Baroni ripartita con cuore e attributi. L’obiettivo è crescere

24.11.2021
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Che Francesca Baroni non avesse chiuso definitivamente la porta sul ciclismo, Simone Samparisi lo aveva intuito (o sperato) nel momento in cui, dovendo restituirgli bici e maglie, la toscana aveva chiesto di tenere quella da strada. Se smetti perché sei davvero demotivato, ha pensato il manager di Tirano, non vuoi più saperne. Per cui quel piccolo gesto, proprio nei giorni successivi all’annuncio su Facebook e tutto quello che da esso si era scatenato, aveva tenuto la fiammella accesa.

Ora che la campionessa italiana delle under 23 è tornata sui campi del ciclocross e sta risalendo la scala della condizione, fare il punto con il manager della KTM Alchemist Smp è il modo per dipanare il filo che si era ingarbugliato alla fine dell’estate.

Samparisi 2021
Simone Samparisi, team manager della KTM Alchemist
Samparisi 2021
Simone Samparisi, team manager della KTM Alchemist
Pensa che Francesca sia tornata definitivamente?

Posso capire che fosse stufa per quello che è successo, ma confermo che sarà impegnata con il calendario del team elite. Per cui domenica saremo a Besancon in Coppa del mondo, poi potremmo fare le due internazionali in Italia, anche se di questo dovremo parlare.

Come mai?

Il livello all’estero è più alto. E dovendo recuperare il tempo perduto, sono più utili gare in cui qualcuno ti costringe a dare di più e sei portato a stringere i denti, di altre in cui devi farti carico tu della corsa. Dobbiamo mettere fieno in cascina, seguendo il programma di crescita che la vuole in condizione sino a fine anno. Per vari impegni e ritardi di calendario, quasi tutti i nostri hanno iniziato la stagione del cross in ritardo, quindi quella di recuperare è un’esigenza comune.

La risalita di Francesca Baroni verso la condizione giusta procede (foto KTM Alchemist)
La risalita di Francesca Baroni verso la condizione giusta procede (foto KTM Alchemist)
Chi si occupa della sua preparazione?

Mio fratello Nicolas. Chi meglio di una persona che ti vede per cinque giorni su sette può capire come stai e cosa ti serve per migliorare?

Quale idea vi state facendo di Francesca?

Parto dal presupposto che è davvero un pezzo di pane, molto alla mano. Come atleta invece ha tanti attributi e in questo momento ha più voglia del solito di dimostrare il suo valore.

In che modo la state assistendo tecnicamente?

Come linea guida, costruiamo la bici sulle esigenze del pilota, chiaramente fino a che le sue esigenze si sposano con quello che possiamo offrire e i vincoli imposti dagli sponsor. Per fare un esempio, se un atleta vuole le ruote in alluminio e il contratto prevede che corra con il carbonio, correrà con il carbonio. Però magari interverremo sulla tensionatura dei raggi per cambiare le sue sensazioni di guida. Francesca non ha voluto niente di particolare. Ha una Ktm X-Strada Master con telaio standard, ruote e gomme standard. La cosa più insolita è il reggisella arretrato da 20 e le pedivelle da 170. Ma è tendenza comune nel cross averle più corte. Abbiamo ragazzi di 1,84 che comunque vogliono le 172,5.

Ci sono degli obiettivi su cui puntate?

Normalmente, cioè prima del Covid, gli atleti individuavano 1-2 obiettivi e se li raggiungevano, avevano dei premi. Poi abbiamo smesso di farlo, perché le corse continuavano a saltare e anche adesso sembra che in Olanda la situazione si stia complicando di nuovo. Però sappiamo che su di lei c’è l’occhio della nazionale. Giusto un paio di giorni fa ho sentito Pontoni. Sappiamo entrambi che Francesca è ancora indietro, ma l’obiettivo è recuperare per fine anno. Non voglio dare niente per scontato in relazione al mondiale, ma credo che lei rimanga una delle migliori speranze italiane in ambito internazionale.

La preparazione di Francesca Baroni è seguita da Nicolas Samparisi (foto KTM Alchemist)
La preparazione di Francesca Baroni è seguita da Nicolas Samparisi (foto KTM Alchemist)
Ci sono novità per la squadra con cui farà poi attività su strada?

C’è una possibilità con il Vaiano, ma spero che prima della stagione su strada si riassorbano tutte le polemiche e le questioni ancora aperte. Credo che tutti i punti di vista siano comprensibili, come credo che tutti, ciascuno a suo modo, abbiano anche qualche responsabilità. Ci sono persone ragionevoli su entrambi i fronti, per cui spero che si arrivi a una soluzione che faccia l’interesse dell’atleta e delle società. Si sta facendo tutto per gestire la cosa in modo ragionevole e confido che presto le cose andranno a posto.

Fondo invernale, come affrontarlo. Ne parliamo con Bartoli

23.11.2021
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Finite le vacanze ed il periodo di riposo è tempo di riprendere la bici per i corridori. Risalire in sella è sempre complicato, soprattutto dopo il periodo di stacco completo. Ci sono tanti aspetti da curare e la testa è il primo di questi. Una mente riposata ti permette di concentrarti pienamente sulla stagione che sta per iniziare. Lo sa bene Michele Bartoli, che in gruppo ha corso molti anni e che ora segue la preparazione dei “suoi” corridori.

Con Michele affrontiamo il discorso di quello che viene definito il fondo invernale. Tra novembre e dicembre i corridori pongono le basi per la stagione futura (in apertura, Wout Van Aert alle prese con le prime fatiche, ndr).

Giovanni Carboni, mountain bike, inverno 2020
La mountain bike è una buona alternativa per allenare riflessi e guida del mezzo. Qui Giovanni Carboni
Giovanni Carboni, mountain bike, inverno 2020
La Mtb allena riflessi e guida del mezzo. Qui Giovanni Carboni
Abbiamo visto che Colbrelli va dall’osteopata, serve?

Sì, fa bene. E’ un periodo talmente delicato che non bisogna lasciare nulla al caso. E’ necessario fare un check sull’atleta a 360 gradi così da rimetterlo in sella sicuri di evitare problemi fisici.

Ci si rimette in moto anche con della ginnastica…

E’ importante accompagnare sempre alle uscite in bici dei lavori di cross ability, a me non piace far utilizzare macchinari. Si fanno esercizi a corpo libero dove l’atleta diventa il vero e proprio “macchinario” con cui lavorare. Tutte le squadre hanno dei fisioterapisti o dei preparatori che indicano gli esercizi da fare.

Dopo tutti questi accorgimenti (necessari) ci si rimette in bici.

Per le prime tre settimane il lavoro da fare è aerobico, parlando in watt la zona 3 (Z3). Lavorare in questa fascia permette al corpo di migliorare le qualità atletiche che serviranno poi come base per la stagione. Solitamente si fanno uscite con un alto minutaggio.

I primi mesi è importante allenare il corpo e il cuore con degli esercizi di cross ability. Qui Jonathan Milan
Alla ripresa è importante fare esercizi a corpo libero e di cross ability. Qui Milan
Quando si iniziano ad inserire dei lavori specifici?

Si inseriscono nella seconda parte della preparazione, quando ti avvicini alle prime corse.

Ecco, si lavora allo stesso modo anche se gli obiettivi nell’arco della stagione sono diversi?

Assolutamente, il fondo è importante per tutti allo stesso modo. Un atleta che punta alle classiche del nord inizierà ad entrare in condizione presto iniziando a fare qualche gara già a febbraio. Se, invece, l’obiettivo è il Giro d’Italia allora si punta ad arrivare con una buona condizione alla Tirreno-Adriatico

Gli stop inattesi

La nostra considerazione parte anche dal fatto che Alberto Bettiol la scorsa stagione aveva detto di aver avuto dei problemi nella preparazione. E che a causa di quello stop aveva perso 80 ore di allenamento, ha dovuto cambiare programma di lavoro puntando al Giro ma perdendo tutti gli obiettivi di inizio stagione…

Quanto influisce avere uno stop nella preparazione?

Purtroppo, influenza molto il lavoro. Più che un discorso di ore di allenamento perse ci si deve concentrare sulla qualità degli allenamenti che non si è riusciti a portare a termine.

Poi a dicembre/gennaio ci sono i ritiri, al caldo. Quanto conta il clima nella preparazione?

Ha la sua importanza, con il freddo si corre il rischio di subire qualche contrattura o dei problemi muscolari. Per questo a casa i corridori fanno lavori sul medio o all’85 per cento del massimale. Il caldo, invece, ti permette di fare lavori specifici e permette al corpo di assimilarli meglio.

Anche i ritiri, però, vanno ponderati.

L’atleta per allenarsi al cento per cento deve essere sempre sul pezzo dal punto di vista mentale. Il numero giusto di giorni in ritiro il corridore li fa volentieri e massimizza il lavoro. Un numero troppo elevato lo stressa e non si riposa bene non riuscendo poi ad assimilare il carico di allenamento.

Dopo le prime settimane di lavoro individuale le squadre organizzano i primi ritiri al caldo e si fanno i primi lavori specifici
A dicembre e gennaio le squadre organizzano i ritiri per assimilare il lavoro fatto a casa
Per concludere, fare attività alternative (nuoto, corsa, ecc.) è utile?

Lo era di più una volta, ma ancora prima che corressi io. Perché il periodo di stacco era molto più lungo, quindi i corridori trovavano attività alternative per rimanere un minimo allenati. Ora come ora lo stacco è minimo, massimo un mese, di conseguenza diventa un po’ impensabile inserire sport alternativi. Anche perché per farli fruttare servirebbe un periodo più lungo di lavoro.

Invece per quanto riguarda la doppia disciplina? Tu segui un’academy di ciclocross…

Io stesso arrivo dal ciclocross. Nelle categorie giovanili l’ho sempre praticato e ritengo che la multidisciplina ti permetta di sviluppare molte caratteristiche. Poi i ragazzi trovano anche il loro mondo e capiscono anche quello che gli piace fare.

Una volta professionisti serve per il fondo?

Non penso sia utile, al massimo uno può rincominciare con mountain bike o ciclocross nel periodo di rimessa in sella. Poi però bisogna concentrarsi sull’obiettivo della stagione, ovvero la strada. Per i ragazzi che li praticano agonisticamente tutto l’anno penso che tolga energie fisiche e mentali a tutti e due gli impegni. Già in questa stagione abbiamo visto come, per i motivi più disparati, Van Der Poel e Van Aert non siano stati competitivi come gli anni passati. Non si può correre tutto l’anno senza fare pause o staccando solamente 7-10 giorni.

Domenica di cross, dalla sabbia di Koksijde all’erba di Hittnau

21.11.2021
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Una grande giornata di cross questa domenica. Lo spettacolo di Koksijde (Belgio) che, consentiteci, con la sua sabbia non si batte. E il ciclocross internazionale di Hittnau, in Svizzera.

Koksijde è il cross della sabbia per eccellenza e resta un vero must, ma davvero poca Italia (unico dei nostri Marco Carozzo 46°). Hittnau invece ha visto delle buone prestazioni da parte degli “azzurri”. Ma certo i fari erano tutti sulla gara di Coppa del mondo.

Il derby dei Paesi Bassi, tra Belgio e Olanda si è così rinnovato. Ed è finito in pareggio, tra le donne infatti hanno fatto la voce grossa le olandesi, tra gli uomini si è assistito ad un dominio belga.

Koksijde è un tracciato tecnico e il fatto che Hermans (meno specialista) abbia fatto quinto è indice del suo potenziale
Koksijde è un tracciato tecnico e il fatto che Hermans (meno specialista) abbia fatto quinto è indice del suo potenziale

Iserbyt, Aerts e la sabbia

Pronti via e gli schizzi di sabbia arrivano in cielo. La pioggia aveva “imbevuto” la sabbia soprattutto prima del via della gara femminile, con un potente acquazzone, ma chiaramente è rimasta bagnata anche per quella maschile. E questo per certi aspetti ha “velocizzato” il percorso. Si affondava un pelo di meno nella sabbia, ma il tutto era più pesante.

Vanno via una dozzina di corridori raccolti in una decina di secondi. A tre giri dal termine ecco il forcing Eli Iserbyt e Toon Aerts, che già si erano scontrati ieri a Merksplas, nella prova di Superprestige. Iserbyt sembrava averne di più nei rilanci e nei salti; Aert sui tratti in salita, specie sulla grande duna di Herygers.

Si pensava che la coppia potesse andarsene e che quello fosse l’attacco decisivo, ma sono stati raggiunti al penultimo giro da Hermans e Sweeck

Iserbyt controllava, convinto che Aerts stesse risparmiando energie… invece. Ecco che al giro finale il belga cedeva. Sono bastate quelle due o tre lunghezze di bici perché Eli capisse che era il momento giusto per affondare il colpo. Uno volava, l’altro annaspava. Tanto da essere sorpassato da Sweeck.

Eli Iserbyt vince a Koksijde e rafforza il primato in Coppa del mondo
Eli Iserbyt vince a Koksijde e rafforza il primato in Coppa del mondo

Eli re a metà?

Con questa nuova vittoria, la quarta in sette prove di Coppa, Iserbyt consolida il suo primato in testa alla classifica generale. Ora ha 245 punti, 69 in più di Toon Aerts e 70 di Quinten Hermans.

Un po’ viene da riflettere, come avviene nella mtb. I protagonisti lottano tutto l’anno poi arrivano i “fenomeni” e personaggi così forti e bravi passano in secondo piano. E allora viene da chiedersi: è giusto? Sminuiscono la specialità o la esaltano? Che tutto il grande show di oggi sia a metà perché non c’erano Van der Poel, Van Aert e Pidcock?

Iserbyt sta mostrando davvero di essere cresciuto e tutto sommato se dovesse inserirsi nella lotta coi tre mostri sacri non ne saremmo dispiaciuti. 

Il ritorno della Worst

E tra le donne? Ecco rispuntare la classe di Annemarie Worst. L’olandese dopo le fasi iniziali di assestamento, ha dato la sua impronta decisiva alla corsa nel secondo giro. A quel punto ha preso il comando e in pratica ha fatto una cronometro.

«Il mio inizio di stagione – ha detto l’olandese della 777 – non è stato proprio buono e sono felice che il feeling sia tornato. Nelle ultime settimane qualcosa è cambiato. La Betsema mi ha costretto a spingere forte per tutta la gara, ma sono arrivata all’ultimo giro con un vantaggio tale che mi ha permesso di controllare. Se è la prima vittoria di una lunga serie non lo so, ma lo so spero». L’ex campionessa europea non vinceva da 13 mesi e lei ha davvero uno dei “motori” più grossi del circus.

Da segnalare un discreto 11° posto per Eva Lechner e un 13° per Alice Maria Arzuffi. Per quel che riguarda la classifica di Coppa del mondo, invece, Lucinda Brand (oggi terza) resta al comando con 212 punti, seguita da Denise Betsema ora a sole 14 lunghezze e Puck Pieters, più staccata.

In Svizzera Rebecca Gariboldi è terza (foto Instagram)
In Svizzera Rebecca Gariboldi è terza (foto Instagram)

Bullo e Gariboldi: podio svizzero

Ad Hittnau invece si è assistito a gare più lineari, ma davvero combattute. Partiamo dagli elite uomini. 

Gioele Bertolini ha perso praticamente allo sprint contro l’atleta di casa, Loris Rouiller, asso 21enne della Alpecin Fenix. Ma oltre al “Bullo”, a brillare è il risultato di squadra della Selle Italia – Guerciotti che ne piazza tre nei primi dieci (Dorigoni settimo e Leone decimo).

E ancora un podio e ancora un buon risultato per le italiane, arriva dalla prova femminile. Rebecca Gariboldi è terza (gara ancora ad una svizzera, Monique Halter). Stavolta ne piazziamo quattro nelle prime undici: Federica Venturelli quinta; Nicole Pesse ottava e Marta Zanga undicesima.

Gomme da cx, Lorenzo Masciarelli ci spiega come le sfrutta

20.11.2021
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Il cognome Masciarelli fa parte del ciclismo. Tra i più giovani della famiglia c’è Lorenzo, il “figlio crossista” di Simone, che ora si divide tra l’Italia e Oudenaarde. Lorenzo si è trasferito in Belgio per imparare e rubare quei segreti. È tesserato per il Team Bert Containers-Pauwels Sauzen-Bingoal, sodalizio UCI Continental, diretto da Mario de Clercq. Con il giovane campioncino azzurro, vogliamo approfondire alcuni aspetti tecnici delle gomme da cx.

Sono sempre di più i team che utilizzano Challenge come riferimento per gli pneumatici
Sono sempre di più i team che utilizzano Challenge come riferimento per gli pneumatici

La vita da crossista in Belgio

La telefonata si apre con un chiacchierata tra appassionati di bici. «Non potevo chiedere di meglio», ci dice Lorenzo, con quel filo di emozione, di consapevolezza e anche con quella spavalderia “buona” di un atleta di diciassette anni. «Sono nella patria del ciclocross e corro per un grande team, uno dei più famosi e nonostante ciò, non mi mettono pressione. Per me è una grande esperienza – continua – e stare al fianco di grandissimi campioni è uno stimolo aggiuntivo. 

«Appena arrivato mi hanno portato nel circuito di Gavere (questa è definita il Giro delle Fiandre del CX ed è una gara storica del Superprestige, ndr). E’ stato pazzesco vedere tutta questa gente che fa il tifo dall’inizio alla fine. Questo succede anche per le categorie giovanili, non solo quando corrono i professionisti e la gente ti incita anche quando sei per strada ad allenarti, durante i giorni della settimana.

«Sono rimasto sconvolto (abbiamo percepito la sua emozione e la soddisfazione anche attraverso il telefono, ndr) e solo in quel momento mi sono reso conto dell’atmosfera che regna in Belgio. Una grande emozione».

In azione con la maglia azzurra agli europei a Col du Vam (i primi da U23), chiusi in 41ª posizione
In azione agli ultimi europei U23 a Col du Vam, chiusi in 41ª posizione
Lorenzo, parliamo di tecnica. Quali sono le ruote che normalmente utilizzi e con quale profilo?

Le ruote sono DT Swiss con il profilo da 35 mm e cerchio in carbonio. Questo profilo ci permette di non essere troppo pesanti in fase di rilancio, è scorrevole sull’asciutto e non affonda in modo eccessivo nel sabbia e nel fango.

Gomme da cx, tubeless oppure tubolari?

Uso il tubeless in allenamento. In questo momento però è diverso, perché siamo nel cuore della stagione agonistica e cerchiamo di mantenere un feeling costante con il tubolare anche nei momenti training. Il tubolare è lo pneumatico preferito dai belgi. Però ti devo dire che c’è molta curiosità anche verso i tubeless.

In questa immagine si notano le differenti spaziature dei tasselli e i loro disegni
In questa immagine si notano le differenti spaziature dei tasselli e i loro disegni
Secondo te, quanto contano gli pneumatici in ambito ciclocross?

Avere una gomma di qualità e saperla sfruttare è fondamentale.

Hai già dei criteri di scelta tuoi personali, oppure ti affidi ai consigli del team?

Io mi faccio un’idea, spesso quando si prova il percorso e quando ci alleniamo. E poi c’è la curiosità, guardando quello che fanno i grandi campioni. Prima della partenza di una gara cerco sempre di ricevere dei consigli dai pro’ e da Mario (Mario De Clercq, tre volte iridato e ora manager della sua squadra, ndr). Cerco di “rubare il mestiere”.

Quanto pesi?

Ora peso 65 chili e sono alto 1,75.

Gomme da cx, quali sono le pressioni di gonfiaggio che utilizzi?

Più o meno utilizzo le stesse pressioni per i tubolari e tubeless: 1,5/1,6 bar sui terreni asciutti, 1,3 in caso di fango e bagnato. Cerco di non scendere mai sotto 1,2 perché ho paura di bucare e sento la gomma scivolare troppo. Poi, a mio parere i tubeless hanno una carcassa più tosta e si potrebbe scendere anche sotto le 1,2 atmosfere.

Nel team utilizzate le gomme Challenge. Quali sono i modelli che utilizzi maggiormente?

A me piacciono le Grifo, che sono molto versatili e scorrevoli, ma al tempo stesso hanno un grip eccellente. Inoltre riesco a sfruttarle bene anche in condizioni di umido. Il modello Limus lo uso per il fango, non è molto scorrevole quando affronti i tratti in asfalto, ma ha una tenuta davvero buona in curva e con il fango pesante e scarica bene.

Ne avete altre a disposizione?

Abbiamo anche il Baby Limus, che è sempre un prodotto da utilizzare quando piove e su terreni pesanti, ma è più scorrevole rispetto al Limus. Oltre al terreno e alla tipologia di gara che dobbiamo affrontare, cerchiamo di ascoltare i consigli di Mario. Ti voglio fare un esempio: qualche volta montiamo delle gomme meno tassellate anche quando c’è fango per avere maggiore scorrevolezza e cambiamo la bicicletta ad ogni passaggio.

A volte si usano gomme più scorrevoli anche se c’è fango: sta poi ai meccanici pulirle a ogni passaggio
A volte si usano gomme più scorrevoli anche se c’è fango: sta poi ai meccanici pulirle a ogni passaggio
Un aspetto tecnico che ci vuoi raccontare?

Quando ho iniziato ad allenarmi in Belgio, sono arrivato qui da allievo, ho visto tutti i ragazzi delle categorie giovanili che utilizzavano (e utilizzano) le gomme da asciutto, sempre e con il fango. Questo permette (da allora lo faccio pure io) di gestire le condizioni di guida più difficili. Impariamo a scivolare e controllare la bici; non ci viene permesso di usare gli pneumatici da asciutto in allenamento.

In punta dei piedi, nel mondo di Federica Venturelli

16.11.2021
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Un terzo posto in una prova di ciclocross di Coppa del mondo può essere un buon motivo per conoscere meglio chi l’ha conquistato? Certo, specialmente se parliamo di una junior al primo anno. Federica Venturelli – che compirà 17 anni il prossimo 12 gennaioha centrato il bronzo a Tabor, in Repubblica Ceca, destando un misto tra interesse e stupore. Interesse perché è una ragazza che da esordiente e allieva ha vinto tantissimo tra cui tricolori su strada, a crono, in pista e nel ciclocross. Stupore perché corre nella nuova categoria da un paio di mesi e forse nessuno si aspettava già così presto un podio in una gara internazionale.

Da quest’anno è passata alla Selle Italia-Guerciotti per il ciclocross mentre nel 2022 correrà su strada per il Team Gauss Fiorin. Approfondiamo meglio quindi il profilo di questa giovane atleta di San Bassano che frequenta la quarta classe (ha fatto la primina) al Liceo Scientifico Tradizionale “Aselli” di Cremona (che le ha dedicato una news sul sito della scuola per la convocazione agli europei in Olanda). 

Federica Venturelli è del 2005, frequenta il 4° Liceo Scientifico. In apertura, foto Billiani
Federica Venturelli è del 2005, frequenta il 4° Liceo Scientifico. In apertura, foto Billiani
Federica il podio in Coppa del mondo è un bel biglietto da visita. Te lo aspettavi?

Sinceramente no. Arrivavo da un infortunio. Mi ero sublussata la spalla sinistra e avevo fatto due settimane di stop. Ero rientrata a Corridonia, alla terza tappa del Giro d’Italia del ciclocross (il 24 ottobre, ndr). Ho ritrovato un po’ di condizione, ma non credevo di essere già così competitiva, soprattutto in una corsa internazionale. A Tabor sono partita dietro perché non avevo tanti punti e non pensavo di recuperare. Ma più andavo avanti, più rimontavo fino ad arrivare davanti.

Cosa ti ha dato questo terzo posto?

Un po’ più di consapevolezza e più esperienza. Con queste gare ci si rende conto di quanto il livello sia alto. E quindi anche di quanto devi migliorare.

Nel 2020 ha vinto i campionati italiani crono per allievi a Città di Castello (foto Instagram)
Nel 2020 ha vinto i campionati italiani crono per allievi a Città di Castello (foto Instagram)
Come mai corri nel ciclocross?

Non c’è un motivo vero. In realtà sono stata stimolata a provare questa disciplina quando avevo circa 12 anni, da G6. Vedevo le sfide tra Van Aert e Van der Poel e mi entusiasmavano. Ho voluto iniziare anch’io e mi è piaciuto.

Ed invece quando hai iniziato a correre?

Da G1 e G2 ho corso nella C.C. Cremonese 1891, poi da G3 a G6 nella Madignanese. Esordienti e allieve li ho fatti nella Cicli Fiorin, con cui correvo anche nel ciclocross. Faccio la doppia attività dall’ultimo anno da giovanissima e più seriamente da quello successivo.

Agli europei ha conquistato il sesto posto dopo una gara dispendiosa (foto Uec)
Agli europei ha conquistato il sesto posto dopo una gara dispendiosa (foto Uec)
Da questa stagione di ciclocross cosa ti aspetti?

Nelle gare open corro con ragazze più grandi e mi servono per fare esperienza ed imparare a gestirmi. Ho raggiunto un primo obiettivo, che è stato ricevere la convocazione per gli europei. Vorrei fare altrettanto per i mondiali di fine gennaio negli Stati Uniti. Poi chiaramente vorrei fare bene al campionato italiano di qualche settimana prima (7-9 gennaio, ndr).

E su strada invece?

Direi più o meno le stesse cose, fare bene agli italiani e partecipare a qualche gara internazionale, anche se in questo caso non ho obiettivi precisi. Vedrò strada facendo e lo deciderò col mio allenatore Daniele Fiorin, lo stesso che ho avuto da esordiente e allieva.

Nel 2022 correrà su strada per il Team Gauss Fiorin
Nel 2022 correrà su strada per il Team Gauss Fiorin
Quali sono le tue caratteristiche?

Eh, bella domanda! Passista sicuramente. Vado bene a crono e anche in salita mentre in volata sono un po’ incapace, lo ammetto. Ma non perché non sia veloce, quanto per la paura di stare in gruppo nelle fasi concitate dello sprint a ranghi compatti. Forse sono un po’ troppo prudente, forse è un blocco psicologico. E’ un aspetto sul quale lavorerò.

Nelle categorie giovanili hai vinto tanto e qualcuno dice che sei una predestinata. Forse è un po’ presto per dirlo. Tu come vivi questa situazione? Avverti della pressione attorno a te?

In realtà le uniche pressioni che sento sono quelle che mi faccio da sola. Ovvero di non riuscire a fare bene qualcosa in corsa. Una sorta di ansia pre-gara in quelle più importanti. Da una parte però mi fa bene perché mi mantiene concentrata. Quando poi inizio a pedalare passa tutto. Ormai mi sta passando, ma devo migliorare un po’ per evitare di consumare energie nervose. Ad esempio in nazionale in questi giorni non ne ho avute. Mi ha aiutato l’ambiente nuovo. Lì il gruppo è unito e il clima piacevole. 

«Tom, Wout e Mathieu puntano sul mondiale», parola di Fruet

07.11.2021
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Rieccoli: Tom Pidcock, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel. La stagione del cross entra sempre più nel vivo (oggi pomeriggio si corre l’europeo elite) e cresce l’attesa per il loro ritorno. Come affronteranno questa stagione del cross i “tre tenori”? Cosa ci dovremo attendere? Per dare delle riposte a queste domande ci affidiamo all’occhio lungo di Martino Fruet, che oltre ad essere un grande biker è anche un eccellente crossista.

Martino Fruet, 44 anni, ancora in attività: l’offroad è il suo regno
Martino Fruet, 44 anni, ancora in attività: l’offroad è il suo regno

Un lungo stacco

E Martino coglie subito nel segno. 

«Prima che mi chiediate qualsiasi cosa – parte come un treno Fruet – la cosa che mi balza agli occhi è che tutti e tre si sono resi conto che forse in questo 2021 hanno un po’ esagerato per quello che hanno fatto, fra strada e altre discipline. E per questo hanno aggiunto un bel po’ di recupero a quanto sono soliti fare. Il che denota anche una grande intelligenza da parte loro. Alla fine rimaranno lontani dalle gare per due mesi, quasi tre. Cosa che non avevano mai fatto».

«Non ci sono certezze sul loro rientro. C’è chi dice che li vedremo tutti insieme il 7 dicembre e chi solo a ridosso di Natale. Ho sentito che VdP dovrebbe iniziare il 20 addirittura. Io credo che arriverà molto in là questo momento. Tutti e tre sono usciti provati dalla stagione su strada e nel finale hanno reso un po’ meno di quello che potevano.

«Forse Van Aert è quello che, risultati alla mano, ne è uscito meglio, ma era stanco e si dice sia andato in overtraining. Van der Poel anche di sicuro aveva qualcosa che non era al top. Con tutto il rispetto per Colbrelli, ma Mathieu una volata così non la perderebbe mai. E Pidcock alla Vuelta ha fatto una fatica pazzesca, poi si è un po’ ripreso e ha fatto un buon mondiale, ma era col collo tirato».

Il mondiale di ciclocross si terrà a fine gennaio a Fayetteville (Arkansas, Stati Uniti) dove si è già disputata una prova di Coppa 2021-22
Il mondiale di ciclocross si terrà a fine gennaio a Fayetteville (Arkansas, Stati Uniti)

In rotta verso il mondiale

Il campione trentino, che quest’anno festeggia il trentesimo anno di attività e che in questo weekend è impegnato nel ciclocross di Nalles, va subito al sodo. Per Martino però ci sono Van Aert e Van der Poel da una parte e Pidcock da un’altra.

«Tutti e tre nascono dal ciclocross, ma poi ognuno ha preso una strada un po’ differente. Solo che Pidocok, e lo ha detto anche apertamente, si sente più biker, mentre gli altri due il cross ce lo hanno nel Dna. Non solo ma per loro due si tratta anche di una sfida fra popoli, fra olandesi e belgi».

«Col fatto che tutti e tre iniziano così tardi, i due circuiti maggiori, la Coppa del mondo e il Superprestige, non sono più alla loro portata. Quindi non dovendo pensare a nessuna classifica generale, possono concentrarsi su un solo obiettivo e quale se non il mondiale? E aggiungerei il titolo nazionale. Che poi viene anche da ridere a parlare di titolo nazionale per corridori di questo calibro, ma in Belgio e in Olanda conta un bel po’! Sostanzialmente però quello che conta è il mondiale.

Thomas Pidcock, Eli Iserbyt, Wout Va Aert, Mathieu Van der Poel, Grote Prijs Sven Nijs 2021 - Cyclocross X2O Badkamers
Pidcock, Iserbyt, Van Aert e Van der Poel allo Sven Nijs 2021
Thomas Pidcock, Eli Iserbyt, Wout Va Aert, Mathieu Van der Poel, Grote Prijs Sven Nijs 2021 - Cyclocross X2O Badkamers
Pidcock, Iserbyt, Van Aert e Van der Poel allo Sven Nijs 2021

Le previsioni di Fruet

E allora cosa ci si può attendere dai tre tenori? 

«Vedremo grandi sfide – riprende Fruet – ma credo da gennaio. Van der Poel, okay, lo sappiamo: lui arriva ed è subito vincente. Se non lo è, neanche si presenta. Ha questa capacità innata. Lo vediamo anche in Mtb, salta da una bici all’altra senza problemi. A Van Aert invece 2-3 gare servono. Io credo che Wout sarà al top per il campionato nazionale. Pidcock invece lo vedo meno “cattivo” per il cross. Mentre per quei due è una vera sfida, per Tom quest’anno più che mai credo che il cross sia propedeutico alla strada».

Pidcock precede Van Aert alla Freccia del Brabante
Pidcock precede Van Aert alla Freccia del Brabante

Incognita Pidcock

A questo punto facciamo notare a Fruet che Dario David Cioni però ci aveva detto che sarebbe stato curioso di vedere il suo Tom nel ciclocross proprio contro quei due, per vedere quanto fosse cresciuto il suo motore dopo il primo anno da professionista e dopo un grande Giro, la Vuelta.

«Io però non sono convintissimo di questa cosa – replica Fruet – nel cross si parla di un’ora di sforzo. Un’ora in cui si va a tutta e non credo possa incidere più di tanto questo discorso. Tanto più che Pidcock ha già dimostrato di andare forte alla distanza. Se non ricordo male, ha vinto in volata la Freccia del Brabante proprio davanti a Van Aert e perso l’Amstel di un niente sempre nei suoi confronti. Poi okay, il ciclocross è potenza pura e lui ne ha meno rispetto a quei due. Però è anche vero che potenzialmente Tom un giorno potrebbe vincere il Tour e loro due no. Ha altre caratteristiche.

«Pidcock è bravissimo a guidare. Nei cross più lenti e in cui si corre di più vedo favorito Van Aert, in quelli più guidati vedo Van der Poel. Pidcock è nel mezzo. Tutto sta a capire quanto lui tiene al cross. Quanto vuole investirci».

Van Aert, Pidcock e Van der Poel saranno protagonisti anche alla prossima Strade Bianche?
Van Aert, Pidcock e Van der Poel saranno protagonisti anche alla prossima Strade Bianche?

Che rimonte!

Insomma Pidcock mina vagante. Però ci sono due cose che accumunano ancora i tre tenori, il fatto di aver staccato di più e che entreranno in gara più tardi.

«Tutto ciò – dice Fruet – quest’anno più che mai farà sì che il cross per loro tre sarà il primo blocco di lavoro dell’anno. Arriveranno al top al mondiale, poi faranno quel tanto di recupero di cui hanno bisogno, andranno ad allenarsi al caldo con una gamba supersonica e a primavera “faranno le buche”!».

«Una cosa che mi stuzzica è vedere come andrà col fatto che partiranno dietro. I punteggi si azzerano e gli altri nel frattempo vanno avanti. Okay che sono forti, ma non è scontato neanche per loro tre vincere sin dalle prime gare. Perché è facile risalire dall’ultima posizione a metà gruppo. E’ mediamente complicato risalire da metà gruppo alle prime posizioni. Ma è molto complicato passare da metà gruppo alla vittoria».

E se queste sono le parole di Martino Fruet, aggiungiamo con una certa sicurezza, che ci sono tutti i presupposti per divertirsi. Pensate che spettacolo vederli rimontare da dietro.

Bielli, da Scotti a Pontoni e in mezzo… il ciclismo indoor

04.11.2021
5 min
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Billo, al secolo Luigi Bielli da Siena ma di padre abruzzese, che lavorò sul set del film su Bartali e spiegò a Favino cosa sia un ciclista (foto di apertura), è passato dall’essere collaboratore di Fausto Scotti, con cui lavorava dal 2005, allo stesso ruolo con Daniele Pontoni. Eppure, quando l’altro giorno all’annuncio dei nuovi tecnici è stato detto che è anche il tecnico azzurro del ciclismo indoor, più di qualcuno è saltato dalla sedia. Un po’ perché forse non tutti sanno cosa sia il ciclismo indoor e poi perché probabilmente si ignora che l’Italia ha addirittura una nazionale.

«Ma io in realtà il ciclismo indoor ce l’avevo già – ride Billo – solo che questa volta se ne è parlato in pubblico con l’idea di valorizzarlo. Sono discipline molto popolari nel Nord Europa, fra Svizzera, Austria, Germania, Ungheria. Da noi non sono mai decollate, perché le abbiamo sempre considerate di nicchia. Lassù invece, con inverni molto freddi, si fanno solo gli sport al chiuso e allora si ritrovano con tanto pubblico per le esibizioni di ciclismo artistico e le partite di ciclopalla. Domenica scorsa si sono fatti i mondiali a Stoccarda…».

Chi sono gli italiani di queste specialità?

Ragazzi e ragazze nati all’estero, che hanno doppio passaporto e che finalmente possono indossare la maglia azzurra. Il primo si chiama Marco Gaggio, che ha cominciato nel 2012 a Dusseldorf e adesso fa il tecnico. Lui per vestire l’azzurro le prime volte usava una maglia della nazionale di calcio con lo scudetto. Poi ci sono le sorelle Zubner di Berlino, che fanno il doppio con evoluzioni anche pericolose. E poi una ragazza giovane di 19 anni che si chiama Magdalena Yukiko Muller, che ha partecipato ai mondiali. Vengono a fare la visita di idoneità a Bressanone e gareggiano come atleti azzurri.

In cosa consistono le gare?

Il ciclopalla sono delle partite con gironi, l’artistico sono gare singole o con più atleti. In cinque minuti devono fare 30 esercizi con coefficienti di difficoltà dichiarati, con penalità nel caso commettano errori o non completino il programma. Agli europei di Glasgow in cui si disputeranno tutte le discipline del ciclismo, ci saremo anche noi.

Come fai col ciclocross?

Per fortuna Pontoni ha potuto essere sui campi di gara e io sono rientrato appena finiti i mondiali. 

Scotti Bielli
Una foto dai mondiali di cross 2016 a Pont Chateau: a sinistra il cittì Scotti e a destra Bielli
Scotti Bielli
Una foto dai mondiali di cross 2016 a Pont Chateau: a sinistra il cittì Scotti e a destra Bielli
Come è stato il passaggio da Scotti a Pontoni?

Daniele è una cima, è avanti a tutti. Programma ogni cosa. Magari è ancora nella fase in cui prende le misure, ma non gli sfugge niente. Agli atleti parla molto chiaramente delle sue scelte. Da una parte li motiva, dall’altra prima delle gare di osservazione gli spiega chiaramente che cosa si aspetta perché possano essere convocati. Glielo dice in faccia, nessun segreto o sorprese successive. Sta attento ai particolari…

Ad esempio?

Se in gara si scolla il tubolare, forse il corridore non è stato abbastanza attento alla bici. Perché è vero che quella è responsabilità del meccanico, ma un corridore che punta a fare bene a certi livelli deve controllare tutto, baciare la bici, ispezionarla millimetro per millimetro. Un conto è la foratura, altro la gomma che si stacca.

Come avete preparato gli europei?

Siamo andati a Col du Vam per vedere la logistica e per studiare i percorsi. Poi siamo tornati e abbiamo riferito alle squadre e agli atleti quali potrebbero essere le condizioni in caso di freddo e vento laterale e quanto siano dure le salite. Hanno avuto tre settimane di tempo per farsi trovare pronti. E in base ai risultati si è fatta la scelta. La maglia azzurra è per pochi selezionati e vincenti, la nostra nazionale deve tornare in alto.

«Pontoni ha un bellissimo rapporto con gli alteti – dice Bielli – parla molto chiaro con tutti»
«Pontoni ha un bellissimo rapporto con gli alteti – dice Bielli – parla molto chiaro con tutti»
Abbiamo buone chance?

Abbiamo tanti atleti di ottimo livello, su tutte Gaia Realini, che ha la sfortuna di trovarsi davanti un muro come la Vas, che è pure giovanissima.

Vedi continuità tra il lavoro di Scotti e quello di Pontoni?

Direi di sì. A parte gli junior di primo anno che arrivano alla nazionale per la prima volta, il resto del gruppo è composto dalla nazionale di Fausto, da Bertolini a Dorigoni, passando per Lucia Bramati e Filippo Fontana. I due hanno anche collaborato di recente.

Nel fare cosa?

Scotti organizza il Giro d’Italia Ciclocross e Daniele gli ha chiesto di fare qualche modifica ai percorsi per poter valutare meglio gli atleti degli europei e lui l’ha assecondato. Fausto l’hanno attaccato, ma è stato un bravo tecnico. Bravissimo per organizzare le trasferte, poi può aver commesso dei piccoli errori. Ma non è facile. Si lavora per il bene dei ragazzi e nessuno di noi è infallibile.

Guerciotti: dopo la gara, il punto della situazione

03.11.2021
6 min
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«Pensate che quando correvo io, partivamo in settanta e solo in 3-4 avevano una bici Guerciotti. A Cremona nella gara junior ho contato 74 partenti e ben 34 avevano una nostra bici. Quasi il cinquanta percento. Ecco, questo per me è motivo di grande soddisfazione».

Parole e musica di Paolo Guerciotti al termine del cerimoniale del Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di lunedì scorso, disputato per la prima volta al Parco del Po di Cremona. Già, quest’anno l’evento ha lasciato Milano e così l’area verde in riva al grande fiume è diventata la grande novità e contemporaneamente il quarto campo di gara della storia dopo il Parco Lambro, Parco Paini e l’Idroscalo.

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il titolo mondiale nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il mondiale nel 1979 e 1986

Parla il padre Paolo

Il tipico clima autunnale, condito da una pioggia divenuta sempre più battente, rende più suggestiva la giornata per chi del ciclocross fa la principale attività lavorativa ed organizzativa. Paolo Guerciotti, col figlio Alessandro poco, si trova a suo agio a parlare della propria gara sotto l’acquazzone, malgrado sia dovuto ricorrere a una protezione di fortuna per ripararsi meglio. 

Paolo fonda l’azienda di famiglia nel 1964 insieme al fratello Italo, partendo da un piccolo negozio di biciclette a Milano. Nel 1975 si allarga in una sede più adatta, incrementa la produzione di bici da corsa e da ciclocross. Due anni dopo nasce il Gs Guerciotti, la squadra ciclocrossistica.

Paolo nel frattempo riesce a partecipare in maglia azzurra al mondiale del 1979 a Saccolongo, nella pianura padovana, vinto da Vito Di Tano. Proprio colui che è stato il simbolo della formazione milanese per 13 stagioni e che l’anno prima aveva conquistato il primo Trofeo Guerciotti. Il resto è storia.

Paolo Guerciotti, come è andata la manifestazione?

Il bilancio è positivo. Aver spostato il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti a Cremona è stata una prova che abbiamo voluto fare e siamo molto soddisfatti. A Cremona abbiamo trovato gente disponibile in persone come Fulvio Feraboli e Marco Baccin (del Velo Club Cremonese, ndr) che hanno dei bei collaboratori. Per fare tutto questo lavoro hanno iniziato presto, pensate che Vito Di Tano ed un suo collega erano qui già da una settimana per tracciare e fettucciare il percorso. Tutte cose che per un evento come il nostro richiedono esperienza. C’è una bella area parcheggio per camper, perché ormai tutti i corridori si spostano così. Quando correvo io, cinquant’anni fa, mettevamo le bici sopra le auto, mentre ora non le usa quasi più nessuno. Sono organizzati diversamente, quindi giusto pensare anche a questo aspetto della logistica. 

E dal punto di vista della vostra squadra?

Abbiamo fatto un terzo posto con Gaia Realini nella prova femminile e poi la doppietta Dorigoni-Bertolini nella gara più importante (in apertura padre e figlio sono con Dorigoni, ndr). Questo primo e secondo ci volevano perché il giorno prima a Brugherio c’è stata un po’ di confusione a giochi quasi fatti, però sono cose che capitano. Due scivolate ai 200 metri ed è andata come sappiamo tutti. 

Quindi per la gara, appuntamento e testa già al 2022?

Dopo quarantadue gran premi, guardando l’albo d’oro, ho pensato: “Come sono vecchio!”. In realtà sono ben contento e anche mio figlio Alessandro è appassionato, sta facendo un gran lavoro in azienda. Per cui è una soddisfazione personale vedere il nome Guerciotti che va avanti nel tempo, sia con le bici sia con le organizzazioni delle gare. 

Risponde il figlio Alessandro

Alessandro Guerciotti, che dal 2000 è entrato in azienda proprio quando il marchio è sbarcato nuovamente tra i professionisti, completa il bilancio e spiega che a Milano mancava uno staff che potesse aiutarli ad organizzare, cosa che invece hanno trovato a Cremona. Così hanno cambiato scenari…

Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Per questo vi siete spostati?

Per organizzare gare di alto livello come le nostre serve sempre più avere un pool di sponsor e un gruppo di lavoro importante e imponente, specie attualmente con le normative anticovid che sono molto difficili. Sicuramente abbiamo trovato una location spettacolare. Il percorso è migliore rispetto all’Idroscalo, è più tecnico e in tanti lo hanno paragonato ad alcune corse del Belgio. Il clima tipicamente nordico ha reso tutto più impegnativo.

Tornerete nei prossimi anni?

L’obiettivo è rimanere. Abbiamo trovato un partner ottimo nel Velo Club Cremonese. Poi abbiamo avuto l’appoggio da parte dell’assessorato dello sport del Comune di Cremona che è stato fondamentale per organizzare una corsa di questo livello. Quello di quest’anno è stato un po’ un evento zero, vista la nuova location. Ma abbiamo già ricevuto dei complimenti da parte chi ha provato e corso su questo circuito. In futuro qui potremmo anche organizzare nuovamente un campionato italiano (già successo nel 1998, 2010 e 2019, ndr).

Sei il team manager anche della Selle Italia Guerciotti…

Abbiamo una squadra, la più storica del ciclocross italiano, con elementi importanti come Dorigoni, Bertolini e Realini, che saranno senz’altro protagonisti della stagione sia nazionale che internazionale.

Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Torniamo un attimo sulla questione Baroni. Vuoi aggiungere qualcosa?

Noi non recriminiamo nulla. Abbiamo fatto le nostre scelte, abbiamo Realini che è la giovane di maggior talento, che potrà portarci grandi risultati, anche internazionali. Francesca ha cambiato squadra. La ringraziamo per quello che ha fatto con noi vincendo due titoli italiani, ma guardiamo avanti.

Visto ciò che è successo, ti senti di dare un messaggio per evitare che in futuro possano verificarsi ancora casi del genere?

Dipende dagli accordi che ci sono tra le squadre. Con il Covid si sono allungate le stagioni su strada, creando quell’accavallamento che in passato non c’era. Noi di problemi non ne abbiamo mai avuti. E’ ovvio che ci debba essere una giusta comunicazione tra le squadra di cross, strada e mountain bike. Con le formazioni dei nostri atleti abbiamo ottime partnership, senza alcun problema. Tuttavia credo che le squadre su strada debbano capire che il ciclocross è importante e propedeutico. Oggi gli esempi di Van Aert, Pidcock e Van der Poel dimostrano che se uno ha talento può vincere da una parte e dall’altra. E che il dialogo è alla base di tutto.

Le ruote nel cross: ormai regna il mono-profilo

17.10.2021
4 min
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Alte, basse e medie, anche nel ciclocross le ruote da scegliere proprio non mancano, ma forse bisognerebbe dire non mancavano. La tecnologia mette a disposizione i tre profili, ma come sulla strada gli atleti ormai tendono ad utilizzare sempre lo stesso profilo che è quello medio. In passato le ruote da scegliere erano di più, anche se il profilo paradossalmente era solo quello basso. Prima con l’alluminio s’interveniva sulla tensionatura e il numero dei raggi e ognuna con coperture differenti. Zdenek Stybar diceva che nelle prime gare portava oltre 20 coppie di ruote. 

Oggi con i cerchi in carbonio e il freno a disco è cambiato un po’ tutto e le cose si sono semplificate parecchio. Ci sono ruote più rigide e più scorrevoli grazie al perno passante. E allora viene da chiedersi: ha ancor senso scegliere il profilo? La risposta, lo anticipiamo, è no a quanto pare. Ma perché?

Profilo medio per Jakob Dorigoni
Profilo medio per Jakob Dorigoni

L’importanza della ricognizione

Per saperne qualcosa di più ne abbiamo parlato con Jakob Dorigoni, uno dei nostri crossisti di riferimento.

«Si parte sempre con un’idea di ciò che si utilizzerà – spiega il corridore della Selle Italia Guerciotti – La tipologia del tracciato si conosce in precedenza e il più delle volte si hanno i feedback dell’anno precedente. Si ha ben in mente quel che si dovrà utilizzare e non solo per le ruote. E il più delle volte le idee sono giuste. Ma alla fine il momento più importante resta la ricognizione, sia della vigilia che quella prima del via, anche se questa serve soprattutto per rivedere le pressioni o se è cambiato il meteo.

«Di solito faccio il primo giro con l’assetto che intendo utilizzare e poi mi fermo. Controllo le pressioni ed eventualmente faccio i primi cambiamenti. Noi utilizziamo un profilo medio, una Ursus Miura TS 37 Evo disc».

Anche in caso di fango estremo si tende ad utilizzare il profilo medio. Raramente si vedono i 45-50 millimetri
Anche in caso di fango estremo si tende ad utilizzare il profilo medio

Verso il “mono” profilo

E il meteo, ancora più del percorso, salvo casi particolari, incide più di tutti.

«Il vento, ma anche la pioggia e di conseguenza il fango sono gli elementi che incidono di più – riprende Dorigoni – Se c’è tanto fango si tende ad utilizzare una ruota più alta, perché così quando si affonda non va giù tutta. E’ più facile “tirarla” fuori se una parte del cerchio resta in superficie (c’è anche meno attrito dei raggi, ndr). In questo modo la ruota galleggia un po’ di più e si scappa via meglio. Ma questo cambio avviene sempre più raramente». E di sicuro non avviene in casa Guerciotti, visto che loro hanno a disposizione il solo profilo da 37 millimetri. Piuttosto cambia la sezione della gomma.

Si è visto infatti che questo è nettamente il più versatile. Va bene su ogni terreno. Concilia al meglio leggerezza e rigidità. E vanno in questa direzione un po’ tutti i team. 

I profili ormai sono compresi fra i 32 millimetri (Mavic Cosmic) e 40 millimetri (le Shimano C40) e nel mezzo tutti i produttori con le loro misure: 34, 34,8, 35, 36 millimetri. Qualcuno ha anche a disposizione i 46 e 47 millimetri, ma un po’ per il peso e un po’ per esigenze aero che nel cross non ci sono queste ormai vengono del tutto scartate. Semmai si vira sul profilo più basso, che resta sempre il più facile da guidare.

«Anche perché poi – aggiunge Jakob – nella guida vera e propria non ci sono tante differenze fra i tre profili, almeno per me. Quello che conta davvero sono le gomme». 

Il set della Sella Italia Guerciotti: ruote Ursus e tubolari Challenge. Per la stagione vengono preparate 70 paia di ruote per 5 atleti
Il set della Sella Italia Guerciotti: ruote Ursus e tubolari Challenge. Per la stagione vengono preparate 70 paia di ruote per 5 atleti

L’importanza delle gomme

Dorigoni diceva delle gomme. I produttori forniscono la loro intera gamma ciclocross. Nel caso di Dorigoni e della sua squadra, si fa riferimento a Challenge. Le coperture sono cinque. Grifo (all round), Limus (fango pesante e argilloso), Baby Limus (fango moderato), Dune (sabbia) e Chicane (per il terreno compatto e veloce).

«Il meteo conta moltissimo in questo caso. E la ricognizione finale è importantissima per verificare che la gomma scelta e le pressioni siano corrette. Di solito si sceglie sempre lo stesso copertone, magari si passa a quello da fango solo nei casi estremi, per avere più grip».

Ma anche in questo caso c’è da valutare bene il percorso. Perché se è davvero tanto il fango può capitare che si metta la bici in spalla e si proceda a piedi e se la parte pedalabile del percorso è in buone condizioni si finisce per scegliere una gomma “all round”.

«Ma in generale – conclude Dorigoni – più che la ruote la bici deve essere tutta funzionante al meglio. Inutile avere la ruota più leggera se poi il cambio non funziona. Avere la il telaio e le ruote migliori se poi si sbagliano gomme».