeless tape. Un cerchio con questo shape è ottimizzato anche per coperture fino a 32 millimetri di sezione.

Una delle particolarità di queste ruote è il sistema combinato ruota/pneumatico, possibile grazie ad una installazione di fabbrica con i pneumatici Continental/Swiss Side (come nella versione usata per il test). Dietro abbiamo un “classico” GP5000s TR da 30 millimetri, che prevede il montaggio originale con la camera d’aria in TPU (da notare che lo pneumatico è tubeless ready). Davanti c’è un Swiss Side Aero111 da 29, gomma dal disegno e shape particolari, marcatamente aero concept, prodotta da Continental su specifiche Swiss Side. Anche in questo è tubeless ready ed è montata in originale con la camera in TPU. Il peso (rilevato) della coppia con gomme e camere montate è di 2470 grammi. Il prezzo di listino (al netto di eventuali sconti spesso disponibili sul sito Swiss Side) è di 1495 euro.

Test doppio: camere poi tubeless

Proprio così, non ci siamo fermati alla singola prova, ma abbiamo voluto capire come può funzionare una “ruotona” del genere con un setting differenti di pneumatici. Prima la prova in originale, poi con la configurazione tubeless (tolte le camere ed inserito il liquido).

Stesso giorno di lavoro, stesso percorso e medesima bici usata per il test finale dal quale abbiamo estrapolato i dati. 10 chilometri esatti, un vallonato leggero e comunque lineare in modo da minimizzare le variabili ambientali. 30 metri circa di dislivello positivo in modo da sfruttare anche la velocità generata dalle Hadron3. Vento a 3 chilometri orari rilevato per tutto il test e 15° come temperatura esterna.

I numeri del test con le camere d’aria in TPU

2.925 grammi rilevati per le Hadron3 pronte per la messa su strada. Dischi da 160/140, camere in TPU Continental con valvola da 80 (37 grammi ciascuna). 300 watt medi per un rapporto fisso 54/16. Tempo di percorrenza rilevato 15 minuti e 38 secondi. Velocità media di 38,4.

La prova con il montaggio tubeless

Abbiamo rilevato il medesimo valore alla bilancia del montaggio. 2.925 grammi anche per il setting tubeless. Valvole da 80 millimetri e 30 cc di liquido sigillante per ogni gomma. In entrambe le prove la partenza è stata da fermo. Cosa ci dicono i numeri del setting tubeless? Che siamo stati più veloci di 12 secondi con i 1526″ secondi rilevati a parità di tutto. La media oraria è stata di 39 chilometri orari con i tubeless.

Alcune considerazioni relative alle Hadron3 650

Il risparmio di tempo con il setting tubeless è lampante. 12 secondi possono non sembrare molti. Se però andiamo nel dettaglio e quantifichiamo sono poco più di un secondo al chilometro per soli 10 chilometri di test. Se il test fosse stato di 60/80 chilometri il tempo risparmiato sarebbe esponenziale. Non solo, perché ad una velocità più elevata la configurazione tubeless permette un maggiore e migliore controllo, dissipazione aumentata delle vibrazioni che arrivano dal basso. Un maggiore controllo e fluidità della bici soprattutto sull’avantreno, anche e soprattutto in discesa e quando è necessario cambiare traiettoria ad alta velocità.

Il test completo delle Swiss Side da 65 ha previsto anche giornate di utilizzo collinare. Salite e discese, percorsi vari mediamente tecnici, ben coscienti del fatto che un profilo del genere trova la sua massima sfruttabilità ad andature elevate e senza eccessive complicazioni ambientali.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici

In conclusione

Le Hadron3 650 Classic sono l’esempio di quanto una ruota alta moderna possa essere facile, molto più che in passato, gratificante e anche sfruttabile. Non siamo qui ad affermare che sia un prodotto dedicato a tutti i ciclisti, ma di sicuro abbatte alcune convinzioni che arrivano dal passato e relative a queste categorie di strumenti dedicati alla ricerca della performance. Non obbligano ad arpionare il manubrio quando si cambia direzione e non mostrano effetti negativi sullo sterzo della bici. Aiutano a mantenere una velocità elevata e spingono a dare gas quando la stessa andatura è già alta (comunque oltre i 40 chilometri orari). In discesa quando si oltrepassa il muro dei 55 chilometri orari diventano un boost e si attiva una sorta di effetto volano facile da percepire, quello che non avviene (ad esempio) con profili da 38.

Ovviamente non sono ruote da salita e quando le velocità sono piuttosto basse necessitano di molta energia, forza ed impegno per essere rilanciate nel modo adeguato. Il prezzo di listino. Lo troviamo adeguato, quasi vantaggioso, considerando proprio la versione Classic e la categoria di utenti potenziali, che non hanno il peso ridotto come pallino, ma pretendono velocità ed efficienza.

Swiss Side

Continental, Korbach

Nel cuore di Korbach, dove nascono le Continental di Pogacar

27.10.2025
7 min
Salva

KORBACH (Germania ) – E’ a Korbach, una cittadina dell’Assia occidentale, che batte il cuore produttivo di Continental, colosso fondato nel 1871 e oggi tra i leader mondiali nel settore pneumatici. Questo stabilimento dà lavoro a oltre 3.500 persone. E’ qui che vengono sviluppate e prodotte alcune delle coperture più avanzate del mondo, dalle gomme per auto a quelle che equipaggiano le bici dei professionisti del WorldTour. Ne citiamo due a caso: Tadej Pogacar ed Elisa Longo Borghini.

Abbiamo avuto il piacere di visitare lo stabilimento di Korbach e seguire il processo produttivo passo, passo. E’ stato un viaggio affascinante attraverso sicurezza, precisione, innovazione e soprattutto performance. Questi sono i quattro pilastri di un marchio che fa della qualità una questione di cultura industriale. In un territorio dove quasi ogni famiglia ha un legame diretto o indiretto con Continental. La fabbrica non è solo un luogo di produzione, ma il motore sociale ed economico di un’intera comunità.

L’ingresso nello stabilimento

E’ qui che inizia la nostra visita, tra edifici antichi in mattoni e acciaio a quelli più moderni che segnano il perimetro dello stabilimento. Prima di entrare, ogni visitatore deve superare una serie di controlli: badge personalizzato, abbigliamento specifico, scarpe antinfortunistica e un briefing dedicato alla sicurezza e al rispetto del segreto industriale. Si sigillano gli smartphone, almeno in alcune aree.

La produzione degli pneumatici Continental è infatti un processo coperto da brevetti e formule proprietarie, frutto di anni di ricerca e sviluppo.

Nel primo reparto si incontrano le materie prime, la base di tutto. Quindi: gomma naturale, sintetica, nerofumo, silice, zolfo e una lunga lista di additivi che determinano le proprietà finali del prodotto. I grandi silos e i miscelatori industriali ricordano quasi una cucina su scala gigante, dove ogni ingrediente viene dosato al millesimo. Gli ingegneri spiegano come ogni tipo di gomma sia pensato per rispondere a condizioni specifiche: scorrevolezza, grip, durata o resistenza alle forature. Inizia così il lungo viaggio che porta un materiale informe a trasformarsi in una gomma perfetta.

Dalla gomma madre alle mescole speciali

E’ qui che la tecnologia di Continental si mostra in tutta la sua complessità. La cosiddetta “gomma madre”, quasi come fosse un gigantesco nastro isolante molto spesso un centimetro o anche più, viene caricata in enormi impastatrici, dove temperatura e pressione vengono controllate in tempo reale. Nascono così le mescole, veri e propri cuori tecnologici ma anche di materia degli pneumatici. La loro composizione varia a seconda dell’utilizzo: una copertura da cronometro non avrà mai la stessa struttura di una da ciclocross o di una da endurance, per dire.

Durante il processo vengono aggiunti tessuti sintetici o in cotone, che fungono da carcassa, conferendo più o meno rigidità o leggerezza, tenuta alle forature o scorrevolezza… Ogni strato viene laminato con precisione millimetrica.

I tecnici ci spiegano come i materiali siano frutto di partnership con aziende d’eccellenza per il loro reperimento. Ma soprattutto ci mostrano come ogni fase sia verificata. Su questi grandi nastri di gomma ogni tanto ci sono dei fori. Ci spiegano che sono dei “carotaggi” per il controllo qualità, per evitare ogni minimo difetto.

In questo ambiente controllato, il profumo della gomma si mescola al rumore continuo dei macchinari, che lavorano 24 ore su 24 in un ritmo costante e perfettamente sincronizzato. L’obiettivo è chiaro: trasformare la materia in performance, centimetro dopo centimetro.

Il momento chiave: la vulcanizzazione

Dopo l’impasto e la laminazione, la gomma passa alla fase di un primo taglio. Ogni sezione è tagliata in base al modello di pneumatico e al diametro della ruota. In alcuni casi viene inserito il cerchietto, quell’anello metallico che permette al copertone di aderire perfettamente al cerchio. Mentre nei modelli pieghevoli si procede senza, per alleggerire il peso o adattarsi a specifiche tubeless.

Il passaggio decisivo è la vulcanizzazione, il momento in cui la gomma “nasce” davvero. A temperature che superano i 170 gradi e sotto pressione controllata (si parla di 50 bar), la mescola viene trasformata in una struttura solida ed elastica, pronta per affrontare l’asfalto. Qui vengono impressi i disegni del battistrada e il marchio Continental. Appena usciti dal macchinario le gomme vengono stese e messe a raffreddare. Da buoni italiani ci è venuta in mente l’immagine di un pastificio che produce spaghetti!

Qui invece le leccornie si chiamano GP 5000, Aero 111, Magnotal, Terra Adventure… Ogni modello ha il suo stampo dedicato: sia per il disegno del battistrada che della sua sezione. Una volta raffreddato, ogni pneumatico viene testato su macchine che simulano migliaia di chilometri di rotolamento. Solo i prodotti che superano tutti i controlli passano alla fase finale di confezionamento.

Dal laboratorio al WorldTour

E’ nel reparto finale che le gomme diventano “ufficiali”, pronte per essere montate sulle bici dei team. I tecnici ci mostrano le versioni personalizzate destinate alle squadre partner di Continental: dalla UAE Team Emirates alla XDS-Astana, dalla Bahrain-Victorious alla Ineos Grenadiers… Serve 31 team UCI fra uomini e donne di tutte le categorie. Le gomme vengono inviate direttamente ai service course o ai meccanici delle squadre, dove vengono montate e testate. Possiamo per esempio dirvi che abbiamo potuto vedere dei prototipi che entreranno in commercio nel corso del prossimo anno.

Pogacar è molto attento allo sviluppo generale di quel che riguarda la tecnica e la tecnologia che lo circonda e non è da meno con le gomme.

Lasciateci infine concludere con un richiamo all’ambiente. Gli pneumatici, è risaputo, sono tra i maggiori inquinanti. Tuttavia Continental si sta impegnando come forse nessun altro nel settore per ridurre al massimo il suo impatto. Proprio lo stabilimento di Korbach è un esempio di industria sostenibile. Oltre il 90 per cento dei rifiuti viene riciclato e gran parte dell’energia proviene da fonti rinnovabili. Il fine è produrre gomme meno inquinanti possibili, siano essere per le bici, per i camion, le vetture o i mezzi da lavoro. Visitare Korbach significa capire che dietro ogni gomma c’è una cultura, fatta di precisione tedesca e passione per la strada.

Tommaso Dati, Cofidis, stage 2025, Tour de l'Ain 2025 (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)

Dati e lo stage in Cofidis: «Ho rubato il mestiere con gli occhi»

13.10.2025
5 min
Salva

LISSONE – Uno stage in una formazione WorldTour è sempre una grande occasione per un ciclista che arriva da una squadra continental, in particolare se si è al primo anno elite e questa chance è costata fatica e molta determinazione, molta più di quanto ne sia servita ad altri. Tommaso Dati gli ultimi due mesi li ha vissuti a metà tra i colori della Biesse-Carrera-Premac e quelli della Cofidis. La realtà francese ha aperto le sue porte all’atleta toscano che in questa stagione ha centrato sei vittorie, tutte in corse nazionali. 

Durante i due mesi di stage è tornato saltuariamente a vestire la maglia della Biesse-Carrera-Premac, così quando parliamo con lui alla partenza della Coppa Agostoni lo facciamo davanti al camper della formazione di Marco Milesi e di Dario Nicoletti

Da sx: Dario Nicoletti, Tommaso Dati, Marco Milesi, Biesse-Carrera-Premac, Coppa Agostoni 2025
Partenza della Coppa Agostoni, da sinistra: Dario Nicoletti, Tommaso Dati e Marco Milesi
Da sx: Dario Nicoletti, Tommaso Dati, Marco Milesi, Biesse-Carrera-Premac, Coppa Agostoni 2025
Partenza della Coppa Agostoni, da sinistra: Dario Nicoletti, Tommaso Dati e Marco Milesi
Com’è andato questo stage?

Poteva andare meglio però è stata un’esperienza positiva, è stato bello correre con il team Cofidis, soprattutto alcune delle gare qui in Italia. 

Quali corse hai fatto con loro?

Mi sono diviso tra Francia e Italia, appunto. Ho esordito al Tour de l’Ain (in apertura foto Aurélien Regnoult/DirectVelo), poi Tour Poitou Cherentes e infine le classiche del calendario italiano: GP industria e Artigianato, Peccioli, Matteotti e Coppa Bernocchi. In totale poco più di dieci giorni di corsa. 

Tommaso Dati, Cofidis, stage 2025, Tour de l'Ain 2025 (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Tommaso Dati ha corso da stagista con la Cofidis per un mese e mezzo, qui al Tour de l’Ain (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Tommaso Dati, Cofidis, stage 2025, Tour de l'Ain 2025 (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Tommaso Dati ha corso da stagista con la Cofidis per un mese e mezzo, qui al Tour de l’Ain (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Un’esperienza conquistata con i risultati del 2025…

Il bilancio della stagione è sicuramente positivo, anche perché venivo dall’anno scorso dove ero alla ricerca di risultati che alla fine non sono arrivati. Mi è dispiaciuto, la squadra credeva molto in me. Quindi quest’anno sono partito molto motivato, volevo ripagare la fiducia che Milesi e Nicoletti mi hanno dato. 

Primo anno elite, come lo hai vissuto?

Abbastanza bene, ero tranquillo. L’unica cosa è che da elite fai fatica ad avere occasioni con squadre grandi, l’ho visto su di me. Nonostante facessi dei buoni risultati, era difficile farsi notare. Alla fine l’ho avuta e ne sono stato felice, ma molti altri corridori nella mia stessa situazione non sono stati così fortunati. 

Quanto è difficile passare da una continental al WordTour?

E’ un cambio importante, comunque in Cofidis ho visto come ci sia un approccio totalmente diverso. Si guarda a ogni dettaglio, ogni sfumatura conta. Diciamo che ho rubato il mestiere e il lavoro con gli occhi, è stato molto istruttivo. 

Cos’hai portato a casa?

Mi ha colpito l’approccio alle corse, come le studiano già dai giorni prima, guardando il percorso, i vari partenti. In gara poi si ha un approccio diverso, di squadra. Si sta tutti compatti e si cerca di restare nelle prime posizioni. Invece tra i dilettanti e gli under 23 questa cosa non succede. Ho cercato di portare un po’ di questa mentalità anche ai miei compagni, però nelle nostre gare è difficile riuscirci. 

Come ti sei trovato in gara?

Quelle in Francia non erano le mie corse. Il Tour de l’Ain era per scalatori, quindi ho cercato di dare una mano facendo del mio meglio. Mentre al Tour Poitou avevamo il velocista e tutta la gara era impostata sulla volata finale. Lì ho visto cosa vuol dire correre per stare tutti insieme e lavorare con un unico obiettivo. 

In questo mese e mezzo di stage hai continuato a correre con la Biesse-Carrera, vincendo in due occasioni. 

Sì, alla Firenze-Viareggio e alla Coppa Dalfiume. Vincere queste due gare è stata una bella conferma. Comunque nelle gare in Italia fatte con la Cofidis ho trovato altre conferme, ad esempio a Peccioli dove il percorso era adatto a me sono arrivato nel gruppo a 51 secondi da Del Toro. Può sembrare un risultato fine a se stesso, ma se si pensa agli atleti in corsa lo considero un buon risultato. 

Dopo questa esperienza ti senti pronto per il WorldTour?

E’ chiaro che se dovessero chiamare non mi tirerei indietro, probabilmente è ancora un gradino troppo alto. Dovrei lavorare anche fisicamente, soprattutto sul fondo e sulla capacità di replicare una prestazione massimale dopo tante ore. Difficilmente ho corso su distanze oltre i 200 chilometri. Nelle corse a tappe mi manca un po’ di recupero, ma sono tutti passi che si possono fare una volta che si è di là.

Rocchetti lascia la Trevigiani: «Non c’era modo di proseguire»

14.07.2025
4 min
Salva

Il mondo del ciclismo e il suo gruppo si racchiudono spesso in piazze che ospitano la partenza delle gare, per qualche ora quei pochi, o tanti, metri quadri all’aperto diventano un universo a parte. Si corre su e giù, ci si saluta scambiando sorrisi e qualche parola con tutti. Poi la gara porta via tutto e si riparte, verso altre città oppure verso casa. Nell’ultimo periodo nei vari ritrovi di partenza mancava una figura, quella di Filippo Rocchetti, il giovane diesse che abbiamo imparato a conoscere con la U.C. Trevigiani (in apertura photors.it). Ci eravamo accorti della sua assenza al Trofeo Piva, era inizio aprile, un messaggio per sapere come stesse ma nessuna risposta. 

La U.C. Trevigiani ha fatto l’affiliazione come team continental per il 2025 (photors.it)
La U.C. Trevigiani ha fatto l’affiliazione come team continental per il 2025 (photors.it)

Un passo indietro

Poi al Giro Next Gen ci siamo accorti che la sua assenza continuava, anzi al suo posto c’era una nuova figura in squadra: Rino de Candido, ex cittì della nazionale juniores e della rappresentativa friulana, sempre juniores. Così incuriositi siamo tornati da Filippo Rocchetti, questa volta al messaggio è seguita una risposta e una telefonata per raccontare. 

«Ho interrotto il mio rapporto con la Trevigiani – racconta durante una pausa pranzo al lavoro – a fine aprile. Il motivo è semplice: a inizio anno erano stati fatti dei programmi che poi non sono stati rispettati. Si era deciso di fare l’affiliazione come continental per allargare il calendario e proporre una serie di corse ai ragazzi. Lo scorso anno (quando la squadra era ancora affiliata come club, ndr) avevamo fatto i primi passi in questa direzione. Eravamo andati a correre alla Ronde de l’Isard e poi in Ungheria».

Il calendario presentato ai ragazzi a novembre prevedeva delle gare con i professionisti ed esperienze all’estero (photors.it)
Il calendario presentato ai ragazzi a novembre prevedeva delle gare con i professionisti ed esperienze all’estero (photors.it)
Quali erano i programmi di questa stagione?

Avevo parlato con la società fin da novembre e con l’affiliazione come continental avevamo concordato di correre alla Coppi e Bartali, il Giro d’Abruzzo e anche la Ronde de l’Isard. Alla fine però non siamo andati, anzi ci siamo trovati a fare un calendario inferiore rispetto a quello dello scorso anno (è notizia di pochi giorni fa che la Trevigiani non correrà nemmeno al Giro della Valle d’Aosta, ndr).

Quando hai presentato il calendario eri in accordo con la società? 

Sì, anche perché nel cercare i corridori per questa stagione ho detto loro che avremmo fatto determinate corse. Comunque abbiamo preso ragazzi da devo team (Raffaele Mosca, ndr) e alcuni da altre formazioni continental. Quindi mi sono chiesto: «Perché facciamo anche noi l’affiliazione continental, se poi non proponiamo un calendario di livello?».

Lo scorso anno, quando era ancora una squadra di club, la Trevigiani era andata a fare le prime gare all’estero (foto DirectVelo/Florian Frison)
Lo scorso anno, quando era ancora una squadra di club, la Trevigiani era andata a fare le prime gare all’estero (foto DirectVelo/Florian Frison)
Come avete gestito la cosa?

Quando ho capito che l’intento era di non rispettare gli impegni ho deciso di fare un passo indietro, anche perché chi poi ci ha messo la faccia con i corridori sono stato io. Loro venivano da me a chiedere come mai non andassimo a fare le gare. E’ successo anche con le biciclette e i materiali, con Bottecchia avevamo un accordo sulla fornitura di biciclette e ruote che poi la squadra non ha rispettato sino in fondo. 

Ai ragazzi cosa hai detto?

Nulla, loro devono seguire la loro strada sportiva. Non credo avesse senso coinvolgerli in certe dinamiche a livello societario. Mi dispiace sicuramente per i ragazzi perché il progetto era un altro e loro erano stati presi con un programma differente.

Uno dei motivi di discussione tra Rocchetti e il team ha riguardato la fornitura del materiale (photors.it)
Uno dei motivi di discussione tra Rocchetti e il team ha riguardato la fornitura del materiale (photors.it)
Non c’era modo di riparare e ripartire?

No. Alla fine credo che se si vuole creare una squadra solida si debba andare dallo sponsor e presentare un determinato progetto. Non in tutte le realtà è possibile fare in questo modo, purtroppo. Non sempre interessa fare un calendario di valore e proporre un’attività che faccia crescere i ragazzi, in particolar modo nella categoria under 23 dove trovi corridori competitivi e pronti per il professionismo. 

Affiliarsi come continental era stata una delle richieste fatte a inizio stagione?

No, dal canto mio sarei rimasto anche con l’affiliazione come club. Quello che mi interessava davvero era il progetto. Alla fine lo scorso anno abbiamo tirato fuori un corridore come Zamperini, avremmo potuto fare lo stesso con altri ragazzi. 

Ti rivedremo presto in gruppo? 

Al momento sto fermo, non ho in mente nulla. Ci devo pensare ancora.