Cinquemila chilometri attraverso 12 Stati e 35.000 metri di dislivello si fa fatica anche a immaginarli. Dodici giorni il tempo massimo, per cui soste ridotte all’osso, microsonni e un mondo di riferimenti tecnici che ti spiazzano. E’ la Race Across America e sono appena 25 gli italiani che negli anni sono volati oltre Oceano per cimentarsi. Non tutti sono riusciti a completarla o completarla in tempo. Fra i quattro che hanno riprovato quest’anno, c’era anche Dorina Vaccaroni, al secondo tentativo. Il primo nel 2021 non è andato bene. Ma quest’anno, forse anche per festeggiare i 30 anni dalla sua soddisfazione sportiva più grande, la veneziana è arrivata sul traguardo di Annapolis.
Chi sia Dorina Vaccaroni a qualcuno potrebbe forse sfuggire. Per rinfrescare la memoria bisogna tornare alle Olimpiadi di Barcellona 1992, quelle che per il ciclismo significarono oro con Fabio Casartelli e Giovanni Lombardi. Per lei furono il culmine di una carriera nella scherma. L’oro nel fioretto a squadre chiuse in modo magistrale una carriera di cinque mondiali, tre coppe del mondo e un europeo. Poi arrivò la bicicletta. Fatta di gare amatoriali, un anno tra le elite nel 2005 e alla fine l’approdo all’ultracycling.
Cos’hanno in comune scherma e ciclismo?
Parlerei di scherma e ultracycling. A livello mentale sono vicini. Sei da solo. Devi avere attorno un buon team per supportarti. La testa conta più del corpo. Quando sei in pedana, il cervello deve funzionare al decimo di secondo, in una gara di tanti giorni la sola strategia sei tu e come sai gestirti. Il ciclismo classico invece si basa molto sugli altri, dipende dagli altri.
Come sei arrivata all’ultracycling?
Dopo aver corso su strada e aver fatto un Giro d’Italia. Per sfida e perché mio padre ha sempre detto che ho il fuoco addosso. Nel 2016 ho vinto la Ultracycling Dolomitica, valida appunto per la qualificazione alla Race Across America. Poi avrei dovuto fare la Race Across the West, dalla California al Colorado, ma mi infortunai al ginocchio. Così alla fine sono arrivata alla più grande di tutte.
La Race Across America, appunto.
Prima volta nel 2021, con gli strascichi del Covid. Per cui numeri ridottissimi già dalla partenza. Beccai una bolla di calore e alla fine non arrivai per appena 200 chilometri. Mi diede fastidio, forse anche per questo mi sono ripresentata, facendo le cose in modo diverso.
Cosa è cambiato quest’anno?
Intanto la preparazione. Mi sono fatta allenare da Mauro Farabegoli, che dopo aver lavorato nel ciclismo professionistico, è diventato un riferimento nelle lunghe distanze. Ho seguito i suoi allenamenti e sono arrivata pronta per la sfida. E sarei potuta arrivare in fondo senza fermarmi, ma ho dovuto farlo per dare il tempo alla crew di riposarsi.
L’atleta che dà tempo di riposarsi all’equipaggio in macchina?
Sembra strano ma è così. Serve una grande intesa. E’ pesante anche per loro che guidano per migliaia di chilometri alla velocità di una bicicletta. Trovare le persone giuste è una delle cose più difficili. Di solito dimagriscono anche loro, i miei invece sono ingrassati: segno che qualcosa non ha funzionato. Ma partecipare costa 40-50.000 dollari e nelle spese c’è da conteggiare anche chi ti accompagna.
Come si trovano tanti soldi?
Sponsor, principalmente. Allenandomi 8-10 ore al giorno, tanto tempo per lavorare non c’è. Gli sponsor sono tanto importanti, ma in Italia non si capisce, forse perché eravamo solo in quattro italiani al via, quindi se ne parla poco.
Cosa succede se la crew non funziona bene?
Si perde tempo. Sono stata costretta a tante soste inutili. Per contro, il medico e il fisioterapista, entrambi messicani, sono stati bravi quando si è trattato di abbassarmi la temperatura. Si arriva a pedalare fino a 55°C e se non c’era un medico a raffreddarmi e farmi recuperare con una flebo, forse nemmeno arrivavo in fondo.
Loro sono ingrassati, tu hai perso peso?
Dovevo mangiare una volta al giorno il mio piatto di pasta, ma non sempre è stato possibile proprio a causa di chi mi seguiva. Il calo fisiologico è di 2-3 chili, io ne ho persi 8 e non va bene. Non è salutare. Io poi sono vegetariana, quindi mangio cose che non fanno male. Ma portare il corpo oltre certi limiti è unhealthy, come dicono lì: non è salutare.
Quanto è importante avere la giusta posizione in bici per starci sopra tante ore?
E’ fondamentale. Ogni volta che facciamo la posizione, si lavora per 5-6 ore. Parliamo di telaio, ma anche sella, tacchette, manubrio. La mia sella è tutta aperta e aerata. Valerio Zamboni ha dovuto ritirarsi probabilmente per un problema di appoggio. Le bici per le corse su strada sono anche più piccole e non hanno bisogno di essere così comode.
Invece l’abbigliamento? Hai parlato di temperature infernali…
I pantaloncini sono importantissimi. Nalini me ne ha forniti cinque fra cui ho potuto scegliere fino a trovare quello giusto. Serve un fondello che non faccia la minima piega, tanto che l’ideale sarebbe avere dei capi su misura. Mi hanno dato anche delle buone maglie. Una bella collaborazione. La prossima volta spero che cominceremo con più anticipo, per trovare il giusto fitting.
Per questo tentativo, accanto a Dorina Vaccaroni è scesa in campo Nalini sul fronte dell’abbigliamento Per la veneziana, classe 1963, si è trattato del secondo assalto. Nel 2021 si è dovuta fermare
Per questo tentativo, accanto a Dorina Vaccaroni è scesa in campo Nalini sul fronte dell’abbigliamento Per la veneziana, classe 1963, si è trattato del secondo assalto. Nel 2021 si è dovuta fermare
La prossima volta?
Voglio fare la Raam sotto gli 11 giorni: mi conosco e so che posso farlo. Non potrò fare il record dei 9 giorni, ma sotto gli 11 è alla mia portata. Per questo continuerò ad allenarmi, fare gare e cercare sponsor (lo scorso weekend, Dorina è arrivata seconda ai campionati europei Slo24ultra, percorrendo in 24 ore 759 chilometri alla media di 32,090, ndr). Così appena l’ho finita ho cominciato a pensare alla prossima volta.
C’è ancora la scherma nella tua vita?
Col fatto che vivo in California, il mio lavoro è insegnare scherma in un grande club di laggiù. Loro vorrebbero che facessi di più, ma per me va bene così. Tra la felicità e fare soldi, scelgo ancora la felicità. Per questo ho scelto di vivere laggiù. E per me ora la felicità è andare in bicicletta.