Venchiarutti smette col sorriso: ci ha provato fino alla fine

17.11.2023
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Per fare questa intervista abbiamo aspettato un paio di settimane, giusto il tempo che Nicola Venchiarutti ricevesse le risposte necessarie (in apertura foto Instagram). L’ultimo anno e mezzo per lui è stato difficile da digerire da una parte, mentre dall’altra gli ha visto compiere una grande ripartenza. L’incidente di Castelfidardo l’ha costretto a fermarsi e riprendere la sua attività praticamente da zero. Alla Work Service ha trovato chi lo ha aspettato e gli ha dato la possibilità di riprovarci

La stagione e la carriera di Venchiarutti sono finite con l’esperienza alla Serenissima Gravel (foto Instagram)
La stagione e la carriera di Venchiarutti sono finite con l’esperienza alla Serenissima Gravel (foto Instagram)

Stop

Del suo calvario abbiamo già parlato, ma da alcune storie postate su Instagram nel finale di stagione ci è nata la curiosità di tornare da lui e sentire come stesse. I segni dell’incidente sono ancora lì e non se ne andranno. Gli ultimi esami sono stati per un verso rincuoranti, ma non tutto tornerà come prima e questo ha costretto Venchiarutti a prendere una decisione importante

«Mi fermo – racconta da casa in un momento di tranquillità – non ha più senso continuare a correre in bici. I danni della caduta sono troppo grandi per ritornare in sella un’altra volta e lanciarmi nella mischia. Da inizio novembre ad ora ho fatto alcuni esami che hanno evidenziato alcune criticità che non è possibile far rientrare».

L’inizio di stagione aveva visto un miglioramento costante delle prestazioni (foto Instagram)
L’inizio di stagione aveva visto un miglioramento costante delle prestazioni (foto Instagram)
A quali esami ti sei sottoposto?

Quello più importante è stata una risonanza magnetica alla schiena per il discorso dei ferri che ho nella colonna vertebrale e per vedere il tipo di lesione al midollo spinale. 

Cosa è emerso?

I ferri sono rimasti nella stessa posizione e questo è positivo. Il midollo, invece, è più o meno uguale, si vede una lesione e rimarrà sempre così. E’ il punto in cui la vertebra, la D12, è schizzata nel momento in cui si è fratturata. In più hanno visto che sono uscite tre ernie, nella zona in cui ho la placca che sostituisce le tre vertebre rotte. 

I danni alla colonna e al midollo erano troppo gravi per recuperare pienamente la forza (photors.it)
I danni alla colonna e al midollo erano troppo gravi per recuperare pienamente la forza (photors.it)
Ernie dovute allo sforzo?

Sì, alla sforzo intenso prodotto nella pedalata, il problema è che la colonna vertebrale lavora in modo diverso da dopo l’incidente. Ora a riposo queste tre ernie dovrebbero rientrare da sole, il problema è che se dovessi tornare a correre mi uscirebbero di nuovo.

Com’è stato questo 2023 in gara?

I primi mesi, dopo la paralisi completa, miglioravo parecchio e lo sentivo. Per sei mesi è andata così, poi sono arrivato ad un livello dal quale non riuscivo a salire. Non aumentava la forza, lo capivo dalle sensazioni e dal misuratore di potenza. 

Per Venchiarutti qualche esperienza con i pro’, ma sempre con tante difficoltà: qui al Memorial Pantani
Per Venchiarutti qualche esperienza con i pro’, ma sempre con tante difficoltà: qui al Memorial Pantani
Con i diesse e i compagni ne hai parlato?

Anche loro vedevano la mia sofferenza in alcuni casi. Andare a correre all’estero diventava faticoso anche solo per il viaggio. Dopo un po’ di ore seduto sul pulmino, la schiena mi dava fastidio, anche ora che sono seduto alla scrivania ogni tanto mi fa male. Avendo ancora un fisico magro sento le placche a contatto con la colonna. 

Dal punto di vista medico però la ripresa è stata positiva, no?

I medici hanno sempre detto che ho avuto un recupero notevole, però mi sono reso conto, con il passare del tempo, che a livello atletico non sarei tornato come prima. Questo all’inizio mi ha reso triste, però a mente fredda sono contento di essere tornato ad una vita normale. La bici farà sempre parte di me, ma non allo stesso modo, pedalare mi piace e farmi un giro ogni tanto rimarrà una bella sensazione. 

La decisione di smettere è arrivata in questi giorni: difficile, ma ponderata (photors.it)
La decisione di smettere è arrivata in questi giorni: difficile, ma ponderata (photors.it)
Riuscirai a tornare ad una vita normale?

Per la parte superiore del corpo dovrò sempre fare palestra o nuoto, mi servirà anche nel momento in cui deciderò di fare un lavoro da ufficio. Ora quando sto seduto per un po’ di ore, sono costretto ad alzarmi e stendermi. Paradossalmente in bici stavo meglio, perché distribuivo il peso anche sulle braccia. 

Nonostante tutto ti sentiamo sereno…

Sì, se penso a com’ero messo prima non posso che essere felice per quello che sono riuscito a fare. Sto pensando se rimanere nel mondo del ciclismo oppure fare altro, ancora non ho deciso. Fino a due settimane fa ero totalmente concentrato sul correre.

Venchiarutti è ripartito dalle strade di Martini: bentornato

20.03.2023
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Ieri, alla Per Sempre Alfredo, è ripartita la carriera di Nicola Venchiarutti (terzo da sinistra nella foto di apertura). Interrotta bruscamente quasi un anno fa: il 22 maggio del 2022. La strada che il friulano ha dovuto intraprendere per ritornare è stata lunga, e non è passata solamente dalla forza di rimettersi in bici, ma anche dai Tribunali Federali. E anche se la corsa si è conclusa con un ritiro, il passo è stato decisamente importante.

«Ho ricominciato a correre dalla Per Sempre Alfredo – racconta Venchiarutti con la voce che si fa viva fin dalle prime parole – ora va tutto bene. Ho ancora la gamba sinistra un po’ più debole della destra ma sto molto meglio di un mese fa. Quello che mi manca di più è la forza esplosiva, determinante per fare volate e sprint».

Venchiarutti è tornato a pedalare a fine novembre, ha ripreso anche con un po’ di mtb
Venchiarutti è tornato a pedalare a fine novembre, ha ripreso anche con un po’ di mtb

Fatalità, ma non solo

Un giorno nelle Marche, durante una gara di ciclismo, nella carriera e nella vita di Venchiarutti tutto stava per prendere la direzione sbagliata. Una volata che ha fermato una vita e per poco non ha stravolto anche quella di Nicola. 

«Non è stato piacevole, questo è logico – dice Venchiarutti – Stefano lo conoscevo, era un diesse, uno del gruppo. Sono cose che durante una corsa di ciclismo non dovrebbero accadere, purtroppo c’è stato un susseguirsi di eventi che ha portato a questa fatalità. Sul quel marciapiede, spinti dalla forza del gruppo, siamo saliti in due e Stefano si trovava lì, non ho potuto fare nulla. A causa del processo federale quei video li ho dovuti rivedere più volte. Mi hanno accusato di essere salito deliberatamente sul marciapiede, nel caso avessero confermato questo verdetto sarei incappato in una squalifica. E’ stata una sbandata fortuita, come si vede dalle riprese.

«La corsa di Castelfidardo – riprende – rientra nella categoria nazionale, quindi per regolamento, le transenne vanno messe duecento metri prima e cento metri dopo l’arrivo. Il tutto è successo pochi metri prima dell’inizio della parte transennata, a riguardare la scena più volte, su quel marciapiede, si notano un cassonetto ed un palo della fermata dell’autobus. Un po’ di buon senso avrebbe magari portato a mettere delle transenne qualche metro prima. Al Giro d’Italia la parte transennata parte da chilometri e chilometri dall’arrivo, non è possibile che in una gara nazionale si passi ad appena duecento metri. A Castelfidardo arriva sempre un gruppo numeroso all’arrivo, questo vuol dire volata, ed abbiamo visto, purtroppo, quanto siano pericolose».

Venchiarutti 2022
Il 2022 era iniziato bene con una vittoria a Pontedera ad aprile
Venchiarutti 2022
Il 2022 era iniziato bene con una vittoria a Pontedera ad aprile

10 mesi per riprendersi

Venchiarutti ha affrontato un lungo percorso di riabilitazione, che è passato dalla paura di non poter camminare alla voglia di risalire in bici. 

«Nell’incidente – racconta il corridore della Work Service – mi sono rotto tre vertebre. Una delle tre, la dodicesima, si è frantumata in tanti pezzi che sono finiti anche nel canale midollare. Dall’ombelico in giù ero completamente paralizzato, la sera stessa, all’Ospedale di Ancona mi hanno operato e ho recuperato man mano sensibilità. Mi hanno messo delle barre di ferro al posto della vertebra per sorreggere la colonna. Prima di tornare a camminare è passato tanto tempo: ho iniziato con un deambulatore, poi le stampelle, infine sono passato al bastone. Ho ripreso a muovere i primi passi senza aiuti esterni dopo due mesi. Come sostegno per la colonna vertebrale ho usato un busto di ferro, che ho tolto dopo cinque mesi. Prima lo levavo solamente per fare fisioterapia in acqua, la riabilitazione è durata fino a novembre». 

Pochi giorni prima dell’incidente di Castelfidardo era arrivato anche un ottimo piazzamento al Giro di Sicilia
Pochi giorni prima dell’incidente di Castelfidardo era arrivato anche un ottimo piazzamento al Giro di Sicilia

Poca paura, tanta motivazione

Per un ciclista la bici rappresenta un mondo, un qualcosa che inevitabilmente fa parte della propria vita. Anche nel momento più difficile Venchiarutti non ha avuto la minima intenzione di abbandonarla. 

«Appena entrato nella clinica di Udine che si è occupata della mia riabilitazione – afferma con tono sicuro Venchiarutti – ho sempre detto di voler tornare in bici. Ne parlavo spesso anche con i medici presenti, e se domenica sono tornato in corsa lo devo soprattutto a loro. Non ho avuto paura, il grande timore era quello di non riuscire a tornare a posto fisicamente, ma la volontà c’è sempre stata. Correre domenica ha ripagato tutte le persone che mi hanno aiutato nel mio percorso di riabilitazione. In questo grande gruppo è presente anche la mia squadra: la Work Service, che mi ha rassicurato che se fossi riuscito a recuperare avrei avuto un posto nel team. I medici mi hanno rassicurato che ho la possibilità di recuperare completamente la forza nelle gambe. Il sistema nervoso prevede un recupero più lento ma comunque totale».

Nicola con i medici della clinica di Udine che lo hanno aiutato a tornare in bici
Nicola con i medici della clinica di Udine che lo hanno aiutato a tornare in bici

Risalire in bici

I passi sono stati tanti, Venchiarutti non ha paura di parlare e raccontare le proprie emozioni. Così quelle che ha provato nel riprendere la bici sono state pure, sincere, nate dalla voglia di tornare a fare ciò che più ama. 

«Nel percorso di riabilitazione estremamente lungo – conclude il giovane friulano – ho affrontato diverse fasi. Ho iniziato con il nuoto e delle elettrostimolazioni per dare impulsi alle gambe, appena ho ripreso a stare in piedi sono passato al tapis roulant ed alla cyclette ellittica. Per tornare in sella alla bici ho impiegato ben sei mesi, sinceramente non vedevo l’ora».

Garofoli: «Era il mio Giro U23. E la tappa di Santa Caterina…»

23.04.2022
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“Era il mio Giro d’Italia U23” deve aver pensato Gianmarco Garofoli. La miocardite ha fermato il talento della Astana Qazaqstan Development Team. Uno stop di tre mesi. Uno stop che di fatto gli fa dire addio ai sogni rosa. 

Ci eravamo lasciati con un post del corridore marchigiano su Instagram. Un post in cui era in ospedale e spiegava il perché del suo stop. A distanza di qualche settimana, eccoci di nuovo con lui, mentre è a casa nella sua Castelfidardo e si “gode” il riposo.

Quest’anno Garofoli (a destra) aveva esordito al Tour of Oman. Lo stop dopo il Trofeo Città di San Vendemiano
Quest’anno Garofoli aveva esordito al Tour of Oman. Lo stop dopo il Trofeo Città di San Vendemiano
Gianmarco, prima di tutto come stai?

Ah, io sto bene. Mi sembra tutto normale, ma di fatto sto fermo e passo le mie giornate in tranquillità.

Zero attività fisica dunque, neanche un po’ di rulli blandi, blandi?

Niente. Una vita normale. Qualche “passeggiata” andando magari a fare shopping. Oppure qualche volta vado con papà in azienda (infissi e mobili per arredamento da interno, ndr). Lo seguo nei vari reparti, ogni volta cambio postazione e imparo un po’ i vari aspetti del mestiere.

Come è andata invece da quel giorno in cui non sei stato bene? E qual è adesso l’iter per il recupero?

Ho passato una settimana in ospedale e poi sono tornato a casa. Giusto pochi giorni fa ho riparlato con il cardiologo e anche con il dottore della squadra. Devo fare delle analisi particolari per verificare a che punto è lo stato infiammatorio del cuore. Per fare al meglio queste analisi dovrò stare tre giorni a letto: riposo totale. Mi hanno detto che lo stop sarebbe durato tre mesi, ma essendo giovane e con un fisico da atleta magari si può limare qualcosa. Quaranta giorni però passeranno di sicuro. Successivamente se tutto andrà bene dovrò fare una risonanza e da lì si valuterà l’eventuale rientro in modo concreto.

Cambiamo discorso, Gianmarco. Era il tuo Giro?

Eh sì – sorride – era il mio Giro. Il percorso è stato presentato poche settimane dopo che ero uscito dall’ospedale e lo guardavo, rivedevo le tappe. Ho visto che sono solo sette. Da quel che so è stato cancellato qualcosa nelle Marche. Però era… è comunque un bel percorso. Le tappe dure non mancano. E quella da quasi 180 chilometri…

La terza tappa, la Pinzolo – Santa Caterina Valfurva di 177,1 chilometri, era la favorita di Garofoli
La terza tappa, la Pinzolo – Santa Caterina Valfurva di 177,1 chilometri, era la favorita di Garofoli
Quella di Santa Caterina Valfurva. Immaginavamo che ti sarebbe piaciuta quella…

Esatto quella. Ma anche quella del Fauniera sembra molto bella. Però credo che quella più adatta a me sarebbe stata proprio quella di Santa Caterina Valfurva: lunga e con tante salite.

Tipo quella di Cervinia che hai vinto lo scorso anno al Val d’Aosta: che impresa quel giorno!

Esatto. Adesso che ci penso non mi sono mai sentito come quel giorno, quest’anno. Sentivo che qualcosa non era al 100%. Però io non sono uno che sta lì a farsi troppi pensieri, pensavo che invece mi sarei dovuto allenare più forte. Invece…

Il Giro d’Italia U23 era l’obiettivo della stagione?

Sì, era l’obiettivo dell’anno. Avevamo programmato tutto. Anche l’altura con il team. Dopo il Giro di Sicilia sarei rimasto tre settimane sull’Etna, poi ne avrei fatte altre due a Sierra Nevada, in pratica un mese in quota. Successivamente, prima del Giro avrei fatto qualche gara. Con Marino (Amadori, ndr) pensavamo alla Corsa della Pace.

Amadori lo abbiamo sentito qualche giorno fa e ci ha detto che è dispiaciuto per te…

Eh lo so. Ci sentiamo. Anche l’altro giorno mi ha telefonato e mi ha detto: «Hai visto come sta andando forte il francesino, Romain Gregoire?». 

L’azione potente di Garofoli sul Saint Pantaleon al Giro della Valle d’Aosta 2021. Una fuga solitaria di 55 chilometri
L’azione potente di Garofoli sul Saint Pantaleon al Giro della Valle d’Aosta 2021. Una fuga solitaria di 55 chilometri
Ecco, parliamo di favoriti. Cian Uijtdebroeks, essendo in una WorldTour (la Bora-Hansgrohe), non ci potrà essere, ma Gregoire sì. Chi saranno per te i favoriti?

Sicuramente lui è uno dei favoriti. Anche se è giovane (è un primo anno, ndr) ha attorno a sé una squadra molto forte. E in seconda battuta ci sarà Lorenzo Germani, sempre dell’Equipe Continentale Groupama-FDJ. Per quanto riguarda Cian, è vero: non potrà fare il Giro, ma potrà correre il Tour de l’Avenir.

Cosa ti piaceva di questo Giro U23?

Sicuramente la partenza dalle mie Marche. Sarebbe stato un qualcosa in più con i tifosi e gli amici più vicini a me. Peccato che non ci sia una crono. Con una tappa contro il tempo sarebbe stato più completo. E poi a me la crono piace, anche se non sono super forte, non vado male. Una crono va fatta, dai! Però, non sono un organizzatore. So che anche gli altri ragazzi sono dispiaciuti, perché con la crono sarebbe stato come quello dei grandi.

Senti, ma un Garofoli versione Cervinia 2021 nella tappa di Santa Caterina dove avrebbe attaccato?

Ah – risponde con brio Gianmarco – all’inizio del Passo Guspessa (che poi sarebbe uno dei tanti versanti del Mortirolo, ndr). O addirittura nella discesa dell’Aprica, a sorpresa. Quelle strade le conosco bene. E poi dall’inizio della salita a tutta fino alla fine. Come feci sul Saint Pantaleon nel giorno di Cervinia. Quella salita la spianai!

Piepoli senza freni: su Vdp, Nibali, Bettiol e Valverde

15.03.2021
5 min
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Leonardo Piepoli, allenatore di Alberto Bettiol e altri corridori con cui parla raccogliendone i dati e gli umori, sulla vittoria di Van der Poel a Castelfidardo ha una visione di straordinaria leggerezza che, osservando l’olandese, è difficile non condividere. Il guaio però è che a questa leggerezza si affianca il senso di frustrazione che avere a che fare con un corridore così genera nel resto del gruppo. E così, senza averlo premeditato, ci troviamo in un viaggio tecnico che spiega tanti aspetti delle ultime settimane.

Bettiol, secondo Piepoli, non è troppo lontano dai primi tre: gli serve più convinzione
Bettiol, secondo Piepoli, non è troppo lontano da quei tre
Il primo pensiero dopo averlo visto attaccare a più di 50 chilometri dall’arrivo è che avesse finito la benzina, quindi un errore di alimentazione, e che abbia portato a casa la sua immensa impresa raschiando il fondo del barile…

Secondo me la chiave è una dichiarazione di Van Aert di qualche giorno fa. «Quando Mathieu corre con intelligenza, non lo batte nessuno». La sensazione è che lui si diverta a fare quello che fa, con lo stesso spirito di quelli che il mercoledì giocano a calcetto e provano i colpi più impensabili. D’altra parte, essendo uno che vince tutto e tutto l’anno, che differenza volete che faccia una corsa piuttosto che un’altra?

Intelligenza, parola interessante…

Forse anche troppo impegnativa, parliamo di intelligenza tattica. Per come lo vedo io, non è uno che ha bisogno di fare tanti calcoli. A Kuurne è partito a 80 chilometri dall’arrivo, l’anno scorso stessa cosa al Bink Bank Tour. Gli piace. Certo se perdesse per un eccesso di allegria il Fiandre o il mondiale, siate certi che in squadra ci sarebbe più tensione.

In gruppo come lo vivi uno così?

Male, lo vivono malissimo. Non solo lui, ma anche Van Aert e Alaphilippe. Si demoralizzano: cosa andiamo a fare? Si passano mesi a studiare le ripetute e l’altura, ma a che scopo? Tu studi la compensazione e loro arrivano alla prima corsa e vincono. D’accordo che non è la prima corsa, perché prima hanno fatto il cross, ma sono destabilizzanti. Non è detto però che il rimedio sia fare cross e mountain bike come loro.

Non male Valverde alla Strade Bianche, ma lontano dal suo top
Non male Valverde alla Strade Bianche, ma lontano dal suo top
Qualcuno ci starà pensando, in effetti…

Ricordo che un anno mi trovai ad allenarmi con Mondini, che ai tempi correva con Armstrong e andava agilissimo come Lance. Gli chiesi perché. Oppure ricordo quando correvo con Freire, che in allenamento stava sempre a ruota degli amatori, poi prima di Sanremo e mondiali, faceva dei lunghi dietro moto con suo fratello e vinceva. E’ sbagliato voler emulare corridori che hanno talenti fuori dal comune. Non ne vieni fuori e non serve.

Però intanto Nibali ha lasciato Slongo cercando qualcosa di diverso dai soliti schemi…

Nibali ha fatto bene a cambiare, perché forse quel che mancano sono gli stimoli, ma lui e Valverde non sono esattamente l’espressione di un metodo di ciclismo che ora viene messo in discussione. Non sono mai stati un modello di metodicità. Ragazzi seri, puntuali nel lavoro, ma naif. Vincenzo aveva lo schema Nibali, che comprendeva già in partenza di fare meno giorni di altura di quel che prevede la letteratura scientifica, oppure di dormire un po’ più in basso per avere con sé la famiglia. E’ giusto cambiare, ma non è che cambi pelle.

Che cosa intendi?

Tempo fa ero a correre a piedi in Liguria e ho incontrato gli juniores del Casano, la squadra in cui ho fatto i dilettanti. Passandogli accanto, ho notato che il più basso di loro era alto quanto me. Io non sono mai stato il più basso in squadra: ero il più alto dei bassi e il più basso degli alti. Questo per dire che l’uomo si evolve, le prestazioni crescono e ci sono studi veri che lo dicono. Ganna da U23 ha fatto il record del mondo di inseguimento che Collinelli aveva fatto nel pieno delle sue forze, con l’aerodinamica di oggi che ha migliorato quella del manubrio a canna di fucile di allora.

Ha fatto bene Nibali a cambiare, ma secondo Piepoli per vincere non basta più il 70%
Ha fatto bene Nibali a cambiare, ma secondo Piepoli per vincere non basta più il 70%
Quindi?

Quindi si possono inseguire questi giovani più forti, ma sapendo che sono più evoluti di atleti che hanno debuttato 15 anni fa. Ci sta che Nibali faccia fatica e come lui Valverde. Prima per vincere a entrambi bastava essere al 70% e potevano starci per sei mesi all’anno. Ora per vincere devono essere al 98% e ci riescono per quattro settimane. Sono ancora convinto che possano fare grandi cose, ma tutto deve incastrarsi alla perfezione.

E Bettiol come si colloca, lui che è nell’età di mezzo?

Alberto non è troppo lontano da Van der Poel e Van Aert. Se a Van Avermaet servono 10 circostanze favorevoli per batterli, a lui ne basta una. Deve convincersi. E tutto sommato aspettare che scatti questa convinzione per chi lavora con lui è anche frustrante.

VdP si è divertito e ha vinto. Se avesse perso, si sarebbe divertito lo stesso…
VdP si è dicvertito e ha vinto. Se avesse perso, si sarebbe divertito lo stesso…
Quindi tornando alla tappa di ieri?

Van der Poel si è divertito e la squadra ha fatto bene a lasciarglielo fare. Magari al Fiandre gli parlerei diversamente: «Aspettiamo che siano stanchi e non siamo per forza noi a doverli stancare». Ma per lui che ha vinto tutto, dal triciclo alla mountain bike, passando per strada e cross, mondiali ed europei, credete che una tappa alla Tirreno rappresenti tanto più del cross del paese? Si è divertito e ha fatto l’impresa. Ma se anche Pogacar lo avesse ripreso, si sarebbe divertito lo stesso.

Van Aert, resa a metà: vuole un’altra tappa

15.03.2021
3 min
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Si fa presto a dire: voglio vincere la Tirreno-Adriatico, se non si ha ben chiaro che fra un mare e l’altro l’Italia sia tutto fuorché semplice da scalare. Così in due giorni, Wout Van Aert ha sperimentato il peso degli Appennini e quello dei muri intorno Castelfidardo, cedendo 45 secondi a Pogacar sabato in Abruzzo e 39 ieri nelle Marche. Su certe pendenze gli scalatori sono avvantaggiati, ma resta il fatto che alle spalle del portentoso sloveno e prima di tanti scalatori titolati, ci sia ancora il belga della Jumbo Visma.

Sabato a Prati di Tivo ha perso la maglia per l’attacco di Pogacar
Sabato a Prati di Tivo ha perso la maglia per l’attacco di Pogacar

Tutto in pezzi

Come è andata. Quando si è cominciato a salire dopo l’avvio lungo la costa, sono iniziati anche gli attacchi. Vento, pioggia e freddo hanno reso tutto più difficile. Van Aert ha reagito quasi sempre pensando alla classifica, ma a 17 chilometri dall’arrivo non è stato in grado di rispondere all’accelerazione di Pogacar sul muro di Castelfidardo. Ha inseguito da solo, precedendo Bernal e Landa, ma non è riuscito a riprendere lo sloveno.

«Ormai non è più possibile colmare questo distacco con la cronometro – ha detto in serata dopo essersi ripreso dallo sforzo – ma voglio ancora lottare per vincere una tappa e quella di domani (oggi per chi legge, ndr) potrebbe essere l’occasione migliore. Ero partito con l’idea di restare con Pogacar e magari riguadagnare qualcosa, ma nell’ultimo giro è caduto tutto a pezzi e ha vinto il più in forma. Non è un peccato perdere contro questo Pogacar, devo accettarlo».

Van Aert in difficoltà a Castelfidardo, ma comunque terzo all’arrivo
In difficoltà a Castelfidardo, ma comunque terzo all’arrivo

Per sopravvivere

L’approccio è sereno e lucido. E’ venuto alla Tirreno-Adriatico per mettersi alla prova nella classifica e finora ce l’ha messa tutta. Ma allo stesso modo in cui Froome fu rispedito al mittente dal muro di Sant’Elpidio, ieri gli strappi ben noti dei dintorni hanno scavato un solco fra lui e Pogacar.

«Le condizioni meteorologiche – ha detto – hanno reso la gara più difficile. Ho avuto molto freddo, soprattutto nelle discese. E’ stata una lotta per la sopravvivenza e nell’ultimo giro ho tirato fuori tutto quello che avevo. I primi erano lontani. Van der Poel ha sicuramente beneficiato del fatto che avesse una classifica già compromessa, ma io ogni caso è andato molto forte. Io ho continuato a concentrarmi su Pogacar, ma al momento dell’attacco, il suo cambio di ritmo mi ha sorpreso, poi ho cercato di inseguire con tutto quello che mi era rimasto. Corriamo da cinque tappe, ne mancano ancora due. Stiamo a vedere cosa accadrà».

Garofoli, talento con la valigia e la testa sulle spalle

21.02.2021
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Fra tanti passaggi di squadra e colpi di mercato, si è parlato pochino di un giovanissimo italiano che da qualche mese ha spostato la residenza in Olanda: Gianmarco Garofoli. A questo punto la platea si sarà già divisa in due. A destra coloro che lo sapevano già. A sinistra quelli che neppure sanno chi sia Garofoli.

Gianmarco è un ragazzo marchigiano che al primo anno da junior, nel 2019, vinse 8 corse (fra cui il tricolore) e lo scorso anno ne ha portate a casa 3. Dato che ormai non ci sono più confini, di lui si accorsero i tecnici del Team Sunweb, ora diventato Team Dsm. E così già durante il lockdown di marzo, gli olandesi contattarono Johnny Carera, che lo segue come procuratore, e attraverso una serie di call su piattaforma digitale arrivarono a stringersi la mano. Volevano un italiano forte e i risultati del primo anno da junior avevano colpito. Inutile dire che Garofoli avrebbe potuto scegliere qualsiasi squadra U23 italiana, ma di fronte a quella inattesa offerta da parte della continental dello squadrone WorldTour, si buttò a pesce.

La squadra ha svolto due training camp in Spagna: troppo freddo in Olanda (foto Team Dsm)
La squadra ha svolto due training camp in Spagna (foto Team Dsm)

Il caso vuole che Gianmarco sia rientrato in Italia proprio ieri dopo un mese in giro per l’Europa. Prima il training camp in Spagna, quindi un periodo in Olanda e poi ancora in Spagna. Adesso rimarrà per una settimana a casa e poi ripartirà per il debutto. Finalmente!

Questo viaggio nei suoi racconti è il quadro perfetto di cosa significhi avere 18 anni, a metà fra la voglia di spaccare il mondo e i comprensibili momenti di fragilità.

Hai accettato subito?

Sono abbastanza istintivo e ho avuto buone sensazioni. Il mio inglese all’inizio era da 6 politico, tanto che nelle call mi ha dato una mano anche Alex Carera, fratello di Johnny. Poi mi sono messo a studiarlo e la vera esperienza la sto facendo adesso. Dopo un mese tra loro, sento di essere migliorato tanto.

Che ambiente hai trovato lassù?

Un po’ rigido, ma molto professionale. Come entrare nel mondo del lavoro.

Al via del Gp FWR Baron, Garofoli con il tricolore vinto nel 2019 (foto Scanferla)
Al Gp FWR Baron, con il tricolore 2019 (foto Scanferla)
Dove vivi quando sei in Olanda?

La squadra ha dato in dotazione a ciascun corridore una villetta di due piani più garage. Un quartiere intero a Sittard abitato da noi. Il tempo passa abbastanza velocemente ed è bello perché stai tanto con i compagni. Però vivo da solo, faccio le pulizie, non c’è mamma che raccoglie i panni sporchi e fa la lavatrice. Faccio la spesa e cucino. Non è facile, ma è quello che ti permette di crescere. Vicino c’è la sede della squadra, con il magazzino. La struttura è comune per tutti. WorldTour, donne e continental. Abbiamo in tutto e per tutto la stessa dotazione.

Un altro mondo?

Sono l’unico italiano e l’unico latino. C’è Dainese, ma finora ci siamo visti solo una volta. Cerco di fare tutto col sorriso e dando il 100 per cento. Mi vedo socievole e scherzoso. Loro dicono che sono un “nice guy”. Speriamo che duri…

Nel 2020, Garofoli è stato secondo al tricolore crono vinto da Milesi (foto Scanferla)
Nel 2020, Garofoli 2° al tricolore crono (foto Scanferla)
Si comincia a correre?

Il programma è cambiato varie volte, ora dovrei debuttare a Le Samyn, tra i professionisti. Non era in programma, ma rispondo bene agli allenamenti e vado forte. Per cui si è deciso di provare. Del resto non mi conoscono ed è normale che mi mettano alla prova.

La preparazione è cambiata?

Il lavoro è aumentato, anche la precisione e la programmazione. Faccio più lavori e più ore. Non è come nel nostro ciclismo giovanile, in cui ancora uscivo a sensazioni. Per ora sto studiando l’ambiente e sto capendo molte cose. So che la strada è lunga e non voglio bruciare le tappe. Un gradino per volta e costruirò il mio motore e la mia persona.

Sei nel team che ha lanciato Hindley, i tempi si riducono?

Il ciclismo è cambiato, vengono fuori tanti giovani forti che forse recuperano meglio, ma hanno meno esperienza. Non penso che Bernal e Pogacar siano eccezioni.

Perché no?

Sono giovane, magari dico cose sbagliate. Però in Italia siamo abituati a logiche un po’ superate, forse. Qui sembrano più avanti rispetto a noi. Parlano di lavoro, non vengono a fare ragionamenti sull’andare con la ragazza che fa male, sul fare i tanti chilometri o sul mangiare poco perché se sei magro vai più forte. Abbiamo dietro un lavoro che forse rende meno evidente il gap di esperienza con i corridori più grandi.

Tutte le formazioni del Team Dsm corrono su bici Scott (foto Team Dsm)
Il Team Dsm corre su bici Scott (foto Team Dsm)
Spiega un po’?

Sento i discorsi. Magari una volta il corridore più esperto era in grado con gli anni di gestire le situazioni, mentre il giovane aveva bisogno di tempo per imparare. Oggi nella crescita è coinvolta tutta la squadra. Ti insegnano ad allenarti senza sbagliare. Si fanno le tattiche. Quello che prima capivi con gli anni, ora lo capisci con lo studio. Tutti hanno il potenziometro e allenarsi è più semplice. Però ho idea che sia molto stressante. Un professionista è esposto a tanti sovraccarichi da gennaio a ottobre. Pressione mediatica, social network, reperibilità, attenzione al cibo. Andare in bici è la fetta più piccola.

Hai paura di quello che ti aspetta?

No, ma ci penso. All’inizio mi sono buttato a pesce, poi ho cominciato a riflettere. Ora la mia casa è in Olanda, la mia residenza è lassù. Non conosco nessuno, ho fatto un salto… nel vuoto. A 18 anni vuoi spaccare il mondo, ma di base sei piccolo. Sei grande per dire, insomma. Però penso che tutto questo mi tornerà utile, a prescindere se diventerò o meno un professionista. Intendiamoci, voglio riuscirci e togliermi anche qualche bella soddisfazione! Ma non nego che sia dura. Non mi ero mai allontanato tanto da casa e tanto a lungo. E quando è difficile, penso al mio obiettivo, al perché ho fatto questa scelta.

A Sittard, quartier generale e villette per i corridori (foto Team Dsm)
A Sittard, quartier generale e villette per i corridori (foto Team Dsm)
Perché l’hai fatta?

Perché ho un sogno e voglio inseguirlo. Se non capisci la lingua, sei da solo ed è frustrante. Ti senti solo, ma non mollo. E sono certo che quando un giorno in salita sentirò le gambe dure e avrò la tentazione di mollare, penserò a questi giorni. E col cavolo che mi staccheranno